L'illustre - dicembre

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L’illustre Poste Italiane s.p.a. spedizione in A.P. – D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27 febbraio 2004 n. 46) art. 1 comma 1, CNS VE

Venezia, idee, stili e storie

Anno 63 n°11 € 3,90

Fulvio Roiter Douglas Kirkland Harry De Zitter Giorgia Fiorio Francesco Barasciutti Circolo Fotografico La Gondola Manfredo Manfroi Paolo Monti Gino Bolognini Bruno Rosso Vittorio Pavan

IL CLUB DEI FOTOGRAFI Calliandro Editore



Peggy Guggenheim Collection

Temi&Variazioni Scrittura e spazio con Agnetti, Albers, Aricò, Armleder, Bacon, Bianchin, Brauner, Carrà, Castellani, Ciussi, Colombo, Congdon, Cornell, Dadamaino, De Dominicis, De Marchi, Duff, Ernst, Favelli, Fontana, Krokatsis, Lazzari, LeWitt, Mirko, Mondrian, Morellet, Nagasawa, Nannucci, Nigro, Noland, Novelli, Ontani, Opalka, Picasso, Pistoletto, Pollock, Sironi, Stingel, Tamayo, van Doesburg, Vantongerloo, Weiner

Gastone Novelli e Venezia a cura di Luca Massimo Barbero

15 ottobre 2011 > 1 gennaio 2012 orario 10/18 chiuso martedì / 25 e 26 dicembre www.guggenheim-venice.it


il sommario museo toponomastico Una pagina Facebook raccoglie i “nizioleti”

p. 11

arriva leads, lo shuttle del meteo Un software militare per l’acqua alta e misurare i venti per l’America’s Cup

p. 13

p. 14

In copertina Brigitte Bardot a Venezia assediata dai fotografi

p. 41

il tocco del lotto Una mostra veneziana celebra il Maestro

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qui nasce il “capo di stato” Il rosso dell’ex Presidente De Gaulle dalle inaspettate origini Veneziane

p. 54

la mia prima volta (in italia) Marina Fiorato, passaporto inglese, origini veneziane, debutta sul mercato del nostro Paese

p. 62

le rubriche

i-Venezia Brevi dalla città p. 10 Arts Cultura e affini in città p. 40

Hanno collaborato Pierluigi Tamburrini, Lieta Zanatta, Luisa De Salvo, Lucio Maria D'Alessandro, Federico Bosisio, Francois Vidoc, Carlo Sopracordevole

Marketing Cristina Andretta

la valigia di leonardo Una teca hi-tech custodisce l’autoritratto del genio toscano

Foyer Persone, personaggi, e personalità a San Marco e dintorni p. 8

In redazione Shaula Calliandro

Commerciale e Marketing Gianluca Vianello commerciale@calliandroeditore.it

fulvio roiter giorgia fiorio francesco barasciutti douglas kirkland harry de zitter vittorio pavan photojournalists

buone feste, ma qui è già carnevale L’editoriale del Direttore p. 7

Direttore Responsabile Daniele Pajar Direttore Editoriale Yuri Calliandro

cover story

il club dei fotografi Alle origini fu il Circolo La Gondola

L’illustre Venezia, idee, stili e storie

eventi Oltre laguna Il rock e i settanta p. 47 idee tra arte e design Verso il manager unico dell’arte p. 52 Libri&Co. Idee editoriali per la vostra libreria p. 56 Saluti da venezia La città rivista attraverso le sue cartoline p. 64

Immagini Archivio Cameraphoto Epoche Archivio fotografico Circolo La Gondola Archivio Fulvio Roiter Archivio Giorgia Fiorio Archivio Francesco Barasciutti Manuel Silvestri Archivio Gran Teatro La Fenice Carlo Sopracordevole (collezione personale) Image.net Redazione San Marco 4152, 30124 Venezia Telefono: 041 2413030 Fax: 041 5220391 illustre@calliandroeditore.it Editore Giuseppe Calliandro Calliandro Editore info@calliandroeditore.it Impaginazione Menta&Liquirizia Tipografia Grafiche Veneziane

Abbonamenti: scrivere a abbonamenti@calliandroeditore.it

Giornale iscritto al Tribunale di Venezia in data 23 agosto 1949 al n. 58 del registro pubblicazioni del ruolo stampa

Periodico iscritto all’Uspi Unione Stampa Periodica Italiana




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L’ editoriale del Direttore

Buone feste, ma qui è già Carnevale di Daniele pajar Mescolo il sacro col profano. Questo è il primo Natale. Lo è per L’illustre. Ma lo è, soprattutto, per Sofia Vittoria (mia figlia) che ha sette mesi. Fatto sta che mentre dovremmo essere tutti impegnati a scegliere regalini per bambini o a dipanare il vero problema delle festività natalizie, Pandoro o Panettone, qua in redazione invece abbiamo la testa già in pieno Carnevale. D’altronde nei giornali funziona così: i tempi sono anticipati e mentre Babbo Natale è impegnato a scendere dal camino già si deve pensare a come raccontare la storia di Arlecchino in chiave originale. Si rischia una sorta di sdoppiamento della personalità. Ma sono gli incidenti del mestiere. Ci danneremo per cercare di restare sani di mente. Mal che vada ho una psicologa in famiglia. Ma veniamo a noi. Questo mese la cover story è dedicata a quello che noi abbiamo voluto chiamare il Club dei fotografi. E’ indubbio che Venezia, più di ogni altra città al mondo, ha offerto spunti creativi straordinari ad artisti altrettanto straordinari. Nelle pagine che seguono incontrerete una miscellanea di interviste e immagini che riguardano la Serenissima, colta in momenti speciali, oppure fotografie scattate da artisti veneziani al lavoro nel mondo. Si tratta di un collage che non vuole assolutamente essere esaustivo. Anzi. Ma che punta a raccontare alcune delle mille declinazioni di un’ eccellenza veneziana. Il punto di partenza che abbiamo scelto per raccontare la nostra storia è il Circolo Fotografico La Gondola. Dietro ad un nome che non pecca in originalità si cela la culla ancestrale di fotografi straordinari. Di alcuni, ognuno con la sua specialità, ne abbiamo raccontato la storia (assieme ad un nutrito pacchetto di immagini da custodire). Un bel regalo di Natale. Un paio di cose ancora. La prossima uscita del giornale in edicola (se sentite di qualche difficoltà di reperimento chiedete all’edicolante o chiamate/ scrivete in redazione) sarà attorno alla fine di gennaio 2012. Infine voglio ringraziare molti, tra lettori, amici di vecchia data, collaboratori (infaticabile squadrone generatore di idee e capace di far miracoli anche a poche ore dalla chiusura), inserzionisti (che ci hanno dato fiducia su un progetto, nato a tempo di record) per i numerosi attestati di stima ricevuti in questi giorni. Di solito non si dice: ma la cosa ci ha fatto proprio piacere.

Buone Feste a tutti.


Foyer

Persone, personaggi, personalitĂ a San Marco e dintorni

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Il gruppo H&M (1) inaugura a Venezia uno shop al femminile con un allestimento in Campo San Luca, davanti alla redazione de L’illustre, realizzato in tempi record; la Sheika H.E. Fatma bint Khalid bin Sultan Al Qasimi (2), della famiglia reale degli Emirati Arabi Uniti, a Venezia, partecipa ad un incontro della Fondazioen Abo; lo Ied di Venezia (3) ospita la presentazione del nostro giornale: al tavolo dei relatori (da destra) il Direttore Daniele Pajar, il Direttore Editoriale, Yuri Calliandro e il Direttore dello Ied, Federico Bosisio; alcuni momenti della consegna del Premio Venezia (4) a Leonardo Pierdomenico (Premio Venezia) Francesco Carletti (Premio Casella) Miriam Rigamonti (3a classificata) Costanza Principe (4a classificata) Matteo Cardelli (5o classificato)

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Vip in cittĂ . Carl Lagerfeld (1) al Lido per la sfilata di Chanel (2); George Michael (3) sorpreso in taxi; Luca Zingaretti (4) con la moglie e la figlia festeggia il suo 50esimo compleanno tra i piccioni (ma pare stia cercando casa a Venezia); Keira Knightley (5) in abito da sera lungo Riva degli Schiavoni; Riccardo Scamarcio, Claudia Cardinale e Dakota Fanning (6) in gondola per le riprese del film Effie; Scamarcio (7) si cimenta nella voga alla veneta


Un veneziano a Gerusalemme Un veneziano a dirigere il Festival Medievale di Gerusalemme, incentrato su musica e teatro di strada, svolto dal 3 al 24 novembre scorsi. È stato Massimo Andreoli, noto in città per le rievocazioni storiche che organizza in occasione del Carnevale e per il suo ruolo di presentatore, in piazza San Marco, della sfilata delle Marie. Inaugurando un ideale gemellaggio tra Venezia e Gerusalemme, unite sotto il segno del Leone. Quello Marciano per la città lagunare, quello di Giuda simbolo della capitale di Israele. E non poteva che essere il leone, voluto dallo stesso Andreoli, il simbolo del Festival di Gerusalemme. Non a caso intitolato “Knights in Jerusalem – The City of the Lion”, con la rievocazione di un Bagordo, cioè dell’antesignano dei tempi della Serenissima dell’attuale teatro di strada, ad opera di artisti che spesso hanno animato il Carnevale quali Hocus Pocus Circo Teatro, Cecco e Alessio Giullari, Cavalieri del Drago, Musica Officinalis. (Pl. T.)

I 100 anni di Pasinetti Le celebrazioni del Centenario della nascita di Francesco Pasinetti (storico e critico cinematografico, regista e sceneggiatore) continuano ad interessare Venezia: iniziate alla fine di agosto con la posa di una lapide commemorativa nella sua casa-laboratorio lagunare, proseguono con iniziative originali. Tra queste spicca, al Conservatorio Benedetto Marcello (il 17 dicembre), la proiezione del film Nuvola del fratello di Francesco Pier Maria e di Roberto Zerboni (1934), accompagnato dal vivo dal flauto di Federica Lotti. In chiusura il documentario più ispirato tra quelli che Pasinetti ha dedicato a Venezia e che si conclude proprio al Conservatorio: Venezia Minore (1942).

Una boa per illuminare la città Produrre energia pulita sfruttando il moto ondoso. Per la prima volta si passaalla pratica con un sistema basato su una sorta di boa. Un prototipo è già in funzione sullo specchio lagunare mentre altri due entreranno in funzione entro l’anno prossimo. I prototipi si chiamano “Giant” e “Wem” e sono costituiti da un galleggiante e da un generatore: nel tempo che intercorre tra due picchi dell’onda, il galleggiante si muove dalla massima altezza al livello zero del mare per risalire al punto più alto generando così energia per boe, briccole, imbarcaderi fino ad edifici pubblici.

i V e n e z i a

Le nostre app-news dalla città

SANTA BARBARA PER LA MARINA Con una solenne cerimonia alla presenza delle massime cariche della Marina Militare, il pittore figurativo Giuseppe Frascaroli ha consegnato di recente un quadro raffigurante “Santa Barbara”, patrona della Marina Militare. L’opera è stata collocata nella Chiesa di San Biagio antico edificio religioso della Marina della Serenissima. Medico Neurologo di professione, da sempre studioso di arte pittorica, Frascaroli si è affermato come artista neoclassico, specializzandosi in Arte Sacra e nel genere della Natura Morta, realizzando opere che hanno ormai assunto un rilievo internazionale. Opere di questo artista si trovano in Vaticano, in prestigiose basiliche in Europa e nel Mondo, storiche abbazie, santuari, palazzi cardinalizi, musei e importanti sedi Istituzionali anche non religiose, tra cui il Senato della Repubblica Italiana e la Camera dei Deputati.

l’universo di sonia ros Fino all’8 gennaio le grandi tele dell’artista veneziana Sonia Ros, vengono esposte a Torino in occasione del Mese dell’Arte Contemporanea. Dopo la mostra personale a Ca’ Pesaro - Museo d’Arte Contemporanea di Venezia e dopo le due tappe all’estero (San Pietroburgo ad Agosto ed Helsinki a Settembre), Sonia Ros presenta la sua serie di creature appassionate negli spazi dell’Hotel NH Lingotto. Lavori intensi, popolati da figure enigmatiche, svelano pensieri, desideri, ossessioni, intimità. Rappresentano la sensazione fisica che la passione riverbera nel corpo. Forme morbide e poi ruvide, organismi ambigui, materia smagliante e solida, unita ad una sorprendente ricerca dei colori. L’universo di Sonia Ros è pieno di esistenze sconosciute, misteriose, raffinate e sensuali.


Le indicazioni stradali a Venezia sono riportate sui “nizioleti”, una pagina Facebook le raccoglie

MUSEO TOPONOMASTICO

Il museo dei “nizioleti” ha trovato una casa: Facebook. Il noto social network, dopo aver veicolato, soprattutto attraverso la pagina dello scrittore di leggende veneziane Alberto Toso Fei, la protesta contro alcuni nizioleti comparsi al Ghetto, dalla grafica decisamente brutta, ha iniziato ad ospitare una vera e propria galleria vir-

tuale dedicata a questi caratteristici compagni di viaggio delle passeggiate veneziane. Il merito va ad Alberto Alberti, veneziano di Sant’Alvise emigrato a Mestre, che si è divertito a fotografare le indicazione “stradali” più curiose in città e a raccogliere le immagini su Facebook nel gruppo “Il passato e il presente dei nizioleti”.


(...) Innegabile il fascino di questi singolari strumenti toponomastici, dal nome che significa “lenzuolino”, introdotti nell’Ottocento durante la dominazione austriaca. «Inizialmente la città era divisa in solo due zone - spiega il giornalista e scrittore Piero Zanotto, che a questo singolare strumento toponomastico ha dedicato una serie di libri - al di qua e al di là del Canal Grande, con due sole serie di numeri quindi, mentre poi, per praticità, avvenne la divisione in sestieri . I nizioleti invece sono rimasti sempre uguali, nella forma e nella grafica, fino agli ultimi anni quando è iniziata una certa confusione». Un po’ ha fatto l’incuria, con molti nizioleti che sono spariti, anche in zone importanti della città. «Spesso la colpa è dei restauri degli edifici - aggiunge Zanotto - perché quando si rifà l’intonaco il nizioleto viene spesso coperto». La loro parte la hanno anche i vandalismi, con effetti talvolta inaspettati. Come avviene in Calle dell’Aseo. Dove da anni la A ha lasciato il posto ad una O. Mentre sembra un atto di romantica nostalgia la copertura che di tanto in tanto sostituisce la dicitura “Ponte San Giovanni Grisostomo” con “Ponte dei Zogatoi” nome con cui da tutti viene conosciuto quel luogo. Anche se i giocattoli sono stati sostituiti da un bel pezzo dalle scarpe. Spesso le indicazioni sono sbagliate, come nel caso del nizioleto che dovrebbe condurre alle Poste Centrali. Che però da quasi un anno sono state trasferite. Da fucilazione sul posto, invece, la centratura del nizioleto in Calle de le Procuratie. Momenti di surrealismo toponomastico anche in Calle del Magazen o tra Lista di Spagna e San

Geremia dove spuntano fuori indicazioni realizzate almeno con tre diverse grafiche. Ma, al di là dell’incuria, sin dall’apparire di questi lenzuolini nell’Ottocento, appare irrisolvibile la questione filologica: vanno scritti in italiano o in veneziano? Nessuno ha intenzione di tradurre nella toponomastica “forner” o “becheri”. Ma va scritto “parrocchia” o “parochia”, “dei Scalzi” o “degli Scalzi”, “sestiere” o “sestier”? É stato questo lo scoglio che ha fatto naufragare anche un’apposita commissione di esperti istituita dal Comune già nel dopoguerra. «La commissione - spiega il giornalista Leopoldo Pietragnoli, autore di saggi sul tema, che ne faceva parte - è stata ripristinata l’ultima volta durante la giunta Costa ma si bloccò di nuovo su questo punto e non è stata più convocata. Il problema è di vecchia data. Nel dopoguerra la commissione avesse optato per il dialetto ma molti studiosi rilevavano che, in realtà, la lingua originaria dei nizioleti, nell’Ottocento, fosse l’italiano». Col risultato non solo di una disomogeneità di linguaggio, ma anche di strani ibridi di dubbio gusto. «Io propendo per il dialetto ma, al di là di quale sia la scelta, non si può scrivere ad esempio “sottoportico” – nota Zanotto - per il semplice motivo che in italiano questa parola non esiste ed è una brutta traslitterazione del veneziano “soto portego”». Ma la questione è di vecchia data, come testimoniano foto degli anni Trenta in cui compare proprio la fatale dicitura “sottoportico”. E non sarà certamente Facebook a fare chiarezza. (Pl.T.)

Al di là dell’ incuria appare irrisolvibile la questione filologica: i nizioletti vanno scritti in italiano o veneziano?


Centro Epson e Centro Maree insieme con un software militare per prevedere l’acqua alta e il vento per l’America’s Cup

arriva leads, lo shuttle del meteo

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Si chiama Leads: «è il nostro Space Shuttle». Antonio Verga, amministratore unico del Centro Epson Meteo, mutua un linguaggio aerospaziale, per descrivere la piattaforma informatica che viene utilizzata a Milano, del più noto “fornitore” di previsioni meteorologiche nazionale, per la gestione degli output dei modelli previsionali meteo e marini. La novità sta nel fatto che questo cervellone da oggi verrà utilizzato, nell’ambito di una convenzione di matrice scientifica, anche dal Centro Maree del Comune di Venezia per migliorare le previsioni legate al fenomeno acqua alta. «Un sistema di origini militari - spiega Verga - che da pochi anni è stato messo a disposizione anche sul piano civile; un prodotto molto sofisticato e che viene tutt’oggi utilizzato anche dalla Nasa». Un investimento da un milione di euro, per Centro Epson Meteo, ma che nell’ottica “del dare valore e creare valore” viene messo ben volentieri a disposizione di una realtà incredibile come quella veneziana che, con il suo Centro Maree, ha la possibilità di condividere una miriade di dati sull’andamento mareografico lagunare. D’altronde, da sempre, la scienza della meteorologia basa i suoi fondamenti sulla qualità e sulla quantità delle osservazioni: maggiori e migliori queste sono, più attendibili divengono le previsioni. E questo vale in ogni ambito, «specialmente quello turistico. Sappiamo che siamo un importante driver proprio sul fronte dello spostamento dei turisti. E’ perciò che riteniamo indispensabile essere sempre il più precisi possibili». Anche se, ci dà ragione Verga, l’assoluto non esiste: altrimenti che previsioni sarebbero? Ma il sistema Leads esamina migliaia di grafici ed è in grado di fornire numerosi

dati utilizzabili in svariati modi: con una password e un tap sull’iPad, ma anche su un comune pc, si possono vedere le previsioni di onda, dei venti e meteo in tutto il mondo. «Vogliamo - sottolinea il Presidente del Centro Maree, Luigi Alberotanza - cercare di accoppiare la meteorologia con lo studio delle maree. E’ evidente che la perfezione della previsione per noi e’ importante specialmente per quanto concerne il fenomeno dell’acqua alta. Ma non solo: con l’intenzione di portare in laguna grandi eventi, come l’America’s Cup, dobbiamo essere pronti a gestire le previsioni meteo con metodo».

Chi sviluppa previsioni meteo è un importante driver nello spostamento turistico

In due parole L’Istituzione Centro Maree - E’ nato all’inizio degli anni ‘70 il primo servizio di osservazione delle maree, per segnalare, con una sirena posta sul campanile di San Marco, l’avvicinarsi di gravi eventi. Nel 1980 è nato il Centro Previsioni e Segnalazioni Maree, con il compito di garantire alla cittadinanza la massima informazione sulla marea. Il Centro veneziano collabora già con il CNR, APAT, Servizio Meteorologico dell’Aeronautica e Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale. Con l’arrivo dell’ultimo decennio al centro è stato riconosciuto lo status di “Istituzione” onde poter godere di una maggiore autonomia economica e decisionale. Il Centro Epson Meteo - Il Centro Epson Meteo è nato nel 1995 e costituisce oggi una delle strutture di ricerca applicata e di previsione in ambito meteorologico più accredtate d’Europa. Il progetto per la realizzazione del Centro ha preso il via nei primi anni ‘90. Il format di previsione del Cem è dedicato a 8100 Comuni Italiani, 103 Capoluoghi di Provincia italiani, 440 Località turistiche italiane, 700 Capoluoghi di Provincia delle altre Nazioni Europee ed infine a 7000 città nel mondo. Nel Centro Epson Meteo opera anche una Divisione di Produzione Televisiva che realizza più di trenta edizioni del Meteo Epson ogni giorno per le tre reti Mediaset (Canale 5, Italia 1 e Rete 4), Sky Tg 24, Sky Meteo 24, CFN, 24 Ore TV, Yacht&Sail ed altre numerose televisioni areali italiane. Oltre all’attività nel settore televisivo, il Cem fornisce le previsioni meteorologiche per i quotidiani “Corriere della Sera”, “Gazzetta dello Sport”, “IlSole24Ore”.


Alle origini fu il Circolo La Gondola, viaggio straordinario nel mondo della fotografia

IL CLUB DEI FOTOGRAFI di pierluigi tamburrini


A sinistra: le diapositive vengono minuziosamente controllate con il visore ed il lentino, un gesto che nella fotografia moderna è diventato una rarità; sopra: l’archivio del Circolo fotografico La Gondola, presso la Fondazione Querini Stampalia, custodisce oltre 14.000 immagini

Se si vuol far parte de La Gondola spieghiamo che serve darsi da fare; se non ci si vuol rimboccare le maniche meglio non associarsi

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Un tesoro i n soff it ta. Del va lore d i a lmeno u n m i l ione d i eu ro. Per ar r ivarci si attraversano i saloni affascinanti e spettral i d i pa lazzo For t u ny, ci si i ner pica su u n pa io d i sca lette, si att raversano port ici ne. Per g iu ngere a due stanze sot totet to che d’inverno d iventano una gh iacciaia. Il posto dove meno ti aspetteresti come scrigno del tesoro. M a è l ì che è ospit ato, sot to i l seg no del l’eterno precar iato, l’arch iv io del C i rcolo L a G ondol a , probabi l mente i l so d a l i z io fotog r a f ico più i mp or t a nt e i n Ita l ia, l’u n ico ancora i n v ita t ra i v iva i del la g ra nde fotog raf ia d’autore it a l ia na del dopog uer ra, a l qua le sono state ded icate almeno una decina d i tesi d i laurea. E che ha appena inaug urato al la Fondazione Querini Stampalia la mostra “Positif ”, con scat t i dei soci at t ua l i del Ci rcolo. A fondarlo nel 1948 quat t ro moschett ier i del la ref lex come Paolo Mont i, Gi no B olo g n i n i , L uc i a no S c at tol a e A l f r e do Brescian i. Tra i nom i d i a lt r i soci, scior inat i da l presidente Manfredo Manfroi col tono d i ch i parla d i parent i car i, quel l i d i Gi a n n i B eren g o G a rd i n , Fu lv io Roiter, Bepi Bruno, Toni Del Tin, Elio Col, Bruno Rosso. In u na parola, i l got ha del la fotog raf ia i nternaziona le del tempo. Che per uno strano m iracolo del la sorte proven iva tutta da pochi chilometri quadrati racchiusi i n u na lag u na a i bord i del l’Ad r iat ico. E i n Eu ropa ven iva ch i a mat a “école de Ven ise”. Di quella stagione irripet ibile, e dei sessant’anni di storia della fotograf ia testimon iat i da l la Gondola, sono stat i arch iv iate olt re 18m i la immag in i, d i cu i olt re 10m i la d ig ita l izzate, 24m i la negat iv i, 14m i la d iaposit ive. « M a non sono i nu mer i a fa re l’i mpor t a n za d i questo a rch iv io, qua nto i l l i ve l lo q u a l it at i vo e le vat i ss i mo, t a n to c he 5 m i l a foto sono v i ncol at e d a l l a S opr i nte nde n za – sot tol i ne a M a n f roi – Per fa re qu a lche esempio qu asi t ut te le i mmag i n i sono state stampate dagl i stessi autori e t utte sono accompagnate da schede perché non bast a no fotog raf ie a cre-

are arch iv io, ma ser ve r icost r u i re i l loro suppor to cu lt u ra le, la loro proven ien za, sapere ch i erano gl i autor i, r icost r u i re la storia del singolo scatto. Oppure qu i c’è la più ampia raccolta d i foto d i Paolo Mond i da l ‘45 a l ’53, o sono custod it i scat t i d i Berengo-Gardin che non possiedono nemmeno gl i ered i ». Tut to i n due stanzet te concesse i n co modato g rat u ito, pr ive d i r isca lda mento e con f i nest r i ne piccole così, che olt re ad essere i mprat icabi l i d’i nverno pot rebbero da re sofferen za a l le stesse fotog raf ie. E dove, i ncred ibi l mente, t ut to è tenuto i n ord i ne. Perché nel l a soff it t a d i pa l a zzo Fortuny i l tesoro non è solo l’arch ivio, ma anche la generosità dei 38 soci del Circolo. A nc h’e ss i se le z ion at i come le foto, m a su l la base d i u n a lt ro paramet ro. « Come nu mero d i soci è i l nost ro massi mo stor ico e a i nuov i ar r ivat i spiegh iamo che per fa r p a r t e de l l a G ondol a bisog n a esse re d ispost i a darsi da fare – d ice Manfroi – Se non ci si v uol r i mboccare le man iche non è i l caso d i associarsi ». Perché t ut to i l Ci rcolo v ive d i volontar iato. A nche nel suo set tore più del icato, ov vero l a c u ra cat a log raf ica da a rch iv ist i professiona l i con c u i ven g ono c ustod ite le foto. Con cost i da capog i ro. « L e foto sono conservate si ngolar mente i n buste a nor ma Iso a nt iacido, del costo d i u n eu ro e mezzo l’una – spiega il responsabile del l’archivio, A ldo Brandol isio – ment re le scatole, i n car ta bar r iera ant iacido, costano 33 eu ro l’u n a ». E d i sc atole ce ne sono a l me no 120. Og n i an no la spesa per i mater ia l i si aggira sui 7/8mila euro. « Abbiamo almeno 3/4mila diaposit ive che rischiano di virare – ag g iu nge Brandol isio – e sa lvarle sarà u n’a lt ra spesa ». Tut te aff ront ate da u n a generosit à dei soci che sf iora l’eroismo. M a l a ne c e ss it à d i u n a nuova se de p e r l’arch iv io è sempre più i mpel lente. « Og n i anno acquisiamo attorno al le 800 foto, genera l mente t ram ite donazion i – conclude Manfroi – perciò ent ro u n an no lo spazio f isico per custod i rle sarà esau r ito».


Bruno Rosso, socio del Circolo La Gondola, firma un affascinante “controluce” nel cuore della laguna veneziana Paolo Monti riprende un gruppo di pescatori di Chioggia in Riva dell’Impero (sullo sfondo si nota San Marco) Immagini dell’Archivio Circolo Fotografico La Gondola


Una romantica Piazza San Marco sotto la neve cristallizzata da Bruno Rosso nel 1951 Gino Bolognini offre invece la sua visione dell’atrio della Basilica Immagini dell’Archivio Circolo Fotografico La Gondola


Di lui scrisse Indro Montanelli: “il numero uno della fotografia mondiale”

FULVIO ROITER


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Fulvio Roiter è Venezia. Chiacchierarci ai tavoli del Quadri, sorseggiando un cappuccino senza schiuma con una montagna di panna («Sono tanto goloso» confessa), è come avere davanti Venezia stessa. Il merito è anche del libro che ha tra le mani, “UnavitaperVenezia”, tutto attaccato, l’ultimo che ha dedicato alla sua città. Con immagini da urlo della neve in bacino di San Marco o dei colori di un bragozzo sorpreso da una finestra di San Giacomo in Paludo. Ma il merito è soprattutto suo, di Roiter, di questo ragazzo nato a Meolo ottantacinque anni fa che del veneziano ha tutto. Dallo sguardo ironico e gattesco, al modo di parlare nobilmente popolare, che alterna citazioni francesi e bestemmie con lo stesso tono aulico, e la giovialità contagiosa. La sua favella sciolta cita spesso la moglie, Lou Lou Embo, fotografa belga conosciuta a Bruges, che qualche anno fa realizzò un libro fotografico su Pellestrina di assoluto valore. E quando ne parla gli occhi si illuminano e la mano corre verso la sottile fede di oro bianco che porta all’anulare. Ma è un movimento talmente spontaneo che forse nemmeno se ne accorge. Primo italiano ad avere al suo attivo un libro fotografico, “Venise a fleur d’eau”, il suo esordio con le edizioni della Guilde du Livre di Losanna nel 1954, ma soprattutto autore del libro fotografico probabilmente più venduto di ogni tempo, “Essere Venezia” del 1977. Maestro, il suo nome è legato indissolubilmente a Venezia. Nonostante abbia fatto reportage in tutto il mondo, lei è Venezia, come il titolo del suo libro più famoso. Spesso mi chiedono di firmare il libro su Venezia: ma io voglio sapere quale. Ne ho fatti quattro! E loro di rimando: «Essere Venezia». E io: ma no, lascia perdere. Ha trent’anni ormai! Comunque é un libro imitato tante di quelle volte, robe da matti. Ma sa cosa penso? Quello che diceva Picasso, che chi copia è un genio, chi imita è un cretino. Un po’ la sua croce e delizia. Un successo dovuto, oltre che ovviamente alle foto stupende, anche al titolo, immediato... Lo scelse mia moglie... Sua moglie? Sì. La sera del premio Campiello io andai a Palazzo Ducale ma lei volle rimanere a casa per leggersi il testo di Zanzotto. Mi disse testualmente: «e magari ti trovo il titolo». Essendo belga pensai che sarebbe stato impossibile. Al rientro a mezzanotte mi disse: «avevi ragione tu. Il testo è molto impegnativo. Ma in compenso ho trovato il titolo. E’ stato molto semplice. Ho utilizzato le ultime parole del testo “e Venezia continua ad essere”, perciò “Essere Venezia”».

Il maestro Fulvio Roiter incontra L’ illustre al caffè Quadri in Piazza San Marco (foto di Manuel Silvestri)

Si aspettava un successo così travolgente di quel libro? Assolutamente no. Era il mio secondo libro stampato per un editore italiano. Il primo era stato tirato in mille copie. Per il secondo mi chiedono quante copie stamparne. Rispondo 5mila. L’editore le ritiene troppo poche. Decide di stamparne 10mila al prezzo di 30mila lire l’una. Rispondo che è una follia. Non mi sono mai sbagliato tanto: dopo dieci anni le copie raggiunsero il mezzo milione.


Archivio Fulvio Roiter



Già il suo primo libro fu su Venezia. Esatto. Uscì per le edizioni della Guilde du Livre di Losanna nel dicembre del 1954. Primo libro di un fotografo italiano pubblicato in edizione internazionale. Ma qui devo fare un passo indietro, al 1953 quando decisi di andarmene in Sicilia. Il libro di Elio Vittorini “Conversazioni in Sicilia” mi aveva affascinato. Inoltre volevo cambiare aria, lasciare il mio Veneto per una terra lontana. E ai miei occhi magica. Arrivato in treno a Messina mi sono fatto, in un mese, mille km in bici. Alcune immagini, come quelle realizzate alle miniere di zolfo a Caltanissetta, sembrano fatte ieri. Le tenni nel cassetto per un po’. Poi mi capitò in mano un libro sulla Grecia, edito dalla Guilde du Livre e capii che potevo fare molto di meglio. Spedii le foto e passai dieci giorni in ansia. Tormentavo tutti i giorni il direttore dell’ufficio postale. Finché arrivò la risposta. Positiva ovviamente. Eh si! Avevano preso alcune foto di bambini di quel reportage, ma mi chiedevano un libro sulla mia città, Venezia. Io non avevo avuto il coraggio di proporla, ma gli risposi che avevo una montagna di documenti su Venezia. Era una grossa bugia! Non ne avevo nemmeno una! Allora l’editore mi chiese di fissare un appuntamento per il 4 settembre a Venezia. Puntualmente per quella data la “montagna” era pronta entusiasmando l’editore. Dal primo al 31 agosto ero partito ogni mattina alle 5 in treno per Venezia per tornare alle 10 di sera. Dopo Venezia l’Umbria, quando, in poche ore, scattò alcune delle sue foto più note. Ce ne racconta la genesi? Pierre Jacquet, che avrebbe scritto i testi per il libro, non era per niente sicuro di affidare quel libro a un ragazzo che non aveva nemmeno trent’anni. L’editore lo convinse a darmi una possibilità e il 4 gennaio 1954 ricevetti un telegramma da Jacquet che mi diceva che Gubbio sotto la neve è stupenda. All’una ero già in treno, in uno scompartimento di terza classe dove ero l’unico che non fumava... Dormii ad Arezzo e il mattino dopo, con un mal di testa pazzesco, ero a Gubbio. La neve era mescolata al fango. Uno schifo! Mi dissero che c’era neve a Spoleto. Ripartii. Ma di neve nessuna traccia. Altro autobus, stavolta diretto a Norcia, dove arrivai sul far della sera: anche qui non vedevo tracce di neve. Ma come, mi domandavo, avevo lasciato le campagne venete con quaranta centimetri di neve, e in Umbria invece niente! Viaggio a vuoto. Delusione... Ero distrutto. Mi fermai a dormire in una locanda dove incontrai una guardia forestale cui chiesi dove potevo trovare la neve. Mi disse che ce n’era 7 km più a nord, in un paesino che si chiama Savelli. Riuscii a convincerlo a prestarmi la sua bicicletta e alle 7 del mattino dell’Epifania ero a pedalare nella neve. Nel giro di poche ore sentii di aver realizzato una serie di immagini soddisfacenti quando – d’un tratto – vidi un borghetto che sembrava un presepe. Ne chiesi il nome e la risposta fu un’illuminazione: San Marco, il mio santo. Dovevo andarci. Mollai la bici nel bar del paese e, mentre salivo a piedi, incrociai un uomo con due muli. Mi accorsi che il soggetto era eccezionale ma, rispetto a dove mi trovavo, l’in-

quadratura non era ideale. Intanto, uomo e muli, sparirono oltre la curva. Li aspettai e poi li rividi sullo sfondo di un querceto. Quell’immagine, poi, è diventata una icona. E poi? Misi su un altro rullino e arrivai a San Marco. L’ultima parte del libro avrebbe dovuto illustrare Il Cantico delle Creature. Va bene illustrare i passi in cui Francesco parla di terra, acqua, fuoco. Ma come illustrare la sorella Morte? Avevo pensato a un cimitero di campagna, magari sotto la neve, ed è quello che ho trovato a San Marco. Mi ci hanno accompagnato, dopo qualche riluttanza, alcuni ragazzini. Mi trovai davanti all’inferriata del camposanto alta tre metri. Feci passare la macchina attraverso le sbarre e scavalcai. Mi dissi: in qualche modo uscirò. Era quello che cercavo da mesi. L’euforia era alle stelle. Avevo fotografato un cimitero di anime. Riprese altri paesaggi memorabili in quei giorni? Gli ultimi paesaggi li vidi quando ero sull’autobus per tornare a Spoleto. Uno scenario che non potevo perdere. Pregai l’autista di fermarsi ma mi disse di no. Gli dissi che me la stavo facendo addosso. Scendendo gli chiesi quanto distava Spoleto. Erano meno di dieci chilometri. Quando sono arrivato a Spoleto, camminando nella neve, avevo i piedi congelati, umido dappertutto. Alla fine, quando Jacquet vide le fotografie che avevo scattato, lui, che non mi riteneva adatto a quel compito, si commosse. A rivelarmelo fu l’editore.

Il mio primo libro uscì nel dicembre del 1954 per la svizzera Guilde du Livre; il primo di un fotografo italiano distribuito a livello internazionale

Quel libro, premio Nadar 1956, presentò anche un’impaginazione innovativa. Sul primo libro, quello su Venezia, non avevo osato intervenire sull’impaginazione. Ma qualcosa, una volta in mano, mi dava fastidio. Avevano inserito dei versi di poesie all’interno della parte nera delle foto. Sul libro successivo fatto con loro, “Ombrie. Terre de Saint-François”, (Umbria. Terra di San Francesco sull’Umbria) sono intervenuto con il grafico dicendogli che non volevo una pagina bianca vicino a una foto di un paesaggio innevato. L’editore non era convinto di associare una pagina bianca con una nera. «Non lo abbiamo mai fatto prima» diceva. E io: «É l’occasione per provarci». Gli ho mostrato, con dei cartoncini bianchi e neri, quale sarebbe stato l’effetto. E lui: «Si, forse...». L’avevo avuta vinta. Recentemente, nel decennale dell’11 settembre, ha presentato invece un libro dedicato a New York, “World Trade Center Before”. Qualche tempo fa mi accorsi che i grandi fotografi americani, specialmente quelli che vivono e vivevano a New York, non si erano mai cimentati nel realizzare un libro sulla loro straordinaria città che fosse, più o meno, l’equivalente di quello che ero riuscito a fare con il volume “Essere Venezia”. Cioè un racconto per immagini capace di esaltare la bellezza della Grande Mela e dei suoi abitanti. Sulle riviste uscivano reportage, su tutti uno fantastico di Jay Meisel pubblicato sul prestigioso mensile svizzero Do. Forse la causa andava cercata nel fatto che dove si vive l’abitudine distrugge l’occhio. Allora mi sono impegnato per riempire questo “vuoto” col solito entusiasmo di sempre.

A destra: le cupole della Basilica di San Marco riprese da Fulvio Roiter dal campanile durante una nevicata; nella pagina precedente bacino San Marco sotto la neve (immagine di Fulvio Roiter)



A soli vent’anni, con l’avvento della fotografia, Victor Hugo scrisse

“Non ho che una sola patria: la luce”


Mancava poco per completare l’opera quando arriva la tragedia delle Torri Gemelle e blocco tutto. Ma quando arriva la recente commemorazione del decennale rivedo tutto il materiale e scopro che il Wtc mi offriva una sessantina di immagini straordinarie. Ho pensato subito di raccoglierle nel libro “World Trade Center Before”. Cioè prima. Perchè la bellezza non muore mai, non deve morire. Sfogliate il libro per credere. Come scatta la passione per la fotografia nella campagna veneta profonda degli anni Trenta, nella Meolo dove è nato? Penso che la vita sia casualità e mistero. Forse sono state le chiacchierate con un amico ex seminarista che aveva studiato filosofia e con le quali mi sono reso conto che mi mancava qualcosa. Comunque la prima macchina fotografica fu una Billibox trovata nel tinello di casa. Aveva un culo di bicchiere al posto dell’obiettivo. Per la promozione a scuola mio padre mi regalò una Welta, tedesca, con obiettivo Cassar Steinheil. Ci fotografai una rete metallica intrisa di ghiaccio. Mandai la foto a un concorso organizzato dal Gazzettino Sera nel ’48. Il giorno dopo me la vidi pubblicata. Il sogno era sempre stato comunque la Leica. Durante la guerra vedevo certi ufficiali tedeschi che avevano al collo la Leica. La riconoscevo già dal fodero, a distanza. Ne avrei fatto fuori uno per rubargliela... È la macchina che usa adesso? Si, una Leica M7. Nonostante il digitale? L’avvento del digitale è stato micidiale. È il futuro ma provoca una deriva paurosa. Dovrebbe essere utilizzato solo da fotografi che hanno già una grande esperienza del bianco e nero. La porta sempre con sé, immagino? No. La macchina fotografica serve averla in testa. Fotografo sempre, in continuazione, e succede quando cervello ed occhio si coordinano per dirmi: eccola l’immagine, vai. Non importa se non ho la Leica al collo, l’immagine si è formata nella retina, in quel preciso istante, e non mi scappa più. Davvero? Sì, pensi che qualche mattina fa, alle 8,30 in una calletta lunga e stretta alle Fondamenta Nove, c’era una luce che veniva giù perfetta, che lambiva i muri. Non ho potuto scattare perché non avevo la macchina con me. Ma è come se la foto l’avessi fatta. L’ho fatta in testa. E un’immagine del genere a due passi da casa mostra come il miracolo sia il quotidiano. Che il banale non è fuori di noi ma dentro di noi. Bisogna andare tanto lontano da casa per cercare una bella immagine? Le belle immagini si trovano anche fuori dalla porta di casa. Non serve andare lontano. A ltri consigli per i dilettanti del la fotografia? Non esistono dilettanti della fotografia. Esistono fotografi e non fotografi. Ad un corso che tenni a Rennes, in Bretagna, qualche anno fa, c’erano un medico e un cioccolatiere. Avevano

delle foto di paesaggi stupendi. Il medico le aveva scattate in Portogallo, il produttore di cioccolato sulle spiagge bretoni, la sua regione. Se avessero avuto un po’ più di senso critico verso sé stessi, scartando quelle quattro o cinque foto non all’altezza, sarebbe stato un album perfetto. Un altro consiglio quindi per i fotografi, il senso critico. E poi? Non serve nemmeno essere geni. Bisogna essere fanatici. Nulla mi entusiasma di più che vedere una fotografia fantastica scattata da altri. Ma non vado a caccia di geni. Vado a caccia di fanatici. Vivo di fotografia e cerco spiriti tormentati dall’esigenza di realizzare immagini. Ne ha trovati? Chi è qualche giovane fotografo che la ha entusiasmato? Penso a Renato Sandrini, un ragazzo di Pisa che qualche anno fa mi ha mostrato delle immagini stupende di Venezia. Ecco, un caso straordinario. Non un cretino che ha imitato, un genio che ha copiato. Quelle foto le avrei potute fare io. Uno che aveva imparato la lezione, e non era un fotografo professionista. Lavorava come ingegnere nucleare in un dipartimento del Ministero della Difesa. Una bella testa insomma. Gli suggerii che Pisa aveva lo stesso carisma di Venezia e lo proposi a un editore che però voleva il nome Roiter in copertina. Giungemmo a un compromesso e facemmo metà del libro insieme. Un ultimo consiglio? Un fotografo deve sempre ricordarsi che verbo peculiare della fotografia è “catturare”. Ma sopratutto un fotografo non deve mai dimenticare il significato letterale della parola fotografia: foto uguale luce, grafia uguale scrivo. L’aveva capito il grande Victor Hugo quando a vent’anni (era nato nel 1805 e la prima fotografia della storia è del 1825 di Niepce), aveva intuito mirabilmente la portata storica della grande scoperta. Scrisse: «non ho che una sola patria: la luce».

La macchina fotografica serve averla in testa. Io fotografo sempre e questo succede quando occhio e cervello si coordinano per dirmi: eccola l’immagine

A sinistra uno spettacolare tramonto sulla laguna veneziana e l’acqua alta che abbraccia Palazzo Ducale: due emozionanti immagini scattate da Fulvio Roiter

In due parole Indro Montanelli parlava della sua «mostruosa animalesca facoltà di concentrare tutte le forze intellettive nell’occhio» e che ne ha fatto «il numero uno della fotografia mondiale, e lo dico senza esitazione». Giuseppe Prezzolini sottolineava che «le sue fotografie rivelano un occhio e un animo penetrante, capace di scegliere l’essenziale, di sorprendere ogni espressione umana». Per Alberto Bevilacqua « Ritenerlo un fotografo illustratore è un insulto. Egli è un rabdomante. Scrive versi con la macchina fotografica. E, si sa, per un poeta vale, spesso, più un muro desolato di una basilica». Tutti e tre parlavano di Fulvio Roiter, nato a Meolo, nella campagna veneta, il giorno di Ognissanti del 1926. È il primo italiano autore di un libro fotografico, “Venise a fleur d’eau” (Venezia a pelo d’acqua) per la Guilde du Livre di Losanna, editori anche del suo secondo libro, “Ombrie. Terre de Saint-François” (Umbria. Terra di San Francesco) vincitore del Premio Nadar 1956. Il suo “Essere Venezia” del 1977, con testo di Andrea Zanzotto, è il libro fotografico che ha venduto più copie al mondo. Dai suoi numerosi reportage di viaggio sono scaturite oltre 70 pubblicazioni. Nel ’48 vince il suo primo concorso per il Gazzettino Sera, nel 1949 aderisce al circolo fotografico La Gondola di Venezia. Insieme con Paolo Monti, a cui è legato da intensa amicizia, scopre gli autori stranieri del gruppo Fotoform e le opere dello svedese di Hans Hammarskjöld. Il primo viaggio fotografico è in Sicilia, nel 1953, e gli frutta la pubblicazione di alcune foto su “Camera” e il conseguente debutto sulla scena internazionale. Seguono il primo libro su Venezia e il reportage umbro. Quindi, in una successione sempre più serrata, reportages dalla Sardegna, dall’Andalusia, dal Brasile, dove resta nove mesi e dove tornerà molte volte. Poi Bruges, uno dei suoi libri più intensi, e in quella occasione conoscerà la fotografa belga Loulou Embo che pochi mesi dopo diventerà sua moglie. E ancora Portogallo e Persia, Turchia e Messico, Spagna e Irlanda, Louisiana e Tunisia, fino all’Africa Nera, dalla Costa d’Avorio allo Zaire. E ad “Essere Venezia”. La sua attività continua instancabile anche oggi, ad 85 anni, con le recenti pubblicazioni di UnavitaperVenezia, ultimo libro dedicato alla sua città, e a “World Trade Center Before”, atto d’amore verso New York, la sua architettura e la sua gente, pubblicato in occasione del decennale dell’11 settembre. (Pl.T.)


Continua a girare il mondo carpendone immagini suggestive

giorgia fiorio di Luisa De Salvo

Dimenticate il senso che oggi diamo comunemente alla parola “chic”, quale persona o cosa connotate da peculiarità un po’ snob e un po’ alla moda. Pensate, invece, ad un modello di buon gusto inusuale, quello che guardandolo pensi evviva, c’è ancora un modo raffinato di intendere la vita! E’ questo il primo

(e fortunatamente anche l’ultimo) pensiero che mi tiene compagnia durante l’incontro con Giorgia Fiorio. La fotografa famosa, figlia del manager automobilistico Cesare? Sì, è lei, libera dal suo breve passato di cantante e attrice e da una famiglia che c’è naturalmente, ma non si vede.


A sinistra: Giorgia Fiorio, torinese di origini, ma che ha scelto Venezia come città di residenza, ripresa in una foto di Enrico Bartolucci; a destra: Giorgia al lavoro; sopra e nelle pagine seguenti una serie di scatti messici a disposizione dal suo archivio veneziano (...) “La mia è una lunga storia, difficile da sintetizzare. Faccio la fotografa da 22 anni, di cui in realtà gli ultimi 20 li ho passati quasi tutti sparsi in giro senza una vera base. Sono residente a Parigi dove ho vissuto, più fissa che adesso, per 15 anni, pur essendo sempre da nessuna parte. Per la preparazione del libro antologico Uomini dal 1990 al 2000 trascorrevo otto mesi l’anno in giro seguendo le comunità con cui lavoravo. Nei seguenti 10 anni ho attraversato 38 paesi con Il Dono, un reportage che si articola nel rapporto tra l’individuo e il sacro. Ad un certo punto mi sono accorta che mi mancavano le campane; a Parigi non si sentono mai perchè le suonano a turno. Allora mi è venuta voglia di tornare in Italia, dove lavoravo in uno studio molto ristretto. Avendo iniziato a realizzare stampe di grande formato, avevo bisogno di spazio ed ero in dubbio se scegliere Napoli o Venezia, due città che amo moltissimo e che associo nell’immaginario rispetto all’Italia. Ad un certo punto andando a Napoli un tassista mi chiese “Ma a lei Signora piace Napoli?” Gli risposi “Tantissimo, sto pensando di venire a vivere qui!” E lui mi disse “No signora, non venga qui, altrimenti quando vuole andare a Napoli, dove va?” Pensai che il suo ragionamento non faceva una piega e così decisi per Venezia, che frequentavo regolarmente e amo tantissimo, dove veramente ritrovo il centro. Qui ho trasferito il mio studio e il mio archivio, anche se la mia base giuridica e molte delle mie attività si articolano ancora in Francia. Dieci anni fa ho fondato Reflexions Masterclass, un seminario internazionale per la formazione alla fotografia contemporanea, riservato a 15 artisti per biennio provenienti da tutto il mondo, anche giovanissimi, ma già affermati e completamente engagés, cioè

Della sua educazione familiare, cosa ha ispirato le sue opere? Non saprei, forse la libertà, e comunque l’idea di interrogare, capire, guardare e comprendere le cose che non conosco. L’idea di confrontarsi con ciò che non conosco. L’idea della velocità, del movimento, presente in molte delle sue fotografie, è ispirata dal lavoro di suo padre? No, non penso che ci sia una relazione in questo senso. Da mio padre semmai posso aver preso il carattere di puntiglio e perfezionismo ossessivo. posseduti, dedicati all’arte della creazione pura. Adesso stiamo portando a conclusione un accordo di intesa accademica tra l’Università Ca’ Foscari e l’Ecole nationale de la photographie (Enps), sotto l’egida del Ministero della Cultura francese, per cui, dall’anno prossimo in occasione del decennio, Reflexions Masterclass verrà trasferito in Francia, organizzando un incontro a Venezia e uno ad Arles, e unendo così i due leoni simbolo di entrambe le città”. E mentre finisce di parlare, ma continua a pensare, Giorgia Fiorio si alza dalla sedia dove a stento è rimasta sospesa e aspetta le mie domande camminando avanti e indietro, a destra e a sinistra. L’impressione è che le risposte, arricchite dalla sua mente acuta e dalla snella esuberanza del suo linguaggio, nascano dai suoi passi lenti, dalle sue soste improvvise. Quale fil rouge unisce le sue opere? Da 20 anni tutto il mio lavoro si articola intorno alla figura umana. Dal 1990 per 10 anni ho lavorato su un’opera caratterizzata dalla dimensione sociale. Si chiama Uomini. Mentre i secondi dieci anni, Il Dono, è più di carattere umanistico. A parte l’opera collaterale, Cumfinis, che riguarda la materia primordiale, anche il progetto al quale lavoro da due anni si sviluppa sulla figura umana e in qualche maniera la conclude. Si chiama Humanum ed è la rappresentazione dell’umano attraverso la scultura antica, che ha un’articolazione più complessa, di visualizzazioni formali parallele.

L’immagine che in assoluto la affascina di più? Tornando a Venezia, per me, la presenza dell’acqua, del mare è vitale. Una delle ragioni per cui ad un certo punto, pur amandola, ho lasciato Parigi, è che mi mancava la libertà che mi trasmette questo corpo così liquido che è l’acqua. Comunque per me è la bellezza ad essere fondamentale, quella di tutti i giorni, che circonda la vita in cui si è immersi a Venezia, è catartica e preziosa. Quella, al contrario, che la disgusta di più? Forse la distrazione verso la bellezza e la dispersione dei significati delle cose importanti. Una fotografia che ritiene “impossibile”? E’ una domanda per assurdo. Le rispondo con un pensiero meno serio e con uno più serio. Una fotografia che non faccio perché non mi interessa, in quanto mi attraggono solo le cose che non conosco e non capisco, è un autoritratto. Trovo la mia persona completamente priva di interesse, per lo meno del mio interesse…come non potrei mai andare da uno psicanalista. Tuttavia, rispondendo su un piano più articolato, più profondo e più serio, forse la fotografia “impossibile” è la fotografia della realtà, in quanto non è riproducibile. Esiste in sé stessa e noi ne abbiamo una percezione latente, differente in ogni istante, che traduciamo e definiamo in diversa maniera. Per non parlare del fatto che oggi non si parte più dal reale, ma


Credo in una dimensione trascendente, metafisica della vita. Non mi identifico in una particolare forma di credo in quanto dopo il Dono per me le diverse forme di religione restano tali


da una stratificazione della sua rappresentazione. Comunque al di là di questo aspetto ulteriore con il quale oggi dobbiamo fare necessariamente i conti, sicuramente la fotografia del reale in realtà non esiste, anche se io come “tradizione” provengo da lì… In cosa o in chi crede? Credo in una dimensione trascendente, metafisica della vita. Non mi identifico in una particolare forma di credo in quanto dopo il Dono per me le diverse forme di religione e del credere sono appunto delle forme. Credo in una necessaria ricerca della verità che si esprime attraverso varie tipologie del credere, che sono come le lingue, cioè differenti forme di espressione che tutti usiamo per esprimerci, ma in modo diverso, con diversi alfabeti. Ecco io credo in questa ricerca di un vero non rivelato. Quale sia la forma mi è abbastanza irrilevante. Un’immagine, l’unica, che rappresenta l’essenza di Venezia? Penso a quando la vedo venendo in barca dall’aeroporto…il profilo delle guglie e dei suoi campanili che bucano il cielo. La vedo contro luce, una riga sull’acqua, questa inserzione in controluce. E’ buffo perchè io penso sempre in bianco e nero, però Venezia la penso con due colori: il giallo e il rosso ruggine. Anzi ne esiste una terza perché io sono fondamentalmente dispari. E’ un caglio di opale, è

la nebbia che mi piace moltissimo a Venezia. E l‘immagine che cancellerebbe? Le navi turistiche fuori scala che passano dentro il canale della Giudecca. Le trovo veramente una follia, per non dire altro. Se avesse un pennello e potesse tracciare un segno, cosa farebbe? Dei centri concentrici, o una spirale. L’insegnamento a cui tiene di più nell’ambito della sua attività didattica? La responsabilità intellettuale, e l’amore per la bellezza e per la forma. Credo moltissimo nella forma. Una dedica a chi e quale? Oggi, qui. All’anima del mondo insaziabile. Ma questa è una citazione, di Dino Campana. Prima di lasciarci, con alcune domande veloci, le chiedo se prima o poi ha intenzione di fotografare Venezia. Mi risponde che ci sta pensando, ma è un lavoro speciale e ha bisogno di tempo. E per finire “Le farebbe piacere darci una foto del suo studio, luogo del buen retiro veneziano?” Lei: “Preferisco di no, sono molto schiva”. Giorgia Fiorio conferma in ogni istante di possedere uno

stile, il suo, formato da un’inseparabile fusione di tecnica e di espressione artistica. Guarda, ascolta in maniera selettiva, attenta, senza rinunciare ad abbandonarsi alle sensazioni suscitate dalla visione né ad un giudizio personale, mai scontato. Un paio di domande veloci: uomini, cose o animali? Uomini Maschi o femmine? (sorride) Maschi Dritto o rovescio? Rovescio Sporco o pulito? Pulito Luce o ombra? Luce Realtà o finzione? Finzione Passato, presente o futuro? Presente


“Cerco l’anima delle persone”

francesco barasciutti La sua foto delle gambe di un ballerino classico l’abbiamo vista tutti, stampata in migliaia di copie su manifesti e volantini di “Venezia in danza”. Forse avvalorando uno dei suoi timori, cioè «come stamperanno le mie foto». Il suo scatto di Tognazzi che fuma una sigaretta è un’icona popolare, una

di quelle foto che condizionano il ricordo. Così come è difficile ricordare Che Guevara in modo diverso dalla foto che gli ha scattato Alberto Korda, forse la più riprodotta di ogni tempo, sarà difficile ricordare Tognazzi a prescindere da quello scatto.


(...) Opera di un veneziano, Francesco Barasciutti, classe ’69, tra i principali ritrattisti al mondo. E, ovviamente, un volto sconosciuto ai più. Perché forse nessuna espressione artistica come il ritratto sublima la croce e delizia dell’essere, appunto, una artista. Ovvero l’essere un protagonista assoluto ma non con il proprio volto, quanto con quello dei soggetti ritratti. Ottico mancato («anche se l’ottica mi è servita per capire molti aspetti dell’immagine»), alla morte del padre, che era stato anche fotografo di scena della Fenice, Francesco ne raccoglie il testimone, a 17 anni. E, pur essendo un fotografo poliedrico, lega il suo nome al ritratto. Perché in una foto gli interessa «cogliere l’anima della persona - spiega - Non che abbia l’arroganza di capire con un’immagine tutta la vita di una persona. Ma almeno condensarne un frammento e da un ritratto deve emergere la vitalità di una persona». Vitalità, quindi, non passività nell’atteggiamento del soggetto che è di fronte al suo obiettivo. «In un ritratto serve complicità del soggetto – aggiunge - L’elemento più complesso di una bella foto è realizzare quella empatia». E senza imposizioni. «Non c’è alcuna particolare preparazione al ritratto né impongo quali vestiti indossare - svela - Al massimo suggerisco la camicia a tinta unita perché quella a quadretti

disturba sul bianco e nero». E, soprattutto, non ci sono invece soggetti più complessi di altri. Perché «non esiste la fotogenia, solo espressioni da saper cogliere» taglia corto. Dalle pareti del suo studio occhieggiano ritratti di pittori e di attori ma «il 99 per cento dei soggetti delle mie foto sono persone comuni» precisa. Come Margherita Fuga, soggetto di una foto che sembra un’astrazione fatta persona, premio Kodak 1998. «Il soggetto era una neolaureata cui due amiche regalarono il ritratto – ricorda Barasciutti – É più facile che il ritratto venga donato che una persona si faccia ritrarre, se non per ragioni professionali». Forse perché nel regalo manca l’elemento dell’egocentrismo, viene da chiedersi. «Non direi egogentrismo... non proprio...manca...ecco, il narcisismo!» è il termine trovato dal fotografo. E mostra uno scatto di una Franca Valeri che trasuda intelligenza e autoironia. «Ecco, questa è una foto che è l’esatto contrario del narcisismo» sottolinea. E di seguito una foto di Dario Fo che riesce ad essere istrionico anche mentre disegna; un’altra vittoria sul narcisismo con uno scatto che ritrae insieme i pittori Bortoluzzi e Pizzinato, una rarità assoluta considerando l’egocentrismo dei pittori. Paolo Villaggio si è fatto ritrarre da Barasciutti almeno due volte e accanto a lui, sul muro dello

A sinistra: autoritratto del fotografo veneziano Francesco Barasciutti; Sopra, in senso orario: Ugo Tognazzi, Franca Valeri, i pittori Armando Pizzinato e Ferruccio Bortoluzzi, in fine Gabriele Lavia tutti immortalati da Barasciutti

studio, sorride Ernesto Calindri. «Simpaticissimo, aveva 80 anni all’epoca di questa foto, persona squisita – lo ricorda Barasciutti – Come Tognazzi del resto, che di fronte all’obiettivo era attento, calmo, curioso, disponibile. La foto con la sigaretta è venuta per caso. L’ha accesa perché aveva voglia di fumarla. Io ho scattato, ed eccola lì». E poi, scorrendo la sua personalissima galleria, ci si imbatte in un’intensa espressione di Gabriele Lavia, difficile da dimenticare. «Gli chiesi di pensare a uno stato d’animo – ne ricostruisce la storia Barasciutti – Aspettai un tempo lunghissimo, almeno un minuto, e poi scattai». Viene la curiosità su quale fosse lo stato d’animo. «Lo sa lui – rimpalla Barasciutti - Secondo lei, guardando la foto?». (Pl.T.)


E’ il fotografo di Hollywood, a Venezia ha giocato a fare il modello con L’illustre

douglas Kirkland di Lieta zanatta


H

«Ho tre grandi amori» anticipa sereno come un cielo azzurro, il colore intenso dei suoi occhi. «Mia moglie Francoise, la fotografia, l’Italia». Douglas Kirkland, il celeberrimo fotografo di Hollywood che ha immortalato tutte le più grandi star dagli anni ‘60 del secolo scorso ad oggi, mostra i suoi più famosi scatti in una sala del Caffè Florian, gli stessi in mostra a “Bassano Fotografia 2011. Quando l’immaginazione prende forma”, visibili al Museo Civico della cittadina del Ponte degli Alpini fino al 6 gennaio 2012. Gli scatti si susseguono sullo schermo: una stupenda Marilyn avvolta in un lenzuolo bianco, una eterea Catherine Deneuve, la sensuale Sophia Loren, un disincantato Marcello Mastroianni, Robert Redford e Meryl Streep in “La mia Africa”, i più begli occhi del mondo, quelli viola di Elisabeth Taylor... «Fotografare Liz è stato uno dei primi lavori - spiega Douglas - Ero giovane e molto impressionato da lei e dalla sua fama di carattere irascibile, poco incline a farsi fotografare. Quando mi presentai, lei cominciò subito a fare bizze e così mi sentii perduto e timoroso di non portare a casa il lavoro. Glielo dissi francamente, completamente sconsolato. Lei mi fissò con quegli occhi meravigliosi e mi sorrise. Si dispose in maniera gentile e rilassata. Così potei farle tutti gli scatti che volevo, e che mi pubblicarono “Life” ed altre importanti riviste». Sembra che la filosofia che ha influenzato il modo di fotografare di Kirkland sia partita proprio da qua: passare del tempo con le persone, entrare in una confidenza senza invadere l’intimità, semplicemente rispettando (e non è poco) i tempi e il modo di essere di chi ha davanti. «Una foto, un ritratto, riesce

soprattutto se la persona davanti a me è a suo agio e rilassata, ben predisposta: è una condizione essenziale per fare una buona foto, e rivelare la persona in tutta la sua bellezza, una diva come qualsiasi essere umano». Ci sono scatti che non ha mai voluto mostrare a nessuno? Douglas si ferma un attimo per riflettere, sembra frugare perplesso nella memoria a cercare qualcosa... «Sono gli scatti che ho distrutto perché usciti male. Se la persona non esce bene nella foto, sembra più brutta o ha un’espressione infelice, la distruggo. Voglio ottenere una bella foto, la migliore. Non ha senso fare click solo per fermare un’immagine». La voce del fotografo è lenta e calma, sembra seguire il flusso pigro dei turisti di Piazza San Marco in questa giornata assolata, in sintonia perfetta con lo spirito veneziano. Si siede fuori in uno sgabellino sotto i portici. «Sono stato in giro per Venezia oggi - dice sorseggiando lentamente un aperitivo - per riprenderne gli angoli. Sa, sono venuto a Venezia la prima volta negli anni ‘60, durante un meeting dove si parlava della salvaguardia e il futuro di questa città. Ne fui suggestionato dall’atmosfera. Venezia è unica al mondo». Questo sarà anche vero, se non fosse che gli americani hanno riprodotto San Marco, Palazzo Ducale, rii con tanto di acqua, gondole e gondolieri a Las Vegas... Kirkland ride di gusto alla provocazione: «L’ho vista infatti, e non potevo credere ai miei occhi. E’ una cosa di cattivo gusto. C’è solo una Venezia, che non ha eguali al mondo, anche se del mondo ha bisogno, perché il mondo ha bisogno di lei». I ritocchi squillanti che scoccano dal campanile sembrano approvarlo. La moglie Francoise, da-

Douglas fotografa Kirkland (con la complicità del nostro fotografo) in Piazza San Marco

gli occhi forse più belli di Liz, arriva leggiadra quasi in punta di piedi, si china e gli appoggia tenera una mano sulla spalla. «Ho immortalato tutte le star più famose di Hollywood - conclude Kirkland - ho potuto seguire i back stage di più di 150 film, da Odissea nello Spazio a Titanic, da Butch Cassidy a Moulin Rouge, ho girato in lungo e largo il mondo per fare reportage. Ho avuto il grande amore di mia moglie, che mi segue ovunque: non mi capacito ancora di quante vite ho vissuto. Sono stato una persona fortunata e trattata molto bene dalla vita. Anche perché non amo le esistenze a metà, mi piace dare sempre dare il meglio. E in questo mi riconosco proprio in questa parte di Italia che dà di più di quello che può fare».


“Venezia? Una cornucopia di idee e soggetti da fissare in immagini”

harry de zitter

La barba e i capelli bianchi che gli danno quell’aria vagamente hemingweyana, lo sguardo acuto e penetrante, una risata squillante e la naturalezza che solo le grandi persone possiedono. Harry De Zitter, uno dei 100 fotografi pubblicitari più importanti al mondo, espone assieme a Douglas Kirkland, Marc

De Tollenaere e Massimo Siragusa al Museo Civico di Bassano del Grappa in “Bassano Fotografia 2011. Quando l’immagine prende forma”, un evento tra i tanti che riguardano le opere di numerosi fotografi che trasformano fino al 6 gennaio la cittadina in una galleria di immagini diffusa.


(...) Seduto al Caffè Florian, aspetta un po’ prima di iniziare ad illustrare al pubblico le nuove immagini che ha scelto per questa particolare mostra. «Non sono le immagini pubblicitarie per le quali sono conosciuto, ma scatti presi in giro per il mondo che riguardano panorami, visioni, ma anche dettagli che mi hanno colpito». Che conservi l’anima del pubblicitario, lo si vede dalla cura con cui riesce a rendere opera d’arte il fermaglio da carta che pinza delle stoffe, un mazzo di pennelli da pittore, la ruota di una bicicletta. Ma colpiscono e danno emozioni le immagini di panorami di lontani, tifoni o distese di mare e sabbia che sembrano visioni apocalittiche, catturate in colori neutri, dove le ombre rafforzano le figure presenti che sono parte di “texture”, tessiture o meglio, trame geometriche. I mattoni rossi di edifici in disfacimento, le mura screpolate di abitazioni fatte con il fango, le scale di una metropolitana, un campo di grano o la vegetazione che copre le dune marine, una fila di ombrelloni: sono tutti effetti grafici, gli stessi che si trovano nella ragnatela di rughe di un contadino sudafricano o nella trama di strade fotografate dall’alto di un grattacielo. «Less is more - dice sicuro - in architettura togliere vuol dire aggiungere». Infatti isola soggetti e colori senza usare artifici, ottenendo un’immagine sobria, semplice, essenziale, sia pur senza essere minimalista. Un Oliviero Toscani in salsa USA. «Oh certo che lo sono - dice esplodendo in una magnifica risata - infatti lui ha lavorato per Benetton mentre io per Sisley. Conosco molto bene Treviso e vengo spesso in Italia». Davvero? Allora conosce bene l’italiano? «Tutto bene, bellissimo, bravo, amo-

re. Tanto amore! Sempre!» esclama in italiano continuando a ridere. «Veramente la mia signora vorrebbe stabilirsi a Bassano e in questo caso dovrei imparare l’italiano per davvero. Nei piccoli centri la gente parla poco inglese ed è doveroso imparare la lingua per loro rispetto. Devo impararlo. I really must! Ma se si parla lentamente, riesco a capirlo». Come mai un gigante del suo calibro espone proprio a Bassano? «Intanto c’è da dire che conosco Manfrotto, il produttore di dispositivi per macchine fotografiche del posto che ha organizzato questa grande esposizione in tutta la cittadina. Credo che Bassano possa diventare un centro, il polo della fotografia». Tra gli scatti in mostra pure Venezia. Cosa le piace fotografare di più della città lagunare? «Oh - sospira estasiato - E’ una cornucopia di materie e soggetti che esistono in ogni cosa, nella gente come nella trama (texture) che esiste ovunque ci si giri. Non c’è bisogno di spiegarlo: Venezia è la festa della visione. Di qualsiasi cosa, perché tutto qui è bellissimo, dalla musica al cibo». Cosa pensa di sé Harry De Zitter? «Che sono stato un uomo molto fortunato, perché ho fatto il fotografo, un lavoro bellissimo. Sono andato in giro per il mondo, ho incontrato gente meravigliosa. Sono un privilegiato, ne ho la coscienza. Per il solo fatto che posso svegliarmi di notte per catturare i riflessi di un’alba che si iniziano a percepire magari alle tre del mattino: è bellissimo. Ho fatto il lavoro che mi è piaciuto fare». Cosa vede nel suo futuro De Zitter? «Fare foto finché avrò l’età per farlo. E’ la sola che voglio fare, amo farlo e continuerò a farlo». (L. Z.)

E’ uno dei 100 fotografi pubblicitari piu famosi al mondo. A Palazzo Ducale, e al Caffè Florian, si è fatto fotografare da L’illustre


L’ultimo stampatore, maestro tra le sfumature analogiche

VITTORIO PAVAN

La storia di Venezia raccolta a due passi da Campo Santi Apostoli. Dove ha lo studio Vittorio Pavan, un metro e novanta di uomo che ha attraversato trasversalmente tutti gli aspetti della fotografia. Dal fotogiornalismo, con cui ha cominciato a 14 anni,

alla riproduzione di opere d’arte fino allo sviluppo e alla stampa analogica in bianco e nero, di cui è rimasto l’ultimo esponente in città. E annoverando tra i suoi clienti nomi del calibro di Fulvio Roiter, David Hamilton, Danilo De Marchi, Giorgia Fiorio.


(...)Le testimonianze di una vita sono raccolte in una serie di scatole di cartone alle pareti del suo studio. All’interno qualcosa come 300mila negativi, dal 1946 al 1987. È l’archivio di Cameraphoto Epoca, storica agenzia fotogiornalistica, che ha documentato la storia di Venezia e dei suoi eventi, a partire dalla Mostra del Cinema, ai tempi delle telefoto e dei fuorisacco. E attualmente in fase di digitalizzazione, in collaborazione con il socio Carlo Pescatori, e pubblicazione sul sito www. starsinvenice.com. «Al ritmo attuale ci metteremo 67 anni a digitalizzarlo tutto – scherzano – Contiamo di migliorare il ritmo e mettercene 20». Nel frattempo c’è il rischio di deterioramento delle pellicole più vecchie, che utilizzano come supporto non il polietilene ma l’acetato che alla lunga provoca bolle che rovinano l’immagine. E recuperare una foto una volta danneggiata è roba da intervento chirurgico. «Ho smesso col fotogiornalismo perché oggi certe foto – ricorda con nostalgia Pavan Alla Mostra del Cinema oggi ci sono 300 fotografi sul red carpet a fare tutti la stessa foto. Un’immagine come quella di Paul Newmann ubriaco che sorride al fotografo sarebbe impossibile da scattare ad una star di oggi». In mezzo c’è stato l’assassinio di John Lennon, ritenuto il punto di rottura del rapporto tra divi e pubblico, o le aggressioni di folle di fans alle star se osano andare in giro come comuni mortali. «Ma anche il fatto che le star si sono fatte furbe, hanno imparato a monetizzare la loro immagine, e guadagnano vendendosi le foto - aggiunge – E poi nel fotogiornalismo c’è stata l’irruzione di gente che era disposta a fotografare gratis pur di poter dire di essere stato alla Mostra del Cinema o a qualche altro evento». E allora ci si deve reinventare. Specializzandosi nella riproduzione di opere d’arte e, soprattutto, affinandosi come stampatore in bianco e nero. «La stampa è il prolungamento della fotografia - dice - Non esiste stampa digitale paragonabile all’analogico. Nel caso del digitale si parla di dettaglio, di megapixel, come se questo fosse il parametro per una bella foto. In realtà nel digitale manca l’emulsione e la foto è più piatta. È un po’ come se mancasse l’anima». E a scegliere la fotografia analogica non sono solo i grandi nomi, ma anche gli amatori. Soprattutto, ed è sorprendente, giovanissimi. «La stampa, a differenza del digitale, garantisce l’unicità. Due copie non possono mai essere identiche. Non è un caso che a farsi stampare le loro foto vengono molti giovani, attorno ai 25 anni che non hanno vissuto l’era della pellicola – spiega Pavan, intanto che arriva una telefonata di un signore di Treviso disperato perché ha chiuso l’ultimo stampatore in bianco e nero della Marca, e ha bisogno di qualcuno che gli stampi le foto - In un mondo seriale la stampa analogica è per loro una scoperta. Facciamo una sessione di sviluppo a settimana ma sono molti

A sinistra: un Paul Newman un poco brillo (1963 - Archivio Cameraphoto Epoche); sopra: un bianco e nero da urlo; immagine scattata da Fulvio Roiter in Umbria stampata da Vittorio Pavan (Archivio Cameraphoto Epoche) gli studenti che si sviluppano la fotografia da soli e me la portano solo a stampare». E in molti casi la stampa di una foto assume un ruolo che non ci si attenderebbe. «Tra le foto più complesse da stampare ci sono quelle di Giorgia Fiorio perché il suo stile ha un’elaborazione molto più spiccata dell’immagine che cambia molto in sede di stampa rivela - Della Fiorio non si riescono a stampare più di tre o quattro copie al giorno. Però vuoi mettere la soddisfazione di portare le sue stampe per delle lezioni allo Iuav». (Pl. T.)

In una foto digitale si contano i megapixel ma rispetto all’analogico non c’è l’emulsione, l’immagine è piatta, senza l’anima


Ogni giorno sono numerosi i fotografi a caccia di notizie, specialmente in laguna

photojournalists

L

Li vedi abbronzati già all’inizio dell’estate. E un paio di mesi dopo attorno i loro occhi spunta il segno degli immancabili occhiali da sole. Non perché vadano in spiaggia prima degli altri, ma perché il loro luogo di lavoro è la strada. Sono i fotogiornalisti. Quella categoria di artigiani della fotografia (e talvolta di veri e propri artisti...) che quotidianamente racconta la città. O meglio ne cattura la vita, scarpinando da un posto all’altro. Eredi di quella grandissima tradizione del fotogiornalismo veneziano, tra le più apprezzate a livello nazionale, che ha annoverato nomi come Borlui, al secolo Luigi Bortoluzzi, autore di celebri foto aeree di Venezia, o Ermanno Reberschack, amico di Hemingway; Dino Jarach, fondatore della Interphoto negli anni della rinascita postbellica, o Celio Scapin e Walter Stefani, che hanno documentato il boom, e poi Roberto Fiasconaro, celebre per gli scatti di una ragazza alla stazione di Santa Lucia che avrebbe potuto essere Ylenia Carrisi, la figlia scomparsa di Al Bano, o Attilio Costantini. Fino ai nomi più recenti: da Gigi Costantini, figlio di Attilio, titolare dell’agenzia Fotoattualità, alla Interpress di Franco

e Matteo Tagliapietra e Giorgio Mazzega; da Andrea Merola, presidente dei fotografi nell’ambito dell’Ordine dei Giornalisti, a Barbara Zanon e Marta Buso, tra le poche donne; da Graziano Arici a Daniele Resini fino a Manuel Silvestri, tra l’altro fotografo di questa rivista. «Nel fotogiornalismo la tecnica è ovviamente diversa rispetto alla fotografia d’arte. Una foto deve raccontare una storia, magari con un particolare che faccia capire al volo quello che sta succedendo. – dice Manuel, 42 anni sulla carta d’identità, l’età di un ragazzino nella testa, nelle gambe e soprattutto negli occhi – Non deve essere solo l’illustrazione di un articolo. Deve avere in sé il valore di una notizia». E a Venezia, città della Mostra del Cinema, il mestiere comprende anche la caccia ai vip. «Come in un altro ambito del fotogiornalismo, anche il mestiere del fotografo di celebrity si basa sull’avere informazioni prima di altri. Poi non cambia molto se l’informazione è su dove si trovi un vip o dove si svolge un certo evento – aggiunge Manuel – Poi ogni fotoreporter ha le sue fonti». Che sono, ovviamente, top secret.... ( Pl.T.)

La tradizione del fotogiornalismo veneziano è una delle più apprezzate nel mondo; le foto scattate in laguna finiscono sui giornali internazionali (com’è il caso di questa immagine di Manuel Silvestri pubblicata da Le Figaro)



Arts cultura e affini in città

Esiliati sì, ma con grande stile

Nelle sale al piano nobile del Museo di Palazzo Mocenigo in esposizione più di duecento opere che raccontano l’atmosfera unica degli ambienti dell’intelligentija russa e il prestigio internazionale della compagnia dei famosi“Ballets Russes” di Djagilev (19091929), di cui nel 2009 si è celebrato il centenario della nascita: è la mostra l’Eleganza in Esilio. Dai costumi dei “Ballets Russes”, realizzati dai noti artisti Léon Bakst, Natalia Goncarova, André Derain, agli abiti realizzati da nobili emigrati russi fuggiti in vari paesi europei in seguito alla Rivoluzione d’Ottobre, fino a molti altri abiti, accessori, immagini e materiale documentario, provenienti dalle collezioni di Alexandre Vassiliev, storico di moda e collezionista di fama mondiale, oltre a una selezione di costumi di scena e opere d’arte realizzati da famosi artisti, tra cui lo stesso Leon Bakst, Alexander Benois e Trubenskoj, dalla collezione del famoso danzatore e coreografo Toni Candeloro che, in venticinque anni di carriera sulle scene internazionali della danza, ha avuto l’opportunità di incontrare alcuni degli artisti dell’ultima generazione dei Ballets Russes, dai quali ha ricevuto in dono le opere d’arte e la trasmissione coreografica. Quando: fino al 6 gennaio 2012

Le Perle di vetro, tesoro da scoprire con Ercole Moretti

Makovecz, genio dell’Architettura organica, al Sale

Non è certo un momento florido per la cultura del Vetro. La riscoperta delle tradizioni legate, ad esempio, alla produzione di perle, puo’ essere comunque una buona occasione per ridare sprint al segmento. Una delle piu longeve vetrerie di Murano, la Ercole Moretti e F.lli, espone al Museo del Vetro di Murano, centinaia di perle e manufatti in vetro realizzati con la tecnica a lume. Lungo il percorso espositivo, ideato per i 100 anni di attività, il pubblico potrà vedere da vicino note realizzazioni, come la perla Rosetta, la più conosciuta al mondo, la perla Mosaico, o la Millefiori, fino alla ben nota murrina. La delicata e raffinata lavorazione del vetro nella produzione di perle costituisce un’incredibile e inaspettata forma creativa che giunse al suo apice tra l’800 e il 900 quando le perle veneziane venivano portate, da compagnie straniere a bordo delle loro navi, presso le colonie dell’Africa Occidentale, delle Americhe e in India e utilizzate come preziosa materia di scambio. Con esse si potevano acquistare oro, spezie, e perfino schiavi. Presso i nativi sono state inoltre molto apprezzate per il valore “magico” e scaramantico a loro attribuito.

Quando: fino al 22 gennaio 2012

La location è quella, molto suggestiva, dei magazzini del Sale a Venezia: stiamo parlando dell’esposizione Genius Loci che mette in mostra 40 gigantografie di progetti architettonici di Imre Makovecz, con opere di allievi dell’Accademia di Belle arti di Venezia e testimonianze di maestri in suo onore. Architetto di fama internazionale, massimo esponente dell’architettura organica ungherese, che ispira i suoi progetti alle teorie antroposofiche di Rudolf Steiner, è scomparso lo scorso 27 settembre e questa iniziativa gli rende omaggio. La mostra è a cura di Maya Nagy con la collaborazione di Paolo Fraternali e Gianfranco Quaresimin per l’allestimento di Andras Nagy. Intrigante... e meriterebbe una proroga. Quando: fino al 22 dicembre 2011


Una teca hi-tech “made in Venezia” custodisce a Torino l’autoritratto del genio toscano

LA “VALIGIA” DI LEONARDO

Dall’alto: la teca di Leonardo pronta per essere spedita; dipinto e “valigia” imballati; l’autoritratto è arrivato a destinazione e viene ispezionato; in basso a destra il progetto della teca

U

Un’azienda veneziana protagonista dell’esposizione al pubblico dell’autoritratto di Leonardo da vecchio, un tesoro di appena 33,5 per 21,6 cm, poco più di un foglio A4. La cui riproduzione negli anni Settanta campeggiava sulle banconote da 50mila lire, mentre l’originale oggi è assicurato per 50 milioni di euro. E dal 17 novembre scorso, fino al 29 gennaio, in occasione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia è eccezionalmente esposto al pubblico alle Scuderie Juvarriane della Venaria Reale di Torino nella mostra “Leonardo, il genio, il mito”. Perché la teca ipertecnologica, in grado di comunicare via sms ai tecnici se si modifica l’umidità al loro interno, che permette di esporre il ritratto e le altre 18 sue gemelle che contengono altrettanti cartoni di Leonardo, sono made in Venice. O, più precisamente, realizzate a Marghera, nella mitica Via delle Industrie, dove ha sede la Ott Art, ditta specializzata nella realizzazione di conservazione e esposizione in sicurezza di opere d’arte e reperti museali che già ha realizzato analoghe vetrine, tra l’altro, per la Giuditta di Klimt, opera di spicco di Ca’ Pesaro, o per la Pala del Giorgione a Castelfranco Veneto. E la teca realizzata per custodire l’autoritratto di Leonardo è un piccolo capolavoro di ingegneria. Anche perché la questione da risolvere non era tanto semplice: esporre al pubblico un opera custodita eternamente al buio, tra cartoni antiacido, nel sancta sanctorum climatizzato della Biblioteca

Reale di Torino. In considerazione, soprattutto, del fatto che i disegni molto raramente vengono esposti proprio perché alla luce tendono a deperire molto rapidamente. Nonostante l’avventurosa storia dell’Autoritratto, l’unico sicuro dell’artista che era sparito per almeno tre secoli, fino a ricomparire nell’Ottocento ed essere acquistato da Carlo Alberto di Savoia. «In collaborazione con il Dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino abbiamo realizzato una struttura metallica trattandola con materiali che diano tenuta assolutamente stagna per evitare qualsiasi elemento volatile all’interno – spiega Maurizio Torcellan, titolare dell’azienda - Per questo la struttura è stata progettata per aver un numero minimo di giunzioni tra bordi e le lavorazioni sono state realizzate con taglio laser ad altissima precisione». All’interno della teca, invisibili ai visitatori, quattro piccoli vani con il kit tecnologico per mantenere all’interno un’umidità costante del 55 per cento e una temperatura attorno ai 20 gradi, ritenute ottimali per la conservazione dell’opera, per ospitare un sistema di fissaggio che evita scuotimenti all’Autoritratto durante il trasporto e, soprattutto, per per monitorare in ogni momento i valori di temperatura e umidità e trasmetterli ai tecnici, anche via sms e email. Nemmeno a dirlo, l’Autoritratto si mostra attraverso un vetro tanto ipertrasparente quanto a prova di scasso. E soprattutto, dotato di uno

speciale trattamento contro i raggi ultravioletti. «I raggi ultravioletti, infatti – aggiunge Torcellan - rientrano tra i più pericolosi fattori da tenere in considerazione per la corretta conservazione delle opere su carta». La teca è stata sperimentata sottoponendola a temperature, alternativamente, polari e equatoriali e a umidità variabili tra il 30 e il 70 per cento oltre ad essere aggredita da gas per vedere se trapelassero all’interno. «I test, richiesti dall’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario, sono stati superati con risultati superiori alle aspettative, persino del dipartimento di Energetica di Torino» gongolano alla Ott Art. Top secret invece i sistemi di sicurezza di cui è dotata la teca. Per ovvie ragioni... di sicurezza. (Pl.T.)



BUONE ABITUDINI VENEZIANE, IL CONCERTO DI CAPODANNO ALLA FENICE Buone abitudini, il Concerto di Capodanno alla Fenice. Il ventisettenne direttore venezuelano Diego Matheuz, dal luglio 2011 direttore principale del Teatro La Fenice, dirigerà la nona edizione del Concerto di Capodanno del Teatro La Fenice, che avrà quest’anno quattro anziché tre date: giovedì 29 e venerdì 30 dicembre 2011 alle ore 20.00, sabato 31 alle ore 16.00 e, in diretta Rai Uno, domenica 1 gennaio 2012 alle ore 11.15. Con la direzione del Concerto di Capodanno entrerà nel vivo l’attività di Matheuz

come direttore principale della Fenice: dopo il concerto del 24 ottobre 2011 con l’Orchestra Filarmonica della Fenice (musiche di Mozart e Cajkovskij), il maestro venezuelano sarà il 5 e il 6 maggio 2012 nel cartellone della Stagione sinfonica 2011-2012 con un concerto di musiche di Webern, Brahms (il Doppio concerto con Roberto Baraldi ed Emanuele Silvestri, prime parti dell’Orchestra del Teatro La Fenice, nelle parti solistiche) e Beethoven. In settembre dirigerà due opere cimentan-

dosi oltre che con Rigoletto, con cui esordì alla Fenice e sulla scena lirica nell’ottobre 2010, con La traviata, nell’ormai consolidata produzione di Robert Carsen con Patrizia Ciofi nel ruolo eponimo. Ben tre concerti lo aspetteranno poi all’inizio della Stagione sinfonica 2012-2013: l’inaugurazione il 5 e 7 ottobre 2012, un concerto il 7 e 9 dicembre e un altro il 22 e 23 febbraio 2013. Nella Stagione lirica 2012-2013 il suo repertorio operistico si arricchirà della Bohème, in scena nel febbraio 2013, e di Carmen, in scena in settembre. La prima parte del Concerto di Capodanno 2012 sarà, come d’abitudine, esclusivamente orchestrale. La seconda parte, che vedrà anche la partecipazione dei solisti e del coro, sarà invece dedicata al melodramma e si concluderà, come è tradizione dei Concerti di Capodanno della Fenice, con il coro «Va’ pensiero» dal Nabucco e il brindisi «Libiam ne’ lieti calici» dalla Traviata di Giuseppe Verdi. La seconda parte del concerto del 1° gennaio sarà trasmessa in diretta da Rai Uno. Saranno inoltre collegate, in diretta o in differita, le seguenti emittenti: Arte, WDR, Radio Classique, Televisione di Stato Albanese, Televisione di Stato Croata, WDR/ARD. Il concerto sarà pubblicato in DVD a cura di Hardy Classics (distribuzione internazionale). Il Concerto di Capodanno 2012 sarà coprodotto dalla Fondazione Teatro La Fenice di Venezia e da Rai Uno (www.teatrolafenice.it). Quando: 29 - 30 - 31 dicembre 2011 1 gennaio 2012


Una mostra veneziana celebra degnamente il Maestro (a volte dimenticato)

il tocco del lotto

di SHAULA CALLIANDRO Resterà aperta al pubblico fino al prossimo 26 febbraio la mostra “Omaggio a Lorenzo Lotto. I dipinti dell’Ermitage alle Gallerie dell’Accademia”, promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Veneziano ed inserita nell’am-

bito di “Terre di Lotto”, progetto di valorizzazione territoriale nato in occasione della grande retrospettiva dedicata al pittore allestita a Roma presso le Scuderie del Quirinale, conclusasi lo scorso giugno.


a sinistra: un dettaglio denna Natività dipintsa da Lorenzo Lotto; a lato Cristo deposto nel sepolcro del Lotto e il Trionfo del Cristo Salvatore del Sansovino

(...) L’esposizione è inoltre occasione per rafforzare i rapport i cu lt u ra l i t ra Ita l ia e Russia, ed in particolare nel proficuo scambio di approfondimenti scient if ici su temi comun i che uniscono il Museo St at a le del l’ Er m it age alle Gallerie veneziane. Infatti, dopo il recente ed eccezionale prestito da parte dell’Accademia dell’opera di Giorgione “La Tempesta”, esposta a San Pietroburgo nel luglio scorso, l’istituzione russa ha concesso l’esposizione in laguna di due capolavori di Lorenzo Lotto provenienti dalle raccolte dell’Ermitage, attorno ai quali si snoda tutto il percorso dell’esposizione. Si tratta di “Il ritratto dei coniugi” e “La Madonna delle Grazie”: le due opere, rispettivamente degli anni Venti e degli anni Quaranta del ‘500, dialogano così con altri dipinti lotteschi provenienti da musei europei e dalla collezione delle Gallerie dell’Accademia. “Il Ritratto di coniugi”, eseguito verso la

fine del soggiorno bergamasco del pittore, rappresenta una coppia di patrizi locali della cerchia dei committenti dell’artista. La piccola “Madonna delle Grazie” è invece un’opera più tarda, rielaborazione del maggiore esemplare di Osimo, rubato all’inizio del secolo passato e mai più ritrovato. Tra i dipinti lotteschi delle Gallerie veneziane si trova la “Natività con Domenico Tassi”, recentemente restaurata, che testimonia una straordinaria invenzione che Lotto ripeté in forme diverse in altri dipinti, come in quello autografo della Pinacoteca nazionale di Siena presente in mostra assieme a

una bella copia, più integra, conservata agl i Uff i zi e ma i prima esposta. Emoziona nte, tra i documenti, la possibilità di leggere l’originale testamento autog rafo che il Lotto lasciò all’Ospedaletto, la confraternita veneziana della quale era membro, esposto per la prima volta in questa occasione. L’itinerario della mostra, curata da Matteo Ceriana, comprende inoltre dipinti e sculture coeve derivate da opere del maestro veneziano e documenti che contribuiscono a crearne il contesto storico ed artistico. Il percorso è completato dal catalogo, edito da Marsilio, a cura di Matteo Ceriana e Roberta Battaglia: l’analisi delle logiche alla base della mostra veneziana e la scelta delle opere, ma anche aspetti più personali come il rapporto tra Lorenzo Lotto e Jacopo Sansovino, e la solidarietà del pittore verso l’Ospedale dei Derelitti.



Da Bacon ai Beatles, nuove immagini in Europa (con colonna sonora)

IL ROCK E I SETTANTA

O

di lucio maria d’alessandro

Organizzata dalla Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano, la mostra “Da Bacon ai Beatles. Nuove Immagini in Europa negli anni del rock” presenta la storia di una ricerca figurativa che, a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, prese le mosse dalla lezione di Giacometti, di Bacon e di altri grandi maestri dell’epoca. Gli anni Settanta rappresentano l’inizio di un ciclo socio-culturale completamente nuovo ed il percorso della mostra analizza dunque le ricerche degli autori che spartirono con i maestri storici, fra cui Bacon, ma anche Dubuffet, Appel o Cesàr, un’analoga attenzione per la stratificazione ottica della realtà: strati di memorie che, nelle opere esposte, si sommano e sovrappongono, e in cui si accavallano - a volte con

ritmo serrato - visioni, luoghi, oggetti e corpi. In questo contesto emerge anche l’idea del “racconto”, ovvero della relazione interna fra le immagini, quasi a evocare una situazione narrativa ed emotiva raccolta da esponenti di tendenze differenti e attivi in ogni angolo d’Europa. A partire dall’Inghilterra di Hamilton, Hockney, Blake; quest’ultimo autore qui della celebre copertina di Sgt. Pepper’s, realizzata su suggerimento di Paul McCartney e vincitrice del Premio Grammy per la miglior copertina da album nel 1968 (acquisita per l’occasione dalla Permanente nelle sue collezioni). E poi, dalla Francia di Errò, Arroyo o Samuel Buri, ma con un occhio di riguardo per la storia italiana, da Schifano ad Adami, da Romagnoni a Baj. Da non perdere infine, un esemplare della serie di stampe “Swinging London” di Richard Hamilton, ispirata all’arresto del mercante Robert Fraser insieme a

Mick Jagger per possesso di droga. Hamilton legò altre volte il suo nome alla scena musicale dell’epoca per l’amicizia con Paul McCartney e la realizzazione della copertina del “White Album” dei Beatles pubblicato nel novembre del 1968. Catalogo e guida Skira Editore. Da Bacon ai Beatles (la prima mostra con la colonna sonora!) Milano, Museo della Permanente Fino al 12 febbraio 2012


L’ADORAZIONE DEI PASTORI DI GEORGES DE LA TOUR

Per la prima volta in Italia “L’Adorazione dei pastori” di Georges de La Tour accompagna uno dei più celebri capolavori del pittore lorenese, il San Giuseppe falegname, nella ormai tradizionale mostra di Palazzo Marino organizzata da Eni con la collaborazione del Comune di Milano e del museo del Louvre. Le due straordinarie opere di uno degli artisti più affascinanti della pittura del Seicento, noto a molti come il “Caravaggio francese”, saranno esposte a Milano, con ingresso libero, nella Sala Alessi di Palazzo Marino fino all’8 gennaio 2012. La mostra, organizzata anche quest’anno grazie al partenariato tra Eni e il museo del Louvre, che mette a disposizione dell’evento importanti opere, è curata da Valeria Merlini e Daniela Storti e propone al grande pubblico, che con passione segue da qualche anno l’appuntamento milanese, uno degli artisti più suggestivi e misteriosi che la Francia del Seicento abbia generato. Anche se il suo nome risulta forse meno noto al grande pubblico di quello di alcune “star” della pittura antica, nel trovarsi di fronte a queste due opere si ha l’immediata sensazione di averle da sempre conosciute, proprio grazie alla loro capacità di penetrare profondamente nella sensibilità dell’osservatore. Georges de La Tour a Milano L’Adorazione dei pastori San Giuseppe falegname Esposizione straordinaria dal museo del Louvre a Palazzo Marino Fino all’8 gennaio 2012

MUSEI CAPITOLINI IN DIGITAL I Musei Capitolini, i più antichi musei pubblici del mondo, sono i primi in Italia a dotarsi dell’innovativa tecnologia NFC che fornisce informazioni sulle opere esposte tramite smartphone. Il servizio, nato da un’idea di Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico - Sovraintendenza ai Beni Culturali in collaborazione con Zètema Progetto Cultura, è stato affidato a Samsung Electronics Italia. Il servizio, operativo da fine novembre, inizialmente interesserà circa 300 opere nelle sale di Palazzo Nuovo, Palazzo dei Conservatori e Pinacoteca.

LA RACCOLTA PRIVATA DI GIANCARLO VITALI

La Casa dei Costruttori di ANCE di Lecco, progettata dall’architetto Mario Botta e inaugurata con una mostra di dipinti di Giancarlo Vitali nel 2008, ospita dal 5 novembre un’imponente raccolta di incisioni originali dell’ottantaduenne artista bellanese. La mostra si svolge nell’ambito della rassegna “Lecco Città del Manzoni” e del “Premio Letterario Internazionale Alessandro Manzoni - Città di Lecco”, promossi dal Comune di Lecco e dall’Associazione 50&Più in collaborazione con il Centro Nazionale di Studi Manzoniani. Sarà proprio Mario Botta che riceverà quest’anno il “Premio alla Carriera Alessandro Manzoni”, a curare anche questa volta l’allestimento su invito di ANCE Lecco, che in quest’occasione rende pubblica la sua raccolta privata. Giancarlo Vitali 156 incisioni originali Casa dei costruttori - Ance Lecco Fino al 31 gennaio 2012

EROINE DI STILE

Intellettuali, aristocratiche, donne del popolo, regine e religiose, combattenti e garibaldine. Donne di cuore e di cultura, di istinto e di passione. Solo donne, artefici di un Risorgimento dimenticato, sono le “Eroine di stile”, protagoniste della mostra allestita al Museo Nazionale Romano a Palazzo Altemps e promossa dalla Provincia di Roma per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia (fino al 22 gennaio 2012). Un percorso tutto al femminile, tra storia e moda. Nomi illustri come quelli di Anita Garibaldi, Cristina di Belgioioso, la contessa di Castiglione, Maria Sofia di Borbone, ultima regina di Napoli. Un omaggio al loro coraggio, all’ambizione, alla determinazione, firmato da grandi maestri della moda italiana: da Dell’Acqua a Armani, sino a Coveri, Fendi, Ferré, Krizia e Biagiotti. Eroine di stile. La Moda italiana veste il Risorgimento Palazzo Altemps - Museo Nazionale Romano Fino al 22 gennaio 2012


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di François Vidoc

Parigi, novembre. Non solo homme à femmes, avventuriero del piacere il cui nome è diventato sinonimo di sfrenato libertinaggio nell’immaginario collettivo. La vera personalità del veneziano, figlio di attori ma probabilmente rampollo naturale d’un nobile, viene messa in luce nella mostra Casanova. La passion de la liberté presso la Bibliothèque Nationale de France a Parigi. Impostata su dieci episodi significativi tratti dai dieci tomi dell’Histoire de ma vie, manoscritto di 3700 pagine acquistato dalla BNF lo scorso anno per 7 milioni di euro. Il quasi spiazzante, genuino ritratto del seduttore ma altrettanto grandissimo intellettuale pieno d’insaziabile curiosità, dalle svariate carriere (attore, prete, letterato, spia, fondatore della lotteria di stato francese, cabalista, filosofo, editore) intende ribaltare pruriginosi luoghi comuni sedimentati da secoli. Il percorso viene scandito, dunque, da citazioni dell’autobiografia, offerta in visione al pubblico per la prima volta, ed in cui i fatti vissuti dal veneziano sono raccontati, le sue frasi proposte, le sequenze cinematografiche tratte dagli adattamenti dei Mémoirs rivissute. «Conosco poche persone che possano eguagliarlo per cultura, intelligenza, immaginazione» ha lasciato scritto il conte di Lanberg. E in quel Settecento galante quanto efferato (basta pensare al Marquis De Sade) Casanova che fu grande viaggiatore nonché conoscitore di musica e raffinato gourmet, ebbe un ruolo anticonformista nel saper creare mode, gusti, nuove idee sfidando il perbenismo che permeava la società del tempo. Uno stile di vita edonistico, quasi cinico, che certo femminismo ha trasformato nella macchietta dell’instancabile amatore. Casanova seppe creare il suo stesso personaggio, attraversò l’Europa frequentando tutte le classi sociali ma conservò sempre lo spirito libero e libertino nello stesso tempo. Al contrario del Don Giovanni letterario, s’innamorò d’ogni sua “preda” ma mai intese sacrificare l’ indipendenza ad un amore anche il più travolgente o accettare limitazioni per qualsiasi motivo, fosse pure il più nobile. «Ho amato follemente le donne, ma a loro ho sempre preferito la mia libertà» lasciò scritto. Nella mostra, oltre ai quadri ed alle incisioni di Canaletto, Guardi, Longhi, Tiepolo che consegnano l’immagine d’una Venezia del XVIII secolo, ecco i ritratti delle polpose cortigiane di Boucher, le «carceri» di Piranesi a ricordare l’evasione descritta ne l’Histoire de ma fuite de prison de la République de Venise qu’on appelle Les Plombs (pubblicato nel 1787 divenne un best seller). Sfilano, tra gli oltre 250 oggetti presentati, evocativi abiti, preziosi tessuti, sculture, oggetti di viaggio, tabacchiere, pistole, monili, cimeli del Secolo dei Lumi come unguenti, ferri per i capelli, oggetti di cucina, manoscritti amorosi accanto ad epistole filosofiche, lettere di credito, richieste di raccomandazione, messaggi di denuncia. La messa in scena puntuale dovuta a Massimo Quendolo e Lea Saito fa risaltare la straordinaria attualità d’un uomo insofferente di qualsiasi legame, deciso a varcare l’angusto limite della decadente società veneziana che lo

CA SA NO VA s i r a P in

PASSIONE PER... considerava quasi un fastidioso corpo estraneo. E adesso paradossalmente catalogato come «écrivain français» per aver redatto i Mémoirs nella lingua di Molière. Eppure, l’incontentabile cosmopolita che sembrava ogniqualvolta in fuga (sopratutto dai creditori), nella dimora a Dux in Boemia dove trascorse gli ultimi anni, rivolgeva spesso il pensiero verso la città natale. Una scritta in italiano nella cameretta sotto un’edizione concernente la sua celebre evasione recita: «Marmo che in San Samuele a Venezia sostenesti i passi di Casanova vivente, testimonia oggi a Dux che per quelli che lo amano Giacomo non è mai morto». I m mor t a le C he v a l ie r d e Seingalt, come si autonominò! La sua esuberante personalità, la cultura, la raffinatezza del piacere di vivere, godere ed amare che lo animarono e lo sospinsero nella tumultuosa esistenza hanno sfidato i secoli ed hanno finalmente trionfato.

In basso: Giacomo Casanova ritratto a quaranta due anni; a lato la locandina della Mostra parigina dedicata al mito Casanova e alla sua passione per la libertà.




Design 1

MARMELLATA SEMIKI

Mai più dire ai bambini di non rovesciare il vasetto della m a r mel la t a . Almeno se rovesciandolo il vasetto si illumina. È la singolare idea di Semiki, marchio che cela due giovani designer veneziani, Gianluca Ruocco Guadagno e Laura Menichelli, 31 e 27 anni. Che si sono inventati Marmeled, una lampada da tavolo, in tutto e per tutto uguale a un vasetto di marmellata. Con tanto di gel all’interno che simula la confettura. Per accenderle? Si svita il tappo, si infila una batteria, e poi basta capovolgerle e il gel si illumina. Grazie a led a basso consumo che sostituiscono le lampadine. E con luce di diverso colore in base al colore del gel. Insomma, un aggiornamento ironico e irriverente delle lampade di design anni Settanta, piene di gel fluo. La lampada, progettata a Venezia e prodotta tra Veneto e Friuli, è acquistabile al costo di 25 euro, oltre che in negozi di design, sul sito www.jellylamp.com e vuole essere la prima di una serie di lampade caratterizzate dal “ripieno” di gel. (Pl.T.)

Design 2

odo & c, i pupazzi dello iuav Benvenuta alla famiglia de ‘I Mirabilia’: una serie di tre pupazzi interattivi ideati da una giovane designer dello Iuav di Venezia. A questo progetto è andata l’edizione 2011 di Adobe Design Achievement Awards (Adaa), categoria Non-Browser Design, uno dei più importanti concorsi internazionali sulla comunicazione. Odo, (nel disegno) Tello e Lucio sono stati ideati per aiutare i piu piccoli, che vengono ospitati nei reparti pediatrici, a socializzare meglio con i dottori, gli infemrieri e gli altri bambini. Tra gli studenti Iuav di Interaction Design sono risultati finalisti dell’edizione Adaa 2011 anche Marco Righetto con il suo progetto di tesi “Aura”, un vestito interattivo per donne in gravidanza, e Paolo Basso, Damiano Gui e Martina Maitan per il loro progetto di laboratorio “Whispering Reeds”, un’applicazione per cellulari a Venezia.

Idee tra Arte e Design

VERSO IL MANAGER UNICO DELL’ARTE di FEDERICO BOSISIO*

L’arte è un mondo in continua evoluzione. Si aggiornano le teorie critiche, le prassi curatoriali, si rinnovano gli allestimenti museali e le tecniche per comunicare la cultura, in una prospettiva sempre più internazionale. Perché quindi non dovrebbero evolversi anche le figure professionali che con tutto questo hanno a che fare quotidianamente, e spesso contemporaneamente? Anzi, più che di figure professionali, al plurale, restringerei il campo al singolare, a “la” figura professionale: (...) in un mondo sempre più complesso come quello dell’arte, che danza sul filo teso tra fund raising, programmazione, gestione di risorse economiche e umane, serve un unico manager che sappia guidare l’evento artistico dalla sua ideazione al vernissage. La contaminazione fra campi è evidente: se pure istituzioni tradizionali come i grandi musei-contenitore di arte antica e moderna mettono in vendita nei propri bookshop, a fianco delle cartoline e dei gadget a basso prezzo, oggetti di design d’avanguardia, che nulla hanno a che fare con lo stile e l’epoca dei quadri e delle sculture che espongono, qualcosa vorrà dire. È un cambiamento epocale di prospettiva: si passa dal design grafico, dall’ideazione di forma e dalla correlazione alla funzione, a un design inteso come progettazione e disegno di idee, orchestrazione di forme e contenuti insieme, molteplici forme e diversi contenuti, in un’ottica di ampio respiro e competenze molto maggiori di quelle che si richiedono a un curatore. Ecco perché anche chi il design ce l’ha nel nome e nel dna, potrebbe fortemente desiderare un Master di alta formazione espressamente dedicato a questa figura nuova e sempre più richiesta: l’Arts Manager. Perché oggi la trasversalità delle competenze non solo funziona, ma è vitale

per il mondo dell’arte, e quindi si richiede una formazione ad hoc che unisca teoria e pratica professionalizzanti. Il manager dell’arte è colui che non solo conosce e padroneggia gli strumenti di amministrazione economica, o il posizionamento strategico dei prodotti culturali così come le tendenze del mercato dell’arte: egli sa creare prodotti dai contenuti e dai contorni innovativi, cuciti su misura sulle esigenze dell’istituzione o dell’artista con cui lavora, con il valore aggiunto della capacità di problem solving: perché anche i problemi sono pezzi unici, e come tali vanno trattati. Il Master in Arts Management di Ied, che partirà a Febbraio 2012 proprio da Venezia per poi proseguire prima a Firenze e poi a Roma, con la sua stessa struttura itinerante lancia questa sfida: la conoscenza è dinamica, così come lo sono l’arte e la creatività. Chi vorrà accogliere questa sfida, e mettersi alla prova affinando la propria competenza, scoprirà che questa nuova professione cela un mondo nuovo di possibilità, ancora in gran parte inesplorate, che dall’Italia consentono sbocchi in tutto il mondo. Chi invece oggi pensa che occuparsi di design significhi solo insegnare a disegnare mobili, gioielli o lampade è già rimasto indietro. *Direttore IED Venezia


Vecchie anche di centinaia di anni venivano bruciate, oggi accendono l’ingegno di designer e architetti

LA BRICCOLA con stile di lieta zanatta

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Emergono dall’acqua come sentinelle senza tempo, immobili e imponenti come dei sacri totem, sfiorate da barche e scafi che le accarezzano con la schiuma delle onde. Le briccole veneziane sono parte imprescindibile e architettura del paesaggio lagunare, disseminate ma con ordine lungo le acque, tra isole e barene, a segnare le vie ai natanti. Sono ristoro di mitili e vermi d’acqua e a lungo andare il moto ondoso ne corrode il collo, ne snellisce la vita. Ed ecco che bisogna sostituirle... «La briccola mi ha stregato dal momento in cui l’ho conosciuta dice Maurizio Riva, titolare di Riva 1920, azienda di Cantù specializzata nella realizzazione di arredi di legni a basso impatto ambientale - Mi trovavo una sera di due anni fa con un architetto e un produttore austriaco di biomassa che mi disse produceva anche “briccole”. “Cosa sono?” gli chiesi incuriosito. E mi spiegò cos’erano e aggiunse: “A Venezia ne buttano via a centinaia tutti gli anni quando le sostituiscono”. Mi si fermò il cuore. Il legno e le sue storie mi fanno sempre questo effetto». Maurizio

comincia a fare decine di viaggi su e giù per la città lagunare per capire come vengono prodotte, chi le compra, chi le mette giù e chi le tira via. «Sono fusti di quercia bianca e rossa lunghi fino a 12 metri che arrivano da tutta Europa. Vengono piantati con dei battipali dalle chiatte che riportano via quelle vecchie da sostituire: compiono l’ultimo viaggio verso depositi dove devono essere smaltite come rifiuti». Una fine che Maurizio trova assurda, lui che dà dignità a tutti i tipi di legno nei suoi arredi unici. «Mi sono portato delle briccole in azienda, le ho fatte essiccare e studiare da alcuni nostri architetti. Abbiamo amato le imperfezioni che le affliggono e le abbiamo valorizzate, lasciando i loro colori e levigando i segni dei mitili, dei tarli e del salmastro. Ne abbiamo fatto degli arredi. Sono il legno della terza vita. Perché la prima l’hanno vissuta, la seconda l’hanno offerta come servizio e la terza gliela ridiamo noi». I Riva hanno indetto un concorso “Tra le Briccole di Venezia” per realizzare sedute per esterno riutilizzando proprio i legni di questi totem

LA BE L PI ù 26 over

lagunari. I sei vincitori hanno visto esposte le loro opere a Palazzo Ducale fino al 22 gennaio 2012. Un successo straordinario con oltre mille designer da tutto il mondo per 738 progetti. Il tutto nato da un’idea romantica, la laguna e gli elementi della sua architettura, per arrivare al riciclo. Un’idea, sviluppata con la Fondazione di Venezia, che solo chi ha un cuore di legno ha potuto avere. Al centro una briccola ancora in uso e tutt’attorno, in senso antiorario, le sedute ricavate dai pali dismessi: Morosina di Marcello Pirovano e Patrizia Bolzan (primo premio Under 26); Kail di Platter Simon (secondo premio Under 26); Axes di Anna Coretti (terzo premio Under 26); Landmark di Valentino Marengo (terzo premio Over 26); Mascareta di Giorgio Terraneo e Luca Trotta (secondo premio Over 26); Bitta di Elena Soloni, Omri Revesz e Alessandro Grande (primo premio Over 26).


Il rosso dell’ex Presidente De Gaulle dalle inaspettate origini veneziane

qui NASCE IL “CAPO DI STATO”


I

Il Conte Piero Loredan, discendente del Doge omonimo, scelse di valorizzare settanta ettari a vigneto ai piedi del Montello; qui oggi si continua a produrre vino per mano della famiglia Palla

Impossibile non notarne le architetture, le bianchissime colonne e il pronao palladiano mentre si percorre la statale 13 che da Conegliano porta a Montebelluna. La bellissima Villa veneta Gasparini Loredan a Venegazzù dà le spalle al Montello, che inizia giusto dove finisce il parco retrostante. Una via laterale porta all’azienda agricola poco distante immersa nella tenuta di 70 ettari famosa per i vini pregiati, decantati già nell’Historia Trevigiana di Bonifacio del 1590. I rossi sono quelli famosi, valorizzati proprio dal Conte Piero Loredan, discendente di quel doge Leonardo che Giovanni Bellini immortalò nel 1501 in uno dei suoi più bei lavori. «Un lungimirante - dice Lorenzo Palla, dell’impresa agricola Conte Loredan Gasparini che il padre Giancarlo rilevò proprio dal Conte Piero nel 1973 - Fece delle esperienze in Francia lavorando negli chàteaux e nei vigneti. Quando ritornò trasformò le stalle della villa in cantine, e si mise a produrre il vino rosso a cavallo delle due guerre. Fu il primo di tutte queste zone a produrre una certa qualità e ricercatezza nel gusto quando all’epoca “si faceva” del vino scadente, sempre un po’ acidulo, che era un alimento e integrava il povero mangiare delle campagne». Le stalle ora cantine che riportano nelle insegne il corno dogale dei Loredan, sono all’interno di un complesso dalle classiche architetture rurali del secolo scorso. Il corpo abitativo principale che dà sulla strada d’accesso è letteralmente coperto da rampicanti verdi, e un enorme portale al centro lo attraversa per entrare nel cortile del fabbricato. Qui il tempo sembra essersi fermato alla metà del secolo scorso. «I vigneti piantati dal conte producevano Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, Merlot e Malbec. Vini che fece conoscere al mondo. Come “Capo di Stato”, un vino apprezzato persino da Charles de Gaulle a cui fu dedicato. E’ stato considerato in Francia fra uno dei 100 che hanno creato la leggenda del vino». Lorenzo mostra un elegante cartoncino da collezione dove le etichette di “Capo di Stato” sono dei disegni che l’artista Tono Zancanaro dedicò nel 1967: “Des roses pour Madame” e “pour Monsieur La Bombe” che dimostrano “la duplice anima del vino”. «Questa azienda continua la tradizione dei vini rossi. In un territorio famoso per i bianchi, dove impera il Prosecco, preferiamo continuare a fare quello che sappiamo fare bene. E’ un settore di nicchia, il prodotto è di alta qualità e il prezzo è importante,

Sopra: una veduta della tenuta Gasparini Loredan sita a Venegazzù (Treviso) dove si producono rossi di qualità come il famoso “Capo di Stato”, la cantina che custodisce le grandi botti in legno e, a sinistra, un ritratto del Doge Leonardo Loredan dunque destinato a un mercato particolare». La sala dove si discorre ha mobili antichi come si conviene a una casa di campagna borghese: le sedie imbottite, una cassapanca, la radio anni ‘30 con le manopole, il tavolo dove sono messi tutti i depliant, curati e di un certo pregio. C’è effettivamente nell’aria qualcosa che ricorda gli Chateaux della Loira, quel non so che di francese portato qui dal conte Loredan e mai più andato via. Trecentoventimila bottiglie all’anno, per vini con due anni di affinamento e certi altri, come il “Capo di Stato”, con cinque di invecchiamento. Un’azienda che rifornisce i migliori ristoranti e locali di Venezia, che lavora con nove dipendenti, papà Giancarlo che si occupa di persona dei vigneti e Lorenzo che segue la parte commerciale. Un gioiellino dalla filiera corta che lavora con pochissime risorse. «Non è sufficiente essere bravi, bisogna essere conosciuti per una cosa specifica: faccio rossi, mi dedico a quello. C’è da dire che nei vini i tecnici cercano sempre la perfezione, che però porta a prodotti neutri, che non hanno carattere né identità. Vengo da studi classici, ma sono nato nell’ambiente del vino, e a volte bisogna avere una visione meno tecnica. In certe cose affascina più l’errore che la perfezione: è questo che dà lo stile, il gusto e tutto ciò che si differenzia dal resto del mondo».


“Non incontrò più gli spiriti, ma visse sempre secondo dei grandi principi e si disse di lui che sapeva festeggiare degnamente il Natale, se mai qualcuno può attribuirsi questo vanto. E si dica lo stesso di noi, di tutti noi.” da “Il Canto di Natale” di Charles Dickens

LIBRI &co. LIBRI LIBRI pagine a cura di SHAULA CALLIANDRO Per segnalazioni editoriali scrivere a shaula@calliandroeditore.it

questo mese parliamo di: fantasy, idee sotto l’albero di natale, libri per bambini, la nostra libreria, isabel allende, steve jobs, mandy kirby, renato vicario, tudy sammartini, cesare gerolimetto, marina fiorato...


Tendenze editoriali

effetto fantasia Alexandra Adornetto Rebel Editrice Nord Pagine 382 Prezzo € 16,90 Kerstin Gier Blue Corbaccio Pagine 352 Prezzo € 16,60 Lauren Kate Fallen Rizzoli Pagine 448 Prezzo € 17,00

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Chi non ha mai sognato di poter viaggiare nel tempo? Oppure di incontrare un angelo e librarsi nel cielo insieme a lui con le ali spiegate? Nel mondo dell’immaginazione tutto è possibile, e lo dimostra il grande successo dei romanzi fantasy, al centro di una vera e propria rinascita editoriale. Amori impossibili e lotte tra forze sovrannaturali sono i temi che fanno da padrone, appassionando non solo i ragazzi ma anche gli adulti. Kerstin Gier è stata la vera sorpresa nelle classifiche tedesche: la sua Trilogia delle Gemme, composta dai volumi “Red”, “Blue” e “Green” (quest’ultimo ancora inedito in Italia), è pubblicata da Corbaccio. E’ la storia dell’adolescente Gwendolyn, dodicesima ed ultima viaggiatrice nel tempo. Dovrà guadagnarsi la fiducia degli altri viaggiatori e svelare il segreto che si cela dietro un antico cronografo scomparso. Ad accompagnarla e ad istruirla ci sarà Gideon, ragazzo tanto freddo e distaccato quanto affascinante. Rizzoli pubblica poi la saga di Lauren Kate, composta da quattro volumi: “Fallen”, “Torment”, “Passion” e “Rapture”, quest’ultimo in pubbli-

cazione nei prossimi mesi. Luce ha vissuto tante vite, ma ancora non lo sa. Quando scoprirà che Daniel, il ragazzo di cui è innamorata, è in realtà un angelo caduto che ha rinunciato al Paradiso per lei, partirà alla ricerca della verità nelle sue vite passate. Scoprirà perchè è destinata a morire sempre tragicamente a 17 anni e come spezzare la catena del destino, sullo sfondo dell’eterna battaglia tra il Bene e il Male. E se invece gli angeli venissero mandati in missione sulla Terra, per rimediare alle tragedie causate da forze sconosciute? E’ quello che racconta la giovanissima Alexandra Adornetto nel suo “Rebel”, pubblicato dall’Editrice Nord. Tre angeli, Ivy, Gabriel e Bethany. Quest’ultima, la più giovane e sensibile alle esperienze umane, si innamora di Xhavier, sfidando così la volontà dei cieli con un amore proibito e sofferto. Un esordio sorprendente con il quale l’autrice, nonostante i suoi 17 anni, dimostra una grande padronanza nel creare una storia coinvolgente. Il seguito, appena pubblicato all’estero, è molto atteso anche tra i lettori italiani.

Viaggiare nel tempo, poter volare: è questo il mondo dei fantasy, straordinario fenomeno editoriale che coinvolge anche l’Italia


IDEE SOTTO L’ALB

Un’originale esplorazione della scienza guidata da buffissimi personaggi: i Cervelloni, supereroi della tavola periodica, dotati del potere degli elementi. Il libro affronta i principi base della fisica e della chimica, dando spazio anche alle invenzioni più importanti e agli scienziati più rappresentativi. I Cervelloni daranno una risposta alle domande che ti frullano nella testa e lasciano

i grandi senza parole. Con loro salperai per un viaggio spettacolare alla scoperta della materia, dell’energia, delle forze, passando per reazioni chimiche, miscele, onde e luce.

Claire Watts I Cervelloni. L’esplosivo libro della scienza Editoriale Scienza Pagine 64 Prezzo € 19,90

Cristina Brambilla La chiave dell’alchimista Mondadori Pagine 215 Prezzo € 17,00

Non capita a tutti di svegliarsi una mattina e scoprire che tuo padre è un mago alchimista. Che alle sue dipendenze lavora una scorbutica gargolla desiderosa di tornare a essere un maestoso leone alato. Che la città dove hai appena traslocato, Venezia, è un labirinto di acqua e di nebbia che nasconde la chiave piú preziosa e potente della storia della magia.
A Lucilla, ragazzina terribile e curiosa, tutto questo è capitato. Ed è solo l’inizio delle sue avventure. Un fantasy italiano in bilico tra avventura, mistero e divertimento ambientato in una delle città più misteriose ed immaginifiche.

Maria Teresa Cannizzaro Bijoux delle feste 24 ore Cultura Pagine 384 Prezzo € 19,90

Questo ricco e prezioso volume è rivolto a collezionisti ed amanti del bijoux vintage. Presenta testi e foto dedicati alle cosiddette Novelties, cioè bijoux che negli Stati Uniti (ma ormai anche in Italia) si usa indossare per celebrare le più importanti festività: Natale, Pasqua, San Valentino, Halloween. Tutte le sezioni sono costituite da un’ampia selezione di pezzi dai primi decenni del ‘900 fino ai recenti anni 2000, con inserimento di pezzi unici e mai presentati in altre pubblicazioni in questa quantità e qualità, non solo a livello nazionale ma nell’intero panorama del collezionismo europeo.


BERO DI NATALE

Vero e proprio fenomeno nato in internet grazie ai filmati su You Tube, “Simon’s Cat” è un successo del passaparola. Quasi 30 milioni di persone, grandi e piccini, si sono appassionati alle avventure di questo adorabile gatto, disposto a tutto pur di essere nutrito. Premiato in tutto il mondo, lo stile spumeggiante e lo humor irresistibile dell’autore, ispirato dal suo gatto di casa,

I LibriVivi sono audiolibri innovativi ed esclusivi: grazie alle interpretazioni dei più amati attori e doppiatori italiani, i grandi classici della letteratura diventano veri e propri film da ascoltare con narrazioni, dialoghi e musiche. Il pubblico riconoscerà le inimitabili voci delle più famose star di Hollywood come Dario Penne (Anthony Hopkins), Valentina Mari (Natalie Portman), e

Sven Ortoli Mille scuse Raffaello Cortina Editore Pagine 104 Prezzo € 10,00

Immaginate per un momento una cena di Natale da incubo, in cui ciascuno si sentisse autorizzato a dire quel che pensa davvero degli altri ospiti. Non ci sarebbe materia per una reazione a catena incontrollabile, a colpi di chele di astice e pezzi di panettone? Di qui questo indispensabile inventario che ci offre una serie di scuse pronte all’uso, dalle più incontestabili alle più divertenti, per evitare una cena, giustificare un ritardo o rifiutare a qualcuno un prestito in denaro. Niente di ciò che è umano sfugge alla scusa, basta trovare in ogni circostanza il modo migliore di formularla.

Johanna Paungger Thomas Poppe L’agenda della luna 2012 Tea Pagine 160 Prezzo € 8,00

Dagli autori di “Se segui la luna tutto è permesso (al momento giusto)” , l’ “Agenda della luna” , tascabile e a colori, ci guida nello svolgimento di qualsiasi attività quotidiana: dal giardinaggio al taglio dei capelli, dai lavori di bricolage, alla dieta disintossicante. Per ogni giorno dell’anno vi sono le indicazioni di base: il segno zodiacale, la fase lunare, la parte del corpo più inf luenzata, ciò che è consigliabile fare o evitare. Ormai un classico del suo genere, l’agenda orienta il nostro cammino quotidiano verso una vita in armonia con noi stessi ed il mondo, secondo i ritmi lunari.

sono diventati libri illustrati. Dopo i primi due volumi, ecco il terzo capitolo delle scorribande del gatto di casa, questa volta alle prese con un cucciolo invadente e dispettoso. Riusciranno a fare amicizia? Simon Tofield Simon’s Cat e la piccola peste Tea Pagine 224 Prezzo € 14,00

molti altri. I primi quattro titoli della collana sono “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, “dr. Jekyll e mr. Hyde” di Robert Louis Stevenson, “Il Canto di Natale” di Charles Dickens e il primo volume de “Le favole” di Esopo. Oscar Wilde Il ritratto di Dorian Gray Salani/LibriVivi 4 CD Prezzo € 12,90


La nostra libreria Idea n. 1

C ON

SIG

Isabel Allende Il quaderno di Maya Feltrinelli Pagine 400 Prezzo € 20,00

Isabel Allende torna a raccontare la vita di una donna coraggiosa affrontando con grande delicatezza le relazioni umane: le amicizie incondizionate, gli amori adolescenziali e quelli lunghi una vita. Una prosa disincantata per questo nuovo romanzo che si tinge di noir e per l’ennesima eccezionale galleria di personaggi creati da un’autrice molto amata. Maya Vidal è una ragazza in fuga, con un passato che la perseguita e un futuro da costruire. Nelle isole remote dell’arcipelago di Chiloè, nell’atmosfera di una vita semplice fatta di solidi valori e rispetto reciproco, Maya imparerà a conoscersi.

Mandy Kirby I messaggi segreti dei fiori Garzanti Pagine 192 Prezzo € 12,90

Ogni fiore rappresenta un’emozione, parla di noi e di ciò che vogliamo comunicare: fiducia con la primula, amicizia con la fresia, dichiarazione d’amore con il tulipano, ma anche rabbia, con la peonia, oppure odio, con il basilico. Il loro linguaggio accompagna ogni occasione della nostra vita, come un augurio di pronta guarigione o un matrimonio. Il libro è un dizionario di tutte le emozioni che possiamo esprimere attraverso i fiori, con il loro significato storico e letterario. Con un’introduzione di Vanessa Diffenbaugh, autrice del romanzo “Il linguaggio segreto dei fiori”, fenomeno letterario dell’anno.

TO LIA

Idea n. 2 Haruki Murakami 1Q84 Einaudi Pagine 750 - Prezzo € 20,00 Idea n. 3 Stephen King 22/11/’63 Sperling & Kupfer Pagine 800 - Prezzo € 23,90 Idea n. 4

CO

G N SI

TO LIA

Idea n. 5 Sophie Kinsella Ho il tuo numero Mondadori Pagine 348 - Prezzo € 19,50 Idea n. 6 Julia Stuart Mr Jones e lo zoo della Torre di Londra Corbaccio Pagine 340 - Prezzo € 16,60 Idea n. 7

C ON

SIG

TO LIA

Idea n. 8 Gianfelice Facchetti Se no che gente saremmo Longanesi Pagine 192 - Prezzo € 14,00 Idea n. 9 Zlatan Ibrahimovic Io, Ibra Rizzoli Pagine 296 - Prezzo € 18,50 Idea n. 10 C ON

SIG

TO LIA

Walter Isaacson Steve Jobs Mondadori Pagine 656 Prezzo € 20,00

L’autore racconta la storia del geniale e carismatico imprenditore che ha rivoluzionato sei settori dell’economia e del business: computer, cinema d’animazione, musica, telefonia, tablet ed editoria digitale. Jobs spicca come massima icona dell’inventiva e dell’immaginazione, perché ha intuito in anticipo che la chiave per creare valore nel ventunesimo secolo è la combinazione di creatività e tecnologia, facendo di questo connubio l’arma vincente della Apple. Una storia che ci insegna e allo stesso tempo ci mette in guardia, ricca di lezioni sull’innovazione, il carattere, la leadership e i valori.

Renato Vicario Liquori salutari La storia e l’arte di una creazione Aboca Edizioni Pagine 256 Prezzo € 24,90

La creazione di un liquore è come la creazione di un’opera d’arte i cui componenti derivano dalla natura che circonda l’uomo. Osservati, studiati e raccolti con amore, sono elegantemente composti con passione in una nuova e diversa forma, il liquore, che diviene mezzo per condividere, celebrare e stimolare tutti i sensi umani e dona un immediato piacere. Questa pubblicazione è dedicata a chi desidera esplorare e approfondire il viaggio farmaceutico, medicinale e culturale dei liquori attraverso i secoli e conoscere la cultura delle epoche rappresentate nella tradizione liquoristica regionale italiana.


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SELEZIONE VENEZIA

Veronica Franco La cortigiana poetessa Nella Venezia del ‘500 le grandi cortigiane dominavano la ribalta politica e culturale. Veronica Franco è stata molto più di una celebre e celebrata meretrice dei potenti. È stata una scrittrice e poetessa di primo piano come ormai da tempo è riconosciuto, ma anche, con il suo progetto di una Casa per le ex-prostitute, una pioniera del Mutuo soccorso. Ma soprattutto si è inserita a pieno titolo nella discussione riguardante la “Questione femminile”, definendo una volta per tutte una verità che sembra ancora oggi imporsi a fatica: si può vendere tutto, ma non si può comprare la dignità altrui.

Br aga din Il romanzo presenta la f igura del Capitano Generale veneziano Marcantonio Bragadin, eroico difensore di Famagosta durante la guerra di Cipro del 1571. Sulla trama degli eventi storici lavora l’immaginazione poetica dell’autore che porta in primo piano tutta la ricchezza di vita interiore del protagonista f ino al tragico epilogo di cui fu vittima. Imprigionato dai turchi e mutilato al viso, rif iutò la libertà, offertagli in cambio della sua conversione all’Islam. Morì a seguito delle innumerevoli torture inf littegli. I suoi resti sono conservati nella chiesa veneziana di SS. Giovanni e Paolo.

Valeria Palumbo, caporedattore centrale de “L’Europeo”, conduce reading teatrali, lezioni e incontri a rassegne storiche e letterarie. Tra le sue pubblicazioni “La perfidia delle donne” (Sonzogno 2005). EdizioniAnordest - Pagine 236 - € 15,00

Sergei Tseytlin è nato a Mosca nel 1971, cresciuto a New York e dal 1998 vive in Italia. I suoi sag gi e racconti sono apparsi nelle riviste e antologie di Mosca, Londra, Venezia. Marcianum Press - Pagine 724 - € 26,00

Report Venezia sull’orizzonte degli eventi Iniziata nel 1999, l’opera prende spunto da una domanda: quale ruolo spetta a Venezia durante il passaggio epocale nel nuovo millennio? Come si colloca la sua fragilissima anomalia in un mondo in continua evoluzione tecnologia, sociopolitica e di costume? L’autore inizia così a scrivere e fotografare per rappresentare la realtà veneziana alle soglie del terzo millennio al di fuori degli schemi e dei cliché. In realtà, la città si trova dinanzi a un orizzonte di imprevedibilità, divisa tra realtà opposte alla sua natura e filosofie socio-politiche che invocano rivitalizzazione e rinnovamento.

I nuovi veneziani Racconti, visioni, passioni e speranze Che cosa fanno e come vivono i nuovi veneziani? Quale vita e quale futuro è possibile per loro? Attraverso i racconti di molti veneziani, ci è concesso di entrare nelle loro vite, nei loro sguardi e sentire, nonostante tutto, l’amore per Venezia, città con un glorioso passato e un incerto futuro. Ma la speranza è il vero filo conduttore dei racconti. La speranza che permette di intravedere ancora delle possibilità.Racconti realistici, propositivi, amari, visionari, quotidiani, per dire che a Venezia ci sono i veneziani. La città ha bisogno di nuovi veneziani, di attenzioni, di cura e fantasia.

Renato Pestriniero, veneziano, ha pubblicato romanzi, racconti ed antologie personali. Ha partecipato a seminari letterari e vanta esperienze televisive, radiofoniche e figurative. El squero- Pagine 152 - € 15,00

Caterina Falomo si occupa di ufficio stampa, relazioni esterne in ambito culturale e di consulenze per i contenuti dei siti internet.Ha pubblicato anche “Quando c’erano i veneziani” (Studio LT2, 2010). Studio LT2 - Pagine 116 - € 16,00

IL LIBRO DEL MESE

Tra gli elementi che compongono la città di Venezia, oltre alla pietra, all’acqua e al legno su cui sorge, ve n’è uno in continua evoluzione e che spesso si rivela un mistero: il “verde” inteso come vegetazione, sia quella spontanea che cresce in angoli impensabili, sia quella dei giardini, pubblici e privati, che possono ben considerarsi “segreti” e spesso si scoprono solo attraverso intuizioni sensoriali. Tudy Sammartini, eccezionale guida turistica e profonda conoscitrice della città lagunare, propone una Venezia insospettabile e spesso inaccessibile ai più, intima, silenziosa e viva. Verde pubblico, ma anche e soprattutto privato, all’interno delle corti di palazzi storici o di abitazioni, che costituiscono il polmone verde della città. E così, passando attraverso i campi che ospitano alberi solitari come S. Giacomo dell’Orio, è possibile ammirare i fiori nelle altane e nei balconi o ammirare scorci di giardini privati. Oppure addentrarsi a S. Francesco della Vigna tra i frati francescani, che da sempre coltivano i loro orti con grande devozione, o all’isola di S. Giorgio, che ospita il parco della Fondazione Giorgio Cini: 40.000 metri quadrati arricchiti dal labirinto dedicato allo scrittore Borges. Immancabili, poi, i giardini della Biennale e di S.Elena, vero cuore verde della città. Tudy Sammartini Verde Venezia - I giardini della città d’acqua Fotografie di Cesare Gerolimetto Terra Ferma Pagine 184 Prezzo € 39,00


Marina Fiorato, passaporto inglese, origini veneziane, debutta sul mercato del nostro Paese

LA MIA PRIMA VOLTA (IN ITALIA)

Il Rinascimento è uno dei periodi più importanti della storia italiana: un risveglio di arte, poesia, letteratura senza precedenti. Questo lo sa bene M arina Fiorato, autrice britannica con sangue veneziano, che sceglie come ambientazione dei suoi romanzi, per lo più inediti in Italia,

proprio il R inascimento. Firenze, Pisa, Venezia, Roma: non ma nca proprio nessuna delle città protagoniste, e ciascuna viene fatta oggetto di studi approfonditi dettati da una passione ma anche da un profondo legame dell’autrice con il nostro paese.


Il suo primo romanzo recentemente tradotto e pubblicato da Editrice Nord è “La ladra della Primavera”: nella Firenze del 1482, Luciana Vetra, cortigiana di origini lagunari, posa come modella per Sandro Botticelli ed il suo celebre dipinto “La Primavera”. Dopo il mancato pagamento del compenso pattuito, la donna decide di vendicarsi rubando uno dei disegni preparatori dell’opera. Scoprirà presto come molti uomini potenti e senza scrupoli siano disposti a tutto, persino ad ucciderla, pur di recuperare quel disegno. Accompagnata da Frate Guido, inizierà un viaggio attraverso l’Italia, da Napoli a Pisa, da Roma a Venezia, tra nobili e assassini, pericoli e agguati, complotti e tradimenti. Tutto questo per svelare il mistero che si nasconde dietro il dipinto e che potrebbe cambiare il destino del paese, ma anche alla ricerca di sè stessi, della propria identità e delle proprie origini. L’autrice racconta così il suo romanzo all’Illustre. “La ladra della Primavera” è il suo primo libro ad essere stato tradotto e pubblicato in Italia. È felice di avere la possibilità di farsi finalmente conoscere anche dai lettori dello Stivale, considerate le tematiche tutte italiane dei suoi romanzi? Per me è molto importante che sia stato pubblicato il libro in lingua italiana: è, infatti, una sorta di dichiarazione d’amore per l’Italia intera, non soltanto per Venezia, che senza dubbio occupa un posto speciale nel mio cuore, essendo la città d’origine della mia famiglia. Inoltre, nel 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, è fondamentale parlare delle identità regionali locali che sussistono tuttora in ogni loro diversità. Dalla lettura dei suoi romanzi si evince una profonda conoscenza della storia, dell’arte e della vita quotidiana dell’Italia rinascimentale: quale aspetto di questo periodo la affascina maggiormente? Ciò che mi colpisce in modo particolare dell’epoca sono i suoi aspetti contrastanti. Da un lato infatti il Rinascimento rappresenta una fioritura culturale che va dall’arte, alla poesia alla letteratura: ma dall’altro lato, ciò costituisce una sorta di maschera che copre una violenza ed una criminalità di fondo, che causano ostilità tra le città e addirittura all’interno delle città stesse. Alcuni aspetti contrastanti di cui parla sono la ricchezza, il degrado, e tra esse il ruolo della religione. Il viaggio intrapreso dai protagonisti può essere interpretato come un cammino di redenzione, guidato dalla religione alla ricerca della propria interiorità? Il cambiamento di Luciana si snoda lungo tutto il viaggio. Per lei, come per il protagonista maschile, Frate Guido. Una contraddittorietà tra i due personaggi che emerge soprattutto nel loro atteggiamento: a prima vista Luciana può sembrare la più immorale per il fatto di essere una cortigiana e di non pensare assolutamente alla religione, mentre Frate Guido costituisce un esempio di moralità, essendo un uomo di chiesa. Tuttavia lungo il viaggio Luciana si avvicina alla religione, mentre Frate Guido vi si allontana, pensando addirittura di abbandonare la sua vocazione. Il loro rapporto con la religiosità ha un ruolo di prim’ordine ed alla fine i personaggi, da questo punto di vista, cambiano molto. Ha visitato tutte le città italiane di cui parla

Marina Fiorato La ladra della Primavera Editrice Nord Pagine 440 - Prezzo € 19,60 nel romanzo? Si, ma in particolare ho vissuto per sei mesi a Venezia come studentessa dell’Università Ca’ Foscari. Delle tante città che ho avuto modo di visitare mi ha colpita l’estrema diversità sotto tanti punti di vista, soprattutto tra i paesaggi delle varie regioni: quasi ci si trovasse in tanti paesi diversi anziché in uno solo. Quali sono le tre cose che le hanno fatto amare il nostro paese durante i suoi viaggi? Sicuramente la cultura. Poi il cibo ed il vino. Quanto si sente legata alla città di Venezia, di cui è originaria? Sono molto orgogliosa delle mie origini. Ho un fortissimo legame non solo con Venezia ma con l’intera regione del Veneto, per ragioni affettive ma anche per lavoro. In particolare per la stesura del mio primo romanzo “The Glassblower of Murano” (inedito in Italia, ndr), ambientato in laguna, ho effettuato molte ricerche in città. In queste occasioni, durante una visita ai maestri vetrai muranesi ho scoperto di avere un ulteriore legame con la città: una particolare lavorazione del vetro, infatti si chiama proprio “tecnica del fiorato”, come il mio cognome. Questi piccoli dettagli mi toccano profondamente. Ho inoltre visto i maestri all’opera nella creazione di cavalli, candelabri, cornici: uno spettacolo inimitabile. Le piacerebbe vivere a Venezia, così diversa dal resto del paese e del mondo intero? Cosa pensa del futuro della città? Mi piacerebbe molto vivere a Venezia con la mia famiglia. Penso che la prospettiva sul futuro di Venezia sia molto migliorata rispetto ad una decina di anni fa: con le mie ricerche, ho constatato che, nonostante i problemi della città, sono state predisposte delle misure efficaci per la sua salvaguardia e protezione. Per questo motivo penso che si possa guardare al futuro con positività. Sono tre i titoli di Marina Fiorato non ancora dati alle stampe nel nostro paese: “The Glassblower of Murano”, “The Madonna of the Almonds” e “Daughter of Siena”. Non ci resta che aspettare l’edizione italiana. (S. C.)

Sono molto orgogliosa delle mie origini. Ho un fortissimo legame con Venezia e non solo: scrivendo il mio primo libro “The Glassblower of Murano” ho scoperto l’esistenza di una tecnica muranese chiamata “fiorato” come il mio cognome


Nel primo Novecento, parecchi tipi eccentrici girarono il mondo con mezzi originali

strani globetrotters

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5 6 di Carlo sopracordevole C h iss à come si sta de n tro a u n a botte? Si tramanda che Diogene, filosofo della scuola cinica vissuto in Grecia nel IV secolo a.C., andasse in giro nudo in una botte o, perlomeno, l’avesse scelta come abitazione. Questo innegabilmente bizzarro personaggio predicava modelli di vita naturali a cui l’uomo avrebbe dovuto instancabilmente sottoporsi ed esercitarsi attraverso il duro rifiuto delle convenzioni e dei valori tradizionali e delle comodità,

perché soltanto così, nel vivere secondo i modelli di vita naturali, si sarebbe potuti arrivare alla felicità. Un altro personaggio storico che dovette soggiornare in una botte, sia pur brevemente e non certo per ricercare né tantomeno trovare la felicità, fu il romano Attilio Regolo che la leggenda vuole giustiziato dai feroci nemici cartaginesi che lo avrebbero fatto rotolare da una collina entro una botte irta di chiodi.


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Ma se arriviamo a tempi più recenti, possiamo venire a conoscenza di tanti personaggi eccentrici che per esibizionismo o propaganda e, in definitiva, per sbarcare il lunario, se ne andarono in giro per il mondo. La maggior parte era a piedi o con temporanei mezzi di fortuna, mentre alcuni si accompagnavano proprio ad una botte nella quale risiedevano nei momenti di pausa e di riposo. Di questi tipi originali si sarebbe perduta la memoria se non fosse che le cartoline illustrate che circolarono nel periodo della loro attività -generalmente nel primo Novecento - non venissero a farla riaffiorare dal silenzio del passato. Scopriamo così che ci furono anche due veneziani, Attilio Zanardi e Eugenio Vianello, che si dedicarono a questa attività. Partiti da Venezia il 20 giugno 1909 (fig. 1, che li mostra in una Piazza San Marco priva del campanile), si erano proposti di compiere il giro del mondo in 12 anni in una botte, qualificata

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come “la più elegante e rinomata del mondo”. Per sovvenzionarsi in qualche modo, prima e durante il percorso distribuivano varie cartoline che li ritraevano dentro e a fianco del loro originale mezzo di trasporto (fig. 2, 3, 4). Non so per quali nazioni essi abbiano transitato e quanto sia effettivamente durato il loro viaggio. Posso affermare che un’altra cartolina spedita nel 1915 (fig.5) ce li ritrae in Francia sul ponte sospeso di Beaucaire, in Provenza, che certifica del loro arrivo. Zanardi e Vianello non furono gli unici. Conosco altri personaggi che girarono il mondo in quegli anni accompagnandosi ad una botte e servendosi di cartoline con la propria immagine per farsi conoscere e sovvenzionarsi. Tra questi citerò Baruet, un ex campione di lotta, e Coulet, un ex campione di corsa a piedi. Entrambi facevano rotolare una botte del peso totale di 300 chili e intendevano percorrere 10.000 Km in 20 mesi.

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Di questi tipi originali si sarebbe perduta la memoria se le cartoline che circolarono nel periodo della loro attività non l’avessero fatta riaffiorare



L’illustr e Venezia, idee, st ili

Anno 63 n°11 ` 3,90

febbraio 2004

n. 46) art.

1 comma

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IL CLU DEI FOB TOGR A FI

(Conv. 353/2003 – D.L. e in A.P. ne s.p.a . spedizion Poste Italia

e storie

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Tanti Auguri di Buone Feste

dalla Redazione

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