L'Illustre - numero gennaio

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L’illustre

Poste Italiane s.p.a. spedizione in A.P. – D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27 febbraio 2004 n. 46) art. 1 comma 1, CNS VE

Venezia, idee, stili e storie

Anno 64 n°1 € 3,90

ne

zio da colle numero

dite foto ine iter o Ro di Fulvi

I MILLE VOLTI

del Carnevale

Calliandro Editore




il sommario cover story

SEMPLICEMENTE... CARNEVALE Viaggio tra le maschere e le immagini (di Fulvio Roiter)

p. 16

alle origini del giovedì grasso Una festa sospesa tra leggenda e realtà

p. 29

prove d’artista per una foto straordinaria Come nasce un’immagine simbolo del Carnevale

p. 31

tempo di fenice Il Gran Teatro apre alla stagione del Carnevale

p. 34

le doppie vite di matteo corvino Parla il Re del Ballo della Cavalchina

p. 36

l’arte di far maschere Con L’illustre tra gli artigiani del travestimento

p. 40

“se il fin è la meraviglia” A tu per tu con Maurizio Scaparro

p. 46

il somm


L’illustre Venezia, idee, stili e storie

PHOTOCRACY Milioni di scatti solo per lei, Venezia la più fotografata sulla rete nuove geometrie per venezia Fotografi e idee: Renato D’Agostin

p. 11

Direttore Editoriale Yuri Calliandro

p. 15

Cos’è la creatività? Siamo ad un bivio: vivere nel ricordo o rimboccarsi le maniche verso il nuovo

p. 55

“le roi” en venise L’illustre incontra un mito: Michel Platini

p. 58

la città che guarda le navi Uno sguardo inedito sui transatlantici che quotidianamente attraversano Venezia LA PRIMA DONNA DEL ROTARY a VENEZIA Maria Luisa Semi è Presidente del rinomato Club

p. 69

In redazione Shaula Calliandro Hanno collaborato Pierluigi Tamburrini, Luisa De Salvo, Lucio Maria D'Alessandro, Andrea Gion, Savino Liuzzi, Federico Moro, Vera Mantengoli, Chiara Bortolato, Federico Bosisio, Carlo Sopracordevole, Maria Teresa Secondi Commerciale e Marketing Gianluca Vianello commerciale@calliandroeditore.it Marketing Cristina Andretta

p. 78

“quando ernesta mi salvò la vita p. 80 La domestica di casa Levis e il destino di un bimbo, futuro Presidente della Comunità Ebraica di Venezia I 246 del Ghetto di Venezia La Giornata della Memoria

Direttore Responsabile Daniele Pajar

p. 82

In copertina Il Carnevale di Venezia (foto di Fulvio Roiter) Immagini Fulvio Roiter Manuel Silvestri Archivio Gran Teatro La Fenice Carlo Sopracordevole (collezione personale) Image.net Redazione San Marco 4152, 30124 Venezia Telefono: 041 2413030 Fax: 041 5220391 illustre@calliandroeditore.it Editore Giuseppe Calliandro Calliandro Editore info@calliandroeditore.it

le rubriche E fu così che si fregarono San Valentino L’editoriale p. 7

Impaginazione Menta&Liquirizia

eventi Oltre laguna Milano celebra i 150 anni di Klimt p. 53

mario Foyer Persone, personaggi, e personalità a San Marco e dintorni p. 8

Libri&Co. Idee editoriali per la vostra libreria p. 62

Arts Cultura e affini in città p. 49

Saluti da venezia La città rivista attraverso le sue cartoline p. 76

Tipografia Grafiche Veneziane

Abbonamenti: scrivere a abbonamenti@calliandroeditore.it

Giornale iscritto al Tribunale di Venezia in data 23 agosto 1949 al n. 58 del registro pubblicazioni del ruolo stampa

Periodico iscritto all’Uspi Unione Stampa Periodica Italiana



L’ editoriale

E fu così che si fregarono San Valentino di Daniele pajar Alla fine finisce sempre così: la città più romantica del mondo si pappa le festa più romantica del mondo. A Febbraio ci si affanna tanto a parlare e promuovere tutti gli eventi del Carnevale e inevitabilmente San Valentino scompare. Scomparso, evaporato, liquefatto, fregato. Stranezze lagunari. Ne volete la riprova? Esiste un sito che si chiama San Valentino Venezia: è abbastanza bistrattato. Anche la pagina Facebook, cartina di tornasole del “peso” dell’iniziativa, naviga a meno di 200 “mi piace” premuti. Un sito, una miseria. Comunque lì si trova il programma della giornata degli innamorati che, è scritto a chiare lettere, rientra in quello del Carnevale. Perciò il giorno 14 le maschere sono invitate a presentarsi abbigliate in tema “love” (ma non è i l tema centrale anche del Capodanno? Alla faccia dell’inflazione). Alla fine, per San Valentino, il massimo che ci si può veder offrire è una foto ricordo in Piazza con cadeau floreale. Un po’ pochino per la città simbolo dell’amore. A Parigi fan di meglio. Ma a tutto c’è una spiegazione. La vera festa dell’amore, almeno in laguna, non è San Valentino, non il Carnevale (per quanto l’esser mascherati consenta di scioglier le briglie più del solito) e nemmeno l’ultimo dell’anno con la famosa festa del bacio. La più grande manifestazione d’amore in chiave veneziana è il 25 Aprile. Per tutti in Italia è la Festa della Liberazione. Ma qui invece si celebra il Santo Patrono: è il giorno di San Marco dove si narra la più romantica delle storie che oggi resta legata al rito di omaggiare amate e mamme del tradizionale “bocolo”. Ma di questa storia ne parleremo la prossima volta. Intanto se state cercando San Valentino a Venezia o fate da voi oppure spostate la ricorrenza di qualche settimana. Può valerne la pena.


Foyer

Persone, personaggi, personalità a San Marco e dintorni

V

Vip e strani personaggi in città: da sinistra il cantante inglese Ed Sheeran con la fidanzata a passeggio tra calli e campielli; pittura “on the road”; la curiosa regata delle Befane in Canal Grande; ancora sul “Canalasso” un originalissimo mezzo di trasporto: soppianterà il vaporetto? Proseguendo: l’attrice Sienna Miller con il “collega” Tom Sturridge e Federica Pellegrini con il fidanzato Filippo Magnini dopo una cena a Murano. Esistono ancora gli spazzacamini? Sembra proprio di sì: nella foto radunati nella sede della Regione Veneto, palazzo Balbi, assieme al Presidente Luca Zaia. Infine una foto scattata alla scuola primaria “Virgilio Marcon” di Zenson di Piave (Treviso): ventidue alunni a scuola con L’illustre assieme alle maestre Daniela Tonon e Mara Piovesan al termine di una lezione di giornalismo tenuta dalla nostra Lieta Zanatta.

llustre A scuola con L’I


www.nesting.org Human-Computer Interaction HCI o human-computer interaction è un settore di grande importanza nell'ambito dell'ICT. Nesting offre servizi di studio e realizzazione di interfacce utente applicate ai settori che richiedono l'esplorazione di grandi basi di dati multimediali, arte, cultura, editoria elettronica, archivi storici. La nostra consulenza è basata su una - robusta conoscenza sia delle best practice che dei principali strumenti di sviluppo e dei device disponibili. La particolare cura che viene data all'usabilità degli strumenti interattivi è il punto nodale per qualificare i nostri progetti.

Data Visualization DV o Data Visualization è un settore di interesse per Nesting per via delle sue peculiari ricadute sull'usabilità delle interfacce uomomacchina e per l'attinenza con i settori dell'arte della cultura e dell'esplorazione di grandi database multimediali. Tale disciplina dell'informatica studia la rappresentazione visuale dei dati ed elabora dei modelli grafico-dinamici che permettano una comunicazione efficente e sintetica di relazioni massive. Nesting offre la sua esperienza sia per lo studio che per la realizzazione di sistemi di Data Visualization.

Data Management

INNOVAZIONE ICT

INTERATTIVITÀ – ACCESSIBILITÀ GEOLOCALIZZAZIONE MULTIMEDIALITÀ – EDITORIA DIGITALE

Con Data Management si intende la capacità di gestire con efficenza e in maniera sicura l'archiviazione, la fruizione, l'accesso e il back up di database di grandi dimensioni. I settori della cultura e dell'arte, dell'editoria e degli archivi storico-digitali, oltre che progetti di knowledge management richiedono il supporto di grandi strutture di dati. Il cloud computing, la virtualizzazione dei server ed altre recenti tecnologie permettono una pianificazione diversa della locazione fisica dei dati che, opportunamente combinata, può dare luogo a maggiore efficenza, sicurezza e risparmio di costi. Nesting offre studi e realizzazione di progetti nell'ambito del Data Management forte di esperienze sul campo.

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Milioni di scatti solo per lei, Venezia la più fotografata sulla rete

PHOTOCRACY

È più fotografata di una modella. Interessa i paparazzi più di un’attrice. Nessuna opera d’arte, nessuno sportivo, nessun Papa può vantare tante foto pubblicate su internet quanto lei. Facendosi una navigatina in rete senza pretese di scientificità,

utilizzando Google Chrome come browser, solo tra Natale e Capodanno Google Immagini ha registrato il caricamento di decine di milioni di nuove foto a suo nome. O meglio, con i suoi nomi. Che sono Venezia, Venice, Venedig, Venecia, Venise, Venecija...



FOTOCRAZIA

. Interessa i paparazzi più di un’attrice. Nessuna opera d’arte, FOTOCRAZIA ò vantare tante foto pubblicate su internet quanto lei. Facendosi e di scientificità, utilizzando Google Chrome come browser, solo a.magini Interessa i paparazzi più di un’attrice. Nessuna opera d’arte, ha registrato il caricamento di decine di milioni di nuove uò tantesono fotoVenezia, pubblicate su internet quanto lei. Facendosi uoivantare nomi. Che Venice, Venedig, Venecia, Venise, se di scientificità, utilizzando Google Chrome come browser,Impossibile solo Soprattutto crescono quelle rubricate come (57.100). calcolare, nemmeno in mmagini ha registrato il caricamento di decine di milioni di nuove . Che sarebbe il suo nome in cinese. maniera semiseria, quale sia il totale delle foto ruate come . Che sarebbe il suo nome in cinese. Ebbene sì, suoi nomi. Che sono Venezia, diVenice, Venedig, Venise, Ebbene sì, smettiamola prendere in giro i Venecia, bricate come Venezia in tutte le lingue del mondo, iapponesi per la loro mania di fotografare tutto. La loro epoca è giapponesi per la loro mania di fotografare tutto. dallo swahili all’urdu. E altrettanto impossibile e alle instamatic, archeologia anni alla Ottanta chescremare un teenager La . loro epoca è tramontata insieme pellicola la foto ate come Che sarebbe il suo nome in cinese. sì,che effettivamente ritraggono era del digitale dal Giappone state caricate suEbbene Google e alle instamatic, archeologiasono anni Ottanta che scorci della città da quelle che abbinano al nome giapponesi per la loro mania di fotografareUn tutto. La loro epoca è di Venezia (o meglio, di ). bel numero, un teenager nemmeno sa cosa fossero. Nell’era Venezia aquello immagini che con la città c’entrano a e alle del instamatic, anni Ottantasu chepoco. un Ma teenager digitaledel dal archeologia Giappone sono state caricate dà l’idea alla performance ruggente Impero Di Mezzo. Che anche in della massa il fatto che a un ’era del Google digitaleImmagini dal Giappone sono state caricate suunivoco, Google un milione e 70mila foto di nome mericano. In cinese le foto di Venezia su Google Immagini sonocome Rialto, siano dedicati oltre Venezia (o meglio,didi ). ). Un bel 11milioni diquello scatti. Insomma, alla «mania Kodak» o1milioni, di Venezia (o meglio, Unmesetto bel numero, nonostante undelbalzo in avanti in un di circa quella 30 della pubblicazione in rete. numero, quello Sol Levante, ma surclassato si è aggiunta dalla performance del ruggente Impero Di Mezzo. Che anche in me Venice, in inglese. dallaVenezia performance del ruggente Impero Di Mezzo. Per mostrare il proprio scatto a dei perfetti scoAmericano. In«mania cinese le foto di come Venezia su Google Immagini sono enziale, della Kodak», l’aveva definita già qualche Che anche in quest’ambito sconfigge l’Impero nosciuti. «La pubblicazione in rete è il trofeo, ed 71milioni, nonostante un balzo in avanti in un mesetto di circa 30 di quelle malinconiche teste neziano Stefano l’ossessione di fissareè sicuramente tutto con meglio la Americano.Zecchi. In cinese «É le foto di Venezia su Google ome Venice, Venezia inglese. Si fermano Immagini sonoin 280milioni. che campeggiavano nei salotti – agarsene, sovrapponendo l’immagine al realea quota - spiegaimpagliate – Insomma, nenziale, della «mania Kodak», come l’aveva definita già qualche 271milioni, nonostante un balzo in avanti in giunge Zecchi – Lo scopo quindi non è tanto di un po’ mia». un mesetto di circa 30 milioni di unità, quelle mostrarlo agli altri eneziano Stefano Zecchi.e «É fissare tutto con sila ma di mostrare, innanzitutto ini del Ponte dei Sospiri del l’ossessione profilo delladiGiudecca, il 2011 rubricate come Venice, Venezia in inglese. a sé stessi, che ho avuto davvero quell’esperieniarsene, sovrapponendo l’immagine al reale - spiega – Insomma, to a nome Venezia, oltre un milione in più di za. quante erano mentale non è molto diverso È il trionfo, moltiplicato all’esponenziale, Il meccanismo an un po’ mia». 6 milioni e «mania 320mila comecome Venecia, spagnolo, machenon della Kodak», l’aveva termine definita già da quello era alla base delle cartoline che si gini delGermania Ponte deiarrivano Sospiri eoltre deldell’estetica profilo della Giudecca, il 2011 si Dalla 4 milioni di Venedig mentre qualche anno fa il filosofo veneziano spedivano agligli amici. Le uniche davvero sincere, oto a nome Venezia, oltre un milione in più di quante erano Zecchi.visto «É l’ossessione di fissare tutto fondo, solo madeStefano in France, che Venezia si dice così in anche inerano altre quelle per i genitori quando si on 6 milioni e 320mila come Venecia, termine spagnolo, ma con la macchina fotografica per appropriarsene, era in gita scolastica. ri anche 716mila foto nominate come Velence, cioè Venezia non in e.fredde Dalla foreste Germania arrivano oltre al4 reale milioni di Venedig glisoprattutto per vantarsi che a sovrapponendo l’immagine - spiega – Lementre altre erano finlandesi, e persino 25mila Feneyiar dalla remota Insomma, se la fotografo, quella cosa diventa Venezia ci si era in France, visto che Venezia si diceben così anche in altrestati». La digitale, però, oltre a osolo deglimade abitanti di quell’isola artica. E vanno oltre il doppio un po’ mia». uccidere la pellicola ori foto nominate come veneziani Velence, cioè Venezia in e il mondo che ruotava intora leanche foto 716mila caricate utilizzando termini Venexia Continuando a navigare tra immagini del come no al nitrato d’argento, ha colpito al cuore anche e fredde foreste finlandesi, e persino 25mila Feneyiar dalla remota Ponte dei Sospiri e del profilo della Giudecca, il quello che era un tipico lavoro veneziano. Quello degli abitanti di quell’isola vanno benrubricate oltre il doppio ntomaniera semiseria, sia eartica. il300mila totaleEfoto delle foto come 2011 si apre conquale 24milioni a nome dello “scattino di piazza”, l’onesto artigiano della na le foto caricate utilizzando termini veneziani come Venexia Venezia, oltre un milione in più di quante erano reflex che scattava ndo, dallo swahili all’urdu. E altrettanto impossibile scremare la la fotina ai due fidanzati di

registrate circa mese prima, con 6 milioni fronte alla Basilica, o scorci della città daunquelle che abbinano al enome Venezia a la sviluppava alla svelta e la 320mila come Venecia, termine spagnolo, ma vendeva ai due maniera qualemassa sia il iltotale rubricate comepiccioncini. Perdite non certo onpoco. Ma semiseria, dà l’idea della fatto delle che afoto un nome univoco, non solo, per indicare la città lagunare. Dalla compensate dalle ndo, dallodiswahili all’urdu. E alla altrettanto impossibile la pretese artistiche sottese alle 11milioni scatti.arrivano Insomma, «mania Kodak» immense si èscremare aggiunta Germania oltre 4 milioni di Venedig pinacoteche scorci della città da quelle abbinano al nome Venezia a virtuali. «La nostra epoca .o Per mostrare il proprio scattoche dei perfetti mentre gli oltre 5 milioni di aVenise non sonosconosciuti. è segnata da«La un eccesso di creatività che vale anno Ma dà l’idea della massa il fatto che a un nome univoco, d èpoco. sicuramente di visto quelle solo mademeglio in France, chemalinconiche Venezia si dice teste che impagliate per le sedi più istituzionali dell’arte – taglia 11milioni di scatti. Insomma, alla «mania Kodak» si è aggiunta ggiunge Zecchi – in Loaltre scopo quindi è tanto agli così anche lingue. Ma da non Google saltanodi mostrarlo corto Vittorio Sgarbi – Magari la possibilità di e.séPer mostrare il proprio scatto a dei perfetti sconosciuti. «La fuori anche 716mila foto nominate come Velence, caricarla su internet, stessi, che ho avuto davvero quell’esperienza. Il meccanismo con la fruizione immediata ed è sicuramente meglio dicartoline quelle malinconiche teste impagliate cioèalla Venezia indelle ungherese, 209mila sull’Iphone, è condizione generante, nel senso ello che era base che Venetsia, si spedivano agli amici. dalle fredde foreste finlandesi, e persino 25mila che scatto la foto proprio perché so che posso aggiunge Zecchiper – Lo scopo quindi è tanto di scolastica. mostrarlo Le agli o, erano quelle i genitori quandonon si era in gita Feneyiar dalla remota Islanda. Pari cioè al dieci pubblicarla in rete». Ed è proprio per questo a sé astessi, checihosi avuto davvero quell’esperienza. Il meccanismo che Venezia era abitanti stati». per cento degli di quell’isola artica. E motivo che questa rivista si sofferma su scatti di che era base delle cartoline che si agli amici. auello pellicola e ilalla mondo ruotava intorno al spedivano nitrato professionisti d’argento, ha vanno ben oltreche il doppio degli stessi residenti e artisti della fotografia veneziana do,un erano quelle per lei genitori quando si eratermiin gitaescolastica. Le era tipico Quello dello “scattino di sulla piazza”, dellalavoro Lagunaveneziano. foto caricate utilizzando non fotocrazia che domina l’immagine che a Venezia ci si era stati». veneziani Venexia (69.900)dio Venessia città. (Pl.T.) e scattavani la fotina come ai due fidanzati fronte alladella Basilica, la la pellicola e il mondo che ruotava intorno al nitrato d’argento, ha a ai due piccioncini. Perdite non certo compensate dalle pretese era un tipico lavoro veneziano. Quello dello “scattino di piazza”, nacoteche virtuali. «La nostra epoca è segnata da un eccesso di he scattava la fotina ai due fidanzati di fronte alla Basilica, i più istituzionali dell’arte – taglia corto Vittorio Sgarbi – Magarila

Lampi nel cielo e luci riflesse sul Canal Grande; la laguna offre straordinari effetti di luce per quei fotografi capaci di coglierli

In alto: uno scorcio surreale di Canal Grande a Venezia all’arrivo di un temporale (foto di Manuel Silvestri)


R&S ENGINEERING

e-mail: res@studiores.it - www.studiores.it

PROGETTI DI RESTAURO


fotografi e idee: xxxxxxxx Renato D’Agostin

nuove geometrie per venezia di chiara bortolato Come ha giustamente scritto il giornalista americano Conor Risch nel suo recente articolo Venice Rediscoved pubblicato nel numero di gennaio della rivista Photo District News, ci vuole una buona dose di fiducia nei propri mezzi, e di coraggio aggiungerei, a scegliere un soggetto fotografato un’infinità di volte in un’infinità di modi e dichiarare, per giunta, di poterne ricavare qualcosa di diverso. Renato d’Agostin, come testimoniano i suoi scatti, c’è riuscito. Nato a San Donà di Piave ventotto anni fa, Renato comincia la sua carriera fotografica nel 2001; dopo aver frequentato l’Istituto Italiano di Fotografia a Milano si reca, nel 2005, a New York per partecipare ai corsi del Centro Internazionale di Fotografia che ha sede nella metropoli americana, dove si trasferisce definitivamente. In breve tempo diventa l’assistente di uno dei più importanti fotografi americani di fama internazionale, Ralph Gibson, dove perfeziona la tecnica del bianco e nero, processo che enfatizza il tono surreale che Renato cerca nei suoi scatti, oltre a permettergli di avere il controllo totale nella fase di sviluppo e stampa in camera oscura, parte fondamentale dell’approccio alla fotografia di D’Agostin. Dal 2007 al 2009 lavora a Tokio Untitled ed a Metropolis, suggestivi ritratti di città esplorate nel loro rapporto con gli elementi umani e architettonici, progetti fotografici che Renato presenta in alcune delle più importanti gallerie del mondo: la Galerie Photo 4 a Parigi, la Leica Gallery di New York, il Leica Ginza Salon di Tokyo e il Centro Internazionale di Fotografia di Milano. Con il suo ultimo lavoro, The Beautiful Cliché, D’Agostin ritorna a Venezia con l’intento di “riscoprire la magia, il mistero, l’emozione di questa città, che credo si sia persa nel tempo” afferma il fotografo veneziano. “Siamo stati letteralmente invasi -aggiunge- dalla produzione industriale di cartoline e di riproduzioni di Venezia: spero che le giovani generazioni, nell’osservare i miei scatti, possano cominciare ad esplorare Venezia da un punto di vista diverso”. La sensazione di fronte alle fotografie di D’Agostin è quella di essere spettatori silenziosi di scene di deliziosa vita quotidiana degli anni Trenta. Quelle di The Beautiful Cliché- Venezia sono comunque testimonianze indelebili di vita, costruite su un’architettura immaginaria irrinunciabile composta da un ritmo slow, dalle convenzioni (mai banali), dai singoli ritratti e soprattutto dalla bellezza, motore d’arte dinamico fondamentale. “Una domenica, tra le calli di Venezia, ho iniziato a guardare a come gli elementi nella strada, in diversi attimi, assumessero forme e creassero intersezioni interessanti e di soddisfazione per il mio occhio, sempre più curioso”. Il viaggio di Renato nella Venezia (quasi) natia riporta l’osservatore alla dimensione quotidiana ma al contempo surreale di una realtà unica; gli stucchi, le gondole (appena accennate), la vitale laguna sono colte nei loro ruoli principali, protagoniste di una bellezza colta sapientemente nella sua eterna istantaneità. Renato ne ha saputo cogliere l’energia, le luci e le ombre, attrici predominanti nella costruzione della ricerca artistica e umana, condotta con innata sensibilità e talento. “C’è di certo un forte carattere compositivo e grafico in tutta la mia fotografia. Mi piace lo studio della forma delle cose e la relazione che si può costruire tra le loro

In alto: una visione inedita del campanile di San Marco; sopra: il fotografo Renato D’Agostin fotografato da David Kregenow

linee, a loro insaputa. Agisco come un voyeur, cerco linee che vanno ad intersecarsi. Vedo le mie fotografie come immagini di spazio, solitudine, architettura, introspezione, silenzio”. Attraverso un sapiente uso delle Leica M6 e M7, gli scatti della città lagunare si presentano all’osservatore come specchi introspettivi che raccontano realtà moderne tramite un filtro surreale, realtà riprodotte attraverso il un uso versatile del bianco e nero e dell’esposizione. La pubblicazione del catalogo di The Beautiful ClichéVenezia (Silvana Editore, disponibile in tutti i Paesi da marzo 2012) ha accompagnato, grazie alla collaborazione e al sostegno dell’associazione culturale Venetian Heritage, la vernice della personale di Renato D’Agostin ospitata presso la Chinese Company di New York.


Semplicemente ...

CAR NE VA LE foto di FULVIO ROITER


Una romantica Venezia, avvolta nella nebbia l’ isola di San Giorgio


Il Carnevale di Venezia Foto di Fulvio Roiter


I

Il Carnevale è sempre una festa che un poco ci sorprende. Non si fa a tempo a sbocconcellare l’ultima briciola di panettone che già sui banchi del fornaio di fiducia compaiono le prime frittelle. A Venezia poi, dove la tradizione è molto sentita, le maschere in realtà le si possono incrociare anche a Ferragosto: qualche bambino che non ha saputo resistere al travestimento con un cappello da gondoliere o da capitano, qualche gruppo di ragazze che vuol provare il gusto della seduzione dietro ad un guscio sapientemente realizzato in carta pesta, gioielli sbrilluccicanti e piume di struzzo, qualche lavoratore che promuove teatri o concerti in costume tipico settecentesco. Anche i temi portanti del Carnevale di Venezia vengono anticipati quando ancora le temperature sono ben lungi da essere quelle invernali di questi giorni per favorire i tour operator che così possono vendere i pacchetti promozionali . E così quando il Carnevale arriva, almeno per chi in laguna ci sta un anno intero, non trova mai nessuno impreparato. E da qui in avanti L’illustre vi accompagna in un lungo reportage tra i mille volti del Carnevale: quello storico, con un excursus sul giovedì grasso; quello tradizionale, con un viaggio tra gli artigiani delle maschere; quello dei gran balli, con un dietro le quinte eccellente dedicato al Ballo della Cavalchina. Infine, anche se è la prima cosa che vi serviamo in tavola, un viaggio tra le immagini inedite del Carnevale di Venezia visto dall’occhio di Fulvio Roiter che da questo numero in avanti ci onorerà della sua collaborazione. Il tema centrale di questo Carnevale 2012 è “La vita

è teatro! Tutti in maschera”: una sorta di grandissima teatralizzazione della vita con Venezia come capitale. Storicamente il Carnevale in laguna, dal Cinquecento alla fine della Repubblica Serenissima, coincideva con la stagione teatrale e spettacoli che avevano il culmine, non solo nei teatri al coperto, ma anche nelle piazze. Attenzione puntata dunque quest’anno alla valorizzazione della città con apertura dei luoghi connessi all’epopea dello spettacolo veneziano, attraverso un ricco programma di show, concerti musicali, recital e rappresentazioni diffuse nei palazzi storici, nei campi e nelle calli, oltre che nei teatri. Palcoscenico principale è in Piazza San Marco dove è stato collocato il Gran Teatro, una struttura scenica che riproduce le grandi machine teatrali del passato, set dei principali eventi ‘carnascialeschi’: Il volo dell’Angelo, la Sfilata delle Marie ed il concorso della Maschera più bella. “Il Carnevale - sottolinea Davide Rampello, direttore artistico della manifestazione - è una grande opportunità di coinvolgimento di tutte le istituzioni culturali della città. Siamo convinti che l’aspetto qualitativo della manifestazione sia fondamentale per coinvolgere il pubblico. Vogliamo creare un evento dove ciascuno, dal turista al veneziano possa esprimere la propria creatività, e diventarne quindi protagonista non viverlo da spettatore”. Dopo la buona esperienza del 2011 l’organizzazione ha voluto confermare il prologo al Carnevale che quindi apre i battenti nel week-end del 4 e 5 febbraio con il Gran Brindisi alla Fontana del Vino, prima, e con la Festa Veneziana sull’acqua prevista per domenica. (D.P.)

La città di Venezia diventa un grande teatro “open air” con rappresentazioni continue e diffuse in ogni sestiere cittadino; uno spettacolo teatrale dentro al quale ognuno potrà sentirsi protagonista celato dietro ad una maschera

gli eventi principali del Carnevale di Venezia Sabato 4 febbraio Piazzetta San Marco, dalle ore 18.00 Il Gran Brindisi alla fontana del Vino. Si inaugura il Carnevale con un gran brindisi alla fontana del vino, con le maschere, i costumi e le danze tradizionali. Domenica 5 febbraio Rio di Cannaregio, dalle ore 12.00 La Festa Veneziana sullʼacqua. Il corteo acqueo del Coordinamento Associazioni Remiere navigherà lungo tutto il Canal Grande sino a giungere nel Rio di Cannaregio. All’arrivo delle barche si apriranno gli stand eno-gastronomici, che offriranno cicheti, specialità veneziane e i dolci della tradizione del Carnevale. Sabato 11 Febbraio Da San Pietro di Castello a Piazza San Marco, dalle ore 14.00 alle ore 17.00 Corteo delle Marie e Festa delle Marie in Piazza San Marco. Il tradizionale corteo delle Marie parte da San Pietro di Castello alle 14.00 e giunge in Piazza San Marco verso le 16.00, dove le 12 ragazze scelte sfilano accompagnate dal corteo storico.

nante e seguitissimo volo di un ospite segreto della città di Venezia, dalla cima del campanile di San Marco sino al centro della piazza. Accompagna l’evento il Corteo Storico del Doge e i gruppi mascherati in costume. Gran Teatro di Piazza San Marco, dalle ore 19.00 alle 23.00 La Notte dellʼAngelo: grande Festa in piazza per celebrare lʼevento più importante del Carnevale, saranno presenti sul palco le madrine delle ultime due edizioni. Martedi 14 Febbraio Gran Teatro di Piazza San Marco, dalle ore 19.00 alle 23.00 Festa degli innamorati: una serata romantica da trascorrere in Piazza San Marco con la musica dellʼamore. Ci sarà la possibilità di dedicare i propri messaggi, che verranno proiettati sul maxi-schermo in piazza San Marco, e di salire sul palco e dedicare a richiesta, al proprio partner, la canzone che vi ha fatto innamorare.

Gran Teatro di Piazza San Marco, dalle ore 19.00 alle 23.00 Inaugurazione Festival del Carnevale con dj set ed Happy Hour nellʼarea Lounge.

Giovedi 16 Febbraio Gran Teatro di Piazza San Marco, dalle ore 19.00 alle 23.00 La notte del Paese di Cuccagna: una serata dʼemozione secondo la tradizione più antica delle feste di piazza. Qual è la Cuccagna di oggi? Quali i desideri del pubblico per un mondo di Cuccagna? Una grande festa per dare il via alla settimana Grassa come in un immaginario Paese di Cuccagna.

Domenica 12 Febbraio Gran Teatro di Piazza San Marco, ore 12.00 Il “Volo dell’angelo”, tradizionale reminescenza dell’omaggio portato al Doge, propone l’emozio-

Sabato 18 Febbraio Gran Teatro di Piazza San Marco, dalle ore 19.00 alle 23.00 Gran Ballo di Carnevale: un grande spettacolo dedicato

alla musica di tradizione per far ballare il pubblico secondo i più gloriosi Fasti dei Palazzi Veneziani. Lunedì 20 Febbraio Carnival Culture Night: il Carnevale e le istituzioni culturali veneziane nella “notte della cultura”. Martedi 21 Febbraio Gran Teatro di Piazza San Marco, dalle ore 17.00 Cerimonia di premiazione della Maria vincitrice del Carnevale 2012 Gran Teatro di Piazza San Marco, dalle ore 19.00 alle 23.00 Mardi Gras: il Gran finale del Festival del Carnevale: una serata di grande spettacolo con musica dal vivo, perfomance artistiche, marching band e sfilate di figuranti in costume, per festeggiare la fine del Carnevale secondo la sua chiave più caratteristica: la Follia. Da Rialto a San Marco, da mezzanotte La Vogata del Silenzio: il Carnevale si chiude simbolicamente con la Vogata del Silenzio, con un corteo di gondole silenziose che dal Ponte di Rialto raggiungono navigando il Bacino di San Marco. Quando il corteo raggiunge Punta della Dogana il simbolico Toro che per tutto il Carnevale era rimasto ormeggiato in Bacino, prende il largo su una chiatta verso il mare e prende simbolicamente fuoco con uno spettacolo pirotecnico che saluta il Carnevale. Il programma completo del Carnevale di Venezia 2012 è scaricabile su: www.carnevale.venezia.it



Il Carnevale di Venezia Foto di Fulvio Roiter



Il Carnevale di Venezia Foto di Fulvio Roiter



Il Carnevale di Venezia Foto di Fulvio Roiter


Il Carnevale di Venezia Foto di Fulvio Roiter


Il Carnevale di Venezia Foto di Fulvio Roiter


Il Carnevale di Venezia Foto di Fulvio Roiter


Una festa sospesa tra leggenda e realtà

ALLE ORIGINI DEL GIOVEDì GRASSO

di federico moro Il Carnevale lagunare si è conquistato da trecento anni fama mondiale. Uno dei suoi momenti cruciali è rappresentato dal giovedì grasso. La ragione per festeggiare in modo speciale l’appuntamento è legata a un avvenimento al solito sospeso tra realtà e leggenda. È necessario fare un passo

indietro nel tempo. Sin dall’invasione longobarda nel VI secolo, l’area delle lagune venete diventa zona di frontiera. Qui, infatti, corre il limes bizantino, linea tutt’altro che immaginaria che divide l’al di qua dall’altrove del mondo ancora convinto d’essere romano.


Nella Terraferma, ormai in mano ai nuovi signori germanici, è rimasta l’antico capoluogo della X Regio Venetia et Histria, la città di Aquileia, sede episcopale che fa risalire la propria fondazione a una missione partita da Alessandria d’Egitto: secondo il Mito, opera dello stesso evangelista Marco. In laguna, per la precisione nella settentrionale Grado, si è rifugiato il patriarca Paolino, trasferendosi con il suo intero seguito. L’anno è il 568. Lo scontro diventa anche religioso. Ad Aquileia, infatti, s’installa un secondo patriarca, filo-longobardo, e da questo momento la lotta riguarda entrambi i fronti, politico e spirituale. Cinque secoli più tardi, i Longobardi sono ormai scomparsi, ma rimangono le conseguenze della frattura lungo la costa alto-adriatica. Venezia è libera Repubblica e Grado è finita nella sua orbita, un pugno nello stomaco per il signore feudale di Aquileia. Patriarca a sua volta di una diocesi che, a dispetto dell’amputazione lagunare, per estensione è la maggiore dell’Europa medievale e in quanto votato a una doppia obbedienza, imperiale ed ecclesiastica, con parecchie ragioni per odiare la ribelle e troppo laica città anfibia. Nel 1161 sulla cattedra patriarcale di Aquileia sale un nobile tedesco dalle idee precise, Ulrich II von Treffen ovvero Ulrico di Treven. L’uomo è convinto di poter recuperare con l’aiuto della nobiltà friulana terre e prestigio sottratti da Grado e quindi finiti a Venezia. Il momento, del resto, è propizio. Dal 1156 indossa la zoia, simbolo dell’autorità dogale, Vitale II Michiel. Nobile, ha sposato una normanna, Felice Maria figlia di Boemondo principe di Antiochia in Siria, ed è l’ultimo nominato dalla Concio, la tumultuosa assemblea popolare cui, in teoria, partecipano tutti i veneziani. Il suo successore, Sebastiano Ziani, sarà eletto nel 1172 da un collegio elettorale ristretto di 11 membri. Nel 1178, poi, all’elezione di Orio Mastropiero avviene un primo cambiamento: gli 11 ne scelgono 40 cui spetta la nomina effettiva. Il meccanismo in seguito è sottoposto a continui aggiustamenti e modifiche, mantenendo però la filosofia di base. Alternanza di votazioni e balotagi, cioè sorteggio casuale attraverso l’uso di balote ovvero palle colorate, per una selezione dei candidati che toccherà il numero di ben dieci passaggi. Vitale II Michiel è uomo dall’importante attività edilizia. Nell’area marciana è lui a disporre l’interramento del rio Batario, primo passo verso la creazione dell’attuale Piazza, e a indicare Niccolò Barattieri e Bartolomeo Malfatti per il completamento, con la cella superiore, del campanile. Faro non più solo notturno, per via dei fuochi accesi a indicare la direzione ai naviganti, ma ancor più diurno, in virtù dell’altezza e della copertura in lamiere dorate su cui si riflettono i raggi solari. È un dogado di grandi trasformazioni politiche. In Oriente infuria il confronto con Genova che, dal 1157 in virtù di una concessione dell’imperatore Manuele I Comneno, ha un proprio quartiere a Costantinopoli. La rivalità commerciale, finora ristretta a Pisa dopo la definitiva decadenza di Amalfi, si allarga ai concorrenti liguri, pronti a diventare gli avversari principali dei prossimi anni. In Occidente, l’Italia è squassata dal confronto tra Milano e i Comuni suoi alleati contrapposti all’imperatore Federico I Hohenstaufen, il Barbarossa. Guerra lunga e complessa, in cui Venezia tenta di mantenere una posizione di pericolosa equidistanza. Nel 1162, rasa al suolo Milano l’1 di marzo, Barbarossa mette alle corde Venezia. Isolata da qualunque possibilità di ricevere aiuti, attaccata dai rivali di Terraferma, specie veneti, con mille problemi in Oriente, la città lagunare sembra indebolita a sufficienza. L’anno dopo, Ulrich II von Treffen patriarca di Aquileia attacca. L’offensiva è

condotta con il supporto dell’”obbedienza imperiale” del Friuli. Azione energica e ben congegnata, che provoca l’immediata fuga verso sud del patriarca gradense, non a caso veneziano e con un nome impegnativo: Enrico Dandolo. Si tratta dello zio del grande doge creatore nel 1204 dell’impero marittimo veneziano. È stato eletto patriarca alla morte di Giovanni VII Grimani, altro figlio della Serenissima con l’abitudine di risiedere in pianta stabile nella città natale. Dandolo, però, compie un altro passo. Su un terreno regalatogli dal facoltoso Bernardo Corner, costruisce il suo nuovo palazzo a Rialto, sestiere di San Polo, parrocchia di San Silvestro. E questa chiesa diventa, nel 1177, la sede religiosa del patriarcato per concessione del papa, il senese Alessandro III. La minaccia portata da Urlich II è gravissima, Venezia non può restare a guardare. La rapidità della risposta è altrettanto decisiva dell’efficacia. Nessuno deve pensare di portarsi via impunemente pezzi della sovranità veneta. Per fortuna dei concittadini, nel XII Secolo al timone della Repubblica ci sono uomini decisi. La flotta viene armata e fatta salpare seduta stante. L’operazione di riconquista ha pieno successo, la forza navale di Urlich II è spazzata via, Grado ripresa, il patriarca catturato vivo con dodici canonici tra i più importanti. I prigionieri sono spediti nelle segrete stanze di Palazzo Ducale via mare e, intanto, le truppe anfibie di San Marco proseguono nella rappresaglia. Per la nobiltà friulana, sedotta dall’illusione di una facile passeggiata, il risveglio è dei peggiori. C’è chi ci rimette terreni e proprietà, qualcuno anche il castello, altri la vita… Venezia non perdona, non è magnanima e restituisce i colpi moltiplicati. Non sarebbe durata mille e trecento anni altrimenti. Il messaggio è chiaro. Al danno, per il povero Ulrich II segue la beffa. Una lezione è efficace se non viene dimenticata. Grazie ai buoni uffici del papa, il patriarca è liberato con i suoi canonici. Ripristinata la situazione precedente, però, Venezia pretende un particolare tributo annuo: dodici pani e dodici maiali. Questi sono processati e condannati a morte dal Magistrato del Proprio il giorno di giovedì grasso, detto anche de la cazza o “caccia”, ricorrenza della vittoria. In epoca successiva, le carni macellate sono distribuite ai Pregadi o Rogati (Senatori), il pane ai carcerati. Una divisione piuttosto singolare. Si aggiunge poi un toro, anche se a quanto pare l’origine del suo sacrificio si deve attribuire a un diverso e non chiaro motivo. La festa continua dentro Palazzo Ducale, dove il doge in persona guida il proprio seguito nella Sala del Piovego, cioè del Pubblico in lingua veneta, per la parte conclusiva: l’abbattimento con delle verghe di riproduzioni in legno dei conquistati castelli friulani. In questa stesso luogo ha sede l’omonima magistratura che si occupa del patrimonio demaniale e viene esposto al lutto collettivo, per tre giorni, il corpo del doge dopo la sua morte. Tributo e “caccia” proseguono senza interruzioni fino al 1420, anno in cui ha termine il potere temporale dei patriarchi di Aquileia. Da qui al 1523, però, la tradizione è tenuta viva a spese dell’erario. Ci pensa il doge Andrea Gritti a sopprimerla. L’importanza simbolica dell’evento, però, è tale che a reintrodurla ci pensa il Consiglio dei Dieci. Con decreto 9 febbraio 1594 la affida a una magistratura specifica, gli Ufficiali delle Razon Vechie, perché ne limiti gli eccessi. Niente più maiali, quindi, e neppure demolizione dei castelli di legno, si mantiene in compenso la visita del doge alla Sala del Piovego. Perso il significato originario, alcune delle novità introdotte nell’occasione sono però destinate a grande fortuna. Le vedremo in una prossima occasione…

La tradizione del giorno della ”caccia” (così era anche denominato il Giovedì Grasso) venne sospesa dal Doge Andrea Gritti; a reintrodurre l’evento il Consiglio dei Dieci alla fine del 1500


prove d’artista per una foto straordinaria

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4 di fulvio roiter

Subito la verità. Queste immagini sono state realizzate non durante il Carnevale, ma il giorno dopo, e cioè il mercoledì delle Ceneri, sul filo di un azzardo che ha dell’incredibile. Ma procediamo con ordine. A baldoria conclusa, verso le due del mattino comincio’ a nevicare. Alle nove il tappeto bianco copriva tutto di silenzio e di magia. Venezia, vista dalla motonave che mi portava dal Lido a San Zaccaria, appariva come un miraggio avvolto nella garza. Sono come invasato per l’eccezionalità dell’avvenimento e scatto a raffica su ogni cosa che vedo. Alle undici salgo sul campanile: la visione è emozionante, punto l’obiettivo sulle cupole della basilica di san Marco ma la macchina non risponde più, non funziona. Mi accorgo che la batteria è esaurita. Inviperito scendo veloce e corro verso un negozio di fotografia sotto le procuratie Nuove. Sto per fare il primo gradino - ce ne sono tre - quando vedo sfrecciarmi davanti agli occhi due gigantesche ombre nere, le due maschere! Hanno fretta, le inseguo e chiedo loro di sostare qualche minuto Piazza: giusto il tempo di avere la macchina efficiente. La loro impazienza mi rende nervoso. E infatti scelgo male lo sfondo, quello delle Procuratie Vecchie, incrostato di patina scura: costumi neri su fondo quasi nero, un’assurdità. E come se ciò’ non bastasse le due maschere hanno l’aria imbranata (foto 1). Allora cerco di animarle, smuoverle invitandone una a sollevare un braccio in modo da evidenziare la merlettata bassa del vestito (foto 2). Va un po meglio, ma siamo lontani da quello che ho in testa. Decido di metterle una accanto all’altra a braccia sollevate. Quasi ci siamo, resta solo il problema dello sfondo (foto 3) che non permette lo stacco, la profondità di cui ho bisogno. Allora le faccio venire al centro della Piazza con l’ala Napoleonica alle spalle: ed è proprio quello che ci vuole. Mi rendo subito conto che ho davanti a me una scena straordinaria, irripetibile. Quindi calma, non posso, non devo sbagliarla per l’emozione. La messa a fuoco deve essere perfetta col 90 mm - sarà perfetta - ma occorre un altro piccolo accorgimento: l’esposizione andava fatta sul nero dei vestiti e non sull’architettura in modo che le maschere acquistassero l’evidenza plastica voluta. Voltiamo pagina e ci siamo. Si, è tutto ok, ma adesso a risultato raggiunto vorrei fare una piccola considerazione: per quali vie misteriose mi si scarica la batteria in alto sul campanile in modo da spingermi giù in Piazza e - sul filo di un sincronismo impressionante, giocato su pochissimi secondi - farmi trovare davanti le due maschere impazienti di rientrare a casa il mercoledì delle ceneri? (a questa domanda ancora non è stata data una risposta ma la fotografia, che vedete nelle pagine successive, è diventata uno dei simboli del carnevale in tutto il mondo, ndr).



Il Carnevale di Venezia Foto di Fulvio Roiter


Il Gran Teatro apre alla stagione del Carnevale

tempo di fenice


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di LUISA DE SALVO

Più che rinascere dalle sue ceneri, in occasione del Carnevale di Venezia, la Fenice spicca il volo e si esibisce in un quadruplo salto carpiato tra le volute di una festa che quest’anno con il titolo “La vita è teatro. Tutti in maschera” desidera omaggiare in tutte le sue forme la più perfetta rappresentazione di spettacolo. Si inizia con due appuntamenti lirici, tutti intrisi di raggiri ed equivoci. Al Teatro La Fenice Damiano Michieletto, dopo il notevole apprezzamento ricevuto dal Don Giovanni e da Le Nozze di Figaro, firma anche Così Fan Tutte, il terzo titolo della trilogia di opere italiane scritte da Mozart su libretto di Lorenzo da Ponte. Per le otto recite previste tra febbraio e marzo la direzione dell’Orchestra del Teatro è affidata ad Antonello Manacorda, ormai “di casa” a Venezia, così come parte del cast (Markus Werba, Marlin Miller ed Elena Monti). Così fan tutte, ritenuta scandalosa dopo le prime rappresentazioni, è oggi considerata dagli intenditori come una fra le migliori opere di Mozart: una commedia di costume perfidamente seducente ed erotica nell’inganno e nell’autoinganno amoroso per entrambi i sessi. Il segreto della sua immortalità consiste proprio nella magia della musica mozartiana, nella storia intrigante di una scommessa pericolosa, che scopre tutta la fragilità dell’essere umano facendo vacillare la stabilità dei sentimenti. Il Teatro Malibran festeggia il suo Carnevale con L’inganno Felice, la terza opera semiseria (dopo La cambiale di matrimonio e L’equivoco stravagante) di Gioacchino Rossini, rappresentata con grande successo per la prima volta nel 1812 nel Teatro San Moisè (“Aver non poteva esisto più fortunato”, scrive il “Quotidiano Veneto” dell’11 gennaio 1812). Primo dei lavori allestiti nell’ambito del progetto “Atelier della Fenice al Teatro Malibran”, l’opera rossiniana, diretta da Stefano Montanari per la regia di Bepi Morassi, va in scena il 10, 12, 15, 17 e martedì grasso 21 febbraio (con altre quattro repliche il 25 e 29 febbraio e il 2 e 4 marzo). Nonostante il sottotitolo di “farsa”, l’atto unico de L’inganno felice si basa su una vicenda tragica tipica delle piéces à sauvetage ed ormai fuori moda, in cui il dramma della separazione tra due amanti viene temperato dall’intervento di due personaggi comici, orientando l’intreccio verso il genere semiserio. Soggetto dell’operina è infatti la separazione della duchessa Isabella dal duca Bertrando, suo marito, a causa dei maneggi del malvagio Ormondo. Attorno alla coppia si muovono i personaggi comici di Tarabotto e Batone, mentre la vicenda, che si svolge presso le “cave oscure” di una miniera, è risolta dall’irrompere sulla scena buia del duca scortato dai soldati, che arrestano il malvagio Ormondo e sventano così il rapimento di Isabella. Sabato e domenica grassi (18 e 19 febbraio), sempre al Teatro Malibran, si tiene il concerto sinfonico Musica sull’acqua e Quattro stagioni, con lo stesso Stefano Montanari impegnato nella doppia veste di direttore e violino solista in un programma barocco comprendente la Water Music di Georg Friedrich Händel, un Concerto grosso di Pietro Antonio Locatelli, la Suite per orchestra n. 2 di Johann Sebastian Bach e i quattro concerti per violino, archi e continuo Le quattro stagioni di Antonio Vivaldi. A confermare le attese degli habitués, ma anche dei novizi arriva il gran ballo in maschera della Cavalchina, evento culminante

Saranno otto le repliche del Così Fan Tutte, titolo della trilogia di opere italiane firmate da Mozart, nell’ambito della programmazione carnevalesca del Carnevale, che trae le origini dalla tradizione veneziana del XVIII e XIX secolo, poi ripresa con grande successo dal 2007 e giunta dunque alla sua sesta edizione. La notte del 18 febbraio, sabato grasso, la magia carnevalesca trasforma la platea del Teatro La Fenice in un’elegante e raffinata sala da ballo, nella quale si svolge una festa privata elegante e spettacolare animata da artisti d’eccezione, cui partecipa un numeroso pubblico internazionale. Terminati i giorni del Carnevale, nell’ambito della stagione sinfonica, il Teatro La Fenice ospiterà mercoledì 22 e giovedì 23 febbraio il Concerto delle Ceneri diretto da Antonello Manacorda. Il programma prevede una nuova commissione nell’ambito del Progetto contemporaneo e le Sinfonie n. 1 e n. 2 di Beethoven. A seguire di nuovo al Teatro Malibran, venerdì 24 e domenica 26, il giovane maestro palermitano Gaetano d’Espinosa dirige un secondo concerto con un’altra nuova commissione del Progetto contemporaneo, la Suite per orchestra n. 4 di Bach e la Sinfonia KV 551 Jupiter di Mozart.

Il Maestro Antonello Manacorda, terminato il Carnevale dirigerà il Concerto delle Ceneri il prossimo 22 e 23 febbraio


Parla il Re del Ballo della Cavalchina

le doppie vite di matteo corvino


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«Sono dei Pesci, segno doppio» ricorda sornione mentre i suoi due cani, Tasso e Tancredi, gli fanno festa. Doppio come le sue attività, quella di interior designer e, soprattutto, quella di organizzatore di eventi. Che ha fatto legare il suo nome al Gran Ballo della Cavalchina, storico appuntamento di chiusura del Carnevale che organizza dal 2007. Ma anche alla rutilante festa per il matrimonio celebrato da una coppia di miliardari indiani qualche mese fa a Venezia. Che con un costo di almeno 20 milioni di euro, secondo le cronache, batterebbe ogni record di sfarzo per un rito nuziale. E ha organizzato inoltre il veglione per il Capodanno del 2000 alla reggia di Versailles e la festa per l’apertura, da parte di Pinault, di Palazzo Grassi. Doppio è anche il suo nome. Da una parte c’è quello vero, Dino Scandiuzzi, col quale lo ricordano gli amici di vecchia data. Dall’altra quello d’arte con cui lo conoscono tutti gli altri: Matteo Corvino, lo stesso del truce re ungherese noto per aver fatto fuori Vlad l’Impalatore, passato agli onori della letteratura come il Conte Dracula. «Non c’entra nulla – smentisce bonario – semplicemente mi fecero scegliere uno pseudonimo quando facevo l’attore e ripresi il cognome di mia madre». E i trascorsi giovanili di attore, con una buona presenza in teatro e qualche ruolo in film di registi di nome, sono parte di una serie di doppie vite, tutte sotto il segno dell’arte. Penso possa andare orgoglioso del fatto che il ballo della Cavalchina, rinato da pochissimi anni, faccia già parte della tradizione veneziana… Sì, però c’è da ricordare che la Cavalchina é un evento storico. Serate con questo nome si svolgevano nell’Ottocento a Parigi, Londra, Vienna. Pare che l’etimologia possa derivare da un ballo che evidentemente furoreggiava ai tempi, qualcosa di analogo a una polka il cui ritmo potrebbe ricordare una cavalcata. Comunque sia

il più noto ballo della Cavalchina era già ai tempi quello veneziano. Certamente è l’unico assurto a dignità letteraria grazie a una nota di Lord Byron che ricordava quando era andato al ballo della Cavalchina alla Fenice. Quale sarà il tema di quest’anno? Ci ispireremo all’opera in cartellone in quel momento che è “Così fan tutte” di Mozart il cui sottotitolo è “la scuola degli amanti”. Perciò il tema potrebbe essere “La scuola degli amanti ossia il gioco degli scambi di coppia”. È un tema che ha il vantaggio di essere trasversale, come lo sono stati le “Coppie impossibili” o “Le belle e le bestie” lo scorso anno. Il tema non può essere mai troppo rigido perché molti dei partecipanti al ballo iniziano mesi prima a preparare i costumi. E invece quanto tempo prima parte la macchina organizzativa per realizzare la serata? L’anno scorso tutto é stato realizzato in due mesi e mezzo. È difficile iniziare prima anche perché una parte della programmazione è legata alla presenza delle star, e nessuna di esse può assicurare la sua presenza con anticipi maggiori. Ogni volta bisogna vedere chi non é in tournée, chi non é a Sanremo. Poi la Cavalchina si svolge in un teatro che per un ballo non può interrompere più di tanto la sua programmazione. Perciò una delle maggiori difficoltà sono i tempi strettissimi di allestimento e soprattutto di prova. Di fatto si prova solo ingresso e uscita. Quali le altre difficoltà nel trasformare La Fenice in una sala da ballo per una sola notte? Non ci dimentichiamo che la Cavalchina è un evento di fund raising, deve raccogliere fondi per La Fenice, e quindi deve costare il meno possibile. La Cavalchina, quindi, é anche una risposta al continuo calo dei fondi per la cultura. E vado orgoglioso del fatto che sostenga la Fenice che è

A sinistra Matteo Corvino ritratto dal nostro fotografo nella sua casa veneziana; sopra: la cantante Skin, entra cavalcando un destriero bianco nel cuore del Teatro La Fenice, ospite al Ballo della Cavalchina


La mia prima passione è stata la recitazione, a seguire ho cominciato, quasi per caso, a occuparmi di interior design e poi, quando mi sono trasferito a Parigi, ho cominciato con l’organizzare eventi

l’unica istituzione culturale di prestigio attiva a Venezia per tutto l’anno. La Biennale é sporadica, la Mostra del Cinema dura due settimane e forse dovrebbe avere anche un’immagine più glamour. La Fenice invece é presente sempre e per questo é ancora di più da tutelare. Questo dà la misura quindi, della difficoltà maggiore: coniugare una qualità che sia all’altezza di una tale istituzione culturale con la necessità di raccogliere fondi. Nell’organizzazione del ballo, poi, non ci possono essere buchi nella programmazione perché non può esserci un presentatore a coprirli. Gli ospiti, infatti, sono di varie nazionalità e sarebbe insopportabile non capire quello che dice presentatore o doverlo tradurre.

redato il mio appartamento, era piaciuto e qualche amico iniziò a chiedermi di arredare il suo.

Laurea in architettura, trascorsi da attore, interior designer… come è approdato all’organizzazione di eventi? Per caso, per gioco. La prima passione in effetti è stata la recitazione. Già quando ero al Liceo Artistico ho frequentato l’Avogaria e ho continuato con il teatro anche dopo che i miei mi avevano obbligato ad iscrivermi ad Architettura. Ho lavorato in teatro con Pupella Maggio, o nell’ultimo lavoro di Romolo Valli insieme a un giovane Fabrizio Bentivoglio. Ho fatto cinema. Sono stato protagonista in un film di Damiano Damiani in cui facevo la parte di un giovane mitomane divenuto terrorista. L’ultimo film che ho fatto è stato “Il diavolo sulle colline” di Vittorio Cottafavi, nel 1985, tratto da Pavese e che andò a Cannes. Intanto vivevo a Roma e a tempo perso avevo ricominciato con l’architettura come interior designer. Mi ero ar-

Da Parigi a Venezia. Come è tornato a casa? Avevo organizzato nel giugno 2003 una serata di gala a Versailles, dove avevo già organizzato il Capodanno del 2000, in cui si annunciava la riapertura della Fenice il successivo dicembre. Con il sostegno della Fondazione Venezia venne in tournée a Versailles l’orchestra della Fenice insieme al sindaco Costa e alla moglie. E scoprirono che a curare l’allestimento era un veneziano. E fu Maura Costa a volermi per le sei serate inaugurali della Fenice alle Tese dell’Arsenale.

E poi? Quella che era un’occupazione saltuaria divenne un vero e proprio lavoro intanto che mi allontanavo sempre più dalla recitazione. Poi andai a Parigi dove mi accorsi del dislivello tra l’eccezionale livello degli eventi parigini e quelli che erano gli eventi in Italia. L’organizzazione di eventi iniziò per caso, organizzando feste a casa mia, per poi farne una professione.

I primi di una serie di eventi di livello internazionale. Quale è stato quello che l’ha impegnata di più? Ma sa che me li dimentico man mano. Ogni volta che un evento è concluso non me lo ricordo più.

Si è dimenticato anche il matrimonio indiano? Quello no, ma perché è stato qualcosa di talmente grandioso che me lo ricordano le persone con cui parlo. Ho iniziato a lavorarci 5 mesi prima ed è stato effettivamente qualcosa di molto complesso. D’altra parte sono in molti a lamentare che a Venezia, a fronte di eventi privati di altissimo livello, l’evento pubblico per eccellenza, il Carnevale, sembra aver perso lo smalto di qualche anno fa. Al Carnevale manca la partecipazione attiva delle persone. Faccio l’esempio della Cavalchina. È un evento che funziona perché il primo spettacolo è il pubblico stesso. Anche per il Carnevale sarebbe importante che la vera attrazione fosse la gente per strada. In fondo basterebbe poco. Che so, a chi è in maschera si dia la possibilità di un passaggio gratuito sui vaporetti, oppure si offre un’ombra in piazza. Insomma, incentivare le persone ad “essere” la festa e non solo a venire a vedere delle feste. (Pl.T.)



Viaggio de L’illustre tra gli artigiani del Carnevale

L’ARTE DI FAR MASCHERE di ANDREA GION e SAVINO LIUZZI

Calchi di gesso vuoti, bassorilievi e volti in cartapesta grezza. Fogli, pennelli, vasetti di colore, resine, colle e residui di lavorazione. Maschere di cartapesta ovunque. Sulle pareti, sui tavoli, per terra. Il laboratorio o meglio, l’atelier di un Mascarero, è soprattutto questo: un luogo di lavoro, dove un artigiano crea e plasma con le proprie mani e con la propria anima. In una città come Venezia, atelier di questo calibro dovrebbero incontrarsi a ogni angolo, eppure i Mascareri doc superano a malapena la decina. È d’obbligo chiedersi come mai siate così pochi.



“Quello delle maschere – spiega Armando Bala (La Bauta) – è un artigianato particolare. I maestri della cartapesta esistono fin dal ‘400, questo sì, ma l’ultimo carnevale vero e proprio risale al 1780. Poi Napoleone l’ha abolito e si è dovuto aspettare fino agli anni ottanta per poterne riparlare. La tradizione si è interrotta per quasi due secoli. Siamo stati noi a farla rinascere partendo da zero.” Siamo appunto negli anni ’80 e il Carnevale del Teatro di Scaparro è alle porte. “L’idea – racconta Alberto Sarria (Maschere di Alberto Sarria) – fu di Antonio di Tuoro, un professore di scenografia. Antonio, originario di Napoli, aveva alle spalle una grande esperienza con i carri allegorici. Ci iniziò alla creazione artigianale delle maschere e ci suggerì di venderle per le strade, approfittando del Carnevale. Gli rispondemmo che non sapevamo come si facesse una maschera e lui disse semplicemente. “Ma io sì”. E ce lo insegnò.” Così avvenne anche per Lucio Lizzul (Ponte Cavallo), sempre allievo di Antonio di Tuoro. Altri studenti formarono un gruppo indipendente – Mario Belloni, Antonella Masnati, Carlos Brassesco e Carolina Vicente – da cui derivò l’atelier Ca’ Macana (poi divisosi negli attuali Ca’ Macana e Ca’ Macana di Carlos Brassesco), dove si sono formati negli anni molti dei giovani che poi, a loro volta, hanno aperto una propria bottega. “Era il periodo del boom per la vendita di maschere artigianali. – ricorda Carlos Brassesco – Era la rinascita del Carnevale, non stavamo mai fermi. Abbiamo persino dato vita al famoso mercatino espositivo di campo San Maurizio, che ritorna puntualmente ancora oggi sebbene si occupi di antiquariato e non più esclusivamente di maschere.” Non manca chi si è buttato nella mischia per semplice passione. “Mio padre – spiega Francesca Cecamore, che gestisce il laboratorio Kartaruga assieme al padre Franco – da giovane era iperattivo. Frequentava architettura e contemporaneamente studiava scenografia presso l’Accademia di Belle Arti. Non contento, passava il tempo libero a modellare maschere di cartapesta. Cosa che poi è diventata una professione.” Esordi che, in sintesi, sono stati simili per tutti: un apprendistato in bottega, la spinta di un maestro, l’amore per il lavoro manuale, il destino. Cosa resta di quel periodo? A sentire i diretti interessati, la situazione non è delle più rosee. Valter Gualtiero (Tragicomica) non usa mezze misure per dipingere il quadro attuale. “E’ un pessimo momento. Non riusciamo a metterci in luce, non solo per questioni di burocrazia e tasse, che sono sempre di più, ma anche per il totale disinteresse nei confronti della tradizione che rappresentiamo. Stiamo provando a ricreare questa sensibilità, ma da soli è difficile. Organizziamo workshop su richiesta per turisti e studenti. Purtroppo gli allievi sono pochi e andrebbero stimolati. Rischiamo di perdere una grande biblioteca di esperienze, legata alla nostra realtà.” Anche Sergio e Massimo Boldrin (La Bottega dei Mascareri), condividono lo stesso pensiero. “Oggi i visitatori sono tantissimi. Turismo di massa non significa turismo di qualità. Una volta il livello culturale era medio alto e la gente sapeva distinguere tra cosa

I maestri della cartapesta esistono fin dal ‘400 ma risale al 1870 l’ultimo vero Canevale; la tradizione, dopo l’interruzione voluta da Napoleone, si è vista sospesa per quasi due secoli per poi riprendere negli anni ‘80

valeva la pena di comprare e cosa lasciar perdere.” La vendita al dettaglio è passata in secondo piano e quasi tutte le botteghe hanno rapporti stretti con il commercio estero – in particolare Francia, Stati Uniti, Spagna, Cina, Svezia, Russia e Grecia – con grossi committenti, produzioni teatrali e cinematografiche, circhi, feste private e matrimoni, pubblicità, documentari televisivi. Gli esempi sono tanti: le maschere per il film di Stanley Kubrick “Eyes Wide Shut” (preparate soprattutto da Ca’ Macana, da Kartaruga e da La Bottega dei Mascareri), i workshop dimostrativi fatti a Hong Kong e Tokyo dal laboratorio Maschere di Alberto Sarria e quelli a Pechino proposti dall’atelier Tragicomica, le collaborazioni di Alberto Jimenez (Blue Moon Venice) per le pubblicità di Oliviero Toscani, il documentario della rete britannica BBC girato nel laboratorio di Mohamid Seddighi (Ca’ del Sol) e molte, molte altre collaborazioni. Guardare all’estero per sopravvivere e reinventarsi. Queste le parole d’ordine. Fa eccezione Lucio Lizzul (Ponte Cavallo) che ha fatto della

In alto Mario Belloni che nel suo laboratorio realizza anche maschere decisamente moderne con l’ inserimento di componenti provenienti da computer dismessi Sopra: a Kartaruga, il laboratorio di Franco e Francesca Cecamore, sono state realizzate le maschere del film Eyes Wide Shut; a destra la complessa lavorazione della maschera utilizzata da Tom Cruise vendita al dettaglio la sua bandiera di battaglia. “Di fronte alla totale mancanza di un giudizio obiettivo da parte dei clienti tra un prodotto locale e uno “acquisito” dalle fabbriche, l’unica soluzione è offrire delle maschere originali e irripetibili. Per questo ho sempre preferito il commercio di nicchia, che valorizza i singoli oggetti d’arte e non la produzione in serie.” Una soluzione curiosa è quella collaudata da Ca’ Macana. “Le grandi imprese possono approfittare del nostro laboratorio e mettere alla prova i loro dirigenti sotto lo sguardo di uno (segue)


come si fa

Ecco L’illustre maschera

Come nasce una maschera veneziana? Lo abbiamo chiesto a Mohamid Seddighi che durante il nostro tour tra gli artigiani del carnevale ne ha realizzato una piccola serie per L’illustre nella sequenza, realizzata nel laboratorio Ca del Sol, in fondamenta dell’Osmarin, si vede l’ intero processo creativo (da sinistra a destra) del manufatto


dove La Bauta di Armando Bala Campo San Tomà Tel. 041 740095 - la.bauta@yahoo.it Blue Moon Venice di Alberto Jimenez Palanca, Giudecca 607 www.bluemoonmask.com

Workshop, internazionalizzazione, internet. Il mercato delle maschere, ma non solo, guarda ad una evoluzione necessaria: la crisi c’ è e per tramandare questa tradizione serve creare opportunità sopratutto all’estero

La Bottega dei Mascareri dei fratelli Massimo e Sergio Boldrin Ai piedi del Ponte di Rialto San Polo 80 Tel. 041 5223857 - www.mascarer.com Ca’ del Sol di Mohamid Seddighi Fondamenta dell’Osmarin Castello 4964 Tel. 041 5285549 www.cadelsolmascherevenezia.com Ca’ Macana di Mario Belloni Dorsoduro 3172 Tel. 041 2776142 - www.camacana.com

Una carrellata tra le botteghe artigiane a Venezia. Da sinistra: al lavoro al Peter Pan di Valentina Franceschini, il laboratorio di Tragicomica di Valter Gualtiero, immersi tra le maschere a Ponte Cavallo di Lucio Lizzul, la Bottega dei Mascareri di Massimo e Sergio Boldrin e un luminoso sole illumina Ca’ Macana di Carlos Brassesco; a centro pagina la maschera utilizzata per il film Casanova (Kartaruga) utilizzata dall’attore Heath Ledger; il film fu presentato alla 62. Mostra del Cinema di Venezia

psicologo o di un responsabile. Si chiama team building. È un sistema molto usato oltreoceano.” I più temerari approdano al mercato online, come Augusto Maurandi (Carta Alta), discepolo dell’atelier di Carlos Brassesco. “Siamo stati i primi, nel 2000, ad aprire un sito internet: era un momento storico di esplosione dei mercati internazionali e miravamo a farci conoscere ampliando il raggio d’azione. Abbiamo persino lanciato all’estero la moda dei modelli erotici in cartapesta.” A tal proposito Alberto Jimenez (Blue Moon Venice), la vede in maniera positiva, quasi imprenditoriale. “Ho sempre creduto nell’innovazione. Per esempio utilizzo lo strumento del web per commerciare a distanza in tutto il mondo, anche al dettaglio, cosa che ora posso permettermi. Per il resto la cosa importante è avere una buona squadra, che curi i rapporti con le aziende internazionali.” E’ diversa la posizione del laboratorio Peter Pan che converte il problema in una risorsa. “Per rispondere alla crisi bisogna lottare con

gli stessi mezzi. Vendere maschere di plastica insieme a maschere tradizionali non è peccato. In fondo il turista deve avere la possibilità di scegliere. È l’unico modo per soddisfare un mercato con nuove esigenze.” La domanda più delicata è quella più ovvia. Il testimone passerà alle prossime generazioni? Un sorriso propositivo accompagna le parole di Mohamid Seddighi (Ca’ del Sol), un messaggio illuminante e, per certi versi, un atto di fede, una regola non scritta. “Imparare a vivere richiede tempo ed esperienza, e così è il mestiere dell’artigiano. Bisogna avere pazienza e grande intensità. Non si deve aver paura. Ci vogliono molti anni per diventare saggi maestri, nella quotidianità così come nel lavoro. E si deve comprendere una cosa fondamentale: la formazione di un artigiano abile è strettamente connessa alla formazione della persona interiore. Le due funzioni sono indivisibili. Senza il magnetismo di un essere umano non ci può essere nulla.”

Ca’ Macana di Carlos Brassesco di Carlos Brassesco Ponte delle Guglie Cannaregio 1374 Tel. 041 718655 Carta Alta di Augusto Maurandi Giudecca 796 Tel. 041 2771132 - www.cartaalta.com Kartaruga di Franco e Francesca Cecamore San Lio Castello 5756 Tel. 041 2410071 - www.kartaruga.com Maschere di Alberto Sarria di Alberto Sarria Ruga Rialto San Polo 777 Tel. 041 5207278 - www.masksvenice.com Peter Pan di Franceschini Valentina Campo Santa Maria Mater Domini Santa Croce 2118 Tel. 041 716420 - valepeter@virgilio.it Ponte Cavallo di Lucio Lizzul Rio Terà San Leonardo Cannaregio 1521 Tel. 041 5244697 Tragicomica di Valter Gualtiero Calle dei Nomboli San Polo 2800 Tel. 041 721102 - www.tragicomica.it



Maurizio Scaparro, regista e critico teatrale, è stato l’anima del nuovo carnevale veneziano

“se il fin è la meraviglia”

Tutto è iniziato quasi per gioco. Alle soglie degli anni ottanta, giovani studenti delle Belle Arti o di Architettura si dilettano nella realizzazione di costumi e maschere teatrali, per pagarsi gli studi ed essere indipendenti. Il caso, però, riserva sempre delle sorprese e, quasi per incanto, gli stessi studenti si ritrovano a vendere nelle strade le prime maschere in cartapesta, durante il nuovo lancio del Carnevale di Venezia. La richiesta era consistente ed esistevano solo due atelier ufficiali, il Laboratorio Artigianale della Maschera e Mondonovo, ormai

chiusi. Migliaia di persone affluivano in città per condividere quest’atmosfera inebriante e perdersi nei meandri di calli e campielli. Ognuno aveva il diritto di travestirsi e trasformarsi nella persona che più desiderava. Si stava riaffermando un mestiere ormai dimenticato, quello del maestro artigiano detto Mascarero, destinato a durare a lungo nei decenni. Era l’alba di una rivoluzione culturale. Lo sa bene Maurizio Scaparro, regista internazionale e visionario del teatro, nonché ideatore e padre “naturale” del risorgimento veneziano.


Mai dimenticare quante opportunità ci sono in Italia e nei giovani: la maschera è una di queste La presenza del Carnevale da Lei istituito ha contribuito senza dubbio alla formazione di giovani artigiani della maschera. Ancora oggi sono gli unici in città a occuparsi di questo raffinato settore e tutti ricordano con piacere l’attimo che ha dato loro la prima spinta, la svolta inaspettata, e cioè, il Carnevale del Teatro di Maurizio Scaparro. Prima di tutto mi sorprende questa cosa, ma nello stesso tempo non mi sorprende molto. Perché s’innesta in un momento storico di questo paese, in cui si avvertiva la necessità di volgersi verso sorgenti innovative. Non dovremmo dimenticarci mai quante possibilità e potenzialità risiedano nell’Italia e nelle risorse giovanili, artistiche e non. La maschera è una di queste splendide opportunità. Infatti, come introdusse Giambattista Marino: “Se è del poeta il fin la meraviglia”….alla fine si resta in effetti sorpresi. Tutti al Carnevale indossavano una maschera, dal macellaio ai nobili. Una vera sorpresa. Un simbolo pronto a durare. Parla dell’artigianato? Certamente. L’artigianato è importantissimo, tant’è vero che la parola “arte” deriva appunto da “artigiano”: c’è la manualità, ci sono il pensiero e l’ispirazione, c’è la sensibilità dell’Uomo, inteso

come essere umano, unico, che agisce. Quello della maschera veneziana in cartapesta è’ rinato qui così, per caso, in quel clima particolare di cambiamenti, ma si è imposto sulla scena cavalcando quella che era la vera novità dell’epoca, l’alleanza di tre parole che non si erano mai sentite insieme: Venezia, Carnevale e Teatro. Se tu ne levi una, non è la stessa cosa, il risultato non è lo stesso. Questa era la vera forza di propulsione. Qual è, invece, in qualità di uomo di spettacolo, il Suo rapporto con la maschera? E’ doppio direi, perché da un lato non amo le maschere, nascondono l’Io di una persona. Già ne utilizziamo troppe nei rapporti quotidiani. Dall’altro, però, a Venezia, la figura della maschera era assai diversa, perché conteneva un significato storico e sociale. Ad esempio “il dottore della peste” era una chiara citazione di un fatto reale strettamente connesso al riflesso cittadino. In più, ho imparato ad amarla come filtro di osservazione del prossimo: può conservare te stesso mentre guardi gli altri, non visto. Si può essere altro da sé, senza i timori delle convenzioni, liberando la propria personalità sotto diverse spoglie. Credo che tanti, tanti, tanti amori siano nati in quelle notti di Carnevale.

A lato: il libro di Maurizio Scaparro “L’Illusione teatrale” (Skira) Nel 2012 possiamo sperare in una valorizzazione di questo universo? Sono strenuamente convinto che la città di Venezia abbia la possibilità di riscoprire la forza dell’artigianato, non soltanto per la maschera. Si dovrebbe ricostruire un tessuto cittadino che non può essere ridotto solo all’insegna di una locanda. Dobbiamo credere nella creatività. Dipende da noi. Per assurdo, le difficoltà che viviamo ci dovrebbero portare a pensare di più, a inventare di più e ad avere un rapporto umano diverso. I giovani devono credere nel futuro, dobbiamo aiutarli ad avere fiducia, non c’è dubbio. Servono spazi, supporto e fantasia. Si deve imparare a guardare oltre. Per citare una suggestione di Andrea Zanzotto riferita ai tempi bui in cui viviamo: bisognerebbe fare come il Barone di Munchausen in una delle sue mirabolanti avventure, quando si solleva dalla palude tirando verso l’alto i capelli con le mani, sfidando persino la resistenza della gravità. (A.G. - S.L.)



Arts cultura e affini in cittĂ

A Palazzo Bembo una fondazione per il contemporaneo

global art affairs di Vera Mantengoli


I

Il sole di Venezia li ha chiamati a stabilirsi in un palazzo sul Canal Grande. La vera ispirazione proviene però dalla luce. La luce dei fulgenti riflessi sull’acqua, ma soprattutto quella della storia della città, punta di diamante per chi di arte vive e lavora. Da quasi un anno due piani di Palazzo Bembo sono la sede della “GlobalArtAffairs Foundation”, organizzazione no profit attiva nel campo dell’arte contemporanea, nata da un progetto dell’artista Rene Rietmeyer intitolato “Personal Structures” e rappresentata oggi anche dalle curatrici Sarah Gold e Karlyn De Jongh. Fin da giovane l’artista viaggia in Oriente e in Occidente fino a quando nel 1997 matura una forma di espressione artistica sua che chiama “Boxes”. Il suo approccio, proveniente dall’arte minimale, ruota attorno ai concetti di tempo, spazio ed esistenza. Nel 2002 viene alla luce il progetto “Personal Structures” con lo scopo di diffondere i tre temi chiave. Rene sviluppa la sua idea utilizzando inizialmente la formula del simposio, nella convinzione che questi argomenti riguardino tutta l’umanità. Decide di donare le sue opere alla Fondazione per poter finanziare attraverso il ricavato della vendita gli incontri. L’idea inizia a prendere piede davvero, tanto da non riuscire a seguirla da solo. Si rivolge allora a Sarah Gold, giovane curatrice indipendente, a quel tempo assistant curator alla Caldic Collection di Rotterdam, che dal 2005 partecipa con Rene alla mission di promuovere la consapevolezza di spazio, tempo ed esistenza. «Sapevo chi era perché aveva esposto alla Caldic Collection - racconta la Gold - ma quando conobbi Rene di persona sentii che tutto di lui (la sua macchina, la sua vita) sapevano di arte. Accettai». Iniziano a diffondere il progetto in Germania per poi spiccare il volo oltre gli oceani, incontrando artisti dal vivo e condividendo con loro l’idea di un progetto globale. Il passo successivo che li porta a mettersi in gioco con il mondo dell’arte è l’organizzazione di tre grandi simposi. Il primo sul Tempo, nella prestigiosa sede “Arti et Amicitiae” ad Amsterdam. Il secondo sull’Esistenza al Setagaya Art Museum a Tokio, durante il periodo della fioritura dei ciliegi. Infine il terzo sullo Spazio, al New Museum di New York. Dal 2007, anno del primo convegno, entra a far parte dello staff anche Karlyn De Jongh che ha appena concluso i suoi studi tra l’Olanda a la California. Viene a sapere del progetto perché Sarah Gold, alla ricerca di un supporto, segnala l’incarico all’Università di Leiden, dove entrambe hanno studiato. Karlyn nota l’annuncio e spedisce il suo curriculum. Viene selezionata e incontra i due a Heusden. Ci vogliono otto ore per spiegare il progetto e i piani futuri e, anche se come idea può sembrare una favola, Karlyn crede al progetto e le sembra un’ottima opportunità. «Mi ricordo - raccontano - che una sera ci trovavamo a passeggiare proprio a Venezia, vicino al Ponte dei Sospiri, a pochi passi da Piazza San Marco. Sognavamo di poter partecipare un giorno con “Personal Structures” alla Biennale. Allora era solo un sogno». Non appena un anno dopo il sogno si realizza. Tenacia, volontà, fiducia e passione vengono coronati da un altro successo. Nel 2009, in occasione della 53. Biennale di Arti Visive, «Personal Structures» approda a Venezia con il logo di Evento Collaterale della Biennale, proponendo un simposio generale a

Palazzo Bembo, con il suo colore arancio-rosso spicca sulla riva del Canal Grande ad un passo dal Ponte di Rialto, accanto a Palazzo Dolfin Manin. Costruito dalla famiglia patrizia dei Bembo nel XV secolo, fu rivisitato nella struttura più volte nei secoli, specie internamente, ma esternamente mantiene ancora l’originario assetto escluse le geometrie del sottotetto. La facciata di Ca’ Bembo è in stile gotico veneziano, con i suoi tre livelli di finestre ogivali: di queste assumono particolare importanza le coppie di pentafore del piano nobile e del piano superiore. I livelli sono separati da cornici lapidee scolpite in bassorilievo. Palazzo Franchetti. Gli atti vengono stampati insieme a una cinquantina di interviste realizzate nel corso degli anni ad artisti del calibro di Roman Opalka, Marina Abramovic, Dan Graham, Giuseppe Penone, Valie Export e altri. “Personal Structures: Time, Space, Existence”, edito dalla casa editrice tedesca DuMont Buchverlag, ha 450 pagine ed è una miniera di incontri, alcuni divenuti ultime testimonianze, come le interviste a Louise Bourgeois, poco prima della sua morte, e a Roman Opalka, scomparso lo scorso agosto. Dopo il battesimo alla Biennale i tre si sentono pronti per stabilirsi nella città dell’arte per eccellenza, Venezia. Hanno finalmente un background solido e molta esperienza alle spalle, soprattutto un motto: non perdere mai la fiducia. O si fanno bene le cose o non si fanno. Nel 2011 il grande passo: affittare uno spazio per una mostra firmata «Personal Structures» come Evento Collaterale della Biennale di Arti Visive. Partecipano Joseph Kosuth, Herman Nitsch, Carl Andre e altri. Alla fine si sistemano proprio sul Canal Grande, a Palazzo Bembo. Qui a tutte le ore la luce inonda di riflessi i saloni. Non è finita qui. Per familiarizzare con la città prendono contatti con il Dipartimento delle Arti e del Disegno Industriale dello IUAV, coinvolgendo gli studenti nell’organizzazione

completa dell’esposizione e nella realizzazione di eventuali materiali video, come quello esposto ora all’interno della mostra «Marilyn Monroe: Legend, Mith and Icon», un montaggio delle scene memorabili di una delle donne più sexy del mondo. In attesa infatti delle sorprese in serbo per la prossima Biennale di Architettura la Fondazione GlabalArtAffairs sta ospitando l’esposizione sulla bella bionda e dannata, a cura della tedesca Galerie F. Esposte più di un centinaio di opere tra fotografie e dipinti che ricostruiscono la storia della diva di Hollywood e l’impatto che ha avuto sulla cultura pop, soprattutto attraverso i lavori di Andy Warhol. Una chicca da non perdere è la serie di scatti tratti da “The Last Setting” di Bern Stein, il servizio unico al mondo realizzato sei settimane prima della misteriosa morte, avvenuta a Los Angeles la notte tra il 4 e il 5 agosto. Nelle pareti a fianco le indimenticabili immagini della Marilyn vestita di bianco, ingenua e sorridente, in “Quando la moglie è in vacanza”, mentre si diverte a sentire l’aria della metropolitana passare sotto la griglia e sollevarle l’abito. «Siamo felici di stare qui - racconta Karlyn passeggiando per le sale espositive - c’è il sole quasi sempre e siamo in una delle città di arte più belle al mondo».


i volti

Name: Karlyn Surname: De Jongh Born: 29 August 1980 Favorite Artist: Lee Ufan Favorite Place: anywhere, when I am with people I love (ogni luogo quando sono con le persone che amo) Art is.... life One word for Venice: special

Name: Rene Surname: Rietmeyer Born: 2 December 1957 Favorite Artist: Roman Opalka Favorite Place: Where the people are that I like to be with (dove sono le persone con le quali mi piace stare) Art is.... a human achievement (un arricchimento umano) One word for Venice: romantic

A sinistra la sede della GlobalArtAffairs Foundation, Palazzo Bembo, vista dal Canal Grande a Venezia; sopra alcune delle opere esposte a Ca’ Bembo parte della mostra dedicata a Marilyn Monroe; a destra le curatrici Sarah Gold, Karlyn De Jongh e l’artista Rene Rietmeyer

Name: Sarah Surname: Gold Born: 17 May 1978 Favorite artist: Rene Rietmeyer Favorite place: Thailand Art is…(or should be to my opinion) an expression of the intelectual development of mankind today (o dovrebbe essere la mia opinione) un’espressione dello sviluppo intellettuale dell’umanità oggi One word for Venice: intriguing


Viaggio tra cera... Musica e Filosofia una volta all’Ateneo Veneto

Saranno Oreste Bossini, conduttore di Rai Radio Tre, e Lucio Cortella, ordinario di Storia della Filosofia Moderna a Ca’Foscari, a inaugurare il 7 marzo, nell’Aula Magna dell’Ateneo Veneto, il ciclo di incontri su musica e filosofia organizzati dall’Ateneo, Agimus Venezia e il Plurimo Ensemble, che con questi primi appuntamenti danno il via a propria volta alla stagione concertistica 2012. L’idea che sorregge i quattro dialoghi patrocinati da Ca’Foscari, è quella di indagare le connessioni tra valenza conoscitiva del pensiero filosofico e intima struttura del linguaggio musicale, affiancando performance dal vivo affidate a giovani interpreti. Nella prima serata Cortella e Bossini rifletteranno su Hegel e Beethoven; due celebri Sonate pianistiche beethoveniane, Aurora e Appassionata, saranno eseguite da Letizia Michielon e Marina Feruglio, studentessa del Conservatorio “G.Tartini” di Trieste, inserita nel percorso formativo “Progetto Atelier” realizzato dal Plurimo Ensemble. Il 13 marzo sarà la volta di Daniele Goldoni (Ca’ Foscari), intervistato su Schoenberg e Adorno da Guido Barbieri (Rai Radio Tre Suite); Biancamaria Targa e Rosanna Guadagno (Progetto Atelier) e Letizia Michielon eseguiranno opere da Brahms a Boulez. Il 21 marzo Quirino Principe (Università di Roma Tre) si confronterà con il musicologo e giornalista di Amadeus Emilio Sala (Università di Milano) su Mahler, Benjamin e Heidegger, mentre il Quartetto Mahler interpreterà opere di Brahms, Mahler e Strauss. Il ciclo si chiude il 28 marzo con Enrico Fubini (Università di Torino) e Daniele Martino (Direttore de Il Giornale della Musica) che rifletteranno sul rapporto Jankelevitch - Debussy, accompagnati da opere di Debussy e Fauré suonate dal duo violoncello–pianoforte ProvenzaniBarbini. Quando: dal 7 al 28 marzo 2012

Apre al pubblico il 10 marzo la mostra “Avere una bella cera. Le figure in cera a Venezia e in Italia” a Palazzo Fortuny a Venezia, a cura di Andrea Daninos, prodotta e organizzata dalla Fondazione Musei Civici - Venezia. L’esposizione, la prima mai realizzata al mondo sul tema del ritratto in cera, si propone di analizzare un campo poco indagato della storia dell’arte: quello delle figure in cera a grandezza naturale, soggetto affascinante che in anni recenti ha suscitato tra l’altro l’interesse di numerosi artisti contemporanei, ma al quale non è mai stata dedicata un’esposizione tematica. Quando: dal 10 marzo al 26 giugno 2012

Quaderni d’artista

In mostra 33 rielaborazioni creative dei leggendari quaderni Moleskine ad opera di artisti, architetti, designer, illustratori e scrittori attivi sulla scena internazionale. I quaderni, memorie narrative o veri e propri oggetti di arte e design, sono donati dai loro autori a Lettera27, Fondazione non profit che sostiene il diritto all’istruzione e all’accesso ai saperi nelle aree più disagiate del mondo. L’appuntamento è alla Fondazione Bevilacqua La Masa a Palazzetto Tito. Quando: fino al 26 febbraio 2012

Le Salon Romantique, l’800 francese DA salotto

Tra i due festival tematici, ad apertura e chiusura della stagione di Palazzetto Bru Zane, si innesta uno spazio dedicato più in generale alla musica dei salotti romantici di Francia che offre al pubblico un assortimento di forme e colori musicali tali da rendere merito alla varietà compositiva del periodo. Si rinnova così l’appuntamento con Le salon romantique previsto dal 4 al 28 febbraio 2012. In questa ormai consueta rassegna di “carte bianche” dedicate al repertorio romantico francese si mescoleranno liberamente Hérold, Gouvy, Onslow, Boëly e molti altri autori ignoti accanto ai più celebri Chopin, Debussy, Gounod, Fauré. A esibirsi saranno musicisti dalla carriera consolidata ma anche promettenti giovani talenti, a testimonianza dei partenariati avviati “extra moenia” dal Palazzetto, in particolare con alcuni concorsi internazionali: Quatuors à Bordeaux, Concours international de musique de chambre de Lyon, Concours Rostropovitch, Concours international de piano d’Orléans, Paris International Opera Competition. Questo festival consente anche di offrire a studenti di alto livello un contatto privilegiato con il pubblico. La stagione 2011-2012 prosegue la stretta collaborazione avviata con la Haute École de musique de Genève e il Conservatoire National Supérieur de Musique et de Danse de Paris. Escludendo la Scuola Grande San Giovanni Evangelista e il Conservatorio Benedetto Marcello che ospiteranno due appuntamenti, tutti gli altri concerti si terranno presso la sala del Palazzetto Bru Zane, sala le cui dimensioni corrispondono idealmente a quelle dei salotti ottocenteschi per i quali vennero composti quartetti, sonate, romanze o mélodies. Quando: dal 4 al 28 febbraio 2012


Un percorso espositivo capace di valorizzare l’eclettismo dell’artista

MILANO CELEBRA I 150 ANNI DI KLIMT

K

di lucio maria d’alessandro

K l imt, rappresentante autorevole della Secessione e artista di straordinaria rilevanza nella storia dell’arte moderna, avrebbe festeggiato nel 2012 il suo 150° compleanno. In occasione di questa particolare ricorrenza una serie di importanti eventi internazionali celebrano la figura e l’opera del Maestro austriaco. Milano, in particolare, sarà la prima città italiana che inaugurerà le celebrazioni dell’anniversario della nascita dell’artista viennese, con una mostra che presenterà la riproduzione a dimensioni reali dello straordinario Fregio di Beethoven accompagnata da quindici disegni originali correlati al famoso affresco custodito in una sala del Palazzo della Secessione di Vienna.Un team di scenografi e decoratori “darà vita” alla riproduzione del celeberrimo Fregio di Beethoven in scala 1:1, posizionandolo in una sala dedicata all’interno della sede espositiva in cui risuoneranno le note della Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven. Quest’opera lascia trasparire il grande eclettismo di Klimt che, con il suo stile inconfondibile, riesce a mescolare e

a trarre ispirazione da vari elementi figurativi e artistici fondendo all’interno dell’opera echi e suggestioni diverse. Se dalla pittura egiziana e vascolare greca trae la concezione della parete come fascia su cui allineare una sequenza di figure ed eventi, è dalle stampe giapponesi di Hokusai e Utamaro che ricava il segno forte e incisivo. Sono invece di ispirazione africana le spaventose maschere del regno del male che il Cavaliere, protagonista maschile dell’opera, dovrà affrontare e combattere durante il suo lungo viaggio per congiungersi alla Poesia, incarnazione della figura femminile. Il percorso espositivo è studiato per guidare il visitatore alla comprensione del capolavoro klimtiano, cogliendo i motivi grafici principali della composizione insieme alla forte simbologia e alle numerose allegorie che ne emergono. Gustav Klimt. Disegni intorno al fregio di Beethoven Milano, Spazio Oberdan Fino al 6 maggio 2012 Catalogo Skira

Un team di decoratori e scenografi darà vita alla riproduzione del famoso Fregio di Beethoven all’interno dello Spazio Oberdan nel capoluogo lombardo


IL BUIO È UNO SPAZIO

ALICE SPINGS (NEWTON) - PEOPLE

is David; le foto degli annunci pubblicitari a pagina intera vengono pubblicate con il suo nome in rinomate riviste di moda. Nel 1974 viene pubblicata una fotografia di Alice Springs sulla copertina della rivista francese Elle. Nel corso degli ultimi 40 anni Alice Springs ha ricevuto innumerevoli commissioni di ritratti alcuni dei quali sono divenuti delle vere e proprie icone. L’elenco di artisti, attori e musicisti immortalati da Alice Springs rappresentano un “chi è chi” della scena culturale internazionale contemporanea. Alice Spings (Newton) – People Galleria Carla Sozzani Milano Fino al 22 aprile

In anteprima per l’Italia, un’emozionante mostra presenterà una selezione delle famose stampe di di Evgen Bavcar in bianco e nero, oltre che ad alcuni dei suoi scatti a colori. Le immagini sono una e concetti estremamente diversi, e sottolinea la profonda sensibilità di questo incredibile fotografo che riesce a mostrarci aspetti del visibile a noi ignoti. Le opere prendono forma dai suoi ricordi e dalle suggestioni evocate dal mondo circostante, che Bavcar rielabora con grande profondità, creando “visioni dell’anima” oniriche ed emozionanti.

FLOREANI, COMPOSIZIONI ASTRATTE

Evgen Bavcar Il buio è uno spazio Museo di Roma in Trastevere Piazza S. Egidio Fino al 25 marzo 2012

L’ARTE AMERICANA A SAN MARINO

Non si è mai fatta in Italia una mostra sulla pittura americana del XX secolo, che la analizzi e la percorra completamente. E la rassegna organizzata a San Marino si presenta come la prima circostanza in cui, attraverso nomi celebri “Da Hopper a Warhol”, la vicenda pittorica statunitense del Novecento viene raccontata lungo tutto lo scorrere del secolo. L’esposizione prende in considerazione tutti i momenti fondamentali, a partire dal realismo di Edward Hopper da un lato e di Thomas Hart Benton dall’altro, fino all’esperienza così particolare di Giorgia O’Keeffe. Da Hopper a Warhol. Pittura americana del XX secolo a San Marino Repubblica di San Marino, Palazzo SUMS Fino al 3 giugno

Una retrospettiva raccoglie per la prima volta 40 anni di lavoro di June Newton, moglie di Helmut Newton nota con lo pseudonimo di Alice Springs: ritratti, nudi, foto pubblicitarie e di moda. Il suo lavoro dietro l’obiettivo inizia a Parigi nel 1970, quando sostituisce il marito, il celebre fotografo Helmut Newton, costretto a letto con l’influenza, realizzando, al suo posto, una pubblicità per le sigarette francesi Gitanes. Il ritratto del modello che fuma è l’inizio di una nuova carriera. Negli anni Settanta, Alice Springs riprende numerose campagne pubblicitarie per l’hair stylist francese Jean Lou-

Dopo la partecipazione alla Biennale Internazionale di Venezia nel 2009 e la mostra personale al MAGA nel 2010, Roberto Floreani espone a Palazzo dei Panni, seicentesco edificio nel cuore di Arco (Tn), sede della Galleria Civica G. Segantini. La mostra, curata da Giovanna Nicoletti, raccoglie in un suggestivo percorso espositivo quasi una trentina di opere di grandi dimensioni che tratteggiano la ricerca dell’artista a partire dalla fine degli anni novanta. Considerato uno degli artisti di riferimento della sua generazione - Floreani nasce nel 1956 a Venezia - utilizza un linguaggio espressivo che combina progettualità e originalità descritte nelle forme di sagome geometriche che si intrecciano e si allargano sulle superfici materiche. Roberto Floreani Composizioni astratte Museo Alto Garda, Arco (Trento), Palazzo dei Panni, Galleria Civica G.Segantini Fino al 10 giugno 2012.


alla Guggenheim La Collezione Peggy Guggenheim, grazie al supporto di Garage San Marco Spa e Ied Venezia, propone un innovativo ciclo di incontri dedicati ai genitori, ai propri figli, e a quanti sono curiosi di confrontarsi con il tema della creatività: “Be CreACTIVE”, ovvero “Diventa creATTIVO”. Dopo i laboratori per bambini dei mesi scorsi, tenuti da Johanna Dreyer, ideatrice e progettatrice di giocattoli per l’infanzia, e quelli per teenager, realizzati con Roberta Iachini, insegnante di progettazione grafica e docente allo Ied di Venezia, ora è la volta degli adulti con “Siamo tutti creativi”.

Siamo ad un bivio: vivere nel ricordo o rimboccarsi le maniche verso il nuovo

Cos’è la creatività? di federico bosisio*

E’ da poco mancato uno degli ultimi grandi interpreti della scrittura italiana, Carlo Fruttero che, con Franco Lucentini, ha firmato collaborazioni giornalistiche, traduzioni e romanzi, soprattutto di genere poliziesco, molto amati dal pubblico. Durante una delle sue ultime interviste questo pacato personaggio, al quale non serviva nessuna forzatura espressiva per dare peso alle proprie parole, ha affermato come, di fronte all’aggettivo più volte conferitogli di “creativo”, si fosse sempre ribellato. Il suo predicato infatti verteva sul saper fare, offrendolo come sinonimo della propria capacità intellettuale. Ebbene, la grazia con la quale durante questo colloquio lo scrittore ha reso semplice e assolutamente candido il valore delle attività che ciascuno di noi svolge, mi ha riempito di gioia e di speranza. Negli ultimi anni mi è spesso capitato di offrire le mie competenze accademiche a studenti giovani e meno giovani, che intendevano la creatività come il frutto di una irrazionale e forzata “spremitura di meningi”, pensando che solo così una qualche idea potesse avere successo. Con un sorriso sulle labbra li ho sempre dovuti deludere. La lezione di Fruttero credo infatti possa ben sintetizzare una situazione

socio-culturale che vede l’Italia contemporanea a un bivio: vivere nel ricordo di chi faceva e creava, o accettare di doversi rimboccare le maniche per provare, tentare e magari riuscire a fare qualcosa di nuovo. I più grandi designer del XX secolo di origine anglosassone, scandinava o mediterranea hanno sempre giocato coi materiali, coi concetti, con le idee, spesso scontrandosi con l’indifferenza, lo scetticismo o la paura di accettare nelle proprie vite e nelle proprie sfere personali nuovi e provocatori oggetti: dal telefono all’attualissimo clouding virtuale. Ebbene ciascuno di loro, da Walter Gropius a Hussein Chalayan, ha sperimentato e faticato per imporre le proprie ispirazioni, facendole sbocciare dallo stato embrionale di idea fino alla condizione ultima di prodotto finito, con due anime: artistica e commerciale. Il loro segreto? Aver compreso che il talento creativo, presente in ciascuno di noi, va coltivato con attenzione e costanza fino a farlo fiorire, a farne un compagno affiatato nella quotidianità del lavoro, un’attitudine, un modo di vedere le cose e di farle, come lo intendeva Fruttero: “io non sono un creativo, io faccio....”. *Direttore IED Venezia

Partendo dall’osservazione dei bambini, per i quali l’immaginazione e la fantasia sono parte dominante del vivere quotidiano, tra marzo e aprile prossimi il ciclo di quattro workshop avrà l’obiettivo di risvegliare la creatività negli adulti attraverso una serie di dialoghi e laboratori con specialisti del settore. Gli incontri, organizzati in collaborazione con Palazzo Strozzi di Firenze, suggeriranno spunti creativi da importare nella propria quotidianità per stimolare una parte di noi spesso trascurata.


A Venezia, in un campiello da sogno, a un passo da Calle Larga XXII Marzo

ZORA, ATELIER DI LUCE E ARTE

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Un pezzo di nobiltà nel cuore di Venezia. In un delizioso campiello, uno scorcio magico che fa da sfondo senza sosta a decine di fotografie ogni giorno, lungo la via più elegante in città, Calle Larga XXII Marzo. Nello stesso luogo, e non sembra un caso, dove una targa in marmo ricorda che aveva sede tra il Settecento e l’Ottocento il salotto della nobildonna Isabella Teotochi Albrizzi, «amica per tutta la vita», come si diceva allora, di Foscolo e di Byron. E in quel luogo rivive lo spirito delle migliori tradizioni veneziane nelle creazioni di “Zora da Venezia”, piccolo atelier pieno di luce e di arte. Padrona di casa un’altra nobildonna veneziana, una Renier, Zora appunto, affascinante creativa che da oltre vent’anni dà vita con il vetro di Murano a capolavori dallo stile che richiama l’Art Deco. Gioielli, cornici, composizioni. Giocando con il colore e con l’estro del momento. Sì, perché tra i pianoforti che fanno da mobilio alla maison non aspettatevi di trovare un pezzo uguale all’altro. Ed è una sfida persa cercare, tra le almeno trecento collane esposte, due che siano identiche. Perché ogni pezzo ha la sua storia e la sua anima, dettata, appunto, dall’estro che aveva la sua creatrice in quel momento. Unicità che hanno fatto appassionare alle creazioni di Zora attori americani e vip nostrani, principi arabi, a partire dai Reali Sauditi e del Qatar, e magnati russi. Fino alla Casa Reale inglese, che qualche anno fa inviò un ringraziamento firmato dalla Regina Madre – noblesse oblige - per un bouquet in vetro. Come spesso avviene per l’arte, tutto è cominciato per caso, «divertendomi a creare, per hobby, i primi lavori, che ottennero dei riconoscimenti in mostre regionali e nazionali» ricorda Zora. Tra i primi lavori spiccano le decorazioni delle maniglie e delle nappe per i

cassettoni con perle tagliate a sfera o a cannula, seguendo la migliore tradizione artigiana. Creazioni che Zora ripropone ancora oggi, sia pur con vent’anni di esperienza in più. Dopo quegli inizi sotto il segno dello svago scocca il colpo di fulmine. Arrivato altrettanto per caso, con l’esigenza di trovare uno spazio dove la figlia di Zora, Roberta, oggi concertista di livello, potesse esercitarsi al pianoforte. Quello spazio, oltre ad ospitare il pianoforte di Roberta, è divenuto il primo laboratorio di Zora. E a distanza di oltre vent’anni il pianoforte è rimasto e continua a suonare. Perché, piccola chicca, l’atelier durante i periodi di alta stagione regala dei concerti ai suoi clienti con l’accompagnamento di un soprano e musiche di Puccini e Wagner, Chopin e Mozart. Realizzando, in uno spazio ristretto, un’empatia assolutamente particolare con chi assiste al concerto. Perché chi entra da Zora da Venezia non sia semplicemente un cliente ma innanzitutto un ospite. Facendo tornare alle origini di salotto musicale lo spazio che fu della contessa Teotochi-Albrizzi. Un ritorno alle migliori tradizioni veneziane anche in alcune partico-


lari creazioni. Quelle realizzate con la tecnica della “conteria”, che fa apparire il vetro come fosse ricamato, di cui Zora è tra gli ultimi rappresentanti a Venezia. «Ho ripreso quella che era una tecnica antica di creazione di fiori in vetro – spiega Zora mostrando un bouquet realizzato con perline prodotte almeno ottanta anni fa – applicandola ad altri oggetti». Dai bouquet da sposa, eleganti ed essenziali, alle spille, da teneri mazzolini di fiori che sembrano cosparsi di rugiada ai complementi d’arredo per dare un tocco di luce alla casa. Oggetti dalle linee delicate e naturali che possono gravitare attorno a un supporto rigido, come piccole sculturine con un’anima di acciaio, o abbandonarsi su morbidi fili di cotone. Accanto al recupero della tradizione c’è l’invenzione pura, comunque ispirata ai riflessi e alle trasparenze della sua città, Venezia, catturate nelle sue creazioni. Assemblaggi di cui realizza personalmente ogni fase, dall’invenzione, al disegno, alla loro disposizione. Tra cui spiccano le decorazioni per tutta la tavola, che le hanno portato il primo premio in un prestigioso concorso internazionale che si è tenuto al Gift Mart di Firenze, probabilmente la più importante fiera al mondo per l’arredo casa e l’idea regalo. O i grappoli d’uva, realizzati con sfere di vetro pieno, tra cui un’esuberante e imponente scultura a forma di grappolo da 75 kg di peso che ha avuto l’onore di fare bella mostra di sé all’International Art Expo di New York. Fino alle cornici in vetro e ottone con decorazioni con l’antica tecnica della cera persa. E ancora i vasi, realizzati ciascuno in un solo esemplare. Uno spettro di produzione talmente ampio che trova un solo limite. «Non riesco a fare quello che non sento» confessa Zora. Una creatività che viene da dentro, insomma. E che dall’artigianato sfocia naturalmente in qualcosa chiamato arte. (redazionale)

dove

Zora da Venezia Gallery: S. Marco, 2407 - 30124 Venezia • Italy Telefax 0039 041 2770895 www.zoradavenezia.com • zoradavenezia@libero.it


L’illustre incontra un mito: Michel Platini

“LE ROI” EN VENISE di PIERLUIGI TAMBURRINI


Michel Platinì durante la finale di Coppa Intercontinentale del 1985 a Tokyo in un ritratto di Doriano Strologo Dalla Monarchia alla Repubblica. Da le Roi, riconoscimento conquistato sul campo di gioco per acclamazione degli stadi, a monsieur le Président, titolo ottenuto nei direttivi che governano lo sport più bello al mondo. Del re dei campi di gioco, a un quarto di secolo dal suo ritiro, ad appena 32 anni, ha perso la forma smagliante e la linea filiforme. Sostituite da una sana pancetta da quasi sessantenne e da un po’ di stempiatura. Ma da presidente dell’Uefa ha mantenuto la stessa ironia tagliente che lo portava a rispondere, a chi accusava i calciatori di essere delle scimmiette ammaestrate, che «anche Einstein avrebbe fatto la figura del cretino se fosse stato intervistato due volte al giorno». Una frase che, più di tutti i libri dedicati alla sua biografia, e sono stati tanti, sintetizza il pensiero di Michel Platini. Tre volte Pallone d’oro, due scudetti in Italia con la Juventus e uno in Francia con il SaintEtienne. E poi, sempre con le zebre di Trapattoni, una Coppa dei Campioni, che mancava a una italiana da quarant’anni, una Coppa delle Coppe e una Intercontinentale. Oltre a un Europeo e due semifinali mondiali con la Francia, che riportò nel calcio che conta. Da le Roi, da calciatore, non aveva mai giocato a Venezia. Da monsieur le Président l’ha scelta per la riunione, all’Hotel Monaco, del board Uefa, l’Unione Europea del pallone. Una riunione importante. L’ultima prima

della fase ad eliminazione diretta delle coppe continentali e soprattutto la prima dopo aver stabilito il calendario del Campionato europeo di calcio 2012. Decise una serie di norme su casi particolari che si potrebbero verificare all’Europeo, altre sull’allargamento dell’Europeo femminile e sull’assegnazione al Belgio del Mondiale 2014 di futsal. Il calcetto per i comuni mortali. Ma soprattutto fatto il bilancio dei dividendi dello stesso Euro 2012 alle varie federazioni calcistiche. Gestendo una cifretta di appena 498milioni di euro. Resta attento all’immagine, Platini, e entrando in sala stampa blocca un fotografo che stava per scattare prima che si allacciasse la cravatta. A domande sul fair-play finanziario, il calmiere alle spese pazze del calcio propugnato dallo stesso Platini, taglia corto: «Vengo alle conferenze con l’avvocato – riferendosi a Gianni Infantino, il ticinese segretario generale dell’Uefa e ombra di Platini – perché so che non si parla di calcio». Ma poi non risparmia stoccate a Blatter, il patròn della Fifa, l’Onu del calcio. Alle domande risponde in francese, da dirigente consumato che sa che poi si può sempre dare la colpa al traduttore. Tranne a quelle sulla Juventus. Parlando della “sua” squadra risponde in italiano. E ci sarà un perché.


Presidente, come va la preparazione a Euro 2012. Le nazioni ospitanti, la Polonia e l’Ucraina, non erano ritenute da molti in grado di organizzare un evento di tale portata. È stata una grossa sfida, formidabile non solo per Polonia e, soprattutto, per Ucraina ma anche per la Uefa. Ma siamo in procinto di vincere questa scommessa anche perché il nuovo governo ucraino ha lavorato con grande impegno negli ultimi anni tenendo in considerazione l’Europeo nei suoi piani. Gli stadi sono stati ultimati. Mancano ancora due cose. Da una parte il numero degli alberghi è probabilmente insufficiente. Ed è difficile che, con la crisi in atto, che si investisse sull’ospitalità per tre settimane di partite. E dopo l’albergo con chi lo riempi? Poi manca ancora, in parte, l’organizzazione, ma questo è un problema risolvibile. Hanno bisogno di esperti e la Uefa metterà a disposizione il suo know-how. Non dimentichiamo, però, che per queste due nazioni organizzare l’Europeo vuol dire fare un salto qualitativo di 30 anni. Vuol dire un generale rinnovamento o ampliamento delle infrastrutture. Non siamo ai livelli di Germania, Inghilterra, Francia o Italia, ma c’è stato un grande salto in avanti. Ecco, traspare dalla sua dirigenza una volontà di favorire le nazioni ai margini del calcio che conta. Anche nelle Champions’ League i nuovi regolamenti hanno dato possibilità a squadre di campionati minori. I fatti sembrano averle dato ragione con i ciprioti dell’Apoel e gli svizzeri del Basilea che hanno passato il turno. Qualcuno ha parlato di socialismo reale del calcio... (ride) Non so nemmeno cosa significhi socialismo reale. Secondo me questa è una bugia. (sorride di nuovo) Se lo dice lei... Comunque il Basilea e l’Apoel dimostrano che quello che conta è il campo. Poi queste due squadre non hanno grandi nomi, ma hanno avuto quest’anno dei nuovi arrivi importanti. Magari qualcuno è contento perché sono piccole squadre che vincono contro le grandi. Beh, io ho iniziato giocando con la più grande squadra della Lorena, sono passato alla più grande di Francia e ho finito con la più grande del mondo. E quando perdevo con le piccole mi arrabbiavo. Quindi non dico che vada bene o male. Dico che bisogna rispettare quanto avviene sul campo. E che il calcio è irrazionale. Bisogna rispettare il verdetto del campo anche per Lione - Dinamo Zagabria sette a uno, ultima partita del girone di qualificazione? Guarda caso l’unico risultato che poteva permettere la qualificazione ai francesi ai danni dell’Ajax, cui sono stati annullati due goal a Madrid... Io l’ultima partita col Saint-Etienne l’ho vinta sette a zero. Ci eravamo comprati la partita...? Il nostro sistema di rilevamento scommesse, nel caso di Lione - Dinamo Zagabria, non ha segnalato nessun flusso anomalo. Queste partite alla fine del turno, quando mancano motivazioni, ci possono stare. Magari si può leggere la partita sul fatto che i croati non avevano una buona difesa. Le ripeto, il calcio è irrazionale. Alle italiane invece è andata bene. In tre hanno superato il turno. È la rinascita del calcio Tricolore? Avete agli ottavi il 33 per cento di squadre in più di Francia o Inghilterra. Che volete di più voi italiani? Vi volete ancora lamentare? E poi quando mai siete

stati in crisi? L’Inter ha vinto la Champions lo scorso anno, il Milan tre anni fa. In Francia la coppa manca da vent’anni. Poi se tre italiane passano il turno vorrebbe dire che il calcio italiano è rinato? Certo, fino al prossimo turno. E se al prossimo turno le italiane uscissero tutte e tre, e non ve lo auguro, ci mancherebbe, cosa direte? Quanto è brutto il calcio italiano? Su, il calcio è... c’è una parola in italiano che rende l’idea meglio del francese... alea... Aleatorio? Ecco, il calcio è aleatorio. Il problema del calcio italiano semmai è un altro. Il solito problema degli stadi. Dovreste fare uno sforzo a livello politico per avere stadi migliori, adatti al calcio italiano. E la tessera del tifoso? Dei tifosi del Venezia Calcio sono venuti a incontrarmi per parlarmi della tessera del tifoso e me ne hanno consegnata una. Ma ho detto anche a loro che è un problema nazionale italiano, del responsabile de... de sécurité...come si dice in italiano? Del Ministero dell’Interno. Ecco del Ministero dell’Interno. È una questione di ordine pubblico, non calcistica, quindi non c’è competenza Uefa. A livello continentale resta lo scarso appeal della seconda coppa, l’Europa Leauge. Le due squadre di Manchester hanno preso come una retrocessione l’eliminazione dalla Champions’ e dover quindi giocare l’Europa Leauge. Il mondo non gira attorno all’Inghilterra. Se il Manchester si ritrova in Europa League non è un buon motivo per criticarla. E invece come vede la Nazionale italiana in vista dell’Europeo? Prandelli sta lavorando bene. Per forza Prandelli sta andando bene, da calciatore è stato cinque anni con me alla Juve... a parte gli scherzi Prandelli aveva fatto gia’ un grande lavoro con la Fiorentina. Avete scelto un bell’uomo, un bel personaggio e un tecnico bravo. L’Italia sta tornando a qualcosa di interessante, ha trovato gente che segna e Buffon sta tornando in forma. C’è chi para e chi fa gol e questo è importantissimo. Ora sarà compito di Prandelli quello di mettere intorno a questi giocatori una bella squadra che può vincere. Anche la Francia sta crescendo, ma fare peggio dell’ultimo mondiale non era possibile... Una bella finale Italia - Francia? Mi interessa di più che l’Europeo vada bene. Se proprio dovessi tifare vorrei che una squadra europea battesse i brasiliani ai Mondiali di Brasile 2014. Siamo già andati in Africa a vincere, con la Spagna prima squadra europea a vincere in un Mondiale organizzato fuori dall’Europa, e questo vuol dire che il nostro calcio funziona molto bene. Anche a questo Europeo, come all’ultimo Mondiale, assisteremo a una sfilza di svarioni

Sopra: Michel Platinì, accompagnato dalla moglie (all’ interno del taxi), arriva a Venezia per partecipare ad un incontro di lavoro della Uefa arbitrali? Perché non utilizzare la tecnologia nel calcio? Si torna a parlare di introdurre almeno dei sensori sulla linea di porta per essere certi se sia gol o meno. É una questione difficile. Abbiamo già due occhi per vedere. Più che la tecnologia preferirei i due arbitri aggiuntivi. Secondo la Fifa un sistema con 5 arbitri costa, ed è vero. Ma costa anche la tecnologia. Perché una volta applicati i sensori sulla linea di porta cosa facciamo, ci fermiamo lì? Affidiamo la scelta se è goal o meno all’elettronica e il fuorigioco o i rigori li decidiamo senza tecnologia? Con due sistemi di giudizio diversi nella stessa partita? Ritengo che l’arbitraggio umano sia preponderante sulla tecnologia. Su questo lei e Blatter non la pensate allo stesso modo... Secondo me la proposta dei cinque arbitri a Blatter non piace perché non è un’idea sua. Dopo l’Europeo vedremo cosa deciderà l’International board della Fifa. Chi è davvero rinata è la Juventus. Vederla al vertice della classifica è il segno che è finito il periodo per il calcio italiano iniziato con Calciopoli? Si, può essere un modo di leggere questo risultato, in maniera simbolica. Spero venga concluso, quel periodo, anche in maniera formale per quanto riguarda i diverbi tra Inter e Juventus. Massimo Moratti e Andrea Agnelli sono due persone per bene, sapranno chiarirsi. Il tavolo della pace sarebbe una buona cosa. Questo comunque può essere l’anno buono per la Juve. Hanno una buona squadra, un allenatore capace e grintoso, e anche, lo sottolineo, un bellissimo stadio. E anche quello fa la differenza. Poi sarà il campo a decidere. Che rapporto mantiene con la Juventus? Resta un rapporto affettivo con la Juve che ha vinto tantissimo e mi ha fatto vincere tantissimo. E un rapporto affettivo con la famiglia Agnelli. Sono passati comunque ventiquattro anni. É cambiato tutto, sono cambiate le persone. (fa una lunga pausa) Sa cosa le dico? Cosa? Che si invecchia.



Caterina adocchiava l’animazione delle strade, in quegli ultimi scorci del carnevale. Non riusciva a distinguerne che una piccola parte. La finestra di casa affacciava sullo spazio angusto del rio e la via principale, dove le maschere transitavano ballando e scherzando come un interminabile, sinuoso, serpente policromo, poteva essere intravista solo per uno scorcio. Da “L’amante del doge” di Carla Maria Russo

LIBRI &co. LIBRI LIBRI pagine a cura di SHAULA CALLIANDRO Per segnalazioni editoriali scrivere a shaula@calliandroeditore.it

questo mese parliamo di: il carnevalde dei bambini, idee per i più grandi, notizie dal mondo dell’editoria, libri dedicati a venezia, una enciclopedia storica e dieci idee per la nostra (e vostra) libreria...


Grandi idee per i più piccoli

CHE FESTA RAGAZZI! Gilbert Delahaye Martina al Carnevale di Venezia Gallucci Editore Pagine 21 Prezzo € 6,90 Gina Bellot Comandi, Sior Paròn! Storie e storielle del Carnevale di Venezia Nuove Edizioni Romane Pagine 112 Prezzo € 9,00 Lucia Salemi Arlecchino a Venezia Emme Edizioni Pagine 40 Prezzo € 13,90

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Carneva le sig n if ica maschere, color i, stelle f ilanti e coriandoli. Quale momento migl iore per d ivert irsi? Soprattutto per i bambini, questo periodo è atteso con ansia per tutto l’anno per fare scherzi, vest irsi nei panni dei loro eroi preferiti di cartoni o fumetti, o semplicemente per iniziare a respirare l’aria settecentesca d i una festa antica con costumi da dama o gentiluomo veneziano. Ma il carnevale è anche occasione per imparare cose nuove, avvicinarsi alle tradizioni e vivere Venezia in modo diverso ed amarla ancora di più, f in da piccoli. Perché non cominciare dalle maschere veneziane? Colombina e Pantalone, ma anche altre non veneziane come Pulcinella ed Arlecchino. Questi personaggi animano il libro di Gina Bel lot “Comand i , Sior Paron! – Storie e storielle del Carnevale di Venezia” ( Nuove Edizioni Romane): mille curiosità, giochi, canti e balli raccontate come solo una veneziana doc come l’autrice può fare. Non mancano poi i raccont i con protagon iste

le maschere stesse: “Arlecchino a Venezia” di Lucia Salemi ( Emme Edizioni) racconta con brillanti ed espressive illustrazioni una colorat issima sarabanda ambientata a Venezia. Di g uaio in g uaio, Arlecchino e Pantalone saranno impegnati nella ricerca del loro cagnolino. Immancabile, infine, una delle av venture di Martina, bambina intraprendente e curiosa creata dal lo scrittore belga Gilbert Delahaye (1923-1997), serie pubblicata in molti paesi che ha raggiunto i sessanta titoli. Uno di questi, “Martina al Carnevale di Venezia” (Gallucci Editore), vede la bambina protagonista di un’av ventura straord inaria. Patapunf è impegnato nelle riprese di un f ilm a Venezia, mentre nel la città impazza i l Carnevale. Mart ina incontra un misterioso principe e lo segue per calli e per ponti. Sarà dav vero f iglio di un re? O forse è solo un gioco? È questa, in fondo, la magia delle maschere. Dunque buon divertimento e buona lettura a tutti i bambini!

Colori, stelle filanti, coriandoli, maschere e la gioia del travestimento: alcune idee per rendere speciale il carnevale dei bambini


Giuseppe Campolieti Storia di Policinella Cetrulo il giramondo Raccontata per la prima volta da lui medesimo Grimaldi & C. Editori Pagine 136 Prezzo € 20,00

Giu se pp e C a m p ol ie t i , ce lebre g ior n a l i st a , pre m i ato n a r r atore e st i m ato sa g g i st a , f i r m a q ue sto e le g a nt e volu me ne l q u a le v ie ne n a r r a t a l a stor i a d i P u l c i ne l l a , l a m a sc he r a n ap ole t a n a p e r e cce l le n za . A n z i , come d ice lo st e sso t itolo, l a su a stor i a v ie ne “r a ccont at a p e r l a pr i m a volt a d a lu i me de s i mo”. D op o e sse r s i de d ic ato a sa g g i e l ibr i stor ic i , l’au tore pre nde i n e sa me u n’a lt r a p a r t e d i stor i a , u g u a l me nt e i mp or t a nt e e r apprese nt at i va de l l’u n it à lo c a le e n a z ion a le . I l l ibro è r icc a me nt e comple t a to d a color at i ss i me i l lu st r a z ion i d i L e l lo E sp os ito, noto a r t i st a n ap o le t a no.

Carla Maria Russo L’amante del doge Piemme Pagine 272 Prezzo € 10,00

1755. Il carnevale veneziano è all’apice dell’ebbrezza e della festa. Caterina Dolfin partecipa di nascosto a una festa in casa del console inglese Smith per dimenticare per qualche ora i dispiaceri che l’assillano: la morte del padre, la povertà e le nozze imminenti con un uomo che detesta. Nella biblioteca del palazzo, dove si rifugia per sfuggire al frastuono degli invitati, incontra Andrea Tron, potente uomo politico, cui tutti predicono un futuro da doge. Stregato dalla bellezza di Caterina e abituato a soddisfare ogni capriccio, le propone un cinico patto: abbandonare il marito e divenire la sua amante, in cambio della sicurezza economica e della promessa di non intromettersi nella sua vita privata.

Sergio Zaccaron Faces Volti truccati del carnevale veneziano Vianello Libri Pagine 180 Prezzo € 19,00

Questo volume è il risultato di anni di appassionato lavoro di un fotoamatore triestino, Sergio Zaccaron, che ha raccolto un’infinità di immagini coloratissime di volti senza maschera, accuratamente truccati e ripresi in atteggiamenti spontanei e suggestivi. E’ un’abitudine tutta veneziana, infatti, truccarsi il volto a proprio piacimento per creare una suggestiva ed originalissima maschera, in base al costume indossato ed ai gusti di ciascuno. Creazioni amatoriali o professionali alle quali tutti hanno la possibilità di accedere: sono molti infatti i ragazzi disponibili a truccare le persone, disseminati in tutta la città. Accompagnano le fotografie i bellissimi testi di Renato Pestriniero, scrittore veneziano.

Alessandro Bressanello Il Carnevale in età moderna 30 anni di Carnevale a Venezia 1980 – 2010 Studio LT2 Pagine 296 Prezzo € 30,00

Nel 1797 si tiene l’ultimo Carnevale “storico” di Venezia, e pochi mesi dopo cade la Repubblica per mano di Napoleone. Da quel momento il Carnevale viene abolito assieme ad altre usanze; per quasi due secoli non rimane che un ricordo della festa. Per capire la rinascita del Carnevale di Venezia, che viene solitamente datata nel 1980, bisogna inquadrarla nel contesto degli anni precedenti. Nel ‘79 la Scuola Grande San Marco organizza il Volo della Colombina riproposto per la prima volta davanti a migliaia di veneziani, alcune feste e spettacoli ed il martedì grasso, il Gran Ballo in piazza San Marco e il falò del Pantalone che chiude i festeggiamenti.


editoria

UN FILM RACCONTERÀ LA STORIA DI GIANNI RODARI

“Un sasso nello stagno. Storia e storie di Gianni Rodari” è il primo film documentario dedicato al grande scrittore. Ne traccia un ritratto inedito, ripercorrendo le tappe della sua vita, la sua formazione e l’evoluzione del suo pensiero poetico, guardando soprattutto agli aspetti che hanno inciso e continuano a incidere sull’immaginario contemporaneo. Il film è stato realizzato partendo dall’archivio della Rai, televisivo e radiofonico, e attingendo agli scritti di Gianni Rodari. Prodotto da Fondazione Aida Teatro Stabile di Innovazione, Rai Trade e Adriano Salani Editore, sarà in vendita dalla prossima primavera in un cofanetto contenente un dvd ed un libro con alcune testimonianze di personaggi di spicco della cultura nazionale.

FELTRINELLI LANCIA UNA COLLANA DIGITALE La casa editrice Feltrinelli guarda al futuro con la sua prima collana esclusivamente digitale: si tratta di Zoom, che vedrà protagonisti i grandi nomi del catalogo Feltrinelli, in un formato digitale tre volte più accessibile: per prezzo, pagine e portabilità. I primi venticinque titoli saranno disponibili su tutte le piattaforme di vendita online al costo di 0,99 euro. La collana propone romanzi inediti pubblicati esclusivamente in versione digitale, racconti dei grandi nomi della letteratura italiana ed internazionale, ed estratti di alcuni volumi. E’ online il sito dedicato alla collana, zoom.feltrinelli.it.

IMMAGINI PER SOLIDARIETÀ DALLA GRANDE MELA

Un decennio che non si può dimenticare. 2001-2011: New York ha visto il crollo delle Torri Gemelle. Un dramma indimenticabile e che passa anche per Venezia con lo scopo di aiutare i bambini africani. Il fotografo veneziano A ndrea Pancino e l’artista venezian Luigi Voltolina hanno realizzato un’ interessante serie di 12 scatti che ritraggono la città della Grande Mela grazie a una tecnica mista che prevede l’utilizzo di colori acrilici su tela stampata. Le immagini sono state prima esposte a Ca Rezzonico a Venezia e poi raccolte in un calendario voluto dal Gruppo Poligrafico Firma di Pianiga (Venezia). Il ricavato dalla vendita dei calendari sarà devoluto ai bambini di Suor Nadia Monetti, in Kenya, che, attraverso spedizioni seguite direttamente da alcuni volontari, aiuta e garantisce la possibilità di istruzione a molti bambini, prov vede ad adottare bambini a distanza, verifica con i propri volontari i lavori nelle strutture e costruisce pozzi d’acqua.

LA CACCIA AL TESORO PIÙ GRANDE DEL MONDO, E IL LIBRO DIVENTA INTERATTIVO Un intricato labirinto fatto di citazioni, suggestioni, evocazioni appassionerà grandi e piccoli alla ricerca della soluzione finale e del premio di 50.000 euro in palio per il vincitore. Il volume “La caccia al tesoro più grande del mondo”, edito da Sonda, si consulta insieme a Google Earth, la mappa interattiva che permette di visitare ogni singolo luogo della superficie del globo. Una volta raccolte tutte le quattordici soluzioni, grazie anche agli indizi su Twitter dell’autore Dedopulos, ideatore di fama internazionale di puzzle rompicapo, combinate fra loro formeranno un unico disegno che condurrà in uno specifico posto localizzato su Google Earth. Il concorso terminerà il prossimo 31 marzo ed il vincitore verrà annunciato ad aprile durante una conferenza stampa internazionale.


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SELEZIONE VENEZIA

Venezia, all’aprirsi del Settecento, si presenta come un luogo in cui l’eccesso e l’enfasi si placano. Gli spazi interessati dalla decorazione sono soprattutto le stanze più segrete, i luoghi intimi. Alle magniloquenti allegorie dell’epoca barocca si sostituisce un linguaggio più lieve, ricco di elementi naturalistici e leggiadri decori. Anche le

Paolo Gallina, di Castelfranco Veneto, professore associato di Meccanica Applicata presso il Dipartimento d’Ingegneria Meccanica e Navale di Trieste, dopo tante pubblicazioni scientifiche propone un romanzo fantastico, surreale e poetico. Racconta la storia di Ramio, miniatore di chicchi di caffè che vive in un barattolo di latta. Un giorno, si ritrova nel mondo

Massimo Favilla, Ruggero Rugolo Venezia ‘700 Sassi Editore Pagine 272 Prezzo € 49,00

Claudio Dell’Orso Dizionarietto erotico veneziano Studio LT2 Pagine 190 Prezzo € 16,00

tinte si stemperano: dall’abbacinante biancore intessuto d’oro degli stucchi si passa alle soffici, riposanti tonalità pastello. Con un apparato fotografico spettacolare, gli autori scoprono una Venezia diversa, aprono le porte di palazzi sconosciuti, svelano i segreti della vita quotidiana dell’aristocrazia veneziana del Settecento, con i suoi vestiti, i suoi oggetti per la toletta, i suoi gusti raffinati per l’arredo, per l’arte, la musica, il teatro e la pittura.

Elenca piatti afrodisiaci, strumenti gaudenti, figure imprevedibili. Un clou di passioni, cronache, sollazzi, imbarazzi qui racchiuso e svelato (quasi sempre) per la prima volta. Per il filone erotico-morboso lagunare, Claudio Dell’Orso è autore di “Venezia Erotica”, “Venezia Libertina”, “I segreti dei conventi”, “Boccaccia di Leone”, “Nero Veneziano”. Il suo ultimo best seller “Venezia sconta” ha avuto tre edizioni in un anno.

Questo dizionaretto, seriosamente frivolo, vuole sorprendere. Come un inaspettato Liston, struscio serale nella Piazza San Marco d’antan, incrocia personaggi storici, letterati a luci rosse, donne di cuori e piaceri, predatori d’alcove, artisti. Rivela pure i bunga bunga della “camorra veneziana”. Irrompe in situazioni, accadimenti, luoghi.

Paolo Gallina Il miniatore di chicchi di caffè Morganti Editori Pagine 288 Prezzo € 14,50

Ada Adamo Bazzani El parlar de la mama Libreria Editrice Luciano Filippi Pagine 192 Prezzo € 20,00

esterno per la prima volta, precisamente a Venezia, dove incontra Rita, di cui si innamora. Deciso a conquistarla, vorrebbe subito tornare in laguna; purtroppo però, il suo secondo viaggio lo catapulta in Medio Oriente. Tra tanti amici, personaggi e pericoli, Ramio sognerà sempre il suo ritorno in Piazza San Marco ed il tanto desiderato incontro con Rita.

attraverso “esercizi metodici e graduati, rivolti a combattere gli errori di ortografia, più frequenti perché favoriti dal dialetto”. E così, nacque in tutta Italia una serie di volumetti contenenti racconti, poesie, canzoni in dialetto e tradotte in italiano. In Veneto, si distinse Ada Adamo Bazzani (1886-1971), insegnante della scuola “A. Diaz” di Venezia. L’editore Filippi, da sempre dedito all’eccellenza nella pubblicazione di libri contenenti documenti storici veneziani, propone una raccolta di questi volumetti.

Nel primo ‘90, il dialetto era l’unica lingua parlata dai bambini nelle famiglie veneziane: un linguaggio caratterizzante non certo incoraggiato dalle disposizioni ministeriali che si susseguirono dal 1923. In questi anni, infatti, venne disposto l’obbligo di insegnamento della lingua italiana

Antonio Velleca Spritz & love Supernova Pagine 192 Prezzo € 12,00

Quattro giovani in cerca della loro dimensione esistenziale raccontano con il loro linguaggio crudo e diretto le emozioni, le paure e i sogni di una generazione (la Spritz generation) non ancora matura, ma che si sta avvicinando sempre di più, giorno dopo giorno, all’età delle grandi scelte e delle responsabilità. In un

esilarante susseguirsi di disavventure sentimentali, e non solo, e dialoghi irriverenti, i loro percorsi di vita si intrecceranno e prenderanno traiettorie del tutto inaspettate sullo sfondo di una Venezia dalla vitalità insolita che trapela in ogni sua espressione freschezza, sensualità e, per l’appunto, l’atmosfera sempre festaiola e frizzante della movida dello spritz di Campo Santa Margherita. Nelli-Elena Vanzan Marchini Venezia la salute e la fede Dario De Bastiani Editore Pagine 216 Prezzo € 8,00

Gli antichi veneziani, quando scelsero di rimanere nella laguna trasformando un arcipelago in città, dovettero aguzzare l’ingegno per sopravvivere in un ambiente dai precari equilibri idrogeologici. Le scelte mercantili della Repubblica, garanzia di sviluppo e ricchezza, la esponevano però anche ai contagi.

Pertanto il Senato creò il primo lazzaretto della storia (1423) ed il Magistrato alla Sanità (1486), che monitorò il Mediterraneo per individuare i focolai di infezione e arginare le epidemie. Venezia offrì un modello di riferimento per la prevenzione e difese la salute dei suoi abitanti articolando una fitta rete di ospedali, fraterne e luoghi pii. Il volume ne traccia la storia, illustrando anche la nascita dei molti ospedali ottocenteschi giunti fino al Novecento.


Il libro del mese

Supernova lancia l’enciclopedia su Venezia

L’editore ed autore Giovanni Distefano presenta la sua nuova ed ambiziosa opera editoriale: l’ “Enciclopedia Storica di Venezia”, edita da Supernova. Un libro che non vuole essere soltanto una cronologia dei fatti veneziani, ma anzi ha l’obiettivo di abbracciare tutti gli aspetti che hanno fatto grande Venezia in passato e che, nel presente, la rendono unica, creando le basi per il futuro. Un dizionario enciclopedico, frutto di trent’anni di studi dell’autore, che ne sintetizza le conoscenze e riordina sistematicamente in ordine alfabetico il sapere nei vari campi della conoscenza e dei vari settori, fornendo un insostituibile strumento di consultazione per soddisfare ogni genere di domanda sulla no-

stra città. Il libro si pone come ideale complemento all’opera “Atlante Storico di Venezia”, pubblicato ugualmente a firma di Giovanni Distefano: un volume che illustra cronologicamente i più importanti avvenimenti veneziani. Si va quindi dalla storia vera e propria, agli uomini che hanno fatto grande la Serenissima a coloro che animano la città odierna. E tra di essi, siamo molto fieri che al nostro nome siano state dedicate ben due voci: l’una riservata all’editore e ristoratore Giuseppe Calliandro, l’altra alla nostra antica e rinnovata testata L’Illustre, in tutta la sua tradizione e storicità. Perchè Venezia scrive la sua storia quotidianamente, anche oggi, e questo volume ne offre viva testimonianza.

Giovanni Distefano Enciclopedia Storica di Venezia Supernova Pagine 1.312 Prezzo € 60,00 Sopra: la copertina dell’Enciclopedia Storica di Venezia; in alto l’ inserto speciale dedicato alle Grandi Battaglie della Serenissima


La nostra libreria Idea n. 1

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Glenn Cooper Il marchio del diavolo Editrice Nord Pagine 434 Prezzo € 19,60

Glenn Cooper, autore di bestseller internazionali, trae ispirazione dalla storia e dai suoi illustri personaggi per costruire trame intricate ed appassionanti, che tengono il lettore con il fiato sospeso fino all’ultima pagina. Nel nuovo romanzo, la storia inizia nel 1139, anno a cui risale la profezia di Malachia. Un segreto che coinvolge lo scrittore inglese Christopher Marlowe ed il suo “Dottor Faust”, dove si nasconde la chiave per svelare il mistero. Perché il Papa è morto, il conclave è alle porte e la profezia sta per compiersi.

Carlo A. Martigli L’eretico Longanesi Pagine 504 Prezzo € 17,60

Dopo il grande successo del thriller storico “999 L’ultimo custode”, l’autore torna a stupire i lettori con un nuovo appassionante romanzo ambientato nel Rinascimento fiorentino. Nel 1497, all’indomani della morte di Pico Della Mirandola, la città è preda delle lotte di religione. Tutto è in mano a un frate, Girolamo Savonarola, che cerca in ogni modo di cancellare l’eredità culturale di Pico: perché? Intanto, dal lontano Tibet, due monaci sono in cammino verso Occidente, e portano una testimonianza straordinaria, l’Ipsissima Verba, le parole dell’uomo che rivoluzionò il mondo con il nome che gli apparteneva un tempo: Gesù.

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Idea n. 2 John Grisham I contendenti Mondadori Pagine 408 - Prezzo € 20,00 Idea n. 3

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Idea n. 4 Viola Di Grado Settanta acrilico trenta lana Edizioni e/o Pagine 192 - Prezzo € 16,00 Idea n. 5 Zoran Zivkovic Sette note musicali Tea Pagine 137 - Prezzo € 10,00 Idea n. 6

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Idea n. 7 Gaetano Cappelli Baci a colazione Marsilio Pagine 144 - Prezzo € 16,00 Idea n. 8

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Idea n. 9 Luis Sepúlveda Ultime notizie dal sud Guanda Pagine 168 - Prezzo € 16,00 Idea n. 10 Margaret Mazzantini Mare al mattino Einaudi Pagine 128 - Prezzo € 12,00

Antonia Arslan Il libro di Mush Skira Pagine 136 Prezzo € 15,00

Nel bestseller “La masseria delle allodole”, Antonia Arslan ha raccontato le strazianti vicende della sua famiglia armena, devastata durante il Genocidio del 1915: gli uomini massacrati, i vecchi, le donne e i bambini deportati, derubati e costretti a subire violenze e soprusi. In questo nuovo romanzo l’autrice torna ad affrontare la “Shoah del popolo armeno”, da molti considerata il primo genocidio della storia moderna, soffermandosi su un episodio di amore ed eroismo: tre donne coraggiose si fanno segretamente carico di un libro di grande valore, smembrandolo in tre parti. Il romanzo è la storia toccante del loro tentativo di portare in salvo questa preziosa memoria della loro comunità, anche a rischio della vita.

Luca Caioli Messi Il primo libro sul giocatore più forte del mondo Dalai Editore Pagine 320 Prezzo € 17,00

Leo Messi è uno dei più acclamati calciatori del mondo: considerato l’erede di Maradona e premiato tre volte con il Pallone d’Oro, i suoi gol hanno permesso al Barcellona di vincere due Champions League in tre anni. Ma la sua storia parte da lontano, un cammino difficile a causa di un problema fisico: il deficit dell’ormone della crescita, se non curato adeguatamente, gli avrebbe impedito di crescere e vivere normalmente. Il club Blaugrana si è preso cura di lui, appena tredicenne, grazie ad un contratto firmato in un tovagliolo di carta dai suoi genitori. Una firma che ha trasformato il futuro di Leo Messi. Il libro racconta la sua vita attraverso decine di interviste.


Uno sguardo inedito sui transatlantici che quotidianamente attraversano Venezia

LA CITTà CHE GUARDA LE NAVI foto di manuel silvestri Quando sui giornali di tutto il mondo è scoppiato il caso delle grandi navi che fanno quotidianamente la barba a Piazza San Marco la vicenda, vista con i nostri occhi, aveva tutta l’aria della cosiddetta “non notizia”. Nulla di nuovo sotto il sole. Da anni le navi da crociera attraversano bacino San Marco. Si tratta di una abitudine: lo è per gli equipaggi delle navi che fanno il cosiddetto “inchino” alla città ad ogni levata di ancora, lo è per i passeggeri (il transito nel cuore della laguna è naturalmente ben segnalato nelle brochure dei principali operatori di cruising), lo è per il veneziano medio che guarda e passa. L’effetto finale è quello dell’elefante nella vetreria ma “a conti fatti” la città ha sempre sopportato questo traffico astronavale turandosi il naso alla bell’e meglio. D’altronde qui si vive di turismo e il valore del crocerista medio è un indice tenuto in elevata considerazione dagli operatori, diretti e indi-

retti, del settore. Adesso la questione non è mai stata così al centro del dibattito e la domanda è semplice: dopo il dramma della Costa Concordia, naufragata ad un passo dal porticciolo dell’isola del Giglio, che succederebbe se una di queste navi sfuggisse al controllo e s’infilasse a San Marco o giù di li? La domanda è lecita. E se l’è posta non solo la città ma tutto il mondo di recente: articoli sono comparsi su numerose testate di rilievo internazionale. Se ne potrebbe discutere ancora ma la retorica avrebbe il sopravvento. A prendere opposizione sul tema sono stati enti, comitati cittadini e rappresentanze di categorie: ognuno con la sua motivazione pro o contro le grandi navi. Noi vogliamo affrontare il tema ponendoci una domanda diversa: qual è l’effetto transatlantico visto da terra? In qual modo Venezia guarda le navi? La risposta, nelle pagine seguenti, in questo viaggio de L’illustre tra immagini di calli veneziane e imbarcazioni di dimensioni extra-large.


Due viste, una di giorno e una notturna, di bacino San Marco dal campanile dell’Isola di San Giorgio


Al tramonto una nave incrocia davanti a Punta della Dogana vicino a San Marco; sulla sinistra si nota il rimorchiatore che la guida



Uno scorcio di via Garibaldi, a Venezia, ridisegnato dal transito di una nave da crociera a un passo dai giardini della Biennale


Una grande nave si avvia alle Bocche di Porto dopo aver salutato Venezia



Indugiando fra San Marco e le Mercerie

IN “BOCCA” DI PIAZZA

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di Carlo sopracordevole

Il passaggio che al termine delle Mercerie sbocca in Piazza San Marco, è noto con la denominazione di “Bocca di Piazza”. Soffermiamoci un poco su questo posto e mettiamo in evidenza come esso sia sovrastato dalla famosa Torre dell’Orologio, costruita tra il 1496 e il 1499 dall’architetto Mauro Codussi, costituendo una delle tante attrattive di Piazza San Marco. Alla fig.1 vediamo una cartolina che riprende la parte alta della Torre a celebrazione

dei 50 anni della costituzione del Rotary Club di Venezia che in quell’occasione aveva provveduto a un restauro parziale. Mi sembra poi interessante riportarne l’immagine in una ricostruzione (semplificata, come si nota dal confronto con l’originale) che fu allestita 100 anni or sono a Roma in occasione delle celebrazioni del Cinquantenario dell’Unità d’Italia (fig.2). Così, sia pure indirettamente, andiamo a ricordare i 150 anni dell’Unità italiana.


L’imponente passaggio di persone ne fa un luogo ideale per attività commerciali. Così, la Bocca di Piazza vede sul suo angolo destro un caffè, il bar Americano, un esercizio presente, credo, da un buon secolo; ma cosa ci sarà stato là nei periodi precedenti? La riproduzione della parte iconografica non di una cartolina – che non esisteva ancora nella forma di “illustrata”– ma di una fattura del 1878 (fig.3) ci consente di scoprire che allora c’era un negozio con tutt’altra attività commerciale: “L. Contento, Piazza S. Marco sotto l’Orologio n° 302” che vendeva tessuti in genere, come si può constatare dall’immagine e dai testi che l’accompagnano. Alla fig.4 mi piace riprodurre anche una simpatica cartolina degli anni ’60, edita da Zago, che durante una fase di acqua alta ci mostra una gondola nell’atto di entrare nel bar dalla porta che si apre sulla piazza, al civico 302A. Intanto, un gruppo di gente salita sulle apposite passerelle posizionate proprio ad uscire dall’arco di Bocca di Piazza, osserva la scena inconsueta. Il quadretto si completa con la propaganda del partito della Democrazia Cristiana che ha posto sotto l’arco un’insegna sventolante che invita a un “Votate”; per lei, ovviamente. Se poi vogliamo addentrarci nelle Mercerie, subito a destra, dopo il bar, troveremo un negozio di calzature. Quello di adesso ha una gestione recente e diversa da quello di una volta, il calzaturificio Zecchi, che ha offerto per decenni la propria merce. Vale la pena osservare due cartoline pubblicitarie di quel negozio la cui fig.5 ci mostra una pubblicità del primo Novecento della “premiata calzoleria U. Zecchi”, esibendo una gradevole illustrazione con il nome impresso sotto una delle suole della figura femminile parzialmente illustrata. Trovandosi ubicati di fronte a un altro arco, quello

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che sovrasta il Sottoportico e calle del Cappello, la perpendicolare alle Procuratie Vecchie, gli Zecchi si avvalsero della presenza del bassorilievo ivi esistente per la propria propaganda, come appare nella fig.6. Vi si illustra la figura di un personaggio storico vissuto in periodo molto più antico, quello dell’inizio del XIV secolo ed esattamente nel 1310 quando avvenne la fallita congiura capeggiata da Bajamonte Tiepolo. Il fatto è abbastanza noto anche perché l’anno scorso si è ricordato il 700° anniversario di quell’avvenimento. Facciamo quindi solo un accenno all’episodio legato alla vecia del morter (la “vecchia del mortaio”), un’anziana donna, di nome Giustina o Lucia Rossi, che abitava nelle Mercerie, a pochi metri dall’attuale Torre dell’Orologio. Oggi, alzando gli occhi, si può notare la lapide commemorativa, collocata però soltanto nel 1841, visibile nei pressi della finestra che sarebbe stata della Rossi. Sei secoli dopo, la ditta Zecchi approfittò dunque con furbizia e ingegno della posizione del negozio per la propria propaganda commerciale.

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Maria Luisa Semi è Presidente del rinomato Club

LA PRIMA DONNA DEL ROTARY a VENEZIA di maria teresa secondi

E’ una bella signora, molto elegante, dai modi gentili e raffinati. Stimatissimo notaio in Venezia, Maria Luisa Semi, veneziana, nata e vissuta a Venezia, risiede nella casa avita, nel cuore della città, a poco più di duecento metri da Piazza San Marco. Sposata, ha due figlie. L’hobby che coltiva in modo particolare è la lettura: saggistica, narrativa, i classici, gli autori degli anni Sessanta e «tutto quello che esce di nuovo». Ha vari incarichi, tra i quali quello di Consigliere Accademico dell’Ateneo Veneto, e di componente di un’Associazione fondata per celebrare i cinquecento anni della nascita del Ghetto; dal giugno scorso è Presidente del Rotary di Venezia. Prima donna ad essere eletta alla presidenza del Club. E’ stato emozionante essere la prima donna? E’un riconoscimento che fa piacere. Penso che esistano uomini di valore o di scarso livello, e allo stesso modo ci sono donne di valore o di scarso livello. In questo tipo di incarichi penso a persone, non faccio differenze di genere maschile o femminile. E sulla poca presenza delle donne in politica? Pur non amando la soluzione delle “quote rosa”, ritengo sia un modo per risolvere alcune problematiche. Nel Rotary Club di Venezia ci sono differenze fra uomini e donne? Evidentemente nel nostro club questa discriminazione non esiste. Il Club di Venezia è all’avanguardia. Alla fine del Novecento era stata segnalata la disposizione di ammettere anche le donne in seguito alla vittoria di un ricorso presentato appunto da una donna, ma non tutti i Club si sono attenuti a questa nuova indicazione. Quali le prime donne nel club di Venezia? La prima è stata Maria Francesca Tiepolo; la seconda, Giovanna Nepi Scirè, la terza io. Siamo una decina su un centinaio di soci. Come si svolge l’elezione? Ogni anno viene eletto un presidente da parte di tutti i soci su una rosa di quindici consiglieri tra i quali, in assemblea, vengono eletti i sette componenti del Consiglio. Successivamente, entro dieci giorni il Consiglio elegge il Presidente, il Vice presidente, il Segretario; Tesoriere e Prefetto vengono invece nominati eventualmente anche fra coloro che non sono consiglieri. Fa parte del Consiglio anche il Past President. Cosa rappresentano i soci? Le forze migliori, attive nel territorio, di tutte le professioni e del mondo universitario, dell’imprenditoria, del commercio. Le finalità del Club? I fini statutari a livello internazionale sono quelli di promuovere e sviluppare relazioni amichevoli tra i soci, informare ai principi di

rettitudine la pratica degli affari e delle professioni; riconoscere la dignità di ogni lavoro svolto al servizio della società; orientare l’attività privata, professionale e pubblica dei singoli al concetto di servizio; propagare la comprensione, la buona volontà, e la pace fra le nazioni attraverso relazioni amichevoli fra gli esponenti delle varie attività economiche e professionali, nel comune proposito e nella volontà di servire. Motivare i giovani e rafforzare le relazioni nel territorio con i Club più vicini, senza naturalmente trascurare i rapporti con altri club e col Rotary International. Quali le incombenze del Presidente? Il Presidente rappresenta in qualsiasi circostanza il club assumendosi la relativa responsabilità. Ha il supporto e l’aiuto del Consiglio che è organo prezioso per l’opera del Club. Quando vi riunite? Le nostre riunioni si tengono il martedì , due di queste sono denominate “caminetti” e si svolgono spesso con semplicità nella sede sociale, altre due, di solito, sono conviviali, alle quali possono partecipare anche i coniugi e gli invitati dei soci, e nelle quali si tengono delle conferenze su importanti temi di attualità. Quali i programmi svolti? Negli anni scorsi sono stati promossi vari convegni di interesse generale, ai quali poteva partecipare il pubblico veneziano. Con la presidenza di Filippo Lo Torto si è discusso su Etica e Responsabilità. Personalmente devo un sentito grazie anche al Presidente Luigi Alberotanza, che mi ha preceduto, il quale con notevole impegno e assoluto disinteresse, ha costruito un anno sociale che rimarrà nel ricordo di molti. Per il futuro? Per quanto mi riguarda spero di poter trattare la quotidianità del vivere a Venezia, ricordando che

Maria Luisa Semi, Presidente del Rotary di Venezia ritratta nel suo studio; lo scopo del Rotary è quello di promuovere l’ideale di servizio nella nostra città vi sono ancora, talvolta poco conosciute, realtà di eccellenza che saranno trattate nelle conviviali del primo trimestre. Successivamente spero di poter fare in modo che il Rotary sia una realtà in città, conosciuta e stimata, presente nei grandi e piccoli problemi della nostra vita, tenendo conto della specificità di Venezia e del fatto che i suoi problemi, nel bene e nel male, sono diversi da quelli di qualsiasi altra città. Saremo anche presenti in tutte le grandi opere realizzate dal Rotary International. Per esempio il progetto “polio plus” è un’iniziativa che è riuscita a sradicare la poliomielite in quasi tutto il mondo con la vaccinazione preventiva. Quando è stato fondato il Club di Venezia? Il 16 dicembre 1924 presso il Grand Hotel alla presenza del delegato italiano del Rotary Commendator Mylius. Socio fondatore e primo Presidente anche per i successivi cinque anni il Conte Giuseppe Volpi di Misurata. Al termine della serata inaugurale fu deliberata la somma di Lire Quattromila alla pubblica beneficenza. Tutte le notizie sono disponibili sul sito www.rotaryclubve.it



La domestica di casa Levis e il destino di un bimbo, futuro Presidente della Comunità Ebraica di Venezia

“QUANDO ERNESTA MI SALVò LA VITA”

Per un bambino è il giorno più importante dell’anno. Più importante dell’arrivo di Babbo Natale o di San Martino. È il proprio compleanno, quando la festa è tutta per te. Così non fu per un bimbo che compiva quattro anni il 6 dicembre del 1943. Mentre avveniva il rastrellamento degli ebrei veneziani da parte

dei nazifascisti, iniziato già il giorno precedente.E che portò a morte circa 240 persone, un quarto della popolazione israelitica veneziana dell’epoca, tra cui anche il rabbino Alfonso Ottolenghi. Il più vecchio aveva 90 anni, il più giovane era un neonato di due mesi.


«Molti furono gli anziani prelevati dalla Casa di Riposo israelitica o gli infermi di mente dagli ospedali psichiatrici – ricorda Riccardo Calimani, storico e giornalista di lungo corso, punto di riferimento per la comunità ebraica veneziana – Era gente che non poteva scappare nè difendersi, dimostrando ancora di più la vigliaccheria dei nazifascisti» L’orrore a Venezia era già iniziato qualche mese prima. Già il 16 settembre del 1943, appena 8 giorni dopo l’ingresso in Italia delle truppe di Hitler, si suicidava il presidente della Comunità ebraica veneziana, il medico Giuseppe Jona, per non essere costretto a consegnare agli occupanti gli elenchi degli ebrei veneziani. Per la Comunità Ebraica Veneziana il ricordo del rastrellamento del Ghetto è ancora più importante del Giorno della Memoria che cade il 27 gennaio, anniversario della liberazione del lager di Auschwitz. E quel 6 dicembre del ’43, a un bimbo fu negata la festa di compleanno con la mamma e il papà cui avrebbe avuto diritto perché già dall’ottobre precedente era iniziata per lui una lunga fuga. A salvarlo la domestica di famiglia, una ragazza poco più che ventenne. Quel bambino si è poi laureato in economia e commercio ed è divenuto uno stimato professionista. Ed è l’ex presidente della Comunità Ebraica Veneziana Vittorio Levis. Dottor Levis, una giovane contadinella riuscì a salvare due bambini... Si chiamava Ernesta Sponchiado, ed è mancata pochi anni fa. Era l’affezionata domestica che la nostra famiglia aveva potuto tenere in quanto le prime leggi razziali, che vietavano agli ebrei di avere domestici “ariani”, derogavano per le famiglie di caduti della Grande Guerra, come la mia. Successivamente anche questo venne vietato. Ma ci salvò anche la generosità della sua famiglia, dei suoi genitori e delle sue sorelle. Che ci ospitarono per quasi due anni, dall’ottobre del ’43 al maggio ’45, nella loro casa nelle campagne di San Michele di Quarto, che oggi si chiama Quarto d’Altino, rischiando la vita. Quando sento le polemiche sul comportamento di grandi uomini in quei frangenti, e le giustificazioni addotte per i loro comportamenti non sempre coraggiosi, ripenso al coraggio di Ernesta e di “nonno Bepi”, suo padre. Magari privi di studi, ma di quanti grandi uomini in meno e di quanta gente come loro avrebbero avuto bisogno i 7mila ebrei deportati dall’Italia verso i lager? Come fu il distacco dai suoi genitori? Come si fa a spiegare a un bambino di 4 anni che non deve vedere la mamma e il papà per non rischiare di essere ucciso? Mio padre mi disse che dovevo andare in campagna con Ernesta, che era per il nostro bene e, per responsabilizzarmi, che avrei dovuto badare a mia sorella. Presi molto sul serio questo compito. Feci anche a botte con altri bambini che ci prendevano in giro perché non parlavamo dialetto e non sapevamo nulla della vita di campagna. Poi partecipai alla vita della cascina. Il mio compito era quello di accudire le oche e portarle a mangiare.

Nel frattempo i suoi genitori? Si spostavano continuamente per non essere scoperti. Mio padre era ancora più sospettabile perché in età di andare sotto le armi. Mia madre era anche incinta e mio fratello nacque nel gennaio del ’44, durante la loro fuga. Mia madre era riuscita ad arrivare all’ospedale di Padova da cui scappò via il giorno successivo al parto per evitare che li identificassero come ebrei. Non li vide mai durante tutto questo tempo? Vidi mio padre una volta per un paio d’ore. Ricordo che mi insegnò il nome delle dita. Mia madre non potè incontrarmi nemmeno in quella occasione forse perché era occupata con l’altro fratellino che io vidi solo a guerra finita. Ricordo che una volta, dopo una sgridata, scappai via dalla casa che mi ospitava deciso a tornare dalla mamma. Avrò avuto quattro anni e mezzo. Mi ritrovò Ernesta che mi rimproverò, dicendomi di non farlo più e che era pericoloso. Tornando a casa mi coprì improvvisamente gli occhi. Solo dopo la guerra mi disse che non aveva voluto farmi vedere un corpo a terra, ucciso dai nazisti. Con quella fuga infantile stavo per finire nella tana del lupo.

Aveva vent’anni Ernesta Sponchiado quando coraggiosamente riuscì a mettere al sicuro il piccolo Vittorio Levis, con la sorellina, al tempo dei rastrellamenti nazisti del 1943

Come fu il suo ritorno a casa? Venne a prendermi mio padre il 7 maggio del ’45, giorno della resa della Germania, e qualche giorno dopo la Liberazione di Venezia. Arrivammo fino a Campalto su un carro tirato da buoi e poi in barca a Venezia. La barca si arenò su una secca e per me fu molto divertente. Viene in mente il film “La vita è bella”, al di là dell’inverosimiglianza di quella finzione cinematografica... Forse qualche analogia c’è. Il grande merito di Ernesta e della sua famiglia fu quello di avermi dato, comunque, una vita il più possibile normale e in qualche maniera giocosa. Di avere preservato quei due bambini, anche dal punto di vista psicologico, dall’orrore che c’era attorno. Non ebbero la stessa fortuna la sorella di mia madre, deportata con il marito e i suoi quattro figli, dai 2 ai 10 anni, mia nonna e due sue fratelli, un fratello di un nonno paterno. Mai più tornati. La Comunità ebraica veneziana ha appena celebrato il Giorno della Memoria... Spesso c’è una certa confusione sul valore di questa data e si pensa che serva agli ebrei per ricordare. Non è così. Gli ebrei vorrebbero, se potessero, dimenticare quanto avvenne. Il giorno della memoria serve affinchè gli altri non dimentichino, e affinchè non si ripeta qualcosa di simile a quello che è avvenuto allora. Ritenevo, qualche anno fa, che la shoah fosse ormai un dato storicamente acquisito, sul quale ci fosse poco da discutere. Invece continua purtroppo ad essere fonte di polemiche e di strumentalizzazioni. C’è ancora bisogno di non dimenticare. (Pl. T.)

A sinistra: una foto di famiglia con un giovanissimo Vittorio Levis (primo da sinistra, in basso) assieme alla domestica Ernesta Sponchiado (ultima da destra); sotto: il dottor Levis oggi nella sua casa veneziana


La Giornata della Memoria

I 246 del Ghetto di Venezia di PIERLUIGI TAMBURRINI

Il 27 gennaio, anniversario della scoperta del lager di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche, si è celebrata la Giornata della Memoria. Istituita per non dimenticare la Shoah, il genocidio degli ebrei da parte dei nazisti, avvenuto quasi settanta anni fa. Resta molta confusione sulle parole che descrivono quella tragedia, a partire dallo stesso termine Shoah, spesso tradotto malamente come Olocausto. L’Olocausto nella tradizione ebraica è un sacrificio offerto a Dio. E con la Shoah Dio non c’entra niente. Shoah significa semplicemente “disastro”, “massacro”. Un sacrificio, poi, avrebbe lo scopo di onorare la divinità. Invece quelle sei milioni di vittime non volevano affatto diventare santi o martiri. E la loro morte non ha avuto alcuno scopo. L’orrore si abbatté anche sulla Comunità Ebraica Veneziana, una delle più antiche dell’Europa Occidentale. Con un furore omicida ancora più assurdo visto che il migliaio di israeliti veneziani, generalmente non ricchi e poco influenti, non avevano mostrato nemmeno particolari ostilità al Regime. C’era anche qualche iscritto al Partito Fascista, come in altre comunità ebraiche italiane, ed era un’ebrea veneziana la stessa Margherita Sarfatti, direttrice negli anni Venti di Gerarchia, la rivista di teoria politica fondata dal Duce di cui fu biografa e amante. Eppure anche Venezia pagò il suo tributo di sangue. Ogni anno al Ghetto, in sinagoga, si commemorano le 246 vittime veneziane della Shoah, con una semplice cerimonia il cui momento cruciale è la lettura dei nomi e delle età di chi fu deportato e assassinato nei lager. E fa molto più effetto sentire un elenco di vite che dura venti minuti, immaginarne i volti e le storie, le emozioni e le speranze, che non sentire parlare di numeri tanto enormi da sfuggire alla nostra comprensione. Per questo vogliamo commemorare la Shoah pubblicando quell’elenco su queste pagine. “Terra, non coprire il mio sangue”, recitava già il Libro di Giobbe, nella Bibbia. Perché dimenticare quegli esseri umani sarebbe come ucciderli una seconda volta. di anni 53

Rosita Corinaldi Dina 4

3

Jole Jesurum

18

Gino Musatti

67

Eugenio Saraval

Giuditta Aboaf Navarro

50

Achille Samuele Curiel

73

Marisa Jesurum

15

Elena Naccamulli

28

Emma Saravalle Melli

Regina Aboaf Nacamulli

56

Corinna Cuzzi Ottolenghi

68

Annetta Jona Vivante

89

Gina Naccamulli

9

Antonio Savic

59

Salomone Girolamo Aboaf

76

Rosa De Leon

66

Elda Jona

58

Lina Naccamulli Grassini

34

Giorgio Savic

27

Ida Aboaf Permuller

43

Davide De Leon

68

Olga Jona

79

Mara Naccamulli

3

Stefano Savic

33

Regina Abolaffio

74

Adele Dina Todesco

54

Ugo Jona

70

Umbero Naccamulli

Eloisa Scandiani Diena

81

Achille Aboaf

mesi 2

46

79

67

Benetta Dina

75

Ada Kuhn

59

Vittorio Naccamulli

36

A.Scaramella Messulam Zambon

38

Ada Ancona

69

Ida Dina Todesco

47

Beatrice Bice Kuhn

69

Wally Naccamulli

30

Anna Scaramella Messulam

9

Ida Ancona

73

Giorgina Dina

11

Rafael Leghziel

34

Guglielmo Namias

73

Rosetta Scaramella Messulam

6

Ines Ancona Mordo

63

Guido Dina

15

Alda Levi

16

Achille Navarro

23

Francesco Scarar

32

Fernanda Ascoli

61

Hanna Dina

8

Aldo Levi

44

Alessandro Navarro

75

Paolo Schloss

36

Bruno Bassani

32

Leone Dina

2

Angelo Levi

13

Regina Navarro

59

Maria Schwarz

28

Edgardo Bassani

51

Mario Dina

50

Beniamin Ugo Levi

47

Rosina Navarro

82

Serena Schwarz Vajda

41

Edoardo Bassani

68

Giacomo Dubinsky

64

Carlo Levi

49

Ida Norza

72

Alberto Segre

50

Anna Bassani Polacco

69

Paolo Errera

83

Leonella Levi

10

Adolfo Nunes Vais

19

Girolamo Segrè

63

Franco Bassani

21

Clemy Fano Mariani

54

Lina Levi

7

Adolfo Ottolenghi

59

Nedda Segrè

11

Tina Bassani

15

Elena Fano Corinaldi

76

Maria Levi Muggia

60

Alessandro Ottolenghi

58

Edith Seidl

39

Vittorio Bassi

43

Giulio Fano

71

Mario Levi

64

Giorgio Ottolenghi

75

Aldo Sereni

50

Bruno Basso

21

Giuseppe Fano

73

Mario Levi

4

Armando Pace

31

Elena Sereni

14

Adele Almansi

Eugenio Giacobbe Berger

77

Adele Fassel Kohner

75

Paolo Shaul Levi

39

Elvira Pardo

61

Ugo Sereni

19

Arrigo Bernau

58

Fanny Finzi

76

Simeone Levi

75

Achille Perlmutter

20

Nives Servadio Bassani

44

Olga Blumenthal Secretant

71

Regina Finzi

83

Vittorina Levi

18

Gilmo Perlmutter

45

Paola Sonino

29

Giuseppe Boralevi

64

Davide Fischbein

48

Augusto Levi Minzi

75

Bruno Perlmutter

9

Vittoria Tedeschi Warpuechler

74

Giannina Bordignon Sereni

48

Arnoldo Foà

17

Angelo Limentani

56

Lina Pirani Corinaldi

71

Alberto Leone Todesco

14

Riccardo Brandes

27

Giorgio Foà

24

Eugenia Loewenthal Polatschek

63

Aldo Polacco

34

Bruno Todesco

7

Roberto Braun

7

Samuele Foà

56

Paola Loewenthal

72

Clementina Polacco Janach

69

Emilio Todesco

16

Emma Calimani

69

Zeffora Annina Foà Melli

81

Lidia Lopez Pegna Mariani

25

Elda Polacco

34

Eugenio Todesco

Ida Calimani Navarro

48

Elfriede Foerder Altmann

66

Adolfo Luft

56

Giacomo Polacco

61

Giuseppe Todesco

Lea Rita Calimani Segrè

52

Anna Forti Perlmutter

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Ignazio Luft

51

Mario Polacco

69

Marco Todesco

53

Moisè Calimani

74

Anselmo Giuseppe Forti

81

Rosa Luzzatto Coen Porto

73

Mario Polacco

22

Mario Todesco

18

Susanna Calimani Naccamulli

61

Giuditta Forti

74

Vittoria Luzzatto Bressan

83

Estella Polacco

75

Sergio Todesco

6

Ettore Camerino

74

Eugenia Franco Pitteri

62

Carlo Macerata

68

Regina Polacco

34

Enrichetta Trevi De Leon

79

Gisella Campos Usigli

71

Pietro Geiringer

57

Nina Maestro Russi

70

Venturina Polacco

78

Giacomo Trevi

88

Carlotta Cantoni Silva

61

Vittorio Moisè Gentilli

50

Ada Mariani

17

Alberto Pollak

37

Valerio Trevi

57

Cesare Carmi

20

Raffaele Givrè

44

Elena Mariani

24

Eloisa Ravà Ottolenghi

66

Zoe Trevi

53

Gianna Cavalieri Vivante

56

Daneo Goldstein

41

Enrico Mariani

32

Guido Ravà

56

Celina Trieste

38

Maurizio Cervi

27

Angelo Grassini

11

Francesco Mariani

56

Lazzaro Ravà

69

Edoardo Usigli

68

Emilio Cesana

43

Attilio Grassini

65

Leo Mariani

Renato Ravà

35

Eugenio Vajda

47

Pia Cesana Mariani

22

Anna Grassini Levi

40

Riccardo Marsiglio anni

78

Eugenio Ravenna

54

Carlo Vitta

53

Alba Clerle Grassini

66

Mirna Grassini

6

Ada Melli

45

Giuseppina Redlich Seidl

64

Emma Vitta

57

Amelia Cesira Clerle Camerino

68

Nella Grassini Errera

70

Enrichetta Melli

54

Marco Rietti

63

Marco Vitta

60

Emilia Clerle

71

Raffaele Grassini

38

Abramo Melli

42

Elsa Romanelli

45

Ada Vivante

74

Adele Coen

63

Alessandro Gremboni

52

Lina Melli Mariani

57

Raffaella Romanelli

47

Alba Vivante

72

Alice Coen

71

Margherita Gruenwald Levi

44

Gina Giulia Mieli

49

Leib Rumeld

68

Angela Vivante

66

Vittorio Coen Porto

78

Vittorio Guastalla

81

Ida Mieli

62

Adele Rumpler Berger

65

Anna Vivante

78

Adolfo Cohen

54

Rosa Haar Fassel

68

Costanza Misano Naccamulli

38

Pia Russi

44

Costante Vivante

66

Angelo Colombo

32

Angelina Jarach Gregoretti

81

Alberto Montanari

8

Emilio Sacerdoti

61

Francesca Vivante Geiringer

47

17

Anna Jarach Cesana

63

Massimo Mordo

70

Aldo Salom

38

Salvatore Vivante

23

Norma Colombo Gentili

45

Marco Jarach

67

Elena Morpurgo Zaban

68

Bruno Sanguinetti

53

Hilda Wohrisek Gremboni

46

Bellina Colorni

51

Arrigo Jesurum

58

Franca Muggia

35

Renato Sanguinetti

52

Desiderio Weiss

54

Gustavo Corinaldi

63

Gilda Jesurum Foà

60

Giuseppe Muggia

67

Anna Sansonovitch Blums

63

Ester Colombo

mesi 2

47

65


L’illustre Venezia, idee, stili e storie

e r t s L’illu u ll 63 Anno n°11 ,90 ` 3

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