Antropocene

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CAPITOLO

L’ANTROPOCENE

DAT I I N A G E N DA

Te m p i t ro p p o m o d e r n i Kyryl Gorlov/istockphoto

Guarda il video, poi rispondi alle domande. 1. Qual è la percentuale di minerali censiti che deriva dall’attività umana? 2. Quando si è diffusa l’agricoltura e quale impatto ha avuto sull’ambiente? 3. Che cosa è accaduto nel 1760? 4. Quanti ordigni nucleari sono esplosi dal 1945?

I F O N DA M E N TA L I I n u cl ei fondamentali d el ca pitol o sono e vid en zia ti in g i al l o

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L’ANTROPOCENE

Una nuova epoca geologica

L’impatto dell’umanità sul nostro pianeta

Noi e il pianeta: quale futuro?

• • • •

• • • • •

• Crescita e decrescita demografica • Alterazione degli equilibri ambientali e zoonosi • I confini planetari a rischio • Allevamenti intensivi e resistenza agli antibiotici

Eventi distintivi dell’Antropocene L’inizio dell’epoca La sesta estinzione di massa L’estinzione di massa del Pleistocene

Le conseguenze dello sfruttamento del suolo L’impronta umana sull’idrosfera L’aumento dell’effetto serra Le conseguenze del riscaldamento globale Le strategie per fermare il riscaldamento globale • L’equilibrio chimico della barriera corallina • Gli effetti dello scioglimento dei ghiacciai • Le alterazioni dei cicli biogeochimici


LEZIONE

Tabella

L’Antropocene Alcuni fenomeni che caratterizzano l’Antropocene rispetto alle epoche precedenti.

Evento

Data

estinzione della megafauna

50 000 - 10 000 anni fa

origine dell’agricoltura

~ 11 000 anni fa

agricoltura estensiva

da ~ 8000 anni fa a oggi

produzione di riso

da ~ 6500 anni fa a oggi

suoli antropogenici (suoli modificati o creati dall’attività umana)

~ 3000 - 500 anni fa

Rivoluzione Industriale

dal 1760 a oggi

detonazione di armi nucleari

dal 1945 a oggi

accumulo di residui chimici industriali

dal 1950 a oggi

0

Cenozoico 66

145

Migliaia di anni

Milioni di anni

Periodo

11,7 Miocene

Giurassico

23

201 Triassico

Oligocene

252 Permiano

33,9 299

Carbonifero 359 Devoniano Siluriano

Ordoviciano

Paleogene

Fanerozoico

Mesozoico

Cretaceo

Epoca Epoca 0 0 Antropocene Quaternario 0,07 2,58 Pliocene 5,33 Olocene

Neogene

Milioni di anni

Periodo

Paleozoico

Perché una nuova epoca geologica? I geologi dividono la storia della Terra in base a differenze più o meno marcate nel clima o nella vita sul pianeta, così come gli storici suddividono la storia umana in epoche quali il Medio Evo o il Rinascimento. Queste divisioni ci forniscono un «calendario» con cui descrivere la storia della Terra, facendo corrispondere rocce, fossili e formazioni geologiche al periodo di tempo in cui si sono formate. Nel calendario geologico della Terra, le divisioni temporali più grandi, chiamate eoni, sono divise in ere, a loro volta suddivise in periodi; questi, infine, vengono separati in epoche. Al momento, secondo le divisioni ufficiali della geologia, viviamo nell’epoca dell’Olocene (iniziata anni fa), che è parte del periodo Quaternario (iniziato circa , milioni di anni fa) che è a sua volta parte dell’era Cenozoica (iniziata milioni di anni fa) a sua volta parte dell’eone Fanerozoico (iniziato milioni di anni fa) (figura ). Nel il chimico Paul Crutzen e l’ecologo Eugene Stoermer proposero di riconoscere il tempo attuale come una distinta epoca geologica, l’Antropocene, perché i mutamenti introdotti dal crescente impatto dell’attività umana sui processi geologici e biologici erano abbastanza profondi da poter definire una nuova suddivisione temporale. Un ipotetico geologo del futuro potrebbe riconoscere nelle rocce corrispondenti all’epoca attuale le prove di una serie inconfondibile di mutamenti: lo sconvolgimento dei cicli geologici di vari elementi chimici come l’azoto o lo zolfo, l’estinzione improvvisa di numerose specie viventi nel giro delle ultime migliaia di anni, i segni dello sfruttamento agricolo e urbano del territorio, la crescita rapidissima e improvvisa del CO atmosferico, l’apparizione di isotopi ed elementi altrimenti inesistenti in natura dovuti ai test nucleari e allo sfruttamento dell’energia atomica (tabella ). L’Antropocene individua il radicale cambiamento contemporaneo in numerosi processi geologici ed ecologici della Terra che, nel suo complesso, non ha precedenti nell’intera storia del pianeta. Come tale, l’Antropocene individua una fase di rivoluzione climatica, biologica e geologica per il nostro pianeta per la quale è necessario definire una nuova divisione del tempo geologico e una nuova epoca.

Eone Era

UNA NUOVA EPOCA GEOLOGICA

Pleistocene Eocene

419 444 485

Cambriano

56 Paleocene 66

541 Figura

Il calendario geologico

Secondo le più attuali definizioni, l’Antropocene è l’epoca geologica più recente, quella in cui viviamo.

Il termine

Antropocene, che deriva dal greco ánthr�pos, uomo, e kainós, nuovo, significa letteralmente «epoca recente dell’uomo».

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Quanto è aumentata la quantità di CO ? Dalla preistoria al , il CO atmosferico è aumentato di parti per milione: più del doppio dell’incremento registrato dalla preistoria al , pari a sole parti per milione.

PER SAPERNE DI PIÙ

I fossili dell’Antropocene

Antropocene lascerà un curioso lascito per i paleontologi del futuro remoto, se mai ce ne saranno. Le città e i grandi monumenti difficilmente dureranno più di qualche centinaio di migliaia di anni, ma i nostri artefatti potranno conservarsi nei sedimenti e fossilizzare. Inoltre, si potranno conservare le tracce chimiche del nostro passaggio: composti artificiali come i clorofluorocarburi o i bifenili policlorurati possono restare rintracciabili per lunghissimo tempo. Materiali artificiali come i vetri, le plastiche, l’alluminio, l’asfalto etc. lasceranno tracce distinguibili nel futuro, anche se non saranno facili

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da trovare dopo vari milioni di anni. Probabilmente le testimonianze più longeve della specie umana non resteranno sulla Terra, ma nello spazio: in assenza di fenomeni geologici e atmosferici, i robot e i satelliti inviati sulla Luna e nello spazio profondo potrebbero sopravvivere milioni di anni. Le ossa fossili più comuni, ancora più di quelle degli esseri umani, saranno quelle degli animali di cui ci nutriamo. C’è chi ha suggerito di chiamare l’Antropocene «Pollocene». A fronte di 8 miliardi di esseri umani, ci sono circa 21-22 miliardi di polli sul pianeta, e ogni anno ne vengono macellati circa 60 miliardi: i fossili di pollo domineranno gli strati geologici dell’Antropocene (figura). Tra i più curiosi fossili del futuro ci saranno quelli degli animali da allevamento accumulati negli abissi oceanici. Le navi che trasportano bestiame, infatti, a volte devono fronteggiare morie di animali a

bordo, che vengono smaltiti semplicemente gettandoli a mare, dove le carcasse possono giungere a migliaia di metri di profondità. Nel 2002, per esempio, ben 270 400 pecore sono morte e sono state gettate in mare aperto al largo del Medio Oriente: se mai si conserveranno come fossili e un giorno verranno ritrovate, saranno un enigma difficile da sciogliere. David Tadevosian/shutterstock

QUANTO?

L’inizio dell’Antropocene I confini tra epoche sono di norma definiti da fenomeni che hanno lasciato una traccia universale a livello geologico. Per esempio, il limite tra l’era Mesozoica e l’era Cenozoica corrisponde all’estinzione biologica di fine Cretaceo (durante la quale scomparvero numerosi gruppi di animali come i dinosauri) ed è testimoniata da un cambiamento radicale dei fossili conservati negli strati rocciosi dell’una e dell’altra era. In particolare, il limite tra le due ere è definito da un sottile strato sedimentario ricchissimo di iridio, riferibile all’impatto del meteorite di Chicxulub che causò l’estinzione di massa di fine Mesozoico. Per l’Antropocene non è ancora chiaro quale possa essere la data di inizio. C’è chi ritiene che si possa definirla solo nell’ambito dei radicali cambiamenti mediante i quali l’umanità ha sconvolto la geologia, gli ecosistemi e la composizione atmosferica (in particolare, con l’incremento di CO ), come l’industrializzazione, l’introduzione massiccia della chimica in agricoltura e la conseguente esplosione demografica sul pianeta. L’insieme di questi processi, avvenuti con grande rapidità se confrontati con la scala dei tempi geologici, viene chiamato Grande Accelerazione. Altri ricercatori ritengono invece che non si possano trascurare i cambiamenti radicali dovuti all’impatto umano, anche se avvenuti migliaia di anni prima dell’industrializzazione. Per esempio, l’estinzione della megafauna del Pleistocene, ovvero di animali di grossa taglia come i mammut o le tigri dai denti a sciabola, già in atto a causa di cambiamenti climatici, fu accelerata dalla caccia da parte dell’uomo. È un evento che ha sconvolto gli ecosistemi di terraferma ed è documentato già anni fa. Anche l’agricoltura ha prodotto cambiamenti ecologici misurabili già migliaia di anni fa, anche se non allo stesso momento in tutto il pianeta. Per definire formalmente un’epoca geologica bisogna identificare un segnale netto che possa essere ritrovato negli strati geologici di tutto il pianeta. Nel caso dell’Antropocene questo segnale può essere individuato nella radioattività diffusa generata dai test nucleari a partire dalla metà del ventesimo secolo. Le esplosioni atomiche hanno lasciato un segnale chimico inconfondibile nei sedimenti e nei ghiacci polari, facilmente rintracciabile con precisione in quasi

Figura I polli nel mondo superano i 20 miliardi.


Figura

Test nucleari Il fungo atomico prodotto dall’esplosione di un’arma nucleare nel deserto del Nevada nel 1957.

US Department of Energy/SPL/AGF

ogni punto del pianeta. Sulla base di questo indicatore, nel il gruppo di lavoro sull’Antropocene organizzato dalla Commissione Internazionale di Stratigrafia ha proposto l’istituzione della nuova epoca. L’Antropocene inizierebbe formalmente intorno al , con le esplosioni dei primi ordigni nucleari (figura ).

La sesta estinzione di massa: dal Pleistocene a oggi Durante la storia della vita sulla Terra sono avvenute almeno cinque estinzioni di massa, episodi di breve durata durante i quali la biodiversità è collassata prima di riprendersi. L’ultima di queste estinzioni è particolarmente conosciuta perché è quella che causò la morte e la scomparsa dalla Terra dei dinosauri: avvenuta circa milioni di anni fa, mise fine all’era Mesozoica e inaugurò l’inizio dell’era Terziaria, in cui tuttora ci troviamo. Per quanto ne sappiamo, queste estinzioni sono state causate da fenomeni come massicci aumenti dell’attività vulcanica sul pianeta oppure, come nel caso dell’estinzione dei dinosauri, dall’impatto con la Terra di un asteroide di grandi dimensioni (si calcola che avesse un diametro di - km) nella penisola dello Yucatan (figura ). Tutti questi eventi hanno alterato enormemente il clima e la composizione dell’atmosfera terrestri in tempi molto rapidi (se non addirittura istantanei). Molte specie, incapaci di adattarsi a questi repentini e massicci cambiamenti, sono così scomparse in poco tempo.

D. Van Ravenswaay/SPL/AGF

Anche se non ancora definito ufficialmente (la proposta fatta è da confermare entro il ), l’Antropocene è un concetto fondamentale che ci aiuta a interpretare il tempo in cui viviamo dal punto di vista scientifico e filosofico. Ci impone di essere consapevoli che non siamo abitanti passivi del pianeta, ma che le nostre azioni alterano il mondo su scala globale: dal mutamento climatico all’estinzione di numerose specie allo sfruttamento intensivo delle risorse, tutte le nostre azioni si intrecciano e si combinano inevitabilmente, e a loro volta avranno conseguenze pesanti sulla nostra vita e sulla nostra storia. L’Antropocene è un esempio di ciò che il filosofo Timothy Morton chiama iperoggetto: una entità a cui non si può sfuggire, che si manifesta in innumerevoli modi nel tempo e nello spazio.

Figura

Il cratere Chicxulub

Ricostruzione del cratere di circa 180 km di diametro che si sarebbe formato in seguito all’impatto di un asteroide nella penisola dello Yucatan, in Messico.

L’estinzione della megafauna del Pleistocene. Oggi sulla Terra esiste un altro elemento che sta modificando rapidamente l’ambiente e il clima, mettendo a rischio la sopravvivenza di buona parte della biosfera, ma stavolta il fattore scatenante è esso stesso una specie vivente: la nostra. Molteplici evidenze indicano che siamo ormai all’inizio di una sesta estinzione di massa, e che noi ne siamo la causa.

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Natural History Museum, London/SPL/AGF

Figura

Scheletro di Megatherium americanum

I bradipi giganti, ora estinti, vivevano in Sud America circa 53 milioni di anni fa.

Questa crisi ecologica è accelerata notevolmente negli ultimi secoli a causa dell’industrializzazione, ma non è un fenomeno recente. Il primo segnale di un’estinzione di massa per mano della specie umana è la scomparsa della megafauna del Pleistocene. A partire da circa milione di anni fa e fino a poche migliaia di anni fa, la grande fauna animale dell’Eurasia e delle Americhe (mammut, rinoceronti lanosi, tigri dai denti a sciabola e bradipi giganti; figura ) è stata sterminata. Nonostante i cambiamenti climatici siano in parte responsabili (in particolare, la fine dell’ultima grande glaciazione), in molti casi l’estinzione di questi animali coincide con l’invasione umana delle Americhe o dell’Australia. Gli animali di grandi dimensioni si sono estinti o perché erano cacciati dagli esseri umani come fonte di cibo o perché hanno perso la competizione con essi per le prede. In questo senso l’estinzione della megafauna del Pleistocene è proseguita fino a tempi storici, come testimonia l’estinzione dei moa della Nuova Zelanda, giganteschi uccelli incapaci di volare; la loro scomparsa, avvenuta tra il XIII e il XVI secolo della nostra era, è stata causata dall’arrivo dei colonizzatori Maori sull’arcipelago. L’estinzione della megafauna del Pleistocene ha coinvolto relativamente poche specie, ma è stato un evento di grande impatto sugli ecosistemi attuali: ha rimosso completamente grandi erbivori e carnivori da moltissimi ambienti, sconvolgendone la catena alimentare. In Siberia la scomparsa dei mammut e di altra fauna di grandi dimensioni ha trasformato una enorme estensione di steppa artica, ricca di erbe alte e capace di supportare un’ampia biodiversità, in tundra, un ambiente povero e dominato da muschi e licheni. L’aumento del tasso di estinzione. Nel corso dell’ultimo secolo si è registrato un significativo aumento del tasso di estinzione di molte specie. Secondo stime prudenti, negli ultimi cento anni si sono estinte da a volte più specie di vertebrati di quante se ne siano estinte negli ultimi dieci milioni di anni, mentre per le piante si parla di un tasso di estinzione volte superiore al normale. Le specie ancora in vita sono comunque in crisi: in totale, secondo il rapporto publicato nel dall’IPBES (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) una specie su quattro è in pericolo di estinzione, e ben l’ delle specie che vivono nelle acque dolci è in declino. Secondo un’analisi del , il delle specie di vertebrati è in declino, in particolare gli anfibi (figura A), ma anche gli invertebrati sono in una situazione di crisi. Nei mari, i coralli sono gravemente compromessi (figura B) e anche gli insetti, il gruppo di animali più comune sulla superficie terrestre, stanno scomparendo, con conseguenze gravi che si ripercuotono a cascata su tutti gli altri ecosistemi (basti pensare al ruolo degli insetti impollinatori, come le api). Il declino medio delle specie di insetti è dello , annuo, ma in certe località il crollo è molto più rapido. Si stima che il delle specie di insetti rischia l’estinzione entro il prossimo secolo.

taviphoto/shutterstock/ stockphoto-graf/shutterstock

A

Figura

Specie a rischio di estinzione (A) Tra i vertebrati, gli anfibi sono i più a rischio. (B) Tra gli invertebrati, i più minacciati sono i coralli e gli insetti.

B

Il 40% degli anfibi è a rischio estinzione.

B

Si stima che il 75% delle barriere coralline sarà in crisi o scomparso entro il 2070.


Le cause della sesta estinzione. I fenomeni responsabili dell’attuale estinzione di massa sono numerosi e includono la gran parte dei mutamenti globali in corso durante l’Antropocene. Secondo l’IPBES, le principali cause della sesta estinzione sono: • lo sfruttamento diretto di specie mediante la caccia e la pesca; • la competizione per gli spazi sulla terraferma, come nel caso della distruzione degli ambienti naturali per fare posto ad agricoltura e pascolo; si stima che oggi circa tre quarti delle terre emerse e il degli oceani siano alterati dalla presenza umana e che quasi il della terraferma libera dai ghiacci sia usato come pascolo, terreno agricolo o urbanizzato; • il riscaldamento globale; • l’invasione degli ecosistemi da parte di specie non native (le cosiddette specie aliene) introdotte dall’attività umana; • l’inquinamento e l’alterazione dei cicli geochimici.

li esseri umani fanno una cosa che nessun’altra specie fa: si portano dietro altre specie e (consapevolmente o meno) le propagano in ambienti a loro estranei. In gergo vengono definite specie aliene, non certo perché provengano da un altro pianeta, ma da un ambiente originario diverso da quello in cui vengono introdotte. Quando riescono non solo a sopravvivere ma a prendere il sopravvento, sconvolgendo l’ecosistema che le ospita, si parla di specie invasive. Benché le specie invasive non siano la prima causa di estinzione a livello mondiale, possono essere di forte impatto localmente. Un esempio classico di specie invasiva dalle gravi conseguenze ecologiche è il gatto domestico. I gatti sono predatori che si riproducono rapidamente e che in ambienti dove esistevano pochi predatori terrestri, come la Nuova Zelanda, hanno contribuito a mettere in pericolo o addirittura estinguere almeno 63 specie di vertebrati. Tuttora a causa dei gatti si trova in pericolo, per esempio, il kakapò, un bizzarro pappagallo notturno incapace di volare, oggi ridotto a poche decine di esemplari (figura A).

G

Rispondi

1. Quali sono state le principali cause dell’estinzione della megafauna del Pleistocene? 2. Quali sono oggi, tra gli invertebrati, le specie a maggior rischio di estinzione? E tra i vertebrati?

Anche piante apparentemente innocue possono rivelarsi pericolose specie invasive. L’alga australiana Caulerpa taxifolia, comune ornamentale negli acquari, è stata da lì introdotta nel Mediterraneo, dove si è espansa a dismisura e ha annientato la diversità dei fondali marini che occupa; riducendo l’habitat dei pesci, ha causato anche problemi economici per l’industria ittica (figura B). Perfino i lombrichi possono essere un problema: i lombrichi europei hanno invaso il Nord America, alterando l’equilibrio dei nutrienti delle foreste e favorendo a loro volta la colonizzazione da parte delle piante aliene europee. In generale, il rimescolamento si accompagna quasi sempre alla perdita di specie. Quando si incontrano e si trovano a competere due specie, finora separate, che si sono evolute per occupare nicchie ecologiche simili (per esempio, due grandi

predatori), quasi sempre una delle due soccombe. 40 milioni di anni fa il sorgere dell’istmo di Panama unì i continenti nordamericano e sudamericano, mettendo a contatto faune e flore che si erano evolute in isolamento per milioni di anni. L’unificazione causò l’estinzione di gran parte della fauna nativa sudamericana, che non riuscì a competere con gli equivalenti nordamericani. Oggi alcuni ricercatori usano la metafora di una «nuova Pangea», ovvero di un supercontinente unico, connesso non da terre emerse ma dai mezzi di trasporto umani. Combinato con l’estinzione di numerose specie endemiche, il risultato netto è che gli ecosistemi terrestri stanno diventando sempre più omogenei: poche specie dominanti che rimpiazzano gradualmente la varietà di specie finora esistenti. La sesta estinzione sta riducendo non solo la diversità a livello di singole specie, ma anche la diversità di ecosistemi terrestri.

Figura A Un esemplare di kakapò.

Scegli le parole

1. L’Antropocene è una nuova era / epoca geologica il cui inizio è stato fissato nell’anno 1850 / 1950. 2. L’elemento che distingue l’Antropocene è la comparsa sulla Terra di radioattività diffusa / fossili della megafauna.

Rachel Woodfield/ Wikimedia Commons

Invasori alieni

Department of Conservation/ Wikipedia

PER SAPERNE DI PIÙ

Figura B Caulerpa taxifolia, un’alga infestante del Mediterraneo.

Ora tocca a te

Gli esempi illustrati in questa lezione mostrano come la nostra specie sia stata più volte, nel corso della sua storia, responsabile dell’estinzione di altre specie. Perché quindi ce ne dovremmo oggi preoccupare? Discutine con i tuoi compagni in classe.

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