Organizzazioni internazionali per la tutela dell'ambiente

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CAPITOLO

Unità

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Le organizzazioni internazionali e la tutela dell’ambiente

Nell’Unione europea i due principi hanno trovato accoglienza nell’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione che nel secondo comma così dispone: «La politica dell’Unione in materia ambientale […] è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva […] nonché sul principio ‘chi inquina paga’.»

«Oggi viviamo come se avessimo a disposizione un pianeta e mezzo. Se continuiamo così, entro il 2050 avremo bisogno di tre pianeti. I nostri modelli di consumo sono insostenibili».

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Con queste parole il Wwf, una delle più importanti associazioni ambientaliste del mondo, descrive il nostro attuale modello di sviluppo. Una corsa all’insegna dello sfruttamento di energie non rinnovabili e altamente inquinanti come carbone e petrolio.

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CONFERENZA ONU DI RIO DE JANEIRO

Gli effetti sulla salute del pianeta sono già visibili: riscaldamento globale, scioglimento dei ghiacciai, desertificazione, inquinamento dell’aria e degli oceani, cambiamenti climatici, deforestazione selvaggia, perdita di biodiversità.

Che cosa si intende per “sviluppo sostenibile”?

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ripresi dall’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione

Il principio di precauzione consente agli Stati di inibire attività che abbiano un’alta probabilità di danneggiare l’ambiente o la salute umana, anche in assenza di assoluta certezza della loro dannosità. Il principio “chi inquina paga” prevede che i costi sostenuti per prevenire o riparare i danni all’ambiente debbano essere sostenuti da chi li ha provocati, cioè quasi sempre le imprese.

Domanda e risposta Che cosa fa l’Italia per promuovere lo sviluppo sostenibile e l’Agenda 2030?

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La sfida è trovare un modello di sviluppo capace di coniugare le esigenze della crescita economica con una maggior tutela dell’ambiente e delle generazioni presenti e future. È proprio questo l’obiettivo dello sviluppo sostenibile.

ha stabilito i principi di ………………………… …………………………

Questo modello di sviluppo si dimostra insostenibile non solo per l’ambiente, ma anche per gli esseri umani. La ricchezza prodotta nel mondo si distribuisce in modo fortemente ineguale e una larga parte dell’umanità vive ancora in condizioni di povertà estrema, denutrizione, epidemie, mancanza di acqua potabile. Molti bambini – ma soprattutto bambine – non hanno accesso all’istruzione di base. Nei Paesi in via di sviluppo la manodopera locale viene spesso sottopagata e costretta a lavorare in stabilimenti pericolanti e malsani. Sono oltre due miliardi le persone che vivono con meno di due dollari al giorno.

Certo non è facile convincere i Governi mondiali ad abbandonare l’attuale modello di sviluppo intorno al quale ruotano enormi interessi, e infatti non mancano resistenze anche da parte di grandi potenze come gli Stati Uniti. Proprio gli Stati Uniti nel 2020 sono usciti dagli accordi sul clima di Parigi, sottoscritti dal Presidente Barack Obama nel 2015, destando molto clamore a livello internazionale.

L’ordinamento internazionale, i diritti umani e l’ambiente

sarebbe stata, nel 1992, la Conferenza Onu di Rio de Janeiro, con la nascita di due principi chiave: il principio di precauzione e il principio “chi inquina paga”.

1. Un modello di sviluppo insostenibile

Come invertire la rotta?

F

Per promuovere gli obiettivi dell’Agenda 2030, nel 2016 in Italia è nata l’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). L’ASviS riunisce oltre 200 istituzioni e reti della società civile e collabora con il Ministero dell’Istruzione e dell’Università. Sul suo sito (asvis.it) pubblica dati aggiornati sulla realizzazione degli SDG in Italia, offre un panorama sempre aggiornato di iniziative ed eventi, e contiene anche singoli siti tematici sui 17 goal. Si tratta di una delle risorse più affidabili e aggiornate per chi desideri approfondire questi argomenti.

Gli accordi sul clima di Parigi (2015), che proseguono nel solco degli accordi di Kyoto del 1997, hanno lo scopo di limitare le emissioni di anidride carbonica e contenere entro i 2 gradi l’aumento della temperatura media del pianeta.

La prima definizione di sviluppo sostenibile risale agli anni Ottanta e si deve alla Commissione Burtland, nata sotto l’egida delle Nazioni Unite. Quella prima definizione inquadrava lo sviluppo sostenibile come un modello di sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie. Vedremo tra poco come quella definizione si sia ulteriormente specificata negli ultimi anni. Già anni prima, con la Conferenza di Stoccolma del 1972, le Nazioni Unite avevano acceso i riflettori sulla questione ambientale. E un’altra tappa importante 441

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