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Supporti in plastica, un valido aiuto nel controllo delle contaminazioni nella filiera avicola?
L’adozione di procedure di controllo della diffusione di agenti potenzialmente patogeni per gli animali e per l’uomo assume nel settore avicolo un’importanza fondamentale a causa dell’interconnessione tra i diversi anelli della filiera, che rende elevato il rischio di trasferimento delle contaminazioni da una fase all’altra.
Il punto critico per la diffusione di agenti potenzialmente patogeni nella filiera delle uova da consumo e da riproduzione è certamente da individuare nelle numerose movimentazioni che avvengono quotidianamente dalle aziende ai centri di imballaggio e, da qui, alla distribuzione o agli incubatoi. Un controllo di tali processi diventa, pertanto, essenziale in un’ottica di riduzione significativa del rischio.
I materiali utilizzati durante le diverse fasi di lavorazione possono giocare un ruolo considerevole nel processo di propagazione dei contaminanti di filiera. L’impiego di plateau in polpa di cellulosa, ad esempio, può rappresentare un fattore di rischio, specie quando si recuperano e si riutilizzano più e più volte, soprattutto in certi contesti e sotto la spinta della necessità di contenere i costi di gestione.
È dimostrato che i plateau in polpa di carta, proprio a causa delle loro proprietà assorbenti, possono favorire l’adesione dello sporco e garantire la sopravvivenza dei germi per più giorni (Mohammadzadeh-Vazifeh et al., 2015). Di conseguenza, rappresentano un’importante fonte di contaminazione del guscio durante le fasi di trasporto, lavorazione o stoccaggio. Se usati correttamente, invece, hanno un costo economico notevole, sia perché, per i motivi sopra accennati, non possono essere riutilizzati, sia perché per smaltirli secondo normativa devono essere sostenute spese anche di un certo rilievo.
Il ricorso a supporti in plastica in cui alloggiare le uova potrebbe aiutare a risolvere alcune criticità. Ad oggi, tra i materiali utilizzati per la loro produzione, si annovera una resina termoplastica della famiglia delle poliolefine, ottenuta dall’etilene, che prende il nome di High Density PolyEthylene (HDPE). Si tratta di un materiale a elevata rigidità, resistente ad alcali, acidi, soluzioni saline e solventi organici, con un assorbimento d’acqua quasi nullo e facile da riciclare.
I supporti realizzati con questo materiale possono essere facilmente lavati e disinfettati. Essi hanno il vantaggio di poter essere colorati e quindi identificati, agevolando gli operatori nella tracciabilità e nell’individuazione dei percorsi e riducendo significativamente il rischio di trasferimento di patogeni da una struttura all’altra.
Queste plastiche, inoltre, sembrano essere efficaci nel contenere le contaminazioni batteriche e ridurre quindi il trasferimento di microrganismi agli alimenti. A supporto di tale evidenza, uno studio di Rodríguez e McLandsborough (2010) dimostra come il passaggio di Listeria monocytogenes agli alimenti sia inferiore quando si utilizzano superfici in HDPE, persino rispetto a quando si fa ricorso a quelle in acciaio.
Un potenziamento delle capacità antibatteriche dei supporti plastici potrebbe derivare dall’utilizzo di additivi che rendano più difficoltosa la colonizzazione e la sopravvivenza dei microrganismi sulle superfici. Tra questi, le nanoparticelle d’argento – già largamente impiegate in vari settori come, ad esempio, per il confezionamento degli alimenti, la cura delle ferite e la fabbricazione di indumenti antibatterici – sembrano essere molto efficaci nel contenimento delle contaminazioni, tra gli altri, da Escherichia coli, Salmonella choleraesuis, Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa,Bacillus cereus (Deshmuck etal., 2019).
In campo avicolo l’efficacia delle nanoparticelle d’argento è stata dimostrata da diversi autori. Molto efficace il lavoro di Banach et al. (2016) in cui è stata valutata su uova e incubatrici l’azione battericida e fungicida di una sospensione acquosa contenente argento. La ricerca ha dimostrato per queste molecole una capacità di abbattimento della carica micotica e batterica paragonabile a quella ottenuta utilizzando i raggi UV.
I meccanismi di azione alla base dell’attività antibatterica delle particelle d’argento sono poco noti. Sembra, tuttavia, che siano legati alla loro capacità di interferire sul trasporto degli elettroni nella catena respiratoria e sulla fosforilazione dell’ADP. Essi, inoltre, potrebbero alterare la struttura della parete e della membrana batterica, interferendo anche con la replicazione del DNA (Verkhovski et al., 2019).
Un alleato nel controllo delle contaminazioni batteriche. Gli studi dell’Università di Bari
Gli effetti derivanti dall’aggiunta di un additivo a base di nanoparticelle d’argento nelle plastiche utilizzate per produrre plateau, intermezzi e pedane sulla dinamica di sviluppo di contaminanti batterici di superficie (Pseudomonas fluorescens, Staphylococcus saprophyticus) o patogeni (Salmonella Enteritidis), sono stati studiati in alcuni trial effettuati presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari. In un primo test è stato utilizzato come germe indicatore P. fluorescens, un contaminante ambientale capace di formare biofilm e quindi in grado di resistere a lavaggi e disinfezioni ripetute. Una sospensione contenente 108-9 UFC/ml di P. fluorescens è stata utilizzata per contaminare aree di 100 cm 2 su pedane (Pallet GI-OVO), intermezzi (EggsCargoSystem GI-OVO) ed aree di 240 cm 2 su plateau (Eggs Tray GI-OVO) di plastica, con e senza antibatterico. I risultati ottenuti hanno dimostrato che, sulla superficie plastica, la popolazione batterica tende a diminuire e che tale diminuzione è ancora più significativa con l’aggiunta dell’antibatterico.
Nelle pedane con l’additivo, ad esempio, già dopo 48 h la quantità di P. fluorescens è di circa 4.000 volte inferiore rispetto a quelle senza antibatterico. Stesso comportamento hanno manifestato gli intermezzi plastici, in cui l’aggiunta della soluzione a base di particelle d’argento determinava, a 120 ore dalla contaminazione, una riduzione della carica di P. fluorescens pari a 1,89 log rispetto a quella presente in intermezzi privi di additivo, dimostrando una capacità abbattente di circa 70 volte superiore rispetto al controllo.
I test effettuati su contaminanti di superficie, come ad esempio Staphylococcus saprophyticus, hanno evidenziato che le plastiche contenenti l’antibatterico sono circa 164 volte più efficaci nel ridurre la carica batterica già nella prima ora dopo il contatto.
È chiaro che la capacità antibatterica dei supporti utilizzati per lo stoccaggio, il trasporto o l’incubazione delle uova assume un’importanza forse anche maggiore qualora in grado di esprimersi nei confronti di patogeni specifici e non solo di contaminanti generici. La contaminazione superficiale dei plateau potrebbe favorire il passaggio di batteri potenzialmente patogeni sui gusci delle uova durante la lavorazione e lo stoccaggio.
Alcune prove effettuate presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari hanno fornito indicazioni particolarmente interessanti in questo senso. La contaminazione sperimentale di plateau e pedane in plastica con Salmonella Enteritidis mostra, infatti, una naturale capacità del materiale plastico di ridurre la carica batterica superficiale; tuttavia, questa riduzione è maggiore quando all’HDPE viene aggiunta la soluzione antibatterica. I dati di laboratorio, infatti, evidenziano che nelle plastiche contenenti nanoparticelle d’argento, nei 5 giorni successivi alla contaminazione il microrganismo viene inattivato da 1,43 a 1,8 volte più velocemente rispetto al controllo.
Test atti a valutare la capacità di trasferimento del germe dai plateau, con o senza additivo, alle uova, non hanno tuttavia consentito di accertare differenze significative, ma hanno evidenziato comunque la scarsa tendenza dei materiali a base di HDPE a trasferire la S. Enteritidis.
Non è escluso che la particolare forma dei plateau utilizzati possa facilitare la circolazione dell’aria tra le uova e favorire l’essiccamento delle superfici, riducendo di conseguenza il rischio di colonizzazione e di trasferimento dei batteri sul guscio.
Il processo di inclusione delle nanoparticelle di argento alle plastiche rappresenta una fase critica del processo di produzione dei supporti. Alcuni preparati, infatti, tendono ad autoaggregarsi, riducendo di conseguenza la capacità battericida e manifestando, al contrario, un’indesiderata attività citotossica. Sono al momento in corso di studio alcuni stabilizzatori che potrebbero ridurre tali inconvenienti (Verkhovskii et al., 2019).
In conclusione, l’utilizzo di supporti in materiale plastico, specie se additivati con sostanze ad attività antibatterica, possono rappresentare un valido alleato nel controllo delle contaminazioni lungo la filiera avicola. Resta inteso che possono dimostrarsi uno strumento realmente utile solo se inseriti all’interno di un programma di controllo igienico-sanitario più ampio, che si applichi alle diverse fonti di contaminazione, così da ridurre il rischio di trasferimento dei patogeni agli animali e all’uomo.
Bibliografia
Mohammadzadeh-Vazifeh MM, Hosseini SM, Khajeh-Nasiri S, Hashemi S, Fakhari J. Isolation and identification of bacteria from paperboard food packaging. Iran J Microbiol. 2015;7(5)287-293.
Rodríguez A, McLandsborough LA. Evaluation of the transfer of Listeria monocytogenes from stainless steel and high-density polyethylene to Bologna and American cheese. J Food Prot. 2007;70(3):600-6. doi:10.4315/0362- 028x-70.3.600.
Deshmuck SP, Patil SM, Mullani SB, Delekar SD. Silver nanoparticles as an effective disinfectant: A review. Mater Sci ng C Mater Biol Appl. 2019;97:954-965. doi: 10.1016/j. msec.2018.12.102.
Banach M, Tymczyna L, Chmielowiec-Korzeniowska A, Pulit-Prociak J. Nanosilver Biocidal Properties and Their Application in Disinfection of Hatchers in Poultry Processing Plants. Bioinorg Chem Appl. 2016:5214783. doi: 10.1155/2016/5214783.
Verkhovskii R, Kozlova A, Atkin V, Kamyshinsky R, Shulgina T, Nechaeva O. Physical properties and cytotoxicity of silver nanoparticles under different polymeric stabilizers. Heliyon. 2019;5(3):e01305. doi: 10.1016/j.heliyon.2019.e01305.