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Settore avicolo: un mercato maturo, ma ancora in crescita

Maggiore attenzione all’ambiente e al benessere degli animali, orientamento al prodotto ed elevata fidelizzazione del cliente: queste sono alcune delle prospettive che interessano il settore avicolo che Ismea ha delineato a Fieravicola, nell’ambito della tavola rotonda “Il futuro del mondo agricolo tra innovazione e convenienza”.

Fabio del Bravo, responsabile della Direzione Mercati di Ismea, ha recentemente illustrato i risultati e le tendenze del settore avicolo in termini di innovazione di prodotto e di trend di consumo. Tra i numeri che meglio rappresentano lo stato di salute del settore in Italia basti citare la crescita del +5% del fatturato dell’industria e del +6% del consumo pro capite.

Gli ultimi dati del settore

La produzione europea di carni avicole è in crescita da un decennio: dal 2010 al 2020 ha registrato un incremento del 58%. Nel 2020 l’aumento produttivo è stato dell’1,1%, portando il grado di autosufficienza al 114%.

L’Europa è il terzo produttore mondiale ed è uno dei principali player commerciali a livello globale nel settore. La Polonia si conferma per il quinto anno consecutivo il principale produttore in ambito europeo: nel 2020 ha incrementato del 4% la propria produzione, raggiungendo una quota del 18% del totale con una dinamica espansiva graduale e continua, che in 10 anni si è tradotta in un raddoppio della produzione (+101%). In Europa, i Paesi con maggior crescita produttiva negli ultimi anni appartengono all’area dell’Est; buone performance anche per la Spagna che ha visto la propria produzione crescere di oltre il 27% nell’ultimo decennio, segnando un timido +0,6% anche nel 2020.

L’Italia si posiziona oggi al sesto posto fra i Paesi europei, con una produzione che cresce a rilento negli ultimi anni. Nel 2020, in Italia, risultano presenti quasi 137 milioni di volatili domestici, allevati in circa 9.300 strutture. Tra gli avicoli allevati, la metà è rappresentata da polli da carne (48%), il 37% da galline ovaiole, il 7% da tacchini da carne e il restante 8% da specie minori quali faraone, piccioni, anatre, oche. Nel triennio 2017-2020 il numero di capi in allevamento risulta incrementato del 2%, con un orientamento che privilegia la produzione di galline ovaiole (+8%) e penalizza invece il settore dei tacchini (-2%).

Il bilancio italiano di approvvigionamento della carne avicola

Il bilancio italiano di approvvigionamento conferma nel 2020 una situazione di totale autosufficienza dall’estero, con un tasso che supera il 108%. L’incremento della produzione interna avrebbe avuto come sbocco naturale il canale dell’export, ma le restrizioni legate al contenimento epidemico non lo hanno permesso e, per questo, si è creata una maggior quota di stock, che ha appesantito il mercato sul fronte dei prezzi. Minori anche le importazioni (-8,7%). I consumi apparenti, tenuto conto del saldo fra export (183 mila tonnellate) e import (84,1), si sono attestati a 1.288 tonnellate, pari a un consumo pro capite di 21,7 kg, +2,1% rispetto al 2019.

Nel 2020, la produzione di carni avicole in Italia è stata pari a 1.390.000 tonnellate, con un aumento dell'1,8% rispetto al 2019. Il settore, godendo dei vantaggi di un mercato nazionale autosufficiente e caratterizzato da una forte integrazione verticale, non ha risentito, a differenza degli altri comparti carnei, dei problemi legati alla dipendenza dall’estero o da altre componenti della filiera. Tra i comparti della carne quello avicolo è il settore che più ha sviluppato la linea degli elaborati e dei confezionati, riuscendo a dare maggior durabilità e flessibilità a una buona fetta dei propri prodotti.

I consumi domestici di carni avicole

Tra le carni, le avicole si confermano (35% di quota in volume) per il quinto anno consecutivo quelle maggiormente consumate in Italia tra le mura domestiche.

Nei primi sette mesi del 2021 si rileva un leggerissimo ridimensionamento degli acquisti (-0,3%) rispetto all’eccezionale 2020. A sostenere le vendite sono ancora una volta le carni elaborate (+5%) e la fesa di tacchino, che in parte sopperisce alla lieve flessione dei petti di pollo.

Nell’arco degli ultimi anni si è registrata una generalizzata contrazione dei consumi di carni, ma in un contesto fortemente flessivo le carni bianche rappresentano quelle che meglio delle altre sono riuscite a contenere le perdite; nel 2020 sono state particolarmente apprezzate, seppur con una domanda irregolare che ha reso difficile la programmazione degli accasamenti, causando poi disequilibri tra i volumi dell’offerta e l’effettiva domanda finale. I consumi domestici, pur seguendo una sorta di stagionalità (in gran parte legata alle mense scolastiche) hanno mostrato una certa stabilità nel corso degli anni.

Nell’ultimo quinquennio gli acquisti per il consumo domestico delle famiglie italiane si sono aggirati, secondo i dati Nielsen Consumer Panel, tra i 21 e i 26,5 milioni di Kg ogni 4 settimane. I consumi analizzati per macro-area geografica evidenziano una maggiore concentrazione dei volumi al Sud, con una dinamicità più spiccata nel Nord Est dove, dopo l’incremento dell’11% del 2020, si registra ancora una crescita del 3% dei volumi nel primo semestre 2021 rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. Il Nord Ovest e il Centro, dopo l’incremento nel 2020, rispettivamente del 9% e del 5%, arretrano nel primo semestre 2021 del 3% e del 4%, con flessioni superiori alla media nazionale (-0,5%) e contrastate, oltre che dalla performance del Nord Est, anche da quella del Sud, che segna un +3%.

Il supermercato resta il canale più utilizzato per l’acquisto delle carni avicole, con uno share del 39% e una dinamica positiva sia nel triennio fino al 2019 (+2% rispetto al 2016) che nel 2020 (+9%); nel primo semestre 2021 i supermercati confermano vendite stabili sui livelli dell’anno precedente. Il discount rappresenta un canale in forte espansione, in 5 anni ha guadagnato il 5% dello share tra i canali distributivi, prendendo quote da liberi servizi e da ipermercati, ed è l’unico con dinamiche costantemente in crescita. Liberi servizi e ipermercati perdono volumi in tutti gli archi temporali analizzati, dimostrandosi non più completamente rispondenti alle esigenze del consumatore. I negozi tradizionali, con uno share del 12%, dopo l’exploit del 2020 in cui avevano visto le vendite di carni avicole esplodere del +22%, nel 2021 ridimensionano i volumi pur attestandosi ancora su livelli superiori a quelli del periodo pre-Covid.

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