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Residenze reali

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Passato e futuro

Passato e futuro

di Fabio Mariano

L’edificio fu costruito e poi dedicato dal principe di Montfort alla moglie Caterina innamorata di quei luoghi

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Il libro curato dall'architetto Fabio Mariano con i disegni di Ireneo Aleandri per l'editore A.Livi di Fermo

Il soggiorno breve di Girolamo Bonaparte

IL FRATELLO DI NAPOLEONE IN VILLA A PORTO SAN GIORGIO

L’ occasione del restauro dei disegni di Ireneo Aleandri per la Villa Bonaparte al Porto di Fermo, custoditi dalla benemerita Società Operaia ''Giuseppe Garibaldi’ ‘di Porto S. Giorgio - sovvenzionato dalla Regione Marche - ha ricollocato sotto i riflettori uno dei segni territoriali più originali dal lascito della pur breve ma incisiva dominazione napoleonica in terra marchigiana. Incisiva soprattutto per le illuminate novità indotte nella sonnolenta gestione amministrativa dello Stato pontificio, riforme che prolungheranno i loro effetti razionalizzanti ben all’interno della Restaurazione; riforme che - vogliamo osservare - furono ampiamente ripagate con le vaste razzie di opere d’arte perpetrate dai francesi sui patrimoni ecclesiastici e patriziali, che presero la via su centinaia di carri verso Milano e Parigi, e solo in parte recuperati. La frequentazione del regale esule Girolamo Bonaparte a Fermo ed al suo Porto, ospite del deferente patriziato locale e l’innamoramento della moglie Caterina per le bellezze naturali e paesaggistiche dei luoghi determinarono la de cisione di edificare qui la sua Ville de Plaisir nelle Marche. Un occasionale monumento, seppur poco vissuto, che venne a rappresentare uno scampolo di vita privata parigina nel Piceno, progettato da un architetto come Ireneo Aleandri che certamente accolse le indicazioni ed i desiderata del napoleonide, producendo un unicum architettonico che ben venne ad inserirsi in quell’originale tassello della storia dell’architettura che a suo tempo individuammo e descrivemmo, partendo proprio dall’opera dell’architetto settempedano, e che definimmo: ’’ l’Architettura del Purismo nello Stato pontificio’’. Ma chi era l’insolito committente? Girolamo Bonaparte era nato ad Ajaccio il 15 novembre 1784, figlio del generale Carlo Maria Bonaparte e di Maria Letizia Ramolino; era il fratello più piccolo di Na poleone, il quale non mancò di promuoverlo e manovrarlo a fini politici, come d’altronde fece con tutti i suoi familiari anche nella vita privata. Dopo che nel 1805, su richiesta di Napoleone, il suo matrimonio americano venne annullato, Gerolamo fu destinato a sposare nell’agosto 1807 Caterina Sofia Dorotea di Württemberg (San Pietroburgo,1783 – Losanna,1835), figlia del re Federico I, venendo subito dopo nominato dal fratello re di Westfalia. Seguì Napoleone sia nella Campagna di Russia e sia, dopo i Cento Giorni, a Waterloo, dove non si distinse certo per talento militare in nessuna delle due sfortunate spedizioni, anzi dell’ultima viene dalla storiografia ritenuto uno dei maggiori responsabili. La caduta definitiva del fratello, costrinse Girolamo ad allontanarsi dalla Francia ed a rientrare alla corte del suocero, tentando di rimettersi in sella come genero di Federico di Württemberg. Nel giugno 1816, poco prima di morire, questi lo nominò principe di Montfort. Da allora risiedette alternativamente a Vienna e a Trieste. Tuttavia, il ministro Metternich non tollerava la presenza di un Bonaparte in

La villa, grazie al restauro dei disegni dell’arch. Aleandri rispolvera la presenza napoleonica nelle Marche

Sopra, la facciata est di villa Bonaparte dopo il recente restauro Sotto, il Salone d'Onore, i decori di Antonio Panfili prima dei recenti restauri In alto a destra, il prospetto della villa reale Sotto, Sebastian Weygandt Re Girolamo e la regina Caterina di Westfalia, 1810 (coll.privata) una città marittima dell'impero austriaco e, il 26 marzo 1823, Girolamo fu costretto ad abbandonare Trieste: dopo aver ottenuto il permesso dalle autorità pontificie, proseguì il suo esilio a Roma dove lo attendevano la madre ed altri membri della famiglia imperiale. Dopo la morte di Napoleone venne perseguitato come tutti i napoleonidi ma - per la generosità del papa marchigiano Leone XII - si era potuto rifugiare nello Stato Pontificio con i tre figli e la moglie Caterina. Dal 1825 il principe di Montfort iniziò a frequentare Porto San Giorgio e Fermo, ospite della nobile famiglia Trevisa ni e dei conti Maggiori. Dal 1829 al 1831 Girolamo abitò con la famiglia a Porto San Giorgio, nella nostra villa, da lui fatta edificare e dedicata alla moglie Caterina che si era innamorata dei luoghi: “Il paese è un incanto – scriveva in una lettera Caterina – e tutti i paesi che ho percorso non fanno che aumentare questa impressione; inoltre i vicini rendono Porto Fermo ancor più piacevole”. Girolamo giunse al Porto di Fermo già nel giugno del 1825, ospite del conte Antonnicola Trevisani, che ebbe modo di conquistarlo alle bellezze naturali del luogo: una cittadina che stava proprio allora riorganizzandosi nel proprio ampliamento urbanistico razionale verso le terre conquistate al litorale (i ‘’relitti del mare’’) con un moderno piano urbanistico impostato dall’architetto Pietro Augustoni. La Villa Bonaparte (detta anche Villa Caterina o Villa Montfort, infine dei Pelagallo) a Porto S. Giorgio è da classificare tra le emergenze più significative nel patrimonio delle ville marchigiane e nel catalogo professionale dell’architetto sanseverinate Ireneo Aleandri, sia per qualità architettonica ma anche per l’indubbio prestigio del com

mittente. Il progetto fu esteso, probabilmente già dal 1825, dal giovane Aleandri, già reso famoso per il suo costruendo Sferisterio a Macerata. Per dedicarsi a tempo pieno al nuovo prestigioso e remunerativo incarico (con uno stipendio di quaranta scudi mensili) l’architetto abbandonò senza indugio la direzione del cantiere maceratese ad altri, completando i suoi disegni in pochi mesi per presentarli quindi personalmente al Principe. Il complesso del cosiddetto “Palais Royale” fu edificato velocemente, dal 1826 al 1829, nell’angolo S-E della antica cinta urbica, in una zona di orti a ponente dell’ultimo incasato urbano, dove s’incontravano le cortine che collegavano lo snodo della Turris Magna ad est col Navale (che fu in parte inglobate nella villa) ed a nord con la Rocca Tiepolo, abbattendo tra l’altro su quest’ultimo fronte la porta terranea principale del Porto di Fermo (poi ricostruita più a nord come Porta Nuova), con ingenti movimenti di terra e terrazzamenti per adattare la costruzione l’impervia orografia discendente dal Monte

Cacciù. Tipologicamente l’edificio presenta una classicheggiante pianta a “C”, aperta ad ovest su di un cortile quadrato dove venne recuperato un preesistente pozzo. Una planimetria in gran parte condizionata dalle massicce preesistenze fondali, sia delle fortificazioni tardo duecentesche sia della seicentesca Villa Trevisani, che vennero evidentemente inglobate e riusate funzionalmente, come si evidenzia dalla lettura attenta degli spessori murari e degli orientamenti irregolari della planimetria del complesso, resi ben leggibili nei disegni restaurati e qui pubblicati. Il suo prospetto principale è invece rivolto ad oriente, affacciato verso il mare, su di un panorama all’epoca completamente libero. I tre ordini di facciata nascondono in realtà quattro livelli, essendo i primi due (piano terra e mezzanino) affacciati sotto l’intradosso stesso del portico, mentre il salone d’onore superiore raggiunge gli 8 metri di altezza. Quest’ordine del piano nobile presenta tre ampie porte finestre incorniciate in travertino ascolano, scolpite

dai fratelli Angelini, scorniciate da timpani su mensole di stile sangallesco, che rimanda a quelle aleandriane del Palazzo Margarucci a Sanseverino. Sentiti cantonali bugnati a cuscino compattano il prospetto per tutta la sua altezza, mentre otto vistosi ed evocativi fregi in terracotta con ricche panoplie di trofei marziali (Gerolamo era stato comandante supremo dell’esercito francese a Waterloo) - modellati e patinati a finto travertino da Domenico Paci, originario sangiorgese. Al piano nobile, articolato con un salone d’onore a doppia altezza, ritmato agli angoli da binati di paraste corinzie, con la sala da pranzo e con due salottini simmetrici laterali. Notevole, sovrasta questo salone una luminosa volta in camorcanna lunettata e finemente decorata a tempera in “stile Impero” con decori marziali ed araldici al centro della volta con gli stemmi reali di Westfalia e del Wurttemberg, probabile opera di Antonio Panfili. Sul lato sud, tramite una rampa ed un terrazzo quadrato, un altro ingresso permette agli ospiti di giungere dal parco diretL’edificio divenne per pochi anni luogo privilegiato delle riunioni politiche della revanche dinastica tra Marche e Regno di Napoli

Girolamo iniziò a frequentare Porto San Giorgio dal 1825 ospite delle famiglia Trevisani e dei conti Maggiori

In alto, Icnografia del Piano nobile e qui sopra Aleandri Ireneo ritratto nel suo studio tamente alla quota del piano nobile, forse anche per la modestia architettonica dello scalone d’onore, condizionato dalle preesistenze e visibilmente inadeguato al contesto. Sul lato nord-ovest un articolato sistema di scale svolge funzione di snodo tra la residenza e i volumi di servizio, collegando il terrazzo trapezoidale addossato alla villa con l’Orangerie. Edificio questo anch’esso disassato rispetto alla villa a causa delle preesistenze fondali e previsto originariamente dall’Aleandri, ma realizzato solo in seguito dall’architetto fermano Giambattista Carducci per i nuovi proprietari Pelagallo. La villa, divenuta il luogo privilegiato delle riunioni politiche della revanche dinastica bonapartista tra Marche e Regno di Napoli, rimase solo per pochi anni soggiorno della famiglia Bo naparte a Porto San Giorgio: infatti, dopo i nuovi moti rivoluzionari del 1831, Gerolamo venne internato nel Regno di Napoli per mano delle truppe pontificie su esplicita richiesta di Ferdinando di Borbone a Gregorio XVI. La villa venne allora requisita dal Demanio pontificio, quindi acquistata nel 1834 dalla Camera Apostolica per 23.000 scudi (n’era costata ben 65.000!). Nel 1836 fu rimessa all’asta e acquistata nel 1837, con tutti gli arredi originali, dalla famiglia del conte Luigi Pelagallo (per solo 10.000 scudi), sua ultima proprietaria blasonata. La Collezione dei disegni dell’architetto Ireneo Aleandri relativi al suo progetto architettonico per la Villa Bonaparte a Porto S. Giorgio è oggi di proprietà della Società Operaia di mutuo Soccorso ''Giuseppe Garibaldi'', fondata il 20 dicembre 1864 a Porto S. Giorgio. La collezione consta di due cartelle di disegni di va rio formato, su carta pesante da disegno. Il ductus è proprio del disegno tecnico d’architettura di quel periodo: essenziale, molto preciso e nitido. La costruzione geometrica è accennata a grafite, l’esecutivo delle strutture da mantenere è ripassato a penna con inchiostro di China nero a campitura; secondo la convenzione grafica tuttora vigente le demolizioni murarie sono acquerellate in giallo e le ricostruzioni in rosa. Particolarmente interessanti e significative risultano le planimetrie del piano terra e del piano nobile in quanto ci rendono edotti del complesso lavoro di cuci-scuci esperito dall’architetto per destreggiarsi fra le preesistenze murarie sia della residenza Trevisani sia delle strutture fortificatorie. La pubblicazione integrale del fondo grafico, illustrata in una nitida veste editoriale, auspichiamo possa permettere una lettura più puntuale del monumento, del suo complesso inserimento fra le preesistenze secolari del luogo, delle scelte costruttive e distributive, del gusto del vivere di un’epoca, aggiungendo un ulteriore tassello alla storia dell’Architettura nelle Marche. ¤

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