A.D. MDLXII
U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ
DI
L ETTERE
E
F ILOSOFIA
___________________________
CORSO
DI
LAUREA
IN
S C I E N ZE
DELLA
FORMAZIONE
E D E L L ’E D U C A Z I O N E
I GIOVANI E L’IMMAGINE CORPOREA: STUDIO TRA GLI STUDENTI UNIVERSITARI
Relatrice: PROF.SSA G. MANCA
Tesi di Laurea di: AMBRA PUGGIONI
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
Alla mia Famiglia, In particolare ai miei genitori Anna e Andrea, per tutto l'amore e l'incoraggiamento che mi hanno saputo dare. Ai miei Amici, per aver condiviso con me ogni singolo momento, rendendolo speciale. E al mio fidanzato Salvatore, che col suo amore, ha saputo regalarmi la convinzione, che nella vita posso raggiungere qualsiasi meta.
INDICE
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INTRODUZIONE
CAPITOLO I: DEFINIZIONI DELL'IMMAGINE CORPOREA 1.1 Immagine del sé e schema corporeo 1.2 La salienza motivazionale e la salienza dell'autovalutazione 1.3 La rappresentazione del sé 1.4 Percezione del sé e relazionalità 1.5 Percezione del sé e l'influenza dei mass-media
5 10 11 14 15
CAPITOLO II: L'IMMAGINE CORPOREA E I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE 2.1 Origini del concetto e cause dei disturbi alimentari 2.2 Classificazione dei disturbi del comportamento alimentare 2.3 L'Anoressia Nervosa 2.4 La Bulimia Nervosa 2.5 I Disturbi del Comportamento Alimentare Non Altrimenti Specificati 2.6 L'Obesità 2.7 Il disturbo di Dismorfismo Corporeo
18 19 21 23 26 29 31
CAPITOLO III: L'IMMAGINE CORPOREA E LA RICERCA SUI GIOVANI UNIVERSITARI 34 34 34 35 36 43
3.1Obiettivi della ricerca 3.2 Campione analizzato 3.3 Strumenti utilizzati per la ricerca 3.4Procedura 3.5Risultati 3.6 Discussione
1
CONCLUSIONI
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BIBLIOGRAFIA
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SITOGRAFIA
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APPENDICE
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INTRODUZIONE
“...il corpo è l'unico mezzo che io ho per andare al cuore delle cose...” (Marleau-Ponty M., 1970)
Questa breve citazione evidenzia chiaramente come dietro il problema dell'immagine corporea si nasconda il tema centrale dell'uomo. Data la vastità e complessità dell'argomento, è stato difficile trovare delle definizioni che spiegassero in modo univoco concetti come immagine corporea, schema corporeo e vissuto corporeo. Ho deciso di cimentarmi in una tesi sperimentale, per mettere insieme teoria e pratica, su un argomento di grande interesse: la percezione del corpo. Quest'ultima, positiva o negativa che sia, accompagna l'uomo nel corso di tutta la sua vita e, in alcuni momenti importanti, può assumere un ruolo determinante, come ad esempio durante l'adolescenza. Il mio obiettivo sarà quello di analizzare il concetto di immagine corporea e dell'importanza che può assumere nelle fasi più critiche della vita. E quanto una sua errata percezione possa portare a cadere vittima di problemi dell'alimentazione. Nell'esecuzione del mio lavoro nella prima parte descriverò i concetti di immagine e schema corporeo, partendo dalle origini ed elencando le definizioni fornite dai diversi autori, provenienti dalla più disparate discipline (dalla psicologia alla psichiatria, dalla neurologia alla medicina clinica). E poiché la costruzione dell'immagine corporea non dipende solo dalla storia del singolo individuo, illustrerò l'incidenza dell'elemento sociale e dei mass media nella costruzione dell'immagine corporea. Nella parte centrale invece, offrirò una descrizione dei Disturbi del Comportamento Alimentare, nello specifico dell'Anoressia Nervosa, della Bulimia Nervosa e dei Disturbi non Altrimenti Specificati. Cercherò quindi di sottolineare le caratteristiche più generali e i criteri diagnostici del DSM-IV che li identificano, soffermandomi in modo particolare sull'alterazione della valutazione del corpo e delle forme da parte del soggetto, che sviluppa questo tipo di patologie. Infine nell'ultima parte fornirò l'analisi del lavoro di ricerca. Sottolineando le varie fasi del mio lavoro, dalla creazione dei questionari fino alla loro somministrazione, per poi arrivare a spiegare in che modo il campione utilizzato si rapporta con il proprio corpo. Il lavoro è stato svolto secondo due modalità: una ricerca bibliografica e una ricerca sperimentale, 3
quest'ultima condotta presso le diverse facoltà dell'Università degli Studi di Sassari. Lo strumento utilizzato è stato il questionario, che è stato somministrato in un periodo di tempo che va da Maggio 2011 a Luglio 2011. Oltre ad una batteria di domande chiuse, che mirava a conoscere le abitudini alimentari, è stato utilizzato, nell'ultima parte del questionario, il BUT (Body Uneasiness Test), un particolare test costruito in Italia per la valutazione psicometrica del disagio relativo all'immagine del proprio corpo. Infine l'analisi dei dati è stata compiuta presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Sassari con il noto software statistico SPSS.
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CAPITOLO I: DEFINIZIONI DELL’IMMAGINE CORPOREA 1.1 Immagine del sé e schema corporeo La letteratura riguardante “l’immagine corporea”, è molto ricca e passa attraverso più di un secolo di ricerca, realizzato da varie figure , appartenenti anche a discipline fra loro molto diverse. Dell’immagine corporea se ne sono infatti occupati psicologi, psichiatri, neurologi, medici, clinici, fisici, ognuno affrontando l’argomento dal punto di vista della propria disciplina e della personale esperienza pratica. Sono state compiute molte ricerche e sono stati realizzati molti studi1 nel tentativo di comprendere i meccanismi che stanno alla base dell’immagine corporea, nonché i medici clinici hanno proposto interventi diretti al corpo, alla mente, o ad entrambi, nell’intento di aiutare persone la cui qualità di vita risultava essere variamente compromesso da un’esperienza distorta della propria immagine corporea. Anche se questi studi hanno fatto riferimento a una serie di definizioni e di concetti differenti fra loro come: 'percezione corporea' (body percept), 'immagine corporea' (body image), 'idea di corpo' (body concept), 'schema corporeo' (body schema) e 'atteggiamento nei confronti del proprio corpo' (body values), ultimamente si e' cercato di includere tutte le forme di rappresentazioni percettivo/cognitive del corpo umano all'interno di due concetti fondamentali: quelli di schema corporeo (body schema) e di immagine corporea (body image).2 Con schema corporeo si intende la rappresentazione delle caratteristiche del proprio corpo che l'individuo ricava a partire dagli organi di senso. Esso infatti è la consapevolezza della propria tridimensionalità, ossia la consapevolezza della propria statura, della lunghezza degli arti inferiori e superiori e del proprio volume. Più precisamente “Il concetto di schema corporeo risale all'inizio di questo secolo e nasce all'interno degli studi neurologici sugli effetti delle lesioni celebrali. I pazienti con queste lesioni erano infatti soggetti ad una serie di disturbi strettamente legati alle modalità di percezione del corpo, come il mancato riconoscimento della presenza di arti e zone corporee e/o l'incapacità di distinguere tra le diverse parti del corpo.”3 Per cercare di spiegare questi fenomeni all'interno di una teoria unitaria lo studioso inglese Henry Head ideò il concetto di ‘schema corporeo‘. Secondo l’autore lo schema corporeo è “il modello/rappresentazione del proprio corpo in base al quale vengono giudicate le posture e i movimenti.4” Questo schema però si modificherebbe 1
Butter and Cash, Garfinkel and Garner (1982). Il livello di soddisfazione del proprio corpo è risultato essere collegato sia alla riduzione dei comportamenti bulimici, sia ad eventuali ricadute. Ciò ha spinto numerosi ricercatori a studiare delle modalità di intervento specificamente rivolte alle modalità di rrappresentazione del proprio corpo. 2 Cfr. Gallagher S., “How the body Shapes the Mind “ Oxford University Press, Oxford, 2005. 3 Zazzo R., “La disintegrazione della nozione di schema corporeo” Età evolutiva, vol. 35, pag 60-63, 1990 4 Head H., “Aphasia and Kindred Disorders of Speech”, London: Cambridge University Press; pag 87-165; 1966.
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continuamente perchè in esso verrebbero integrate le informazioni centripete relative ai nuovi movimenti del corpo, permettendone la percezione. Inoltre “Questa rappresentazione può essere considerata il frutto della comparazione ed integrazione a livello corticale delle passate esperienze sensoriali (posturali, tattili, visive, cinestetiche, vestibolari) con le sensazioni attuali. Ciò da' origine ad un modello di riferimento 'plastico', quasi completamente inconscio, che permette di muoversi senza problemi nello spazio e di riconoscere in tutte le situazioni le parti del proprio corpo5.” La lezione innovatrice di Head consiste precisamente nell'aver introdotto nuove accezioni nella quale inquadrare il concetto di schema corporeo. “Nella percezione del “senso del corpo” cominciano ad entrare dimensioni come la spazialità (collocazione di sé e del corpo in un preciso luogo), la funzione visiva in rapporto all’auto percezione (immagine spaziale del proprio corpo come elemento fondamentale nella coscienza della corporeità), l’importanza della mediazione del Sistema Nervoso Centrale, che plasma in un continuum incessante, gli stimoli convergenti dalla periferia, fornendo così una percezione realmente integrata.6” Se lo schema corporeo può essere considerato un modello del proprio corpo di tipo percettivo, l'immagine corporea e' invece un modello di tipo cognitivo/socio/emozionale. Spesso quando si chiede di parlare d’immagine corporea in genere, si tende a descrivere semplicemente il corpo. La realtà è ben più complessa. Pertanto per immagine corporea si deve intendere “non soltanto il corpo così come lo vediamo quando ci troviamo di fronte allo specchio, ma anche e soprattutto la percezione che abbiamo di esso.7” Nel dettaglio, si tratta “dell’immagine mentale personale della forma, della dimensione e della taglia del corpo, e dei sentimenti che proviamo rispetto a queste caratteristiche e alle singole parti fisiche”8. Oltre alla bellezza e all’apparenza c’è quindi altro: esiste la rappresentazione mentale di noi stessi, ed è principalmente questa a determinare l’autostima dell’individuo, infatti quando si parla di immagine corporea si intende il modo in cui il soggetto sperimenta e considera il proprio corpo. Il concetto di immagine corporea nasce sucessivamente a quello di schema corporeo ed e' opera 5
Riva G., “Il corpo virtuale, aspetti percettivi e socio-cognitivi, realtà virtuali e disturbi del comportamento alimentare” Conferenza (ATP Lab., Istituto Scientifico Ospedale S. Giuseppe, I.R.C.C.S - Milano, Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano) 2007. 6 Cfr. Renzi C., Daini S., “Percezione di sé e immagine corporea nell’infertilità: Uno studio attraverso il Disegno della Figura Umana”, Mondo Doula, 2007. 7 Leung, N.; Thomas, G.; Waller, G.. “The relationship between parental bonding and core beliefs in anorexis and bulimic women”. Journal of Nervous of Clinical Psychology, n.39, pp 205-213; 2000 8 American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Dosorders. 4th ed. Washington, D.C., American PsychiatricAssociation , 1994.
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dello studioso tedesco Paul Schilder9. Esso, pur iniziando i suoi studi da un punto di vista neurologico ben presto si rese conto che accanto ad un approccio di tipo percettivo era possibile analizzare le rappresentazioni del proprio corpo anche da un punto di vista psicologico. La definizione di Schilder è quella maggiormente accettata. “Con l’espressione immagine del corpo umano intendiamo il quadro mentale che ci facciamo del nostro corpo, vale a dire il modo in cui il corpo appare a noi stessi. Noi riceviamo delle sensazioni, vediamo parti della superficie del nostro corpo, abbiamo impressioni tattili, termiche, dolorose. Ma al di là di tutto questo vi è l’esperienza immediata dell’esistenza in un’unità corporea che, se è vero che viene percepita, è d’altra parte qualcosa di più di una percezione: noi definiamo schema del nostro corpo o schema corporeo. […] Lo schema corporeo è l’immagine tridimensionale che ciascuno ha di sé stesso: possiamo anche definirlo immagine corporea. Questo termine indica che non si tratta semplicemente di una sensazione o di un’immagine mentale: ma che il corpo assume un certo aspetto anche rispetto a sé stesso; implica inoltre che l’immagine non è semplicemente percezione, sebbene ci giunga attraverso i sensi, ma comporta schemi e rappresentazioni mentali.”10 È questa rappresentazione mentale, proprio in quanto tale, non è mai da intendersi come qualcosa di statico o immutabile, ma in evoluzione continua, anche perché incessantemente alimentata da fattori esterni come accadimenti traumatici o anche la moda. È infatti riconosciuta la dannosità degli stimoli cui il nostro cervello è sottoposto ogni giorno (immagini, spot pubblicitari o programmi televisivi). “O anche da fattori interni come la libido, che la rende viva e la destina al rapporto col mondo oggettuale. In quest’ottica dunque l’immagine si configura come assolutamente non scindibile dalle fasi di sviluppo personale e dall’evoluzione e/o regressione dell’investimento libidico. È centrale dunque in tale ottica, il concetto di “libido”, elemento che investe di significato la percezione dello schema fra le istanze interiori (Io, Es). In egual modo, numerosi processi e tendenze centrali nell’ottica freudiana, come la proiezione, l’identificazione, l’introiezione o le tendenze al narcisismo e all’esibizionismo, vengono impiegati da Schilder per l’esemplificazione di aspetti diversi del concetto di schema corporeo.” La lezione di Schilder resta il contributo più interessante all’analisi e alla riflessione dell’immagine corporea, esso pone infatti questo concetto, a fianco dello schema corporeo. Si attribuisce a Schilder il merito di aver chiarito la distinzione tra l’immagine corporea, esperienza soggettiva del proprio corpo libera dai dati sensoriali, e lo schema corporeo, struttura di riferimento dei dati sensoriali sostenuta da un dispositivo anatomico-corticale11. 9
Paul Schilder (Vienna 1886- New York 1940), psichiatra e psicanalista, sviluppò soprattutto lo studio degli aspetti psicogeni dei disturbi psichiatrici. 10 Schilder P., “Immagine di sé e schema corporeo”, Franco Angeli, Milano, pag 35, 1996 11 Cfr. Cotterili J. A., “Body dismorphic disorder”, Dermatology Clinics, 1996.
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Dopo Schilder, il concetto di immagine corporea continua a suscitare interesse in molti autori, ma i tentativi di definire e circoscrivere il significato di tale nozione con l’appartenenza ad un determinato settore, sono nel complesso, infruttuosi. A seconda infatti, del campo in cui ciascuno si è mosso, sono stati sviluppati concetti molto diversi e non assimilabili tra loro. Tuttavia è utile citare un’altra definizione che fu proposta da Allamani e Allegranzi , i quali svilupparono quella di Schilder, sostenendo che l’immagine corporea sia “l’insieme delle percezioni, affetti e idee che, attraverso la sua storia personale e gli atteggiamenti della collettività, un individuo attribuisce al proprio corpo“.12 Il corpo infatti assume due ruoli: •
è oggetto di rappresentazione,
•
è soggetto che rappresenta.
Esso può essere vissuto, percepito o rappresentato e le rappresentazioni del corpo possono essere a loro volta reali, immaginarie e fantasmatiche. Il corpo diventa il cardine e al tempo stesso lo stimolo mediante il quale costruire anche la propria personalità. Infatti L’immagine corporea è fortemente legata al mondo emotivo interno, alle relazioni con le figure significative del mondo esterno e alla storia personale di ciascuno. Il nucleo centrale dell’immagine corporea sarebbe composto da elementi cognitivi ed affettivi in interazione tra loro: le componenti cognitive, che comprendono idee sulle dimensioni corporee e sull’aspetto fisico, influenzano le componenti affettive che, in base agli effetti dell’aspetto fisico nella vita quotidiana e nelle relazioni sociali, intervengono a loro volta sulle componenti cognitive13. “L’analisi di questo tipo di rappresentazione non è un problema neurologico ma psicologico, ed implica lo studio della situazione emotiva del soggetto, dei suoi ricordi passati e dei suoi propositi d’azione. Non è dunque una struttura fissa e immutabile, ma si sviluppa e si modifica costantemente nel corso della vita.14 L’immagine corporea è quindi un costrutto multidimensionale caratterizzato dalle percezioni e dalle valutazioni dell’individuo in merito al proprio aspetto fisico. Il sopracitato Schilder, nel 1935, definisce l’immagine corporea come l’immagine del proprio corpo nella propria mente, ovvero il modo in cui il corpo appare a se stessi. In seguito, nel 1988, Slade la descrive più precisamente come “l’immagine che abbiamo nella nostra mente della forma, dimensione, taglia del nostro corpo e i sentimenti che proviamo rispetto a queste caratteristiche e rispetto alle singole parti del nostro
12
Allamani A., Allegranzi P., Dei M., Rosselli M., “Immagine corporea: dimensioni e misure. Una ricerca clinica” Arch. Psicol. Neurol. Psichiat., Vol. 2, pag 35; 1990 13 Cfr. Riva G., Bacchetta M., Baruffi M., Rinaldi S., Vincelli F., Molinari E., “Journal BehaviorTherapy and ExperimentalPsychiatry”, Vol.7, 2000 14 Cfr. Cash T., Pruzinsky T., “Body Image . A Hahndbook of Theory, research and clinical practice”, The Guilford Press, 2002.
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corpo15”: cioè, la rappresentazione soggettiva che ogni persona ha del proprio corpo. Secondo Slade l’immagine corporea risulta avere una componente percettiva (ad esempio, come la persona visualizza la taglia e la forma del proprio corpo), una attitudinale (cosa pensa la persona, cognitivamente, del proprio corpo), una affettiva (i sentimenti verso il corpo) ed, infine, una comportamentale (alimentazione, attività fisica, etc.). Da queste componenti si può capire come l’immagine che ognuno ha del proprio corpo comprenda la persona nella sua globalità, in tutti gli aspetti del suo essere, e quindi la sua rilevanza e complessità. Egli parlò di “body size”, riferendosi alla componente cognitiva relativa all’accuratezza nella valutazione della dimensione corporea, e di “body dissatisfaction”, componente emotiva relativa al corpo o a parti di esso16. Recentemente anche Cash mette in risalto come l’immagine corporea sia “l’insieme di percezioni e atteggiamenti di ciascuno collegati al proprio corpo, includendo pensieri, convinzioni, sentimenti e comportamenti”17. Ci sono state poi ulteriori ricerche che hanno cercato di definire l’immagine corporea analizzando le sue componenti. Un esempio è la distinzione effettuata da alcuni studiosi, tra “immagine corporea di breve periodo”, immagine cosciente della posizione delle diverse parti del corpo in un dato momento, e “immagine corporea di lungo periodo”, immagine cioè complessiva del corpo, che descrive com’è strutturato il soggetto.18 Altri studiosi hanno rivolto l’attenzione ad altri due elementi distinti all’interno dell’immagine corporea: il concetto cognitivo di percezione del corpo (idee sulle dimensioni corporee e sull’aspetto fisico) e quello affettivo di atteggiamento mentale o soddisfazione per il proprio corpo (effetti dell’aspetto fisico sulla vita quotidiana e nelle relazioni sociali), in interazione tra loro. Garner e Garnfinkel ad esempio distinsero il concetto di “body image affect” (sentimenti ed emozioni suscitate dai pensieri sul proprio corpo) da quello di “body image attitude” (idee e regole che organizzano il nostro modo di vedere il corpo)19. La diffusione nell’ultimo decennio dei disturbi del comportamento alimentare, legati all’esperienza corporea, ha portato i ricercatori a sistematizzare la teoria riguardante le rappresentazioni corporee. Tutte le rappresentazioni percettivo-affettivo-cognitive del corpo umano sono state incluse in due concetti: lo schema corporeo, che comprende le rappresentazioni percettive, e l’immagine corporea, 15
Banfield S., McCabe M., “An avaluation of the construct of body image”, Articles in summer, 2002 issue of Adolescence. 16 Cfr. Cash T., “Negative Body Image”, Evaluating Epidemiological Evidence, cap. 8, The Guilfold Press, New Yok, 2002. 17 Dèttore D. “I disturbi delll’immagine corporea. Diagnosi e trattamento“, McGraw-Hill, Milano, 2008, pag 7. 18 Cfr. Molinari E., Riva G., “Psicologia clinica dell’obesità: Ricerche e interventi”, Bollati Boringhieri, Torino, 2004. 19 Cfr. C. G. Fairburn , A Cognitive-Behavioral treatment of Bulimia, in “Handbook of psichoterapy for Anorexia nervosa and Bulimia”, D. M. Garner and P. E. Garfinkel, Eds. New York : Guilford, 1985.
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che invece comprende quelle di tipo affettivo-cognitivo. Marcelli e Bracconnier, due autorevoli psicoanalisti francesi, sottolineano la differenza fra schema e immagine corporea, perché l’immagine del corpo appartiene al sistema simbolico immaginario. Il corpo è oggetto di investimento affettivo e la sua immagine è il prodotto di questo investimento affettivo.20 Mentre lo schema corporeo è considerato un modello del proprio corpo di tipo percettivo, l’immagine corporea è invece un modello di tipo cognitivo-emozionale. I termini “immagine corporea” e “schema corporeo” vengono ora considerati due punti di riferimento nell’affrontare il tema delle rappresentazioni corporee. “E’ però necessario distinguere in maniera più specifica le due modalità di rappresentazione corporea, e a questo proposito sono utili tre elementi che ne sottolineano le differenze: 1- Il grado di intenzionalità. L’immagine corporea include l’esperienza personale del proprio corpo, all’interno di un insieme di atteggiamenti, emozioni e credenze; è caratterizzata da uno “status intenzionale”.
Lo
schema
corporeo
invece
è
un
sistema
di
riferimento
sviluppato
inconsapevolmente tramite l’esperienza motoria. 2- Il livello di impersonalità. Nell’immagine corporea il corpo è sperimentato come il corpo che appartiene al soggetto. Lo schema corporeo invece è sperimentato in maniera impersonale. 3- Il livello di coinvolgimento corporeo. L’immagine corporea viene sperimentata sempre in relazione ad un particolare aspetto o parte del corpo. Lo schema corporeo funziona sempre in modo solistico21”. Schema corporeo e immagine corporea sono dunque due concetti tra loro differenti. A fondamento del proprio sé corporeo c'è l'immagine corporea che ogni individuo ha di sé stesso, mentre lo schema corporeo è una vera e propria costruzione che il soggetto fa di se stesso.
1.2 La salienza motivazionale e la salienza dell'auto-valutazione Secondo la prospettiva cognitivo-comportamentale è importante distinguere due aspetti chiave che sembrano essere alla base dell’immagine corporea: ‘body immane evaluation’ e ‘body image investiment’. Il primo riguarda la soddisfazione o insoddisfazione per il proprio aspetto, derivante da una congruenza o discrepanza tra percezione del proprio fisico e ideali estetici interiorizzati. 20
Cfr. Maggiolini A., PietropolliCharmet G. (a cura di), Manuale di psicologia dell’adolescenza: compiti e conflitti, Franco Angeli, Milano, 2004. 21 Cfr. Martinelli R., “Il problema dell’immagine del corpo: contributi dela neurologia, della psicoanalisi, della psichiatria, della psicologia genetica”, Arch. Psicol. Neurol. Psichiat., Vol. 3, 1974.
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L’investimento si riferisce all’importanza psicologica (cognitiva e comportamentale) che gli individui danno al proprio aspetto fisico22. Cash, Melnyk e Hrabosky hanno sostenuto che l’investimento può avvenire in due modi. “Il primo è la “salienza motivazionale” della propria apparenza, cioè il valore che la persona dà all’amministrazione del proprio aspetto per apparire al meglio o per aumentare la propria attraenza. Tale modalità di investimento non è necessariamente maladattiva. Ma può piuttosto riflettere la tendenza a prendersi cura del proprio aspetto o l’orgoglio verso di esso. Il secondo tipo di investimento è la “salienza del’auto-valutazione” del proprio aspetto che riguarda il motivo per il quale le persone giudicano il proprio aspetto come parte integrante del senso del sé o del proprio valore. Questo tipo di investimento può essere più disfunzionale per come riflette nella sua relazione con la valutazione dell’immagine corporea, delle patologie dell’alimentazione e altri aspetti psicosociali disfunzionali23.” Infatti le persone che soffrono di un disturbo alimentare hanno una valutazione di sé basata in modo esclusivo e predominante sul peso, le forme corporee e sul controllo dell'alimentazione. Diversamente le persone che non hanno disturbi dell'alimentazione si valutano in base alla percezione delle loro prestazioni in diverse aree: scuola, relazioni interpersonali, sport e amicizie. Questo schema di autovalutazione rappresenta dunque il nucleo patologico centrale dal quale dipendono tutti gli altri fattori di mantenimento dei Disturbi dell'Alimentazione. Come la persona valuta se stessa è di primaria importanza nel mantenimento dei disturbi dell'alimentazione. L'unico comportamento non legato direttamente allo schema di valutazione disfunzionale è l'abbuffata, in quanto sembra essere la conseguenza del restringere l'alimentazione o del bisogno di modulare emozioni intollerabili.
1.3 La rappresentazione del sé La rappresentazione del sé costituisce un processo continuo e complesso che si correla con i modelli organizzativi interni stimolati nel bambini dal legame di attaccamento che viene attuato con la figura di riferimento. Infatti “la percezione del sé prende avvio da una attribuzione genitoriale 'esterna' o di 'auto-rispecchiamento' definita 'lookingglass self, attraverso la quale il bambino acquisisce le definizioni dei genitori su di sé e se le attribuisce quali 'etichette' che gli forniscono inizialmente una identità ed unicità.”24 L'immagine corporea è legata alla propria globale autostima, e una negativa immagine corporea quando si è piccoli può facilmente condurre allo sviluppo della depressione e dei disturbi 22
Ibidem, pag 9. Cash T., Hrabosky J.I., “Handbook of eating disorders and obesity”, Treatment of body image disturbance. J.K. Thompson (Ed), New York: Wiley, 2003. 24 Nuvoli G., Uccula A., “Attaccamento e rappresentazioni della realtà. Organizzazione della conoscenza ed emozioni nel ciclo di vita”, Edes Editrice, Sassari, pag 121; 2007. 23
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alimentari. Questo genere dei disturbi presenti solitamente
nell'adolescenza è radicato
nell'immagine corporea del periodo dell'infanzia. “Già all'età di 11 anni, i bambini valutano la propria immagine corporea attraverso diverse misure che includono elementi riguardanti caratteristiche del viso, dei capelli o del globale aspetto fisico. Può accadere che un bambino risulti insoddisfatto del proprio aspetto fisico anche quando le misure di valutazione predirebbero il contrario25” I sentimenti riguardanti la propria immagine corporea interiorizzati durante l'infanzia si riflettono poi sui disturbi presenti nei ragazzi adolescenti. Durante l'adolescenza l'immagine corporea può avere una forte influenza sullo sviluppo psicologico ed interpersonale, soprattutto tra le ragazze. In questo periodo diversi altri cambiamenti evolutivi influenzano, e sono a loro volta influenzati dall'immagine corporea. La transizione puberale accentua sicuramente i precedenti problemi e le già esistenti vulnerabilità dei ragazzi, conducendo facilmente ad un'immagine corporea negativa. La connessione tra autostima e immagine corporea è più forte durante l'adolescenza che negli altri periodi della vita. Un'immagine negativa in genere viene associata a diverse caratteristiche della personalità, come una bassa stima di sé, depressione, ansia, paura di una valutazione negativa, tendenze ossessivo – compulsive. Quindi nell'adolescenza la presenza di un'immagine corporea negativa aumenta il rischio di depressione o la rafforza soprattutto nei ragazzi che ne sono già colpiti, ed è una predittrice di cronici, anche se non clinici, disturbi alimentari che possono presentarsi nell'età adulta.26 “Alcuni elementi psico-socio-fisiologici hanno una forte influenza sullo sviluppo delle rappresentazioni corporee sia nell'infanzia che nell'adolescenza: •
Fattori psicosociali: Tra questi un ruolo importante è giocato dai genitori, dal gruppo di pari e dall'ambiente sociale circostante.
•
Fattori biologici: Nell'adolescenza, soprattutto le ragazze, hanno una certa difficoltà ad accettare il proprio corpo. La causa sono i rapidi cambiamenti che lo coinvolgono e che possono influenzare psicologicamente il ragazzo e generare ansia e disagio.
•
Temperamento: E' stato attestato che alcuni tipi di personalità possono predisporre a disturbi dell'immagine corporea e a disordini alimentari.27”
David W. Krueger (1989) sostiene che nelle ultime due decadi le ricerche neuropsicologiche hanno procurato importanti dati riguardanti lo sviluppo dell’immagine corporea e hanno sottolineato la funzione dell’io mentale come ponte che collega mente e corpo. “L’immagine corporea è un 25
Cfr. D'Andrea F. (a cura di), “Il corpo a più dimensioni. Identità, consumo, comunicazione.”, Franco Angeli, 2005. Cfr. Riva E. (a cura di), “L'autostima allo specchio. La prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare in adolescenza”, Franco Angeli, Milano, 2007. 27 Cfr. Costantino L., “La ricerca di un'immagine. L' anoressia mentale.”, Liguori Editore, Napoli, 2004. 26
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insieme cumulativo di immagini, fantasie e significati riguardanti il corpo, le sue parti e le sue funzioni; è considerata come una componente dell’immagine di sé e la base della rappresentazione di sé.28” In base all’approccio psicodinamico lo sviluppo dell’io corporeo può essere concettualizzato in una serie di tre stadi: a) Una prima esperienza psichica del corpo. Attraverso gli stimoli percettivi-sensoriali i bambini imparano a discriminare i propri corpi dall’ambiente circostante. E’ grazie alla risonanza empatica del 'caretaker'29 che verrà rinforzata la percezione del bambino del confine della propria superficie corporea. Quando la risonanza empatica non è presente il bambino può rischiare di perdere il senso di sé. b) Una prima consapevolezza di un’immagine corporea che integri l’esperienza esterna ed interna e formi il confine tra la superficie corporea e gli stati interni. I confini esterni del corpo divengono più specifici e maggiormente delimitati. La risonanza genitoriale empatica e le interazioni reciproche formano le sensazioni interne ed esterne in distinte funzioni dell’immagine corporea. I confini del corpo definiscono cosa è “me” e cosa è “non me”;l’esperienza interna del bambino diventa unificata, non più una collezione di parti. c) L’integrazione dell’io corporeo come contenitore dell’io psicologico, che formi un senso di identità e continuità. Intorno ai 15-18 mesi, quando il bambino scopre sé stesso davanti allo specchio, ha inizio un nuovo livello di consapevolezza di sé; il bambino capisce di non essere un’estensione della madre, ma di iniziare dove la madre finisce, di avere un suo proprio corpo. Il consolidamento di una stabile rappresentazione mentale del proprio corpo in questo periodo è un’importante chiave di sviluppo30. L'io soprattutto all'inizio della vita è un Io corporeo. La comunicazione ha nel corpo il suo strumento privilegiato e i messaggi trasmessi non sempre corrispondono al nostro pensiero. L'Io corporeo è quindi un concetto psicologico che si differenzia da quello di schema corporeo con cui è in interazione, ma con cui non coincide.
1.4 Percezione del sé e relazionalità Nella parte finale del suo lavoro, Schilder assume la nozione di schema o immagine corporea anche 28
Smolak L., “Body Image Development in Children, cap. 8, pag. 65-72, Guilfold Press, New York, 2002 Caretaker: Una persona che si prende cura di un altro in senso generale, o nel senso di caregiver. (Fonte: wikipedia.org) 30 Krueger D., “Body self and psicologica self: developmental and clinical integration in disorders of the self , Brunner/Mazel , New York, 1989. 29
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in una prospettiva sociologica. Egli sostiene che: “Il modello posturale del nostro corpo è correlato con quello dei corpi altrui. Esistono delle correlazioni tra i modelli posturali dei vari esseri umani, abbiamo cioè esperienza anche delle immagini corporee altrui; l’esperienza della nostra immagine corporea e quella dei corpi altrui sono strettamente correlate. Allo stesso modo in cui le nostre emozioni e le nostre azioni sono inseparabili dai loro corpi.”31 Infatti la costruzione dell'immagine corporea non dipende solo dalla storia del singolo individuo ma anche dall'incidenza dell'elemento sociale. Un primo modo di considerare il sé nel gruppo è quello di prendere in esame il significato che ha per un individuo rappresentare se stesso in relazione ai membri del gruppo di cui egli è parte. Alcune funzioni svolte dalle relazioni con gli altri evocano e influenzano positivamente il senso del sé. La percezione corporea è un vissuto che ha una nascita ben precisa, a differenza dell'immagine corporea che si forma invece più tardi (nei primi anni di vita) e che si costituisce sulla base delle esperienze percettive dei corpi altrui vissuti dal soggetto nei diversi rapporti. Essa infatti è il frutto di un riflesso di sé attraverso gli altri. In genere è nell'età adolescenziale che questa immagine diventa stabile e ben definita. Ad orientare i ragazzi nel processo di definizione dell'identità sembra essere innanzitutto il gruppo di amici. “L'adolescente cerca all'esterno un appiglio per recidere il cordone che lo lega alla nicchia affettiva primaria e poter avviare il proprio progetto di crescita, egli chiede al suo gruppo si rappresentare un nuovo ambito di appartenenza e al tempo stesso un sostituto adeguato del contenimento familiare , un ambiente sicuro e accogliente, in cui poter ritrovare la protezione dell'infanzia.”32 L'adolescente soffre e tra mille incertezze è alla ricerca di sé stesso e della propria identità. Egli trova uno spazio affettivo e di espressione nel gruppo, un insieme di pari che si forma in maniera casuale e verso cui impegna molte delle proprie risorse. Ed è tra i pari che il ragazzo trova modelli culturali identificativi. Esso si immerge nel gruppo e con esso si identifica, assumendo modi di essere e di fare che sono comuni agli altri. Si “mimetizza”, anche nel modo di vestire e di fare. Così in esso è accettato per quello che è, cioè con la sua persona e il suo corpo. La vita di gruppo assume un significato particolare e così ogni comportamento del gruppo stesso. Un quadro teorico che aiuta a spiegare la relazione tra alcuni fattori che sono coinvolti nella nascita dell'insoddisfazione corporea è la Teoria del Confronto Sociale33 secondo cui “esiste una
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Schilder P., “Immagine di sé e schema corporeo”, Franco Angeli, Milano, pp.40-41, 1996. Riva E., (a cura di), “L'autostima allo specchio, la prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare in adolescenza”,Franco Angeli Edizioni, Milano, pag. 67, 2007. 33 Festinger 1954: le persone procedono al confronto sociale per avere un'immagine più accurata e soggettiva. Si procede 32
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motivazione universale che spinge l'individuo a valutare le proprie capacità e caratteristiche attraverso il confronto con altre persone, preferibilmente simili a sé. Il confronto sociale è quindi, il processo valutativo che implica la ricerca di informazioni e la formazione di giudizi sul proprio sé messo a confronto con gli altri: confronto nel quale si impegnerebbero più frequentemente le persone che non sono sicure di sé stesse, in aree che per loro sono rilevanti.”34 Festinger35 a riguardo propone due principali tipi di confronto sociale. Nel confronto “Downward” compariamo noi stessi con gli individui che percepiamo meno fortunati di noi per qualche aspetto: tale confronto, generalmente favorisce il buon umore e sentimenti di valore personale. Nel confronto”Upward” c paragoniamo con persone che percepiamo essere socialmente migliori di noi: di solito questo porta ad un umore negativo e può minacciare l'auto-valutazione.
1.5 Percezione del sé e l'influenza dei mass-media Il contesto culturale di appartenenza e i mass media sono elementi determinanti per la formazione degli ideali, delle convinzioni e delle aspettative dell'individuo, soprattutto quelle riguardanti l'immagine corporea, l'alimentazione e il peso. Tuttavia, i protagonisti della moda e dello spettacolo offrono modelli estetici irrealizzabili da gran parte della popolazione, oltretutto celando le restrizioni alimentari, la costanza di esercizio fisico e le operazioni di trucco spesso indispensabili per ottenere il risultato estetico desiderato. Così il conflitto tra i mass media e la fisiologia umana porta inevitabilmente sempre più persone ad essere insoddisfatte della propria immagine corporea. Ma ancora più grave, creando nell'individuo una sensazione marcata di inadeguatezza rispetto ai modelli estetici proposti, favorisce l'insinuarsi di un disturbo dell'immagine corporea, indipendente dalla forma corporea stessa. Il soggetto perciò sviluppa una sensazione soggettiva di deformità o di difetto fisico per la quale ritiene di essere notato dagli altri, nonostante il suo aspetto rientri nei limiti della norma. Le conseguenze sono la messa in atto di strategie quali la restrizione alimentare, le condotte di eliminazione, l'iperattività fisica, ecc., Per quanto riguarda il rapporto tra influenza socioculturali e insoddisfazione corporea, quindi, guardare la televisione o leggere riviste su temi inerenti l'aspetto fisico, spinge gli individui a valutare il proprio aspetto attraverso il confronto con i modelli che pervadono i media. Questo processo porta la maggior parte delle persone ad utilizzare un confronto “Upward” che produce una valutazione negativa del proprio aspetto fisico. al confronto sociale quando non si hanno dati oggettivi e si avverte incertezze su una parte di noi stessi. Inizialmente il confronto è con tutti, poi si selezionano i confronti più accurati, che di solito sono effettuati con persone simili a noi. 34 Déttore op. cit. pp. 10-11. 35 Leon Festinger (8 maggio 1919 – 11 febbraio 1989) psicologo e sociologo, è stato docente in diverse Università statunitensi. È conosciuto per i suoi importanti studi sulla “coesione dei gruppi” e “tendenza all'uniformità”.
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“L'analisi della letteratura sembra confermare come l'esposizione ai modelli ideali proposti dai media influisca sull'insoddisfazione corporea attraverso processi di confronto sociale (relativo al proprio aspetto fisico) soprattutto nelle adolescenti femmine.”36 Infatti le ragazze che effettuano confronti con personaggi molto magri si sentono meno soddisfatte del proprio corpo e hanno un più elevato impulso alla magrezza. Tuttavia il confronto corporeo sembra mediare la relazione anche tra le percezioni esercitate dai mass-media, dalla famiglia e dai pari. “In particolare i pari e le immagini mediatiche risultano essere più frequenti e importanti modelli estetici per il confronto dell'aspetto del corpo sia fra gli adolescenti che i giovani adulti di entrambi i sessi.”37 In accordo con la Teoria del Confronto Sociale che riteneva più probabile che si impegnassero in confronti sociali gli individui meno sicuri di sé, più recentemente Thompson 38 ha suggerito come le persone depresse o con bassa autostima presentino una tendenza maggiore al confronto. “Il confronto risulta mediare gli effetti di alcune variabili psicologiche (autostima e depressione), sull'incremento dell'insoddisfazione corporea dopo l'esposizione alle immagini di bellezza ideale promossa dai media39”. L'appartenenza alla cultura occidentale determina di per sé l'adozione spesso inconsapevole dei modelli proposti attraverso la diffusione di simboli di bellezza ideale, associati ad allettanti richiami quali ricchezza, potere, felicità e benessere. La comunicazione di massa si è da tempo impadronita dei temi riguardanti immagine corporea e bellezza, contribuendo a creare e a diffondere gli stereotipi ben noti su corpo e immagine. Anche se i fattori culturali da soli non sembrano in grado di provocare un disturbo alimentare giocano un ruolo fondamentale se accompagnati da fattori individuali, come bassa autostima, tendenza al controllo e al perfezionismo. I ragazzi con un'alta stima di sé e bassi livelli di autostima risultano infatti meno suscettibili alle influenze negative derivanti dall'esposizione ai media. Nel corso dei secoli si sono succedute mode diverse, con l'alternarsi ciclico di magrezza, opulenza o obesità come canoni estetici di riferimento. Negli ultimi trent'anni è andata affermandosi la magrezza femminile come ideale sia estetico che morale, poiché al corpo esile e scattante sono stati attribuiti valori quali l'ambizione, il potere, l'organizzazione e l'autoaffermazione sociale, prima nei paesi occidentali poi in tutti i paesi raggiunti dalla nuova tipologia femminile. Tale tipologia risulta 36
Cfr. Hargreaves D.A, “Idealized media images and adolescent body image: Journal of social and clinical Psychology. Cfr. Durkin S.J., Paxton S.J, “Predictors of vulnerabiliy to reduced body image satisfaction and psychological wellbeing in response to exposure to idealized female body images in adolescent girl.” Journal ofPsychosomaticResearch. 2002. 38 Kevin Thompson specializzato in psicologia dell'età evolutiva, è stato insegnante nelle scuole medie e superiori prima di dedicarsi alla psicoterapia. È psicologo scolastico e svolge attività di psicoterapeuta infantile e della famiglia. 39 Thompson J.K., “Body image disturbance”,Pergamon Press, New York, pag 158, 1990. 37
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essere un mosaico di valori e aspettativi culturalmente attribuiti nelle società passate al genere maschile, e risulta impoverita di tratti femminili precedentemente ritenuti classici (aspetto materno, docilità, sottomissione, accudimento...). Noi siamo quindi influenzati dagli stereotipi culturali riguardanti l'apparenza fisica e dai modelli che li rappresentano. Tutti questi fattori convergono e si combinano in modi diversi nelle diverse persone nel determinare in livello di soddisfazione o insoddisfazione corporea. Negli ultimi anni prima le donne e poi gli uomini, hanno sviluppato una preoccupazione eccessiva nei riguardi del corpo. Maschi e femmine sono sempre più insoddisfatti del loro fisico e lo considerano un nemico da combattere attraverso diete ed esercizio fisico incessante. Spesso un regime alimentare restrittivo non è più utilizzato solo quale strumento per perdere peso, ma anche per esorcizzare la paura di diventare grassi. Sino a molti anni fa, il controllo ossessivo per il peso, era un problema circoscritto al 'mondo femminile'. Oggi possiamo dire che quasi indistintamente maschi e femmine, ricercano un corpo perfetto, atto a soddisfare le proprie esigenze e in particolar modo le aspettative altrui. L'eccessiva importanza riservata all'immagine corporea, è frutto dell'errata convinzione, che per essere socialmente accettati, è necessario apparire in forma uguale, se non addirittura migliore, a quella dei modelli proposti dai media. Questi ultimi fungono da elementi decisivi per la formazione di ideali e convinzioni di ogni soggetto.
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CAPITOLO II: L'IMMAGINE CORPOREA E I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
2.1 Origini del concetto e cause dei disturbi alimentari Con il temine 'Disturbi del comportamento alimentare' si fa abitualmente riferimento a un disturbo o disagio caratterizzato da un alterato rapporto con il cibo e con il proprio corpo. Nei disturbi alimentari l'alimentazione può assumere caratteristiche assai disordinate e ossessive tali da compromettere la possibilità di consumare un pasto in modo 'normale' e da mantenere normali attitudini verso il cibo e il momento del pasto. Accanto all'alterazione del comportamento alimentare vi è poi un'alterata valutazione del corpo e delle sue forme, con la sensazione di essere grassi e brutti e quindi socialmente non accettabili. Un'alterata valutazione del proprio corpo e delle sue dimensioni porta quindi ad un senso di inadeguatezza ed insoddisfazione di sé, che può avere una forte influenza sull'autostima. Nei disturbi alimentari infatti l'autostima non si fonda sulle qualità intellettive o morali, ma sul peso e sulla forma del proprio corpo. I Disturbi del Comportamento Alimentare insorgono prevalentemente nel corso dell'adolescenza, età in cui si verificano numerosi cambiamenti a livello sia fisico sia psicologico. Accogliere e accettare quello che si sta diventando, le trasformazioni fisiche che accompagnano la crescita, è uno dei compiti evolutivi che attendono i giovani. Il corpo che cambia è anche il segnale che è giunto il momento di fare un passo verso l'autonomia, di aprirsi al mondo per affrontare le nuove situazioni che attendono chi sta per entrare nel mondo dell'adolescenza. Uno dei fattori che più frequentemente predispongono a un disturbo del comportamento alimentare è la difficoltà ad accettare la propria autonomia. Tuttavia “al di là dell'aspetto puramente sintomatologico i Disturbi del Comportamento Alimentare, pur variando tra loro per la sintomatologia oggettivamente rivelabile (segni propriamente detti) e per le implicazioni internistiche, sono caratterizzati da un nucleo psicopatologico comune, rappresentato da: •
convinzioni distorte nei confronti del cibo e dell'alimentazione
•
convinzioni distorte nei confronti del peso
•
convinzioni distorte riguardo alla forma del corpo
•
atteggiamento autoprescrittivi riguardo al cibo
Tale nucleo è la matrice sintomatologica specifica di tali disturbi, a cui assai spesso si associa una sintomatologia generale, ed esempio sintomi della serie ansiosa o depressiva, che concorrono a 18
definire il quadro clinico, ma che non hanno valore diagnostico in senso stretto.”40 I disturbi del comportamento alimentare, un tempo rari, dagli anni 70 in poi si sono diffusi nel mondo industrializzato in modo preoccupante, non solo per la numerosità dei casi, ma anche perché colpiscono in prevalenza la popolazione giovanile. Sono patologie difficili e lunghe da curare che in molto casi possono divenire croniche, producendo gravi inabilità fisiche e psichiche. Essi sono tra i disturbi psichiatrici, quelli che richiedono la maggiore collaborazione possibile tra i medici con differenti specializzazioni. Infatti essi sono causa di complicanze mediche sostanzialmente gravi. “Ma ciò che differenzia la sostanza dei Disturbi del Comportamento Alimentare da tutte le altre patologie consiste nel fatto che l'ossessione maniacale e compulsiva nei confronti del cibo e del proprio corpo sono atteggiamenti e comportamenti causati dal disturbo alimentare, ne sono la conseguenza e non solo una naturale predisposizione femminile (e in molti casi anche maschile). La prima domanda da porsi riguarda proprio il motivo per cui un disagio psicologico si manifesti attraverso processi che riguardano il corpo. In risposta a questo interrogativo, una prospettiva di analisi efficace viene fornita dal concetto di 'disturbo etnico'41. Secondo questo modello vi sarebbero delle relazioni complesse fra la cultura e la psicopatologia: in modo particolare alcuni disturbi psicologici sembrerebbero divenire espressione delle angosce più profonde e dei problemi irrisolti di una cultura.”42 Il termine 'etnico' andrebbe però considerato come riferito ad un disturbo tipico di una determinata cultura, nel caso dei disturbi alimentari la cultura è quella che si è sviluppata nei paesi occidentali. Dunque la diffusione dei sintomi che caratterizzano i disturbi alimentari, è facilitata dai modelli di riferimento della civiltà attuale. In una società in cui non si fa mistero che l'apparenza, la bellezza e la popolarità sono le doti principali per acquisire il successo, non sembra un caso che si stiano diffondendo disturbi psicopatologici legati all'alimentazione e all'immagine corporea.
2.2 Classificazione dei disturbi del comportamento alimentare I disturbi del comportamento alimentare sono considerate patologie multideterminate e sono dunque interpretate secondo vari approcci. Tra questi i più importanti sono “l'approccio genetico, che giustifica i problemi alimentari quale l'obesità sulla base della familiarità. L'approccio termodinamico si presenta invece più articolato e considera i problemi alimentari come effetto di una carenza nella funzione metabolica o nei processi biochimici che determina uno scompenso 40
Rotella C.M., Ricca V., Mannucci E., “L'Obesità: manuale per la diagnosi e la terapia”, Società Editrice Europea, Firenze, pag 167, 1997. 41 Termine coniato da Devereux nel 1955. Devereux (Lugoj 1908 – Parigi 1985) è stato un antropologo e un psicoanalista ungherese. È considerato uno dei pionieri della etnopsichiatria. 42 Cfr. Ladogana S, “Lo specchio delle brame, mass media, immagine corporea e disturbi alimentari”, Franco Angeli Editore, Milano, 2006.
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nell'utilizzo delle sostanze nutrizionali. La teoria della soglia di regolazione addebita i disturbi alimentari ad un'errata regolazione dei livelli di soglia inferiore o superiore entro i quali l'individuo inizierebbe o cesserebbe di avvertire la sensazione di fame. Ancora secondo la teoria delle 'cellule grasse' queste raggiungerebbero il loro numero definitivo entro il secondo anno di età e una sovralimentazione nella prima infanzia aumenterebbe la quantità di adipociti, per cui la valutazione della loro quantità e dimensioni può rivelare la predisposizione all'obesità. Tuttavia tali approcci non risultano essere esaustivi in quanto i fattori organici ed endocrini non sono quasi mai gli unici responsabili di disordini e patologie alimentari.”43 Perciò è utile comprendere quanto gli aspetti individuali, familiari e culturali possano influire sui meccanismi dei Disturbi Alimentari. Tra i fattori individuali troviamo: lo sviluppo della personalità deficitario quanto ad autonomia, identità e autostima; disturbi nella sfera percettiva e cognitiva; eccessiva preoccupazione per il peso corporeo e concomitanza di altre patologie. Tra i fattori familiari troviamo: caratteristiche demografiche; parametri educativi di alimentazione e bellezza; familiarità per disturbi affettivi, abuso di sostanze, anoressia nervosa e obesità; pattern specifici di interazione genitori-figli. Infine tra i fattori culturali risultano particolarmente negativi i modelli estetici di magrezza. “Il campo nosografico della psicopatologia dell'alimentazione utilizza dei sistemi di classificazione psichiatrica, il DSM-IV, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali del 1994, e l'Icd-10, International Classification of Desease, pubblicato nel 1992, i quali delineano i criteri diagnostici utili a distinguere le diverse malattie. Il DSM-IV è la quarta revisione di un lavoro di ricerca di consenso di mezzo secolo da parte dell'American PsychiatricAssociation. Nel DSM-IV i disturbi del comportamento alimentare comprendono Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e Disturbo del Comportamento Alimentare non Altrimenti Specificato. La pica e il disturbo di ruminazione, prima classificati fra i disturbi del comportamento alimentare, sono ora presenti fra i disturbi della nutrizione e dell'alimentazione dell'infanzia o della prima fanciullezza. Fra le categorie diagnostiche che necessitano di ulteriore studio il DSM-IV segnala invece il disturbo da alimentazione incontrollata, affine alla bulimia nervosa, ma in cui la frequenza degli episodi è differente rispetto a quest'ultima e mancano i meccanismi di compenso inappropriati.”44
2.3 L'anoressia nervosa L'anoressia è un disturbo del comportamento alimentare che si manifesta con il rifiuto di perdere il proprio peso. Questo disturbo è caratterizzato dalla paura di aumentare di peso, da un'immagine del proprio corpo e, nelle donne, dall'amenorrea, che si manifesta con la mancanza di almeno tre cicli 43 44
Nuvoli G, Uccula A. Cfr Invernizzi G., “Manuale di psichiatria e psicologia clinica 3/Ed”, McGraw Hill Companies, Milano, 2006.
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mestruali consecutivi. A volte le persone che ne soffrono si lasciano morire di fame e assumono dosi massicce di lassativi a seconda della perdita di pesa di cui soffrono. Anoressia, significa letteralmente perdita dell'appetito, tuttavia questo non è il corretto sintomo di questa patologia. Infatti chi soffre di anoressia pur essendo affamato controlla il proprio appetito. Come la maggior parte dei disturbi del comportamento alimentare tende a manifestarsi in età pre o post pubertà, ma si può manifestare in qualsiasi evento che coincida con un cambiamento di vita. L'anoressia nervosa colpisce prevalentemente le ragazze adolescenti anche se si può manifestare in donne adulte e uomini. Uno dei motivi per i quali le adolescenti ne vengono colpite è la loro tendenza a seguire delle diete estreme per mantenere un linea ideale. “I sintomi distintivi dell'anoressia nervosa sono: •
Perdita di peso rilevante (più del 15% del peso considerato normale per età, sesso e altezza).
È importante sottolineare che il peso viene mantenuto al di sotto di quello normale in modo volontario e con notevoli sforzi da parte del soggetto. •
Paura intensa di ingrassare e di perdere il controllo, anche se si è al di sotto dei valori
normali, a tal punto che un aumento di pochi etti può provocare profondo disagio. •
Alterazioni nel modo di vivere il peso, la taglia, e le forme corporee. Non viene ammessa
nessuna preoccupazione per il sottopeso. La forma del corpo, la distribuzione del grasso, diventano la fonte primaria del loro stato di inquietudine, sino al punto che tutta l'esistenza e il comportamento del soggetto ne vengono pesantemente influenzati. •
Assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi (amenorrea) dovuti fisiologicamente al
sottopeso. Una ragazza per essere predisposta a procreare deve avere una certa percentuale di grasso idoneo per affrontare un'eventuale gravidanza. Ecco perché in condizione di sottopeso avviene il blocco del ciclo mestruale e quindi l'inabilità fisiologica a procreare.”45 La caratteristica principale dell'anoressia nervosa è il rifiuto del cibo, ma chi soffre di tale disturbo ha sempre un'intensa fame. Il rifiuto di mangiare nasce dalla forte paura di ingrassare e dalla necessità di controllare l'alimentazione. Per evitare di ingrassare, chi soffre di tale disturbo, mette in atto una serie di comportamenti tipici del disturbo, quali: seguire una dieta ferrea, fare esercizio fisico in maniera eccessiva, indursi il vomito anche dopo aver mangiato piccole quantità di cibo. Le cause di questa malattia possono essere molteplici. “Nel tentativo di risalire alle origini dei disturbi dell'alimentazione gli scienziati hanno preso in considerazione la personalità, il bagaglio genetico, l'ambiente e le caratteristiche biochimiche dei pazienti. Alcuni tratti della personalità che accomunano gli anoressici sono una scarsa stima di sé stessi, asocialità e una tendenza al perfezionismo. I disturbi dell'alimentazione si ripetono spesso fra gli appartenenti alla stessa 45
CfrGionni M., “Diagnosi e trattamento dei disturbi e dell'alimentazione”, Universitalia, Roma, 2010.
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famiglia, in particolare fra i parenti di sesso femminile. Una ragazza ha una possibilità da 10 a 20 volte superiore di sviluppare l'anoressia se per esempio ha un fratello o una sorella affetti da questa patologia. Queste scoperte farebbero pensare che fattori genetici siano alla base della predisposizione ai disturbi del comportamento alimentare. Modi comportamentali e l'ambiente possono rivelarsi concause”.46 Si distinguono due forme di anoressia nervosa: •
L'anoressia restrittiva;
•
L'Anoressia con abbuffate e condotte eliminative.
“L'anoressia restrittiva è la forma classica in cui la ragazza o il ragazzo ponendosi come obiettivo principale quello di mangiare il meno possibile, mette in atto comportamenti di tipo restrittivo, cioè: •
elimina via via sempre più alimenti;
•
salta i pasti;
•
pratica attività fisica in eccesso col preciso scopo di bruciare calorie.
Per quanto riguarda l'Anoressia con abbuffate, la giovane si abbuffa di cibo, ma poi lo elimina volontariamente con vomito autoindotto e uso eccessivo di lassativo e diuretici nel tentativo di controllare il peso.”47 La percezione ed il valore attribuiti all'aspetto fisico ed al peso corporeo risultano distorti in questi soggetti. Alcuni si sentono grassi in riferimento alla totalità del loro corpo, altri pur ammettendo la propria magrezza, percepiscono come troppo grasse alcune parti del corpo. Possono adottare le tecniche più disparate per valutare dimensioni e peso corporei, come pesarsi di continuo, misurarsi ossessivamente con il metro, o controllare allo specchio le parti percepite come grasse. Nei soggetti con anoressia nervosa, i livelli di autostima sono fortemente influenzati dalla forma fisica e dal peso. La perdita di peso viene considerata come una straordinaria conquista, mentre l'incremento del peso viene inteso come una inaccettabile perdita delle capacità di controllo. “Molti segni e sintomi dell'Anoressia Nervosa sono connessi alla estrema denutrizione. Oltre all'amenorrea, i soggetti possono lamentare stipsi, dolori addominali, intolleranza al freddo, letargia o eccesso di energia. Possono essere presenti marcata ipotensione, ipotermia, e secchezza della cute. I soggetti che si dedicano alla pratica del vomito autoindotto possono manifestare erosioni dello smalto dentale, e cicatrici o callosità sul dorso delle mani, provocate dallo sfregamento contro l'arcata dentaria nel tentativo di provocare il vomito. L'evoluzione e gli esiti dell'anoressia nervosa 46 47
Cfr. Recalcati M., Zuccardi Merli U., “Anoressia bulimia e obesità”, Bollati Boringhieri, Milano, 2005. Cfr. Marchi I., “Anoressia, amica mia, nemica mia”, Giunti Demetra, Firenze, 1999.
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sono estremamente variabili; in alcuni casi, ad un episodio di anoressia fa seguito una completa remissione; in altri, fasi di remissione, con recupero del peso corporeo, si alternano a fasi di riacutizzazione. Altri ancora presentano un'evoluzione cronica, con progressivo deterioramento nel corso degli anni. Tra i soggetti ricoverati presso strutture universitarie, la mortalità a lungo termine per anoressia nervosa è maggiore del 10%. Il decesso si verifica in genere in rapporto alla denutrizione, agli squilibri elettrolitici, al suicidio.”48 Infine la depressione, anche se è solo l'atto finale di tali disturbi, gioca un ruolo principale in tale patologia. È un fattore indipendente: il soggetto è sempre insoddisfatto della sua immagine corporea e la frustrazione prodotta dal malcontento, a volte, ne condizione completamente la qualità della vita.
2.4 La Bulimia Nervosa La bulimia nervosa è un grave disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da una tendenza autolesionista, per mezzo di un'alimentazione smodata, unita ad una ricorrente ossessione di tenere sotto controllo il proprio peso. Si può manifestare in concomitanza con altre patologie psichiatriche come il “disturbo bipolare49”, autolesionismo, “disturbo ossessivo50”, “disturbi dissociativi dell'identità51”. L'alimentazione smodata si può definire come la tendenza ad assumere grandi quantità di cibo in breve tempo. Si tende spesso a prediligere i dolci, cibi ipercalorici e con una consistenza che ne faciliti l'ingestione in breve tempo. “Il DSM-IV definisce la Bulimia Nervosa sulla base della presenza di: •
abbuffate ricorrenti caratterizzate dal consumo di grandi quantità di cibo e della sensazione
di perdere il controllo sull'atto del mangiare •
comportamenti di compenso. Il vomito autoindotto è il meccanismo di compenso più
frequentemente utilizzato, molte persone utilizzano lassativi e diuretici impropriamente, altre fanno esercizio fisico in modo eccessivo
48
Cfr. Speciani A, Speciani L., “Anoressia e bulimia, fare pace con il cibo”, Giunti Editore, Firenze, 2009. Il disturbo bipolare è una patologia nella quale i normali stati dell'umore, si presentano clinicamente amplificati e alternati a periodi di normalità. (Fonte: www.psichiatriabrescia.it) 50 Il disturbo ossessivo consiste in un disordine psichiatrico che si manifesta in una gran varietà di forme, ma è principalmente caratterizzato dall'anancasmo, una sintomatologia costituita da pensieri ossessivi associati a compulsioni che tentano di neutralizzare l'ossessione. (Fonte: wikipedia.org) 51 I criteri diagnostici per il disturbo dissociativo dell'identità sono: presenza di due o più identità o stati di personalità distinte, ciascuna con i suoi modi relativamente costanti di percepire, relazionarsi, pensare nei confronti di sé stesso e dell'ambiente; almeno due o più di queste identità o stati di personalità assumono in modo ricorrente il controllo del comportamento della persona; incapacità di ricordare importanti nozioni personali non spiegabili con una banale tendenza alla dimenticanza; l'alterazione non è dovuta né agli effetti fisiologici diretti di una sostanza né a una condizione medica generale. (Fonte: wikipedia.org) 49
23
•
le abbuffate e le condotte compensatorie devono verificarsi almeno due volte a settimana per
tre mesi •
preoccupazione estrema per il peso e le forme corporee.”52.
Le persone affette da Bulimia Nervosa spesso mancano di autocontrollo quando mangiano in modo smodato. Quasi sempre assumono i pasti in segreto trangugiandoli. Al termine dell'abbuffata si manifestano spesso dolori al ventre. Al termine del pasto i bulimici provano un senso di colpa e si liberano dell'eccesso di calorie. La Bulimia Nervosa si manifesta in genere durante l'adolescenza. Come per l'Anoressia Nervosa colpisce principalmente il sesso femminile, solo una piccola percentuale della popolazione affetta è di sesso maschile. La caratteristica principale della bulimia nervosa è una grande preoccupazione per il peso e le forme corporee. La diretta conseguenza di questa preoccupazione in soggetti che basano l'autovalutazione personale sulla magrezza è cercare di dimagrire seguendo una dieta caratterizzata da regole molto rigide. La dieta ferrea è la principale responsabile della comparsa delle abbuffate. Seguire una dieta rigida in modo perfezionistico porta prima o poi inevitabilmente a compiere piccole trasgressioni che vengono vissute da chi soffre di problemi di alimentazione come un irrimediabile perdita di controllo. Le abbuffate in una prima fase possono dare piacere perché allentano la tensione del dover seguire in modo ferreo la dieta, col passare del tempo determinano però emozioni negative (paura di ingrassare, senso di colpa, vergogna, disgusto) che a loro volta possono innescare nuove abbuffate. I soggetti affetti da Bulimia Nervosa si vergognano delle loro abitudini alimentari e tentano di nasconderle. “Le crisi bulimiche avvengono in solitudine: quanto più segretamente possibile. L'episodio può essere più o meno pianificato, ed è di solito caratterizzato dalla rapidità dell'ingestione del cibo. L'abbuffata spesso continua finché l'individuo non si sente 'così pieno da star male', ed è precipitata da stati di umore negativo, condizioni interpersonali di stress, intensa fame a seguito di una restrizione dietetica, oppure da sentimenti di insoddisfazione relativi al peso, la forma del corpo o il cibo.”53 Un'altra caratteristica essenziale della Bulimia Nervosa è il frequente ricorso a inappropriati comportamenti compensatori per prevenire l'incremento del peso, neutralizzando gli effetti dell'abbuffata: tra i metodi quello più frequentemente adottato è l'autoinduzione del vomito. Il vomito riduce la sensazione di malessere fisico, oltre alla paura di ingrassare. In alcuni casi il vomito rappresenta l'effetto ricercato: la persona si abbuffa per poter vomitare, oppure vomita anche 52
Cfr. Russel G.M., “Bulimia Nervosa: an ominousvariant of Anorexia Nervosa”, Psychological Medicine, 9.
53
Cfr. Rotella C. M. (a cura di), “L'obesità, Manuale per la diagnosi e la terapia”, SEE, Firenze, 1997.
24
per piccole quantità di cibo. In genere, nelle fasi avanzate del disturbo questi soggetti riescono a vomitare a comando. Altre condotte di eliminazione sono rappresentate dall'uso inappropriato di lassativi e diuretici. Raramente è presente anche l'uso di clisteri subito dopo l'abbuffata, ma non è mai la sola condotta di eliminazione. Altre misura compensatorie per le abbuffate sono il digiuno nei giorni successivi alle abbuffate, o l'esercizio fisico eccessivo. Raramente viene fatto uso di ormoni tiroidei per accelerare il metabolismo ed evitare l'aumento di peso. “Il frequente ricorso a condotte di eliminazione può produrre 'alterazioni dell'equilibrio elettrolitico'54 e dei fluidi, tra cui i più frequenti sono: ipopotassiemia (carenza di potassio nel sangue), iponatriemia (bassa concentrazione di sodio nel sangue), ipocloremia (dimunzione della quantità di cloruri disciolti nel sangue). La perdita di succo gastrico acido attraverso il vomito può produrre alcalosi metabolica (aumento del bicarbonato sierico), mentre l'abuso di lassativi per indurre diarrea può provocare acidosi metabolica. Alcuni individui con Bulimia Nervosa, presentano una lieve elevazione dell'amilasi nel siero, probabilmente legata all'incremento dell'isoenzima salivare. Il vomito ripetuto può condurre ad una cospicua e permanente perdita dello smalto dentale, specialmente a livello delle superficie linguali dei denti incisivi. Questi denti diventano scheggiati, intaccati, e tarlati. Inoltre si può avere un aumento della frequenza delle carie. E in alcuni individui le ghiandole salivari, in special modo le parotidi, possono marcatamente ingrossarsi”.55 Nonostante questi sintomi rivelatori, risulta difficile accorgersi dell'insorgere della bulimia. Il mangiare smodato o il vomitare, viene spesso fatto in segreto e può essere facilmente tenuto nascosto da una persona con un peso nella norma che si vergogna del proprio comportamento ma che si sente costretta a continuare per tenere sotto controllo il proprio peso. Questa preoccupazione e questo comportamento consentono alla persona di spostare la propria attenzione da sensazioni di dolore e ridurre la tensione e l'ansia perpetuando la necessità di questi comportamenti. Le persone che soffrono di Bulimia Nervosa (così come le pazienti anoressiche) basano la valutazione di sé stesse esclusivamente sul loro peso e sul loro aspetto fisico. Pensano, cioè, che se solo riusciranno ad essere abbastanza magre e se riusciranno ad avere il pieno controllo del loro peso, riusciranno anche ad affrontare le sfide della vita. A tutto questo si associa un'incapacità di valutare obiettivamente l'aspetto del proprio corpo. Quando si è vittime di una simile visione di sé,
54
Equilibrio elettrolitico o equilibrio acido base: l'espressione in biologia indica l'insieme dei processi fisiologici che l'organismo mette in atto per mantenere al suo interno un livello di acidità compatibile con lo svolgimento delle principali funzioni metaboliche. (Fonte: wikipedia.org) 55 Nizzoli U., Pissacroia M., “Trattato complesso degli abusi e delle dipendenze”, Piccin Nuova Libraria, Padova, pag.1385, 2004.
25
qualsiasi situazione della vita, può innescare la preoccupazione per il corpo e per il peso. Le cause della Bulimia Nervosa non sono ancora chiare. Di certo la presenza nella nostra cultura di una mania della magrezza ha la sua influenza. A volte la preoccupazione dei genitori per un figlio eccessivamente grassottello può costituire una causa. Alcuni bulimici percepiscono una sorta di euforia nel vomitare, altri non riescono a controllare l'assunzione di alcool e droghe. Tuttavia, molto probabilmente la combinazione di fattori ambientali con quelli biologici portano allo sviluppo di questo disturbo. Come per l'Anoressia Nervosa, i comportamenti associati alla Bulimia consentono un temporaneo sollievo dalle tensioni e permettono ai malati di allontanare la loro attenzione da altre problematiche percepite come irrisolvibili, concentrandosi invece sui problemi del peso e del cibo.
2.5 Disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati I disturbi dell'alimentazione non altrimenti specificati (EDNOS nelle terminologia inglese) comprendono da un lato situazioni simili all'anoressia o alla bulimia alle quali manca tuttavia uno dei criteri richiesti per la diagnosi e vengono perciò definite anche sindromi parziali o disturbi sotto soglia, dall'altro una serie di disturbi ancora non completamente definiti e delineati. “Le caratteristiche che li contraddistinguono sono: •
per il sesso femminile, tutti i criteri dell'anoressia nervosa in presenza del ciclo mestruale
regolare Esiste infatti un sottogruppo di pazienti anoressiche con mestruazioni regolari. È possibile che l'adattamento biologico alla denutrizione, consenta in alcuni casi, la regolarità delle mestruazioni. Questo non diminuisce la gravità clinica e la terapia deve essere portata avanti seguendo gli stessi protocolli previsti per l'anoressia. •
tutti i criteri dell'anoressia nervosa sono soddisfatti e, malgrado la significativa perdita di
peso, il peso attuale risulta nei limiti della norma. Questo può succedere in obesi che perdono molto peso con restrizione calorica. Semplicemente queste persone non vanno sottopeso perché il punto di partenza del dimagrimento era di obesità, ma i meccanismi disturbati di funzionamento sono analoghi a quelli dell'anoressia (eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e della taglia). Queste persone non hanno i problemi fisici legati al sottopeso, ma hanno tuttavia una situazione estremamente complicata, perché si considerano 'vincitori' per la guarigione dall'obesità, ma sono governati dagli stessi meccanismi patologici dell'anoressia e sono riluttanti ad adottare uno stile alimentare equilibrato. •
tutti i criteri della bulimia nervosa risultano soddisfatti, tranne il fatto che le abbuffate e le 26
condotte compensatorie hanno una frequenza inferiore a due episodi per settimana, per tre mesi, anche in questo caso, il percorso terapeutico è simile a quello della bulimia nervosa. •
un soggetto normale che si dedica regolarmente ad inappropriate condotte compensatorie
dopo aver ingerito piccole quantità di cibo (esempio: induzione di vomito dopo aver mangiato due biscotti). È evidente la gravità clinica , anche perché c'è una certa resistenza al trattamento. •
il soggetto ripetutamente mastica e sputa senza deglutire, grandi quantità di cibo. È
abbastanza raro, tecnicamente il fatto di non deglutire non consente di definire “abbuffata”. Tuttavia il nucleo psicopatologico sottostante è quello tipico del disturbo anoressico con condotta di compenso. •
disturbo da alimentazione Incontrollata: ricorrenti episodi di abbuffate in assenza delle
regolari condotte compensatorie inappropriate tipiche della bulimia nervosa.56” Tra le anoressie sotto soglia c'è una forma che non presenta, almeno in apparenza, un disturbo dell'immagine corporea. Questo quadro è caratterizzato da una difficoltà a mangiare causata da difficoltà digestive. Le persone che ne soffrono affermano che vorrebbero mangiare ed aumentare di peso, ma non riescono perché, non appena introducono del cibo, compaiono sintomi dolorosi nel tratto gastrointestinale e una fastidiosa sensazione di “avere la pancia gonfia”. “La definizione di DCA Non Altrimenti Specificato, permette di sottolineare l'importanza di considerare come entità clinicamente e descrittivamente rilevanti anche le sindromi parziali: queste, presenti sia nella popolazione non clinica, che nella popolazione che richiede la cura, possono anticipare o far seguito ad una sindrome completa se non accompagnate solitamente da significativa e manifesta sofferenza psicologica (depressione, tentativi di suicidio, disturbi somatoformi)”57. Perciò la possibilità che tale sintomatologia anticipi lo sviluppo di una sindrome completa rende particolarmente importante la loro individuazione. Tra i Disturbi Alimentari non Altrimenti Specificati, si annoverano il BingeEatingDisorder (BED), ossia il disturbo dell'alimentazione incontrollata (presenza di frequenti abbuffate in assenza di condotte di alimentazione). Le persone affette da BED condividono con le pazienti bulimiche un grande senso di vergogna connesso agli eccessi alimentari e un profondo disagio rispetto al proprio, che spesso in questo caso risulta in sovrappeso. “Le persone affette da questo disturbo spesso non si rivolgono ad un servizio di trattamento, o lo fanno dopo molto tempo dal momento dell'esordio; anche il contesto familiare e sociale, non è molto attivo nel promuovere l'invio della cura. Gli stessi
56
Nizzoli U., Pissacroia M., “Trattato complesso degli abusi e delle dipendenze”, Piccin Nuova Libraria, Padova, pag 1502, 2004. 57 Cfr. Fatati G., “I disturbi del comportamento alimentare dall'anoressia al bingeeating”, Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2002.
27
servizi di trattamento per i disturbi alimentari, spesso scelgono come target elettivo del loro interesse le persone con anoressia nervosa e bulimia nervosa, con particolare attenzione alle situazioni di adolescenti con esordio recente di malattia.”58 Perché si possa parlare di BingeEatingDisorder occorre che coesistano un certo numero di comportamenti: •
le abbuffate devono avvenire almeno due volte alla settimana;
•
devono verificarsi per un periodo di almeno sei mesi;
•
in genere sono indipendenti dallo stimolo della fame;
•
quasi sempre avvengono in solitudine;
•
il soggetto non trova gratificazione, ma prova un senso di colpa;
•
non esistono meccanismi di compensazione (come nella bulimia: vomito, lassativi, esagerato
esercizio fisico). In genere non colpisce adolescenti, ma soggetti fra i 30 e i 40 anni. Per quanto riguarda le cause, ci sono diversi ipotesi. La più gettonata è che il BingeEatingDisorder sia legato ad uno stato depressivo del soggetto, anche se non è chiaro se sia la depressione ad innescare il disturbo o il contrario. Di certo un umore negativo (rabbia, frustrazione, noia), facilita la patologia. Capire le cause è molto importante perché a seconda della causa si può scegliere il terapeuta adatto. Dal punto di vista psicologico il soggetto affetto dal BingeEatingDisorder avrebbe una scarsa autostima di sé e l'abbuffata non sarebbe che il modo per riempire il proprio vuoto interiore. In realtà questa patologia non è altro che una situazione permanente che può riguardare tutti. L'eccessiva gratificazione del cibo per contrastare una situazione potenzialmente depressiva è sicuramente non patologica e comune a molte persone. Addirittura alcuni soggetti non riescono ad evitare il sovrappeso solo perché incorrono periodicamente al fenomeno dell'abbuffata antidepressiva.
2.6 L'obesità Il disturbo da alimentazione incontrollata è correlato all'obesità. Il BingeEatingDisorder nel 30% dei casi di soggetti obesi che richiedono una cura per la loro situazione. “Poiché le abbuffate in questo tipo di disturbo sono meno esasperate di quelle che si trovano nella bulimia e non vi sono i comportamenti purgativi, le complicanze sono legate all'aumento significativo del peso corporeo. I 58
Nizzoli U., “Valutazione ed efficacia dei trattamenti dei disturbi del comportamento alimentare”, Piccin Nuova Libraria, pag 85, Padova, 2004.
28
soggetti vanno quindi incontro a patologie tipiche dell'obesità: •
Il diabete: si riscontra in misura tre volte maggiore nelle persone obese rispetto a quelle
normopeso; il rischio è superiore quando esiste una familiarità positiva per diabete; •
L'ipercolesterolomia: aumenta il rischio di andare incontro a problemi cardiovascolari.
Sembra che l'obesità sia correlata ad un aumento del colesterolo nel sangue fino a 40-50 anni, dopodichè non sembra esistano differenze significative con i soggetti normopeso; •
L'ipertensione arteriosa: è presente in circa il 35-45% degli obesi, percentuale più che
doppia rispetto alla popolazione generale. I rischi correlati sono rappresentati dall'infarto al miocardio, dall'ictus e dalle malattie renali; •
La malattia coronarica (infarto): rappresenta la principale causa di morte in Italia ed è dovuta
alla riduzione del flusso sanguigno delle coronarie; •
Le alterazioni della funzione respiratoria: si verificano più frequentemente negli uomini in
particolar modo quando il peso eccede del 50% il peso ideale e il grasso è presente soprattutto a livello addominale (obesità viscerale). Le conseguenze sono rappresentate dalle apnee notturne e da colpi di sonno durante il giorno, tale quadro comporta un aumento di rischio di morte improvvisa. •
L'obesità comporta un rischio maggiore di mortalità per tumori. Si ritiene che un eccesso del
peso del 40% rispetto al peso ideale comporti un aumento del rischio del 33% negli uomini (stomaco, colon, retto, pancreas) e del 55% nelle donne (colecisti e vie biliari, seno, utero e ovaie). Infine l'aspettativa di vita e la qualità della stessa è fortemente compromessa nelle persone obese. Un miglioramento consistente delle proprie condizioni di salute è già ottenibile con una modesta riduzione di peso, pari al 10% dello stesso.”59 L'obesità è caratterizzata da uno sviluppo eccessivo di tessuto adiposo legato ad un aumento del numero delle cellule adipose e/o del loro contenuto in trigliceridi. Questa condizione pone l'individuo a rischio d sviluppo di molteplici malattie . Deve essere considerata come una malattia cronica, che al contrario di una patologia acuta, non si risolve con dei rimedi che si applicano per pochi giorni o settimane. ma richiede il cambiamento delle abitudini di vita, sia per quanto riguarda il regime alimentare che per la sedentarietà; in altre parole una modificazione dello stile di vita che si mantenga per tutta la vita. “Talvolta l'obesità compare più o meno rapidamente come conseguenza di altre patologie, e se è possibile eliminare la patologia che causa l'obesità, questa si risolve nel tempo. In questo caso si
59
Cfr. Tiengo A., Avogaro A., “Dall'obesità al diabete. Insulino resistenza e sindrome metabolica, la gestione del paziente obeso-diabetico”, Mediserve, Milano, 2007.
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parla di obesità secondaria che può conseguire a: •
malattie endocrine: malattie della tiroide che causano ipotiroidismo, malattie delle ghiandole
surrenali etc.; •
malattie del sistema nervoso centrale ed ipotalamiche: possono essere causate da traumi
cranici, tumori, emorragie, etc; •
forme associate a disturbi del tono dell'umore e a disturbi del comportamento alimentare:
sono forme di disturbi psichici in un certo qual modo simili alla bulimia., nella quale sono presenti le abbuffate senza però le condotte di eliminazione.”60 Tuttavia fino a pochi decenni fa si considerava l'obesità solo come un indesiderato aumento di peso, dovuto alla scarsa volontà del soggetto a controllarsi o alla sua ricerca di gratificazioni orali. Si è invece arrivati alla conclusione che si sviluppa in seguito a precise vicende psicologiche, sia pure molto diverse tra loro; esse possono variare da un evento scatenante (come un lutto o una separazione) a cause più complesse, come la difficoltà di rendersi conto dei proprio bisogni. Un fatto importante è l'atteggiamento verso il cibo di chi ci ha nutrito; certe madri danno da mangiare al figlio ogni volta che vogliono manifestargli affetto o riempire vuoti emotivi (e assenze), abituandolo all'idea che ogni volta che ci sentiamo tristi e vuoti si debba ingerire qualcosa per calmarsi. Il soggetto obeso ha comunque sviluppato una dipendenza da cibo, per molti aspetti simile ad altri tipi di dipendenza come l'alcolismo. La dipendenza da cibo però può essere ancora più difficile da affrontare rispetto alle altre dipendenze, poiché il soggetto non può astenersi dall'assunzione di cibo (non può smettere di mangiare). L'aspetto psicologico è quindi determinante nell'origine della malattia. Il soggetto utilizza il cibo come valvola di sfogo, come sostanza che allevia le sofferenze vissute durante la giornata. E durante l'evoluzione della malattia, l'obeso perde progressivamente la propria autostima a causa dei fallimentari tentativi di perdita di peso. La cura per qualsiasi tipo di disturbo alimentare, una volta che siano state escluse possibili cause organiche, è di tipo psicologico. Fare una dieta o più esercizio fisico non garantisce risultati positivi se non viene affrontato il problema di base. In pratica si ritiene che l'aumento di peso ricopra un ruolo importante contro l'ansia e che non possa essere perduto finché la persona non acquista una maggior fiducia nelle sue capacità di affrontare l'esistenza.
2.7 Il Disturbo di Dismorfismo Corporeo Uno dei dei vissuti più angoscianti dei pazienti anoressici e bulimici, è legato ad una errata 60
Cfr Rotella C. M., “Il ruolo dell'educazione terapeutica nel trattamento dell'obesità e del diabete mellito”, SEE, Firenze, 2005.
30
percezione del proprio corpo, che viene vissuto come sgradevole e perennemente inadeguato. L'inadeguatezza potrebbe rispecchiare in parte l'esigenza di conformarsi agli standard proposti dalle tendenze della moda, ma l'inadeguatezza più dolorosa è rispetto al proprio ideale di corpo, rispetto a ciò che si vorrebbe essere. I Disturbi del Comportamento Alimentare sono associati alle Dismorfofobie, anche se non è ancora chiaro il rapporto di causa-effetto, tra i due fenomeni, ovvero non è chiaro se sia la dismorfofobia a causare il disturbo del comportamento alimentare o viceversa. Infatti “i Disturbi dell'alimentazione possono essere secondari alla Dismorfofobia come conseguenza di un'alterata visione del corpo. In modo particolare si ipotizza un collegamento tra anoressia nervosa e dismorfismo. Infatti è ragionevole pensare che l'anoressia sia una conseguenza del dismorfismo, come tentativo di controllare il proprio peso corporeo al fine di rendere il corpo adeguato al proprio ideale. Oppure è possibile pensare che la dismorfofobia sia una conseguenza dell'anoressia. Tuttavia oggi la dismorfofobia è considerata un 'criterio diagnostico' dell'Anoressia Nervosa”.61 Il Disturbo di Dismorfismo Corporeo (conosciuto con il nome di Dismorfofobia), rientra nella categoria dei disturbi somatoformi, questi “si caratterizzano per la presenza di sintomi fisici non giustificati da alcuna condizione medica generale. Nello specifico la caratteristica fondamentale di questo disturbo è la preoccupazione eccessiva per un difetto, (reale o immaginario) nell'aspetto fisico”.62 La persona focalizza l'attenzione sul difetto, che tende in questo modo a diventare il pensiero dominante nella sua quotidianità, fino a coinvolgere inevitabilmente tutti gli ambiti della sua vita. Le lamentele riguardano facilmente difetti lievi o immaginari della faccia o della testa, come i capelli più o meno folti, l'acne, rughe, cicatrici, pallore o rossore, sudorazione, oppure eccessiva peluria. Altre preoccupazioni comuni riguardano la forma, le misure, o qualche altro aspetto di naso, palpebre, occhi, sopracciglia, orecchie, bocca, labbra, denti, mascella, mento e guance. Tuttavia ogni altra parte del corpo può diventare motivo di preoccupazione. L'importanza di una buona immagine di sé e il rilievo culturale che viene dato all'aspetto fisico, possono in qualche modo influenzare o accrescere le preoccupazioni già esistenti circa un difetto fisico. L'aspetto fisico infatti, rappresenta una delle possibili fonti di preoccupazione per molte persone, e il desiderio di risultare attraenti appare legittimo e viene costantemente rinforzate dalle convenzioni sociali. In particolare, la grande importanza attribuita all'immagine corporea nella civiltà contemporanea contribuisce a giustificare ed amplificare le preoccupazioni riguardo all'aspetto fisico. Solitamente questo disturbo viene riscontrato in egual misura tra gli uomini e le donne, l'età 61 62
Thomas C.S., “Anorexia Nervosa and Dysmorphophobia”, Brit. J. Psychiatry, 1987. Cfr. Cotterili J.A. “Body dismorphic disorder” Dermatol Clinics , 1996
31
d'esordio è da ricondurre al periodo dell'adolescenza, ma spesso il problema si presenta dopo anni. Per quanto riguarda gli adolescenti è da ricondurre alle trasformazioni dell'età puberale. Se invece il problema riguarda soggetti adulti la cosa è più complessa, perché con la fine dell'adolescenza la persona dovrebbe acquisire un senso di fiducia in se stessa tale da consentirle la possibilità di rapportarsi armonicamente con gli altri. Nel disturbo del dismorfismo corporeo sono rintracciabili tracce proprie del Disturbo del Comportamento Alimentare, come ad esempio: l'alterazione dello schema corporeo, l'erronea percezione della propria immagine, talvolta il tentativo di modificare il proprio aspetto fisico con diete e operazioni chirurgiche riportano elementi propri di pazienti anoressici. “Per soggetti affetti da Anoressia Nervosa e Bulimia Nervosa la vista della propria immagine corporea costituisce un forte stimolo ansiogeno e il disturbo dismorfofobico presenta i caratteri propri di una fobia. La psicopatologia dei Disturbi del Comportamento Alimentare è caratterizzata infatti da preoccupazioni eccessive rispetto alla forma e alla dimensione del corpo”63. La gran parte dei soggetti con questo disturbo sperimentano grave disagio per la loro supposta deformità, descrivendo spesso le loro preoccupazioni come 'intensamente dolorose'. I più trovano le loro preoccupazioni difficili da controllare. Come conseguenza, essi spesso passano molte ore al giorno a pensare al loro difetto e a come porvi rimedio (talvolta ricorrendo a chirurgia estetica, o ad auto-manipolazioni, che possono peggiorare la situazione). I sentimenti di vergogna per il proprio 'difetto', possono portare all'evitamento delle situazioni di lavoro, scuola o di contatto sociale.
63
Cfr Colombo P.P., Robone C., “Terapia farmacologica del Disturbo di Dismorfismo corporeo”, Rivista di psichiatria, 2004.
32
CAPITOLO III: L'IMMAGINE COPOREA E LA RICERCA SUI GIOVANI UNIVERSITARI
3.1Obiettivi della ricerca L'immagine psichica che ognuno di noi ha del proprio corpo non trova necessariamente una corrispondenza nella reale struttura del corpo, in quanto l'immagine inferiore non è mai fotocopia, ma sempre una sorta di rappresentazione mentale soggettiva, che si va modellando, strutturando precisando, e magari talvolta lentamente modificando nel tempo, non solo in funzione e per effetto dei cambiamenti fisici reali, ma soprattutto in conseguenza delle esperienze precedenti, fissate nel magazzino della memoria a lungo termine. Essa in altre parole è in funzione del vissuto personale, a sua volta condizionato da messaggi ricevuti, sia dall'ambiente esterno (famiglia e gruppo dei pari), sia da quello più periferico ma non meno importante (la moda e i mass-media). L'argomento sull'immagine corporea che si è deciso di trattare in questo studio, è stato scelto poiché ritenuto di notevole attualità. Soprattutto nella società odierna, società in cui i giovani acquisiscono quotidianamente modelli molto spesso legati all'esteriorità, dove la bellezza fisica sembra essere l'unica carta vincente nella vita. È sembrato quindi interessante svolgere una ricerca il cui fine fosse quello di ottenere un riscontro soggettivo sulla percezione che i ragazzi universitari hanno del proprio corpo. Nel delineare tale progetto l'attenzione è stata focalizzata su diversi punti, tra i quali l'analisi di tre fattori predominanti: la fobia per il peso, il controllo e la preoccupazione nei confronti dell'immagine corporea.
3.2 Campione utilizzato La ricerca ha coinvolto gli studenti dell'Università degli Studi di Sassari durante l'anno accademico 2010/2011. Nello specifico 93 soggetti, di cui 71 di sesso femminile e 22 di sesso maschile. L'età media del campione è di 23 anni.
3.3 Strumenti utilizzati per la ricerca A tutti gli studenti è stato somministrato un questionario basato principalmente su domande create ad hoc ai fini dell'assunzione di dati relativi al profilo del soggetto e alle sue abitudini alimentari, nonché alla valutazione psicometrica della presenza o meno, di un disagio dell'immagine corporea. La scelta di questo strumento è stata dettata dall'esigenza di comprendere al meglio queste informazioni. Il questionario è suddiviso in tre parti. 33
Una prima parte del questionario permette la raccolta dei dati anagrafici e di informazioni di base, e oltre alla richiesta dell'indicazione del tipo di mestiere svolto dai genitori e informazioni inerenti il sesso e l'età del soggetto, vengono presentate delle domande che focalizzano l'attenzione sulle abitudini alimentari. Una seconda parte risulta centrata sull'atteggiamento che i ragazzi hanno nei confronti del cibo, se lo utilizzano per esempio per modificare l'aspetto del proprio corpo, se mangiano sano, se fanno uso di particolari tecniche per aumentare o diminuire il peso corporeo. E infine se presentano situazioni cariche di stress e come vengono fronteggiate. Sia per la prima che per la seconda parte, le domande prevedono una sola risposta, scelta tra cinque preferenze. Invece l'ultima parte dello strumento viene denominata BUT (body uneasiness test), è un test costruito in Italia per la valutazione psicometrica del disagio relativo all'immagine del proprio corpo. È composto da 71 item con risposta a scelta multipla ed è diviso in due parti: •
BUT a, composta da 34 item clinici;
•
BUT b, composta da 37 item che elencano parti e funzioni del corpo.
Gli item clinici forniscono un punteggio generale di gravità e cinque punteggi di scala: •
WP (WeightPhobia, paura morbosa dell'aumento di peso);
•
BIC (Body Image Concerns, preoccupazioni eccessive per il proprio aspetto fisico);
•
A (Avoidance, comportamenti di evitamento collegati all'immagine del corpo);
•
CSM (Compulsive Self Monitoring, controllo compulsivo dell'aspetto fisico);
•
D (Depersonalization, depersonalizzazione, vissuti di distacco, ed estraneità rispetto al
proprio corpo. Il punteggio per ogni item varia da 0 a 4.
3.4 Procedura Il questionario è stato somministrato nel periodo di tempo che va da Maggio 2011 a Luglio 2011. Il luogo della somministrazione non era sempre lo stesso, considerato che il campione proveniva dalle diverse facoltà dell'Università degli Studi di Sassari. Poiché all'interno del questionario erano presenti istruzioni verbali, mi sono limitata a fornire risposte esaurienti, laddove mi venivano poste. I soggetti facenti parte del campione sono risultati attenti nella compilazione, infatti un solo 34
questionario è stato considerato nullo ai fini dell'analisi. Il questionario nella prima parte, comprendeva 42 Item divisi in 3 categorie. Per ogni domanda poteva essere fornita una sola preferenza, scelta tra 5 o 6 alternative (il numero e le risposte variavano a seconda della domanda). Mentre per quanto riguarda il BUT (body uneasiness test), le risposte venivano assegnate secondo la scala Likert. Questa tecnica consiste principalmente nel mettere a punto un certo numero di affermazioni (definite item) che esprimono un atteggiamento positivo o negativo rispetto ad uno specifico oggetto. Per ogni item (che nel test sono 71), si presenta una scala di accordo/disaccordo a 5 modalità . Al campione si chiedeva di indicare su di esse il loro grado di accordo o disaccordo con quanto espresso dall'affermazione.
3.5 Risultati Su 94 questionari, ne risultano validi 93. Non sono presenti grandi discrepanze nelle risposte fornite da uno stesso soggetto. Tuttavia è sembrato opportuno, per facilitare l'analisi dei dati, prendere in considerazione tre fattori: Il fattore Fobia peso, il fattore Controllo e il fattore Preoccupazione. Qui di seguito verranno illustrati i grafici con i risultati ottenuti dall'analisi delle domande, dividendo i soggetti in due parti. Alta e bassa preoccupazione per quanto riguarda il fattore Fobiapeso. Soggetti con alto e basso controllo per quanto concerne il fattore Controllo. E infine alta e bassa preoccupazione per quanto riguarda l'elemento Preoccupazione.
35
Usa il cibo (in quantità e qualità) per modificare l'aspetto del corpo? Mai
23,9 53,3
Raramente Talvolta
17,4 15,6
Sempre
4,4 2,2
Spesso
Risposte
30,4
22,2
26,1
Alta Problematicità
4,4
Bassa Problematicità 0
10
20
30
40
50
60
Percentuale
Nella domanda “Usa il cibo (in quantità e qualità) per modificare l'aspetto del corpo”, la maggioranza dei soggetti che nel BUT presentano una bassa problematicità hanno risposto rispos “No, mai”(con una percentuale del 53,3%). In contrapposizione con il 26,1% dei soggetti che presentavano un'alta problematicità, che alla stessa domanda hanno risposto “Sempre”.
Se Si, perché? 11,4 14,3
Per motivi di salute 0
Per esigenze sportive
14,3 22,9
Per aumentare il proprio benessere
Alta Problematicità
Risposte
38,1
Per dimagrire
65,7
33,3
0
10
20
30
40
50
60
Bassa Problematicità
70
Percentuali
Alla domanda “Se SI, perché?” (riferita al perché l'intervistato utilizzi il cibo per modificare l'aspetto del proprio corpo), il 66,7% dei soggetti che nel BUT presentavano un alta problematicità, ha risposto “Per dimagrire”. Mentre la maggioranza dei soggetti con una bassa problematicità, ha risposto che utilizza il cibo per aumentare il proprio benessere (con una percentuale del 38,1%). Dato da rilevare: l'assenza di soggetti con alta problematicità che utilizzano il cibo per esigenze sportive.
36
Le sue Frequentazioni la portano a condividere comportamenti poco salutari? 0
Si, sempre
2,2 2,2 2,2
Si, quasi sempre Si, abbastanza
19,6
13,3
Risposte
No, quasi mai
21,7 22,2
Alta Problematicità
No, mai 56,5
0
10
20
30
40
50
60
Bassa Problematicità
60
Percentuali
Alla domanda “Le sue frequentazioni la portano a condividere comportamenti poco salutari”, la maggioranza dei soggetti che nel BUT presentavano un basso tasso di problematicità ha risposto “No, mai” (con una percentuale del 60%), anche la maggioranza dei soggetti con alto tasso di problematicità risponde allo stesso modo (con una percentuale percentuale del 56,5%). Anche per quanto riguarda le altre risposte, i due gruppi di soggetti non riportano grandi discordanze. Infatti indicano la risposta “No, quasi mai”, il 22,2% dei soggetti con bassa problematicità e il 21,7% dei soggetti con alta problematicità. maticità. Mentre rispondono “Si, abbastanza” il 13,3% dei soggetti con bassa problematicità e il 19,6% dei soggetti con alta problematicità.
Se SI, a quale si riferisce prevalentemente Per seguire una moda
10
0
11,115
Uno stile di vita sedentario
30
5,6 25
11,1
Eccedere nel bere
Alta Problematicità
20
Risposte
72,2
0
20
40
60
Bassa Problematicità
80
Percentuali
Alla domanda “Se SI, a quali si riferisce”, la maggioranza dei soggetti che nel BUT presentavano un basso tasso di problematicità, ha risposto che le frequentazioni li portano ad eccedere nel bere (con una percentuale del 72,2%). Mentre il 30% dei soggetti con alta problematicità sostiene di essere portato a condurre una vita sedentaria. Questa percentuale si affianca affianca a quel 25% dei soggetti definiti con alta problematicità, che sostiene invece di eccedere nel mangiare quando in compagnia.
37
Le sue relazioni sono influenzate dall'idea che ha sull'aspetto del suo corpo Si, abbastanza
23,9
4,4 17,4 15,6
No, quasi mai No, mai
Alta Problematicità
58,7
Risposte
80
0
20
40
60
Bassa Problematicità
80
Percentuali
Alla domanda “Le sue relazioni sono influenzate dall'idea che lei ha sull'aspetto del suo corpo?”, la maggioranza dei soggetti che nel BUT presentavano una bassa problematicità ha risposto “No, mai” (con una percentuale dell'80%). Anche la maggioranza dei soggetti con un'alta problematicità ha risposto allo stesso modo (con una percentuale minore, il 58,7%). Da rilevare la presenza presenz di una percentuale del 23,9 % dei soggetti con alta problematicità, che sostiene che le sue relazioni siano abbastanza condizionate dall'idea che hanno dell'aspetto del proprio corpo.
Usa il cibo (in quantità e qualità) per modificare l'aspetto del proprio corpo? Mai
23,4
Raramente Talvolta
21,3
11,4
Spesso
Risposte
54,5
25,5 27,3
25,5
4,5 4,3 2,3
Sempre
Alta Preoccupazione Bassa Preoccupazione
0
10
20
30
40
50
60
Percentuali
Alla domanda “Usa il cibo (in quantità e qualità) per modificare l'aspetto del proprio corpo”, la maggioranza dei soggetti che nel BUT presentavano una bassa preoccupazione ha risposto “Mai” (con una percentuale del 54,5%). Mentre il 25,5% dei soggetti con un'alta preoccupazione spesso usa il cibo per modificare l'aspetto etto del proprio corpo,
38
Le sue relazioni sono influenzate dall'idea che ha sull'aspetto del suo corpo? Si, abbastanza No, quasi mai No, mai
25,5
2,3 13,619,1
55,3
Alta Preoccupazione
84,1
Risposte
0
20
40
Bassa Preoccupazione
60
80
100
Percentuali
Alla domanda “Le sue relazioni sono influenzate dall'idea che ha sull'aspetto del proprio corpo”, la maggioranza dei soggetti con bassa preoccupazione risponde “No, mai” (con una percentuale del 84,1%). Anche il 55,3% dei soggetti con alta preoccupazione risponde allo stesso modo. Mentre il 25,5% degli stessi risponde “Si, abbastanza”, in netta contrapposizione con il 2,3% dei soggetti con bassa problematicità, che risponde allo stesso modo.
Si sente in colpa quando mangia diversamente dai suoi propositi dietetici? No
36,2 61,4
Risposte
Si
63,8
38,6
0
20
Alta Preoccupazione Bassa Preoccupazione
40
60
80
Percentuali
Alla domanda “Si sente in colpa quando mangia diversamente dai suoi propositi dietetici?”, la maggioranza dei soggetti con bassa preoccupazione risponde “No” (con una percentuale del 61,4%), mentre la maggioranza dei soggetti con alta preoccupazione risponde “Si” (con una percentuale del 63,8%).
39
Usa il cibo (in quantità e qualità) per modficare l'aspetto sel suo corpo? Mai
25,5 58,3
Raramente
25,5 27,8
Risposte
Talvolta
21,8
8,3
Spesso
2,8
Sempre
3,6 2,8
0
23,6
Alto Controllo Basso Controllo
10
20
30
40
50
60
Percentuali
Alla domanda “Usa il cibo (in quantità e qualità) per modificare l'aspetto del suo corpo?”, la maggioranza dei soggetti che nel BUT presentavano un basso controllo, rispondono “Mai” (con una percentuale del 58,3%), in contrapposizione con il 25,5% 25,5% dei soggetti con alto controllo, che risponde allo stesso modo. Il 23,6% di questi ultimi invece risponde “Spesso”, in netta contrapposizione con la piccola percentuale dei soggetti con basso controllo (2,8%), che danno la stessa risposta.
Se SI, a quale si riferisce prevalentemente? Per seguire una moda
7,7
0 3,8
Comportamenti a rischio per la salute
33,3
Uno stile di vita sedentario
26,9
0
Eccedere nel mangiare
23,1
8,3
Risposte
Eccedere nel bere
Alto Controllo 38,5 58,3
0
10
20
30
40
50
Basso Controllo
60
Percentuale
Alla domanda nda “Se, SI, a quale si riferisce prevalentemente?”, la maggioranza dei soggetti che nel BUT presentavano un basso tasso di controllo, rispondono che le compagnie li portano ad eccedere nel bere (con una percentuale del 58,3%), in contrapposizione con il 38,5% 38,5% sei soggetti con alto controllo che rispondono allo stesso modo. Da rilevare la percentuale dei soggetti con alto controllo che rispondono “Uno stile di vita sedentario” (26,9%) contrapposto allo 0% dei soggetti con basso controllo.
40
Le sue relazioni sono influenzate dall'idea che ha sull'aspetto del suo corpo? Si, abbastanza
21,8
2,8
18,2 13,9
No, quasi mai No, mai
Alto Controllo
60
Risposte
83,3
Basso Controllo
0
20
40
60
80
100
Percentuali
Alla domanda “Le sue relazioni sono influenzate dall'idea che ha sull'aspetto del suo corpo?”, la maggioranza dei soggetti con basso controllo risponde “No, mai” (con una percentuale del 83,3%), contrapposto al 60% dei soggetti con alto controllo che danno la stessa risposta. rispo Il 21,8% dei soggetti con alto controllo rispondono “Si, abbastanza”, in netta contrapposizione con il 2,8% dei soggetti con basso controllo.
Si sente in colpa quando mangia diversamente dai suoi propositi dietetici?
No
40 61,1
Si
Alto Controllo
60
Risposte
38,9
Basso Controllo 0
10
20
30
40
50
60
70
Percentuali
Alla domanda “Si sente in colpa quando mangia diversamente dai suoi propositi dietetici?”, la maggioranza dei soggetti con alto controllo risponde “Si” (con una percentuale del 60%), mentre la maggioranza dei soggetti con basso controllo risponde “No” (con una percentuale del 61,1%).
3.6 Discussione Dall'analisi dei elementi raccolti sono emersi dei dati molto molto interessanti ai fini della ricerca. 41
Poiché il campione si presentava composto prevalentemente da soggetti di sesso femminile, non si è potuto fare un confronto tra generi. Analizzando il BUT, si è quindi diviso il campione in soggetti con alta o bassa problematicità, in corrispondenza alla variabile analizzata. In questo modo l'analisi è risultata più precisa. Come si evince dai grafici la maggioranza dei soggetti con bassa problematicità non utilizza il cibo per modificare l'aspetto del proprio corpo, tuttavia c'è una percentuale di soggetti con alta problematicità che invece spesso lo utilizza. Il motivo principale (come si evince dal grafico 1,2) è la linea, infatti la maggior parte del campione ad alta problematicità lo utilizza appunto, per dimagrire. Analizzando le abitudini del campione è emerso che la maggior parte dei soggetti non ritiene rilevante ai fini delle relazioni interpersonali l'aspetto del poprio corpo. Anche se (com si evince dal grafico 1.4) c'è una percentuale del 23% dei soggetti ad alta problematicità che invece lo considera importante. Le frequentazioni degli intervistati portano i soggetti con bassa problematicità ad eccedere nel bere quando esce. Mentre i soggetti ad alta problematicità sono portati a condurre una vita sedentaria. Gli obiettivi della ricerca sono stati soddisfatti, in quanto dall'analisi dei dati è emerso un quadro abbastanza lineare del profilo degli intervistati. Per quanto riguarda i dati concernenti le abitudini alimentari, si denota una scarsa conoscenza da parte dei ragazzi, delle corrette norme per un’alimentazione da considerarsi sana ed equilibrata. Spesso infatti gli studenti intervistati non fanno colazione, alcuni consumano prevalentemente prodotti da forno con dose eccessiva di grassi. Ancora, alcuni addirittura per mancanza di tempo saltano il pranzo o la cena, o li consumano in modo veloce. Da notare tuttavia che i giovani intervistati hanno la consapevolezza che una buona alimentazione associata allo sport e all'attività fisica è una fonte di benessere, tuttavia non è chiaro il percorso da seguire. Alcuni infatti utilizzano diete autogestite, o praticano saltuariamente attività fisica ma la associano ad una dieta sbagliata. Nella maggior parte dei casi, è riscontrata un'accettazione del proprio vissuto corporeo. A parte qualche dato non proprio nella norma, il campione sembra infatti avere una buona percezione del proprio corpo. Tuttavia non mancano soggetti che sostengono di non essere soddisfatti di alcune parti del proprio corpo. Questo può essere interpretato come la preoccupazione dei giovani e l'inadeguatezza rispetto agli attuali modelli di bellezza proposti in gran parte dei media, è stato infatti appurato quanto, questo fattore, influisca negativamente sulla stima che i giovani hanno di sé.
42
CONCLUSIONI
Il corpo nella nostra cultura è sempre stato soggetto ad una pesante svalutazione. Partendo da Platone, che ne ha fatto la prigione dell'anima, a Cartesio che ha separato il corpo dalla mente, sostenendone la superiorità. Invece la vita fisica è elemento costitutivo della vita di ciascun individuo. Ma per comprendere il senso attribuito nella nostra società, alla cura del corpo e il suo valore, non ci si può fermare ad un'analisi prettamente socio-culturale, che illustri il modificarsi del significato ad esso attribuito, ma è utile capire come sia vissuto dal singolo soggetto. Nella ricerca effettuata sui giovani universitari si è cercato di indagare sui valori attribuiti al corpo socialmente costruito, nella cultura odierna. E tra i giovani, senza distinzione di genere , è presente l'attenzione a ciò che si mangia per non ingrassare. Tuttavia vista la confusione riguardante le abitudini alimentari scorrette e i disturbi alimentari, è sembrato giusto innanzitutto parlare prima dell'immagine corporea e poi chiarire cosa si intende per Disturbo del Comportamento Alimentare e come si manifesta. Cercando di spiegare quanto l'attenzione al corpo può diventare patologico e portare ad un vero e proprio disturbo. Infatti il disturbo dell'immagine corporea può essere considerato forse l'aspetto più invalidante e doloroso dei disordini Alimentari. Purtroppo la risoluzione di questo problema non sempre risolve quello dell'immagine corporea, e anzi spesso la persistenza di tale disturbo porta a delle ricadute. E i trattamenti utilizzati per combattere i Disturbi del Comportamento Alimentare, raramente si occupano di come modificare le rappresentazioni corporee. Dallo studio effettuato è emersa l'importanza di mantenere una sorta di equilibrio tra le diverse componenti che formano l'identità di ciascuno. La formazione del proprio modo di considerarsi e definirsi e la valutazione del proprio valore avviene già in età precoce. L'immagine che si ha di sé stessi comporta la valutazione delle proprie caratteristiche percepite nell'interazione dell'individuo con il suo ambiente. L'autostima, rappresenta un elemento essenziale poiché consente un riconoscimento adeguato delle proprie risorse e qualità. Ma è possibile costruire un'immagine corporea migliore? Attraverso la mia ricerca bibliografica ho potuto mettere insieme alcuni punti che, a mio parere fanno si che una persona migliori il proprio rapporto con il corpo. Eccone alcuni: •
Diventare consapevole dei punti forti e deboli dell'immagine corporea;
•
Stabilire traguardi obiettivamente raggiungibili;
•
Capire le cause del proprio scontento; 43
•
Avvicinare l'immagine ideale di sé e una più realistica, diminuendo rifiuti e intolleranze del
proprio corpo; •
Sentire e percepire il proprio corpo dal 'dentro', attraverso esercizi pratici e riattivando il
piacere e il divertimento; •
Scoprire la proprie convinzioni e sfidarne il controllo che hanno sul modo negativo con cui
percepiamo il nostro corpo. La percezione del corpo, le emozioni e le nostre convinzioni orientano i nostri progetti, chi incontriamo, chi sposiamo, la natura delle nostre interazioni e il nostro benessere quotidiano. A mio parere diete e i trattamenti comportamentali possono anche avere effetti, ma a breve termine. La linea da seguire però è un'altra: bisogna esercitarsi il più possibile ad accettarsi come si è piuttosto che cercare di modellarsi ad un ideale fisico poco definito e molto irraggiungibile.
44
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48
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49
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA Pedagogia della marginalità e dev. minorile; Psicologia dello Sviluppo; Psicologia del ciclo di vita; Sociologia della Famiglia
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI
QUESTIONARIO
N° ..........
DATI ANAGRAFICI Età
..................
Sesso
Peso (in Kg.) ................ Luogo di residenza Dove vive? Professione svolta
M [_] F [_]
Altezza (in cm.) .............. ........................................................................
da solo [_]
in coppia [_]
in famiglia [_]
con parenti [_] in istituto [_]
……………………………………………………………………………………………..
oppure: Professione Padre
………………..………… Professione Madre
………...…………………
SEZ. I - ALIMENTAZIONE (Solo una risposta per ogni domanda) Dom. 1
Nell’ultima settimana ha fatto la colazione? 1. No, mai 2. 1-22 volte nella settimana 3. 3-44 volte nella settimana 4. 5-66 volte nella settimana 5. Ogni giorno
[_] [_] [_] [_] [_]
Se NO, perche' non la fa? 1. Ha fretta 2. Non ha fame 3. Non gli piace 4. Altro (specificare) ………………………………………………………..
[_] [_] [_] [_]
Dom. 3 - Dove consuma la colazione? 1. A casa 2. A casa di parenti/vicini/amici 3. Al bar, al ristorante 4. In mensa, in istituto 5. Altro (specificare specificare)) ………………………………………………………..
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 4 - Cosa fa mentre consuma la colazione? 1. Sta zitto 2. Parla con i presenti 3. Legge, studia 4. Guarda la TV 5. Altro (specificare specificare)) ………………………………………………………..
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 5 - Quali cibi consuma soprattutto a colazione? 1. Pasto completo (primo, secondo e frutta) 2. Solo un primo piatto 3. Solo un secondo piatto 4. Frutta, succhi di frutta, verdure
[_] [_] [_] [_]
Dom. 2
50
5. 6. 7. 8. 9.
Cibi salati (pizza, toast, tortine, patatine, ecc.) Cibi dolci (merendine, biscotti, ecc.) Tè, latte, caffè, cappuccino Yogurt, latticini, formaggi Altro (specificare) ………………………………… ………………….....
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 6 - Abitualmente nella mattinata fa uno spuntino? 1. No, mai 2. Quasi mai 3. Qualche volta 4. Quasi sempre 5. Sempre
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 7 - Di solito nella mattinata quali bevande consuma? 1. Acqua 2. Analcolici 3. Birra, alcolici 4. Bibite gassate 5. Caffè, tè, cappuccino 6. Succhi di frutta 7. Altro (specificare) ………………………………………………………..
[_] [_] [_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 8 - Nell’ultima settimana ha consumato il pranzo? 1. No, mai 2. 1-2 volte nella settimana 3. 3-4 volte nella settimana 4. 5-6 volte nella settimana 5. Ogni giorno
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 9 - Se NO, perche' non ha pranzato? 1. Ha fretta 2. Non ha fame 3. Non gli piace 4. Altro (specificare) ……………………………………………………….
[_] [_] [_] [_]
Dom. 10 - Nell’ultima settimana ha pranzato in famiglia? 1. No, mai 2. 1-2 volte nella settimana 3. 3-4 volte nella settimana 4. 5-6 volte nella settimana 5. Ogni giorno
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 11 - Nell’ultima settimana ha pranzato fuori casa? 1. No, mai 2. 1-2 volte nella settimana 3. 3-4 volte nella settimana 4. 5-6 volte nella settimana 5. Ogni giorno
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 12 - Dove consuma di solito il pranzo? 1. A casa 2. A casa di parenti/vicini/amici 3. Al bar, al ristorante 4. In mensa, in istituto 5. Altro (specificare) ………………………………………………………..
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 13 - Cosa fa mentre consuma il pranzo? 1. Sta zitto 2. Parla con i presenti 3. Legge, studia
[_] [_] [_]
51
4. 5.
Guarda la TV Altro (specificare) ……………………………………………………….
[_] [_]
Dom. 14 - Quali cibi preferisce mangiare a pranzo ? 1. Pasto completo (primo, secondo e frutta) 2. Solo un primo piatto 3. Solo un secondo piatto 4. Frutta, succhi di frutta, verdure 5. Cibi salati (pizza, toast, tortine, patatine, ecc.) 6. Cibi dolci (merendine, biscotti, ecc.) 7. Tè, latte, caffè, cappuccino 8. Yogurt, latticini, formaggi 9. Altro (specificare) ………………………………… …………………...
[_] [_] [_] [_] [_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 15 - Nell’ultima settimana quante volte ha cenato? 1. No, mai 2. 1-2 volte nella settimana 3. 3-4 volte nella settimana 4. 5-6 volte nella settimana 5. Ogni giorno
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 16 - Se NO, perche' non ha cenato? 1. Ha fretta 2. Non ha fame 3. Non gli piace 4. Altro (specificare) ……………………………………………………….
[_] [_] [_] [_]
Dom. 17 - Nell’ultima settimana quante volte ha cenato in famiglia? 1. Mai 2. 1-2 volte nella settimana 3. 3-4 volte nella settimana 4. 5-6 volte nella settimana 5. Ogni giorno
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 18 - Nell’ultima settimana quante volte ha cenato fuori casa? 1. Mai 2. 1-2 volte nella settimana 3. 3-4 volte nella settimana 4. 5-6 volte nella settimana 5. Ogni giorno
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 19 - Dove consuma di solito la cena? 1. A casa 2. A casa di parenti/vicini/amici 3. Al bar, al ristorante 4. In mensa, in istituto 5. Altro (specificare) ………………………………………………………..
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 20 - Cosa fa mentre consuma la cena? 1. Sta zitto 2. Parla con i presenti 3. Legge, studia 4. Guarda la TV 5. Altro (specificare) ……………………………………………………….
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 21 - Quali cibi preferisce consumare a cena? 1. Pasto completo (primo, secondo e frutta) 2. Solo un primo piatto 3. Solo un secondo piatto 4. Frutta, succhi di frutta, verdure
[_] [_] [_] [_]
52
5. 6. 7. 8. 9.
Cibi salati (pizza, toast, tortine, patatine, ecc.) Cibi dolci (merendine, biscotti, ecc.) Tè, latte, caffè, cappuccino Yogurt, latticini, formaggi Altro (specificare) ………………………………… …………………....
Dom. 22 - Di solito chi prepara i pasti? 1. Madre/Moglie 2. Padre/Marito 3. Insieme (Padre e madre; oppure Marito e moglie) 4. Da solo 5. Parenti/amici
6.
Altri (specificare) …………………………………………………
53
[_] [_] [_] [_] [_] [_] [_] [_] [_] [_]
[_]
SEZ. II B - RAPPORTI CIBO/CORPO
GIOVANI - ANZIANI
Dom. 23 - Come si comporta davanti al cibo? 1. Mangia se necessario o quando costretto 2. Non è molto interessato al cibo 3. Mangia in modo adeguato 4. Ha sempre molto appetito 5. Esagera con il cibo, fa spesso indigestione
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 24 - Come considera il suo corpo? 1. Pensa di essere troppo magro 2. Crede di essere un po’ magro 3. Non si preoccupa 4. Crede di essere un po’ grasso 5. Pensa di essere troppo grasso
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 25 – Svolge regolarmente attività fisico/sportiva? 1. Si 2. No
[_] [_]
Dom. 26 - Se SI, Quante ore di attività fisica o sportiva fa alla settimana? 1. Non faccio attività fisica 2. Da 1 ora a 3 ore 3. Da 3 ore alle 5 ore 4. Oltre le 5 ore
[_] [_] [_] [_]
Dom. 27 - E’ a dieta? 1. 2. 3.
[_] [_] [_]
SI NO, ma vorrei NO, il peso e' giusto
Dom. 28 - Se SI, quali metodi utilizza? 1. Fumo 2. Pillole per dieta 3. Vomito o lassativi 4. Integratori 5. Attività fisico-sportiva 6. Altro (specificare) ……………………………………………………….
54
[_] [_] [_] [_] [_] [_]
SEZ. V - RAPPORTI CIBO/CORPO
STUDENTI
Dom. 1 – Usa il cibo (in quantità e qualità) per modificare l’aspetto del suo corpo 1. Sempre 2. Spesso 3. Talvolta 4. Raramente 5. Mai
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 2 – Se SI, perché? 1. Per dimagrire 2. Per ingrassare 3. Per aumentare il proprio benessere 4. Per esigenze sportive 5. Per seguire una moda (per motivi estetici) 6. Per motivi di salute
[_] [_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 3 - Per aumentare il proprio benessere quali comportamenti bisognerebbe modificare: 1. Maggiore attività fisica 2. Cibo più genuino 3. Cambiamento dietetico, nel peso 4. Maggiori controlli sanitari 5. Acquisire maggiori informazioni sulla salute 6. L’organizzazione del proprio tempo libero 7. La frequentazione di persone più vicine ai propri bisogni e interessi 8. Una più attenta selezione delle bevande 9Altro (specificare) ………………………………………………………..
[_] [_] [_] [_] [_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 4 – Le capita di vivere esperienze con elevato carico di stress? 1. No, mai 2. No, quasi mai 3. Si, abbastanza 4. Si, quasi sempre 5. Si, sempre
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 5 – Se si, quali strategie utilizza di solito per diminuire lo stress 1. Faccio attività fisica 2. Consumo bevande 3. Cerco la compagnia di amici 4. Mangio qualcosa che mi piace 5. Mi dedico al mio hobby preferito 6Altro (specificare) ………………………………………………………..
[_] [_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 6 – Le sue frequentazioni la portano a condividere comportamenti poco salutari? 1. No, mai 2. No, quasi mai 3. Si, abbastanza 4. Si, quasi sempre 5. Si, sempre
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 7 – Se SI, a quali si riferisce prevalentemente? 1. Eccedere nel bere 2. Eccedere nel mangiare 3. Uno stile di vita sedentario 4. Comportamenti a rischio per la salute 5. Per seguire una moda (per motivi estetici) 6. Per motivi di salute
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55
Dom. 8 – Le sue relazioni sono influenzate dall’idea che ha sull’aspetto del suo corpo? 1. No, mai 2. No, quasi mai 3. Si, abbastanza 4. Si, quasi sempre 5. Si, sempre
[_] [_] [_] [_] [_]
Dom. 9 – Se si, quali relazioni sono influenzate maggiormente? 1. Le relazioni lavorative 2. Le relazioni amicali 3. Le relazioni sentimentali 4. La conoscenza di persone nuove
[_] [_] [_] [_]
Dom. 10 - Si sente in colpa quando mangia diversamente dai suoi propositi dietetici? 1. Si 2. No
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Dom. 11 – Se SI: 1. 2. 3. 4. 5.
Quando mangia troppo Quando mangia poco Quando mangia fuori orario Quando mangia cibi poco salutari Quando mangia cibi dannosi alla sua salute
Dom. 12 – Svolge regolarmente attività fisico/sportiva 1. Si 2. No
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Dom. 13 – Se SI, in che modo la sua attività influenza il suo rapporto con il cibo? 1. Ha radicalmente cambiato le mie abitudini alimentari 2. Presto maggiore attenzione alla qualità del cibo 3. Presto maggiore attenzione ai principi nutritivi 4. Regolo diversamente la quantità del cibo in base alle mie esigenze 5. Cerco maggiori informazioni sulla relazione tra alimentazione e benessere/salute 6. L’attività fisica non influenza il mio rapporto con il cibo
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Dom. 14 - Pensa che le sue abitudini alimentari siano corrette per un vivere sano 1. No, mai 2. No, quasi mai 3. Si, abbastanza 4. Si, quasi sempre 5. Si, sempre
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QUESTIONARIO
SESSO
M o F
PESO(in Kg.) ……….
N°……
ETA’………. ALTEZZA (in cm.) ……….
LUOGO DI RESIDENZA………………………………………………….
Indichi con una ✘la risposta più vicina alla sua esperienza attuale Mai Raramente Qualche volta Spesso Molto spesso Sempre
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1. Trascorro molto tempo davanti allo specchio 2. Non mi fido del mio aspetto: temo che cambi, all'improvviso 3. Mi piacciono gli abiti che nascondono le forme del mio corpo 4. Passo molto tempo pensando a certi difetti della mia immagine fisica 5. Quando mi spoglio evito di guardarmi 6. Penso che la mia vita cambierebbe profondamente se potessi correggere alcuni miei difetti estetici 7. Mangiare in presenza di altri mi provoca ansia 8. Il pensiero di alcuni difetti del mio corpo mi tormenta tanto da impedirmi di stare con gli altri 9. Ho il terrore di ingrassare 10. Faccio lunghi confronti fra il mio aspetto e quello degli altri 11. Se comincio a guardarmi mi è difficile smettere 12. Farei qualsiasi cosa per modificare certe parti del mio corpo 13. Resto in casa ed evito di farmi vedere dagli altri 14. Mi vergogno dei bisogni fisici del mio corpo 15. Mi sento derisa/o per il mio aspetto 16. Il pensiero di alcuni difetti del mio corpo mi tormenta tanto da impedirmi di studiare o di lavorare 17. Cerco nello specchio un'immagine di me che mi soddisfi e continuo a scrutarmi finché sono sicura/o di averla trovata 18. Mi sento più grassa/o di quello che dicono gli altri 19. Evito gli specchi 20. Ho l'impressione che la mia immagine cambi continuamente 21. Vorrei avere un corpo secco e duro 22. Sono insoddisfatta/o del mio aspetto 23. Il mio aspetto fisico è deludente rispetto alla mia immagine ideale 24. Vorrei sottopormi a qualche intervento di chirurgia estetica 25. Non sopporto l'idea di vivere con l'aspetto che ho 26. Mi guardo allo specchio e provo un senso di inquietudine e di estraneità 27. Temo che il mio corpo cambi contro la mia volontà in modi che non mi piacciono 28. Mi sento scollata/o dal mio corpo 29. Ho la sensazione che il mio corpo non mi appartenga 30. Il pensiero di alcuni difetti del mio corpo mi tormenta tanto da impedirmi di avere una vita sessuale 31. Mi osservo in quello che faccio e mi chiedo come appaio agli altri 32. Vorrei decidere io che aspetto avere 33. Mi sento diversa/o da come mi vedono gli altri 34. Mi vergogno del mio corpo
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Del mio corpo in particolare detesto: Mai Raramente Qualche volta Spesso Molto spesso Sempre
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1. la statura 2. la forma della testa 3. la forma del viso 4. la pelle 5. i capelli 6. la fronte 7. le sopracciglia 8. gli occhi 9. il naso 10. le labbra 11. la bocca 12. i denti 13. le orecchie 14. il collo 15. il mento 16. i baffi 17. la barba 18. i peli 19. le spalle 20. le braccia 21. le mani 22. il torace 23. le mammelle 24. lo stomaco 25. il ventre 26. i genitali 27. le natiche 28. le anche 29. le cosce 30. le ginocchia 31. le gambe 32. le caviglie 33. i piedi 34. l’odore 35. i rumori 36. sudare 37. ARROSSIRE
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