Sistemi tertiofenici funzionalizzati con terpiridine 6,6”-disostituite

Page 1

A.D. MDLXII

U N IVE RS IT À D E GL I S T U D I D I S AS S A R I F ACOLTÀ DI S CIENZE M ATEMATICHE , F ISICHE E N ATURALI ___________________________

Dipartimento di Chimica Corso di Laurea Specialistica in Chimica

Sistemi tertiofenici funzionalizzati con terpiridine 6,6”-disostituite: sintesi e caratterizzazione elettrochimica

Relatore: DOTT. MARIA I. PILO Correlatore: DOTT. PAOLA MANCA Tesi di Laurea di: ANDREA CIPRI

ANNO ACCADEMICO 2010/2011


INTRODUZIONE Prendendo in considerazione le proprietà elettriche, i materiali possono essere suddivisi in quattro categorie, ovvero: isolanti, semiconduttori, conduttori e superconduttori. Vengono definiti isolanti i materiali con conducibilità inferiori a 10‐7 S cm‐1, tra 10‐4 e 10 S cm‐1 (a seconda del grado di doping) possono essere definiti semiconduttori, mentre quando si hanno conducibilità superiori a 103 S cm‐1, che sono tipiche dei metalli, troviamo conduttori e superconduttori. I materiali polimerici organici erano generalmente noti come isolanti fino a quando, nel 1977, Alan J. Heeger dell’Università della California, A. G. McDiarmid dell’Università della Pennsylvania, e H. Shirakawa dell’Università di Tsukuba scoprirono accidentalmente che il poliacetilene (PA), noto isolante, poteva diventare conduttore in seguito a doping con iodio molecolare, raggiungendo valori di conducibilità di ben 103 S cm‐1.1 La scoperta fortuita non solo modificò il concetto classico che considerava i polimeri organici unicamente come materiali isolanti, ma segnò la nascita di una nuova tipologia di materiali, i polimeri conduttori. Lo studio sistematico di questa atipica classe di conduttori è stato particolarmente proficuo: nel corso degli anni, oltre alle aree di ricerca riguardanti sintesi e caratterizzazione di questi nuovi materiali, si sono sviluppate quelle relative allo studio delle relazioni tra struttura e proprietà e del meccanismo di conduzione e quelle finalizzate alle possibili applicazioni tecnologiche di tali materiali. Gli enormi progressi fatti in queste aree stanno modificando la vita di tutti i giorni nel XXI secolo, grazie al fatto che molte scoperte nel settore hanno determinato la realizzazione di importanti prodotti industriali. Infatti, dal 1975 ad oggi, il livello di pubblicazioni scientifiche su

1

H. Shirakawa, E.J.Lewis, A.G. MacDiarmid, C.K. Chiang, A.J. Heeger, J. Chem. Soc. Chem.Comm., 1977, 578

2


questo argomento ha subito un incremento costante, con un picco nella concessione di brevetti alla fine degli anni 802. L’importanza di questi materiali, nella scienza e nella tecnologia, venne riconosciuta nel 2000 quando l’Accademia Reale Svedese delle Scienze attribuì ai tre ricercatori il Premio Nobel per la Chimica per la “scoperta e lo sviluppo dei polimeri conduttori”. Il gruppo di ricerca nel quale è stato svolto questo lavoro di tesi è da alcuni anni attivo nella sintesi e caratterizzazione elettrochimica di polimeri conduttori a base tiofenica. In particolare, l’attenzione del gruppo di ricerca è rivolta verso materiali costituiti da un backbone di tipo tertiofenico, che consente la polimerizzazione nelle posizioni 5 e 5’’, e da unità chelanti all’azoto, che possono consentire la coordinazione con metalli di transizione all’interno del polimero ed incrementarne ulteriormente le proprietà conduttive. Obiettivo di questo lavoro di Tesi era quello di sintetizzare una variante di un legante realizzato in precedenza da questo gruppo di ricerca, la 4’‐(2,2’:5’,2”‐ tertien‐3’‐etinil)‐2,2’:6’,2”‐terpiridina (TAT)3, funzionalizzando quest’ultimo con un gruppo carbossilico nelle posizioni 6 e 6” del frammento terpiridinico.

2

G.G. Wallace, G.M. Spinks, L.A.P. Kane‐Maguire, P.R. Teasdale, Conductive Electroactive Polymers, 3rd edition, CRC Press, Boca Raton, 2009 3 P. Manca, M. I. Pilo, G. Casu, S. Gladiali, G. Sanna, R. Scanu, N. Spano, A. Zucca, C. Zanardi, D. Bagnis, e L. Valentini, J. Pol. Sci. A 2011, 49, 3513

3


S

S S

S S S

N N N N

N

O HO

N OH O

TAT

TAT‐COOH

Figura 1 A sinistra il precursore precedentemente sintetizzato dal gruppo di ricerca, a destra l’obiettivo finale di questa tesi.

Scopo di tale modifica era quello di migliorare le proprietà ottiche ed elettroniche del monomero e del materiale polimerico risultante, rendendolo così utlizzabile, ad esempio, come componente di dispositivi fotoluminescenti o di celle fotovoltaiche. Il primo obiettivo di questo lavoro di tesi è stato la messa a punto della procedura di sintesi di questo nuovo legante contenente due gruppi carbossilici sul frammento terpiridinico, in grado di garantire un possibile punto di ancoraggio del monomero a sistemi contenenti nanotubi di Carbonio o nanofili di Zinco, come già mostrato per sistemi tiofenici sostituiti4,5,6, ed anche, in seconda battuta, garantire una maggiore coordinazione nei confronti di metalli di transizione. Il monomero così ottenuto dovrebbe essere pertanto in grado sia di elettropolimerizzare, sia da solo che una volta legato ad un nanotubo o nanofilo, che di coordinare ancor più efficacemente ioni di metalli di transizione facendo in modo di migliorare le proprietà meccaniche, chimiche, ottiche ed elettroniche sia del frammento molecolare che del polimero coniugato sfruttando l’effetto 4

B. K. Kuila, K. Park, L. Dai, Macromolecules 2010, 43, 6699 A. A. Stefopoulos et al., Chem. Eur. J. 2008, 14, 8715 6 A. L. Briseno, T. W. Holcombe, A. I. Boukai, E. C. Garnett, S. W. Shelton, J. J. M. Fréchet, P. Yang, Nano Lett. 2010, 10, 334 5

4


sinergico dovuto alla presenza di sistemi contenenti strati di carbonio continui come nel caso dei nanotubi.

5


CAPITOLO 1 STATO DELL’ARTE

POLIMERI CONDUTTIVI In seguito alla scoperta effettuata da Heeger, MacDiarmid e Shirakawa sono state sintetizzate numerose strutture di polimeri conduttivi (CP), aventi tutte in comune un’estesa coniugazione lungo le catene. La scelta delle unità monomorfiche è caduta principalmente sugli anelli aromatici, a partire dai più semplici a base benzenica, passando per eterocicli come pirrolo, furano e tiofene, fino ad arrivare a molecole più complesse costituite da sistemi aromatici di varie dimensioni e natura. Un esempio delle varie strutture è riportato in Figura 2. S

N

Polipirrolo (PP)

n

n

S

Politiofene (PT)

n

S

Poli(tieno[3,2-b]tiofene)

NH

n Polianilina (PANI)

n Poli(fenilene etinilene) (PPE) O

O

S

Poli(fenilene-vinilene) (PPV)

n

n Poli(3,4-etilenediossitiofene) (PEDOT)

Figura 2 Panoramica di polimeri conduttori

6


Generalmente tali polimeri conduttori hanno valori di band‐gap che variano da 1 a 3 eV7. Le proprietà elettriche di questi polimeri vengono definite dalla delocalizzazione degli elettroni π lungo il backbone polimerico, dai bassi potenziali di ionizzazione e dalle elevate affinità elettroniche. Spesso da questi stessi vantaggi possono nascere alcuni svantaggi, in quanto la stessa lunghezza del backbone polimerico può portare ad un peggioramento della solubilità e anche ad una riduzione delle proprietà meccaniche, limitandone così i possibili impieghi in campo tecnologico. Per questo motivo, nel corso degli anni, il miglioramento delle proprietà meccaniche e della solubilità sono state tra i principali temi di ricerca sui polimeri conduttori. La funzionalizzazione delle unità monomeriche sembra essere un’ottima via per ottenere materiali con proprietà chimiche, elettriche ed ottiche estremamente variabili, e che permette di ‘assemblare’ i polimeri conduttori con sistemi come nanotubi di Carbonio o nanofili di Zinco8,9,10 ottenendo materiali che, grazie ad un fattore sinergico, mostrano eccellenti proprietà meccaniche e termiche. L’efficacia delle modifiche strutturali, utili per definire le proprietà del polimero, è influenzata anche dalla via sintetica utilizzata per ottenere il polimero stesso. Infatti la strategia di sintesi influisce, ad esempio, sulla lunghezza della catena, sulla regioregolarità e sulla morfologia, oltre che sul livello di doping ottenibile, e quindi sulle caratteristiche finali del materiale.

7

M. Dekker, Hanbook of Conducting Polymers, (Ed. Skotheim), New York, 1986 e 1998 B. K. Kuila, K. Park, L. Dai, Macromolecules 2010, 43, 6699 9 A. A. Stefopoulos et al., Chem. Eur. J. 2008, 14, 8715 10 A. L. Briseno, T. W. Holcombe, A. I. Boukai, E. C. Garnett, S. W. Shelton, J. J. M. Fréchet, P. Yang, Nano Lett. 2010, 10, 334 8

7


POLITIOFENI Nonostante la “somiglianza”, a livello strutturale, con il polipirrolo, il politiofene è il polimero coniugato che si è rivelato essere il più interessante da sviluppare per via di alcune caratteristiche quali la versatilità strutturale e la stabilità ambientale sia nello stato neutro che nello stato dopato. Il politiofene può essere facilmente funzionalizzato nella posizione 3 dell’anello, permettendo così di variare la solubilità, la stereoregolarità, l’estensione di coniugazione, il valore di band‐gap, il comportamento redox e la conducibilità. La medesima sostituzione sul pirrolo è invece sinteticamente più complessa11. Inoltre il pirrolo ha un basso potenziale di ossidazione12 ed un elevato potenziale di riduzione che, rendendolo rispettivamente sensibile all’ossigeno ed impossibilitato a subire n‐doping13, fanno in modo che abbia scarse possibilità di utilizzo in ambito tecnologico. Tutte queste qualità hanno fatto del politiofene il polimero più studiato sotto ogni aspetto: sintesi, modello teorico di trasporto elettronico, caratterizzazione elettrochimica e spettroscopica e applicazioni.

SINTESI POLITIOFENI Ci sono diverse vie per poter ottenere i politiofeni, le più comuni delle quali sono la polimerizzazione chimica, elettrochimica, in fase vapore ed UV. Le più utilizzate sono la polimerizzazione chimica e quella elettrochimica che spiegheremo di seguito. Polimerizzazione Chimica Questo tipo di polimerizzazione è stata la prima procedura usata per ottenere i politiofeni non sostituiti. Nel 1980 due gruppi di ricerca differenti effettuarono un coupling catalizzato da complessi di metalli di transizione partendo dal 2,5‐ dibromotiofene.

11

R.J. Waltman, J. Bargon, A.F. Diaz, J. Phys.Chem., 1983, 87, 1459 G. Zotti, G. Schiavon, A. Berlin, G. Fontana, G. Pagani, Macromolecules, 1994, 27, 1938 13 C. Arbizzani, M. Catellani, M. Mastragostino, C.Mingazzini, Electrochim. Acta, 1995, 40, 1871 12

8


Figura 3 Reazione del 2,5‐dibromotiofene per dare il poli(ditiofene).

Il substrato viene fatto reagire con Mg in THF, sostituendo le posizioni 2 o 5 del dibromotiofene con MgBr; successivamente il self‐coupling viene garantito attraverso

un

catalizzatore

come

Ni(bipy)Cl214

o

Fe(acac)315.

La

policondensazione per dealogenazione rimane tutt’oggi un metodo comunemente usato, nonostante i politiofeni con essa ottenuti abbiano bassi pesi molecolari, e con il tempo sono state variate le condizioni di reazione, modificando solventi, substrato alogenato e catalizzatori con altri derivati di metalli di transizione16. Un altro approccio di successo per sintetizzare il politiofene è la polimerizzazione ossidativa diretta, che fa uso di FeCl317 in CHCl3 o MoCl518, che agiscono allo stesso tempo come ossidanti e come agenti dopanti; successivamente viene fatto un trattamento con ammoniaca necessario per ridurre il prodotto dopato e ottenere il politiofene neutro. Nonostante i bassi pesi molecolari, i politiofeni non sostituiti si sono dimostrati scarsamente solubili nei comuni solventi organici e infusibili. Le ricerche si sono quindi rivolte verso i politiofeni alchil‐ o alcossi‐sostituiti, per cercare di ridurre o eliminare i problemi di solubilità e processabilità in genere. Elsenbaumer e collaboratori19,20 riportarono nel 1985 la prima sintesi di un politiofene alchil‐sostituito in posizione 3, attraverso un cross‐coupling metallo‐ catalizzato con 2,5‐diiodo‐3‐alchiltiofeni. (Fig. 4)

14

T. Yamamoto, K. Sanechika, A. Yamamoto, J. Polym. Sci., Polym. Lett. Ed., 1980, 18, 9 J.W.P. Lin, L.P.Dudek, J. Polym. Sci, Polym. Chem. Ed., 1980, 18, 2869 16 R.D. McCullogh, Adv. Mater., 1998, 10, 93 17 K. Yoshino, S. Hayashi, R. Sugimoto, Jpn. J. Appl. Phys., 1984, 23, L899 18 R. Sugimoto, S. Takeda, H.B. Gu, K. Yoshino, Chemistry Express, 1986, 1, 635 19 K. Y. Jen, R. Oboodi, R.L. Elsenbaumer, Polym. Mater. Sci. Eng., 1985, 53, 79 20 G.G. Miller, R.L. Elsenbaumer, J. Chem. Soc., Chem. Comm., 1986, 1346 15

9


Figura 4 Sintesi di un poli(3‐alchiltiofene) partendo da un diiodo‐tiofene.

I poli(3‐alchiltiofeni) con catene butiliche o più lunghe sono solubili nei più comuni solventi organici, e studi 1H‐NMR hanno confermato che il coupling avviene esclusivamente tra 2 e 5’. Questa via sintetica con FeCl3 è stata utilizzata con successo anche per ottenere i 3‐alchiltiofeni, ed ha fornito polimeri con elevati pesi molecolari21,22. I poli(3‐alcossitiofeni), ottenuti sempre con polimerizzazione ossidativa con FeCl314,23,24, oltre a risolvere i problemi di solubilità hanno anche permesso di allentare la tensione sterica nei confronti dei corrispondenti sostituenti alchilici e di diminuire il twisting del backbone polimerico rispetto alla planarità, portando così a sistemi con conducibilità elettriche migliori. Nonostante il coupling 2,5’ sia predominante per i 3‐alchil‐ ed i 3‐alcossi‐tiofeni, avendo un sostituente sull’anello si può andare incontro ad un problema strutturale del polimero, ovvero gli anelli si possono accoppiare head­to­tail‐2,5’ (HT), head­to­head‐2,2’ (HH) e tail­to­tail‐5,5’ (TT). In questo modo si possono generare ben 4 trimeri differenti come nella Figura 5.

21

R.D. McCullogh, Adv. Mater., 1998, 10, 93 M. Pomerantz, J.J. Tseng, H. Zhu, S.J. Sproull, J.R. Reynolds, R. Uitz, H.J. Arnott, H.I. Haider, Synth. Met., 1991, 41‐43, 825 23 M. Leclerc, G. Daoust, , J. Chem. Soc., Chem. Comm., 1990, 273 24 G. Daoust, M. Leclerc, Macromolecules, 1991, 24, 455 22

10


R

R = alchil, alcossi, ecc S R

R

I (HT-HT)

S S

S

n R R

R

II (HT-HH) S S

S

n

R R

R

III (TT-HT) S S

S

n R

R

R

IV (TT-HH) S S

S

n R

Figura 5 Regioisomeri possibili per i politiofeni sostituiti in posizione 3.

Ogni volta che si genera una miscela di questi regioisomeri le proprietà dei polimeri ne risentiranno. Infatti nel caso dell’accoppiamento HH le interazioni steriche tra i gruppi alchilici portano ad una mancata planarità del polimero, e questo si riflette in una scarsa coniugazione e di conseguenza in una bassa

11


conducibilità elettrica. Per avere una polimerizzazione regiospecifica bisogna aspettare prima McCullogh e Lowe25 nel 1992 e successivamente Rieke26. Polimerizzazione Elettrochimica Questo tipo di polimerizzazione permette di ottenere oligomeri di struttura ben definita e polimeri con una coniugazione più estesa ed una maggiore conducibilità rispetto ai polimeri conduttori ottenuti per polimerizzazione chimica27. Il primo lavoro riguardante una elettropolimerizzazione per ossidazione anodica utilizzava il bitiofene e venne svolto da Diaz nel 198128. Due anni più tardi Tourillon e coll. riportano l’elettropolimerizzazione del tiofene29. Nel processo di elettropolimerizzazione l’elettrodo, polarizzato ad un opportuno potenziale positivo, funziona da agente ossidante, mentre l’elettrolita di supporto fornisce gli anioni necessari per il decorso della reazione. Il meccanismo della polimerizzazione anodica è riportato nella Figura 6.

25

R.D. McCullogh, R.D. Lowe, J. Chem. Soc., Chem.Comm., 1992, 70 T.‐A. Chen, R.D. Rieke, Synth. Met., 1993, 60, 175 27 J. Roncali, Chem. Rev., 1992, 92, 711 28 A.F. Diaz, Chem. Scr., 1981, 17, 142 29 G. Tourillon, F. Garnier, J. Electroanal. Chem., 1982, 135,173 26

12


E

- e-

S

S H

2

+

S

S

H

+

S

S

- e-

S

S

S

+

S

E

H

S

+

H

+

H

S

S

C

+ 2H+

S

+

S

H

+

S

S

S

S

C

S

etc.

Figura 6 Meccanismo di polimerizzazione ossidativa del poli(tiofene)

Nel primo step elettrochimico (E) l’ossidazione del monomero genera il corrispondente radicale catione. Dato che la reazione di trasferimento elettronico avviene più velocemente della diffusione del monomero nel bulk della soluzione, vicino alla superficie dell’elettrodo si ha sempre una elevata concentrazione di radicali. In questo modo è molto facile che due radicali cationi accoppino per dare un diidromero dicatione e per successiva perdita di due protoni e riaromatizzazione ottenere così un ditiofene. Dopo questo step chimico (C), dato che il dimero è più facilmente ossidabile del monomero, si ha subito un secondo step elettrochimico (E) che coinvolge il dimero ed un tiofene. In questo modo si genera un’alternanza di step elettrochimici (E) e chimici (C) che proseguono fino a che viene applicato il potenziale all’elettrodo facendo così crescere la catena, fino a quando l’oligomero non diventa insolubile nel sistema solvente e precipita, auspicabilmente sulla superficie dell’elettrodo. Per questo motivo la scelta del sistema solvente, dell’elettrolita di supporto, del materiale elettrodico ed anche la

13


temperatura sono fattori estremamente importanti nel processo di elettropolimerizzazione. Il sistema solvente deve essere principalmente in grado di garantire un’adeguata solubilità del monomero ed una scarsa solubilità delle catene oligomeriche. Inoltre è stato osservato che è opportuno che il solvente sia aprotico, abbia un’elevata costante dielettrica, in modo da garantire la conducibilità degli ioni nel mezzo elettrolitico, ed anche una buona resistenza elettrochimica ai potenziali richiesti per la polimerizzazione del tiofene (1.2‐1.3 V vs SCE). Inoltre è preferibile che il solvente sia anidro, in quanto sembra che la presenza di tracce di acqua abbia conseguenze deleterie sull’elettropolimerizzazione30,31, sulla coniugazione e di conseguenza sulla conducibilità del polimero32. Alcuni esempi di solventi che permettono elettropolimerizzazioni efficienti sono l’acetonitrile, il benzonitrile ed il nitrobenzene. Per quanto riguarda l’elettrolita di supporto, che fornisce gli anioni necessari per il bilanciamento della carica dovuta alla formazione dei radicali cationi, esso deve possedere anioni che siano inerti dal punto di vista chimico, solubili nel solvente scelto ed avere un’elevata mobilità ionica. Quelli più comunemente usati sono ClO4‐, PF6‐, BF4‐, AsF6‐, associato a contro‐ioni come Li+ o cationi di tetraalchilammonio. Anche il materiale elettrodico ha un’importanza rilevante, in quanto le caratteristiche chimico‐ fisiche della superficie di deposizione influenzano la natura e la forza delle interazioni che permettono l’adesione del film su di essa. Generalmente i poli(tiofeni) crescono bene su metalli nobili, come Pt e Au, su elettrodi otticamente trasparenti, come i vetri ITO, ma possono essere depositati anche su elettrodi di grafite, glassy carbon o acciaio. Finora il materiale più utilizzato per far crescere il film di poli(tiofene) è il platino. Infine anche la temperatura di elettropolimerizzazione ha la sua importanza, dato che questa influisce sulle proprietà ottiche ed elettriche del polimero33,34,35,36. 30

A.J. Downward, D. Pletcher, J. Electroanul. Chem., 1986, 206, 147 A.R. Hillman, E. Mallen, J. Electroanul. Chem., 1988, 243, 403 32 D. Delabouglise, R. Garreau, M. Lemaire, J. Roncali, New J. Chem., 1988, 12, 155 33 J. Roncali, A. Yassar, F. Garnier, J. Chem. Soc., Chem. Comm., 1988, 581 34 A. Yassar, J. Roncali, F. Garnier, Macromolecules, 1989, 22, 804 35 J. Roncali, A. Yassar, F. Garnier, Synth. Met., 1989, 28, C275 36 J. Roncali, A. Yassar, F. Garnier, J. Chim. Phys., 1989, 86, 85 31

14


Paragonando il metodo di polimerizzazione elettrochimico con quello chimico si può concludere che a favore del primo si ha indubbiamente la rapidità di ottenimento del film polimerico (pochi secondi, contro tempi di alcune ore per il secondo), la minore quantità di solventi necessaria, la possibilità di effettuare caratterizzazioni in situ sia della crescita che del polimero stesso. Inoltre con la polimerizzazione elettrochimica è possibile depositare il polimero direttamente sull’elettrodo e questo rappresenta una caratteristica versatile e conveniente per poter dotare una superficie elettrodica di nuove proprietà elettroniche, ottiche, sensoristiche. Si può anche controllare lo spessore del film in crescita sull’elettrodo in base alla carica di deposizione. La polimerizzazione chimica permette, invece, la produzione di grandi quantità di polimero, e ciò rende più semplice la sua purificazione e permette così di eliminare le corte catene oligomeriche, portando così ad un aumento del peso molecolare medio del polimero.

15


LEGANTI TERPIRIDINICI La 2,2’:6’,2”‐Terpiridina è tra gli N‐eterocicli uno di quelli che hanno la maggior affinità verso gli ioni di metalli di transizione, grazie alla retro donazione dπ‐pπ* del metallo sugli anelli piridinici, e per via dell’effetto chelante37,38. I complessi con ioni di metalli di transizione possono coinvolgere una o due terpiridine (Fig. 7) e nella maggior parte dei casi i complessi recanti due leganti terpiridinici assumono geometria ottaedrica39.

Figura 7 Sinistra: 2,2’:6’,6”‐terpiridina non funzionalizzata; Destra: complesso simmetrico di bis‐ terpiridina‐metallo funzionalizzata in 4’

Questi complessi posseggono interessanti proprietà fotofisiche, elettrochimiche e magnetiche40. Inoltre nella maggior parte dei casi il complesso è reversibile, ovvero la terpiridina può uscire dalla sfera di coordinazione, in determinate condizioni, ad esempio variando il pH, la temperatura o per competizione con un legante più forte41. Negli ultimi anni, con l’avvento dei polimeri conduttori, la ricerca si è direzionata anche sullo studio delle terpiridine come sostituenti nei polimeri conduttori in modo da migliorare o in alcuni casi aggiungere proprietà a questi ultimi. In questo campo sono stati sviluppati metallo‐polimeri supramolecolari, dendrimeri e micelle, e la combinazione di questi complessi stabili con molecole biologiche come DNA/RNA, peptidi ed enzimi per svolgere 37

J.‐M. Lehn, Supramolecular Chemistry, Concepts and Perspectives, VCH, Weinheim, Germany 1995 Supramolecular Chemistry: An Introduction, (Ed: F. Vögtle), John Wiley and Sons, New York 1995 39 E. C. Constable, Adv. Inorg. Chem. Radiochem. 1986, 30, 69 40 J. P. Sauvage, J. P. Collin, J. C. Chambron, S. Guillerez, C. Coudret, V. Balzani, F. Barigelletti, L. De Cola, L. Flamigni, Chem. Rev. 1994, 94, 283 41 V. Balzani, A. Credi, F. M. Raymo, J. F. Stoddart, Angew. Chem. Int. Ed. 2000, 39, 3348 38

16


funzioni inibitorie, di marcatura o altro, è risultata molto promettente42,43. Un altro campo che ha mostrato interesse verso questi materiali è quello inerente la costruzione di strutture ordinate su scala molecolare e di altri tipi di superfici44,45. Proprio in quest’ultima tipologia di applicazioni, i complessi terpiridinici stanno acquisendo un ruolo importante nello studio di dispositivi fotovoltaici, fotoluminescenti e sistemi di catalisi elettrodica. I progressi nella sintesi di terpiridine funzionalizzate hanno reso disponibili nuove possibilità per l’inserimento di complessi metallici in sistemi polimerici o su superfici. In particolare viene utilizzata la funzionalizzazione nella posizione 4’, usando ad esempio la 4’‐cloroterpiridina o la 4’‐idrossiterpiridina. (Fig. 8)

Figura 8 Sinistra: 4’‐cloroterpiridina; Destra: 4’‐idrossiterpiridina.

I sistemi terpiridinici si possono trovare in architetture polimeriche che contengono la 2,2’:6’,2”‐terpiridina alle estremità di una molecola che funziona da ponte46 come l’esempio in Figura 9.

Figura 9 Complesso polimerico di bis‐terpiridina‐metallo (cariche ed anioni omesse).

42

A. T. Daniher, J. K. Bashkin, Chem. Commun. 1998, 1077 P. J. Carter, C.‐C. Cheng, H. H. Thorp, J. Am. Chem. Soc. 1998, 120, 632 44 J. P. Spatz, Angew. Chem. Int. Ed. 2002, 41, 3359 45 S. Krämer, R. R. Fuierer, C. B. Gorman, Chem. Rev. 2003, 103, 4367 46 E. C. Constable, Macromol. Symp. 1995, 98, 503 43

17


Si possono ottenere così dei metallo‐polimeri con il metallo che è parte integrante della catena polimerica. Le due terpiridine sono legate attraverso un ponte che può variare per natura e dimensioni. Kimura e i suoi collaboratori hanno dimostrato di poter ottenere una struttura chirale utilizzando un ponte a sua volta chirale come un binaftile47. (Figura 10)

Figura 10 Esempio di metallo polimero chirale.

Gli autori hanno ottenuto un complesso terpiridina‐Fe(II), dimostrando che in questo modo si ottiene un incremento lineare dell’assorbimento UV/vis della banda di trasferimento di carica tra metallo e legante (MLCT). Questo ha suggerito l’utilità di una struttura chirale confrontando questo sistema con un semplice Fe(tpy)2 che è otticamente inattivo. Questo tipo di architetture strutturali sono comunque monodisperse, in cui quella che potrebbe essere definita l’unità monomerica (composta dalle due terpiridine e dal ponte) è sempre la stessa. Si possono invece ottenere anche sistemi polidispersi, utilizzando quindi delle unità che posseggono ponti differenti tra due terpiridine o anche una sola terpiridina ad una estremità, sempre di ponti diversi. Un sistema polidisperso può portare alla formazione di almeno tre varianti sono definite come AA, AB e ABA e rappresentate in Figura 11. 47

M. Kimura, M. Sano, T. Muto, K. Hanabusa, H. Shirai, N. Nobayashi, Macromolecules 1999, 32, 7951

18


Figura 11 Rappresentazione di un sistema metallopolimero a blocchi di tipo AA‐, AB‐ e ABA.

Nel caso ABA il blocco centrale B si presenta come un sistema con due terpiridine alle estremità che potrebbe permettere l’allungamento della catena fino a che il metallo non viene complessato da uno dei blocchi A. Un esempio di blocco B è quello del poli(etilenglicole) con Fe(II)48. Considerando l’omopolimero AA, questo sistema è stato recentemente realizzato usando il poli(etilen‐ossido) funzionalizzato con le terpiridine ed è stato fatto complessare con diversi ioni metallici come Fe(II), Co(II), Zn(II) e Cd(II)49. Questi complessi sono stati studiati per la loro sensibilità al pH: i polimeri “decomplessano” a pH superiori a 13 ed inferiori ad 1, dimostrando così la reversibilità del legame tra terpiridina e ioni metallici presi in esame. Per cercare, invece, di migliorare la planarità del polimero, aumentando così la coniugazione e quindi la conducibilità, El‐Ghayoury e i suoi collaboratori50 hanno pensato di funzionalizzare la terpiridina con un polimero che portasse a sua volta un ossaetano come sostituente. La terpiridina svolge il ruolo di complessante del metallo, mentre l’ossaetano svolge il ruolo di “cross‐linker” attivato da radiazione UV. (Fig. 12)

48

S. Schmatloch, A. van den Berg, A. S. Alexeev, H. Hofmeier, U. S. Schubert, Macromolecules 2003, 36, 9943 B. G. G. Lohmeijer, U. S. Schubert, Macromol. Chem. Phys. 2003, 204, 1072 50 A. El‐Ghayoury, H. Hofmeier, B. de Ruiter, U. S. Schubert, Macromolecules 2003, 36, 3955 49

19


Figura 12 Schema di un sistema polimerico con una parte complessante ed una che funziona da linker intercatena.

Kim e Kim51 hanno riportato la sintesi di tre differenti generazioni di carbosilani che includono quattro, otto e sedici terpiridine nella periferia dendritica. I carbosilani suscitano generalmente interesse per via della loro inerzia chimica e della fluidità ad alto peso molecolare. In questo caso le proprietà sono state aumentate dalla presenza delle terpiridine che sono state fatte complessare con Ru(II) donando così al materiale proprietà fotofisiche specifiche. L’utilizzo della terpiridina funzionalizzata in complessi con Rutenio e, più recentemente, con Europio ha permesso di ottenere sistemi fotoattivi come quelli riportati da Grätzel e collaboratori,52 che hanno sintetizzato un “black‐dye” [NHEt3][RuL(NCS)3] dove L è una terpiridina funzionalizzata. Funzionalizzando, invece, la terpiridina con dei gruppi –COOH sugli anelli esterni e facendola complessare con Eu(III), Coppo et al.53 hanno ottenuto composti luminescenti, le cui proprietà possono essere amplificate utilizzando sistemi detti “antenne”, costituiti da complessi di Iridio che portano dei leganti che possono coordinare anche con l’Europio, come mostrato in Figura 13.

51

C. Kim, H. Kim, J. Organomet. Chem. 2003, 673, 77 M. K. Nazeeruddin, P. Pechy, M. Grätzel, Chem. Commun. 1997, 1705 53 P. Coppo, M. Duati, V. N. Kozhevnikov, J. W. Hofstraat, L. De Cola, Angew. Chem. Int. Ed. 2005, 44, 1806 52

20


Figura 13 Complesso terpiridinico con Eu(III) con “antenne” di Ir(III).

21


TRASPORTATORI DI CARICA E BAND­GAP Generalmente un polimero, nella sua definizione più classica, non conduce elettricità dato che gli elettroni non sono liberi di muoversi in tutto il campione, a differenza di ciò che succede nei metalli. Heeger, MacDiarmid, e Shirakawa hanno dimostrato che nelle catene polimeriche i fenomeni di doping chimico ed elettrochimico possono introdurre o rimuovere elettroni extra, determinando così la possibilità di realizzare un trasporto di carica. Come conseguenza in un polimero la conducibilità può essere incrementata anche di oltre 10 ordini di grandezza in seguito ad un processo di doping. La conduzione elettronica nello strato dopato dei polimeri conduttori è permessa dal movimento di trasportatori di carica, che vengono detti polaroni e bipolaroni. Attenendosi alla “teoria delle bande” il legame tra gli atomi è dovuto alla sovrapposizione degli orbitali atomici (AO), che danno così origine agli orbitali molecolari (MO). Quindi, quando due atomi si legano fra loro, si ha la formazione di due MO, uno completamente occupato e detto di legame, ed uno vuoto detto di antilegame. Dovendo ampliare questo concetto per un sistema formato da N atomi, avremo la formazione di N orbitali molecolari con energie tali da permetterci di ignorare la discretizzazione dei livelli energetici e considerare quindi un’unica banda di energia. Possiamo così definire l’energia della banda di valenza (VB) come l’energia tipica del più alto livello energetico elettronico occupato, mentre viceversa l’energia della banda di conduzione (CB) è l’energia tipica del più basso livello energetico elettronico non occupato. La differenza tra CB e VB viene definita band‐gap (Eg) e determina le proprietà intrinseche del materiale. Solo in presenza di carrier carichi e dotati di energie prossime a quella di VB si può avere un contributo alla conducibilità elettronica, in questi casi, per modesta somministrazione di energia, gli elettroni vengono promossi ai livelli energeticamente vuoti che sono tipici della banda di conduzione. A differenza dei conduttori metallici, che possiedono bande di valenza semioccupate o hanno una sovrapposizione tra VB e CB marcata, i semiconduttori hanno un band‐gap apprezzabile, e ancor di più gli isolanti. Quindi l’entità del band‐gap è fondamentale per la promozione elettronica a partire dalla VB e generare carrier 22


con un’adeguata mobilità verso la CB. Generalmente i semiconduttori posseggono band‐gap intermedi tra 0 e 4 eV ed i valori tipici dei polimeri conduttori sono compresi nel range tra 1 e 3 eV, trovandosi in accordo con le proprietà generali dei semiconduttori. Quando si cerca di ossidare un polimero conduttore un elettrone viene rimosso dalla VB, lasciando in essa un elettrone spaiato ed una carica positiva, generando così quello che viene definito polarone (Fig. 13). Questo possiede una certa mobilità e può “spostarsi” facilmente lungo la catena polimerica. Il polarone genera in questo modo due livelli energetici nel band‐gap: di questi quello a minore energia viene detto SOMO (Singly Occupied Molecular Orbital). (Fig. 15) Nella Figura 14 si può notare che nel polarone si possono riconoscere due domini: uno benzenoide (B), energeticamente più stabile, ed uno chinoide (Q). Se una fase Q ha un lunghezza infinita, possiede un’energia di gran lunga superiore a quella della fase B, generando una differenza di energia tale da risultare sfavorita. E’ invece favorita la situazione che prevede una fase Q di lunghezza finita compresa tra due fasi B. S S

S S

S S

S S

S

- e-

S S

S S

S S

S S

S

Q

B

B - e-

S S

S S

S S

S S

S

Figura 14 Schema della formazione del polarone e del bipolarone in un frammento di politiofene. B = fase benzenoide; Q = fase chinoide.

23


Figura 15 Schema della struttura elettronica di un polimero conduttore in base al suo livello di doping.

Se si applicano potenziali maggiori è possibile arrivare ad allontanare un secondo elettrone ed il polimero assume così uno stato diionico stabile che viene definito bipolarone (Fig. 14). Quello che avviene nel polimero è che all’aumentare del livello di doping aumenta anche la quantità totale di fase Q e di conseguenza il numero di polaroni. In questo modo si ottiene la “fusione” di due polaroni, che generano così un bipolarone per diminuire la quantità di fase Q energeticamente meno stabile. In definitiva il solitone è il trasportatore di carica relativo ai CP con stato fondamentale degenere, mentre polaroni e bipolaroni sono relativi ai CP con stato fondamentale non degenere54. L’estensione spaziale del polarone è stata calcolata per diversi polimeri coniugati e nel caso del politiofene corrisponde a 5 unità monomeriche55 come mostrato in figura 13.

54

Handbook of Oligo‐ and Polythiophenes, K. Müllen, G. Wegner, S. Roth, Wiley, 1999, Pag. 46

55

Handbook of Oligo‐ and Polythiophenes, K. Müllen, G. Wegner, S. Roth, Wiley, 1999, Pag. 295

24


DOPING LEVEL Finora si è solo nominato, ma non si è detto cosa sia il doping level. Il livello di doping, che riguarda l’interazione dopante‐polimero, indica il numero di contro ioni incorporati nel polimero durante il processo di doping per unità monometrica. Dato che il numero di contro ioni è equivalente al numero di cariche positive presenti nel polimero, il doping level (x) può anche essere usato per esprimere lo stato di ossidazione del polimero. Poiché ad un aumento del livello di doping corrisponde un aumento dei trasportatori di carica e di conseguenza un aumento della conducibilità, se ne deduce che a livelli di doping maggiori corrispondono valori di conducibilità maggiori56,57. La stabilizzazione del polarone dipende dal carattere elettron‐attrattore o elettron‐donatore dei sostituenti sulle catene, per questo ci si aspetta che doping level sia in qualche modo influenzato dalla natura dei sostituenti. Si può infatti trovare una relazione lineare tra il massimo livello di n‐doping ed il valore della costante di Hammet (σ), che si riferisce al sostituente ed esprime la misura del carattere elettron‐ attrattore58: un maggior carattere elettron‐attrattore è in grado di stabilizzare lo stato ridotto corrispondente all’n‐doping. Si riscontra, però, la mancanza della stessa relazione per quanto riguarda lo stato p‐dopato del polimero, e questo suggerisce che nella sua stabilizzazione si attivo un meccanismo differente dalla natura dei sostituenti. Si nota una scarsa partecipazione da parte degli atomi di zolfo dell’anello tiofenico alla delocalizzazione degli elettroni π59 quindi, successivamente all’ossidazione del sistema π, gli atomi di zolfo possono stabilizzare lo stato p‐dopato tramite donazione elettronica in quanto elettron‐ ricchi. Dato che la carica positiva del backbone polimerico è delocalizzata per via della donazione dell’atomo di zolfo, il massimo livello di doping è quindi indipendente dalla natura del sostituente e non si osserva nessuna correlazione

56

G. Tourillon, F. Garnier, J. Phys. Chem., 1983, 87, 2289

57

Y. Harima, Y. Kunugi, K. Yamashita,M. Shiotani, Chemical Physics Lett., 2000, 317, 310

58

Y. Gofer, J.G. Killian, H. Sarker, T.O. Poehler, P.C. Searson, J. Electroanal.Chem., 1998, 443, 103

59

Y. Gofer, J.G. Killian, H. Sarker, T.O. Poehler, P.C. Searson, J. Electroanal.Chem., 1998, 443, 103

25


con i valori della costante di Hammet. Per determinare il livello di doping (x) da dati elettrochimici sono riportati in letteratura due metodi: 1) x = QM/FW60 dove Q: media della carica di doping e de‐doping; M: peso molecolare di un anello tiofenico; F: costante di Farady; W: peso del polimero. 2) x = QCV/Qdep‐QCV61 dove QCV: carica ottenuta per integrazione del picco p‐ o n‐doping nel voltammogramma; Qdep: carica passata durante il processo di elettrodeposizione, che coinvolge 2 e‐ per unità monomerica.

60 61

Y. Harima, Y. Kunugi, K. Yamashita,M. Shiotani, Chemical Physics Lett., 2000, 317, 310 P. Soudan, P. Lucas, L. Breau, D. Bèlanger, Langmuir, 2000, 16, 4362

26


METALLOPOLIMERI Negli ultimi anni si è sviluppato un notevole interesse verso una nuova classe di polimeri redox, i metallo polimeri conduttivi. Questo tipo di polimeri non sono altro che un ibrido tra le due classi primitive di polimeri conduttivi, ovvero sono coniugati, di matrice completamente organica e saturi, ma contengono anche dei “pendagli” costituiti da complessi di metalli di transizione. Di conseguenza ne risultano ibride anche le proprietà, in quanto la conducibilità elettronica tipica dei polimeri conduttivi si fonde con le proprietà elettroniche, ottiche e catalitiche proprie dei complessi di metalli di transizione. Questi ultimi possono essere inseriti nel polimero per via diretta o per via indiretta, ma in entrambi i casi si ha un’interazione elettronica tra il centro metallico ed il backbone polimerico. Proprio queste caratteristiche ibride sono il fulcro dell’interesse rivolto verso questi materiali, in quanto possono contribuire ad un miglioramento nel campo della nano elettronica, dell’elettrocatalisi, della sensoristica e dei dispositivi ottici. Da non sottovalutare anche le potenzialità del metodo di sintesi di tali metallopolimeri, ottenuti per via elettrochimica, che permette di depositarli direttamente su di una superficie elettrodica potendo così modificare ancor di più le proprietà andando a variare la morfologia o anche il metallo di transizione utilizzato.

27


CAPITOLO 2 Materiali e Metodi Tecniche elettroanalitiche

Voltammetria Ciclica

Lo studio di polimeri conduttori e metallo polimeri nei quali la polimerizzazione avviene mediante fenomeni redox può essere svolto attraverso tecniche voltammetriche, ovvero metodi elettroanalitici potenziodinamici all’interfase basati sulla valutazione della corrente che fluisce su di un elettrodo lavorante immerso in una soluzione contenente specie elettroattive, in funzione del potenziale ad esso applicato. Le condizioni operative che vengono comunemente usate fanno sì che il trasporto della specie elettroattiva verso l’elettrodo avvenga esclusivamente per via diffusiva. Infatti dopo il processo di scarica la soluzione in prossimità della superficie dell’elettrodo diviene sempre più concentrata in specie elettroattiva rispetto al resto della soluzione e tale gradiente richiama spontaneamente altro analita dal bulk della soluzione verso l’elettrodo. La velocità di diffusione è direttamente proporzionale al gradiente di concentrazione della specie che diffonde (Ia legge di Fick), nell’ipotesi che la specie elettroattiva diffonda solo ortogonalmente alla superficie dell’elettrodo, che viene considerata piana ed infinitamente estesa (diffusione lineare semiinfinita). Il trasporto di materia verso l’elettrodo può avvenire, solo oltre che per diffusione, mediante altre due vie: a) convezione, indipendente dal processo di scarica, dovuta ad agitazione della soluzione, differenze di densità o di temperatura che possono causare la generazione di flussi spontanei per ripristinare l’equilibrio; b) migrazione, dovuta alla forza di attrazione del campo elettrico generato dall’elettrodo nei confronti degli ioni di carica opposta presenti 28


in soluzione. Una trattazione matematica che tenga in considerazione tutti e tre i metodi di trasporto della specie elettroattiva in una reazione elettrodica è troppo complessa, e per questo motivo in genere si tenta di minimizzare sia il contributo della migrazione che quello della convezione. La minimizzazione del trasporto di materia per migrazione avviene per aggiunta alla soluzione di adeguate quantità di un opportuno elettrolita di supporto che viene aggiunto alla soluzione in concentrazione da 100 a 1000 volte superiore a quella dell’analita; gli elettroliti di supporto sono chimicamente inerti e posseggono anche una elevata conducibilità ed un alto potenziale di scarica. Quando il circuito viene chiuso tali ioni migrano verso l’elettrodo schermandolo con l’accumulo degli ioni di carica opposta al campo elettrico: in questo modo le specie elettroattive dell’analita si muovono in direzione dell’elettrodo non più per influenza elettrostatica, ma solo per gradiente di concentrazione. Il contributo convettivo invece si può arginare lavorando con soluzioni quiescenti e termostatate. Grazie a questi accorgimenti si può descrivere il fenomeno risolvendo correttamente i soli sistemi di equazioni differenziali che tengono conto del solo trasporto diffusivo della materia. Gli elettroliti di supporto utilizzati con solventi polari sono costituiti da sali inorganici come NaClO4 e NaBF4, mentre con solventi poco polari si utilizzano sali di tetraalchilammonio come TEAPF6 e TBAPF6; i solventi che si utilizzano sono CH2Cl2, CH3CN e DMF. Il sistema solvente‐elettrolita di supporto viene scelto in base alla finestra cato‐anodica di potenziali che è in grado di fornire. Gli elettrodi di lavoro comunemente utilizzati sono di Pt, Au e suoi amalgami con Hg, carbonio vetroso e a volte altri metalli di transizione o leghe, di qualche mm di diametro. Il valore di potenziale applicato all’elettrodo di lavoro viene controllato tramite un potenziostato, dove l’elettrodo di lavoro è cortocircuitato sia con un elettrodo di riferimento (solitamente a calomelano saturo o ad Ag/AgCl), in un circuito potenziometrico in cui si ha il passaggio di un quantitativo esiguo di corrente, sia con un contro elettrodo (grafite, Pt, Hg) in un circuito amperometrico in cui fluisce la quasi totalità della corrente generata dall’esperimento. In voltammetria ciclica l’andamento del potenziale applicato all’elettrodo lavorante in funzione del tempo è descritto da un diagramma triangolare E/t (fig. 16a), in modo da indurre prima la riduzione e poi l’ossidazione della specie elettroattiva (o viceversa). Il 29


potenziale, partendo da valori in cui non si ha il passaggio di corrente faradica, viene variato fino a raggiungere il potenziale di scarica; una volta superato questo punto la polarità di scansione viene invertita lasciando generalmente invariato il modulo. In questo modo l’elettrodo lavorante viene utilizzato inizialmente come anodo e, con l’inversione di polarità, come catodo. Il responso ottenuto è, quindi, una curva corrente/tensione (fig. 16b) caratteristica per ogni specie, la cui morfologia e conseguente alla natura delle reazioni redox avvenute sull’elettrodo di lavoro a carico delle specie elettroattive presenti in soluzione.

Figura 16 (a): Diagramma del potenziale applicato in un esperimento di voltammetria ciclica; (b): Tipico andamento della corrente in funzione del potenziale applicato in un responso di voltammetria ciclica.

Dalla figura 15b, che rappresenta un tipico voltammogramma, si può osservare che nel momento in cui il potenziale applicato è sufficiente per far avvenire il processo faradico, la corrente cresce velocemente, passando per un massimo (Epf), e successivamente decresce. Se la reazione di elettrogenerazione risulta essere elettrochimicamente reversibile, quando si ha l’inversione del verso della scansione di potenziale, si osserva un picco di ritorno (potenziale Epb), con una corrispondente corrente di segno opposto, che diventa meno alto allontanandosi da quello di andata e, nel caso di completa irreversibilità, tende a scomparire. La corrente di picco (iP), per un trasferimento di carica reversibile non soggetto a reazioni collaterali, è data dalla relazione: iP=(2.69∙108)n3/2AD1/2ν1/2Cb dove: A: area della superficie elettrodica; n: numero di elettroni scambiati nel processo redox; D: coefficiente di diffusione della specie elettroattiva; 30


ν: velocità di scansione del potenziale Cb: concentrazione nel bulk della soluzione della specie in esame. Questa relazione stabilisce una importante informazione di tipo quantitativo ai fini analitici in quanto definisce che la corrente di picco (iP) è direttamente proporzionale alla concentrazione di specie elettroattiva nel bulk della soluzione (Cb). Le informazioni sono, quindi, ricavabili dal responso voltammetrico, ovvero dalla curva corrente‐tensione. Per prima cosa si può conoscere il grado di reversibilità del processo redox subito dall’analita e la sua elettronicità, nei casi più fortunati si può anche riuscire ad ottenere il potenziale formale della coppia redox. I parametri più spesso valutati sono: ΔEp: differenza tra il potenziale di picco di andata e di ritorno. Per un processo reversibile ΔEp=59.1/n mV e, dato che n rappresenta il numero di elettroni scambiati, si possono trarre informazioni sull’elettronicità del processo. ipb/ipf: rapporto tra le correnti di picco di ritorno e di andata. Per un processo reversibile 0.95< ipb/ipf<1 mentre nel caso di un processo quasi reversibile si ha 0.75< ipb/ipf<0.95. Ep1/2: semisomma dei potenziali di andata e di ritorno (Epf + Epb)/2. Questo parametro è direttamente correlabile con il potenziale formale della coppia redox in esame: Ep1/2 = E°’ + (0.059/n)log(Dr/Do)1/2 dove: Dr e Do sono i coefficienti di diffusione della specie ridotta e ossidata. Per sistemi reversibili Dr = Do e quindi E°’ = Ep1/2. Ecco, quindi, che la voltammetria ciclica si mostra un importante mezzo analitico per poter distinguere processi in cui il trasferimento elettronico è reversibile da processi in cui è irreversibile. Inoltre, in questo secondo caso, è possibile verificare se l’irreversibilità è causata dal processo di trasferimento elettronico o se è dovuta a reazioni collaterali che consumano la specie elettroattiva impedendole di partecipare alla reazione inversa, dato che in quest’ultimo caso

31


aumentando la velocità di scansione del potenziale è possibile “battere” sul tempo l’eventuale reazione chimica concomitante. Nel nostro caso la voltammetria ciclica ci dà la possibilità di elettrogenerare il partner redox di una specie attiva e ci consente anche di monitorarlo istantaneamente con la semplice inversione del senso di scansione del potenziale. Ad esempio, nel caso di monomeri ed oligomeri in soluzione, è possibile generare il radicale catione ed osservarne immediatamente la sua reattività nella scansione di ritorno successiva: infatti, la presenza di un picco associato sarà indice della formazione di un radicale catione stabile, viceversa l’assenza di tale picco implica che il catione abbia reagito nel lasso di tempo intercorso dalla sua formazione. Oltre quelle già descritte, da questa tecnica si possono ottenere ulteriori informazioni riguardanti la definizione delle caratteristiche del film polimerico depositato sulla superficie elettrodica, come la sua elettroattività a dare materiali conduttivi p‐ (o n‐) dopati, la possibilità di stimare il band‐gap, verificare la formazione di polaroni, accertare la stabilità del film polimerico quando sottoposto a cicli ripetuti di carica‐scarica, ed infine stimare la sua conducibilità.

Cronoamperometria

La cronoamperometria è la più semplice delle tecniche elettroanalitiche all’interfase. All’elettrodo lavorante immerso in una soluzione quiescente, termostatata e contenente un elettrolita di supporto (dunque anch’essa in esclusivo regime diffusivo) si applica un potenziale al quale non avviene nessun processo faradico e, ad un istante definito come zero, si applica uno step di potenziale tale da raggiungere il valore di scarica che viene mantenuto per tutta la durata dell’analisi. Si tratta dunque di una tecnica di tipo potenziostatico. L’andamento della corrente viene registrato in funzione del tempo in risposta all’applicazione del potenziale di scarica per un intervallo di tempo stabilito dall’operatore, durante il quale nel grafico corrente/tempo si può osservare il decadimento cronoamperometrico descritto dalla legge di Cottrell: i(t) = nFAD01/2Cbπ­1/2t­1/2 32


dove: n: numero di elettroni scambiati; F: costante di Faraday; A: area della superficie elettrodica; D0: coefficiente di diffusione; Cb: concentrazione nel bulk della soluzione della specie in esame. Anche in cronoamperometria si ha quindi una relazione di proporzionalità della corrente rispetto alla concentrazione dell’analita nel corpo della soluzione, come nel caso della voltammetria, ma a differenza di quest’ultima l’andamento della corrente dipende dal tempo di applicazione del potenziale di scarica, che è il responsabile ultimo del tipico decadimento cronoamperometrico. Infatti dopo un certo periodo di tempo in cui l’elettrodo lavorante è polarizzato al potenziale di scarica, la regione di soluzione prossima all’elettrodo si impoverisce sempre di più della specie elettroattiva e questa dovrà diffondere da distanze sempre maggiori per poter arrivare all’elettrodo. Questo comportamento farà diminuire la velocità con cui la specie elettroattiva arriva e viene consumata all’elettrodo, determinando così un andamento asintotico. Tale metodo si presta, quindi, alla deposizione di film polimerici generalmente più stabili di quelli ottenibili con la voltammetria ciclica, in quanto il potenziale applicato è esclusivamente quello a cui avviene il processo redox responsabile della polimerizzazione, evitando valori di potenziale ai quali possono avvenire altri processi collaterali.

33


Procedura operativa negli esperimenti di voltammetria ciclica e cronoamperometria

Viene preparata una soluzione 0.1 M dell’elettrolita di supporto, tetraetilammonio esafluorofosfato (TEAPF6): l’elettrolita viene introdotto in un pallone da 50 ml dotato di rubinetto laterale per il degasaggio, e il solvente (CH2Cl2 o CH3CN) viene aggiunto prelevandolo sotto atmosfera inerte. La soluzione viene successivamente trasferita nella cella elettrochimica, che è stata preventivamente fatta asciugare in stufa a 100 °C e fatta raffreddare in flusso di gas inerte. Gli elettrodi utilizzati per le caratterizzazioni elettrochimiche sono: un disco di Pt come elettrodo di lavoro, una barretta di grafite come controelettrodo ed un elettrodo Ag/AgCl come riferimento. Una volta disposti gli elettrodi nella cella, in questa viene fatto gorgogliare Ar anidro per circa 15 minuti e viene registrato il voltammogramma del sistema solvente (fondo). Le dimensioni della finestra catoanodica variano in funzione del solvente utilizzato, ma sono generalmente comprese tra ‐2 V e +2 V. Il diagramma del fondo è ritenuto accettabile solo in assenza di responsi catoanodici che abbiano corrente di picco superiori a 10σ rispetto alla linea di base. Una volta acquisito il fondo si aggiunge l’analita nella concetrazione desiderata, la soluzione viene degasata con Ar per altri 15 minuti, e si effettuano gli esperimenti voltammetrici e cronoamperometrici, mantenendo all’interno della cella un’atmosfera inerte grazie al battente di Ar. La caratterizzazione voltammetrica del film polimerico elettroformato è stata effettuata in una soluzione fresca di CH3CN/TEAPF6 priva di monomero, dopo aver sciacquato gli elettrodi con acetone a basso contenuto di acqua. Al termine di ogni esperimento l’elettrodo lavorante è stato pulito accuratamente con allumina ed in bagno ad ultrasuoni. Nelle caratterizzazioni elettrochimiche è stata usata una cella in vetro a bicchiere dotata di un sistema di degasaggio, di agitatore magnetico e di tre coni dove alloggiare gli elettrodi, schematizzata in figura 17. ‐ WE: disco di Pt di 2‐3mm; 34


‐ RE: Ag/AgCl; ‐ CE: barretta di grafite.

Ar

Ar

RE CE WE

Figura 17 Cella elettrochimica in vetro.

35


STRUMENTAZIONE, APPARECCHIATURE E REAGENTI

Strumentazione e apparecchiature

Tutte le caratterizzazioni elettrochimiche sono state effettuate su sistema computerizzato AUTOLAB PGSTAT 12 (EcoChemie, The Netherlands) usando il software di gestione GPES (v. 4.9.004). Gli spettri di risonanza magnetica nucleare (1H NMR) sono stati registrati con uno spettrometro Varian VXR 300 operante a 300 MHz in soluzione di CDCl3, CD2Cl2 o DMSO, usando (CH3)4Si o il segnale residuo del solvente come standard interno. La registrazione degli spettri UV‐Vis è stata effettuata con uno spettrofotometro Hitachi U‐2010, mentre gli spettri IR sono stati registrati con uno spettrofotometro JASCO FT/IR‐480 Plus con pastiglie di KBr nell’intervallo 4000‐ 400 cm‐1. Il punto di fusione è stato registrato tramite un apparecchio BÜCHI 530. Le analisi elementari sono state effettuate con analizzatore Perkin Elmer 240B. Le separazioni cromatografiche sono state eseguite su colonna mediante cromatografia flash con metodologie e strumentazioni descritte da Still.

Reagenti

I reagenti impiegati per la sintesi (Aldrich, Riedel‐deHaën, Fluka), esclusi i casi in cui è specificato, sono stati utilizzati tal quali senza ulteriori purificazioni. Le separazioni cromatografiche sono state effettuate utilizzando come fase stazionaria gel di silice (Merck 60 di granulometria 230‐400 mesh ASTM) o Al2O3 (Fluka, Brockmann activity II, basic pH 10±0.5). Le fasi mobili sono solventi Aldrich. L’elettrolita di supporto, tetraetilammonio esafluorofosfato (TEAPF6) (Fluka, puriss. electrochemical grade) è stato conservato in essiccatore da vuoto.

36


I solventi per i test elettrochimici (CH3CN e CH2Cl2 (Aldrich), <0.0050% di H2O, conservati sotto Ar), sono stati utilizzati tal quali prelevandoli dalla bottiglia con setto in teflon perforabile mediante aspirazione con siringa.

37


CAPITOLO 3 Sintesi del Monomero Sintesi del 3’­bromo­2,2’:5’,2”­tertiofene

La via sintetica è un adattamento di quanto riportato nei lavori di Collins62 e Gronovitz63. In un pallone a due colli da 50 ml, dotato di agitatore magnetico, sotto atmosfera inerte di Ar, è stata preparata una soluzione di 2,3,5‐tribromotiofene ((1), 0.2061 ml, 1.56·10‐3 mol, 0.5000 g) e (PPh3)4Pd (0.1081 g, 9.56·10‐5 mol) in 1,2‐ dimetossietano (15 ml). Dopo circa 10 minuti, sotto vigorosa agitazione sono stati aggiunti acido 2‐ tiofenboronico (0.3988 g, 3.12·10‐3 mol) e 5.5 ml di una soluzione 1 M di NaHCO3 (in rapporto molare acido:bicarbonato di 1:3.5). La miscela è stata riscaldata a riflusso e mantenuta sotto agitazione in atmosfera inerte per 2h. La miscela di reazione è stata quindi raffreddata a temperatura ambiente e il solvente è stato evaporato sotto vuoto; al residuo sono stati aggiunti 15 ml di H2O 62

G.E. Collins, A.K. Burrel, D.L. Officer, Tetrahedron Lett., 2001, 42, 8733

63

S. Gronovitz, D. Peters, Heterocycles, 1990, 30, 645

38


e la fase organica è stata estratta con Et2O (3 x 30ml), lavata con H2O (90 ml) e successivamente con una soluzione satura di NaCl (90 ml), quindi anidrificata su MgSO4, filtrata su carta ed infine evaporata a secchezza. Il residuo (0.3197 g) così ottenuto è stato purificato mediante cromatografia su colonna (fase stazionaria gel di silice; fase mobile etere di petrolio), ottenendo 0.1246 g di un olio verde ((2)). 1H NMR (CD Cl , ppm) : δ =7.48 (dd, 1H, 3.8, 1.2 Hz, H‐3 o H‐3”), 7.43 (dd, 1H, 5.1, 2 2 H

1.2 Hz H‐5 o H‐5”), 7.34 (dd, 1H, 5,1, 1.2 Hz, H‐5 o H‐5”), 7.25 (dd, 1H, 3.6, 1.2 Hz, H‐3 o H‐3”), 7.14 (dd, 1H, 5.1, 3.8 Hz, H‐4 o H‐4”), 7.15 (s, 1H, H‐4’), 7.08 (dd, 1H, 5.1, 3.6 Hz, H‐4 o H‐4”). Analisi elementare: calcolato per C12H7BrS3: C, 44.04; H, 2.16; trovato: C, 45.65; H, 2.32.

39


Sintesi del 3’­(3­idrossi­metilbut­1­inile)­2,2’:5’,2”­tertiofene

La via sintetica è quella suggerita dal lavoro di Shin64. In un pallone a due colli da 15 ml munito di agitatore magnetico e refrigerante a bolle è stata preparata, in atmosfera di argon, la miscela di 3’‐bromo‐2,2’:5’,2”‐ tertiofene ((2), 0.2311 g, 7.07·10‐4 mol), Pd(dppf)Cl2 (0.0057 g, 7.07·10‐6 mol) e CuI (0.0042 g, 2.12·10‐5 mol) in diisopropilammina (5 ml), alla quale è stato aggiunto il 2‐metilbut‐3‐inile‐2‐olo (0.076 ml, 7.85·10‐4 mol, 0.0663 g). La miscela di reazione viene portata alla temperatura di riflusso e il colore, inizialmente verde, diventa scuro. Trascorse 23 ore si verifica l’avvenuta scomparsa del substrato 2 attraverso TLC. La miscela di reazione viene riportata a temperatura ambiente e vengono aggiunti 25 ml di CH2Cl2; la soluzione risultante viene lavata con una soluzione satura di NaHCO3 (25 ml) e H2O (25 ml), anidrificata con MgSO4, filtrata su carta e quindi evaporata a secchezza fino all’ottenimento di 0.3080 g di un olio marroncino. Il prodotto grezzo viene purificato tramite cromatografia su colonna (fase stazionaria gel di silice; fase mobile esano/acetato di etile 5:1), ottenendo 0.2181 g di olio giallo ((3) 6.60·10‐4mol, resa 93%). 64

S. C. Shin, D. H. Kim, B. S. Kang, J. Chem. Soc., Dal ton Trans., 1998, 1893

40


1H NMR (CD Cl , ppm) : δ =7.50 (dd, 1H, J 3.8, J 1.2 Hz, H‐3), 7.38 (dd, 1H, J 2 2 H 3,4 3,5 4,5

5.1, J3,5 1.2 Hz H‐5), 7.31 (dd, 1H, J4”,5” 5.1, J3”,5” 1.2 Hz, H‐5”), 7.23 (dd, 1H, J3”,4” 3.6, J3”,5” 1.2 Hz, H‐3”), 7.14 (s, 1H, H‐4’), 7.10 (dd, 1H, J4,5 5.2, J3,4 3.8 Hz, H‐4) parzialmente sovrapposto, 7.07 (dd, 1H, J4”,5” 5.1, J3”,4” 3.6 Hz, H‐4”) parzialmente sovrapposto, 2.28 (s, 1H, OH), 1.68 (s, 6H, CH3). Analisi elementare: calcolato per C17H14OS3: C, 61.78; H, 4.27; trovato: C, 61.65; H, 4.26.

41


Sintesi del 3’­etinil­2,2’:5’,2”­tertiofene (ET)

La procedura sintetica è un adattamento del lavoro di Rodrìguez65. In un pallone a due colli da 25 ml munito di agitatore magnetico e condensatore di riflusso, alla soluzione di 3’‐(3‐idrossi‐3‐metilbut‐1‐inile)‐2,2’:5’,2”‐tertiofene ((3), 0.1810 g, 5.77·10‐4 mol) preparata sotto atmosfera inerte in toluene/metanolo 1:1 (preventivamente deossigenati) si aggiunge NaOH in pastiglie in leggero eccesso. La miscela di reazione viene lasciata a riflusso per 22 h, sino a scomparsa del substrato (3) e formazione del prodotto (4), monitorata attraverso cromatografia su strato sottile. La soluzione viene quindi riportata a temperatura ambiente, il solvente evaporato sotto vuoto e il residuo elaborato seguendo il procedimento descritto nel lavoro di Shin76: si aggiungono 50 ml di H2O e la fase organica viene estratta 3 volte con CH2Cl2 (150 ml), l’estratto organico lavato con una soluzione satura di NH4Cl (200 ml), anidrificato su MgSO4, filtrato su carta ed infine evaporato a secchezza fino ad ottenere 0.1492 g di un olio giallo scuro (4) (5.47·10‐4mol, resa 95%). 1H NMR (CD Cl , ppm) : δ = 7.6 (dd, 1H, J 3.7, J 1.2 Hz, H‐3), 7.4 (dd, 1H, J 2 2 H 3,4 3,5 4,5

5.1, J3,5 1.2 Hz H‐5), 7.33 (dd, 1H, J4”,5” 5.1, J3”,5” 1.1 Hz, H‐5”), 7.25 (dd, 1H, J3”,4” 3.6, 65

J.‐G. Rodrìguez, S. Pleite, J. Org. Chem. , 2001, 637‐639, 230

42


J3”,5” 1.1 Hz, H‐3”), 7.19 (s, 1H, H‐4’), 7.12 (dd, 1H, J4,5 5.1, J3,4 3.7 Hz, H‐4) parzialmente sovrapposto, 7.07 (dd, 1H, J4”,5” 5.1, J3”,4” 3.6 Hz, H‐4”) parzialmente sovrapposto, 3.49 (s, 1H, H‐4’). Analisi elementare: calcolato per C14H8S3: C, 61.73; H, 2.97; trovato: C, 62.82; H, 3.39.

43


Sintesi della 4'­cloro­[2,2':6',2''­terpiridina] 1,1''­diossido (Terpy­N­Ox)

In un pallone da 50 ml, dotato di agitatore magnetico, alla soluzione di 4'‐cloro‐2,2':6',2''‐terpiridina ((5) 0.2000 g, 7.47・10‐4 mol) in CH2Cl2 (15 ml) viene aggiunta una soluzione di acido 3‐Cloroperbenzoico al 77% (0.5500 g, 2.45・10‐3) in CH2Cl2 (15 ml). La miscela di reazione, limpida e di colore giallo paglierino, viene fatta reagire a temperatura ambiente per 18‐20 h. La soluzione viene quindi lavata con una soluzione di Na2CO3 al 5%. La fase organica viene anidrificata con MgSO4, filtrata su cotone ed evaporata fino a secchezza. Il residuo viene lavato con acetone e filtrato sottovuoto. Si ottengono così 0.1670 g di un solido biancastro ((6) 5.57・10‐4 mol, resa 74.5%). 1H NMR (CDCl , ppm) : δ = 9.05 (s, 2H, H e H ), 8.34 (d, 2H, J 6.3 Hz, H e H ), 3 H 3’ 5’ 6 6”

8.20 (dd, 2H, J 2.5 Hz e 7.92 Hz, H3 e H3”), 7.40‐7.29 (m, 4H, H4, H5, H4” e H5”). Analisi elementare: calcolato per C15H10N3O2Cl: C, 60.21; H, 3.35; trovato: C, 59.89; H, 3.17.

44


Tentativo di sintesi della 4'­cloro­[2,2':6',2''­terpiridina]­6,6”­ dicarbonitrile (CN­Terpy)

Ad una soluzione di 4’‐cloro‐(2,2’:6’,2”‐terpiridina)‐1,1”‐diossido ((6) 0.1007 g, 3.34∙10‐4 mol) e KCN (0.13 g, 2∙10‐3 mol) in 5 ml di H2O si aggiunge cloruro di benzoile (124 μl, 1.06∙10‐3 mol). La sospensione così ottenuta viene lasciata reagire per 2h, verificando la scomparsa del cloruro di benzoile tramite TLC (fase mobile: Etere di Petrolio/Acetone 7:3; fase stazionaria: silice). La miscela di reazione viene quindi filtrata sottovuoto. Lo spettro 1H NMR del solido bianco ottenuto indica che il prodotto desiderato (7) non si è formato, ma sono presenti i segnali dei reagenti.

45


Sintesi della 4'­cloro­[2,2':6',2''­terpiridina]­6,6”­dicarbonitrile (CN­Terpy)

Ad una soluzione di 4’‐cloro‐[2,2’:6’,2”‐terpiridina]‐1,1”‐diossido ((6) 0.1354 g, 4.50∙10‐4 mol) in CH2Cl2 (10 ml) viene aggiunto Me3SiCN (600 μl, 4.50∙10‐3 mol) e cloruro di benzoile (208 μl, 1.8∙10‐3 mol). La soluzione, inizialmente torbida, diventa limpida e di colore giallo chiaro dopo l’aggiunta di benzoilcloruro. Dopo circa 20 ore di reazione a temperatura ambiente, la soluzione viene lavata con una soluzione di K2CO3 al 10%. Le acque vengono poi lavate con CHCl3 e la miscela CH2Cl2/CHCl3 viene evaporata fino a secchezza. Il solido viene ripreso con CH3CN freddo e filtrato sotto vuoto. Si ottengono così 0.1162 g di un solido bianco ((7) 3.63∙10‐4, resa 81%). 1H NMR (CDCl , ppm): δ = 8.78 (dd, 2H, J 1.07 Hz e 8.19 Hz, H e H ), 8.57 (s, 2H, 3 3 3”

H3’ e H5’), 8.02 (t, 2H, J 7.65 Hz, H4 e H4”), 7.77 (dd, 2H, J 1.21 Hz e 7.52 Hz, H5 e H5”). IR (KBr, cm‐1): 2242 w (stretching C≡N) Analisi elementare: calcolato per C17H8N5Cl: C, 64.38; H, 2.65; trovato: C, 64.77; H, 2.81.

46


Tentativo di sintesi dell’acido 4’­cloro­[2,2’:6’,2”­terpiridina]­6,6”­ dicarbossilico (Terpy­COOH)

In un pallone a due colli da 25 ml, dotato di agitatore magnetico e condensatore di riflusso, si fa solubilizzare la 4’‐cloro‐[2,2’:6’,2”‐terpiridina]‐6,6”‐dicarbonitrile ((7) 0.0458 g, 1.41∙10‐4 mol) in 6 ml di una miscela EtOH/H2O (5:1); dopo circa 10 minuti sotto agitazione si aggiunge KOH in scaglie (0.0809 g, 1.4∙10‐3 mol). La soluzione viene portata alla temperatura di riflusso e lasciata reagire per tutta la notte. Dopo aver verificato la scomparsa del substrato (7) tramite TLC (fase stazionaria: silice, fase mobile: etere di petrolio/acetone 7:3), la miscela di reazione viene portata a secco. Il residuo viene ripreso con il minimo quantitativo di acqua (ca.4 ml) e il pH della sospensione acquosa viene portato a 4 con una soluzione di HCl 1 M. Si filtra la soluzione sottovuoto, si lava il solido con una soluzione di CH3CN freddo e si ottengono 0.0251 g di un solido bianco. Questo viene trasferito in un pallone a due colli da 25 ml, dotato di agitatore magnetico e condensatore di riflusso, con 6 ml di una miscela di H2SO4(conc.)/CH3COOH(conc.) (1:1) e lasciato reagire a caldo (temperatura 200 °C) per 5h. La soluzione di reazione viene filtrata sottovuoto. Lo spettro 1H NMR del solido così ottenuto indica la sola presenza di substrato (7) non reagito.

47


Sintesi dell’acido 4’­cloro­[2,2’:6’,2”­terpiridina]­6,6”­dicarbossilico (Terpy­COOH)

La via sintetica utilizzata è una modifica di quella riportata nel tentativo precedente. In un pallone a due colli da 25 ml, dotato di agitatore magnetico e condensatore di riflusso, si fa solubilizzare la 4’‐cloro‐[2,2’:6’,2”‐terpiridina]‐6,6”‐dicarbonitrile ((7) 0.1019 g, 2.81∙10‐4 mol) in 10 ml di EtOH e si manda a riflusso fino a far solubilizzare il prodotto (7). Alla soluzione risultante vengono aggiunti 2 ml di H2O e dopo qualche minuto KOH in scaglie (0.1575 g, 2.81∙10‐3 mol). Si riporta alla temperatura di riflusso e si lascia reagire per tutta la notte. La reazione viene monitorata tramite TLC (su silice e con eluente Etere di Petrolio/Acetone 7:3) per verificare la scomparsa del substrato (7). La miscela di reazione viene quindi portata a secco, il solido ripreso con poca acqua (3‐4ml) e il pH portato a 7 con una soluzione di HCl 1M. Si filtra la soluzione sottovuoto, si lava il solido con una soluzione di CH3CN freddo e si ottengono 0.0802 g di un solido bianco ((8) 2.25∙10‐4 mol, resa 80%). 1H NMR (DMSO, ppm): δ = 8.89 (dd, 2H, J 1.48 Hz e 7.52 Hz, H e H ), 8.76 (s, 2H, 3 3”

H3’ e H5’), 8.24 (t, 2H, J 7.65 Hz, H4 e H4”) parzialmente sovrapposto, 8.19 (dd, 2H, J 1.61 Hz e 7.65 Hz, H5 e H5”) parzialmente sovrapposto. IR (KBr, cm‐1): 1696 s (stretching C=O) Analisi elementare: calcolato per C17H10N3O4Cl: C, 57.46; H, 2.81; trovato: C, 58.41; H, 3.06. 48


Tentativo di sintesi dell’acido 4’­(2,2’:5’,2”­tertien­3’­etinil)­2,2’:6’,2”­ terpiridina­6,6”­dicarbossilico (TAT­COOH)

In un pallone a due colli da 25 ml munito di agitatore magnetico e condensatore di riflusso, una soluzione di acido 4’‐cloro‐[2,2’:6’,2”‐terpiridina]‐6,6”‐ dicarbossilico ((8) 0.0873 g, 2.43·10‐4 mol), 3’‐etinil‐2,2’:5’,2”‐tertiofene ((4) 0.0657 g, 2.38·10‐4 mol), Et3N (67 μl, 4.86·10‐4 mol), CuI (0.0043 g, 2.38·10‐6 mol), e Pd(PPh3)4 (0.0137 g, 1.19·10‐5 mol) in 1,4‐diossano/H2O 3:1 (8 ml), viene fatta reagire a riflusso in atmosfera di argon sino a scomparsa del 3’‐etinil‐2,2’:5’,2”‐ tertiofene (ca. 20 ore; criterio: TLC). La miscela di reazione viene quindi riportata a temperatura ambiente, filtrata su carta, lavata con CH2Cl2 per eliminare CuI, e portata a secco fino ad ottenere 0.1026 g di residuo verde scuro. Lo spettro 1H NMR non sembra evidenziare alcun segnale relativo al prodotto desiderato (9).

49


Sintesi del 4’­(2,2’:5’,2”­tertien­3’­etinil)­2,2’:6’,2”­terpiridina­6,6”­ dicarbonitrile (TAT­CN)

In un pallone a due colli da 25 ml munito di agitatore magnetico e condensatore di riflusso, una soluzione di 4’‐cloro‐[2,2’:6’,2”‐terpiridina]‐6,6”‐dicarbonitrile ((8) 0.0714 g, 2.24·10‐4 mol), 3’‐etinil‐2,2’:5’,2”‐tertiofene ((4) 0.0615 g, 2.24·10‐4 mol), Et3N (3 ml, 2.16·10‐2 mol), CuI (0.0426 g, 2.24·10‐5 mol), e Pd(PPh3)4 (0.0258 g, 2.24·10‐5 mol) in THF (10 ml), viene fatta reagire a riflusso in atmosfera di argon per 20 ore, sino a scomparsa del 3’‐etinil‐2,2’:5’,2”‐tertiofene. La miscela di reazione viene quindi riportata a temperatura ambiente, filtrata su carta, lavata con CH2Cl2 per eliminare CuI, e portata a secco fino ad ottenere 0.0844 g di residuo marrone scuro (10). 1H NMR (CDCl , ppm): δ = 8.85 (dd, 2H, J 1.01 Hz e 8.07 Hz, H e H ), 8.51 (s, 2H, 3 3 3”

H3’ e H5’), 8.15 (t, 2H, J 7.45 Hz, H4 e H4”), 7.77 (dd, 2H, J 1.11 Hz e 7.62 Hz, H5 e H5”), 7.61‐7.30 (m, 7H) attribuibile al tertiofene. IR (KBr, cm‐1): 2240 w (stretching C≡N), 2184 w (stretching C≡C) Analisi elementare: calcolato per C31H15N5S3: C, 66,87; H, 2.71; trovato: C, 65.51; H, 2.15. 50


CAPITOLO 4 Risultati e discussione Introduzione Il gruppo di ricerca presso cui è stato svolto il presente lavoro di Tesi è attivo da alcuni anni nella sintesi e nella caratterizzazione di nuovi leganti a base tertiofenica recanti sostituenti imminici in posizione 3’. Essi sono in grado di coordinare ioni di metalli di transizione e sono quindi potenziali precursori sia di polimeri conduttori che di metallopolimeri. Nel recente passato sono stati sintetizzati tre nuovi derivati tiofenici, la 4’‐[(2,2’:5’,2”‐tertien‐3’‐il)metossi]‐ 2,2’:6’,2”‐terpiridina (TTT)66, la 2‐(2,2’:5’,2’’‐tertien‐3’‐il)‐1,10‐fenantrolina (TTF)67 e la 4’‐(2,2’:5’,2”‐tertien‐3’‐etinil)‐2,2’:6’,2”‐terpiridina (TAT)68. I primi risultati ottenuti con la TTT avevano dimostrato che il processo di polimerizzazione avviene a carico del frammento tertiofenico, ma la comunicazione con il frammento coordinante è parzialmente interrotta per effetto della presenza di uno spacer saturo. Parallelamente era stato sintetizzato un nuovo derivato, in cui il frammento coordinante è direttamente legato al frammento tertiofenico (TTF), che non mostrava però un sostanziale miglioramento della coniugazione del sistema rispetto alla TTT, probabilmente per via di effetti di natura sterica indotti dal legame diretto con la posizione 2 della fenantrolina. La sostituzione dello spacer saturo della TTT con uno spacer etinilico (quindi altamente insaturo) nella TAT ha portato ad un miglioramento nella coniugazione tra i due frammenti, un’efficace coordinazione con ioni di 66

C.Zanardi, R.Scanu, L.Pigani, M.I. Pilo, G.Sanna, R.Seeber, N.Spano, F.Terzi, A.Zucca, Electrochimica Acta

2006, 51, 4859 67

R. Scanu, Tesi di Dottorato in Scienze Chimiche, Università di Sassari, XVIII Ciclo

68

P. Manca, M.I. Pilo, G. Casu, S. Gladiali, G. Sanna, R. Scanu, N. Spano, A. Zucca, C. Zanardi, D. Bagnis, L.

Valentini, J. Pol. Sci. A Pol. Chem. 2011, 49, 3513

51


metalli di transizione, una buona resistenza sulla superficie dell’elettrodo ed una spiccata attitudine all’elettropolimerizzazione. Con l’obiettivo di migliorare ulteriormente le proprietà della TAT, fornendo una migliore conducibilità e caratteristiche di fotoluminescenza, in questo lavoro di Tesi ci si è posti l’obiettivo di modificare il frammento terpiridinico funzionalizzandolo con due anioni carbossilato in posizione 6 e 6”. Sono stati considerati due possibili approcci alla sintesi del prodotto desiderato: 1) Sintetizzare la TAT e successivamente funzionalizzare il frammento terpiridinico; 2) Sintetizzare inizialmente la terpiridina con i sostituenti carbossilici in 6,6” e successivamente effettuare il coupling con il frammento etinil‐ tertiofenico. Inizialmente si è scelto di seguire il secondo approccio, per ridurre al minimo il rischio di degradazione della TAT se sottoposta ai trattamenti non particolarmente blandi necessari per la funzionalizzazione.

52


Sintesi Il frammento tertiofenico (fig. 18) è stato sintetizzato seguendo la metodica che questo stesso gruppo di ricerca aveva messo a punto in precedenza68. Il 3’‐etinil‐ 2,2’:5’,2”‐tertiofene è stato ottenuto con rese e grado di purezze pressoché simili a quelle ottenute in precedenza.

Figura 18 Sinistra: 3’‐etinil‐2,2’:5’,2”‐tertiofene (ET); Destra: 4’‐cloro‐(2,2’:6’,2”‐terpiridina)‐1,1”‐diossido (Terpy‐ N‐Ox)

La prima fase del lavoro è stata quindi rivolta a mettere un punto la sintesi del 4’‐ cloro‐[2,2’:6’,2”‐terpiridina]‐1,1’’‐diossido (Terpy‐N‐Ox). A questo scopo ci si è basati su una strategia sintetica riportata in letteratura e riguardante la sintesi di mono, di‐ e tri‐N‐ossidi della 2,2’:6’,2”‐terpiridina non sostituita69. La reazione di 4’‐cloro‐2,2’:6’,2”‐terpiridina con acido‐m‐cloroperbenzoico in CH2Cl2, a temperatura ambiente per circa 20 ore, ha portato all’ottenimento del di‐ossido (6) desiderato, con buone rese (75%).

69

R. P. Thummel and Y. Jahng, J. Org. Chem., 1985, 3635‐3636, 50

53


L’1,1”‐N‐diossido così ottenuto è stato utilizzato per ottenere il corrispondente 6,6”‐diciano‐derivato, la CN‐Terpy (7). Per questa sintesi è stata seguita la strategia utilizzata da Wen‐Hua Sun e coll.70 per la cianurazione di fenantroline, ma già utilizzata in precedenza anche su sistemi piridinici o fenil‐piridinici. La reazione dovrebbe andare in H2O in presenza di KCN, ma il nostro Terpy‐N‐Ox è poco solubile in acqua. A tale scarsa solubilità è da attribuire il fatto che questo primo tentativo di ottenimento della CN‐Terpy non ha avuto successo, come suggerisce lo spettro 1H NMR, in cui prevale nettamente la presenza di Terpy‐N‐ Ox. L’aggiunta di piccole percentuali di CH2Cl2 all’acqua utilizzata come solvente di reazione non ha ugualmente portato all’ottenimento del prodotto desiderato. Abbiamo quindi deciso di adottare una strategia differente, che utilizza come sorgente di gruppi –CN trimetilsililcianuro (Me3SiCN) in CH2Cl2 71 al posto di KCN in H2O, e che è stata utilizzata su substrati terpiridinici variamente sostituiti (la maggior parte sull’anello centrale, ma mai con alogeni). In questo modo è stato possibile ottenere il prodotto di doppia cianurazione, 7, con rese comprese tra il 75% e l’80%. Una volta ottenuta la CN‐Terpy ci siamo preoccupati di passare dal sostituente – CN al sostituente –COOH, basandoci ancora sul lavoro di Galaup71 che prevedeva non solo la cianurazione della terpiridina, ma anche la carbossilazione passando appunto per il ciano derivato. La sintesi di Galaup e collaboratori, per quanto riguarda il carbossi‐derivato, prevede una reazione in 2 step, il primo con KOH in una miscela EtOH/H2O a riflusso ed il secondo con una miscela fortemente acida di H2SO4(conc)/CH3COOH(conc) scaldata anch’essa a riflusso. Il primo step ha evidenziato da subito alcuni apetti critici, dovuti alla scarsa solubilità nel sistema solvente della CN‐Terpy, che rimane in sospensione condizionando fortemente il decorso regolare della reazione. Dopo 24 ore la miscela di reazione è stata filtrata e il solido è stato lavato con H2O e CH3CN freddi. Lo spettro 1H NMR in DMSO ha evidenziato la presenza del solo substrato 7. 70

W.‐H. Sun, S. Jie, S. Zhang, W. Zhang, Y. Song, H. Ma, J. Chen, K. Wedeking and R. Fröhlich, Organomet. 2006,

25, 666 71

C. Galaup, J. M. Couchet, S. Bedel, P. Tisens, C. Picard, J. Org. Chem. 2005, 70, 2274

54


Abbiamo quindi modificato l’approccio al primo step della reazione: inizialmente la CN‐Terpy è stata lasciata sotto agitazione in EtOH per circa un’ora, quindi è stata aggiunta acqua e poi KOH in scaglie; la miscela di reazione è stata lasciata reagire alla temperatura di riflusso per tutta la notte. Il precipitato formatosi è stato filtrato e solubilizzato in una miscela H2SO4(conc)/CH3COOH(conc) (1:1), portando la miscela alla temperatura di 150 °C. Tuttavia anche in questo caso lo spettro protonico non ha evidenziato segnali realtivi al prodotto desiderato. Tenendo presente il fatto che un’eccessiva acidificazione della soluzione ottenuta dal trattamento della CN‐terpy in KOH comporterebbe la protonazione degli atomi di N terpiridinici, abbiamo deciso di modificare sostanzialmente il secondo step. Per questo motivo il pH della soluzione idroalcolica del primo stadio (fortemente alcalina per la presenza di KOH) è stato portato ad un valore di circa 7, evitando così la protonazione degli N dell’eterociclo. L’ulteriore accorgimento di far solubilizzare la CN‐Terpy a riflusso prima dell’aggiunta di H2O e KOH ha permesso di ottenere finalmente il prodotto desiderato.

55


Tentativo di sintesi dell’acido 4’­(2,2’:5’,2”­tertien­3’­etinil)­2,2’:6’,2”­ terpiridina­6,6”­dicarbossilico (TAT­COOH) La reazione di coupling è stata riprodotta inizialmente nelle stesse condizioni in cui questo stesso gruppo di ricerca aveva ottenuto la TAT68. La Terpy‐COOH è stata quindi fatta reagire con ET in una miscela 1,4‐diossano/H2O, a riflusso per 24h. Anche in questo caso il punto critico è rappresentato dalla scarsa solubilità del frammento terpiridinico nel solvente di reazione. La miscela è stata perciò lasciata reagire per 48 ore, controllandone periodicamente il decorso tramite TLC. Trascorso questo tempo, e considerato che la composizione della miscela di reazione sembra invariata rispetto al momento iniziale, è stato registrato uno spettro 1H NMR del grezzo di reazione: sono presenti i segnali del derivato carbossilato della 4’‐Cl‐2,2’:6’,2”‐terpiridina, ma non sono evidenti seganli attribuibili con certezza a frammenti tertiofenici. Si ritiene perciò la reazione non abbia portato al prodotto di accoppiamento desiderato. Abbiamo allora deciso di cambiare strategia sintetica per quanto riguarda la reazione di coupling tra Terpy‐COOH ed ET, utilizzando come substrato terpiridinico non il derivato carbossilato bensì il CN‐derivato, per procedere poi alla carbossilazione del prodotto di coupling. Abbiamo perciò leggermente modificato la metodica utilizzata in precedenza, scegliendo THF come solvente, come suggerito anche da dati di letteratura72. Questa variazione ha portato ad un netto miglioramento per quanto riguarda la solubilità della CN‐Terpy. La reazione è stata, come sempre, monitorata tramite TLC su Al2O3 (eluente: etere di petrolio/acetato di etile (9:1)) fino alla scomparsa del substrato tertiofenico, che è avvenuta dopo circa 24 h. Dopo elaborazione, effettuata analogamente a quanto fatto nella reazione di coupling con la Terpy‐COOH, È stato ottenuto un solido, di colore marroncino, il cui spettro 1H NMR è risultato in accordo con quanto previsto per il prodotto atteso. 72

F. Schlütter, A. Wild, A. Winter, M. D. Hager, A. Baumgaertel, C. Friebe and U. S. Schubert, Macromol. 2010,

43, 2759

56


Caratterizzazione Elettrochimica Tutte le molecole la cui sintesi è stata descritta nel Cap. 3 sono state caratterizzate tramite voltammetria ciclica su elettrodo di Pt, seguendo la procedura operativa descritta nel Cap. 2. I responsi voltammetrici sono stati registrati su soluzioni di analita in concentrazione 2∙10‐3 M nel sistema solvente/elettrolita di supporto CH2Cl2/TEAPF6, CH3CN/TEAPF6 o DMF/TEAPF6 0.1 M, utilizzando come riferimento un elettrodo Ag/AgCl e come controelettrodo una barretta di grafite; la velocità di scansione utilizzata è sempre di 100 mVs‐1. L’utilizzo dei solventi CH3CN e DMF permette di avere una finestra di potenziali più ampia, consentendo così di poter visionare regioni di potenziale più catodiche rispetto a CH2Cl2. Qui di seguito sono dunque discusse con maggior dettaglio le caratterizzazioni effettuate in CH3CN e, tranne quando diversamente specificato, i voltammogrammi si riferiscono sempre alla prima scansione.

57


Caratterizzazione ET Caratterizzazione in CH2Cl2 La caratterizzazione in CH2Cl2 (fig. 19 ) non permette di osservare picchi catodici, mentre è visibile un sistema anodico a +1.26 V (Epc: 0.77 V), attribuibile all’ossidazione del tertiofene.

Figura 19 Caratterizzazione voltammetrica di ET in CH2Cl2/TEAPF6

Caratterizzazione in CH3CN La caratterizzazione di ET in CH3CN è mostrata in figura 20. In scansione catodica diretta non sono stati osservati processi di riduzione. In figura 20 è mostrato il comportamento osservato andando prima a potenziali anodici: si osserva un picco di ossidazione a +1.17 V, con un ritorno piuttosto slargato centrato a circa 0.75 V, e due picchi catodici a ‐1.44 V e ‐1.72 V. Questi ultimi, nelle scansioni successive, si spostano a potenziali via via più catodici fino a scomparire. Il processo anodico a +1.17 V è attribuibile all’ossidazione del sistema tertiofenico. Tale ossidazione è responsabile dell’avvio del meccanismo di polimerizzazione, dunque i due sistemi catodici e la loro continua modifica nelle

58


scansioni successive possono essere dovuti a riarrangiamenti delle catene in formazione73.

Figura 20 Caratterizzazione voltammetrica di ET in CH3CN/TEAPF6

Caratterizzazione CN­Terpy Caratterizzazione in CH2Cl2 Nella caratterizzazione in CH2Cl2 non si riscontrano processi anodici a carico di CN‐Terpy. Si può invece osservare un picco catodico di riduzione a ‐1.61 V attribuibile al sistema terpiridinico, come mostrato in fig. 21.

73

T. Yamamoto, Z. Zhou, T. Kanbara, M. Shimura, K. Kizu, T. Maruyama, Y. Nakamura, T. Fukuda, B.‐L. Lee, N. Ooba, S. Tomaru, T. Kurihara, T. Kaino, K. Kubota, S. Sasaki, J. Am. Chem. Soc., 1996, 118, 10389

59


Figura 21 Caratterizzazione voltammetrica di CN‐Terpy in CH2Cl2/TEAPF6

Caratterizzazione in CH3CN Anche la caratterizzazione in CH3CN mostra l’assenza di processi anodici e il picco di riduzione attribuibile al sistema terpiridinico è presente a ‐1.64 V (fig. 22), osservabile anche in scansione catodica diretta.

0.050x10 -4 0

-0.050x10 -4 -0.100x10 -4 -0.150x10 -4 i/A

-0.200x10 -4 -0.250x10 -4 -0.300x10 -4 -0.350x10 -4 -0.400x10 -4 -0.450x10 -4

-0.500x10 -4 -2.000

-1.500

-1.000

-0.500

0

0.500

1.000

1.500

E/V

Figura 22 Caratterizzazione voltammetrica di CN‐Terpy in CH3CN/TEAPF6

Per confronto è stata caratterizzata in CH3CN anche la 4’‐cloro‐2,2':6',2''‐ terpiridina, che ha mostrato l’assenza di fenomeni di ossidazione, e un processo 60


di riduzione ad un potenziale ‐1.85 V. Lo shift di tale riduzione a potenziali meno catodici (‐1.64 V) osservato per la CN‐Terpy rispetto alla terpiridina non funzionalizzata può essere attribuito alla presenza dei sostituenti –CN, dal carattere fortemente elettron‐attrattore, sul sistema terpiridinico, che si trova così ad essere impoverito di densità elettronica. Caratterizzazione in DMF La caratterizzazione in DMF è stata effettuata per poter confrontare la CN‐Terpy con la Terpy‐COOH, solubile solo in questo solvente. La CN‐Terpy ha mostrato un comportamento pressoché identico a quello mostrato in CH3CN e CH2Cl2. Non si registra nessun responso in campo anodico e si può osservare un picco catodico di riduzione a ‐1.54 V (Fig. 23) 0.025x10 0.050x10 -4 -4

0

-0.025x10

-4

-0.050x10

-4

-0.075x10

-4

-0.100x10

-4

-0.125x10

-4

-0.150x10

-4

-0.175x10

-4

i/A

-0.200x10

-4

-1.750

-1.500

-1.250

-1.000

-0.750

-0.500

E/ V

-0.250

0

0.250

Figura 23 Caratterizzazione voltammetrica di CN‐Terpy in DMF/TEAPF 6

Caratterizzazione Terpy­COOH Caratterizzazione in DMF Per la Terpy‐COOH è stato utilizzato DMF come solvente per via della sua scarsa solubilità in CH3CN e CH2Cl2. Nella regione catodica non si osserva alcun processo di riduzione, nè in scansione catodica diretta nè in scansioni catodiche successive ad una scansione anodica. 61


Nella finestra anodica si osserva sempre un picco di ossidazione a 1.19 V. La presenza di un processo di ossidazione è inusuale per la terpiridina che, come osservato nella caratterizzazione della 4'‐Cl‐2,2':6',2''‐terpiridina (di cui si è discusso sopra), va incontro solo ad un processo di riduzione. Per la spiegazione di tale comportamento redox bisogna dunque analizzare il sostituente presente sulla terpiridina e il suo effetto. Il sostituente carbossilico, con la sua natura di tipo elettron‐attrattore, influirebbe sulla terpiridina facilitandone il processo di riduzione per averla depauperata di densità elettronica, come avviene difatti nella CN‐Terpy (di cui si è discusso precedentemente). Tuttavia quello che si osserva è esattamente il contrario: nessuna facilitazione della riduzione e nessun processo catodico, bensì un processo anodico. Un comportamento che potrebbe spiegare un fenomeno anodico potrebbe essere invece la decarbossilazione. La decarbossilazione di uno ione carbossilato, per quanto non comune, può essere facilitata nei casi in cui produce un anione stabilizzato per risonanza: nel caso della terpy‐COOH una decarbossilazione porterebbe alla formazione di un anione terpiridinico, fortemente stabilizzato dalla natura ‐deficiente della terpiridina. Una tale situazione sulla terpiridina, attualmente con densità elettronica extra, sarebbe l'unica situazione in cui la terpiridina può andare incontro ad un processo anodico anzichè catodico come suo solito. 0

0.225x10 -4 0.200x10

-4

0.175x10 -4 0.150x10 -4 i/A

0.125x10 -4 0.100x10 -4 0.075x10 -4 0.050x10 -4 0.025x10 -4

-0.025x10 -4 -0.250

0

0.250

0.500

0.750

1.000

E/V

1.250

1.500

Figura 24 Caratterizzazione voltammetrica di Terpy‐COOH in DMF/TEAPF 6

62


Caratterizzazione TAT­CN Caratterizzazione in CH2Cl2 La caratterizzazione del monomero TAT‐CN in CH2Cl2 mostra la presenza di due picchi anodici, il primo ad 1.10 V ed il secondo a 1.23 V. Nella finestra catodica si osserva un picco a ‐1.65 V, attribuibile alla riduzione del frammento terpiridinico (Fig. 25).

Figura 25 Caratterizzazione voltammetrica di TAT‐CN in CH2Cl2/TEAPF6

Caratterizzazione in CH3CN Anche la caratterizzazione della TAT‐CN in CH3CN ha mostrato responsi sia anodici che catodici. Effettuando una scansione nella finestra anodica si può osservare la presenza di due picchi non molto definiti, ma riconoscibili, ai potenziali di 1.12 V e di 1.24 V (Fig. 26), analogamente a quanto osservato in CH2Cl2. A potenziali catodici si nota la presenza di un picco a ‐1.63 V, attribuibile alla riduzione del frammento terpiridinico. (Fig. 26)

63


0

0.200x10 -4 0.150x10

-4

0.100x10 -4 0.050x10 -4 i/A -0.050x10 -0.100x10 -0.150x10 -0.200x10

-4

-4

-4

-4

-2.000

-1.500

-1.000

-0.500

0

0.500

1.000

1.500

E/V

Figura 26 Caratterizzazione voltammetrica di TAT‐CN in CH3CN/TEAPF6

Caratterizzazione poli­TAT­CN (PTAT­CN) Il

monomero

TAT‐CN

è

stato

polimerizzato

in

CH2Cl2

tramite

cronoamperometria. La deposizione del polimero è stata effettuata partendo da una soluzione 2∙10‐3 M di analita in CH2Cl2/TEAPF6 0.1 M su elettrodo di platino, e utilizzando come elettrodo di riferimento e contro elettrodo rispettivamente Ag/AgCl e una barretta di grafite. I potenziali da applicare per la deposizione sono stati determinati dalle caratterizzazioni precedenti. Per la deposizione cronoamperometrica sono stati utiizzati i seguenti parametri:  t = 600 s al potenziale di deposizione;  t = 60 s a 0 V per scaricare il polimero ed ottenerne la forma neutra. Al termine della polimerizzazione sulla superficie dell'elettrodo è stato osservato un film di colore rosso. La deposizione della TAT‐CN è stata effettuata anche tramite voltammetria ciclica, ma con scarsi risultati. Infatti nonostante scansioni ripetute mostrino un progressivo incremento della corrente, indicativo di un processo di polimerizzazione in corso, anche dopo 25 cicli successivi di potenziale sull'elettrodo si osserva un deposito sottile, disomogeneo ed estremamente fragile. 64


Caratterizzazione in CH3CN Eseguendo una scansione dell’intera finestra di potenziali, si osserva la presenza di responsi sia anodici che catodici. Nella finestra anodica si può osservare un picco a +1.14 V che può essere attribuito al processo di p‐doping e de‐doping del polimero, mentre nella regione catodica è evidente un picco a ‐1.59 V attribuibile all'n‐doping. (Fig. 27) 0.100x10 -3

0.050x10 -3

0

-0.050x10

-3

-0.100x10

-3

-0.150x10

-3

i/A

-0.200x10

-3

-2.000

-1.500

-1.000

-0.500

0

0.500

1.000

E/V

1.500

Figura 27 Caratterizzazione voltammetrica di PTAT‐CN in CH3CN/TEAPF6

Discussione risultati In Tabella 1 sono mostrati i risultati delle caratterizzazioni elettrochimiche riguardanti il monomero TAT‐CN e i suoi precursori, ET e CN‐Terpy, insieme ai risultati osservati sul polimero PTAT‐CN. Sono inoltre riportati i dati riferiti alla 4’‐cloro‐2,2’:6’,2”‐terpiridina, alla TAT ed alla poli‐TAT (PTAT) precedentemente caratterizzati dal gruppo di ricerca nelle stesse condizioni di solvente/elettrolita di supporto. Dai dati elettrochimici è stato calcolato il valore di Eg

EC

(Energy­gap

elettrochimico) secondo la formula Eg EC = Eoxonset ‐ Eridonset. I valori messi a confronto sono quelli riferiti alle caratterizzazioni in CH3CN, in quanto in questo sistema solvente è possibile esplorare una finestra di potenziali più ampia. 65


Tabella 1 Dati elettrochimici ottenuti da caratterizzazioni in CH3CN/TEAPF6 0.1 M.

Eox

Erid

Eoxonset

Eridonset

Eg

ET

+1.18 V

‐1.7 V

+1.01 V

_

_

4’­Cl­Terpy

_

‐1.85 V

_

_

_

CN­Terpy

_

‐1.64 V

_

_

_

TAT

+1.17 V

‐1.85 V

+0.82 V

‐1.32 V

2.14 eV

TAT­CN

+1.24 V

‐1.63 V

+0.76 V

‐1.26 V

2.02 eV

PTAT

+1.11 V

‐1.83 V

+0.78 V

‐1.27 V

2.05 eV

PTAT­CN

+1.14 V

‐1.59 V

+0.66 V

‐1.17 V

1.83 eV

Dal confronto dei dati si può notare che: 1) La CN‐Terpy non presenta picchi di ossidazione, confermando il fatto che l’ossidazione osservata nella TAT‐CN è attribuibile al frammento tertiofenico; la sua riduzione è inoltre meno catodica rispetto alla 4'‐Cl‐ Terpy, e ciò evidenzia il carattere elettron‐attrattore dei gruppi ‐CN; 2) Nella TAT‐CN il picco di riduzione, attribuibile alla terpiridina, è meno catodico rispetto alla TAT, indicando che i sostituenti –CN facilitano il processo di riduzione, analogamente a quanto riscontrato nel precursore terpiridinico CN‐Terpy; 3) Il valori di Eg ,EC della TAT‐CN e della PTAT‐CN risultano essere migliori rispettivamente a quelli della TAT e della PTAT; ciò indica che la presenza dei sostituenti elettron‐attrattori sul frammento terpiridinico influenza le proprietà redox sia del monomero che del polimero.

66


Caratterizzazione Spettroscopica Le caratterizzazioni ottiche di ET, CN‐Terpy e TAT‐CN sono state effettuate in una soluzione di CH3CN, mentre per quanto riguarda la PTAT‐CN il film polimerico è stato depositato su elettrodo lavorante costituito da un vetrino ITO (Indium Tin Oxide) ed immerso in una soluzione di CH3CN. Il valore di Eg OPT (Energy­gap ottico) è stato calcolato in base al valore di onset (cioè la λ corrispondente al 10% dell’altezza massima del picco di assorbimento), secondo l’equazione E = hc/λ (dove h = 6.626∙10‐34 J∙s, costante di Plank, c = 2.998∙108 m∙s‐1, velocità della luce). Considerando il valore di conversione da J ad eV (1 J = 6.242∙1018 eV) si ottiene l’espressione E = 1239.81/λ. Lo spettro UV‐Vis dell’ET è caratterizzato da un massimo di assorbimento a 264 nm (Fig. 28), da cui si può calcolare un valore di Eg OPT pari a 2.95 eV.

Figura 28 Spettro di assorbimento di ET in CH3CN.

Lo spettro UV della CN‐Terpy (FIg. 29) mostra un massimo di assorbimento a 287 nm, ed estrapolando la λonset si può calcolare un valore di Eg OPT di 3.91 eV.

67


Figura 29 Spettro di assorbimento di CN‐Terpy in CH3CN.

Nello spettro UV‐Vis della TAT‐CN si può osservare una massimo di asorbimento a 287 nm e una banda a 371 nm (Fig. 30) attribuibili, per confronto con i precursori, alle transizioni * della porzione terpiridinica e tertiofenica, rispettivamente. Il valore di Eg OPT calcolato per TAT‐CN è di 3.06 eV.

Figura 30 Spettro di assorbimento di TAT‐CN in CH3CN.

In figura 31 è mostrata la sovrapposizione degli spettri di TAT‐CN e dei suoi precursori CN‐Terpy e ET. Si può osservare che nello spettro della TAT‐CN è presente un assorbimento ad energie più elevate attribuibile alla porzione terpiridinica, e una banda di assorbimento a lunghezze d’onda maggiori, relativa alla porzione tertiofenica, in particolare per quest’ultima si osserva un leggero 68


red‐shift rispetto al precursore tertiofenico privo di sostituente terpiridinico (371 nm e 358 nm, rispettivamente).

Figura 31 Sovrapposizione degli spettri di assorbimento di ET(verde), CN‐Terpy(rosso) e TAT‐CN (blu) in

CH3CN.

In Tabella 2 sono riportati i valori di λmax e di Eg OPT del monomero TAT‐CN, dei suoi precursori, e del polimero PTAT‐CN, messi a confronto con 4‐Cl‐Terpy, TAT e PTAT. Tabella 2 Parametri ottici ottenuti in CH3CN.

λmax

Eg OPT

ET

264 nm

2.95 eV

4­Cl­Terpy

270 nm

3.87 eV

CN­Terpy

287 nm

3.91 eV

TAT

286 nm

2.91 eV

TAT­CN

287 nm

3.06 eV

PTAT

462 nm

1.85 eV

PTAT­CN

384 nm

2.01 eV

Dalla tabella si nota che la TAT‐CN ha un Eg OPT lievemente maggiore (0.15 eV) rispetto alla TAT e un analogo andamento si osserva per i rispettivi polimeri. Questo andamento, per quanto possa apparire in contrasto con i dati ottenuti 69


dalle caratterizzazioni elettrochimiche, può essere interpretato sulla base del cosiddetto effetto ipercromico. Tale effetto è causato dalla presenza di sostituenti auxocromi contenenti doppietti elettronici non condivisi e che possono determinare una variazione nel valore di  positivo (effetto ipercormico) o negativo (effetto ipocromico). L’effetto risultante, nel caso di un effetto ipercromico, consiste in una sovrastima del valore di assorbanza alla max, spostando la onset a valori minori di quelli reali. Per quanto riguarda il polimero PTAT‐CN è necessario tenere presente che un leggero errore nella misura può essere determinato dalla morfologia del deposito polimerico su vetro ITO, caratterizzato da una scarsa omogeneità.

70


Conclusioni L’obiettivo di questo lavoro di Tesi era quello di sintetizzare un legante che avesse elevate proprietà conduttive, luminescenti e coordinanti. A questo scopo si è deciso di utilizzare un legante, precedentemente sintetizzato dal gruppo di ricerca in cui questo lavoro è stato svolto, 4’‐Cl‐(2,2’:5’,2”‐tertien‐3’etinil)‐ 2,2’:6’,2”‐terpiridina (TAT), che ha mostrato buone proprietà di luminescenza e interessanti proprietà conduttive nella sua forma polimerica. Si è quindi pensato di funzionalizzare il frammento terpiridinico della TAT con sostituenti elettron‐ attrattori, con l’intenzione di migliorare ulteriormente le proprietà redox rispetto alla TAT. In particolare la scelta di sostituenti carbossilici offre la possibilità di fornire un punto di ancoraggio della molecola a sistemi quali nanotubi di carbonio o nanofili di zinco, e le capacità di coordinazione con ioni di metalli della serie dei lantanidi, i cui complessi hanno recentemente mostrato interessanti proprietà di luminescenza. Il primo passo verso l’ottenimento del nuovo legante è consistito nella scelta della strategia sintetica per funzionalizzare la TAT con due gruppi –COOH nelle posizioni 6 e 6” della terpiridina. Si sono da subito presentate due possibilità, ovvero: 1) sintetizzare la TAT e successivamente avviare la funzionalizzazione su di essa; 2) sintetizzare il frammento terpiridinico sostituito e successivamente effettuare il coupling con il frammento tertiofenico. Poichè i vari step necessari per funzionalizzare la terpiridina richiedono condizioni tutt'altro che blande, la via più ragionevole è sembrata la seconda, per evitare di danneggiare la molecola dopo l'avvenuto coupling. Questa via ha richiesto in particolare tre passaggi a partire dalla 4'‐Cl‐2,2':6',2''‐terpiridina: 1) formazione del diossido in posizione 1 e 1”; 2) formazione del ciano‐derivato in posizione 6 e 6”; 3) trasformazione dei gruppi ciano in gruppi carbossilici. 71


Tale strategia sintetica si è rivelata tuttavia non priva di difficoltà, in particolare nel passaggio 3, in cui per poter trasformare i gruppi ciano in gruppi carbossilici si sono dovuti effettuare due step abbastanza drastici, che si sono rivelati non particolarmente favoriti con un derivato come la 4’‐cloro‐terpiridina. Siamo dunque stati costretti a modificare ulteriormente strategia e procedere con il coupling tra la terpiridina ciano‐sostituita così ottenuta e la porzione tertiofenica, con l’intento di avviare l’ultimo step di idrolisi dei gruppi ‐CN a ‐ COOH successivamente al coupling. Tale coupling ha consentito di ottenere, negli ultimi giorni di lavoro, la specie TAT‐CN. Tuttavia, dato il poco tempo limitato ormai a disposizione, non è stato possibile affrontare l’ultimo step di idrolisi per ottenere la molecola desiderata, TAT‐COOH. E’ stato ritenuto tuttavia interessante caratterizzare la specie ottenuta TAT‐CN e verificare il tipo di influenza della sostituzione con i gruppi ‐CN nelle posizioni 6 e 6’’ della terpiridina sull’intera molecola. La TAT‐CN è stata elettropolimerizzata con successo, e i risultati delle caratterizzazioni sul monomero e sul polimero sono stati messi a confronto con la TAT e la PTAT, le specie corrispondenti prive di sostituenti nitrilici. Il confronto dei parametri elettrochimici ha evidenziato una diminuzione nei valori di Eg per TAT‐CN e PTAT‐CN rispetto a TAT e PTAT. In particolare si osservano miglioramenti nel valore di Eg di 0.12 e 0.22 eV, rispettivamente. Questo miglioramento è attribuibile ad una più facile riduzione del frammento terpiridinico determinata dalla presenza di sostituenti elettron‐attrattori. L’apparente contrasto tra valori di Eg ricavati dai dati voltammetrici e quelli calcolati dai dati ottici può essere attribuito al cosiddetto effetto ipercromico, che determina una sovrastima del valore di band‐gap. Nel prossimo futuro si intende mettere a punto lo step di idrolisi dei gruppi ciano a dare il corrispondente carbossi‐derivato, che sarà caratterizzato in maniera analoga a quanto fatto sinora per i suoi precursori. Sia il legante che i suoi complessi con lantanidi verranno sottoposti a caratterizzazioni di luminescenza. Inoltre, grazie alla capacità di ancoraggio fornita dai sostituenti carbossilati, verrà testata l’applicabilità del legante in sistemi conduttivi nanometrici, che

72


attualmente riscuotono un forte interesse in campi come l’elettronica, l’informatica e tanti altri ambiti in cui si rincorre la miniaturizzazione.

73


Ringraziamenti Ringrazio i miei genitori per avermi sostenuto durante tutto il percorso di studi ed avermi dato la possibilità di portarlo a termine. Ringrazio tutte le persone con cui ho lavorato che sono diventate più che semplici colleghi e ai quali ho sempre “rotto le scatole” non solo per questo anno di tesi, ma bensì fin dalla tesi triennale: Maria Pilo, la mia relatrice, ma prima di tutto una grande amica, premurosa, gentile e sempre disponibile che mi sopporta da diverso tempo; Nadia Spano e Severyn Salis, due ragazze splendide sempre di buon umore e pronte ad ascoltarmi quando ne avevo bisogno; Paola Manca, una collega nonché un’amica che si è rivelata essere speciale un giorno dopo l’altro e con la quale ho instaurato un rapporto che non saprei descrivere a parole…grazie...; Antonio Zucca, una persona disponibile e pacata, sempre pronto a divertirsi e con il quale ho condiviso la passione per i fumetti; Elisabetta Masolo, una collega con la quale ho condiviso molti momenti divertenti in laboratorio e con la quale ci siamo fatti forza l’un l’altra; Roberta Sanna, una ragazza solare e sorridente con la quale ho condiviso dei bellissimi momenti sia durante i corsi che in laboratorio; Grazie al Prof. Gavino Sanna, per il suo costante interessamento e per le parole giuste dette al momento giusto; Grazie anche ad Alessandro Contini, Alessandro Sini, Marco Pini, Giovanni Casu e Giommaria Solinas, persone splendide con le quali ho trascorso dei momenti divertentissimi sia dentro che fuori dall’università; Grazie a tutti i miei colleghi con i quali ho passato le pause pranzo e con i quali mi sono divertito davvero tanto. Sono immensamente felice di aver fatto questa esperienza e di aver conosciuto delle persone incredibili.

74


Sommario INTRODUZIONE ........................................................................................................................... 2 CAPITOLO 1 ................................................................................................................................. 6 STATO DELL’ARTE .................................................................................................................... 6 POLIMERI CONDUTTIVI ....................................................................................................... 6 POLITIOFENI ........................................................................................................................ 8 SINTESI POLITIOFENI ........................................................................................................... 8 LEGANTI TERPIRIDINICI ..................................................................................................... 16 TRASPORTATORI DI CARICA E BAND‐GAP ......................................................................... 22 DOPING LEVEL ................................................................................................................... 25 METALLOPOLIMERI ........................................................................................................... 27 CAPITOLO 2 ............................................................................................................................... 28 Materiali e Metodi ................................................................................................................ 28 Tecniche elettroanalitiche ................................................................................................ 28 STRUMENTAZIONE, APPARECCHIATURE E REAGENTI ...................................................... 36 CAPITOLO 3 ............................................................................................................................... 38 Sintesi del Monomero ........................................................................................................... 38 Sintesi del 3’‐bromo‐2,2’:5’,2”‐tertiofene ......................................................................... 38 Sintesi del 3’‐(3‐idrossi‐metilbut‐1‐inile)‐2,2’:5’,2”‐tertiofene .......................................... 40 Sintesi del 3’‐etinil‐2,2’:5’,2”‐tertiofene (ET) ..................................................................... 42 Sintesi della 4'‐cloro‐[2,2':6',2''‐terpiridina] 1,1''‐diossido ................................................ 44 (Terpy‐N‐Ox) ...................................................................................................................... 44 Tentativo di sintesi della 4'‐cloro‐[2,2':6',2''‐terpiridina]‐6,6”‐dicarbonitrile (CN‐Terpy) . 45 Sintesi della 4'‐cloro‐[2,2':6',2''‐terpiridina]‐6,6”‐dicarbonitrile ....................................... 46 (CN‐Terpy) ......................................................................................................................... 46 Tentativo di sintesi dell’acido 4’‐cloro‐[2,2’:6’,2”‐terpiridina]‐6,6”‐dicarbossilico (Terpy‐ COOH) ................................................................................................................................ 47 75


Sintesi dell’acido 4’‐cloro‐[2,2’:6’,2”‐terpiridina]‐6,6”‐dicarbossilico ............................... 48 (Terpy‐COOH) .................................................................................................................... 48 Tentativo di sintesi dell’acido 4’‐(2,2’:5’,2”‐tertien‐3’‐etinil)‐2,2’:6’,2”‐terpiridina‐6,6”‐ dicarbossilico (TAT‐COOH) ................................................................................................ 49 Sintesi del 4’‐(2,2’:5’,2”‐tertien‐3’‐etinil)‐2,2’:6’,2”‐terpiridina‐6,6”‐dicarbonitrile (TAT‐ CN) ..................................................................................................................................... 50 CAPITOLO 4 ............................................................................................................................... 51 Risultati e discussione ........................................................................................................... 51 Introduzione ...................................................................................................................... 51 Sintesi ................................................................................................................................ 53 Tentativo di sintesi dell’acido 4’‐(2,2’:5’,2”‐tertien‐3’‐etinil)‐2,2’:6’,2”‐terpiridina‐6,6”‐ dicarbossilico (TAT‐COOH) ................................................................................................ 56 Caratterizzazione Elettrochimica ...................................................................................... 57 Caratterizzazione ET .......................................................................................................... 58 Caratterizzazione CN‐Terpy ............................................................................................... 59 Caratterizzazione Terpy‐COOH ......................................................................................... 61 Caratterizzazione TAT‐CN .................................................................................................. 63 Caratterizzazione poli‐TAT‐CN (PTAT‐CN) ......................................................................... 64 Discussione risultati .......................................................................................................... 65 Caratterizzazione Spettroscopica ...................................................................................... 67 Conclusioni ................................................................................................................................ 71

76


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.