A.D. MDLXII
U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ
DI
M EDICINA
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C HIRURGIA
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CORSO
DI
LAUREA
IN
L O GO PE D I A
L’IMPORTANZA DELLA VIDEOFLUOROSCOPIA NELLA VALUTAZIONE E NEL TRATTAMENTO LOGOPEDICO DEL PAZIENTE DISFAGICO POST-CHIRURGICO
Relatore: Prof. FRANCESCO MELONI Correlatori: Dott.ssa SOFIA PINNA Dott.ssa VALERIA FOIS
Tesi di Laurea di: ANDREA FEDERICA MARESU
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
Ai miei nonni, per sempre
“Ci sono molte cose importanti nella vita, la prima è mangiare la altre non le conosco” (Anonimo)
“Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni sociali, di tutti i paesi e di tutti i giorni, può associarsi a tutti gli altri piaceri, e resta ultimo a consolarci della loro perdita” (Anthelme Brillant-Savarin)
Indice Introduzione
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1. Anatomia della deglutizione 1.1 CavitĂ orale 1.2 Faringe 1.3 Laringe 1.4 Esofago 1.5 Stomaco
3 7 9 13 14
2. Fisiologia della deglutizione 2.1 Fasi della deglutizione
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3. Disfagia 3.1 Definizione e prevalenza 3.2 Eziologia 3.2.1 Disfagie oncologiche 3.3 Segni di disfagia 3.4 Complicanze
21 21 22 28 30
4. Valutazione della disfagia 4.1 La valutazione clinica non-strumentale 4.2 La valutazione strumentale 4.2.1 La Fibroendoscopia (FEES) 4.2.2 La Videofluoroscopia (VFFS)
33 45 45 48
5.La nostra esperienza 5.1 Materiali e metodi 5.2 La riabilitazione logopedica 5.3Risultati
58 61 71
6. Conclusioni
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Bibliografia
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INTRODUZIONE Un'alterazione della meccanica deglutitoria che comporta difficoltà o impossibilità di attuare un'alimentazione orale autonoma e sicura, viene definita disfagia, o alterazione dell'atto deglutitorio. La disfagia è un disturbo molto grave e complesso, sia per l’entità e l’alta specializzazione delle strutture coinvolte, sia per le sequele cliniche e sociorelazionali che possono derivarne. Infatti, oltre alle gravi complicanze di tipo fisico (affezioni polmonari, malnutrizione, disidratazione), si deve tener conto anche dei fattori psicologici legati a questo problema. Un aspetto a cui è necessario prestare maggiore attenzione è quello legato alla compromissione della qualità della vita: la disfagia è un vero e proprio handicap [Linee Guida FLI, 2007], un problema debilitante che si manifesta in stretta relazione con riduzione di attività psicologiche e sociali, riduzione di autostima, sicurezza, capacità lavorativa e svago [Ekberg et al, 2002].. Per non parlare degli alti costi ad essa legati: la gestione della disfagia orofaringea è complessa e costosa, e richiede sia nella fase diagnostica sia in quella terapeutica un’ampia rete di esperti, costituita da medici specialisti e da altro personale sanitario, strutture e attrezzature dedicate (strumentazione diagnostica, aspiratore, materiali di gestione, altro). In questo complesso quadro, si può comprendere l'importanza che può assumere la presa in carico riabilitativa di un paziente disfagico, specialmente dopo la nascita di chirurgie di tipo funzionale (laringectomie parziali e subtotali) e ricostruttivo (ricostruzione tramite lembi) della laringe, che mirano, non soltanto alla eradicazione della malattia, come avveniva in passato [Schindler et al. 2010], ma anche e soprattutto, alla ripresa funzionale ed al tentativo di fornire una vita sociale il più normale possibile. È stato inoltre dimostrato che un’adeguata gestione della disfagia riduce il rischio di complicanze ed i costi ad esse associate. [Linee Guida FLI, 2007]
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Nei pazienti affetti da disfagia post-chirurgia delle vie aereo-digestive superiori è fondamentale, ai fini riabilitativi, valutare la nuova dinamica deglutitoria e correggerla mediante adattamenti posturali e/o interventi chirurgici correttivi. Questa tesi nasce con lo scopo di dimostrare quanto, per la riabilitazione logopedica del paziente disfagico, sia indispensabile un'accurata valutazione della deglutizione e di tutti i fattori che possono su questa incidere. Ruolo fondamentale in questo senso è svolto dalla tecnica diagnostica radiologica Videofluoroscopia che, assieme alla Videoendoscopia, risulta il gold standard nella valutazione di questi disturbi. Sono stati portati avanti vari studi nel cercare di dimostrare la superiorità dell'una o dell'altra tecnica, che però hanno portato solo conferme del fatto che questi esami sono equivalenti e riescono a fornire informazioni complementari.
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1. ANATOMIA DELLA DEGLUTIZIONE La deglutizione è un meccanismo complesso che prevede l'azione coordinata e sincronizzata di varie strutture anatomiche, quali : •
Cavità orale ( labbra, denti, guance, palato, lingua, ghiandole salivari)
•
Faringe
•
Laringe
•
Esofago
[Spadola Bisetti, 2001]
La stazione terminale della deglutizione è, infine, lo stomaco, in cui avviene la digestione degli alimenti ingeriti.
Fig. 1. Vie aero-digestive
1.1 Cavità orale Prima parte del canale alimentare localizzata nel blocco facciale, è descritta come una cavità tappezzata da mucosa, cui si accede tramite la rima buccale. Topograficamente possiamo distinguere due parti fra loro in successione: − vestibolo della bocca, delimitato anteriormente da labbra e guance, posteriormente dalle arcate gengivodentali. − cavità buccale propriamente detta, situata tra il vestibolo della bocca e l'istmo delle fauci che, nell'occlusione delle arcate gengivodentali, è occupata quasi interamente dalla lingua. [Balboni, 2000]
Vestibolo della bocca Le labbra, distinte in superiore ed inferiore, sono due pieghe muscolo-cutanee che circondano l'orifizio che introduce alla cavità orale, la rima buccale.
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Sono composte da tre strati (cutaneo, muscolare, mucoso) di cui quello intermedio è costituito da fasci muscolari facenti parte della muscolatura mimica, come ad esempio il muscolo orbicolare delle labbra, importante ai fini della deglutizione. [Spadola Bisetti, 2001; Balboni, 2000]
Le guance sono lamine cutaneo-mucose che delimitano lateralmente il vestibolo della bocca. Esse sono formate da una lamina di muscolatura striata (composta principalmente dal muscolo buccinatore) rivestita all'esterno da cute, all'interno da mucosa. La faccia mucosa è applicata alle arcate gengivodentali. Nello spessore della parte posteriore delle guance si trova un corpo adiposo (Bolla di Bichat) accumulo di grasso avvolto dentro una capsula fibrosa con la funzione di materiale di riempimento.[Balboni, 2000]
Le arcate gengivodentali, superiore ed inferiore, durante la loro occlusione isolano il vestibolo della bocca dalla cavità buccale propriamente detta. Sono formate dai processi alveolari delle ossa mascellari (superiori) e della mandibola (inferiori), ricoperti da una tonaca mucosa che costituisce le gengive e dai denti, impiantati in cavità definite alveoli dentali.
I denti, che nell'adulto in condizioni ottimali si presentano in numero di 32, si suddividono tra le due arcate dentarie: 16 nell'arcata mascellare e 16 in quella mandibolare (per ogni arcata vengono così classificati: 4 incisivi, 2 canini, 4 premolari, 6 molari). I denti sono i principali organi deputati alla masticazione che avviene principalmente per l'azione di quattro muscoli presenti bilateralmente: i masseteri, i temporali, gli pterigoidei interni ed esterni. I muscoli temporali, masseteri e pterigoidei interni esplicano la loro azione elevando la mandibola contro la mascella, esercitando una notevole forza. Gli pterigoidei esterni collaborano all'apertura della bocca, ma la loro azione principale è quella di spostare in avanti i condili mandibolari con i relativi dischi articolari in modo che la mandibola venga protrusa ed i denti incisivi inferiori
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vengano a porsi in corrispondenza dei superiori. La mandibola, inoltre, viene retratta dai fascicoli posteriori dei muscoli temporali. Durante la triturazione del cibo, gli pterigoidei interni ed esterni di un lato esercitano la loro azione spostando in avanti il corrispondente lato della mandibola, mentre il condilo controlaterale resta relativamente fisso muovendosi solo lateralmente. [Spadola Bisetti, 2001]
Cavità buccale propriamente detta La cavità buccale propriamente detta [Balboni, 2000] presenta quattro pareti: una parete anterolaterale – data dalle arcate gengivodentali già descritte – una parete superiore o volta, una parete inferiore o pavimento ed una parete posteriore. La volta è costituita dal palato, struttura formante una divisione tra cavo orale e cavità nasali. Presenta nei suoi due terzi anteriori una parte ossea costituita dai processi palatini del mascellare e dalle lamine orizzontali delle ossa palatine, denominata palato duro. Il terzo posteriore, denominato palato molle o velo palatino, è invece composto da una lamina fibro-muscolare che nel suo margine libero posteriore presenta un'appendice centrale, l'ugola palatina. A partire dall'ugola, procedendo in direzione laterale, il margine libero si sdoppia da ciascun lato nei due archi palatini (glossopalatino e faringopalatino), prolungamenti muscolari che connettono il palato molle a lingua e faringe. Il palato molle partecipa attivamente alla deglutizione, infatti, elevandosi durante gli atti deglutitori permette di isolare il rinofaringe rispetto alla cavità orale. Cinque muscoli per ogni lato consentono al palato molle di partecipare: il muscolo elevatore del velo e il muscolo tensore del velo, consentono la chiusura del rinofaringe; il muscolo dell'ugola accorcia la lunghezza del velo; il muscolo glossopalatino restringe l'istmo delle fauci abbassando il velo e innalzando la base della lingua il faringopalatino riduce l'istmo faringo-nasale riavvicinando gli archi posteriori e contribuendo all'innalzamento di faringe e laringe. [Spadola Bisetti, 2001]
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Il pavimento della cavità orale propriamente detta è composto dal solco sottolinguale e, in gran parte, dalla lingua.
La lingua [Balboni, 2000] è un organo muscolo-mucoso molto mobile in cui si distinguono una parte buccale (o corpo o parte libera) posta anteriormente ed una parte posteriore faringea (o base) che profondamente prosegue nella radice, parte non visibile della lingua, attraverso la quale l'organo si connette ai suoi punti di attacco ossei (mandibola, osso ioide, processi stiloidei). La lingua è formata da uno scheletro di lamine fibrose su cui si dispongono muscoli estrinseci – che hanno origine al di fuori della lingua e a questa pervengono – tra cui genioglosso, ioglosso, condroglosso, stiloglosso e milojoideo, con inserzioni sull'osso ioide e sulla madibola; e muscoli intrinseci – che presentano origine ed inserzione nella compagine della lingua stessa – che, in base al loro orientamento nello spazio, vengono distinti in muscoli longitudinali superiore ed inferiore, trasverso e verticale. La lingua svolge compiti essenziali nell'assunzione del cibo, nella masticazione, nella formazione del bolo e nella deglutizione. Inoltre, è sede principale della sensibilità gustativa dato che nella mucosa che riveste i muscoli sopracitati, si ritrova la maggior parte delle papille gustative ( papille fungiformi, circumvallate, foliate) formanti quello che funzionalmente può essere definito “organo del gusto”. Le terminazioni gustative sono in grado di riconoscere quattro sapori (dolce, amaro, salato, aspro), ma con diversa sensibilità in varie zone del cavo orale. Inoltre, su tutto il dorso della lingua sono distribuite papille dette “filiformi” con funzione esclusivamente meccanica e tattile.
Annesse alla cavità orale sono le ghiandole salivari, distinte in ghiandole salivari maggiori (parotide, sottomandibolare e sottolinguale) e minori o intramurali (ghiandole labiali, malari, palatine e linguali). Tutte queste ghiandole sono composte da cellule a secrezione sierosa e mucosa in grado di produrre un secreto che nel suo inseme viene detto saliva.
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La saliva può assolvere varie funzioni: lubrificare le pareti della bocca, operare una prima digestione dei polisaccaridi grazie ad alcune proteine enzimatiche che la compongono, assicurare un'azione antibatterica grazie a sostanze come il lisozima e le immunoglobuline IgA; inoltre, può favorire la formazione del bolo alimentare riducendone la consistenza ed aumentandone coesione e scivolosità. [Balboni, 2000]
La parte posteriore della cavità buccale propriamente detta è costituita dall'istmo delle fauci, punto di comunicazione tra bocca e faringe delimitato superiormente dal margine libero del palato molle con l'ugola, inferiormente dalla base della lingua, lateralmente dalle arcate palatine. [Balboni,2000]
1.2 Faringe La faringe [Spadola Bisetti, 2001; Balboni, 2000] è una struttura muscolomembranosa impari mediana situata nella testa e nel collo – la cui forma può essere schematizzata in un cono tronco – che si presenta come un condotto che decorre verticalmente dalla base cranica sino a livello della 6° vertebra cervicale, per una lunghezza totale di 13-15 cm. È un tratto del canale digerente posto al di dietro delle cavità nasali, della cavità orale e della laringe. Dà passaggio al bolo alimentare che, formatosi nella bocca, vi perviene attraverso l'istmo delle fauci con la deglutizione e prosegue nell'esofago. Costituisce anche parte delle vie aeree in quanto riceve aria dalle cavità nasali immettendola nella laringe. [Balboni, 2000]
Suddivisione topografica Da un punto di vista topografico è possibile riconoscere tre settori: •
parte nasale o rinofaringe
•
parte buccale o orofaringe
•
parte laringea o laringofaringe
[Spadola Bisetti, 2001; Balboni, 2000]
Il rinofaringe, che comunica con le cavità nasali tramite le coane, è posto tra
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l'estremità superiore della faringe e la faccia superiore del palato molle che, durante la deglutizione, si dispone orizzontalmente ed esclude il rinofaringe dalla via che il bolo alimentare percorre. Si estende lateralmente descrivendo i cosiddetti “recessi faringei”. Fra le particolarità va segnalata la tonsilla faringea, organo linfoepiteliale situato al centro della sua volta, e il torus tubarico, corrispondente allo sbocco faringeo della Tuba di Eustachio e presente bilateralmente nelle pareti laterali a livello del bordo delle coane.
L'orofaringe è compresa tra la faccia inferiore del palato molle e un piano orizzontale che passa per il margine superiore dell'osso ioide a livello della base linguale. Si apre a livello della cavità orale tramite l'istmo delle fauci e in tale settore si trovano bilateralmente, tra la radice della lingua e la porzione libera dell'epiglottide, le vallecole glosso-epiglottiche.
L'ipofaringe è compresa tra la base della lingua e l'estremità superiore dell'esofago, è posta in comunicazione con la laringe tramite l'ostio laringeo, in prossimità del quale sono rilevabili due recessi bilaterali denominati “seni piriformi”.
Mentre la parte anteriore della faringe risulta largamente incompleta a causa delle aperture sopracitate, la parte posteriore è totalmente chiusa. Lungo la linea mediana è distinguibile un sottile cordone fibroso denominato “rafe faringeo”, dal quale si dipartono tutti i muscoli che si inseriranno anteriormente a strutture ossee o cartilaginee. La parete [Spadola Bisetti, 2001] è costituita dall'interno verso l'esterno da tre strati: tonaca mucosa, fibroelastica (fascia faringea), muscolare, avventizia. In particolare, la tonaca muscolare è costituita da muscoli striati disposti in lamine formanti, in modo pari e simmetrico, i muscoli costrittori superiore, medio e inferiore, gruppi muscolari che si distendono dall'alto verso il basso
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sovrapponendosi parzialmente fra di loro. L'azione complessiva dei muscoli costrittori consente l'avvicinamento posteroanteriore e latero-laterale delle pareti della faringe. I costrittori medi ed inferiori, inoltre, portano verso l'alto la faringe, accorciandola, ed elevano la laringe. Vi sono, inoltre, due gruppi pari e simmetrici di muscoli estrinseci che agiscono quali elevatori della faringe: i muscoli palatofaringei, con la loro contrazione restringono la zona di passaggio tra faringe e cavità nasali ed innalzano la faringe durante la deglutizione, mentre i muscoli stilofaringei, oltre ad elevare la faringe, ne aumentano i diametri anteroposteriore e trasverso. [Spadola Bisetti, 2001]
1.3 Laringe La laringe [Balboni, 2000] è un organo impari e mediano a forma di piramide tronca con la base rivolta verso l'alto, situato nella parte media e anteriore del collo. Essa è posta: al di sotto dell'osso ioide e della lingua, ai quali è intimamente legata e dei quali segue tutti i movimenti; al davanti della faringe, con la quale comunica mediante una larga apertura (aditus ad laringem), che corrisponde alla sua base; al di sopra della trachea, con la quale è in continuità. La sua proiezione posteriore
Fig. 2. Laringe
corrisponde al tratto compreso tra la 4° e la 6° vertebra cervicale per una lunghezza complessiva di circa 4 – 5 centimetri. Organo dell'apparato respiratorio, oltre a permettere il passaggio dell'aria inspirata ed espirata, è la sede fondamentale della funzione fonatoria. Inoltre, svolge un ruolo di primaria importanza durante la deglutizione, in quanto è provvista di un dispositivo di chiusura che durante tale processo impedisce che il bolo alimentare passi nelle vie respiratorie.
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Cartilagini laringee Lo scheletro della laringe [Balboni, 2000] è costituito da una serie di segmenti cartilaginei, uniti tra loro per mezzo di articolazioni e legamenti, la cui mobilità reciproca – oltre che dell'organo in toto – è dovuta alla presenza di un ricco corredo muscolare intrinseco ed estrinseco. Le cartilagini laringee sono nove e si distinguono in tre segmenti impari e mediani (dal basso verso l'alto: cartilagine cricoidea, cartilagine tiroidea ed epiglottide) e in sei segmenti pari e laterali (cartilagini aritenoidee, corniculate e cuneiformi).
La cartilagine cricoide è l'elemento scheletrico fondamentale della laringe in quanto sostiene le altre cartilagini e dà attacco a importanti muscoli. Ha la forma di un anello (formata in avanti da un arco e indietro da una lamina o castone) ed è la parte inferiore dell'organo, posta al di sopra del primo anello tracheale e al di sotto della cartilagine tiroidea, con la quale si articola. La cartilagine tiroide è la più grande delle cartilagini laringee. In forma di scudo, è costituita da due lamine che occupano le parti superiore, anteriore e laterali della laringe e che si fondono anteriormente sulla linea mediana dando origine ad un angolo; la parte più sporgente di questo angolo solleva la cute nella prominenza laringea ( comunemente detta “Pomo d'Adamo”). È situata al di sotto dell'osso ioide e al di sopra dell'arco della cartilagine cricoide, con la quale si articola posteriormente per mezzo di due prolungamenti, denominati corni tiroidei superiore ed inferiore. Le aritenoidi sono due piccole cartilagini dalla forma piramidale situate nella parte posteriore della laringe dove, ai lati della linea mediana, si articolano con la parte superiore della lamina cricoidea. Risultano mobilissime in quanto ricevono l'attacco di numerosi muscoli e formano i capisaldi scheletrici del muscolo vocale. La cartilagine epiglottide, con la forma di una foglia ovalare con il picciuolo unito, per mezzo di un legamento, alla faccia interna dell'angolo della cartilagine tiroide, sovrasta l'apertura superiore della laringe. È posta al di sopra della cartilagine tiroide, dietro l'osso ioide e forma lo scheletro
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di una piega rivestita di mucosa che separa la radice della lingua dalla cavità laringea. L'epiglottide funziona come una valvola che si abbassa a chiudere l'adito alla laringe durante la deglutizione. A queste cartilagini principali si aggiungono piccole cartilagini accessorie che sono le cartilagini corniculate (di Santorini), le cartilagini cuneiformi (di Morgagni) e altre minori, per lo più comprese nello spessore di legamenti come le cartilagini triticee). Tutto il complesso fibrocartilagineo sopra descritto insieme alle varie formazioni legamentose e muscolari delimita una cavità tappezzata da tonaca mucosa, al di sotto della quale si trova una membrana elastica che in più punti si fissa alle cartilagini. [Balboni, 2000]
Struttura interna Vista dall'interno la laringe si presenta larga nella sua parte superiore ed inferiore, mentre nella sua parte media ha l'aspetto di una fessura sagittale per la presenza, da ciascun lato, di due rilievi orizzontali a direzione antero-posteriore che si trovano uno sopra l'altro. Queste sporgenze sono le pieghe ventricolari (superiori) e le pieghe vocali (inferiori) e permettono di dividere la cavità laringea in tre parti [Spadola Bisetti,2001; Balboni,2000] : •
una zona superiore o sopraglottica, posizionata fra l'aditus laringeo e il bordo delle false corde vocali.
•
una zona media o glottica, corrispondente alle corde vocali e, quindi, sede principale della funzione fonatoria.
•
una zona inferiore o sottoglottica, si estende fra la glottide ed un piano passante per il margine inferiore della cartilagine cricoide, restringendosi verso il basso e proseguendo nella trachea.
Di particolare importanza per quanto concerne i meccanismi deglutitori è la regione sovraglottica detta anche “vestibolo laringeo”, che partecipa attivamente a determinare la chiusura delle vie aeree inferiori durante la deglutizione.
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Questa zona è sormontata superiormente da un orifizio ellittico, detto aditus laringeo, apertura superiore della laringe che la pone in comunicazione con la faringe.
Aditus laringeo L'aditus laringeo [Balboni, 2000] è un orifizio a contorno ovale con l'asse maggiore diretto sagittalmente, obliquo in basso e indietro. Le dimensioni e la forma dell'adito variano con l'età e il sesso, ma soprattutto in rapporto ai movimenti di respirazione, fonazione e deglutizione. È delimitato anteriormente dal margine libero della cartilagine epiglottide, lateralmente e posteriormente da due pieghe della mucosa, le pieghe ariepiglottiche, che congiungono i margini laterali dell'epiglottide con la sommità delle cartilagini aritenoidi. L'aditus alla laringe viene mantenuto aperto oppure viene riaperto dall'elasticità dell'epiglottide che, quando i muscoli costrittori si rilasciano, ritorna come una molla nella sua posizione di riposo.
Nonostante la laringe sia tenuta in posizione dalla sua continuità con la faringe e con la trachea e da legamenti e muscoli che la connettono superiormente all'osso ioide e inferiormente al torace, è un organo molto mobile. Infatti, si innalza e si abbassa attivamente durante la deglutizione, la respirazione e la fonazione, si sposta passivamente con i movimenti della colonna vertebrale e può essere mobilizzata in posizione laterale con la palpazione. [Balboni, 2000] Come già detto, i movimenti della laringe sono assicurati da un ricco corredo muscolare: in particolare, per quanto attiene la meccanica deglutitoria è da citare la funzione dei muscoli ari-epiglottici che decorrono nella parte alta delle pliche omonime e che, con il contributo dei fasci obliqui del muscolo interaritenoideo, riducono i diametri del vestibolo laringeo. [Balboni, 2000] L'innervazione motoria e sensitiva della laringe è fornita dal nervo vago, per mezzo dei suoi rami denominati rispettivamente nervo ricorrente e nervo laringeo superiore. [Spadola Bisetti, 2001]
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1.4 Esofago L'esofago [Spadola Bisetti, 2001, Balboni, 2000] è una struttura tubulare lunga 23-25 centimetri che origina a livello del collo come prosecuzione della faringe per arrivare a terminare nello stomaco. Per la diversa collocazione delle sue parti viene diviso in esofago cervicale, toracico ed addominale. Lungo la sua lunghezza presenta quattro restringimenti: lo sfintere esofageo superiore nel punto di origine dell'esofago cervicale, il punto di incrocio con l'arco aortico a livello della 4° vertebra toracica, il punto di incrocio con il bronco di sinistra poco dopo la biforcazione tracheale, il punto di passaggio attraverso il diaframma.
Nella composizione della parete esofagea [Spadola Bisetti, 2001, Balboni, 2000] si possono distinguere quattro tonache chiamate, dalla più interna alla più esterna: tonaca mucosa, sottomucosa, muscolare ed avventizia. Per quanto riguarda la tonaca muscolare, nel tratto cervicale essa appare essere la diretta continuazione della muscolatura della faringe e risulta formata da sue strati di fasci muscolari striati non sempre ben distinguibili. Il fascio più esterno presenta disposizione longitudinale e non copre l'intera parete posteriore. Il fascio interno ha disposizione circolare. Anteriormente trova inserzione sui margini laterali del tendine dei due fascicoli longitudinali, mentre posteriormente si continua con il muscolo costrittore inferiore della faringe; insieme alla parte inferiore di tale muscolo, che prende il nome di muscolo cricofaringeo, forma lo sfintere esofageo superiore. Nella restante porzione dell'esofago si organizzano progressivamente fascetti di cellule muscolari lisce fino a formare due strati distinti di cui il più esterno a disposizione longitudinale, il più interno a disposizione circolare. Fra i fasci longitudinali e quelli circolari si trovano ulteriori fibre formanti plessi nervosi di pertinenza del metasimpatico.
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1.5 Stomaco Lo stomaco [Spadola Bisetti, 2001] è un organo cavo impari posizionato nella regione dell'ipocondrio sinistro, con la forma di una piccola cornamusa lunga 2830 centimetri. Tappa ultima del meccanismo deglutitorio, fa seguito all'esofago e prosegue nell'intestino tenue.
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2. FISIOLOGIA DELLA DEGLUTIZIONE Si definisce deglutizione la capacità di convogliare sostanze solide, liquide, gassose o miste dall'esterno allo stomaco.[Schindler, 2001] La deglutizione normale implica la partecipazione coordinata e sincronizzata della muscolatura orofaringea, laringea ed esofagea. [Dodds, 2008]
2.1 Fasi della deglutizione La fenomenologia della deglutizione adulta può essere suddivisa in sette fasi: [Logemann, 1983; Owens et al., 2000; Schindler e Juliani, 1998] •
Fase anticipatoria
•
Fase di preparazione extraorale
•
Fase buccale o di preparazione orale
•
Fase orale
•
Fase faringea
•
Fase esofagea
•
Fase gastrica
Fig. 3. Fasi della deglutizione (da: Bartolome G. et al., Schluckstörungen.Diagnostik und Rehabilitation. Urban U. Fisher, München, Jena, 1999)
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Fase 0: Anticipatoria La fase anticipatoria comprende le modificazioni che coinvolgono il cavo orale e faringeo prima che il cibo oltrepassi lo sfintere labiale. [Owens et al., 2000] Lo scopo è di preparare le strutture adibite a deglutizione e digestione affinchè possano svolgere al meglio tali funzioni. Fondamentali in questa fase sono gli input sensoriali (vista, olfatto), i quali combinati con ricordi impliciti ed espliciti, esperienze personali e fattori culturali, stimolano modificazioni nella secrezione salivare e gastrica e nel tono della muscolatura liscia e striata. Questa fase può avere sia un significato di preparazione ad una migliore deglutizione e digestione, sia un significato opposto; infatti, a molti capita che il solo odore di alcuni cibi evochi conati di vomito, se non fenomeni di rigurgito o vomito veri e propri. [Schindler, 2001]
Fase 1: Preparazione extra-orale delle sostanze La fase di preparazione extra-orale comprende tutte le modificazioni di consistenza, viscosità, dimensioni e temperatura del cibo che dovrà essere introdotto nel cavo orale. [Schindler e Juliani,1998] L'importanza di questa fase da un punto di vista riabilitativo è enorme, dal momento che la modificazione delle caratteristiche degli alimenti è uno dei capisaldi della riabilitazione della deglutizione. [Fujiu-Kurachi, 1999; O'Gara, 1990] Ancora in questa fase rivestono un ruolo fondamentale fattori culturali ed esperenziali: il cibo preparato dovrà essere appetibile ed invitante, invogliando il paziente ad alimentarsi. Alimentarsi deve essere un piacere, non un tormento o un momento neutro ed asettico.
Fase 2: Buccale o di preparazione orale È la fase in cui avviene l'assunzione del cibo e l'insieme delle modificazioni intraorali che ne permettono la trasformazione in bolo pronto ad essere deglutito.
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[Schindler et al., 1990] Si distinguono: un momento di ingestione in cui il cibo oltrepassa lo sfintere labiale, uno di trasferimento alla regione post-canina, in cui può avere luogo la masticazione e uno di formazione del bolo, grazie alla sua insalivazione e persalivazione. L'assunzione degli alimenti varia a seconda delle loro caratteristiche, dell'età e delle abilità buccali del paziente. Infatti, questa fase richiede un buon controllo muscolare sia volontario che involontario, si osservano: chiusura dello sfintere labiale tramite contrazione dell'orbicolare della bocca, movimenti laterali e rotatori della mandibola per l'azione combinata dei muscoli elevatori della mandibola e dei loro antagonisti, movimenti laterali e rotatori della lingua (muscoli intrinseci della lingua), protrusione anteriore del palato molle che permette un allargamento della via nasale e riduzione della caduta pre-deglutitoria del cibo in faringe. [Schindler, 2001] Infine, si può notare che in questa fase è come se il cavo orale si chiudesse come una “scatola”, tale situazione è mantenuta anche da un continuo tono buccale e facciale dei muscoli facciali (ad esempio muscolo buccinatore in primis). Delle cinque azioni neuromuscolari caratteristiche di una normale preparazione orale, il movimento laterale e rotatorio della lingua è il più critico per il controllo del bolo nella bocca. Infatti, la lingua deve posizionare il bolo sulle superfici superiori dei denti, mescolarlo con la saliva e riposizionarlo sui denti; senza questo fine controllo il bolo potrebbe spargersi irregolarmente nella bocca o cadere prematuramente in faringe. Alla fine della preparazione buccale, la lingua assembla in una piccola “palla” i pezzi di cibo sparsi nelle varie parti della bocca; dopodiché, generalmente lo circonda e lo tiene verso la parte centrale del palato immediatamente prima dell'atto deglutitorio. È durante la fase di preparazione orale che hanno luogo le funzioni “intelligenti” della bocca sia cognitive, cioè di conoscenza di quanto introdotto in bocca, sia volitive e di decision making, cioè di decisione del destino di quanto è stato
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introdotto. [Schindler, 2001]
Fase 3: Orale Della durata inferiore al secondo, inizia quando la lingua innesca la propulsione posteriore del bolo e ha fine nel momento in cui viene elicitato il riflesso deglutitorio. [Logemann, 1989] Durante tale processo la mandibola e lo sfintere labiale, grazie al tono dei muscoli temporale, massettere, pterigoideo interno ed esterno e muscoli buccali, vengono mantenuti chiusi per evitare la fuoriuscita del bolo dalla bocca. La lingua [Schindler, 2001], con la punta fissa sul palato duro e i lati sulla faccia orale dell'arcata dentaria superiore, compie un movimento propulsivo in alto e indietro, entra in contatto con il palato duro e, con un'azione di schiacciamento e di rotolamento, spinge il bolo fino al suo confine posteriore verso l'orofaringe. Tale movimento potrebbe essere attribuito all'azione del muscolo genio-glosso. Come già detto, il bolo così sospinto non oltrepassa i pilastri palatini anteriori finché non viene triggerato il riflesso deglutitorio: momento di passaggio tra le fasi orale e faringea e termine del controllo deglutitorio volontario. [Schindler, 2001]
Fase 4: Faringea È forse la fase deglutitoria più complessa, la cui durata – solitamente inferiore al secondo – varia a seconda delle caratteristiche e del volume del bolo. Inizia nel momento in cui il bolo oltrepassa lo sfintere palato-glosso e termina con il superamento dello sfintere crico-faringeo (o esofageo superiore). [Schindler, 2001]
Al termine della fase orale, il bolo stimola la zona compresa tra base della lingua, pilastri palatini anteriori e faccia buccale del velo palatino, determinando l'innesco del riflesso deglutitorio. Si verificano, allora, una serie di modificazioni muscolari in sequenza che determinano un passaggio da una configurazione respiratoria del canale faringeo
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ad una deglutitoria, per poi tornare a quella respiratoria iniziale [Schindler, 2001] : 1. apertura dello sfintere palato-glosso 2. chiusura dello sfintere velo-faringeo (muscoli elevatore e tensore del velo e palatofaringeo nonchÊ del costrittore faringeo superiore), con la funzione di evitare il passaggio del bolo in rinofaringe e favorire la spinta del bolo verso il basso. 3. inizio della peristalsi faringea (muscoli costrittori faringei superiore e medio), che contribuisce alla spinta del bolo verso l'esofago. 4. elevazione del complesso iodo-laringeo e chiusura dello spazio glottico con: abbattimento dell'epiglottide con movimento antero-posteriore, adduzione delle corde vocali vere e delle corde vocali false, avvicinamento antero-posteriore di epiglottide e aritenoidi. L'elevazione laringea avviene grazie alla contrazione dei muscoli sovralaringei e rilasciamento di quelli sottolaringei; la chiusura del vestibolo laringeo coinvolge il muscolo tiroaritenoideo, cricoaritenoideo posteriore e interaritenoideo, l'abbattimento dell'epiglottide è il risultato del movimento superiore e anteriore dell'intera laringe. 5. rilasciamento dello sfintere cricofaringeo (o esofageo superiore): dovuto allo spostamento laringeo, alla diminuzione del tono del muscolo cricofaringeo e all'azione meccanica del bolo.
Fase 5: Esofagea Ha inizio con il passaggio del bolo oltre lo sfintere esofageo superiore (UES) e termina con il superamento dello sfintere esofageo inferiore (LES). Questa transizione, della durata tra gli 8 e i 20 secondi è caratterizzata da onde peristaltiche a carico della muscolatura liscia esofagea con progressione craniocaudale. [Logemann, 1983]
Fase 6: Gastrica Comprende tutto il periodo in cui il bolo permane all'interno della tasca gastrica: dall'ingresso tramite lo sfintere esofageo inferiore sino al suo scaricarsi nel
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duodeno, oltrepassando la valvola pilorica. [Schindler, 2001] Durante tale processo si rileva l'azione della muscolatura liscia gastrica, mentre gli sfinteri pilorico ed esofageo inferiore rimango contratti tonicamente.
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3. LA DISFAGIA 3.1 Definizione e prevalenza Con il termine disfagia o disabilità deglutitoria si intende un qualsiasi disagio nel deglutire (aspetto soggettivo del cliente) o qualsiasi disfunzione deglutitoria obiettivamente rilevabile, caratterizzata dall'alterazione di una o più fasi della meccanica dell’atto deglutitorio, derivante dall'alterazione anatomo-funzionale delle strutture adibite a tale processo, che si manifesta come difficoltà o impossibilità di attuare un'alimentazione orale autonoma e sicura. [Schindler, 2001] La disfagia non è una malattia, ma un sintomo – se avvertita dal paziente – o un segno clinico – se ravvisata dal clinico, che può presentarsi isolatamente o associato a quadri sindromici. [Linee Guida FLI, 2007]
La prevalenza della disfagia può essere valutata al 20% della popolazione generale, ma questo dato è variabile a seconda delle modalità di indagine e della popolazione presa in esame: è presente nel normale processo di invecchiamento (circa il 20% della popolazione dopo i 50 anni), ma aumenta, ad esempio, in riferimento alla popolazione anziana delle case di riposo o nursing homes (nelle strutture residenziali per anziani la prevalenza della disfagia orofaringea raggiunge valori compresi fra il 40% e il 60% ) [Steele, 1997; Kaiser-Jones,1999], negli ospedali per acuti (12-13%)[Groher,1986], in
pazienti con accidenti
vascolari, nei traumatizzati cranici, in pazienti con esiti di patologie neurologiche e pazienti oncologici cervico-facciali. Viene, inoltre, stimato che circa il 40% delle morti dei pazienti con stroke sia dovuto a disfagia. [Schindler, 2011]
3.2 Eziologia Le patologie, causa del sintomo disfagia sono numerosissime e la loro identificazione è indispensabile per conoscere il decorso e la prognosi della
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disfagia, oltre all'eventuale possibilità di una terapia eziologica. Ovviamente, fondamentale è anche la conoscenza del meccanismo e deficit anatomico o fisiologico alla base di tale sintomo. Generalmente viene utilizzata una suddivisione tra disturbi della deglutizione in età evolutiva, in età adulta e senile.
Per quanto riguarda l'età adulta e senile, devono essere prese in considerazione principalmente
due
condizioni
patologiche:
patologie
neurologiche
ed
oncologiche del distretto cervico-facciale, con relativi esiti chirurgici. [Schindler, 2011]
3.2.1 Disfagie oncologiche Generalmente, tutti i tumori delle vie aereo-digestive superiori possono causare disfagia. Nel caso di neoformazioni benigne, la difficoltà è legata unicamente all'ostruzione della via di transito del bolo. Le neoplasie maligne, invece, possono causare disfagia non solo per la loro massa, ma anche per la perdita di funzionalità dei muscoli invasi, per le alterazioni motorie e il dolore provocati dalle infiltrazioni delle strutture nervose. [Ruoppolo, 2001]
In molti casi l’exeresi chirurgica delle neoformazioni provoca una disfagia maggiore di quella legata al tumore asportato. [Logemann,1993; Schindler, 2001]
Gli esiti funzionali (principalmente funzionalità deglutitoria e fono-articolatoria) variano in relazione alla sede e all'estensione della neoplasia, alla tecnica chirurgica utilizzata ed alla possibile combinazione terapeutica con radioterapia e chemioterapia. [Logemann,1993] Si può affermare, genericamente, che la gravità della disfagia dipenda dalla sede e dall'estensione dell'exeresi chirurgica, ma soprattutto dalle strutture coinvolte: il danno dovuto all'escissione di strutture con compiti funzionali più complessi
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(propulsivo o sfinterico) sarà più grave rispetto al danneggiamento di strutture statiche con sola funzione di sostegno o contenimento. [Schindler, 2001; Ruoppolo, 2011] Altra variabile da considerare è la validità funzionale delle tecniche ricostruttive utilizzate, ad esempio, l'utilizzo di lembi peduncolati, molto utile per la restitutio ad integrum anatomica, non sempre può garantire massimi risultati da un punto di vista deglutitorio a causa di deficit senso-motori. [Pauloski,2008]
In base a quanto detto, è possibile effettuare una suddivisone funzionale delle varie strutture: [Logemann,1997] •
strutture statiche: le escissioni a carico del palato e dell'arcata alveolodentale superiore sono di solito ben compensate dall'uso di dispositivi protesici.
•
strutture di contenimento: le guance e le pareti laterali della cavità orale possono essere ricostruite e le interferenze sulle fasi orali della deglutizione non sono usualmente molto gravi.
•
strutture dinamiche: interventi a carico della lingua, della faringe e della laringe possono creare seri problemi, data l'importanza delle funzioni sensoriali e motorie che tali strutture esercitano sulla deglutizione.
Chirurgia del cavo orale Nel caso di un coinvolgimento delle strutture del cavo orale (lingua, labbra, palato duro e molle) saranno compromesse maggiormente le fasi buccale e orale della deglutizione.
Lingua Escissioni della porzione mobile della lingua, indicate per tumori circoscritti, possono comportare deficit nella preparazione del bolo, nella sua propulsione con rallentamento del transito e presenza di residui orali, con la necessità di più atti deglutitori per eliminarli.
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Deficit funzionali analoghi possono essere causati da exeresi di neoformazioni del pavimento orale, specialmente se la ricostruzione prevede l'ancoraggio della lingua al pavimento stesso. [Ruoppolo, 2011]
Ampie exeresi della base linguale possono determinare gravi deficit, quali aumento del tempo di preparazione e trasporto orale del bolo e ridotta efficienza propulsiva faringea [Hirano,1992; Borggreven,2007], strettamente correlati a quelle che sono le importanti funzioni della base della lingua (contenimento del bolo in fase di preparazione orale, propulsione in fase faringea). Resezioni maggiori del 25% possono comportare deficit nello scatenamento del riflesso deglutitorio e difficoltà nel clearing faringeo, con conseguente grave aspirazione. Tali difficoltà aumentano con l'incremento della viscosità del bolo che richiede una maggiore preparazione orale (solidi, semisolidi). [ Zuydam, 2000]
Nei tumori molto avanzati è indicata la glossectomia totale con ricostruzione tramite lembo mio-cutaneo del grande pettorale o antibrachiale o di altri lembi liberi. Si verificano deficit di propulsione e caduta predeglutitoria del bolo, aggravati da ridotta elevazione della laringe conseguente all'asportazione di una significativa porzione della muscolatura sopraioidea. [Tiwari, 1989] Il rischio di aspirazione dei residui orali può essere tale da imporre nel 4-17% dei casi, una laringectomia totale secondaria.[De Campora,1990]
È possibile ridurre la gravità dei deficit funzionali sopradescritti tramite la ricostruzione con lembi [Borrgre-ven, 2007]: l'uso di lembi microvascolari flessibili e sottili (ad esempio l'antibrachiale), permette una migliore motricità linguale rispetto all'utilizzo di lembi peduncolati (miocutaneo del grande pettorale), con massa maggiore e caratteristiche dinamiche meno favorevoli. Inoltre, associando alla ricostruzione un adeguato trattamento riabilitativo sarà possibile assumere alimenti per via orale, purchè permanga la presenza di capacità
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sensoriali residue e vengano esclusi cibi semisolidi e solidi che richiedono una maggiore preparazione orale.
Mandibola Si possono verificare diffusioni della neoplasia dalla lingua e dal pavimento orale all'osso mandibolare; in tal caso, si procede con tecniche chirurgiche demolitive che prevedono ampie resezioni della mandibola (composite resection) oppure resezioni sagittali o verticali, con ripristino della continuità ossea tramite placche o lembi osteo-cutanei o osteo-mio-cutanei rimodellati. Saranno conseguenti una perdita della sensibilità per resezione del nervo alveolare inferiore e compromissione della funzione masticatoria, per la mancanza di elementi dentari, per il dislocamento del moncone residuo e per la perdita di inserzione dei muscoli masticatori. La perdita di inserzione dei muscoli sopraioidei e linguali comporta deficit delle fasi orali, possibile ptosi linguale con difficoltà respiratorie e deficit di elevazione laringea. [Urken, 2003]
Palato Le exeresi del palato duro non comportano gravi deficit funzionali per le ampie possibilità ricostruttive tramite lembi e per l'utilizzo di dispositivi protesici, quali otturatori palatali modellati su misura.
Interventi sul palato molle vengono eseguiti per via endorale e da un punto di vista funzionale deglutitorio possono comportare deficit di contenimento orale del bolo, quali reflusso nasale e/o caduta pre-deglutitoria in faringe. Si può intervenire chirurgicamente tramite velo-faringoplastica o plastica di scorrimento; è possibile anche l'utilizzo di protesi palatali dotate di otturatore rinofaringeo. Parte del velo palatino può essere sacrificata anche nel contesto di più ampie escissioni chirurgiche di tumori tonsillari.
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La gravità degli esiti condotti sulla loggia tonsillare [Ruoppolo, 2011] varia in relazione all'estensione del tumore ed alle conseguenti necessità demolitive. Tra le possibili sequele funzionali sono degne di nota la emimandibolectomia, exeresi di parte del velo e la emiglossectomia, con necessità del sacrificio parziale o totale della base lingua, i cui deficit associati sono stati già descritti.
Chirurgia laringea La laringe svolge un ruolo cruciale nel difendere le vie respiratorie dall'aspirazione di materiale alimentare durante la deglutizione. Per questo, exeresi parziali della laringe, possono provocare disfagia per alterazioni a carico di: •
meccanismi di propulsione (base della lingua, costrittori faringei)
•
via di transito del bolo (seni piriformi, sfintere esofageo superiore)
•
sensibilità faringo-laringea (per sezione del nervo laringeo superiore)
•
meccanismi di protezione (epiglottide, base della lingua, motilità delle corde vocali, elevazione della laringe). [Cusaro,1990; Piquet,1992]
I principali interventi che interferiscono con la funzione deglutitoria sono la laringectomia orizzontale sovraglottica e la laringectomia subtotale. Tali interventi per quanto riguarda gli esiti funzionali , presentano alcuni elementi comuni [Logemann et al., 1994], tra i quali: riduzione di efficienza sfinterica della neo-laringe, posizione più alta della glottide con riduzione della distanza tra cavo orale e neo-laringe, riduzione di efficienza della propulsione della base lingua impegnata maggiormente nel compenso sfinterico, possibile formazione di recessi para-neoglottici e di conseguenti ristagni post-deglutitori.
Laringectomia Orizzontale Sopraglottica È una tecnica chirurgica di tipo conservativo che consiste nell'asportazione del 1/3 antero-superiore della cartilagine tiroide con la loggia io-tiro-epiglottica, l'epiglottide e le corde vocali false. La chiusura della neo-laringe viene assicurata dal contatto tra le aritenoidi, elevate
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ed avanzate, e la base della lingua, arretrata, nonché dal contatto delle corde vocali. Sono possibili deficit deglutitori per alterazioni della sensibilità faringo-laringea (per sezione del nervo laringeo superiore) o per riduzione della motilità cordale. [Ruoppolo, 2011]
Laringectomia Sovraglottica allargata alla base della lingua Intervento che, rispetto al precedente, prevede l'exeresi dell'osso ioide e della metà in senso orizzontale della base della lingua. Le
possibilità
di
recupero
funzionale
deglutitorio
sono
maggiormente
compromesse, poiché il ridotto volume residuo della base della lingua rende più difficoltoso il contatto di quest'ultima con le aritenoidi e, inoltre, la perdita di aree di mucosa molto sensibili al passaggio del bolo può determinare un ritardo nell'innesco del riflesso deglutitorio. [Schindler, 2001]
Laringectomie subtotali Tecniche chirurgiche di tipo ricostruttivo, tra cui vengono distinte due principali varianti di intervento [Schindler, 2001; Schindler, 2011]: secondo Mayer-Piquet e secondo Labayle. •
La laringectomia subtotale con crico-ioido-epiglotto-pessia (secondo Mayer-Piquet) prevede la conservazione dei 2/3 dell'epiglottide e di una o entrambe le aritenoidi. Prevede, quindi, la rimozione della cartilagine tiroide, di parte dell'epiglottide e di una aritenoide. La cartilagine cricoide ed i 2/3 superiori dell'epiglottide vengono uniti (pessia) all'osso ioide; può esservi un associato svuotamento laterocervicale.
•
La laringectomia subtotale con crico-ioido-pessia (secondo Labayle) prevede la rimozione della cartilagine tiroide, di tutta l'epiglottide, con conservazione di una o due aritenoidi. In questo caso, la legatura avviene tra la cartilagine cricoide con le aritenoidi risparmiate e l'osso ioide. [De Vincentis, 1996]
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Nelle laringectomie subtotali, il recupero delle funzioni laringee è sostanzialmente affidato al risparmio dell'unità crico-aritenoidea [Ruoppolo, 2011] che è costituita da: •
scheletro fibrocartilagineo: cartilagini cricoide e aritenoide
•
articolazione crico-aritenoidea e sua capsula
•
apparato muscolare: cricoaritenoideo posteriore e laterale
•
apparato vascolo-nervoso: nervo ricorrente, arteria laringea posteroinferiore
•
piano di copertura rappresentato dalla mucosa aritenoidea.
La deglutizione è quindi consentita dall'attività sfinterica dell'unità cricoaritenoidea: la neo-glottide si chiude grazie ad una rotazione del corpo dell'aritenoide in avanti, in basso ed all'interno dovuta alla contrazione del muscolo cricoaritenoideo laterale ed al rilassamento del cricoaritenoideo posteriore e si apre per la dinamica muscolare opposta. Nel caso di conservazione di due aritenoidi, la contrazione dei fasci residui del muscolo interaritenoideo assicura una migliore chiusura posteriore per l'accostamento delle due facce interne dell'aritenoide. In interventi di questo calibro, condizioni necessarie affinché possa svolgersi una corretta dinamica deglutitoria sono la conservazione dell'elevazione laringea e della retropulsione linguale (meccanismo fondamentale nella chiusura del lume della neo-laringe, considerando l'assenza del piano glottico sottoposto ad exeresi). Infine, altre due condizioni fondamentali per un buon recupero funzionale sono la preservazione, in sede chirurgica, del nervo laringeo inferiore e del nervo laringeo superiore, responsabili rispettivamente del controllo motorio e sensitivo della neolaringe. [Ruoppolo, 2011]
3.3 Segni di disfagia La presenza di disfagia può essere annunciata dalla comparsa di alcuni segni clinici tra cui i più importanti sono la penetrazione laringo-tracheale e
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l'aspirazione tracheo-bronchiale. [Gonella, 1990; Mugelli, 2001; Schindler, 2011]
Si definisce penetrazione laringo-tracheale, il passaggio di ingesti nel vestibolo laringeo sino all'ostio glottico, con possibile superamento di quest'ultimo, senza progressione nelle vie aeree (soprattutto per validità del riflesso tussigeno). L'aspirazione tracheo-bronchiale, invece, consiste nel passaggio del bolo nelle vie aeree superiori con superamento del piano glottico e invasione a livello tracheo-bronchiale.
In relazione all'innesco del riflesso deglutitorio, si parla di penetrazione e aspirazione pre-deglutitoria, per-deglutitoria e post-deglutitoria [Gonella, 1990; Mugelli, 2001; Schindler, 2011]: − L'aspirazione pre-deglutitoria (prima della deglutizione) è caratterizzata dall'incapacità di mantenere il bolo nel cavo orale durante le fasi buccale e orale della deglutizione e da una incoordinazione tra fine della fase orale ed inizio della fase faringea. Può essere dovuta ad un' alterata funzionalità linguale e/o all'assenza o ritardo di innesco del riflesso deglutitorio. − L'aspirazione per-deglutitoria (durante la deglutizione) avviene per un deficit di protezione delle vie aeree, dovuto ad una ridotta o assente chiusura laringea (ad esempio per ritardato o incompleto ribaltamento dell'epiglottide) o ad uno scarso innalzamento delle strutture laringee. − L'aspirazione
post-deglutitoria
(dopo
la
conclusione
dell'atto
deglutitorio) si può verificare a causa di ridotta peristalsi faringea, emiparesi faringea o per disfunzioni dell'UES (sfintere esofageo superiore), che comportano la formazione di ristagni di cibo a livello delle vallecule glosso-epiglottiche o dei seni piriformi oppure reflusso o rigurgito di materiale alimentare dallo stomaco all'esofago.
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In tutte queste condizioni, alla riapertura della laringe i residui presenti in faringe possono essere aspirati.
Altri segni di disfagia [Gonella, 1990; Mugelli, 2001; Schindler, 2011] sono il ristagno, il reflusso nasale ed il rigurgito gastro-esofageo: − Per ristagno si intende il blocco di ingesti lungo il canale deglutitorio (vallecule glosso-epiglottiche, seni piriformi, pareti faringee posteriore e laterale, cavo orale o eventuali tasche faringee o diverticoli), causato da un deficit propulsivo o un'ostruzione a valle. − Il reflusso nasale è il passaggio del bolo in rinofaringe per un deficit dello sfintere velo-faringeo o per una mancata coordinazione tra spinta linguale ed elevazione del velo palatino. − Il
rigurgito esofago-faringeo è il passaggio di bolo dall'esofago alla
faringe, dovuto a onde antiperistaltiche, ostruzione dell'esofago cervicale, diverticolo di Zenker.
3.4 Complicanze La disfagia può comportare il sopraggiungere di diverse complicanze a breve e lungo termine. Può influenzare negativamente la qualità di vita del paziente che ne è affetto: sembra determinare una maggiore lunghezza della degenza ospedaliera, un peggior recupero funzionale, una più elevata tendenza all'istituzionalizzazione e una più alta mortalità. [Masotti, 2000; Mugelli, 2001] Essa può avere, però, conseguenze ancora più gravi come denutrizione, disidratazione e affezioni polmonari.
La polmonite ab ingestis è un affezione polmonare causata da accumulo di ingesti (secreti orali e gastrici, alimenti) a livello polmonare, derivante dal
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meccanismo patologico dell'aspirazione, che se non curata adeguatamente può condurre a morte. I soggetti con un riflesso della tosse ridotto presentano un maggior rischio di aspirazione, in quanto questo riflesso ha funzione protettiva delle vie aeree. Alcuni studi [Langmore, 1999] hanno dimostrato che i pazienti che necessitano di assistenza per nutrirsi e quelli con una scarsa igiene orale unita a problemi di deglutizione, corrono i maggiori rischi di sviluppare la polmonite da aspirazione.
In presenza di disfagia è molto elevato, anche, il rischio malnutrizione e disidratazione: il progressivo aggravarsi delle condizioni funzionali, i disagi soggettivi conseguenti alla necessità di alimentarsi con cibi a consistenza differente dall'usuale e l'incremento della fatica necessaria per deglutire il pasto, possono indurre il paziente disfagico ad affrettare i pasti o evitarli del tutto, con una graduale riduzione dell'alimentazione. [Schindler, 2011; Elmståhl,1999] Il ridotto apporto nutrizionale ed idrico determina una condizione di debolezza costituzionale, riduzione delle difese immunitarie e maggiore suscettibilità ad infezioni. Si innesca, così, un circolo vizioso tra disfagia che determina e peggiora la malnutrizione e malnutrizione che peggiora la disfagia. [Schindler, 2011] Questo processo può portare a complicanze più gravi come il coma o, persino, la morte.
Spesso tutti questi fattori rendono difficile la realizzazione di un programma nutrizionale appropriato con la possibilità di ottenere un'alimentazione sicura e allo stesso tempo di fornire un adatto apporto calorico. Si prevede, allora, il ricorso ad una nutrizione artificiale, solitamente di tipo enterale, che permetta una adeguata nutrizione bypassando la via orale di alimentazione in caso di rischio di aspirazione. In presenza di un tratto gastroenterico accessibile e funzionante viene somministrata una miscela nutrizionale tramite apposite sonde.
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Le modalità più utilizzate sono: sonda naso-gastrica (SNG), gastrostomia percutanea endoscopica(PEG) e digiunostomia.
•
Il sondino naso-gastrico (SNG) [Schindler, 2011] è una sonda inserita per via nasale sino allo stomaco, che permette perciò di bypassare le insufficienze delle fasi orale e faringea della delgutizione. Non garantisce totalmente dai rischi di aspirazione che possono verificarsi a causa del reflusso gastroesofageo e non deve permanere a lungo (massimo 2-3 settimane), in quanto può essere causa di decubiti o di elicitazione di riflessi portanti soprattutto a spasmi dello sfintere esfogaeo superiore.
•
La gastrostomia percutanea per via endoscopica (PEG) [Schindler, 2001], si avvale dell'utilizzo di una sonda inserita direttamente a livello gastrico per via percutanea e risulta più indicata nei casi in cui la nutrizione artificiale debba permanere per lunghi periodi. Tuttavia, anche questa metodica non può impedire totalmente l'aspirazione tracheobronchiale che può avvenire tramite meccanismi di reflusso gastroesofageo o rigurgito esofago-faringeo.
•
In caso di alto rischio di aspirazione, in pazienti con grave reflusso gastroesfofageo e rallentamento nello svuotamento gastrico, può essere indicato il ricorso alla digiunostomia, che si avvale di una sonda inserita direttamente a livello digiunale. [Schindler, 2011]
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4. VALUTAZIONE DELLA DISFAGIA La valutazione della deglutizione è indispensabile per la programmazione e il monitoraggio di un adeguato trattamento riabilitativo che possa condurre al ripristino di una deglutizione funzionale. La metodica di indagine si articola in due momenti: non strumentale e strumentale.
4.1 La valutazione clinica non-strumentale La valutazione clinica del paziente disfagico si basa sulla cosiddetta “bedside examination” [Linee Guida FLI, 2007] – ad indicarne la possibilità di esecuzione con paziente allettato – ovvero una valutazione clinica, non strumentale e standardizzata che permette di stabilire se il paziente presenta o meno disfagia e fornisce elementi sufficienti per stabilire il livello di alterazione della funzione deglutitoria e sua gravità. Tale valutazione deve avvalersi di specifici protocolli [ASHA, 2001], come il “Protocollo di Logemann” [Logemann et al., 1999] (Allegato A) o la “Scheda di valutazione foniatrica e logopedica del paziente disfagico adulto” [Tracalca Cupillo-Castellini, 2001]e dovrebbe essere effettuata da un professionista competente nella gestione della disfagia, di norma il logopedista. La valutazione clinica, generalmente, si compone di tre momenti fondamentali [Linee Guida FLI, 2007; Schindler, 2011]: anamnesi, esame diretto e test di deglutizione e risulta di fondamentale importanza per un successivo trattamento riabilitativo della disfagia.
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Allegato A. Esempio di un protocollo di valutazione clinica (SIGN, 2004)
Anamnesi 1. Storia di ricorrenti polmoniti 2. Frequenti innalzamenti di temperatura 3. Ipotesi di polmonite ab injestis 4. Lungo periodo di intubazione ( + 1 sett) o di cannula tracheostomica Comportamento 5. Vigilanza 6. Assenza di collaborazione / agitazione 7. Attenzione / capacità di interazione 8. Consapevolezza del problema di deglutizione 9. Consapevolezza delle secrezioni 10. Capacità di gestire le secrezioni Funzioni motorie aspecifiche 11. Controllo posturale 12. Affaticabilità Risultati dei test delle funzioni motorie orali 13. Anatomia e fisiologia orale, faringea, laringea 14. Capacità di eseguire ordini 15. Disartria 16. Deficit di forza facciale 17. Aprassia orale ù 18. Sensibilità orale 19. Contrazione della parete faringea nel morso 20. Deglutizione di saliva 21. Tosse volontaria, autodetersione delle vie aeree Osservazione durante prove di deglutizione: 1 cc di liquido, 1 cc di budino, 1⁄4 di biscotto (a masticazione conservata) 22. Aprassia della deglutizione 23. Residui orali 24. Tosse, autodetersione delle vie aeree 25. Ritardo di innesco 26. Ridotta elevazione laringea 27. Voce gorgogliante 28. Deglutizioni ripetute per singolo bolo Dalle categorie soprariportate sono state create tre livelli di punteggio: 1. Il numero totale di risposte “compromesso” ottenute dalle 28 osservazioni. 2. Il numero totale totale di risposte “compromesso” ottenute dalle categorie Comportamento e Funzioni motorie aspecifiche. 3. Il numero totale di risposte “compromesso” ottenute dalle categorie inerenti le Funzioni motorie orali e le osservazioni durante le prove di deglutizione.
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Anamnesi In questa prima fase, [Linee Guida FLI, 2007] si cerca di creare un quadro generale del paziente e della disfagia in atto, indagando perciò l'epoca di insorgenza della stessa e l'intervento chirurgico (con inventario delle strutture risparmiate) che l'ha determinata. Dopodiché, si raccoglieranno informazioni sulle condizioni generali del paziente, facendo particolare riferimento a: •
stato nutrizionale: peso prima e dopo l'intervento chirurgico;
•
condizioni dell'apparato respiratorio: respirazione autonoma, dispnea, presenza di cannula tracheale e sue caratteristiche (cuffiata/non cuffiata, fenestrata). Eventuali pregresse complicanze polmonari, come polmoniti ab ingestis.
Si indagherà, poi, sullo stato di alimentazione in atto e abitudini alimentari personali e/o legate al gruppo etnico di appartenenza: − alimentazione orale autonoma o supervisionata con eventuali restrizioni per determinate consistenze; − nutrizione enterale tramite utilizzo di sondino naso-gastrico (SNG) o gastrostomia
percutanea
(PEG)
e
tempo
intercorso
dal
loro
posizionamento.
Inoltre, viene effettuata una valutazione della terapia in atto: alcuni farmaci prescritti per altre patologie, come ad esempio l'insonnia o la depressione, possono esercitare un effetto ostacolante sulla deglutizione; lo stesso accade con la radio-terapia. Come prerequisiti alla deglutizione, vengono tenute in considerazione alcune caratteristiche cliniche di base (vigilanza, attenzione, orientamento) tramite l'osservazione del livello di coscienza del paziente, del grado di controllo posturale e dell'efficienza comunicativa. [Linee Guida FLI, 2007] Questi aspetti comportamentali sono utili per verificare la disponibilità alla collaborazione del paziente e il suo grado di consapevolezza del disturbo
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deglutitorio. L'assunzione del cibo, infatti, corrisponde ad un atto volontario e significativo simbolicamente, che potremmo definire alimentazione, in cui fattori come la capacità di portare il cibo alla bocca, la consapevolezza e l'accettazione ad alimentarsi per via orale possono inficiare la valutazione o peggiorare una situazione normale o quasi sotto il profilo strettamente funzionale. [Gonella, 1990]
Esame diretto La seconda fase è data dall'esame obbiettivo [Ruoppolo – Schindler, 2011], che si compone di:
1. valutazione morfo-dinamica 2. valutazione delle prassie bucco-facciali 3. valutazione della sensibilità 4. valutazione dei riflessi normali e patologici
1) Valutazione morfo-dinamica degli organi coinvolti nella deglutizione Riguarda l'osservazione delle strutture organiche esplorabili direttamente, per ognuna delle quali, la valutazione viene eseguita a riposo e poi chiedendo al paziente di svolgere, su comando verbale o per imitazione, alcuni specifici movimenti, con eccezione del palato duro che richiede la sola osservazione morfologica. [Ruoppolo – Schindler, 2011] a) Labbra: si valutano alterazioni motorie e di tono mentre si chiede al paziente di eseguire su comando verbale o per imitazione movimenti di protrusione, retrazione e chiusura. In condizione di riposo si osserva la simmetria della rima buccale. b) Lingua: si valutano trofismo, ampiezza e velocità dei movimenti linguali ed eventuali deficit di lato in movimenti di protrusione, retrazione, lateralità, elevazione ed abbassamento della lingua. La forza muscolare viene indagata contrastando con un abbassalingua la
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protrusione dell'organo. c) Palato duro: ispezione diretta per valutarne la normalità o alterazioni legate ad esiti chirurgici o schisi. d) Palato molle: viene valutato a riposo e in elevazione, ricercando eventuali asimmetrie o ipotonie. Inoltre, viene considerata la funzionalità dello sfintere velofaringeo con la ricerca di un'eventuale fuga d'aria nasale, chiedendo al paziente di gonfiare le guance mentre si posiziona uno specchietto sotto suo il naso. e) Mandibola: viene valutata a riposo con apertura della bocca per osservarne eventuali deviazioni oppure in movimento tramite apertura, chiusura e lateralizzazione. Il movimento di apertura viene valutato anche contro resistenza, rappresentata dalla mano dell'esaminatore posta sotto il mento del paziente. f) Laringe: la valutazione della morfologia, della motilità e di eventuali esiti chirurgici della laringe può essere effettuata tramite indagini strumentali come la fibroendoscopia, tuttavia è possibile tramite l'esame diretto valutarne l'elevazione, appoggiando delicatamente la mano sulla regione cervicale anteriore e chiedendo al paziente di deglutire o se non collaborante inducendolo a succhiare un cottonfioc intriso di succo di limone.
È bene precisare che la corretta valutazione della funzionalità dello sfintere velofaringeo e della morfologia e motilità laringea, viene condotta con maggiore precisione con metodiche strumentali, quali videoendoscopia e videofluoroscopia. [Linee Guida FLI 2007; Ruoppolo – Schindler, 2011] L' esame diretto comprende, inoltre, l'osservazione dell’igiene del cavo orale, del controllo delle secrezioni orali (eventuale scialorrea) e delle caratteristiche della dentizione o presenza di protesi dentarie. Da non dimenticare la valutazione del controllo muscolare del capo in movimenti di flessione, estensione e rotazione, utile per l'eventuale assunzione di posture compensatorie durante il training deglutitorio.
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2) Prassie bucco-facciali Si definisce prassia la capacità di attuare dei comportamenti motori. Si chiede al paziente di effettuare dei movimenti su comando o imitazione (aprire la bocca, gonfiare le guance, soffiare, mandare un bacio etc.)e, nel caso in cui in presenza di una comprensione conservata, il paziente abbia delle difficoltà nell'attuazione volontaria di uno o più movimenti, che viene però eseguito in modo riflesso o automatico, si deve presupporre la presenza di un'aprassia. [Ruoppolo et al., 2001]
3) Sensibilità La capacità sensitiva risulta indispensabile per un buon controllo deglutitorio, pertanto vengono esplorate la sensibilità superficiale e profonda della cute peribuccale e la sensibilità superficiale, profonda e termica di labbra, lingua e regione palatale. Inoltre, potrebbe essere utile indagare la sensibilità gustativa per i vari gusti, riconducibili a diverse zone linguali ( dolce: sulla punta della lingua; aspro: sulla parte mediana; amaro: sulla parte posteriore; salato: su qualsiasi parte della lingua). [Ruoppolo – Schindler, 2011]
4) Riflessi a) Tosse: primo fra tutti ad essere valutato è il riflesso della tosse. La presenza di tale riflesso è una condizione essenziale per introdurre nel programma riabilitativo l'assunzione di cibo per via orale e per poter condurre i test di deglutizione. Infatti, la sua assenza o la sua inefficacia comporta l'impossibilità di espellere eventuali residui di cibo penetrati nelle vie aeree, con il rischio di sviluppare una polmonite ab ingestis. Per tutti questi motivi si indaga la tosse spontanea chiedendo al paziente di tossire spontaneamente, ma anche valutando la comparsa del riflesso in relazione alla progressione del bolo.[Ruoppolo – Sxchindler, 2011 ] La presenza di tosse riflessa e la sua efficacia verranno verificate durante l'esame
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fibrolaringoscopico o le prove con alimenti.
b) Riflesso deglutitorio: il riflesso deglutitorio si osserva valutando se il paziente effettua delle deglutizioni spontanee, ovvero se è in grado di deglutire automaticamente la saliva. Si definisce deficit parziale il ritardo e/o la difficoltà (caratterizzata da tentativi multipli) nell'innescare tale riflesso. [Ruoppolo et al., 2001] La corretta valutazione viene condotta con maggiore precisione con metodiche strumentali, quali videoendoscopia e videofluoroscopia.
c) Infine, viene valutato il riflesso del vomito, esercitando una leggera pressione con un abbassalingua sulla linea mediana della lingua. Ma non sembra rivestire grande importanza nella valutazione della funzionalità deglutitoria.
d) Viene valutata anche la presenza di riflessi patologici (riflesso del morso, riflesso dei punti cardinali e riflesso di suzione-deglutizione), per evidenziare un eventuale danno neurologico.
Test di deglutizione In letteratura sono stati proposti diversi test di deglutizione (detti anche test di alimentazione) che permettono di verificare il processo deglutitorio nel suo insieme come manovra complessa e coordinata. Inoltre, nel caso sia impossibile accedere a metodiche di valutazione strumentale, possono essere utili per identificare la disfagia, anche se la loro sensibilità non è del tutto sufficiente, si pensi ad esempio alla possibilità di un'aspirazione silente. [Martino, 2000; Lim, 2001] La valutazione deve essere effettuata in ambiente tranquillo, il paziente deve essere seduto e rimanervi per almeno 30 minuti dopo il test per evitare aspirazione in caso di rigurgito o vomito. È necessario avere sempre a disposizione un aspiratore, accertare la presenza e l'efficacia del riflesso della tosse e verificare l'assenza di ingombro delle vie aeree
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superiori da parte di secrezioni: condizione utile per facilitare l'espettorazione.
Water Swallow test Secondo le linee guida, prima di iniziare una qualsiasi somministrazione di alimenti e bevande per via orale è necessario, attuare delle procedure di screening, con lo scopo di prevenire i sintomi di disfagia e ridurne i rischi.[Linee Guida FLI, 2007] In questo senso, particolarmente utile si rivela la somministrazione del test del bolo d'acqua (Water Swallow Test), controindicato nei pazienti in cui l’aspirazione sia probabile o nota sulla base di altri segni. Il test del bolo d'acqua [De Pippo, 1992] consiste nella somministrazione in ambiente tranquillo con paziente seduto con il tronco eretto e mento retratto, di 10 ml di acqua per tre volte. Ad ogni cucchiaino si osservano: avvenuta deglutizione, presenza di tosse dopo qualche secondo dall'assunzione, presenza di voce “gorgogliante”. Il test viene considerato positivo per aspirazione se entro un minuto si apprezzano tosse e/o voce umida o gorgogliante. Se tutto procede correttamente si invita il paziente a bere 50 ml di acqua dal bicchiere e se non si presentano difficoltà di deglutizione o segni di aspirazione si può procedere [Linee Guida FLI, 2007] alla somministrazione di altri test di deglutizione che prevedono l'assunzione di alimenti di diverso tipo e consistenza, allo scopo di analizzare prevalentemente le fasi orale e faringea della deglutizione. Di seguito viene proposto un esempio di procedure di screening della deglutizione [Perry e Love, 2001] (Allegato C).
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Allegato C. Esempi di procedure di screening della deglutizione. Modificato da SIGN,2004
(continua)
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(continua)
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Indici di inalazione da ricercare Deve infine essere rilevata la presenza di segni patologici, indici di inalazione, quali: •
ristagno di cibo in bocca
•
rigurgito nasale
•
evocazione di tosse riflessa associata all’atto deglutitorio
•
episodi o sensazioni di soffocamento
•
sensazione di blocco del cibo in gola o di dolore
•
voce umida o gorgogliante
• tracce di bolo presenti nello stoma o nella cannula tracheale Analisi specifica della fase orale In particolare, per quanto riguarda la fase orale, si analizzano le abilità di suzione e masticazione. [Ruoppolo, 2001] Per l'abilità di suzione, si invita il paziente ad aspirare con una cannuccia un piccolo quadrato di carta di 2cm di lato e mantenerlo aspirato; si valuta la competenza dell'orbicolare della bocca e delle guance. Per valutare la masticazione e capacità di formare e controllare il bolo, si invita il paziente a masticare un piccolo pezzo di frutta sciroppata. Si valutano: •
movimenti di apertura e chiusura della bocca e di lateralità della mandibola
•
movimenti linguali
•
eventuale fuoriuscita di cibo dalla rima buccale per incompetenza labiale.
Tutti questi elementi di valutazione funzionale vengono usualmente raccolti in protocolli prestampati o informatizzati, in cui ad ogni item viene assegnato un punteggio prestabilito in relazione alla normalità o al grado del deficit evidenziato. Tuttavia, la gravità della disfagia non è data dalla somma dei risultati dei diversi
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test, ma dalla gravità, sede e criticità delle alterazioni riscontrate. [Schindler, 2011]
Altre valutazioni Altri test che possono essere utilizzati, in ausilio alla valutazione clinica e strumentale sono: •
Auscultazione cervicale: posizionando uno stetoscopio sulla parte laterale della laringe, si ascolta il rumore prodotto dal flusso d'aria durante respirazione e deglutizione.
•
Valutazione della saturazione di ossigeno tramite ossimetro: vengono fatti assumere 10 ml di acqua in 5 assunzioni, poiché l'aspirazione provoca una transitoria desaturazione di O2. Una caduta di più del 2% è da considerarsi significativa e il paziente verrà sottoposto a più approfondite valutazioni della disfagia. Una caduta di più del 5% determina la sospensione immediata del test.
Attualmente, non esistono forti evidenze a supporto dell’uso di tali metodiche nella valutazione della disfagia; tuttavia esse possono rilevarsi utili se confrontate con la valutazione clinica strumentale.[Linee Guida FLI, 2007]
Uno strumento utile per classificare la severità della disfagia è la cosiddetta scala DOSS, utilizzata sia alla prima che all'ultima seduta, nella quale in base ai risultati raccolti vengono attribuiti punteggi da 1 (disfagia severa) a 7 ( deglutizione nella norma). Tale classificazione è importante per fornire il cibo della giusta consistenza e assicurare la modalità di alimentazione adeguata alla capacità deglutitoria del paziente Si può, quindi, concludere che la valutazione clinica non strumentale ha un ruolo significativo nella semeiotica deglutologica, particolarmente per quanto riguarda l'inquadramento clinico generale e diversi aspetti relativi alle funzionalità orali, alle sensibilità e agli eventuali deficit associati. Il limite di tale metodica di indagine è, invece, rappresentato dalla difficoltà di
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fornire elementi di diagnosi relativi ad organi non esplorabili con l'esame diretto, soprattutto per quanto riguarda la fase faringea. [Logemann, 2000] Perciò, una valutazione che abbia come scopo quello di documentare in maniera precisa le alterazioni e predisporre un adeguato piano terapeutico, deve essere integrata dallo studio strumentale videoendoscopico o videofluoroscopico.
4.2 La valutazione strumentale I due metodi strumentali più importanti per valutare in maniera esaustiva la causa, il tipo e la gravità della disfagia sono la fibroendoscopia e la videofluoroscopia. Queste due metodiche sono equivalenti nella valutazione dell’atto deglutitorio e le informazioni che forniscono possono essere considerate complementari: la possibilità di disporre di entrambe permetterà al clinico di scegliere la metodica più idonea ad ogni singolo caso, in relazione alle informazioni ricercate. [Schindler et al., 2011]
4.2.1 La Fibroendoscopia (FEES) La fibroendoscopia o FEES (Fiberoptic Endoscopic
Evaluation
of
Swallowing;
Languore, 1988) è l'indagine endoscopica che permette
uno
deglutizione
studio tramite
dinamico l'uso
della
di
un
fibroendoscopio flessibile a fibre ottiche introdotto nella cavità faringea attraverso la fossa nasale; il fibroscopio può anche essere collegato ad apparati di videoregistrazione.
Fig. 4. FEES: laringe e ipogfaringe
Modalità di esecuzione L'esame deve essere condotto in situazione tranquilla e confortevole per il paziente, per evitare eccessive reazioni di difesa allo strumento, che potrebbero
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alterare le attività motorie degli effettori, indurre reazione neurovegetative o agevolare lo sviluppo di complicanze. [Langmore,1999; Wu,1997; Benjamin, 1999; Aviv, 2000] Il paziente viene fatto mettere seduto o con il torace sollevato di almeno 45° ( può essere eseguita anche a letto del paziente) con il capo in posizione primaria; si procede, poi, all'introduzione del fibroscopio per via nasale (può essere fatto l'uso di anestetici locali o lubrificanti contenenti anestetico).
Durante la procedura si analizzeranno gli effettori della deglutizione in diverse condizioni: [Farneti et al., 2011] − Esame anatomico in condizione di riposo dei vari distretti in cui si valutano: morfologia generale, reperti anatomici patologici (cisti, noduli, polipi, tumori, infiammazione, edema), attività muscolari involontarie (fascicolazioni, mioclono, tremore), ristagno salivare. − Esame funzionale durante attività respiratoria e fonatoria, in cui vengono valutati la motilità cordale, la chiusura glottica, presenza di spasmi, fascicolazioni e tremori. − Valutazione della sensibilità locale: elicitazione della tosse o di movimenti di difesa toccando con la punta dello strumento l'epiglottide, le pliche ariepiglottiche e il vestibolo laringeo. − Prove di deglutizione (anche denominate “Test con bolo”) con somministrazione di boli di diverso volume e consistenza.
Prove di deglutizione (test con bolo) Con paziente a busto eretto o con il torace sollevato a 45°-70° si procede alla somministrazione con cucchiaio di cibi a diversa consistenza (solitamente semisolido, solido e liquido, anche modificati a piacimento con l'impiego di polveri addensanti), preventivamente colorati con coloranti alimentari (Blu di metilene 1% o coloranti da pasticceria); la prova è ripetuta almeno tre volte per ogni consistenza. [Farneti et al., 2011]
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Sarà utile, poi, ripetere le prove durante l'esecuzione di manovre o posture facilitanti, al fine di verificarne l'efficacia protettiva sulle basse vie respiratorie e quindi un possibile utilizzo terapeutico.
Questa metodica di indagine permette un'osservazione diretta della fase faringea della deglutizione (con black-out deglutitorio) e della situazione locale postdeglutitoria, ricavando informazioni indirette sulle fasi orale ( di cui è possibile valutare la durata) ed esofagea. In particolare, è possibile osservare: [Farneti et al., 2011; Linee Guida FLI, 2007] •
latenza o assenza del riflesso deglutitorio
•
presenza di caduta pre-deglutitoria del bolo
•
presenza di penetrazione e aspirazione
•
presenza di ristagno post-deglutitorio a livello delle vallecole glossoepiglottoche, seni piriformi e zona inter-aritenoidea
•
tosse post-deglutitoria e sua efficacia
•
valutazione dell'efficacia della tosse volontaria e dell'effetto di successive deglutizioni a vuoto
•
durata complessiva dell'atto deglutitorio
•
comparsa di fatica con il ripetersi delle prove
Al termine dell'esame, durante la rimozione dello strumento, che avviene per sfilamento in maniera atraumatica, è necessario prestare attenzione alla “visione retrograda”: presenza di ristagni faringei o reflusso nasale.
Vantaggi e svantaggi La FEES è una metodica molto vantaggiosa [Farneti et al., 2011] perchè è a basso costo, facilmente ripetibile ed eseguibile anche a letto e a domicilio. Permette la valutazione diretta di anatomia, motilità e sensibilità delle strutture anatomiche implicate nella deglutizione, rileva la presenza di ristagni faringei pre- e postdeglutitori, grazie anche ad una visione simil-tridimensionale e permette di
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quantificare il numero di atti deglutitori necessari per espellerli; può essere effettuata con qualsiasi tipo di cibo e permette osservazioni lunghe. Allo stesso tempo la fibroendoscopia presenta degli svantaggi [Farneti et al., 2011], infatti, non permette la valutazione delle fasi orale e esofagea della deglutizione, né della quantità di bolo aspirato e ha scarsa sensibilità nel valutare la motilità complessiva faringo-laringea. Per questi motivi è bene integrare questa metodica di indagine con altri tipi di esami strumentali, primo fra tutti la videofluoroscopia che,come già detto, risulta essere altamente complementare con la fibroendoscopia.
4.2.2 La Videofluoroscopia (VFSS) La videofluoroscopia (VFSS) è un esame radiologico con il quale è possibile analizzare in maniera dinamica l'atto deglutitorio. [Barbiera et al., 2011] L'esame consente una precisa ed attenta valutazione del transito del bolo alimentare dalla bocca allo stomaco, permettendo l'analisi di tutta la prima via digestiva, sia nel suo complesso che nel dettaglio dei movimenti delle varie strutture interessate. In particolare, è considerata la
Fig. 5. VFSS: Aspirazione in fase faringea (freccia)
metodica “gold standard” nello studio e nella valutazione della brevissima e complessa fase faringea [Barbiera et al., 2011]: evidenzia alterazioni funzionali del faringe e dell'esofago, permettendo di dimostrare la presenza di inalazione di cibo nelle vie aeree.
La tecnica di studio prevede l'acquisizione di un elevato numero di immagini in sequenza dinamica, tramite l’utilizzo di raggi X che vengono memorizzate su un
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supporto magnetico. Oggi parliamo di videofluoroscopia digitale [Barbiera et al., 2011], in quanto tramite la videoregistrazione dell'immagine fluoroscopica è possibile ottenere in tempo reale su un monitor immagini ad alta risoluzione di 25-30 fotogrammi al secondo. Inoltre, è possibile una visualizzazione delle immagini “frame by frame” e al rallentatore – evitando la riesposizione del paziente ad altre radiazioni – che consenta un attento studio delle varie fasi della deglutizione che si compie in poco più di un secondo. Con le nuove tecnologie le informazioni ottenute possono essere archiviate su supporti digitali.
Modalità di esecuzione Il paziente viene esaminato seduto o in posizione eretta in proiezione laterolaterale, antero-posteriore e, a seconda delle necessità, obliqua, con il capo in perfetto allineamento con il corpo. In presenza di protesi (cannula tracheale, protesi dentaria...), queste devono essere lasciate in situ, poiché una loro rimozione potrebbe alterare la dinamica deglutitoria esistente. [Schindler et al, 2011] Dopodichè si procede all'acquisizione di immagini radiologiche, senza e con impiego di mezzo di contrasto.
Prima fase: senza mezzo di contrasto Lo studio radiologico inizia con l'acquisizione di immagini “a vuoto” prima della somministrazione del mezzo di contrasto (mdc) in entrambe le proiezioni. [Barbiera et al., 2011] In proiezione latero-laterale senza mdc, grazie all'aria presente in sede rino- e orofaringea, è possibile studiare in modo indiretto la morfologia di strutture quali base linguale, epiglottide e palato molle. Inoltre, si esegue uno studio dinamico della motilità del palato molle, chiedendo al paziente di pronunciare la parola “candy” e analizzando l'escursione del velo
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palatino: in condizioni normali [Barbiera et al., 2011] dovrebbe sollevarsi a 90° e raggiungere la parete posteriore del faringe per assicurare un'ottimale chiusura dell'istmo palato-faringeo. Lo studio in proiezione antero-posteriore permette di osservare la motilità delle corde vocali in fonazione: si valuterà la simmetria della chiusura delle corde vocali, evidenziando eventuali paresi o ipomobilità monolaterali.
Seconda fase: uso del mezzo di contrasto Dopo questa prima fase si passa alla valutazione con somministrazione di una dose di mezzo di contrasto. Il più usato è il bario nelle sue diverse concentrazioni (solido, semisolido o liquido), la cui aspirazione in piccole quantità ha in genere uno scarso significato clinico, poiché questo viene eliminato dai bronchi principali e dalla trachea in poche ore. [Skukas, 1999]
Nel caso in cui si sospetti un'aspirazione massiva sarebbe meglio adoperare un mezzo di contrasto iodato non ionico il cui passaggio nelle vie aeree non determina complicanze. [Barbiera et al., 2011] È, invece, da escludere l'utilizzo di mdc iodato ionico la cui aspirazione può determinare edema polmonare. [Jones, 1991] Quantità, consistenza e modalità di somministrazione vengono stabilite dall'operatore in base alla situazione specifica. In genere, si inizia con piccole quantità che vengono via via aumentate progressivamente; vengono, inoltre, utilizzate diverse consistenze al fine di individuare quelle che, per ogni paziente, sono responsabili di aspirazione e, quindi, stabilire con quali cibi è possibile effettuare un corretto trattamento riabilitativo che consenta il ripristino di una funzionale e sicura alimentazione per via orale.
Studio statico con mdc: Aspetti di normalità La somministrazione del mezzo di contrasto va ad opacizzare il faringe, rendendo
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possibile il riconoscimento di alcune strutture anatomiche altrimenti non visibili, primo fra tutti il dorso linguale. In proiezione antero-posteriore si possono riconoscere le vallecule glossoepiglottiche (due strutture pari e simmetriche) e, più in basso, i seni piriformi; durante l'atto deglutitorio, si può riscontrare il ribaltamento dell'epiglottide che provoca la formazione di un'immagine radiotrasparente lineare a decorso trasversale nel contesto del contrasto baritato. [Jones,1999] In proiezione latero-laterale, subito al davanti dei seni piriformi, si riconosce uno spazio aereo-trasparente non opacizzato dal mezzo di contrasto, che corrisponde al vestibolo laringeo e che termina in basso con le corde vocali. In caso di penetrazione o aspirazione, sarà possibile riconoscere la presenza di mezzo di contrasto nel vestibolo laringeo, nel ventricolo di Morgagni o in trachea. [Barbiera et al., 2011]
Studio dinamico con mdc: Aspetti di normalità Un'analisi frame by frame dell'atto deglutitorio videofluoricamente registrato, consente una suddivisione schematica dell'intero atto deglutitorio in sei sottofasi: [Rubesin,1999]
Fase I: Il bolo viene trattenuto all’interno del cavo orale dall’accollamento del palato molle e del dorso della lingua. Fase II: Non appena il bolo, sospinto dalla propulsione linguale, raggiunge l’orofaringe, il palato molle si solleva apponendosi alla parete faringea posteriore, per prevenire fenomeni di reflusso nasofaringeo. Fase III: Quando il bolo passa attraverso la faringe, è visibile l’inizio dell’onda posteriore di costrizione faringea. L'osso ioide e la laringe iniziano il loro spostamento in alto e avanti e l’epiglottide si orizzontalizza per sigillare l’imbocco laringeo, che risulterà così totalmente chiuso. Fase IV: Il dorso della lingua, il palato molle e l’onda di costrizione faringea mantengono
sigillato
l’imbocco
nasofaringeo
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anche
durante
l'ulteriore
progressione del bolo. Anche l’ostio laringeo rimane chiuso per inclinazione dell'epiglottide e massimo livello di elevazione di osso ioide e laringe. Il muscolo cricofaringeo si rilascia completamente per consentire un più agevole transito del bolo ( il livello presumibile del cricofaringeo è indicato radiograficamente da una circoscritta incisura lungo la parete posteriore della giunzione faringo-esofagea, a livello della sesta vertebra cervicale)[5]. Fase V: Non appena il bolo supera il livello cricofaringeo, la base della lingua inizia a muoversi in direzione anteriore e il palato molle incomincia a sollevarsi, determinando l'apertura del rinofaringe, mentre permane la chiusura dell'adito laringeo Fase VI: Appena il bolo passa nel tratto toracico dell’esofago, la base della lingua si muove in avanti, l’epiglottide scatta verso l’alto e la laringe ritorna nella sua posizione di riposo, ovvero aperta.
Aspetti patologici rilevabili Grazie alla videofluoroscopia è possibile osservare aspetti patologici riguardanti principalmente le fasi orale e faringea della deglutizione. [Barbiera et al., 2011]
Nella fase orale, a causa di una serie di alterazioni funzionali e anatomiche dei muscoli di labbra, lingua e palato molle, si possono rilevare: − Alterati movimenti linguali − Difficoltosa gestione orale del bolo e rapido passaggio di quest'ultimo in faringe, spesso ancor prima dell'innesco del riflesso deglutitorio, con il rischio di un'aspirazione pre-deglutitoria. − Difficile o mancato trasporto del bolo in faringe, con suo ristagno nella cavità orale e oro-faringea e successiva aspirazione silenziosa nelle vie aeree. − Risalita del bolo in rinofaringe con conseguente rigurgito nasale per un difetto di chiusura dello sfintere velo-faringeo.
Il riflesso deglutitorio viene valutato radiologicamente in base al passaggio del
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bolo in un determinato punto di repere, dato dall'incrocio tra il bordo posteriore del ramo mandibolare e la lingua: pertanto, situazioni in cui il bolo oltrepassa il bordo posteriore della mandibola e raggiunge le vallecule, la superficie posteriore dell'epiglottide o i seni piriformi, ancor prima dell'inizio della fase faringea, devono essere interpretati come ritardi dell'innesco deglutitorio. [Martin Harris et al., 2000]
Durante la fase faringea si ricercano: • ritardato o mancato innesco del riflesso deglutitorio • anomalie della peristalsi faringea • ristagno del bolo a livello faringeo (vallecule glosso-epiglottiche e/o seni piriformi) • ridotta chiusura laringea • presenza di penetrazione laringo-tracheale o aspirazione tracheo-bronchiale • deficit di apertura dello sfintere esofageo superiore, dipendente dal livello di contrazione del muscolo cricofaringeo
In particolare, la mancata, incompleta o ritardata chiusura del vestibolo laringeo può essere causata da: [Barbiera et al., 2011] • mancato o incompleto innalzamento laringeo e dell'osso ioide • mancata adduzione delle corde vocali in rapporto a paralisi complete o monolaterali delle stesse • alterazioni del ribaltamento dell'epiglottide, apprezzabili sotto forma di ipomobilità, ritardo e obliquità del tilting epiglottico; l'ispessimento e l'ipomobilità dell'epiglottide può essere anche una conseguenza della radioterapia ( che determina: ispessimento epiglottide “a bulbo”, ridotta motilità e perdita di sensibilità laringea).
Lo studio videofluoroscopico deve essere necessariamente completato
con
un'attenta valutazione di tutto l'esofago [Barbiera et al., 2011], fino alla giunzione
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esofago-gastrica al fine di evidenziare: • reflusso gastro-esofageo che può indurre una disfagia alta, con aspirazione dei succhi gastrici nelle vie aeree • alterazioni della motilità esofagea: abolizione della peristalsi primaria, peristalsi
patologica
con
distorsioni
del
profilo
o
formazioni
pseudoverticolari • possibilità di stenosi benigne basse. La modifica della postura del capo può essere utile per evidenziare anomalie della deglutizione non apprezzabili con capo in posizione neutra e, soprattutto, è utile nell'identificazione delle posture e manovre compensatorie con le quali il paziente può deglutire senza fenomeni di penetrazione e aspirazione; essa si rivela particolarmente utile in caso di laringectomia parziale.
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A seconda della profondità del passaggio del bolo nelle vie aeree e della presenza o meno di tosse (aspirazione silente), è possibile identificare, applicando la penetration-aspiration scale, diversi gradi di gravità che corrispondono ad un progressivo maggior rischio di polmonite ab ingestis.
PENETRATION – ASPIRATION SCALE
1. Assenza di passaggio di materiale alimentare nella via aerea 2. Il materiale alimentare raggiunge la via aerea ma non tocca le corde vocali ed è completamente eliminato 3. Il materiale alimentare raggiunge la via aerea, non tocca le corde vocali ma non è completamente eliminato 4. Il materiale alimentare raggiunge la via aerea, tocca le corde vocali ma è completamente eliminato 5. Il materiale alimentare raggiunge la via aerea, tocca le corde vocali ma non è completamente eliminato 6. Il materiale alimentare raggiunge la via aereapassa sotto le corde vocali ma è completamente eliminato 7. Il materiale alimentare raggiunge la via aerea, passa sotto la corde vocali, non è eliminato ma il paziente si sforza di espellerlo (tosse) 8. Il materiale alimentare raggiunge la via aerea, passa sotto le corde vocali, non è eliminato, e non c’è nessun tentativo di espellerlo. Tabella I. La penetration-aspiration scale [Rosenbechìk, 1996]
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Vantaggi e svantaggi La tecnica videofluoroscopica presenta numerosi vantaggi: permette una visione panoramica dell'atto deglutitorio, ma allo stesso tempo consente di valutare la fisiologia e la funzionalità di tutte le strutture coinvolte evidenziando ogni piccola anomalia dei loro movimenti. È fondamentale per lo studio della fase faringea, rileva presenza di penetrazione, aspirazione pre- per- post-deglutitoria. A questa metodica sono legati anche degli svantaggi [Schindler et al., 2001; Schindler et al., 2011]: poiché vi è l'esposizione a radiazioni, necessita, per la sua esecuzione, di una sala radiologica di tipo gastroenterologico, deve essere eseguita con cautela nei pazienti con sintomi da aspirazione allo scopo di evitare al momento dell’esecuzione dell’esame l’inondamento delle vie respiratorie con il mezzo di contrasto baritato. Inoltre, non permette di valutare la sensibilità delle strutture in esame, né i disturbi legati ad affaticamento (per il numero limitato di osservazioni imposto dall'esposizione a radiazioni).
Come già detto, la videofluoroscopia è una valutazione fondamentale per la programmazione e il monitoraggio di un trattamento riabilitativo che possa condurre al ripristino di una deglutizione funzionale.
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Tabella II. Confronto tra FEES (Fiberoptic endoscopic evaluation of swallowing) e VFSS (VideoFluoroscopic study of swallowing). Da: Schindler, Deglutologia, 2001 (modificata)
FEES
VFSS
Panoramicità
No
Si
Studio fase orale
Indiretto
Eccellente
Motilità velare e competenza velare
Eccellente
Buono
Studio fase faringea
Black-out deglutitorio
Eccellente
Latenza deglutitoria
Buono
Eccellente
Svuotamento faringeo
Eccellente
Buono
Elevazione laringea
Buono
Eccellente
Aspirazione
Buono
Eccellente
Ristagni
Eccellente
Eccellente
Durata dell'atto deglutitorio
Buono
Eccellente
Studio fase esofagea
No
Si
Studio della componente Si motoria Definizione anatomica
Si
Eccellente
Discreta
Studio della componente Si sensoriale
No
Ripetibilità
Routinario
Rischio radiologico
Valutazione affaticabilità
Si
No (limitato numero di osservazioni)
Eseguibile a letto o a domicilio
Si
Necessità di una sala radiologica
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5. LA NOSTRA ESPERIENZA La valutazione della deglutizione è fondamentale per la programmazione di un trattamento riabilitativo che permetta ad un paziente affetto da disfagia postchirurgia delle vie aereo-digestive superiori, di ripristinare un'alimentazione per via orale sicura (priva di complicanze quali polmoniti ab ingestis, malnutrizione etc.) e funzionale. Perciò, dal mese di Luglio 2010 al mese di Luglio 2011 sono stati valutati, presso l'ambulatorio di Deglutologia e Logopedia della clinica ORL di Sassari, 6 pazienti di età compresa tra i 48 ed i 71 anni (età media 60 anni), affetti da disfagia per liquidi e/o solidi insorta in seguito ad interventi chirurgici per patologie tumorali maligne di lingua, faringe, laringe ed esofago cervicale.
5.1 Materiali e metodi Tutti i pazienti del gruppo di studio sono stati sottoposti ad una valutazione della deglutizione di tipo clinico logopedico (bedside examination) e strumentale tramite fibroendoscopia (FEES) e videofluoroscopia (VFSS).
Per quanto riguarda la valutazione clinica non strumentale, si è ricorso all'utilizzo di protocolli standardizzati, come ad esempio la “Scheda di valutazione foniatrica e logopedica del paziente disfagico adulto” [Tracalca Cupillo – Castellini, 2001](Appendice I) e alla somministrazione del Test del bolo d'acqua (Water Swallow Test) e di altri test di deglutizione, in conformità con le Linee Guida riguardanti “Gestione del paziente disfagico adulto in foniatria e logopedia” (FLI, Torino 2007). Lo scopo è stato quello di verificare la deglutizione nel suo insieme come manovra complessa e coordinata e di formulare un primo giudizio diagnostico riguardo al disturbo disfagico e alla sua entità. Pertanto, sono stati ricercati eventuali deficit delle fasi orali della deglutizione, tramite l'analisi della morfologia e della funzionalità delle varie componenti anatomiche impiegate in tale processo, ed i cosiddetti segni indiretti di inalazione
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(evocazione di tosse riflessa associata all’atto deglutitorio, episodi o sensazioni di soffocamento, sensazione di blocco del cibo in gola o di dolore, necessità di innescare più atti deglutitori per consentire il trasporto del bolo, voce umida o gorgogliante, tracce di bolo presenti nello stoma o nella cannula tracheale...). Tale metodica di valutazione ha, però, il limite di non poter fornire elementi di diagnosi relativi ad organi non esplorabili con l'esame diretto, soprattutto per quanto riguarda la fase faringea. Vi è quindi l'alto rischio di incorrere in falsi negativi, come accade nel caso delle cosiddette aspirazioni silenti, che avvengono cioè senza attivazione del riflesso tussigeno.
Perciò, una valutazione che abbia come scopo quello di documentare in maniera precisa le alterazioni deglutitorie e predisporre un adeguato piano terapeutico, deve essere integrata da uno studio strumentale (FEES, VFSS), che permetta di ottenere informazioni precise e certe riguardo ad alterazioni delle varie fasi deglutitorie. Nel nostro caso, considerando il fatto che le due metodiche sono altamente complementari, i pazienti sono stati valutati tramite indagine fibroendoscopica e videofluoroscopica.
La FEES permette un'analisi diretta di anatomia, motilità e sensibilità delle strutture anatomiche – sino al piano glottico – implicate nella deglutizione. Pertanto, è utile per uno studio dinamico della sola fase faringea, con considerazioni indirette su fase orale ed esofagea. Evidenzia la presenza di caduta pre-deglutitoria del bolo ed eventuale passaggio di quest'ultimo nelle vie aeree, presenza di ristagno post-deglutitorio a livello delle vallecole glosso-epiglottoche o dei seni piriformi e presenza di tosse postdeglutitoria e sua efficacia. Per questi motivi, presso l'ambulatorio di Deglutologia della clinica ORL di Sassari, sono state svolte sul gruppo di pazienti in esame, prove di deglutizione in esame fibroendoscopico: i pazienti sono stati invitati a deglutire cibi di varia
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consistenza associati a colorante alimentare mentre, tramite fibroendoscopio flessibile collegato ad un monitor si monitorava l'atto deglutitorio.
Per quanto concerne l'esame videofluoroscopico (VFSS), invece, si può affermare che esso permetta di individuare deficit in tutte le fasi della deglutizione (in particolare quella faringea), dimostrare con certezza la presenza di aspirazione, sia essa pre- per- o post-deglutitoria, evidenziando le anomalie funzionali che la determinano. Permette, perciò, di confutare il giudizio diagnostico formulato con la valutazione non strumentale e allo stesso tempo di impostare e monitorare il programma terapeutico. Sulla base di tale proposito, nella nostra esperienza sono state effettuate valutazioni videofluoroscopiche presso con l'Istituto di Scienze Radiologiche dell'Università di Sassari. Le registrazioni sono state eseguite con l'impiego di macchina Philips Omnidiagnost DSI Eleva alla velocità di 20 frame/secondo, con risoluzione di 512x512, in proiezioni latero-laterale, antero-posteriore e, delle volte, obliqua, con o senza assunzione di posizioni compensatorie da parte del paziente. Le prove di deglutizione sono state svolte con l'utilizzo di boli di volume dai 2 ai 10 ml di mezzo di contrasto baritato ad alta densità a consistenza liquida (250% peso-volume, Prontobario HD©, Bracco, Milano, Italia) e/o pasta baritata (Prontobario© esofago 113%, Bracco, Milano, Italia). In caso di sospetta aspirazione, è stato utilizzato mezzo di contrasto idrosolubile a consistenza liquida (Gastrografin© 370 mg iodio/ml soluzione gastroenterica, Bayer, Milano, Italia). In base alle esigenze del paziente, si è ricorso all'utilizzo di diverse consistenze (solida, semisolida, semiliquida, liquida) unendo i mezzi di contrasto sopracitati ad acqua gelificata o altri alimenti.
Per ciascun paziente è stato avviato un trattamento logopedico riabilitativo, programmato specificatamente per ognuno sulla base dei risultati ottenuti dalle
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valutazioni summenzionate (tipo di intervento subito, morfologia e funzionalità degli elementi anatomici presenti, gravità della disfagia, consistenze alimentari permesse, utilità delle posture facilitanti etc.). Su sei pazienti, quattro sono stati sottoposti ad una seconda videofluoroscopia che, in tutti i casi, si è rivelata utile per monitorare la situazione a distanza di mesi dall'intervento chirurgico, sottolineando l'efficacia o meno del trattamento logopedico e ponendosi come guida per la prosecuzione di quest'ultimo, il cui fine, si ricorda, è quello di ripristinare una corretta e sicura alimentazione per via orale.
5.2 La riabilitazione logopedica In seguito ad un'attenta e completa valutazione del disturbo disfagico e di tutte le sue componenti, è stato messo in atto un piano di trattamento riabilitativo individuale, allo scopo di ripristinare nel paziente l'uso di una deglutizione funzionale, evitando allo stesso tempo l'insorgere di complicanze. Essendo la disfagia un sintomo molto complesso, sul quale possono influire differenti patologie, è necessario che la presa in carico del paziente disfagico sia di tipo multidisciplinare, con l'impiego di strutture e attrezzature dedicate (strumentazione diagnostica, aspiratore, materiali di gestione, altro). [Linee Guida FLI, 2007] Nell'equipe di trattamento si ritroveranno diverse figure specialistiche: otorinolaringoiatra, foniatra, logopedista, gastroenterologo, dietologo, psicologo e radiologo. La riabilitazione logopedica costituisce uno degli elementi rimediativi fondamentali; esistono, infatti, alcuni studi che dimostrano l’efficacia di questa tecnica riabilitativa nella disfagia [DePippo et al., 1994; Kasprisin et al.,1989; Martens et al., 1990]. Il
trattamento
logopedico
della
disfagia
post-chirurgica
deve
essere
individualizzato, specifico per ogni paziente, in relazione al tipo di chirurgia effettuata. In linea di massima, può essere suddiviso in tre diversi livelli di trattamento
61
[Calcagno et al., 2011]: uno generale e uno aspecifico che fungono da fasi propedeutiche per quello che sarà l'ultimo livello: trattamento specifico o training deglutitorio vero e proprio.
Intervento generale La presa in carico del paziente con disfagia deve prevedere un trattamento riabilitativo a 360°. Pertanto, la programmazione del trattamento logopedico si è basata, oltre che sulla diagnosi e valutazione del sintomo, su una conoscenza approfondita della tecnica chirurgica effettuata e della disabilità specifica da essa derivante. Inoltre, sono state analizzate tutte quelle disabilità collaterali influenti sull'esito del trattamento, quali: atteggiamento psicologico reattivo negativo all'intervento chirurgico (che potrebbe necessitare di un trattamento farmacologico o psicoterapico), deficit di coordinazione prassica, ridotto span attentivo, presenza di sondino naso-gastrico e cannula tracheale, con conseguente incoordinazione respiratoria. Sono stati, allora, eseguiti esercizi di fisiokinesiterapia respiratoria (Tabella III) allo scopo di ripristinare una corretta respirazione costo-diaframmatica e migliorare la coordinazione pneumo-fonica; si è cercato di potenziare il meccanismo di protezione della tosse, utile come misura di sicurezza per l'eliminazione di eventuali alimenti inalati. È indispensabile, inoltre, che il paziente abbia anche una buona abilità del cingolo cervicale e scapolo-omerale, necessarie per l'assunzione di posture compensatorie durante il successivo training deglutitorio, a tale scopo sono stati impostati esercizi (Tabella IV) per la mobilizzazione di queste strutture associati anche al recupero di una coordinazione prassica, che potesse permettere al paziente di essere autonomo durante i pasti e nella gestione della cannula tracheale.
62
ESERCIZI DI FISIOKINESITERAPIA RESPIRATORIA 1. ESERCIZI DI INSPIRAZIONE ED ESPIRAZIONE NASALE LENTA Posizione supina: – Basale – Con movimento degli arti superiori ed inferiori
2. ESERCIZI DI ALLENAMENTO DEGLI ARTI SUPERIORI Posizione supina: – Sollevamento di un bastone durante gli atti inspiratori e ritorno con l'espirazione Posizione seduta: – Sollevamento degli arti superiori in inspirazione e ritorno in espirazione: libero e con bastone Tabella III. Esercizi di fisiokinesiterapia respiratoria (Area generale)[Schindler, 2011]
ESERCIZI DI FISIOKINESITERAPIA NEUROMOTORIA a. ESERCIZI DI MOBILIZZAZIONE DEL COLLO: - Flessione - Estensione cauta - Inclinazione laterale - Rotazione b. ESERCIZI DI MOBILIZZAZIONE DEL CINGOLO SCAPOLO-OMERALE: - Elevazione dell'arto superiore - Abduzione dell'arto superiore - Circonduzione dell'arto superiore c. ESERCIZI IN ALLUNGAMENTO IN POSIZIONE SEDUTA (muscoli sternocleidomastoidei, scaleni, trapezi) - Esercizi con bastone - Esercizi con pallone - Esercizi di coordinazione degli arti superiori Tabella IV. Esercizi di fisiokinesiterapia neuromotoria (Area generale) [Schindler, 2011]
63
Intervento aspecifico Si è proceduto, quindi, con una fase aspecifica di trattamento, nella quale sono stati impostati esercizi mirati alla mobilizzazione precoce degli organi fonoarticolatori implicati nella deglutizione, i quali sono diversi a seconda della variante chirurgica effettuata, determinando così la necessità di un trattamento “personalizzato”. Infatti, per quanto riguarda, la chirurgia del cavo orale (ad es. emiglossectomie, glossectomie totali etc.) in cui sono alterate principalmente le fasi volontarie della deglutizione, lo scopo della riabilitazione è stato quello di favorire un miglior controllo orale del bolo, evitando il rischio di aspirazione pre-deglutitoria o di mancato innesco della deglutizione, sono stati perciò impostati esercizi di motilità linguale e di prassia per la muscolatura labiale, masticatoria e velofaringea (Tabella V). Nelle laringectomie parziali e subtotali, invece, si è mirato al ripristino di una corretta deglutizione, con protezione delle vie aeree da eventuali aspirazioni o penetrazioni,
tramite
un
meccanismo
compensatorio
di
chiusura
della
“neolaringe” (costituita dalle strutture anatomiche residue). In linea di massima si è cercato di evitare l'anchilosi delle strutture aritenoidee residue con esercizi per i muscoli crico-aritenoideo laterale e posteriore (Tabella VI) e si è lavorato, inoltre sulla retropulsione e motilità linguale (Tabella VII) e sull'innalzamento e anteriorizzazione della neolarige (Tabella VIII), favorendo ulteriormente la protezione delle vie aeree dall'inalazione.
64
ESERCIZI DI MOTILITÀ E COORDINAZIONE LINGUALE ♣ Protrusione della lingua all'esterno del cavo orale e ritorno ♣ Movimenti di lateralità della lingua protrusa dal cavo orale ♣ Movimenti di lateralità della lingua contro le guance ♣ Movimenti verticali toccando gli incisivi superiori ed inferiori ♣ Accarezzamento del palato dall'avanti all'indietro ♣ Rotazione della lingua intorno alle labbra esternamente ed internamente al cavo orale ESERCIZI DI MOTILITÀ LABIALE ♦ Stiramento laterale delle labbra ♦ Protrusione delle labbra ♦ Movimenti alternati di stiramento e protrusione ♦ Stiramento laterale alternato ♦ Prensioni di piccoli oggetti con le labbra
ESERCIZI DI MOTILITÀ MANDIBOLARE ►Movimenti di apertura e chiusura della mandibola ►Movimenti di lateralità ►Movimenti di masticazione ESERCIZI DI MOTILITÀ VELO-FARINGEA ● Soffio e gonfiamento delle guance ● Pronuncia del fonema K variamente articolato Ka/Ga, Kra/Gra ● Stimolazione tattile dei pilastri anteriori e posteriori ● Emissione di fonemi esplosivi a forte intensità: - APPA', EPPE', IPPI', OPPO', UPPU' - ATTA', ETTE', ITTI', OTTO', UTTU' - ACCA', ECCHE', ICCHI', OCCO', UCCU' Tabella V. Esercizi di motilità linguale, labiale, masticatoria e velo-faringea (area aspecifica)
65
ATTIVAZIONE MUSCOLO CRICO-ARITENOIDEO POSTERIORE Contrazione: ♦ Interruzione breve e ritmica del flusso aereo espiratorio ♦ Emissione di vocali seguite da occlusive sorde (Ak, Ap, At) ♦ Emissione di costrittive sorde (F, S, Sc) Rilassamento: ♦ Emissione di occlusive sorde (P, T, K) ♦ Emissione di occlusive sorde in posizione intervocalica ( apa, ata, aka)
ATTIVAZIONE MUSCOLO CRICO-ARITENOIDEO LATERALE ♦ Emissione di vocali brevi in saccadi (a/a/a/a) ♦ Emissioni di vocali brevi ad attacco brusco e prolungate ♦ Emissione della “R” coarticolata con occlusive sorde (Pra , Kra, Tra, Bra, Fra, Gra...)
Tabella VI. Attivazione muscoli crico-aritenoideo posteriore e laterale (Area aspecifica) [Schindler 2011]
66
POTENZIAMENTO DELLA RETROPULSIONE LINGUALE Attivi ♣ Arretramento del corpo linguale fino al palato molle e mantenimento della posizione per qualche secondo ♣ Schiocco linguale ♣ Pronuncia della “L” con apice linguale posizionato dietro gli incisivi superiori ♣ Pronuncia della “K” spingendo indietro la lingua Passivi: ♣ Spinta indietro della lingua con l'ausilio dell'abbassalingua passivamente ♣Spinta indietro della lingua con l'ausilio dell'abbassalingua esercitando una lieve resistenza
Tabella VII. Esercizi di potenziamento della la retropulsione linguale (Area aspecifica) [Schinder,2011]
MOBILIZZAZIONE DELLA LARINGE ED ESERCIZI DI MOTILITÀ CERVICALE ♠ Pressione manuale dell'osso ioide laterlamente ♠ Movimenti di apertura e chiusura della mandibola ♠Inarcamento del dorso linguale verso il palato puntando la lingua dietro gli incisivi superiori ♠Iperflessione cervicale ♠Iperestensione cervicale ♠Flessione laterale del collo ♠Movimenti di rotazione della testa Tabella VIII. Esercizi per l'anteriorizzazione elevazione laringea (Area aspecifica) [Schindler, 2011]
67
Intervento specifico Superate queste fasi propedeutiche del trattamento, nel momento in cui le condizioni cliniche e generali del paziente son state ritenute buone, si è proceduto con il vero e proprio training deglutitorio, il quale necessita di un setting riabilitativo adeguato, privo di distrazioni per il paziente, munito di tutti gli ausili necessari, primo fra tutti l'aspiratore. Sono state, quindi, impostate modalità comportamentali precauzionali, istruendo il paziente a coordinare respirazione e deglutizione secondo la modalità di deglutizione sovraglottica (inspirazione- apnea- deglutizione-apnea- espirazione con eventuale colpo di tosse) ed eventuale sospensione del pasto in caso di comparsa della tosse. Dopodichè, si è proceduto con le prime prove di deglutizione con la somministrazione di piccole quantità di cibo, prima con la cannula tracheale cuffiata e, in seguito scuffiata e aperta, compiendo l’atto deglutitorio con la manovra di deglutizione sovraglottica sopracitata.
Di fondamentale importanza è un’accurata scelta dei cibi da utilizzare in seduta, i quali devono rispettare diversi criteri dietetici, quali [Schindler, 2001]: •
coesione: il cibo proposto deve garantire la compattezza del bolo durante il transito faringo-esofageo;
•
omogeneità: il cibo proposto deve essere costituito da particelle della stessa consistenza e dimensione;
•
volume del bolo: da definirsi per ogni singolo caso;
•
scivolosità: il bolo deve garantire il minor attrito possibile sulle pareti del canale alimentare, tale caratteristica può essere incrementata con l'aggiunta di condimenti untuosi;
•
temperatura: si preferiscono temperature dei cibi lontane da quella corporea, preferibilmente calde o fredde;
•
colore: per pazienti con tracheotomia, sono indicati cibi di colore distinguibile da quello dei secreti;
68
•
sapore e appetibilità: si deve cercare di rispettare le preferenze del paziente e di presentare alimenti il cui aspetto deve essere invitante;
•
consistenza: liquida senza scorie, liquida con scorie, semiliquida, semisolida, solida.
TIPI DI CONSISTENZE Solidi: necessitano di un'efficiente preparazione orale, sono pertanto inadeguati, almeno inizialmente, in pazienti sottoposti a chirurgia del cavo orale. Semisolidi: adoperati nei primi tentativi di alimentazione per os, in pazienti sottoposti a chirurgia parziale della laringe, poco adatti in pazienti con exeresi del cavo orale. Semiliquidi: facilitano l'assunzione orale e la deglutizione, indicati in pazienti sottoposti a chirurgia del cavo orale. Liquidi: non necessitano di preparazione orale, ma richiedono una valida funzionalità sfinterica labiale e laringea, di fatto vengono introdotti nella dieta per ultimi.
Tabella IX. Caratteristiche delle varie consistenze
In particolare, è molto importante valutare da quale tipologia di consistenza iniziare il training deglutitorio: questa infatti varia a seconda del livello del deficit che il paziente presenta (Tabella IX). In linea di massima, le prime prove di deglutizione sono state svolte iniziando con la somministrazione di acqua gelificata e, in un secondo momento, con alimenti di
69
consistenza semisolida, passando poi all'impiego di solidi, semiliquidi e, infine, ai liquidi, più difficoltosi in quanto richiedono una valida funzionalità sfinterica labiale e laringea. Bisogna evidenziare che, in caso di interventi coinvolgenti il cavo orale, il training deglutitorio è iniziato con l'impiego di semiliquidi, i quali facilitano l'assunzione orale e la deglutizione faringea e sono quindi particolarmente appropriati per casi di disfagia derivanti da questi tipi di interventi.
Sono state ricercate, poi, posture compensatorie da attuare per una deglutizione funzionale, anche con l'ausilio di metodiche strumentali quali fibroendoscopia e/o videofluoroscopia. Esistono vari tipi di posture facilitanti, tra cui la più usata, in genere, è quella a “capo flesso anteriormente”, che permette una maggiore elevazione della laringe e un’attivazione precoce della fase faringea; questa postura è stata utilizzata per tutti i sei pazienti del gruppo di studio, ma per alcuni di questi si sono rivelate più efficaci altre posture, come quella a capo flesso e inclinato verso sinistra. Questo tipo di trattamento viene generalmente associato ad una nutrizione artificiale tramite sondino naso-gastrico (SNG) o gastrostomia percutanea per via endoscopica (PEG), al fine di assicurare al paziente un approccio nutrizionale adeguato: nel gruppo di studio, infatti, 4 pazienti su 6 erano portatori di PEG. Si ricorda, infine, che la maggior parte di questi pazienti è portatore di cannula tracheale, la cui rimozione è condizionata dalla presenza di uno spazio respiratorio sufficiente, ma anche da un recupero funzionale della deglutizione.
Il trattamento logopedico della disfagia prevede un iter molto lungo e complesso, influenzato da molti fattori, pertanto è necessario un continuo monitoraggio dei risultati che funga da guida nell'impostazione delle fasi successive. Alla luce di questo, è necessario programmare periodici controlli (valutazione strumentale e non), per verificare continuamente il raggiungimento di una deglutizione funzionale, il consolidamento di questa o, in altri casi, una
70
regressione dei risultati (ad esempio, effetti della radioterapia, comparsa di recidive etc.) e quindi, una riprogrammazione dell'iter terapeutico.
5.3 Risultati Dalle valutazioni effettuate, in particolare grazie all'indagine videofluoroscopica, è stato possibile dimostrare che su un gruppo di 6 pazienti – di cui 4 con aspirazione tracheo-bronchiale di ingesti, in fase iniziale – 5 hanno raggiunto una deglutizione funzionale, in seguito allo svolgimento di un trattamento riabilitativo logopedico; solo in un caso si è rilevata, dopo riabilitazione, aspirazione tracheobronchiale per difficoltà, da parte del paziente, ad apprendere la sequenza motoria necessaria per la deglutizione funzionale.
A tale scopo si sono rivelate utili l'adozione di posture facilitanti (capo flesso anteriormente, capo flesso e inclinato verso sinistra), la manovra di deglutizione sovraglottica e l'assunzione di cibi di varia consistenza, selezionati in base alle specifiche necessità di ogni paziente. In un secondo momento, sempre grazie all'ausilio della videofluoroscopia, in due pazienti è stata evidenziata una regressione dei risultati raggiunti. Un'analisi approfondita delle cause alla base di tale regressione, ha permesso di associarla, in un caso, ad effetti di cicli radioterapici svolti e nell'altro, ad una ripresa di malattia. È stato necessario un secondo ciclo riabilitativo di cui si attendono ancora i risultati.
Come già detto, solo in un caso, nonostante l'adozione di postura facilitante a capo flesso
anteriormente
e l'utilizzo di
una deglutizione sovraglottica,
la
videofluoroscopia di controllo ha evidenziato segni di aspirazione e inefficacia del riflesso tussigeno. Per tale motivo, è stata consigliata un'alimentazione per PEG e il proseguimento del trattamento logopedico. È stata, perciò, presa in considerazione l'eventualità di una laringectomia totale.
71
Tabella IV. Risultati della videofluoroscopia Pz
1
2
3
4
5
6
Cannula endotracheale
No
No
Si
Si
Si
Si
Tipo di alimentazione
Orale
Orale
PEG
PEG
PEG
Si
Spinta Linguale
Ridotta
Ridotta
Si
Si
Si
Si
–
–
Si
Si
Si
–
–
–
Si
Si
Si
–
Si
Poco efficace
–
–
–
Penetrazione Aspirazione Tosse –
–
–
Vallecule glosso-ep Seni Pir.
Ristagno
Peristalsi faringea
Si
Postura facilitante
–
Altro
Intervento chirurgico
Si
–
Ridotta peristalsi
Si
Si
Si
Si
–
–
–
Capo flesso anteriorm.
–
–
–
Tracheoioidoepiglotti dopessia.
Laringectomia ricostruttiva secondo Labayle
Resezione /anastomo -si tracheale ed esofagea
Rigurgito Scialorrea nasale Scialorrea Emiglossectomia con lembo
Exeresi loggia tonsillare dx, allargata a base lingua e palato molle omolat.
Los allargata a alla base della lingua
72
–
Tabella IVa. Risultati della videofluoroscopia al secondo esame.
Pz
3a
4a
5a
6a
Cannula endotracheale
Si
No
Si
Si
Tipo di alimentazione
PEG
PEG
PEG
PEG
Si
Si
Si
Si
Solo per semisolidi
–
Si
Si
Solo per liquidi
–
Si
Si
Si
–
Poco efficace
Si
–
–
Ristagno esofageo
–
Si
Si
Si
Si
–
Capo flesso a sinistra
–
Capo flesso anteriom.
Spinta linguale
Penetrazione
Aspirazione
Tosse
Ristagno
Peristalsi faringea Postura facilitante Altro
Scialorrea, voce gorgogliante
–
73
Ridotta peristalsi esofagea
–
6. CONCLUSIONI In
seguito
all'esperienza
riportata,
si
può
affermare
che
lo
studio
videofluoroscopico della deglutizione è indispensabile per una completa valutazione del paziente disfagico post-chirurgico, ma anche, e soprattutto, nell'impostazione di una corretta riabilitazione logopedica e nella valutazione degli esiti di quest'ultima. Nella nostra esperienza, seppur condotta su un esiguo numero di pazienti, si nota immediatamente il ruolo rivestito da tale esame, che ha permesso di guidare il trattamento logopedico nella “giusta direzione”, impedendo l'insorgere delle gravi complicanze determinate da questa problematica che è la disfagia. L'esecuzione della VFSS, in alcuni pazienti presi in esame, ha permesso di rilevare la presenza di aspirazione tracheo-bronchiale condizionando le indicazioni terapeutiche (divieto di introdurre alcun alimento per via orale). In altri casi, è stato utile nell'individuare difficoltà deglutitorie specifiche per alcune
consistenze
e
non
per
altre,
permettendo
l'impostazione
di
un'alimentazione orale con cibi con determinate caratteristiche reologiche. Inoltre, ha reso possibile la verifica dell'efficacia dell'adozione di posture facilitanti nell'impedire fenomeni di penetrazione e aspirazione che, per alcuni pazienti, sono state determinanti per il ripristino di un'alimentazione per via orale, per un paziente, invece, totalmente ininfluenti, tanto da prendere in considerazione la necessità di effettuare una laringectomia totale. Perciò, un trattamento logopedico di disfagia può ritenersi completo se associato ad una valutazione non solo clinica ma anche strumentale di tale sintomo. Si evince inoltre, la necessità di una presa in carico del paziente di tipo multidisciplinare con un equipe formata da diverse figure specialistiche (otorinolaringoiatra,
foniatra,
logopedista,
nutrizionista,
gastroenterologo,
radiologo, psicologo), ma necessarie e indispensabili sono la collaborazione e motivazione del paziente e dei suoi familiari.
74
Appendice I. “Scheda di valutazione foniatrica e logopedica del paziente disfagico adulto” [Tracalca Cupillo – Castellini, 2001]
75
76
77
78
79
80
81
82
83
84
85
Appendice II. Immagini in videofluoroscopia.
1) Caso clinico 5: Paziente affetto da carcinoma spinocellulare dell’emilaringe destro, sottoposto ad intervento di laringectomia ricostruttiva secondo Labayle. Presente evidente fenomeno di aspirazione per tutte le consistenze (Fig. A), con mezzo di contrasto che giunge a contatto con la cannula endotracheale.
Fig. A
86
2)Caso clinico 4: Esiti di tracheoioidoepiglottidopessia. Al primo esame eseguito dopo l’intervento, il paziente presentava aspirazione severa per tutte le consistenze (Fig. B ). Al controllo, dopo 4 mesi e adeguata rieducazione logopedica, l’aspirazione non è più evidente (posizione a capo flesso con inclinazione verso sinistra) (Fig. C).
Fig. B
87
Fig. C
88
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