Gefitinib nel trattamento in prima linea dell'adenocarcinoma polmonare EGFR mutato

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A.D. MDLXII

U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ

DI

M EDICINA

E

C HIRURGIA

___________________________

CORSO

DI

LAUREA

IN

MEDICINA

E

C HI R U R GI A

CATTEDRA DI MEDICINA NUCLEARE

Sezione di Oncologia Medica Direttore Prof. Giuseppe Madeddu

GEFITINIB NEL TRATTAMENTO IN PRIMA LINEA DELL'ADENOCARCINOMA POLMONARE EGFR MUTATO: NOSTRA ESPERIENZA PERSONALE

Relatore: CHIAR.MO PROF. GIUSEPPE MADEDDU

Tutor: DOTT.SSA MARIA GIUSEPPINA SAROBBA

Tesi di Laurea di: ANNA PIREDDA

ANNO ACCADEMICO 2010/2011


INDICE INTRODUZIONE...........................................................................pag 5 EPIDEMIOLOGIA DEL CARCINOMA POLMONARE.............pag 7 FATTORI DI RISCHIO.................................................................pag 9 CANCEROGENESI POLMONARE.............................................pag 15 QUADRI ISTOPATOLOGICI.......................................................pag 17 QUADRO CLINICO......................................................................pag 23 STADIAZIONE..............................................................................pag 26 STRATEGIA TERAPEUTICA DEL NSCLC...............................pag 30 CARATTERIZZAZIONE BIOMOLECOLARE...........................pag 33 STUDI CLINICI.............................................................................pag 40 ESPERIENZA CLINICA...............................................................pag 56 •

Obiettivo della ricerca..............................................................pag 56

Materiale e metodo...................................................................pag 58

Criteri di eleggibilità................................................................pag 59

Caso clinico 1............................................................................pag 60

Caso clinico 2............................................................................pag 64

Caso clinico 3............................................................................pag 67

RISULTATI....................................................................................pag 70 CONCLUSIONI.............................................................................pag 71 RIASSUNTO..................................................................................pag 73 BIBLIOGRAFIA............................................................................pag 84

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INDICE TABELLE E FIGURE TABELLE •

Tabella 1. Rischio relativo dello sviluppo del k polmonare in base al fumo......................................................................pag 11

Tabella 2. Quadri istopatologici del k polmonare..................pag 22

Tabella 3. Classificazione TNM del k polmonare..................pag 27

Tabella 4. Stadiazione del k polmonare.................................pag 29

Tabella 5. Risultati di efficacia dello studio TITAN.............pag 46

Tabella 6. Risultati studio TITAN relativi alla sicurezza.......pag 46

Tabella 7. Andamento della malattia durante il trattamento con Gefitinib nel primo paziente........................pag 62

Tabella 8. Tossicità da Gefitinib nel 1º paziente....................pag 63

Tabella 9. Andamento della malattia durante il trattamento con Gefitinib nel secondo paziente....................pag 65

Tabella 10. Tossicità da Gefitinib nel 2° paziente..................pag 66

Tabella 11. Andamento della malattia durante il trattamento con Gefitinib nel terzo paziente......................pag 68

Tabella 12. Tossicità da Gefitinib nel 3° paziente..................pag 69

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FIGURE •

Figura 1. Incidenza sottotipi istologici NSCLC..................pag 22

Figura 2. Meccanismo di trasduzione del segnale...............pag 35

Figura 3. Famiglia recettori ERB........................................pag 37

Figura 4. Mutazione EGFR ................................................pag 37

Figura 5. Mutazioni EGFR di più frequente riscontro .......pag 38

Figura 6. Frequenza delle mutazioni nel adenocarcinoma polmonare ...........................................................................pag 39

Figura 7. Formula di struttura Gefitinib .............................pag 41

Figura 8. Meccanismo d'azione del Gefitinib .....................pag 42

Figura 9. Schema studio SATURN.....................................pag 44

Figura 10. Risultati studio IPASS ......................................pag 52

Figura 9. Efficacia del Gefitinib nei pazienti EGFR mutati rispetto ai non mutati ..........................................................pag 52

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INTRODUZIONE

Lo scopo di questo lavoro è quello di valutare la frequenza delle mutazioni del gene EGFR nel carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) con istotipo di adenocarcinoma, mutazione che porta ad una amplificazione dei segnali proliferativi e che quindi promuove e mantiene la crescita e la diffusione delle cellule neoplastiche. Tale mutazione si riscontra soprattutto negli adenocarcinomi dei soggetti non fumatori e di sesso femminile e la presenza di questa mutazione è un fattore molto importante in quanto tali pazienti possono essere trattati con i nuovi farmaci molecolari attualmente usati nella terapia del NSCLC (Gefitinib ed Erlotinib). Nello specifico verranno valutati quanti, tra i pazienti giunti alla nostra osservazione, saranno positivi per la mutazione EGFR e quindi candidabili alla terapia con Gefitinib (farmaco che agisce inibendo la tirosin-chinasi associata all'EGFR e bloccando quindi la cascata che porta alla proliferazione delle cellule neoplastiche) e la risposta di questi pazienti alla terapia sia in termini di efficacia che in termini di tossicità. Negli ultimi anni, infatti, diversi studi clinici hanno dimostrato l'efficacia di tale farmaco nei pazienti con NSCLC con istotipo di adenocarcinoma EGFR mutati e con malattia in stadio avanzato non operabile e metastatico (STADI IIIb-IV). Il Gefitinib in particolare ha dato notevoli risultati portando ad una stabilizzazione del quadro clinico, con tossicità nettamente inferiori rispetto alla chemioterapia classica. Questo ha portato all'indicazione sull'uso del farmaco in prima linea e in

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questo lavoro valuteremo l'andamento clinico nei pazienti trattati con Gefitinib presso i nostri ambulatori.

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EPIDEMIOLOGIA DEL CARCINOMA POLMONARE

Il carcinoma del polmone rappresenta la prima causa di morte per tumore nei paesi industrializzati con 60-76 casi ogni 100.000 abitanti. Colpisce soprattutto soggetti di età compresa tra i 45 e i 70 anni con un picco tra i 55 e i 65 anni. Negli Stati Uniti è al primo posto delle morti per cancro sia nel sesso maschile che in quello femminile dove ha superato per incidenza il carcinoma della mammella. Si calcola infatti che negli USA il cancro del polmone rappresenti il 13% di tutti i nuovi casi di neoplasia negli uomini e il 12% nelle donne. Questa incidenza così alta anche nel sesso femminile è correlata con l'abitudine al fumo ormai molto diffusa anche tra le donne. Negli Stati Uniti nel 2005 ci sono stati circa 160.000 decessi per tumore polmonare. L'incidenza nella popolazione maschile è simile negli USA e in Europa, mentre è molto più alta nelle donne americane rispetto a quelle europee per una esposizione più precoce e un consumo più elevato di sigarette. In Europa il numero di nuovi casi diagnosticati per anno è di 63 per 100000 abitanti. In Italia si registrano valori di incidenza che si collocano ai livelli medio - alti europei con 30000 nuovi casi l'anno e ampie differenze tra le regioni del Nord (ad altissima incidenza) e quelle del Sud (ad incidenza medio - bassa).

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La mortalità è particolarmente elevata soprattutto per alcuni istotipi come il carcinoma polmonare a piccole cellule; la sopravvivenza media a 5 anni è di circa il 15%.

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FATTORI DI RISCHIO

Il carcinoma del polmone è un evento a patogenesi multifattoriale che deriva dall'interazione tra una predisposizione genetica e fattori esogeni. La predisposizione genetica è dimostrata dal maggior rischio di incidenza del tumore nei parenti di primo grado dei pazienti affetti ed è poi confermata dalla dimostrazione che questi ultimi hanno un rischio maggiore di sviluppare un'altra neoplasia primitiva a sede polmonare o extrapolmonare. Tra i fattori di rischio esogeni un ruolo fondamentale spetta al fumo di sigaretta che è responsabile dell' 85-90% dei nuovi casi. Altri fattori di rischio sono rappresentati da cancerogeni ambientali e professionali e pare esserci una correlazione anche con l'alimentazione.

Fumo di sigaretta Fattore certamente più importante nell'insorgenza del carcinoma polmonare dimostrato da: 1) dati epidemiologici: maggior incidenza del tumore nei fumatori rispetto ai non fumatori con un rischio 8-20 volte superiore; 2) sequenza temporale tra esposizione al fumo e comparsa del cancro: il processo di cancerogenesi polmonare richiede infatti un lungo periodo di latenza con un intervallo minimo di 20 anni e un picco dopo 40-50 anni dopo l'inizio dell'abitudine al fumo; 3) correlazione dose-effetto: si è visto che il rischio di sviluppare un tumore aumenta progressivamente con il numero di sigarette fumate e con la durata dell'abitudine al fumo; basti pensare a questo proposito che il

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rischio di carcinoma broncogeno nei soggetti che hanno fumato più di 40 sigarette al giorno può essere fino a 60 volte maggiore rispetto ai non fumatori ( TABELLA 1 ). Anche l'esposizione al fumo passivo rappresenta un fattore di rischio in quanto simile a quello dei fumatori ma con un più alto livello di N-nitrosamine e particelle più piccole che possono penetrare nell'albero bronchiale. Si può calcolare che l'esposizione al fumo passivo si associ ad un rischio del 30-50% di sviluppare carcinoma polmonare. Il fumo contiene infatti composti come benzopirene, benzoantracene, nitrosamine, radicali tossici dell'ossigeno correlati con la cancerogenesi polmonare. Tale correlazione è confermata anche dalla presenza di addotti, carcinogeni legati irreversibilmente alle basi, nel DNA di cellule polmonari isolate da soggetti fumatori; la quantità di tali sostanze sembra essere in relazione con il numero delle sigarette fumate. Per annullare il rischio oncologico legato al fumo sono necessari circa 15 anni e tale beneficio è tanto più elevato quanto prima si smette di fumare.

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SIGARETTE AL GIORNO

RISCHIO RELATIVO

NON FUMATORE

1,0%

1-9

4,6%

10-19

8,6%

20- 39

14,7%

40+

18,8%

Tabella 1: Rischio relativo di presentazione del carcinoma polmonare in base al numero di sigarette fumate

Rischio professionale Vi sono diverse sostanze correlate con il rischio di sviluppare un tumore polmonare, alcune con azione cancerogena diretta (asbesto) e altre potenzialmente oncogene se combinate con altri fattori predisponenti (arsenico, cadmio, cromo). In particolare si è visto come il carcinoma polmonare sia il tumore maligno più frequente negli individui esposti all'asbesto soprattutto se tale esposizione si associa al fumo.

Inquinamento atmosferico E' probabile che gli inquinanti ambientali svolgano un ruolo nello sviluppo di tale neoplasia. Interessante a questo proposito è il problema dell'inquinamento indoor soprattutto da radon, gas radioattivo prodotto dal naturale decadimento dell'uranio e in alcune zone emesso dal suolo e dall'acqua. L'effetto cancerogeno è accertato

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nel caso delle esposizioni piĂš intense. Sembra che il meccanismo patogenetico sia connesso all'inalazione e alla successiva deposizione nei bronchi dei prodotti di degradazione radioattivi che rimangono sospesi nelle particelle aeree ambientali. E' molto probabile un effetto interattivo e di potenziamento dei cancerogeni presenti nell'ambiente atmosferico e nel fumo di tabacco.

Fattori genetici Il ruolo della predisposizione genetica e in particolare dei polimorfismi genici si è evidenziato negli ultimi anni anche se nell'eziologia di questo tumore rimane preponderante il peso dei fattori ambientali. A tale proposito recenti studi hanno dimostrato che nella patogenesi del carcinoma polmonare possa essere implicato il gene FHIT, localizzato a livello del braccio corto del cromosoma 3. L'esposizione alle sostanze sopra citate come cancerogene agisce causando alterazioni genetiche nelle cellule polmonari, che si accumulano e possono condurre ad una trasformazione in senso neoplastico.

Fattori alimentari Alcuni studi hanno poi dimostrato un correlazione tra cancro polmonare e dieta. In particolare i carotenoidi e le vitamine C ed E sono in grado di bloccare i radicali liberi e le molecole di ossigeno reattivo difendendo l'organismo dal cancro. Si è invece notato un rischio maggiore nelle popolazioni che fanno uso di diete ricche di grassi animali.

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PREVENZIONE PRIMARIA La diminuzione della mortalità nell'ultimo decennio segue la modificazione dell'abitudine al fumo ed in particolare l'aumento del numero di ex fumatori. Vi è evidenza che programmi organizzati dai medici di medicina generale, volti a diminuire la proporzione di fumatori, raggiungano il loro effetto. E' evidenziato che l'abitudine al fumo dei genitori aumenta la probabilità dell'abitudine al fumo dei figli. Di recente è stata riconosciuta l'importanza dell'assuefazione alla nicotina e la specificità con cui i fumatori cercano di mantenerla. Proprio per questo motivo i fumatori, per mantenere una adeguata introduzione di nicotina, spesso inconsapevolmente aumentano la durata di ogni singola aspirazione di fumo o il numero di sigarette fumate data la diffusione delle sigarette a basso contenuto di catrame e nicotina.

PREVENZIONE SECONDARIA Prevalenza e mortalità giustificherebbero l'assoluta necessità di idonei programmi di screening del carcinoma polmonare in fase precoce asintomatica nella popolazione considerata a rischio (fumatori di un pacchetto sigarette/die di età superiore a 50 anni, soggetti professionalmente esposti a carcinogeni respiratori, soggetti già sottoposti precedentemente ad exeresi radicale di carcinoma della testa e del collo, carcinoma polmonare o delle vie digestive superiori). Sfortunatamente gli unici test diagnostici con caratteristiche idonee di screening sino

ad

oggi

disponibili

(radiogramma

toracico

ed

esame

citologico

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dell'espettorato), allorché impiegati singolarmente o in combinazione hanno dimostrato una scarsa sensibilità diagnostica. Nel confronto con quanto osservato in individui ove la diagnosi è posta sulla base del quadro clinico, in quelli sottoposti a screening aumenta la percentuale di neoplasie in stadio iniziale non registrandosi tuttavia significative modificazioni della mortalità. Negli ultimi anni studi pilota osservazionali di tipo prospettico condotti in individui forti fumatori hanno dimostrato la superiore sensibilità della TC spirale rispetto alla semplice radiografia del torace nell'individuare noduli polmonari neoplastici in soggetti asintomatici. La percentuale di pazienti resecati con neoplasia in stadio I appare essere superiore mentre sono necessari studi randomizzati per verificare l'effettivo beneficio in termini di riduzione di mortalità. Al momento attuale quindi lo screening con TC spirale non può essere raccomandato come misura di sanità pubblica. Nei pazienti a rischio elevato (>50 anni, >20 sigarette/die e lunga esposizione) dovrebbe essere presa in considerazione la partecipazione a trial clinici randomizzati attualmente in corso anche nel nostro Paese.

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CANCEROGENESI POLMONARE

I notevoli progressi che sono stati fatti nel campo della biologia molecolare hanno permesso di poter formulare nuove ipotesi sulla patogenesi di tali tumori. Pare infatti che l'esposizione alle sostanze elencate prima possa indurre delle mutazioni genetiche nelle cellule polmonari e che tali mutazioni, associandosi tra loro, possano condurre alla neoplasia. Si valuta che al momento in cui il tumore si manifesta siano presenti 10-20 mutazioni genetiche. Tali mutazioni coinvolgerebbero geni codificanti per prodotti implicati nei processi di proliferazione cellulare, differenziazione e apoptosi. Questi geni sono distinti in due grandi categorie: gli oncogeni dominanti (stimolanti la proliferazione cellulare) e gli oncosopressori (inibenti la proliferazione cellulare e coinvolti anche nel processo di apoptosi). Alcune di queste lesioni molecolari sono comuni sia al carcinoma a piccole cellule che a quello non a piccole cellule mentre altre sono relativamente specifiche. Membri della famiglia degli oncogeni MYC (regolatori nucleari della trascrizione genica) sono amplificati nel 15-30% dei carcinomi a piccole cellule; nella famiglia dell' EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor) si è vista una iperespressione di HER1 nell'80% dei carcinomi squamosi mentre polisomia e amplificazione si riscontrano in un terzo dei casi e in modo particolare nell' adenocarcinoma.

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L'inattivazione dei geni oncosopressori P53 e FHIT è rilevabile con alta frequenza in tutti gli istotipi (sia a piccole cellule che non a piccole cellule) con eccezione di quella che riguarda i geni che controllano l'entrata della cellula nel ciclo di replicazione, RB e P16 , che contraddistingue i microcitomi e i tumori non a piccole cellule. Si possono poi riscontrare altre alterazioni come complessi riarrangiamenti cromosomici, delezioni e traslocazioni non-reciproche, instabilità di microsatelliti, sregolata attività telomerasica e neoangiogenesi. L'esposizione cronica della mucosa bronchiale a cancerogeni ambientali e al fumo di sigaretta può determinare l'insorgenza di lesioni pre-neoplastiche dalla iperplasia, alla metaplasia, alla displasia, fino al carcinoma in situ. Queste lesioni possono evolvere fino al carcinoma invasivo o in tumori multipli del polmone e del tratto respiratorio superiore. Specifiche alterazioni genetiche si possono riscontrare già negli stadi intermedi del processo trasformativo neoplastico.

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QUADRI ISTOPATOLOGICI

La classificazione dei vari tipi di carcinoma dal punto di vista istopatologico è importante anche ai fini del trattamento . I carcinomi del polmone originano nella maggior parte dei casi a livello dell'ilo polmonare. Il 75% dei tumori si sviluppa a partire dai bronchi di primo, secondo e terzo grado e solo una piccola parte (rappresentata dall'adenocarcinoma periferico) origina invece alla periferia dalle cellule dei setti alveolari o dai bronchioli terminali. In quasi tutti i casi il tumore appare di colore grigiastro e di consistenza dura talvolta con estese aree di necrosi e di emorragia. La crescita del tumore può essere endobronchiale, con la produzione di una massa che occlude il lume del bronco potendo talvolta infiltrare anche le pareti e farsi strada fino al mediastino, oppure si può manifestare coma una massa intraparenchimale che comprime il parenchima circostante. In alcuni casi si può avere anche infiltrazione della pleura. Nella maggior parte dei casi si riscontra interessamento linfonodale con diffusione ai linfonodi bronchiali, tracheali e mediastinici. La diffusione a distanza (via linfonodale ed ematica) è molto frequente e precoce in questi tipi di tumori con la manifestazione della metastasi che precede talvolta la diagnosi del tumore primitivo.

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In generale tutti i distretti dell'organismo sono interessati dalle metastasi ma è stata riscontrata una particolare diffusione a livello di surreni (interessati in oltre il 50% dei casi), fegato (40%),cervello (20%) e tessuto osseo (20%). Dal punto do vista istologico si riconoscono quattro grandi categorie di carcinomi polmonari. ( TABELLA 2 )

1. Carcinoma squamocellulare Rappresenta il 25-40% di tutti i tumori polmonari e colpisce soprattutto soggetti di sesso maschile fumatori. Trae origine dalle cellule basali dell'epitelio bronchiale e attraverso vari gradi di trasformazione evolve fino al carcinoma in situ e poi al carcinoma invasivo. Istologicamente questo tumore si caraterizza per la presenza di cheratinizzazione (con la formazione di perle cornee) e di ponti intercellulari. Tali aspetti si riscontrano soprattutto nelle forme ben differenziate e piÚ di rado in forme scarsamente differenziate. La crescita è di solito endobronchiale, esofitica anche se sempre piÚ spesso si riscontrano forme a sviluppo polmonare periferico. Sono forme a crescita lenta che si diffondono tardivamente in sede extratoracica e che danno metastasi soprattutto ai linfonodi ilari, mediastinici, alla pleura e al polmone controlaterale. Questa variante mostra la massima frequenza di mutazioni di p53 rispetto a tutti gli altri tipi istologici di carcinoma polmonare.

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2. Adenocarcinoma E' il tipo di tumore pi첫 frequente nelle donne e nei non fumatori e rappresenta il 25-40% di tutti i carcinomi polmonari. E' un tumore con differenziazione ghiandolare o produzione di mucina. Se ne riconoscono diversi sottotipi: acinare, papillare, bronchioloalveolare e solido. Le lesioni sono di solito di piccole dimensioni e periferiche e variano da tumori ben differenziati con evidenti elementi ghiandolari, a lesioni papillari, fino a masse solide totalmente indifferenziate. Sono tumori caratterizzati da una crescita estremamente lenta ma da una tendenza a metastatizzare diffusamente fin dagli stadi pi첫 precoci soprattutto a livello di surreni, fegato e parenchima cerebrale. Frequente inoltre l'associazione con coinvolgimento pleurico e versamento neoplastico. Nell'adenocarcinoma sono state osservate frequentemente mutazioni di k-ras e, con uguale frequenza rispetto al carcinoma squamocellulare, mutazioni di p53, rb e p16. Un accenno a parte merita la variante bronchioloalveolare caratterizzata da distinti caratteri macroscopici, microscopici e clinici. Origina dai pneumociti di II ordine e cresce lungo i setti alveolari lasciando talvolta intatta la normale architettura tissutale. Dal punto di vista macroscopico si riscontra di solito nelle zone periferiche polmonari sotto forma di un nodulo singolo ma pi첫 frequentemente sotto forma di noduli multipli talvolta confluenti.

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Istologicamente

si

caratterizza

per

uno

sviluppo

esclusivamente

bronchioloalveolare con tendenza a crescere senza distruzione della struttura alveolare. In questo gruppo può essere fatta un'ulteriore distinzione tra forme mucipare e forme non mucipare differenti dal punto di vista strutturale e con differenti modalità di diffusione: la variante non mucipara infatti si presenta di solito come un nodulo singolo periferico con scarsa tendenza alla diffusione aerogena e più adatta alla resezione chirurgica; quella mucipara invece si può manifestare anche sotto forma di numerosi noduli con maggiore frequenza di diffusione aerogena e probabilità minori di poter essere trattate in modo radicale con il trattamento chirurgico.

3. Carcinoma a grandi cellule Rappresenta il 10-15% dei carcinomi polmonari. E' un tumore indifferenziato caratterizzato da cellule tipicamente con grossi nuclei, evidenti nucleoli e scarso citoplasma. Si presenta nella maggior parte dei casi come una massa periferica senza interessamento bronchiale apparente e con diffusione metastatica simile a quella dell' adenocarcinoma (surreni, fegato, parenchima cerebrale). Spesso si correla con elevati valori sierici di CEA (antigene carcino-embrionale).

4. Carcinoma a piccole cellule Variante altamente maligna, rappresenta il 20-25% dei carcinomi polmonari. Vi è una forte correlazione tra tale forma e il fumo di sigaretta e il 99% si riscontra nei soggetti fumatori. Può insorgere sia in periferia che a livello dei

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bronchi principali ed è la forma più aggressiva di tumore polmonare con percentuale di metastatizzazione elevata e probabilità di exeresi chirurgica totale pressoché pari a zero. Dal punto di vista istologico questa forma è caratterizzata da cellule epiteliali piccole, rotonde, ovali o fusate e con un elevato indice mitotico. Strutturalmente si nota una totale disorganizzazione e sono frequenti estese aree di necrosi. Le indagini di biologia molecolare mostrano mutazioni frequenti a livello degli oncosopressori p53 e Rb e nel 90% dei casi si evidenzia un'intensa espressione del gene anti-apoptotico BCL2 insieme ad una bassa frequenza di espressione del gene pro-apoptotico BAX. Aspetto peculiare di tale tumore è la sua frequente associazione a produzione ormonale ectopica correlabile all'origine embriologica del polmone. Rientra quindi frequentemente nelle sindromi paraneoplastiche.

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K squamocellulare Adenocarcinoma

A derivazione bronchiale

Acinoso; papillifero, solido

K anapalastico a piccole cellule

A seme d’avena (Lcsimile)

A Cellule Intermedie

Carcinoma combinato

Associato a K squamocellulare

Carcinoma anaplastico a grandi cellule

A cellule giganti

Bronchioloalveolare

A cellule chiare

Carcinoma combinato squamocellulare ed adenocarcinoma

Tabella 2. Quadri istopatologici del carcinoma polmonare

Incidenza dei subtipi istologici del NSCLC

20% 40%

Adenocarcinoma Squamous-cell carcinoma Large-cell carcinoma NOS

15% 30%

American Cancer Society.

Figura 1. Incidenza sottotipi istologici NSCLC

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QUADRO CLINICO

Aspetti generali Talvolta la crescita di masse neoplastiche può avvenire in maniera sub-clinica dando segno di se solo tardivamente. L' aspecificità dei sintomi inoltre rende questa malattia particolarmente insidiosa e per questo motivo sarebbe opportuno sottoporre a sorveglianza clinica i soggetti con fattori di rischio per poter fare diagnosi il più precocemente possibile. Generalmente in tutti i casi di carcinoma polmonare il sintomo più frequente all'esordio è rappresentato dalla tosse che può essere secca o produttiva. Altro sintomo importante è la dispnea che compare abbastanza precocemente sia nelle forme centrali che in quelle periferiche. Frequente è poi la presenza di dolore toracico che potrà essere puntorio o gravativo; spesso però il primo sintomo che mette in allarme il paziente è l'emoftoe . Talvolta la neoplasia si può manifestare con segni e sintomi di interessamento sistemico come febbricola, calo ponderale, anoressia, astenia. In altri casi, soprattutto se si tratta di adenocarcinomi a sviluppo periferico, si può avere interessamento pleurico con dolore, sfregamento e segni di versamento pleurico all'esame obiettivo. Il tumore nella sua crescita può poi interessare gli organi intratoracici dando sintomi da infiltrazione dei nervi laringeo e frenico (voce rauca o bitonale, paresi diaframmatica), da compressione della vena cava superiore (turgore delle

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giugulari, edema e cianosi cervico-facciale e degli arti superiori) e da invasione mediastinica. A questi segni di interessamento intratoracico si possono poi accompagnare quelli dati dalla diffusione metastatica del tumore con quadri clinici a carico di encefalo, surreni, fegato, scheletro ecc. Sindrome di Pancoast Quadro clinico particolare che si riscontra nel caso di tumori dell'apice polmonare. E' caratterizzata da dolore al cingolo scapolo-omerale, in sede sovraclaveare e laterocervicale omolaterale; sindrome di Bernard-Horner con miosi, ptosi palpebrale, enoftalmo da lesione della catena simpatica cervicale; atrofia dei muscoli della mano, parestesie dell' arto superiore per interessamento del plesso brachiale ; infine segni di interessamento delle strutture vascolari con segni di stasi da compressione dell'arteria e della vena succlavia. Sindromi paraneoplastiche Si tratta di manifestazioni cliniche extratoraciche non dovute a disseminazione metastatica del tumore e che in genere vanno incontro a regressione dopo asportazione della neoplasia. Sono frequenti soprattutto nel caso del microcitoma. In quest'ambito rientrano diversi quadri: a) sindromi ematologiche: anemia sideropenica, anemia emolitica, aplasia della serie rossa, porpora trombocitopenica, trombocitosi; b) sindromi endocrine: sindrome di Cushing, sindrome da inappropriata secrezione di ADH, ginecomastia, ipercalcemia, galattorrea, eccesso di ormone della crescita;

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c) sindromi neuromuscolari: neuropatie, polimiosite, sindromi miasteniche, encefalopatie, degenerazione cerebellare, cecitĂ retinica; d) sindromi muscoloscheletriche e cutanee: prurito, orticaria, eritema polimorfo, dermatomiosite; e) sindromi cardiovascolari: tromboflebite superficiale, trombosi arteriosa; f) altre sindromi: sindrome nefrosica, iperuricemia, amiloidosi.

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STADIAZIONE

La valutazione dell'estensione del tumore al momento della diagnosi viene effettuata in base al sistema TNM (Tumor size, Nodal metastases, distant Metastases) che valuta le dimensioni del tumore primitivo, le metastasi linfonodali e le metastasi a distanza. Sulla base di questa classificazione viene poi effettuata un divisione in stadi delle neoplasie.

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STADIAZIONE TUMORE POLMONARE SECONDO SISTEMA TNM

T Tx

Tumore Primitivo

T0 Tis T1

Nessuna evidenza di tumore primitivo

Tumore evidenziato dalla presenza di cellule atipiche nell'espettorato, in assenza di lesioni radiologicamente o broncoscopicamente riconoscibili Carcinoma in situ Massa neoplastica la cui dimensione maggiore sia < 3cm, circondata da tessuto polmonare o da pleura viscerale in assenza di lesioni radiologicamente o broncoscopicamente riconoscibili T1a: Tumore ≤ 2cm nella sua dimensione maggiore T1b: Tumore ≥ 2cm ma ≤ 3cm nella sua dimensione maggiore

T2

Massa neoplastica la cui dimensione maggiore sia ≥ 3cm e ≤ 7cm o, indipendentemente dalla dimensione, che invada la pleura viscerale o sia associata ad atelectasia o polmonite ostruttiva estesa alla regione ilare. Alla broncoscopia l'estensione prossimale del tumore evidenziabile deve distare almeno 2cm dalla carena. L'atelecatasia o la polmonite ostruttiva associate devono coinvolgere un territorio inferiore ad un intero polmone T2a: Tumore > 3cm ma ≤ 5cm nella sua dimensione maggiore T2b: Tumore > 5cm ma ≤ 7cm nella sua dimensione maggiore

T3

Massa > 7cm o massa di qualsiasi dimensione con interessamento diretto della parete toracica, del diaframma o della pleura mediastinica o del pericardio senza coinvolgimento del cuore, dei grossi vasi, della trachea, dell'esofago o di corpi vertebrali, o tumore in un bronco principale entro 2cm dalla carena senza interessamento della carena o atelectasia o polmonite ostruttiva di un intero polmone o lesioni multicentriche nello stesso lobo

T4

Massa di qualsiasi grandezza con invasione del mediastino o coinvolgimento del cuore, dei grossi vasi, della trachea, dell'esofago, del nervo laringeo ricorrente, di un corpo vertebrale o della carena ; oppure tumore di qualsiasi dimensione con associato nodulo satellite nel lobo controlaterale

N Nx N0 N1

Metastasi linfonodali

N2 N3

Mancata disponibilità di elementi utili a definire la presenza di metastasi linfonodali Assenza di evidenze di metastasi ai linfonodi regionali Metastasi ai linfonodi peribronchiali o ilari omolaterali, o entrambi, compresa la diretta estensione Metastasi ai linfonodi mediastinici omolaterali o sottocarenali Metastasi ai linfonodi mediastinici o ilari controlaterali o ai linfonodi scalenici o sopraclaveari omolaterali o controlaterali

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M Mx M0 M1

Metastasi a distanza Mancata disponibilitĂ di elementi utili a definire la presenza di metastasi a distanza Assenza di evidenza di metastasi a distanza Presenza di metastasi a distanza M1a: Presenza di nodulo satellite nel lobo controlaterale o presenza di un versamento pleurico o pericardico maligno M1b: Metastasi a distanza

Tabella 3. Classificazione TNM del carcinoma polmonare

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CLASSIFICAZIONE IN STADI T

N

M

Carcinoma occulto

Tx

N0

M0

Stadio 0

Tis

N0

M0

Stadio IA

T1a

N0

M0

T1b

N0

M0

Stadio IB

T2a

N0

M0

Stadio IIA

T2b

N0

M0

T1a

N1

M0

T1b

N1

M0

T2a

N1

M0

T2b

N1

M0

T3

N0

M0

T1a

N2

M0

T1b

N2

M0

T2a

N2

M0

T2b

N2

M0

T3

N1

M0

T3

N2

M0

T4

N0

M0

T4

N1

M0

T1a

N3

M0

T1b

N3

M0

T2a

N3

M0

T2b

N3

M0

T3

N3

M0

T4

N2

M0

T4

N3

M0

T1-4

N0-3

M1a

T1-4

N0-3

M1b

Stadio IIB

Stadio IIIA

Stadio IIIB

Stadio IV

Tabella 4. Stadiazione del carcinoma polmonare

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STRATEGIA TERAPEUTICA DEL CARCINOMA POLMONARE NON A PICCOLE CELLULE (NSCLC)

La scelta del trattamento dipende dallo stadio della malattia e dalle condizioni generali del paziente.

Negli stadi I e II la chirurgia rappresenta il trattamento elettivo. In questi stadi il tipo di intervento chirurgico dipende dalla sede del tumore e dalle sue dimensioni. Se ci si trova di fronte ad un tumore periferico l' intervento di scelta è la lobectomia. L' exeresi sublobare viene riservata a quei casi con deficit della funzione respiratoria. Nel caso di lesioni centrali si deve ricorrere frequentemente alla pneumectomia o alla lobectomia con broncoplastica per ottenere la radicalità chirurgica. In questi casi la sopravvivenza globale a 5 anni è del 65%. Fattori prognostici positivi sulla sopravvivenza sono le ridotte dimensioni della neoplasia (<3cm), il grado di differenziazione alto, l'assenza di aneuploidia e di invasione vascolare. Nei pazienti appartenenti a questo gruppo ma non operabili per comorbilità risultati migliori rispetto alla radioterapia convenzionale in termini di controllo locale e di sopravvivenza sono oggi ottenibili con la radioterapia stereotassica. Tale trattamento è infatti in grado di ottenere buone percentuali di controllo della malattia senza tossicità importanti.

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Nei pazienti con malattia allo stadio II, in buone condizioni generali e con buona ripresa fisica dopo l'intervento, le linee guida internazionali convergono nel suggerire una chemioterapia adiuvante contenente platino per 4 cicli di trattamento.

Nello stadio IIIa la possibilità di eseguire un intervento chirurgico deve tener conto dell'entità dell'estensione del tumore primario e del grado di interessamento linfonodale. Se il linfonodo metastatico è singolo ed è possibile resecare sia il tumore primitivo che il linfonodo, l'intervento chirurgico può essere effettuato insieme ad una linfoadenectomia mediastinica. Nel caso di malattia N2 diagnosticata preoperatoriamente con TC, PET e confermata con agobiopsia transtracheale-transbronchiale, la chirurgia da sola ha indicazioni limitate. In questi pazienti è stato proposto il trattamento neoadiuvante mediante chemioterapia o l'associazione di chemioterapia e radioterapia ai fini di ridurre le dimensioni della neoplasia a ricondurre la malattia ad uno stadio chirurgico. I dati relativi a questo tipo di trattamento indicano un vantaggio in termini di sopravvivenza. Questi pazienti dovrebbero quindi essere trattati con protocolli clinici basati sulla combinazione del Platino con i farmaci di ultima generazione (Gemcitabina o Vinorelbina o Taxani) o con i vecchi farmaci come Mitomicina C, Vinblastina, Ifosfamide o Etoposside.

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Nel caso di malattia localmente avanzata inoperabile (stadio IIIb) è indicato un trattamento di associazione chemioterapia-radioterapia che consente di ottenere risultati migliori rispetto al solo trattamento radioterapico. Grazie a tale schema terapeutico si è infatti avuto un lieve ma significativo aumento in termini di sopravvivenza e un'importante riduzione della frequenza di metastasi a distanza.

I pazienti metastatici appartenenti all'ultimo stadio (stadio IV) vengono trattati con la chemioterapia o la terapia di supporto, comprensiva della radioterapia ad intento palliativo. In questi pazienti scopo del trattamento è controllare la sintomatologia correlata al tumore, aumentare la sopravvivenza e migliorare la qualità di vita. Nello stadio IV la chemioterapia va riservata ai pazienti ambulatoriali, senza importante calo ponderale e in buone condizioni generali. Il trattamento chemioterapico prevede attualmente la possibilità di scelta fra varie combinazioni contenenti derivati del platino associati ad uno solo dei nuovi farmaci, gemcitabina, taxani, vinorelbina o pemetrexed.

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CARATTERIZZAZIONE BIOMOLECOLARE

Negli ultimi anni lo studio delle varie caratteristiche molecolari dei tumori polmonari ha messo in evidenza un ruolo specifico di alcuni geni legati alla proliferazione cellulare in modo particolare EGFR e K-RAS importanti per la classificazione, la prognosi e la terapia in particolare degli adenocarcinomi polmonari. Notevole importanza assume l'iperespressione di EGFR (epidermal growth factor receptor) appartenente alla erb family, gruppo di recettori (HER1-EGFR, HER2, HER3, HER4) [FIGURA 3] coinvolti nel controllo della proliferazione cellulare, nella promozione dell'angiogenesi e nello sviluppo di metastasi. EGFR è presente normalmente nella membrana delle cellule epiteliali e può essere iperespresso in diverse neoplasie maligne. E' interessante notare come sia l'iperespressione di EGFR, sia le mutazioni del dominio tirosin-chinasico si verifichino nei pazienti affetti da carcinoma e come entrambe queste alterazioni genetiche siano correlate con l'elevata probabilità di risposta agli agenti anti-EGF. L'iperespressione di

EGFR,

la

sua

amplificazione e

mutazione sono

particolarmente frequenti negli adenocarcinomi dei non fumatori, una nuova forma di neoplasie polmonari in evidente crescita in tutto il mondo. Il ruolo dei segnali trasmessi dai fattori di crescita nella patogenesi del cancro nell'uomo è stato stabilito da tempo; molti studi hanno infatti confermato come tali segnali siano implicati nella proliferazione delle cellule tumorali.

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Tra questi l'EGFR ha un ruolo centrale nella patogenesi e nello sviluppo di molti tipi di tumore. I recettori appartenenti alla erb family formano nel loro insieme un sistema integrato in cui un segnale che colpisce un recettore viene trasmesso ad altri recettori della stessa famiglia. Questo meccanismo porta ad un'amplificazione e diversificazione del segnale iniziale e questo è un fenomeno importante per la trasformazione della cellula. La famiglia EGFR dei recettori tirosin-chinasici è composta, come visto precedentemente, da quattro diversi recettori: EGFR-HER1, HER2, HER3, HER4. Tutte le proteine di questa famiglia hanno un dominio extracellulare di legame per il ligando, un singolo dominio idrofobico trans-membrana e una coda citoplasmatica con attività tirosin-chinasica intrinseca intracellulare. Tra questi il dominio tirosin-chinasico intracellulare è altamente conservato, mentre i domini extracellulari sono meno conservati tra i quattro recettori, il che suggerisce che questi ultimi hanno diversa specificità di legame del ligando. I recettori ErbB vengono attivati dal legame con i fattori di crescita EGF prodotti dalle stesse cellule che esprimono i recettori ErbB (segnale autocrino) o dalle cellule circostanti (segnale paracrino). Tali fattori di crescita possono essere divisi in tre gruppi: il primo gruppo comprende EGF, TGF-α e anfiregulina che si legano all' EGFR; il secondo gruppo comprende BTC, HB-EGF e EPR che mostrano affinità sia per EGFR che per HER4; il terzo gruppo è composto dalla neuregulina (NRGs) e può essere diviso in due sottogruppi in base alla capacità di legare HER3 e HER4 o solo HER4.

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Nessuno della famiglia dei peptidi EGF lega HER2. Il legame del ligando al dominio extracellulare provoca la dimerizzazione del recettore, la fosforilazione della tirosina e l'attivazione del recettore tirosinchinasico. La chinasi attivata fosforila poi, e quindi attiva, molte molecole effetrici disposte a valle ( FIGURA 2).

Figura 2. Meccanismo di trasduzione del segnale

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La trasduzione del segnale ha inizio quando i recettori tirosin-chinasici ErbB attivati reclutano le varie proteine segnale, le chinasi intracellulari, le proteine tirosin-fosfatasi e l'ubiquitina. I recettori ErbB attivano inoltre diversi fattori di trascrizione come c-fos, c-jun, c-myc. Il ruolo dei recettori ErbB e dei loro ligandi nella patogenesi dei carcinomi umani è confermato da diversi studi che hanno mostrato la sovraespressione di queste proteine nella maggior parte dei tumori solidi. Recentemente diversi studi hanno dimostrato che l' amplificazione del gene EGFR e le mutazioni del dominio tirosin-chinasico siano frequenti nei pazienti affetti da carcinoma del polmone. In particolare l'amplificazione del gene EGFR o l'elevata polisomia è stata riscontrata nel 21-32% dei pazienti affetti da NSCLS. Tali mutazioni sono più frequenti nei pazienti dell'Asia orientale (33,4%), nelle donne rispetto agli uomini (38,7% vs 10%), nell'istotipo di adenocarcinoma rispetto agli altri istotipi (29,4% vs 1,8%) e nei non fumatori o ex fumatori rispetto ai fumatori (45,8% vs 7,1%). Prese insieme queste caratteristiche identificano un particolare sottotipo di cancro del polmone con caratteristiche cliniche e patologiche definite. In pazienti con cancro del polmone il DNA che codifica per il dominio della tirosin-chinasi della proteina EGFR può ospitare può ospitare una mutazione che provoca la produzione di una proteina EGFR mutata (FIGURA 4).

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La famiglia dei recettori tirosinchinasi transmembrana Dominio extracellulare che lega il ligando

ErbB-1(EGFR/HER1) ErbB-2 (HER2) ErbB-3 (HER3) ErbB-4 (HER4)

Dominio transmembrana

Dominio citoplasmatico (attivitĂ tirosinasica)

Figura 3. Famiglia recettori ERB

Ligando Dominio Extracellulare

Wild Type EGFR

EGFR Mutato

Dominio Trans-membrana Dominio Tirosin-chinasico

ATP

Fosforilazione della Tirosina Ras-Raf-MAPK Proliferazione

Pi3K-AKT Sopravvivenza

Figura 4. Mutazione EGFR

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Le più frequenti mutazioni attive (FIGURA 5) del gene EGFR sono: 1. Mutazione dell'esone 19; 2. Microdelezione dell'esone 19; 3. Mutazione puntiforme dell'esone 21. In particolare la delezione dell'esone 19 e la mutazione puntiforme dell'esone 21 (L858R) rappresentano il 90% di tutte le mutazioni attivanti. La mutazione attivante L'EGFR all'interno di una cellula cancerosa è un fattore importante nel promuovere la crescita tumorale, bloccando l'apoptosi, aumentando la produzione di fattori angiogenetici e facilitando i processi di metastasi. La mutazione T790M (esone 20)è invece una mutazione di resistenza agli agenti EGFR TKI.

ATP binding cleft

Regulatory domain

Clobe

TK domain

Transmembrane region

Nlobe αCheli

Aloop

21

Extracellular domain

20

Ploop

19

18

Figura 5. Mutazioni EGFR di più frequente riscontro

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Tutto questo può essere sfruttato dal punto di vista terapeutico e in questo senso sono stati condotti recentemente importanti studi clinici. Infatti nonostante la frequenza delle mutazioni EGFR sia molto bassa (10-15%) [FIGURA 6], la presenza di tale mutazione rappresenta il criterio di selezione per il trattamento con Gefitinib.

Analisi molecolare nella’adenocarcinoma del polmone

No Mutation Detected

AKT1 NRAS MEK1 MET AMP HER2 PIK3CA 2% BRAF 2% Double Mutants 3%

EML4-AKL 7%

KRAS 22% EGFR 17%

Figura 6. Frequenza delle mutazioni nell'adenocarcinoma polmonare

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STUDI CLINICI

Tre recenti studi ( INTEREST, IPASS [Iressa Pan-Asia Study - Fukuoka M et al, J Clin Oncol 2009, 27: 408s] e SATURN [Sequential Tarceva in Unresectable NSCLC - Cappuzzo F et al, J Clin Oncol 2009, 27: 407s]) sottolineano come le mutazioni EGFR TK identifichino i pazienti che possono trarre i maggiori benefici dal trattamento molecolare con inibitori del recettore per l'epidermal grow factor (Gefitinib ed Erlotinib) nel NSCLC avanzato. Tali benefici sono prevalenti in alcuni sottogruppi di pazienti(non fumatori, asiatici, donne, istologia di adenocarcinoma) e in quelli con mutazioni del dominio tirosin chinasico (TK) del recettore. Tali farmaci sono simili dal punto di vista strutturale e appartengono alla classe chimica delle chinazoline. L'Erlotinib (Tarceva®) agisce inibendo i recettori ad attività tirosin-chinasica sovraespressi in alcuni tumori insieme ai relativi ligandi. Questo farmaco, mimando la struttura dell'ATP, si lega alla porzione catalitica intracellulare del recettore svolgendo un'azione inibitoria su di esso. Tale farmaco ha indicazione come mantenimento dopo una prima linea a base di platino e viene dato anche ai pazienti non mutati (wild tipe) che però mostrano una risposta molto minore rispetto ai pazienti mutati. IL Gefitinib (Iressa®) (vedi struttura del farmaco FIGURA 3) agisce come inibitore competitivo della TK EGFR impedendo il legame dell'ATP ed inibendo la trasduzione del segnale dell'EGFR implicato nella proliferazione e nella

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sopravvivenza delle cellule neoplastiche. (FIGURA 7) Tale farmaco, secondo le indicazioni attuali, può essere dato anche in prima linea e solo nei pazienti con mutazione dell' EGFR. Il farmaco prevede una somministrazione orale di 250mg/die. Raggiunge un picco di concentrazione plasmatica entro 3-7 ore e ha un'emivita terminale di 41h nei pazienti oncologici. Le concentrazioni allo steady state vengono raggiunte in 7-10 giorni. Questo farmaco ha un ampio volume di distribuzione

ed

estesa

distribuzione

nel

tessuto

tumorale

(rapporto

plasma:tessuto=1:60 nei pazienti con NSCLC).

C l

F O

N N

O O

N N

Figura 7. Formula di struttura Gefitinib

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GEFITINIB

Figura 8. Meccanismo di azione del Gefitinib

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Le strategie sperimentate in tali studi, pur avendo in comune la maggior durata della chemioterapia di I linea rispetto ai bracci di controllo, erano diverse tra loro, e riconducibili a 3 diversi quesiti sperimentali: 1) confronto tra un numero definito di cicli e la prosecuzione della medesima chemioterapia fino a progressione di malattia; 2) confronto tra un numero definito di cicli e un numero sempre definito ma maggiore di cicli della medesima chemioterapia; 3) confronto tra un numero definito di cicli e il medesimo numero di cicli seguiti dal trattamento (per un numero definito di cicli o fini a progressione) con un farmaco diverso dai precedenti. In modo particolare lo studio SATURN ha valutato l'efficacia del mantenimento con Erlotinib in pazienti che avessero completato 4 cicli di prima linea con una doppietta contenente platino rispetto al placebo. Obiettivo primario dello studio era la PFS (ossia la progressione libera da malattia) e il trattamento sperimentale ha prodotto un vantaggio statisticamente significativo in termini di PFS. Tale studio di fase III è stato condotto in doppio cieco, controllato con placebo e condotto in 110 centri e in 26 Paesi. In fase di screening dei pazienti è obbligatoria la raccolta di campioni di tessuto per l'analisi dell'espressione e dello stato mutazionale dell'EGFR. Dopo 4 cicli di chemioterapia a base di platino e in assenza di progressione di malattia, i pazienti (n=889) erano randomizzati 1:1 a erlotinib 150mg/die o placebo fino a progressione della malattia, tossicità non tollerabile o decesso. (FIGURA 9)

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Erlotinib 150 mg/die

Progressione

(n = 438)

Pazienti naive alla

4 cicli di

Assenza di

chemioterapia

chemioterapia

progressione

NSCLC avanzato

di prima linea

(n = 889)

( n = 1949 )

a base di platino

Randomizzazione 1:1

Placebo

Progressione

(n = 451)

Analisi obbligatoria dei campioni di tessuto

Figura 9. Schema dello studio SATURN

Lo studio ha dimostrato un vantaggio significativamente maggiore in termini di PFS con l'uso di Erlotinib rispetto al placebo in tutti i pazienti analizzabili, indipendentemente dallo stato di EGFR e nei pazienti con tumore EGFR-positivo all'analisi immunoistochimica. Anche in termini di OS (sopravvivenza totale) il vantaggio è stato significativamente maggiore con Erlotinib rispetto al placebo nell'intera popolazione. Questo studio ha quindi evidenziato come il trattamento con Erlotinib, dopo una chemioterapia di prima linea, possa migliorare in modo significativo la

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sopravvivenza nei pazienti con NSCLC metastatico. Il farmaco è efficace in tutti i sottogruppi di pazienti. I pazienti con malattia stabile dopo una chemioterapia di prima linea sembrano trarre un beneficio maggiore, in termini di OS, dalla terapia di mantenimento con Erlotinib, rispetto ai pazienti con risposta parziale o completa. In un altro studio randomizzato di III fase, lo studio TITAN, i pazienti già arruolati nello studio SATURN con progressione di malattia nel corso dei 4 cicli di chemioterapia di prima linea (n= 424) sono stati randomizzati a Erlotinib (150mg/die) [n=203] o a un trattamento chemioterapico di seconda linea con pemetrexed (n=105) o docetaxel (n=116) [a discrezione dello sperimentatore] fino a progressione di malattia o fino all'insorgenza di tossicità non tollerabile. Lo studio ha dimostrato che l'efficacia di Erlotinib è paragonabile a quella della chemioterapia ma come l' Erlotinib sia meglio tollerato rispetto alla chemioterapia ( TABELLE 5 E 6 ).

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Erlotinib Chemioterapia OS mediana (mesi)

5,3

5,5

PFS mediana (mesi)

6,3

8,6

7,9

6,3

Tasso di risposta soggettiva (%)

Tabella 5. Risultati di efficacia dello studio TITAN

Erlotinib Chemioterapia TossicitĂ gravi correlate al farmaco (%)

1

6,6

1

3,8

1,5

5,2

TossicitĂ che hanno richiesto l'interruzione del trattamento Decessi dovuti a tossicitĂ

Tabella 6. Risultati dello studio TITAN relativi alla sicurezza

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Gefitinib, dopo Erlotinib è il secondo inibitore della tirosin chinasi in commercio in Italia per via orale. La sua autorizzazione in Giappone risale al 2002 e negli USA al 2003. E' stata evidenziata una diretta correlazione tra attività clinica del TKi e la presenza di mutazioni nel gene EGFR riscontrabili in circa il 10-20% dei pazienti caucasici. Infatti ciò che ha portato alla ricerca delle mutazioni EGFR è stato cercare la ragione della netta differenza nella risposta al trattamento che si aveva nei diversi pazienti. Con diversi studi si é quindi visto come i pazienti EGFR mutati rispondano molto meglio al trattamento con Gefitinib rispetto ai non mutati. Le mutazioni più comuni del dominio tirosin-chinasico del gene per le EGFR sono le delezioni nell'esone 19 e la mutazione L858R nell'esone 21, che insieme costituiscono circa il 90% delle mutazioni. Come ricordato precedentemente, dal punto di vista clinico i pazienti che hanno maggiori probabilità di esprimere una mutazione e beneficiare del trattamento sono: pazienti di origine asiatica, non fumatori, donne e pazienti con istotipo di adenocarcinoma. Sono stati condotti numerosi studi di valutazione di efficacia e sicurezza di Gefitinib utilizzato nel trattamento del NSCLC, sia in pazienti pretrattati che in pazienti naive. L'autorizzazione di gefitinib da parte di FDA, come terza linea di trattamento in pazienti affetti da NSCLC, risale al 2003 e si basa esclusivamente su due studi di dose-finding (IDEAL 1 e 2) su un totale di 431 pazienti adulti (età media 61 anni) con malattia avanzata o metastatica, non trattabile con radioterapia o chirurgia e intolleranti o refrattari a precedenti chemioterapie ( nel primo studio erano inclusi pazienti trattati al massimo con due precedenti chemioterapie; nel secondo

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pazienti trattati con almeno due chemioterapie). Complessivamente il 25% dei pazienti erano di origine asiatica, il 36% donne e il 66% aveva l'istotipo di adenocarcinoma. I due studi hanno confrontato due dosi di Gefitinib: 250mg/die e 500mg/die. L'obiettivo primario dello studio era la risposta obiettiva dei pazienti secondo i criteri RECIST (Response Evaluation Criteria in Solid Tumors: parametro standard per valutare la risposta dei tumori solidi ad un trattamento, tramite misurazione della dimensione delle lesioni provocate dal tumore). Obiettivi secondari erano la sopravvivenza totale (OS) e la progressione libera da malattia (PFS). In media il 10% della popolazione ha mostrato un tasso di risposta obiettiva, senza differenza statisticamente significativa tra i due dosaggi. Questo ha portato alla definizione della dose di 250mg/die come dose efficace autorizzata e ad un'approvazione condizionale del farmaco. Un altro studio di fase III, lo studio ISEL ha valutato 1692 pazienti adulti affetti da NSCLC avanzato o metastatico, non trattabile con radioterapia o chirurgia e intolleranti o refrattari a 1 o 2 precedenti chemioterapie. Il 24% dei pazienti era di origine asiatica, il 22% era non fumatore, il 33% donne e il 48% aveva adenocarcinoma. I pazienti sono stati randomizzati a Gefitinib 250mg/die o placebo. Obiettivo primario era la sopravvivenza totale nella popolazione globale e nella sottopopolazione con adenocarcinoma. PoichÊ non è stata evidenziata alcuna differenza significativa tra Gefitinib e placebo in nessuna delle due popolazioni, la FDA, in accordo con la ditta produttrice, ha ristretto l'utilizzo del farmaco solamente a pazienti già in trattamento con Gefitinib che mostravano

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beneficio clinico o che in passato ne avevano tratto beneficio e ai nuovi pazienti arruolati in studi clinici approvati prima del 15 settembre 2005. Due studi successivi ( INTEREST e SIGN ) hanno messo a confronto l'uso di Gefitinib 250mg/die rispetto a docetaxel 75mg/m² ogni tre settimane arruolando complessivamente 1607 pazienti. Nello studio INTEREST (n=1466) il 21% dei pazienti era di origine asiatica, il 20% era non fumatore, il 35% donne e il 54% aveva adenocarcinoma. In questo studio è stata dimostrata la non inferiorità (ma non la superiorità) di Gefitinib rispetto a docetaxel in termini di sopravvivenza globale (obiettivo primario). Non vi è stata differenza statisticamente significativa neanche in termini di PFS nè di risposta obiettiva. Tuttavia un'analisi sulla sottopopolazione di pazienti con mutazione del recettore EGFR (n=174) ha mostrato una risposta obiettiva nel 41,2% dei pazienti trattati con Gefitinib rispetto al 21,1% dei pazienti trattati con docetaxel, sebbene anche in questo caso non siano state rilevate differenze in termini di sopravvivenza. Neppure lo studio SIGN ha messo in evidenza differenze significative in termini di sopravvivenza nell'uso del farmaco o del placebo (n=141).

Lo studio che però ha portato all'indicazione dell'utilizzo del Gefitinib in I linea e lo studio IPASS (studio di fase III) svolto in una popolazione altamente selezionata: il totale dei pazienti (n=1217) era di origine asiatica, non trattati in precedenza, l'80% donne, il 93% non fumatori, con istotipo di adenocarcinoma in stadio IIIb/IV.

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Tali pazienti sono stati randomizzati 1:1 e trattati con Gefitinib (250mg/die) o con carboplatino+paclitaxel (trattamento chemioterapico standard per il carcinoma polmonare negli USA) ogni tre settimane. Il confronto tra le due modalità ha mostrato risultati a favore di Gefitinib sia in termini di PFS (obiettivo primario dello studio) che di risposta obiettiva (43% vs 32%) sebbene in termini di sopravvivenza non sia stata rilevata differenza statisticamente significativa (FIGURA 10). Inoltre è stata proposta un'analisi di 786 pazienti caucasici che hanno partecipato ai diversi studi sul farmaco, per identificare i fattori predittivi della mutazione dell'EGFR. Da tale analisi è emerso che: 1. I non fumatori hanno una probabilità di manifestare mutazione 6,5 volte maggiore rispetto ai fumatori; 2. L' istologia di adenocarcinoma ha una probabilità di manifestare mutazione 4,4 volte maggiore rispetto agli altri tipi di NSCLC; 3.

Il sesso femminile ha una probabilità di manifestare mutazione 1,7 volte

maggiore rispetto agli uomini. Dai risultati di questo studio è stato possibile ipotizzare che la condizione di non fumatore, il sesso femminile e l'istologia di adenocarcinoma siano predittori di una mutazione di EGFR nella popolazione generale e non solo nella popolazione asiatica. Lo studio ha inoltre dimostrato che l’efficacia del farmaco sia nettamente superiore nei pazienti EGFR mutati rispetto ai pazienti non mutati (wild type) , nei

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quali invece la risposta alla chemioterapia a base di carboplatino+paclitaxel è nettamente superiore (FIGURA 11).

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Figura 10. Risultati studio IPASS

Figura 11. Efficacia del Gefitinib nei pazienti EGFR mutati rispetto ai pazienti wild type

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Altri 5 studi (quattro di confronto con placebo e uno con vinorelbina) hanno arruolato principalmente popolazione di origine caucasica. Due studi (INTACT 1 e 2) hanno arruolato un totale di 2130 pazienti adulti (età media 70 anni), con NSCLC avanzato, randomizzati a Gefitinib 250mg/die, 500mg/die o placebo. Obiettivo primario di entrambi gli studi era la sopravvivenza globale, che non è risultata differente tra i gruppi. Recentemente sono stati pubblicati due studi, randomizzati e in aperto, che hanno arruolato un totale di 407 pazienti asiatici con NSCLC di stadio IIIb-IV, non precedentemente trattati per la malattia localmente avanzata o metastatica, che presentavano mutazione EGFR. I pazienti sono stati randomizzati a Gefitinib 250mg/die confrontato in uno studio con carboplatino/paclitaxel, nel secondo con cisplatino-docetaxel. Obiettivo primario degli studi era la PFS; sopravvivenza globale e risposta obiettiva erano gli obiettivi secondari. Entrambi gli studi hanno riportato un aumento della PFS e della risposta obiettiva con l'uso del Gefitinib.

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Da questi studi emerge come la mutazione di EGFR rappresenti un fattore per l'indicazione all'uso del gefitinib in prima linea. Per questo motivo la determinazione dello stato mutazionale dell'EGFR si rende necessaria per la scelta delle migliore strategia terapeutica in pazienti selezionati con NSCLC in stadio IIIB e IV. Possono essere sottoposti ad esame mutazionale del gene EGFR i pazienti con NSCLC e istotipo di adenocarcinoma, carcinoma a grandi cellule, carcinoma misto con adenocarcinoma e NSCLC non altrimenti specificato. La determinazione della mutazione EGFR può essere eseguita su pezzo operatorio oppure su prelievo bioptico o citologico del tumore primitivo e/o delle metastasi. Un campione di tessuto è disponibile in circa il 50% dei pazienti con NSCLC ed è ottenuto al momento della diagnosi (biopsia bronchiale)o nel corso di intervento chirurgico. Il campione di tessuto da sottoporre ad analisi molecolare risulta estremamente eterogeneo: infatti accanto ad aree di tessuto neoplastico possono essere presenti aree di necrosi, aree flogistiche e componenti tissutali normali. La probabilità di individuare mutazioni geniche è condizionata dalla percentuale di cellule neoplastiche nel campione. Considerata la scarsità del materiale biologico disponibile in alcuni casi, la priorità va data alla determinazione delle mutazioni degli esoni 19 e 21 che risultano essere le più frequenti; in caso di negatività anche gli esoni 18 e 20 dovrebbero essere analizzati. Sono disponibili varie metodiche per l'analisi delle mutazioni del gene EGFR: queste possono essere distinte in metodiche di screening (che possono evidenziare tutte le mutazioni) e metodiche a bersaglio mutazionale che permettono la diagnosi di specifiche mutazioni. Tra le diverse metodiche la più usata al

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momento è il pirosequenziamento che permette di effettuare diagnosi del tipo specifico di mutazione.

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ESPERIENZA CLINICA

OBIETTIVO DELLA RICERCA

Il nostro lavoro prevede di valutare la frequenza delle mutazioni del gene EGFR nei pazienti pervenuti alla nostra osservazione e di valutare la possibilità del trattamento con Gefitinib. Ricordiamo infatti come diversi studi clinici abbiano dimostrato l'efficacia del Gefitinib nel trattamento palliativo dei pazienti affetti da NSCLC in stadio avanzato (IIIb-IV) che presentino mutazioni del gene EGFR e come tali mutazioni si abbiano soprattutto in pazienti non fumatori, di sesso femminile, con istotipo di adenocarcinoma. Tale farmaco agisce infatti come inibitore competitivo della TK EGFR impedendo il legame dell'ATP e bloccando la trasduzione del segnale che porta alla proliferazione e alla sopravvivenza delle cellule neoplastiche. In modo particolare viene valutata l'efficacia del farmaco rispetto alla chemioterapia classica per il NSCLC che prevede l'associazione di platino con i farmaci di ultima generazione (Gemcitabina o Vinorelbina o Taxani o Pemetrexed nell'adenocarcinoma). Viene inoltre valutata l'eventuale tossicità legata all'uso del Gefitinib; ricordiamo infatti che le principali reazioni avverse che il farmaco può dare sono rash cutaneo, acne, diarrea, vomito, anoressia e nausea. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad una valutazione clinica e strumentale volta a valutare l'estensione della malattia e inoltre tutti sono stati sottoposti all'analisi

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mutazionale del gene EGFR e candidati o meno all'uso del Gefitinib in base ai risultati.

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MATERIALE E METODO

Abbiamo valutato un numero di 20 pazienti (12 uomini e 8 donne) di età compresa tra 40 e 79 anni, tutti affetti da NSCLC con istotipo di adenocarcinoma e tutti con malattia in stato avanzato. Tutti i pazienti sono stati sottoposti alle analisi clinico-strumentali (RX, TC, scintigrafia ossea) volte a stabilire lo stadio iniziale della malattia; sono state inoltre effettuate in tutti questi pazienti le indagini di biologia molecolare per valutare la presenza della mutazione del gene EGFR. Dopo tale valutazione solo 5 pazienti (3 donne e 2 uomini) sono risultati essere EGFR mutati (in accordo con i dati di letteratura che indicano una bassa percentuale di mutazioni EGFR) e quindi candidabili ad effettuare trattamento palliativo con Gefitinib fino a tossicità o progressione di malattia. Ricordiamo infatti come diversi studi clinici, e in modo particolare lo studio IPASS (studio di fase III), abbiano dimostrato come l'efficacia del Gefitinib sia nettamente superiore nei pazienti EGFR mutati rispetto ai pazienti non mutati (wild type). Tutti i pazienti da noi analizzati rispondono ai criteri che frequentemente si associano con la mutazione dell'EGFR: si tratta infatti in tutti i casi di NSCLC con istotipo adenocarcinoma ed inoltre 4 dei 5 pazienti sono non fumatori e una è una ex fumatrice da circa 25 anni. Tra questi è stata fatta un'ulteriore selezione e alla fine solo 3 di questi pazienti sono stati trattati con Gefitinib.

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Negli altri 2 non è stato possibile l'uso del farmaco in quanto in un caso si trattava di una paziente in cui la determinazione della mutazione è stata successiva all'inizio della chemioterapia di prima linea con Cisplatino+Gemcitabina e il Gefitinib verrà riservato alla seconda linea di terapia; nel secondo caso il paziente è stato inserito in protocollo di studio (STUDIO TAYLOR) che prevede la somministrazione di Erlotinib 150mg/die in seconda linea (l'altro farmaco molecolare usato in caso di NSCLC in stadio avanzato).

CRITERI DI ELEGGIBILITÁ 1. Pazienti affetti da NSCLC con diagnosi istologica di adenocarcinoma; 2. Malattia in stadio avanzato (IIIB-IV); 3. Mutazione EGFR positiva;

Questi criteri hanno portato, come detto in precedenza, ad una selezione dei pazienti che ha ridotto il loro numero dai 20 analizzati inizialmente ai 3 che hanno poi effettivamente iniziato il trattamento con Gefitinib.

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CASO CLINICO 1

La prima paziente esaminata è una donna, 40 anni, non fumatrice. Si presenta alla nostra osservazione ad agosto 2010 per un adenocarcinoma polmonare destro T3N3M1a (STADIO IV) con localizzazioni pleuriche e versamento pleurico positivo. Un RX effettuato ad agosto 2010 rivela la presenza di un versamento pleurico e la prima TC total body, risalente sempre ad agosto 2010, mostra l'interessamento della pleura parietale medistinica, del diaframma a destra e la presenza di un pneumotorace. Viene quindi richiesta una consulenza all'IEO dove viene effettuata, a settembre 2010, una fibrobroncoscopia + VATS+ biopsia pleurica+talcaggio. Una seconda TC (settembre 2010) mostra impianti pleurici diffusi nell'emitorace destro, in sede epidiaframmatica destra, in sede paracavale, vena azygos, linfonodi subcarenali, vasi epiaortici, retrosternali, loggia di Barety e linfonodi pre-carenali. La TC addome-pelvi e quella del cranio sono invece risultate negative. La paziente lamenta dolore toracico di media intensità, dispnea per sforzi lievi e tosse stizzosa. Viene quindi richiesta l'analisi mutazionale del gene EGFR (esone 21) valutata con PCR e pirosequenziamento che risulta positiva. Si prescrive pertanto, anche per rifiuto della chemioterapia classica da parte della paziente, trattamento palliativo con Gefitinib (Iressa®) 250mg/die fino a tossicità

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o progressione di malattia. La terapia viene iniziata a ottobre 2010 ed è tuttora in atto; sono stati fatti finora 12 cicli. Già un mese dopo l'inizio della terapia il primo importante risultato che si è avuto è stata la completa scomparsa dei sintomi clinici. Sono infatti scomparsi la dispnea, il dolore toracico e la tosse stizzosa e la paziente ha ripreso a lavorare normalmente e a condurre una vita normale. In questo arco di tempo una TC total body effettuata a gennaio 2011 ha evidenziato a livello di torace e mediastino una diminuzione del volume dei linfonodi e una diminuzione del versamento pleurico; negative la TC cranio e quella di addome e pelvi. Un'altra TC risalente ad aprile 2011 ha evidenziato stabilità di malattia (SD) a livello di torace e mediastino e un quadro invariato anche a livello addominopelvico e cranico (ancora negativi). L'ultima TC effettuata ad ottobre 2011 non ha mostrato alcuna progressione di malattia ma stabilità in tutti i distretti. Permane inoltre la sensazione di benessere soggettivo; la paziente svolge una vita normale e può continuare a lavorare. Possiamo quindi affermare come il trattamento con Gefitinib, in corso da circa un anno, abbia stabilizzato la malattia e finora bloccato la sua progressione e diffusione. (TABELLA 7)

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QUADRO TC INIZIALE SETTEMBRE 2010 Impianti pleurici diffusi emitorace destro, sede epidiaframmatica destra, vasi epiaortici, sede paracavale, vena azygos, linf. subcarenali, linf.precarenali, sede retrosternale, loggia di Barety, versamento pleurico

QUADRO TC GENNAIO 2011 DOPO 3 CICLI

Diminuzione volume linfonodi e diminuzione versamento pleurico

QUADRO TC APRILE 2011 DOPO 6 CICLI

QUADRO TC OTTOBRE 2011 DOPO 12 CICLI

SD in tutti i distretti

SD in tutti i distretti

Tabella 7. Andamento della malattia durante la terapia con Gefitinib

Riguardo la tossicità la paziente ha iniziato a manifestare tossicità cutanea severa (G3) a gennaio 2011 (4º ciclo) che poi è andata diminuendo nei cicli successivi passando da G2 a G1. Nel corso della terapia la paziente ha inoltre lamentato diarrea lieve (G1), gastrite, diminuzione dell'appetito. Il dolore, di media intensità riferito al petto e a livello interscapolare, era presente all'inizio e poi è regredito con la terapia. Sono inoltre diminuiti l'affanno e la dispnea per sforzi medio-gravi (tossicità polmonare G1). [TABELLA 8]

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GRADO

TOSSICITÁ

GRADO

NAUSEA

-

RENALE

-

VOMITO

-

CARDIACA

-

ALOPECIA

-

EPATICA

-

FEBBRE

-

POLMONARE

DIARREA STOMATITE DOLORE

G1 G1

NEUROLOGICA CUTANEA AMENORREA

G1 G3-G2-G1 -

Tabella 8. Tossicità legata al Gefitinib nel primo paziente

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CASO CLINICO 2

La seconda paziente che abbiamo analizzato è sempre una donna, 62 anni, ex fumatrice da circa 26 anni. Nel gennaio 2011 viene fatta diagnosi di adenocarcinoma polmonare destro T4N3M1a (STADIO IV). La prima TC effettuata a gennaio 2011 ha messo in evidenza la presenza di una lesione di 4 cm di diametro nel lobo inferiore destro, 2 formazioni nel lobo superiore destro, una nel lobo inferiore sinistro, un aumento delle dimensioni dei linfonodi aorto-polmonari, nonché nodularità sub-pleuriche e adenopatie mediastiniche. Alla TC cranio si è inoltre evidenziata la presenza di una lesione dubbia nella regione frontale destra. La paziente lamenta dispnea intensa, tosse e malessere generale. A febbraio 2011 vengono quindi richieste le indagini di biologia molecolare per l'identificazione della mutazione del gene K-ras e del gene EGFR. Tali indagini, su materiale biologico incluso in paraffina, utilizzando il sequenziamento diretto del prodotto di amplificazione degli esoni 18, 19, 20 e 21 di EGFR, hanno messo in evidenza la presenza di una mutazione. Valutate tali considerazioni, si prescrive quindi una terapia palliativa con Gefitinib (Iressa®) 250mg/die fino a tossicità o progressione di malattia. La paziente inizia il primo ciclo a marzo 2011. Già dopo 2 cicli di terapia una TC total body, effettuata a maggio 2011, ha messo in evidenza una diminuzione del diametro della lesione localizzata nel lobo

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inferiore destro e diminuite dimensioni delle nodularità sub-pleuriche e della lesione nel lobo superiore destro. Sono apparse invece invariate le adenopatie mediastiniche. Anche in questo caso si è assistito dopo poco tempo ad un netto miglioramento dei sintomi clinici. La terapia è tuttora in atto e la paziente ha iniziato il VI ciclo a ottobre 2011. L'ultima TC total body è stata effettuata a settembre 2011 ha evidenziato una risposta parziale alla terapia (<50%). [TABELLA 9]

QUADRO TC INIZIALE GENNAIO 2011 Lesione 4cm lobo inferiore destro, 2 lesioni lobo sup destro, 1 lesione lobo inf sinistro aumento diametro linf. aorto-polmonari, nodularità subpleuriche, adenopatie mediastiniche, lesione dubbia regione frontale destra

QUADRO TC MAGGIO 2011 DOPO 2 CICLI Diminuzione diametro lesioni lobo inf destro e diminuzione dimensioni nodularità sub-pleuriche, lobo sup destro. SD delle adenopatie mediastiniche

QUADRO TC SETTEMBRE 2011 DOPO 5 CICLI

RP< 50%

Tabella 9. Andamento della malattia nella seconda paziente

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Durante tale periodo il farmaco è stato interrotto 2 volte: la prima volta ad aprile 2011, durante il terzo ciclo, a causa di un'infezione delle vie urinarie regredita con l'antibiotico-terapia; la seconda volta è stato necessario interrompere la somministrazione del farmaco per una settimana ad agosto 2011 per un risentimento epatico: gli esami ematochimici hanno infatti evidenziato un aumento di ɤ-GT, AST, ALT. A parte questi due episodi il farmaco è stato finora tollerato bene dalla paziente che lamenta saltuariamente solo episodi di diarrea di grado lieve (G1). [TABELLA 8]

GRADO

TOSSICITÁ

GRADO

NAUSEA

-

RENALE

VOMITO

-

CARDIACA

ALOPECIA

-

EPATICA

FEBBRE

-

POLMONARE

-

NEUROLOGICA

-

DIARREA

G1

G1 G2

STOMATITE

-

CUTANEA

-

DOLORE

-

AMENORREA

-

Tabella 8. Tossicità legata al Gefitinib nel secondo paziente

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CASO CLINICO 3

L'ultimo paziente è un uomo, 57 anni, non fumatore. Il paziente si presenta alla nostra attenzione a febbraio 2010 e viene posta diagnosi di adenocarcinoma polmonare destro T4N2M1a (STADIO IV). La prima TC, risalente a gennaio 2010, aveva messo in evidenza la presenza di un addensamento parenchimale destro che prende contatto con la pleura parietale. Una seconda TC, effettuata a febbraio 2010, ha mostrato la presenza di lesioni bilaterali mentre la TC addomino-pelvica e quella del cranio sono risultate negative. Inoltre la scintigrafia ossea ha messo in evidenza la presenza di lesioni a livello D12-L2. A febbraio si intraprende la chemioterapia di prima linea con Cisplatino+Alimta; di cui vengono fatti 6 cicli fino a giugno 2010. Si sospende per tossicità nefrologica e si programma una TC di rivalutazione per agosto 2010. Ad agosto la TC ha mostrato però progressione di malattia: vengono infatti evidenziate 7 lesioni nodulari a destra. A settembre il paziente viene inserito nel protocollo Taylor che prevede la somministrazione di Erlotinib (Tarceva®) 150mg/die o Docetaxel. Poiché è presente la mutazione EGFR il paziente entra a far parte del braccio che assume Erlotinib fino a tossicità o progressione di malattia. Contemporaneamente il paziente inizia anche la radioterapia. Assume Erlotinib per 3 cicli fino a novembre 2010 ma una TC total body mostra progressione di malattia sia a livello toracico che a livello osseo. A causa di tale

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progressione si decide di iniziare (Novembre 2010) una chemioterapia di terza linea con Gemcitabina settimanale per 3 settimane consecutive (giorni 1, 8, 15). Dopo 2 cicli di Gemcitabina, una TC total body, effettuata a gennaio 2011, mostra progressione di malattia sia a livello osseo che polmonare. A questo punto in riunione collegiale si decide, considerata la progressione di malattia riscontrata alla TC e vista la positività della mutazione dell'EGFR, di iniziare in quarta linea il trattamento con Gefitinib 250mg /die (Febbraio 2011). Dopo 2 cicli di terapia una TC mostra (marzo 2011) stabilità di malattia in tutti i distretti. A giugno 2011 la TC ha però mostrato progressione di malattia sia a livello toracico che addominale: stenosi ramo destro arteria polmonare, versamento pleurico positivo e lesioni pleuriche di circa 2cm di diametro e metastasi a livello renale. A livello osseo ha mostrato invece stabilità di malattia. (TABELLA 9)

QUADRO TC GENNAIO 2011 PRIMA DELLA TERAPIA CON GEFITINIB Lesioni multicentriche, bilaterali a livello toracico, 7 lesioni a destra, addensamento parenchimale che prende contatto con la pleura parietale. Lesioni ossee D12-L2

QUADRO TC MARZO 2011 DOPO 2 CICLI

QUADRO TC GIUGNO 2011 DOPO 4 CICLI

SD Sia a livello toracico che addominale

PD Stenosi ramo destro arteria polmonare, versamento pleurico, lesioni pleuriche 2,5cm, metastasi rene destro. SD a livello osseo

Tabella 9. Andamento della malattia con l'uso del Gefitinib nel terzo paziente

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Il terzo paziente durante la terapia con Gefitinib ha lamentato astenia lieve (G1), stomatite (G1), dolore (G1) e rush cutaneo che è andato progressivamente incontro a risoluzione dal primo al secondo ciclo (da G2 a G1). [TABELLA 10]

GRADO

TOSSICITÁ

GRADO

NAUSEA

-

RENALE

-

VOMITO

-

CARDIACA

-

ALOPECIA

-

EPATICA

-

FEBBRE

-

POLMONARE

-

DIARREA

-

NEUROLOGICA

-

STOMATITE

G1

CUTANEA

G2-G1

DOLORE

G1

AMENORREA

-

Tabella 10. Tossicità legata al Gefitinib nel terzo paziente

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RISULTATI

Dei 20 pazienti analizzati solo 5 sono risultati positivi alla mutazione dell'EGFR e solo 3 sono stati trattati con Gefitinib. Anche la nostra esperienza ha confermato come la mutazione EGFR sia più frequente nel sesso femminile, nei non fumatori, nel NSCLC con istotipo di adenocarcinoma. Nei pazienti trattati si è avuta una buona risposta alla terapia con una risoluzione dei sintomi molto veloce già dopo un mese e con la stabilizzazione della malattia; solo nel terzo paziente si è avuta una risposta parziale dopo i primi 2 cicli e poi una progressione di malattia. Questi dati avvalorano quindi l'indicazione all'utilizzo del Gefitinib in prima linea. Infatti nelle prime due pazienti la risposta al farmaco, somministrato in prima linea, è stata molto buona; nell'ultimo paziente invece, in cui è stato somministrato in quarta linea, si è avuta una progressione di malattia già dopo 4 cicli. Visti questi risultati possiamo affermare come anche la nostra esperienza abbia dimostrato che il Gefitinib in prima linea nei pazienti EGFR mutati abbia un'efficacia paragonabile a quella della chemioterapia classica con tossicità nettamente inferiori. Infatti dei tre pazienti trattati il primo ha manifestato tossicità cutanea, diarrea lieve(G1), dolore e dispnea regrediti poi con la prosecuzione del trattamento; il secondo paziente ha manifestato lieve tossicità epatica e renale e lieve diarrea (G1); l'ultimo stomatite, dolore e tossicità cutanea.

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CONCLUSIONI

In conclusione con il nostro studio abbiamo cercato di dimostrare l'efficacia del trattamento con Gefitinib nei pazienti con NSCLC istotipo di adenocarcinoma. Il nostro studio ha dimostrato come la percentuale dei pazienti EGFR mutati sia molto bassa (in accordo con i dati di letteratura) ma come tali pazienti rispondano molto bene al trattamento con Gefitinib, in modo particolare quando somministrato in prima linea. Infatti nelle due pazienti in cui il farmaco è stato somministrato in prima linea l'efficacia del trattamento è stato paragonabile a quello della chemioterapia classica dando però tossicità nettamente inferiori. Un altro vantaggio importante che si può avere grazie alla terapia con Gefitinib è quello di evitare un sovraccarico per il day hospital in quanto i pazienti assumono il farmaco per via orale stando a casa . Questo porta ad un miglioramento della qualità di vita dei pazienti e ad una ottimizzazione nell'utilizzo delle strutture e nell'impiego del personale che possono essere riservati ai pazienti che necessitano di un trattamento chemioterapico classico presso i nostri ambulatori. Data l'esiguità del periodo di osservazione e il basso numero dei pazienti EGFR mutati trattati con Gefitinib, mancano i dati sulla sopravvivenza a lungo termine per la cui valutazione ci si riserva l'osservazione dei pazienti tuttora in trattamento. In conclusione di questo studio si può affermare come la mutazione EGFR vada ricercata in tutti i pazienti affetti da NSCLC con istotipo di adenocarcinoma e come tale mutazione rappresenti un'indicazione all'utilizzo del Gefitinib in prima linea in quanto questo farmaco ha dimostrato un'efficacia pari a quella della

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chemioterapia classica e ha quindi aperto nuove importanti possibilitĂ di cura di un tumore a prognosi infausta come il carcinoma del polmone.

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RIASSUNTO

Il carcinoma del polmone rappresenta la prima causa di morte per tumore nei paesi industrializzati con 60-76 casi ogni 100.000 abitanti. Colpisce soggetti di età compresa tra i 45 e i 70 anni con un picco tra i 55 e i 65 anni. Negli Stati Uniti è al primo posto delle morti per cancro sia nel sesso maschile che nel sesso femminile dove ha superato per incidenza il carcinoma della mammella. In Italia si registrano valori di incidenza che si collocano ai livelli medio-alti europei con 30000 nuovi casi l'anno. Il carcinoma del polmone è un evento a patogenesi multifattoriale che deriva dall'interazione tra una predisposizione genetica e fattori esogeni. Tra i fattori di rischio il più importante è certamente il fumo di sigaretta e il rischio di sviluppare un tumore polmonare è tanto più alto quanto maggiore è il numero di sigarette fumate. Altri fattori implicati nello sviluppo di un carcinoma polmonare sono l'inquinamento atmosferico, i fattori genetici, i fattori alimentari e il rischio legato all'ambiente di lavoro. Quindi nella patogenesi del carcinoma polmonare pare si abbia l'associazione, in soggetti geneticamente predisposti, di mutazioni genetiche che portano ad un'alterazione della proliferazione cellulare, della differenziazione e dell'apoptosi. Dal punto di vista istologico i carcinomi polmonari possono essere divisi in 4 grandi categorie: 1) Carcinoma squamocellulare; 2) Adenocarcinoma; 3) Carcinoma a piccole cellule; 3) Carcinoma a grandi cellule.

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Generalmente in tutti i casi di carcinoma polmonare il sintomo più frequente all'esordio è rappresentato dalla tosse che può essere secca o produttiva. Altro sintomo importante è la dispnea che compare abbastanza precocemente sia nelle forme centrali che in quelle periferiche. Talvolta la neoplasia si può manifestare con i segni e sintomi di interessamento sistemico come febbricola, calo ponderale, anoressia. Talvolta si riscontrano dolore, sfregamento e segni di versamento pleurico. Vi sono poi i segni e i sintomi legati alla diffusione metastatica del tumore. La scelta del trattamento terapeutico dipende dallo stadio della malattia e dalle condizioni generali del paziente. Negli stadi I e II la chirurgia rappresenta il trattamento elettivo. Nei pazienti non operabili per comorbilità buoni risultati si sono ottenuti con la radioterapia stereotassica. Negli stadi IIIa è previsto il trattamento chirurgico e la chemioterapia neo-adiuvante o l'associazione di chemioterapia e radioterapia ai fini di ridurre le dimensioni della neoplasia e ricondurre la malattia ad uno stadio chirurgico. Nella malattia localmente avanzata inoperabile (stadio IIIb) è indicato un trattamento di associazione chemioterapia-radioterapia. I pazienti metastatici appartenenti all'ultimo stadio (stadio IV) vengono trattati con la chemioterapia o la terapia di supporto, comprensiva della radioterapia ad intento palliativo. In questi pazienti lo scopo del trattamento è controllare la sintomatologia correlata al tumore, aumentare la sopravvivenza e migliorare la qualità di vita.

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Negli ultimi anni lo studio delle varie caratteristiche molecolari dei tumori polmonari ha messo in evidenza un ruolo specifico di alcuni geni legati alla proliferazione cellulare. In modo particolare in questo lavoro ci concentreremo sull'EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor) e vedremo come la mutazione di EGFR sia implicata nella proliferazione e nella diffusione delle cellule neoplastiche e come tale mutazione si riscontri soprattutto negli adenocarcinomi, nel sesso femminile e nei non fumatori. L'EGFR appartiene alla erb family, gruppo di recettori tirosin-chinasici attivati dal legame con i fattori di crescita. Recenti studi hanno dimostrato come mutazioni a livello del gene che codifica per EGFR siano frequenti nei pazienti affetti da carcinoma. In modo particolare le mutazioni piÚ frequenti sono quelle a carico dell'esone 19 e dell'esone 21 e sono fattori importanti nel promuovere la crescita tumorale bloccando l'apoptosi, aumentando la produzione di fattori angiogenetici e facilitando i processi di metastasi. Studi clinici dimostrano come le mutazioni EGFR identifichino i pazienti che possono trarre i maggiori benefici dal trattamento molecolare con farmaci che agiscono inibendo il recettore per l'epidermal growth factor ( Gefitinib ed Erlotinib). In modo particolare lo studio IPASS è quello che ha portato all'uso del Gefitinib in prima linea. I pazienti arruolati in questo studio sono stati altamente selezionati; infatti tutti rispondono alle caratteristiche che frequentemente si associano con le mutazioni EGFR: il totale dei pazienti (n=1217) era di origine asiatica, l'80% donne, il 93% non fumatori, con istotipo di adenocarcinoma in stadio avanzato

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(IIIb/IV). Inoltre tutti i pazienti non erano stati trattati in precedenza. Questi pazienti sono stati randomizzati 1:1 e trattati con Gefitinib 250mg/die o con Carboplatino+Paclitaxel (chemioterapici normalmente usati nella cura del carcinoma polmonare). Il confronto tra le due modalità ha dato risultati a favore del Gefitinib sia in termini di risposta PFS (Progressione libera da malattia) che di risposta obiettiva (43% vs 32%). Questo studio ha inoltre messo in evidenza come l'efficacia del Gefitinib sia nettamente superiore nei pazienti con mutazione EGFR rispetto ai pazienti non mutati. Da questo studio emerge come la mutazione di EGFR rappresenti un fattore per l'indicazione dell'uso del Gefitinib in prima linea; la determinazione dello stato mutazionale di EGFR si rende pertanto necessaria per la scelta della migliore strategia terapeutica in pazienti selezionati con NSCLC in stadio IIIb e IV. La determinazione della mutazione EGFR può essere eseguita su pezzo operatorio oppure su prelievo bioptico o citologico del tumore primitivo e/o delle metastasi.

Lo scopo del nostro lavoro è quello di valutare la frequenza delle mutazioni del gene EGFR nel carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) con istotipo di adenocarcinoma, mutazione che porta ad una amplificazione dei segnali proliferativi e che quindi promuove e mantiene la crescita e la diffusione delle cellule neoplastiche. La ricerca di questa mutazione si è resa necessaria per tentare di spiegare la grande differenza che si aveva nella risposta alla terapia con Gefitinib: in alcuni pazienti infatti il farmaco funzionava molto bene; in altri

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l'efficacia era quasi nulla. Si è poi visto come la risposta sia molto buona nei pazienti EGFR mutati e molto bassa in quelli non mutati (wild type). Tale mutazione si riscontra soprattutto negli adenocarcinomi dei soggetti non fumatori e di sesso femminile e la presenza di questa mutazione è un fattore molto importante in quanto tali pazienti possono essere trattati con i nuovi farmaci molecolari attualmente usati nella terapia del NSCLC (Gefitinib ed Erlotinib). Nello specifico verranno valutati quanti, tra i pazienti giunti alla nostra osservazione, saranno positivi per la mutazione EGFR e quindi candidabili alla chemioterapia con Gefitinib (farmaco che agisce inibendo la tirosin-chinasi associata all'EGFR e bloccando quindi la cascata che porta alla proliferazione delle cellule neoplastiche) e la risposta di questi pazienti alla terapia sia in termini di efficacia che in termini di tossicità . Negli ultimi anni, infatti, diversi studi clinici hanno dimostrato l'efficacia di tale farmaco nei pazienti con NSCLC con istotipo di adenocarcinoma EGFR mutati e con malattia in stadio avanzato (STADIO IIIb-IV) non operabile. Il Gefitinib in particolare ha dato notevoli risultati portando ad una stabilizzazione del quadro clinico, con tossicità nettamente inferiori rispetto alla chemioterapia classica. Questo ha portato all'indicazione sull'uso del farmaco in prima linea e in questo lavoro valuteremo l'andamento clinico nei pazienti trattati con Gefitinib presso i nostri ambulatori.

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ESPERIENZA CLINICA Abbiamo valutato un numero di 20 pazienti (12 uomini e 8 donne) di età compresa tra 40 e 79 anni affetti da NSCLC con istotipo di adenocarcinoma e con malattia in stadio avanzato (IIIb-IV). Tutti i pazienti sono stati sottoposti alle analisi clinico strumentali volte a stabilire lo stadio della malattia ed in tutti sono state effettuate le indagini di biologia molecolare per valutare la presenza della mutazione del gene EGFR. Dopo tale valutazione solo 5 pazienti (3 donne e 2 uomini) sono risultati essere EGFR mutati e quindi candidabili ad effettuare chemioterapia palliativa con Gefitinib fino a tossicità o progressione di malattia. Tra questi è stata fatta un'ulteriore selezione e alla fine solo 3 di questi pazienti sono stati trattati con Gefitinib. Negli altri due non è stato possibile l'uso del farmaco in quanto in una paziente l'analisi mutazionale dell'EGFR è stata secondaria all'inizio di una prima linea di chemioterapia con Cisplatino+Gemcitabina e il Gefitinib verrà quindi riservato alla seconda linea di terapia; il secondo paziente è stato invece inserito in un protocollo di studio (TAYLOR) che prevede la somministrazione di Erlotinib 150mg/die in seconda linea. CRITERI DI ELEGGIBILITÁ 1. Pazienti affetti da NSCLC con diagnosi istologica di adenocarcinoma; 2. Malattia in stadio avanzato (stadio IIIB/IV); 3. Mutazione EGFR positiva;

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CASO CLINICO 1 La prima paziente esaminata è una donna, 40 anni, non fumatrice. Ad agosto 2010 viene posta diagnosi di adenocarcinoma polmonare destro T3N3M1a (STADIO IV). La paziente è fortemente sintomatica e lamenta dolore toracico, dispnea per sforzi lievi e tosse stizzosa. Una TC effettuata a settembre 2010 mostra l'interessamento della pleura parietale mediastinica, del diaframma, della regione paracavale, vena azygos, linfonodi subcarenali e precarenali, vasi epiaortici, retrosternali, loggia di Barety e la presenza di un versamento pleurico. Viene quindi richiesta l'analisi mutazionale del gene EGFR che risulta positiva e si prescrive terapia palliativa con Gefitinib 250mg/die fino a progressione di malattia. La paziente inizia la terapia ad ottobre 2010 ed è tuttora in atto. Il primo importante risultato che si è avuto, già un mese dopo l'inizio del trattamento, è stata la completa remissione dei sintomi clinici; la paziente ha ripreso a lavorare e a condurre una vita normale. In questo arco di tempo si è avuta una buona risposta alla terapia con una diminuzione del volume dei linfonodi e del versamento pleurico già dopo 3 cicli e stabilità di malattia in tutti i distretti come dimostra l'ultima TC effettuata ad ottobre 2011. Durante la terapia non si sono verificate tossicità importanti; si è infatti avuta tossicità cutanea di grado variabile (G3-G2-G1) che è andata diminuendo nel corso del trattamento, lieve tossicità polmonare (G1), dolore lieve (G1) e diarrea di modesta entità (G1).

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CASO CLINICO 2 La seconda paziente analizzata è sempre una donna, 62 anni, ex fumatrice. Nel gennaio 2011 viene fatta diagnosi di adenocarcinoma polmonare destro T4N3M1a (STADIO IV). La prima TC effettuata a gennaio 2011 ha messo in evidenza la presenza di una lesione di 4 cm nel lobo inferiore destro, 2 formazioni nel lobo superiore destro, una nel lobo inferiore sinistro, un aumento delle dimensioni dei linfonodi aorto-polmonari, nodularità sub-pleuriche e adenopatie mediastiniche; si riscontra inoltre, alla TC cranio, la presenza di una lesione dubbia nella regione frontale destra. Vengono quindi effettuate le indagini di biologia molecolare per la ricerca della mutazione del gene EGFR che risulta positiva. A marzo 2011 la paziente inizia il trattamento palliativo con Gefitinib. Poco tempo dopo l'inizio della terapia si assiste, anche in questo caso, ad una completa remissione dei sintomi clinici.Già dopo 2 cicli di terapia alla TC si è vista una riduzione del diametro della lesione localizzata nel lobo inferiore destro, diminuite dimensioni delle nodularità sub-pleuriche e della lesione nel lobo superiore destro e stabilità di malattia negli altri distretti. L'ultima TC (settembre 2011) mostra una risposta parziale alla terapia (<50%). Riguardo alla tossicità la paziente ha manifestato lieve tossicità renale (G1), tossicità epatica di grado moderato (G2) e diarrea di grado lieve (G1). CASO CLINICO 3 L'ultimo paziente è un uomo, 47 anni, non fumatore. Viene fatta diagnosi a febbraio 2010 di adenocarcinoma polmonare destro T4N2M1a (STADIO IV).

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Una TC effettuata a febbraio 2010 mette in evidenza a livello toracico la presenza di lesioni multiple bilaterali e l'interessamento della pleura parietale. La scintigrafia ossea ha inoltre evidenziato la presenza di lesioni a livello D12-L2. A febbraio si intraprende la chemioterapia di prima linea con Cisplatino+Alimta per 6 cicli. Si sospende per tossicità nefrologica e si programma una TC di rivalutazione ad agosto che mostra progressione di malattia (7 lesioni nodulari a destra). Il paziente entra a far parte del protocollo Taylor che prevede la somministrazione di Erlotinib 150 mg/die o Docetaxel. Poichè è presente la mutazione EGFR il paziente entra a far parte del braccio che assume Erlotinib fino a tossicità o progressione di malattia. Assume Erlotinib per 3 cicli ma una TC a novembre 2010 mostra progressione di malattia sia a livello toracico che a livello osseo. A causa di tale progressione si decide di iniziare una terapia di terza linea con Gemcitabina settimanale per 3 settimane consecutive (giorni 1, 8, 15). Un'altra TC total body, effettuata a gennaio 2011, mostra però ancora progressione di malattia. Si decide quindi in riunione collegiale, data la progressione di malattia evidenziata alla TC e la positività della mutazione EGFR, di iniziare una terapia di quarta linea con Gefitinib 250mg/die. La terapia ha portato ad una stabilizzazione del quadro per 2 cicli ma poi si è avuta un'ulteriore progressione di malattia. Durante la terapia con Gefitinib il paziente ha lamentato dolore (G1), astenia lieve (G1), stomatite (G1) e rush cutaneo che è andato progressivamente diminuendo.

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RISULTATI Dei venti pazienti analizzati solo 5 sono risultati EGFR mutati e solo 2 hanno iniziato il trattamento con Gefitinib. Anche la nostra esperienza ha confermato come la mutazione EGFR sia più frequente nel NSCLC con istotipo di adenocarcinoma, nel sesso femminile e nei non fumatori. Nei pazienti trattati si è avuta una buona risposta con una scomparsa molto veloce dei sintomi clinici e una stabilizzazione della malattia. Solo nel paziente in cui il farmaco è stato somministrato in quarta linea si è avuta una risposta parziale all'inizio e poi progressione di malattia; questo dato avvalora l'indicazione all'uso del Gefitinib in prima linea. Visti i risultati anche la nostra esperienza ha dimostrato come il Gefitinib in prima linea, nei pazienti EGFR mutati, abbia un'efficacia paragonabile a quella della chemioterapia classica con tossicità nettamente inferiori. CONCLUSIONI In conclusione il nostro studio ha dimostrato come la frequenza dei pazienti EGFR mutati sia molto bassa ma come tali pazienti rispondano molto bene alla terapia con Gefitinib in modo particolare quando il farmaco è somministrato in prima linea. Infatti nelle due pazienti in cui è stato somministrato in prima linea l'efficacia del trattamento è stata paragonabile a quella della chemioterapia classica. Un'altro vantaggio che si è avuto con la terapia con Gefitinib è stato quello di evitare un sovraccarico per il day hospital in quanto i pazienti assumono il farmaco per via orale stando a casa. Questo porta ad un miglioramento della

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qualitĂ di vita dei pazienti e ad un ottimizzazione dell'utilizzo delle strutture e dell'impiego del personale che possono essere riservati ai pazienti che necessitano di un trattamento chemioterapico classico presso i nostri ambulatori. Data l'esiguitĂ del periodo di osservazione e il basso numero dei pazienti EGFR mutati trattati con Gefitinib, mancano i dati sulla sopravvivenza a lungo termine per la cui valutazione ci si riserva l'osservazione dei pazienti tuttora in trattamento.

In conclusione di questo studio si può affermare come la mutazione EGFR vada ricercata in tutti i pazienti affetti da NSCLC con istotipo di adenocarcinoma e come tale mutazione rappresenti un'indicazione all'utilizzo del Gefitinib in prima linea in quanto questo farmaco ha dimostrato un'efficacia pari a quella della chemioterapia classica e ha quindi aperto nuove importanti possibilità di cura di un tumore a prognosi infausta come il carcinoma del polmone.

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BIBLIOGRAFIA

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