Franco e il Franchismo: origini di una dittatura

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A.D. MDLXII

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FRANCO E IL FRANCHISMO: ORIGINI DI UNA DITTATURA

Relatore: PROF.SSA FIAMMA LUSSANA

Correlatore: PROF.SSA ELENA LANDONE

Tesi di Laurea di: CARMELO S ILANOS

ANNO ACCADEMICO 2010/2011


INDICE Introduzione

p. 3

1. Francisco Franco: una biografia. La formazione, la carriera militare, la conquista del potere 1.1 Le Origini

p. 7

1.2 L'esperienza in Africa

p. 9

1.3 La dittatura di Primo de Rivera e la guerra in Marocco

p. 12

1.4 Il patto di San Sebastian

p. 14

2. La Spagna prima di Franco Dalla Seconda Repubblica alla guerra civile (1931-1936) 2.1 La Seconda Repubblica (1931-1933)

p. 16

2.2 La vittoria della CEDA e l'insurrezione delle Asturie (1933-1936)

p. 20

3. La guerra civile in Spagna Il Fronte popolare e l'ascesa al potere del Caudillo (1936-1939) 3.1 La vittoria del Fronte popolare e la “primavera tragica�

p. 23

3.2 L'inizio della guerra civile

p. 25

3.3 Un prologo alla guerra mondiale

p. 28

3.4 Il franchismo durante la guerra civile

p. 31

3.5 Le truppe italiane in Spagna

p. 33

3.6 Le fasi finali della guerra civile

p. 35

4. L'ideologia franchista: caratteri distintivi 4.1 Il regime di Franco

p. 38

4.2 Istruzione, censura e propaganda

p. 40

4.3 L'interventismo dello Stato: il <<fascismo agrario>>

p. 42

1


4.4 Neutralità, non belligeranza e ancora neutralità

p. 44

4.5 Il processo di defascistizzazione

p. 46

4.6 La soluzione tecnocratica e la decomposizione del regime

p. 48

5. Fascismo e franchismo: Due “totalitarismi imperfetti” a confronto 5.1 Le origini del fascismo spagnolo

p. 50

5.2 Definizione di fascismo

p. 53

5.3 Analogie e differenze tra i regimi totalitari

p. 55

5.4 Fascismo e franchismo

p. 56

Bibliografia

p. 61

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Introduzione

Il franchismo, che prese il nome dal suo fondatore Francisco Franco Bahamonde, fu il più duraturo tra i regimi totalitari sviluppatisi in Europa a cavallo tra le due guerre, dato che vide la luce nel 1936, durante la guerra civile spagnola, e si protrasse fino alla morte del Generalíssimo nel 1975. La dittatura di Franco riuscì a sopravvivere anche quando, dopo il 1945, il fascismo e il nazismo crollarono miseramente. Partendo dall'analisi delle vicende di colui che fu il leader indiscusso del caudillismo, l'obiettivo di questo lavoro è stato quello di cercare di identificare i tratti caratteristici di tale dittatura, come abbia potuto attecchire in Spagna, come e perché si sia sviluppata e quali sono stati i punti comuni con gli altri totalitarismi, in particolare con il regime fascista di Mussolini in Italia. Il primo capitolo è incentrato sulla figura di Francisco Franco, dal momento della sua nascita, il 4 dicembre 1892, nella città portuale di El Ferrol, in Galizia. Vi sono descritti la difficile situazione familiare, i rapporti conflittuali con il padre Nicolás e con i suoi coetanei, il forte legame con la cattolicissima madre Doña Pilar Bahamonde. In questo profilo biografico, particolare importanza acquista la formazione militare del futuro Caudillo, iniziata quando egli era poco più che dodicenne e culminata nell'esperienza africana che, dal febbraio del 1912, portò fama e onore al giovane ufficiale. Fu proprio in Marocco che Franco sviluppò l'idea che l'esercito, sotto la sua guida, avrebbe dovuto prendere in mano il destino della Spagna. Al comando dei suoi Regulares, il giovane tenente galiziano si distinse per coraggio e disciplina, ma anche per la sua estrema severità e, grazie al valore e alla temerarietà dimostrati, il suo nome divenne famoso anche in patria. Il secondo capitolo affronta la situazione politica della Spagna dalla nascita della Seconda Repubblica, il 14 aprile del 1931, fino alla sanguinosa guerra civile del 1936, che portò il Caudillo al potere. La Repubblica presieduta da Niceto Alcalá Zamora aveva il compito principale di garantire la ripresa economica della nazione, ma si dimostrò incapace di gestire i rapporti con gli avversari politici più pericolosi, tra i quali lo stesso Franco. Ben presto il governo entrò in crisi; al posto di Alcalá Zamora fu nominato come presidente del consiglio Manuel Azaña, ma questi riuscì a peggiorare una già difficile situazione con la sua intransigenza politica, soprattutto nei confronti di Chiesa, esercito e grandi proprietari terrieri, che finirono per ribellarsi. Nel 1932, dopo il fallimento del colpo di stato guidato dal generale Sanjurjo, nacque la 3


Confederación Espaňola de Derechas Autónomas (CEDA), guidata dal giovane cattolico José María Gil Robles, che si impose nelle elezioni del 1933 mettendo fine alla Seconda Repubblica. Le tensioni successive portarono a manifestazioni di violenza e a scioperi in tutta la nazione, in particolare nelle Asturie; i generali Goded e Franco, furono incaricati di porre fine agli scioperi e per farlo ricorsero alle truppe africane. Il bilancio fu terribile, la sola strada percorribile era la guerra civile. Nel 1936 vi furono nuove elezioni che sorrisero alla coalizione del Fronte popolare guidato da Manuel Azaňa. Nei mesi seguenti, ricordati con l'epiteto di <<primavera tragica>>, le manifestazioni di violenza dei vincitori ai danni dei vinti e della Chiesa cattolica si susseguirono, anche per via dell'atteggiamento permissivo del governo. Franco fu inviato nelle Canarie; venne chiusa la sede della Falange e fu arrestato José Antonio Primo de Rivera; il leader monarchico José Calvo Sotelo venne ucciso. La guerra civile, presa in esame nel terzo capitolo, cominciò la sera del 17 luglio del 1936 nel Marocco spagnolo. L'alzamiento, che avrebbe dovuto portare in breve tempo i militari alla guida della Spagna, si trasformò ben presto in un conflitto su vasta scala, nel quale furono coinvolte molte delle nazioni che parteciparono in seguito alla seconda guerra mondiale, come Italia, Germania e Russia. Vennero anche istituite le Brigate Internazionali, composte da volontari che partivano per la Spagna per schierarsi al fianco dei repubblicani. Franco poteva contare sull'appoggio della Germania di Hitler e su quello dell'Italia di Mussolini, entrambe le quali inviarono un gran numero di uomini e mezzi. Di fronte all'influenza decisiva delle potenze totalitarie, durante la guerra civile i governi di Inghilterra, Francia e Stati Uniti scelsero il disimpegno e ciò avrà drammatiche conseguenze. Il 1° ottobre del 1936, la Junta Nacional de Defensa (JND), con sede a Burgos, proclamò Francisco Franco generalissimo di tutte le forze armate e capo del governo dello Stato spagnolo, affidandogli tutti i poteri del nuovo Stato. Nonostante la nomina avesse in teoria un carattere provvisorio, nasceva così, in piena guerra civile, il regime franchista. Il 19 aprile 1937, su consiglio di Ramón Serrano Suñer, Franco stabilì la fusione dei vari partiti di destra nella Falange Española Tradicionalista y de las Juntas de Ofensiva Nacional Sindicalista (FET y de las JONS), che venne semplicemente chiamata Falange o Movimiento ed era sotto il comando indiscusso dello stesso Caudillo. Quest'ultimo mirava alla creazione di uno Stato totalitario basato sulla disciplina, simile per molti aspetti a quello creato in Italia di Mussolini e in Germania da Hitler. Il 30 gennaio 1938, a Burgos, nacque il primo governo del nuovo Stato. Con l'occupazione di Madrid e Valencia, rispettivamente il 28 e il 30 marzo 1939, finì la sanguinosa guerra civile che aveva spaccato in due la Spagna per un triennio. Secondo le stime ufficiali, il conflitto e le successive repressioni effettuate dal regime franchista costarono la vita a circa 626 mila persone; numerosi furono anche 4


gli arresti. Il quarto capitolo tratta il tema del franchismo analizzando i suoi tratti distintivi. Il dopoguerra spagnolo fu segnato da una grande depressione e da una rigida censura; l'educazione era finalizzata all'esaltazione del regime franchista e dei principi di patriottismo, nazionalsindacalismo, cattolicesimo e alla rivalutazione del mito della Hispanidad. Il regime poteva usufruire di una forte propaganda esercitata dalla radio, dai giornali e dalle riviste culturali. Dal punto di vista economico, Franco mirava a una combinazione di interventismo statale e di protezionismo autarchico e la sua politica economica venne definita da molti <fascismo agrario>>. Durante i primi anni della sua dittatura, Franco dovette far fronte allo scoppio della seconda guerra mondiale. Sebbene manifestasse simpatie verso le forze dell'Asse, la naturale cautela di Franco, la disastrosa situazione interna e il terribile stato in cui si trovavano gli armamenti dopo la guerra contro i repubblicani, spinsero il Caudillo a dichiarare la propria neutralità il 4 settembre 1939. Dopo che l'Italia fece ufficialmente il suo ingresso nel conflitto e grazie anche alle iniziali, folgoranti vittorie tedesche, Franco fu sul punto di entrare in guerra, ma alla fine optò per la <<non belligeranza>>, dichiarata ufficialmente il 12 giugno 1940. Lo sbarco anglo-americano in Sicilia e la caduta di Mussolini, furono i due eventi utilizzati dal dittatore spagnolo per dichiarare di nuovo, nell'ottobre del 1943, il ritorno della Spagna alla neutralità. Alla fine del conflitto, il crollo dei regimi fascisti e il trionfo della democrazia nel resto dell'Europa spinsero il Caudillo ad affermare che la Spagna era una <<democrazia organica>> fondata sugli ideali di Dio, Patria e Giustizia. Dopo la sconfitta delle forze dell'Asse fu necessario un processo di <<defascistizzazione>> al fine di evitare l'isolamento internazionale a cui il paese stava andando incontro e che venne realmente superato solo dopo il 1950. Franco fu costretto a cercare una nuova forma di governo che sembrasse simile a quella dei paesi vincitori della guerra mondiale, senza però rinunciare al suo potere personale. Il 26 luglio 1947 venne proclamata la Ley de Sucesión, che dichiarava la Spagna un regno e Francisco Franco Bahamonde capo dello Stato e stabiliva le caratteristiche che avrebbe dovuto avere il futuro re: la Spagna si trasformava quindi in un regno senza re. La dittatura era ormai agli sgoccioli; anche la Chiesa cattolica, che era stata un tempo la forza portante del regime, prese sempre più le distanze da esso. La morte a seguito di una lunga malattia del Caudillo, avvenuta nelle prime ore della mattina del 20 novembre 1975, pose definitivamente fine al regime franchista. Nel quinto e ultimo capitolo l'obiettivo cade sulle similitudini e sulle differenze riscontrabili tra il regime franchista e gli altri regimi totalitari che si svilupparono in Europa tra le due guerre mondiali, con particolare attenzione nei confronti del fascismo italiano. Nonostante la sua longevità, il franchismo non ebbe la stessa forza che dimostrarono il fascismo e il nazismo. In Spagna non vi 5


fu un adeguato supporto da parte delle diverse istituzioni culturali e artistiche, né vi era stata una corrente ideologica di tipo nazionalista; la religione aveva un ruolo storico dominante e rappresentava un ostacolo per qualsiasi forma di nazionalismo al punto che, anche nel momento di massimo splendore, si parlò comunque di <<fascismo frailuno>>, ossia un fascismo monastico con chiare influenze religiose. Anche la forza della sinistra rivoluzionaria, maggiore rispetto ad altri paesi, la grande depressione che colpì lo Stato dopo la guerra civile e l'assenza di un leader carismatico come lo furono Hitler e Mussolini, ostacolarono lo sviluppo del fascismo in tutta la sua forza. Ma soprattutto mancava in Spagna quella moltitudine di soldati-massa che avevano pagato i duri costi della guerra e che, una volta tornati a casa, avevano chiesto con forza pane, terra, lavoro e diritto di esistenza. Il quinto capitolo offre anche una breve analisi dei due regimi totalitari insediatisi nella Germania nazista e nella Russia stalinista, e infine un parallelismo tra i totalitarismi cosiddetti “imperfetti” di Franco e Mussolini, il cui potere era fortemente limitato da due importanti istituzioni: la Corona e la Chiesa cattolica.

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Capitolo I Francisco Franco: una biografia La formazione, la carriera militare, la conquista del potere

1.1 Le origini Francisco Franco nacque il 4 dicembre 1892 a El Ferrol, città portuale della Spagna nordoccidentale (nella regione della Galizia), non lontano da La Coruña1. Era il secondo dei cinque figli di Nicolás Franco Salgado-Arajuo, ufficiale pagatore di marina e Maria del Pilar Bahamonde y Pardo de Andrade: il maggiore era Nicolás, cui seguirono Francisco, Pilar, Paz e Ramón. La famiglia Franco faceva parte della piccola borghesia e si occupava da oltre un secolo dell'amministrazione della base navale di El Ferrol. Il matrimonio tra il padre, di tendenze libertine e amante dei piaceri e la madre, donna estremamente religiosa e conservatrice, non fu felice e segnò profondamente l'animo del futuro Caudillo. Nel 1903 Franco subì un gravissimo lutto familiare: la scomparsa della sorellina Paz, di soli cinque anni, dopo quattro mesi di malattia. La tragica scomparsa deteriorò ancor di più i rapporti familiari al punto che, fino a quando Nicolás Franco non se ne andò da casa nel 1907, i figli e la moglie furono spesso vittime delle sue continue angherie. Il piccolo Francisco non riuscì a farsi accettare completamente dal padre e questo lo spinse a chiudersi sempre più in sé stesso, diventando un bambino solitario e schivo. A differenza dei fratelli Nicolás e Ramón, più estroversi e simili al padre, Francisco legò moltissimo con la madre, ereditandone il carattere introverso e schivo, oltre che una spiccata religiosità. Doña Pilar Bahamonde era molto diversa dal marito; era dolce e gentile e cerco di radicare nei figli il desiderio farsi strada nella vita, impegnandosi assiduamente nel lavoro e nello studio. Ognuno di essi fece propri questi insegnamenti applicandoli nella vita in modo diverso: il primogenito Nicolás, prediletto del padre anche per averne seguito le orme diventando ingegnere navale, come lui divenne edonista e donnaiolo; il turbolento Ramón arrivò ad essere invece un'abile 1 Testi di riferimento bibliografico per la stesura di questo capitolo sono stati: P. Preston, Francisco Franco: La lunga vita del Caudillo, Mondadori, Milano 1995; G.P. Dell'Acqua, Franco, Fabbri, Milano 1983; S.G. Payne, Politics and the Military in Modern Spain, Stanford, 1967; L. Ramirez, Franco, Ruedo Ibérico, 1964; J. Arrarás Iribarren, Franco, San Sebastián 1937.

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pilota dell'aviazione famoso per le sue imprese e per la sua irresponsabilità, oltre che per la vita dissoluta e per le simpatie anarchiche e massoniche. Ma fu Francisco quello che più si identificò con la madre, ricevendone un cattolicesimo esasperato e tenace, una sorta di puritanesimo nel rapporto con l'altro sesso ed una forte avversione per le idee liberali. L'infanzia di Franco fu caratterizzata da due importanti eventi politici che servirono per orientare la sua formazione: la perdita di Cuba nel 1898 e l'inizio della guerra coloniale in Marocco, che in seguito lo vide grande protagonista. Forse anche a causa della tradizione familiare, egli sviluppò ben presto una grande passione per il mare e cercò di arruolarsi in marina. All'età di dodici anni Francisco entrò nella scuola preparatoria navale diretta dal capitano di corvetta Saturnino Suanzes y Carpegna, dove anche il fratello maggiore aveva studiato. Qui strinse rapporti soprattutto col cugino Francisco Franco Salgado-Araujo, detto Pacón, e con Camilo Alonso Vega, con i quali rimase legato per tutta la vita da un rapporto di amicizia e collaborazione. Franco e il cugino cercarono di farsi ammettere all'accademia navale, ma furono esclusi perchè proprio in quel periodo gli arruolamenti furono sospesi per via di un decreto che imponeva il numero chiuso2. Il passo successivo avvenne nell'estate del 1907, quando il quattordicenne Franco entrò all'Academia Militar de Infantería di Toledo, che aveva sede nel famoso Alcazar costruito da Carlo V su un'altura che dominava la città. La vita in accademia non fu molto facile, ne tanto meno comoda, considerato anche che egli era uno dei cadetti più giovani, più gracili e di più bassa statura per via del suo metro e sessantaquattro centimetri. Per questi motivi e per la sua voce stridula e squillante, i compagni iniziarono ben presto a chiamarlo Franquito o Paquito e a fargli subire pesanti angherie. A differenza degli altri cadetti, egli non subiva il fascino dei quartieri più malfamati della città, dove gli altri ragazzi andavano spesso in cerca di sesso e alcol; Franco preferiva dedicarsi agli studi di topografia e della storia militare della Spagna. Tuttavia la vita familiare che Franco si era lasciato alle spalle prima dell'ingresso all'Alcazar era ben poco soddisfacente e quindi, nonostante le difficoltà, egli visse questa nuova possibilità come una liberazione. Il 13 luglio 1910, a meno di tre anni dall'ingresso in accademia, Franco completò gli studi con il grado di sottotenente, nonostante non avesse ancora compiuto diciotto anni. Nell'agosto dello stesso anno fu assegnato al Regimiento de Zamora n° 8, che era di stanza nella natia El Ferrol, dove rimase per due anni3. Egli comandava ragazzi giovani come lui, ma caratterialmente molto diversi. Franco non 2 P. Preston, op. cit., p. 18. 3 L. Ramirez, op. cit., p. 48.

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beveva, non fumava, osservava le donne con timore e indifferenza. In compenso era più duro, freddo e insensibile rispetto agli altri ufficiali, ma anche più equo e giusto. L'umore e le simpatie non condizionavano le sue scelte, improntate sempre sulla più totale imparzialità. In quel periodo andava a trovare la madre molto spesso. Ma la monotonia della piccola cittadina portuale di El Ferrol non poteva bastare al giovane e ambizioso Franco, che aspirava a un impiego in Africa.

1.2 L'esperienza in Africa Nel 1912 chiese e ottenne il trasferimento in Marocco, dove giunse il 17 febbraio insieme ai fedeli compagni Pacón e Alonso Vega. Arrivato a Melilla, trovò al comando del forte il colonnello José Villalba Riquelme, che era stato direttore dell'Academia de Infantería ai tempi in cui Franco era cadetto. L'avventura in Africa non fu semplice:

L'esercito era inefficiente, con una burocrazia elefantiaca e armamenti antiquati: aveva, tanto per fare un esempio, più generali e meno artiglieria dell'esercito del Montenegro, della Romania e del Portogallo. A comandare i suoi 80 mila uomini, c'erano 24 mila ufficiali, tra cui 471 generali4.

Contro di loro vi erano le tribù berbere che abitavano le zone del Jibala e del Rif; questi uomini, induriti dalle lotte, desiderosi di difendere le proprie terre, delle quali conoscevano ogni angolo e ogni anfratto, erano esattamente l'opposto delle reclute spagnole male addestrate che combattevano senza grosse motivazioni. In Africa Franco maturò quelle convinzioni che poi segnarono il suo cammino politico: ossia che l'esercito era la forza necessaria ad amministrare le fortune della Spagna e, soprattutto, che egli stesso era la persona che aveva il diritto di comandarlo. Il giovane sottotenente si immerse immediatamente nei suoi compiti, dando ben presto prova di un freddo coraggio figlio dell'ambizione. Il 13 giugno fu nominato tenente e questa fu la sua prima e unica promozione guadagnata non come tributo al valore, bensì per semplice anzianità di servizio. Nell'estate del 1913 fu trasferito nei Regulares Indígenos, la polizia locale appena istituita da 4 La citazione è tratta da S.G. Payne, op. cit., ed è riportata in P. Preston, op. cit., p. 24.

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un'idea del generale Dámaso Berenguer, composta da soldati marocchini, chiamati moros, sotto il comando di ufficiali spagnoli; egli sapeva che quell'unità, sempre in prima linea negli attacchi, gli avrebbe consentito di dimostrare il suo coraggio e di fare rapidamente carriera. A Melilla Franco lavorò all'addestramento dei suoi regolari, uomini che, dopo un iniziale scetticismo, si rivelarono fedelissimi all'esercito. Il giovane tenente galiziano manteneva gli uomini in continuo esercizio e ne curava condizioni fisiche ed equipaggiamento con tanta dedizione che, ben presto, la sua sezione divenne nota per disciplina e marzialità. Alla testa dei suoi regolari ottenne numerose vittorie. Grazie al valore, al coraggio e ai successi, il suo nome divenne presto famoso e la sua figura rilevante all'interno dell'ambiente militare. Il 1° febbraio 1914, l'allora ventenne Franco, dopo aver brillantemente partecipato a numerose operazioni militari, fu promosso capitano por meritos de guerra. Franco pretendeva da sé non meno di ciò che pretendeva dai suoi reparti indigeni. Era una macchina da comando e lo stesso gli serviva per dimenticare i ricordi infelici della sua infanzia. Il suo carattere si adattava perfettamente al suo ruolo ed egli non viveva per altro che per l'esercito, dedicandogli quasi tutto il suo tempo. Il futuro "Caudillo" non aveva paura di rischiare la vita poiché essa, per lui, poco significava. Tetuán, Lazién, Biutz, furono teatro di violente battaglie che portarono a Franco nuovi onori, nuove medaglie e nuove ferite. Il 28 giugno del 1916, in una battaglia nei pressi di Ceuta, fu ferito gravemente da una pallottola al ventre. Le condizioni del giovane capitano erano talmente gravi che egli sembrava ormai spacciato, ma fortunatamente la pallottola non colpì alcun organo vitale e, dopo circa un mese, si era già ripreso a sufficienza per essere trasferito. Il 28 febbraio 1917, mentre trascorreva la convalescenza in patria, fu promosso Comandante, ossia maggiore, con effetto retroattivo a partire dal giugno dell'anno precedente: in soli sei anni era passato dal ruolo di sottotenente a quello di maggiore. Dopo essersi ristabilito, nonostante le sue insistenze per un ritorno nel continente africano, venne destinato al Regimiento de Infantería del Príncipe, con sede a Oviedo, dove giunse il 31 maggio 1917. Fu in quel periodo che cominciò a essere chiamato dai suoi uomini el comandantín5. In quel periodo iniziò a interessarsi di teoria e tecnica militare e conobbe una ragazza quindicenne del luogo, María del Carmen Polo y Martínez Valdés, facente parte di una delle famiglie più influenti del posto. Nonostante l'iniziale ostracismo del padre di lei, Franco iniziò a frequentarla sempre più assiduamente, finendo per innamorarsene. La situazione politica ed economica della Spagna negli anni della prima guerra mondiale non era certo delle migliori e nella penisola regnava il malcontento generale. Da una parte vi erano 5 Cfr. P. Preston, op. cit., p. 33.

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le polemiche fra gli “africanistas” e i “peninsulares”, ossia tra i volontari dell'Africa e coloro che erano rimasti in patria, riguardo al sistema delle promozioni per merito o per anzianità. In molte guarnigioni furono istituite le Juntas de Defensa (comitati di difesa), una sorta di sindacato militare sorto per proteggere il sistema basato sull'anzianità e cercare di ottenere stipendi più elevati. A ciò si aggiungeva la polemica, a seguito dello scoppio della prima guerra mondiale, sull'opportunità o meno di un intervento spagnolo. Ancor più tragica era la situazione economica del proletariato, mentre i detentori del potere si arricchivano sempre più a seguito dell'esportazione delle materie prime delle quali gli spagnoli per primi avevano bisogno. Organizzazioni come i socialisti della Unión General de Trabajadores (UGT), gli anarchici della Confederación Nacional de Trabajo (CNT) e il Partido Socialista Obrero Español (PSOE), si coalizzarono per indire uno sciopero nazionale. Il 10 agosto venne proclamato uno sciopero generale in tutta la Spagna, che ebbe nelle Asturie uno dei suoi focolai principali. Nonostante le manifestazioni fossero pacifiche, il governatore militare, generale Ricardo Burguete y Lana, impose la legge marziale. Al comando di una delle colonne di soldati c'era il giovane maggiore Franco, anche se su questo fatto non tutti gli storici sono d'accordo. La repressione fu brutale, il bilancio fu di circa ottanta morti, centocinquanta feriti e quasi duemila arresti; fra i quali nomi del calibro di Besteiro, Largo Caballero, Saborit e Anguiano, che vennero condannati all'ergastolo. In Africa, nel frattempo, si continuava a combattere con alterne fortune. Il 31 agosto 1920, il governo spagnolo, cedendo alle insistenze dei vertici militari, istituì ufficialmente il Tercio de Extranjeros, un'unità ispirata alla Legione Straniera francese, che otteneva numerosi successi nel continente. Il comando venne affidato al tenente colonnello Millan Astray, che era l'ideatore del progetto, il quale offrì l'incarico di vicecomandante della legione a Franco; egli sbarcò nel continente africano il 10 ottobre 2010. I Legionarios erano per lo più uomini violenti, delinquenti comuni, reduci della guerra mondiale o di altre battaglie che non erano riusciti ad adattarsi alla pace, provenienti da tutta l'Europa. Il piccolo, pallido, maggiore ventottenne, con la sua vocina stridula, aveva capito che l'unico modo per comandare quegli uomini era mostrarsi più duro e spietato di loro. La disciplina era ferrea e non mancarono le fucilazioni per diserzione, ma anche per infrazioni di poco conto. Negli anni seguenti partecipò a diverse operazioni militari, spesso in prima linea, guidando i suoi uomini con coraggio e sprezzo del pericolo e della vita stessa. La fama del “Tercio” cresceva a dismisura e ancora di più quella del giovane e impavido Franco. Nel giugno del 1923, mentre si trovava a Oviedo per ultimare i preparativi per il matrimonio ormai prossimo, venne promosso tenente colonnello, con il compito di guidare personalmente la 11


Legión.

1.3 La dittatura di Primo de Rivera e la fine della guerra in Marocco Il 13 settembre il generale Miguel Primo de Rivera y Obraneja, comandante militare della guarnigione della Catalogna, con l'appoggio del generale Sanjurjo, pari ruolo della guarnigione dell'Aragona, condusse un colpo di stato. Il facile successo fu dovuto soprattutto all'atteggiamento inerme, se non proprio connivente, del re di Spagna, che assistette senza muovere un dito all'esautoramento della monarchia costituzionale sostituita dalla dittatura. Benchè Franco ammirasse, contraccambiato, Sanjurjo, il colpo di stato non suscitò in lui particolare entusiasmo. Il 22 ottobre dello stesso anno, il trentenne Francisco Franco e la ventunenne María del Carmen Polo si sposarono nella chiesa di San Juan el Real di Oviedo. In virtù della fama e della popolarità dello sposo, si radunò un'enorme folla di conoscenti e curiosi. Il testimone dello sposo era Alfonso XIII, il quale aveva delegato a rappresentarlo il governatore militare di Oviedo. Dopo circa un mese egli fece ritorno in Marocco, a Ceuta. In questo gruppo di militari volontari provenienti da tutta l'Europa, il giovane Franco si distinse per la durezza e la disciplina ferrea, che trasformarono i suoi uomini in un corpo d'élite. Divenne ben presto un maestro della guerra africana, grazie alla quale ottenne una carriera fulminea e brillante. Il 7 febbraio 1925 fu nominato colonnello per meriti di guerra a soli trentuno anni; aveva già partecipato a circa cinquanta operazioni militari da quando, all'età di diciotto anni, era arrivato in Africa per la prima volta. Nel mese di settembre, grazie a un'azione combinata con le truppe francesi di Philippe Pétain, la resistenza delle tribù del Jibala e del Rif venne superata e Abd elKrim fu sconfitto. Franco, a cui era affidata l'avanguardia con il compito di formare una testa di ponte che permettesse al resto delle truppe spagnole sotto il comando del generale Sanjurjo di sbarcare ad Al-Hoceima, pur di portare a termine il suo incarico, contravvenne a un ordine diretto di ritirata; cosa della quale in seguito fu costretto a rendere conto ai propri superiori. Quando fu promosso generale di brigata il 3 febbraio 1926, Franco, con i suoi trentatré anni, era il generale più giovane d'Europa6. Il grado appena conquistato era troppo elevato per guidare la Legión così, tra mille onori, si concluse la sua esperienza in Africa ed egli venne destinato al 6 Cfr. G.P. Dell'Acqua, op. cit., p. 14.

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comando della più importante brigata dell'esercito: la 1ª brigata della 1ª divisione di Madrid. Il giorno che venne annunciata la sua promozione a generale, il suo successo venne un poco oscurato da quello del fratello Ramón, il quale aveva attraversato l'Atlantico meridionale a bordo dell'idrovolante “Plus Ultra”. Franco assunse il prestigioso incarico a Madrid proprio nel periodo di maggior successo della dittatura di Primo de Rivera. Il dittatore aveva sospeso la costituzione, istituto la legge marziale, imposto una rigida censura e bandito tutti i partiti politici, fondendoli in un unico partito da lui creato chiamato Uníon Patriótica Española. Il 14 settembre 1926 nacque a Oviedo la prima e unica figlia di Francisco Franco, María del Carmen, che occuperà un ruolo centrale dal punto di vista emotivo nella vita del padre. Fu a Madrid che Franco iniziò a interessarsi di politica, cinema, letteratura ed economia; egli ne parlava soprattutto con Millán Astray, Emilio Mola, Luis Orgaz, José Enrique Varela, Juan Yagüe Blanco e con altri reduci dell'Africa ai quali era particolarmente legato. Nel 1927 Miguel Primo de Rivera volle ricostituire la Academia General Milidar, con sede a Saragozza; il 4 gennaio 1928 venne affidato il comando della stessa a Franco, che aveva fatto parte della commissione che lavorò al progetto, nonostante i due avessero avuto diversi contrasti legati alle questioni africane. Il neodirettore impartì ai suoi cadetti un decalogo di regole da seguire fedelmente, ispirandosi ai precetti analoghi che Millán Astray aveva elaborato per la Legión:

1) manifesta in ogni atto della tua vita grande amore per la patria e fedeltà al re; 2) rispecchia nella vocazione e nella disciplina un grande spirito militare; 3) unisci al puro spirito cavalleresco la preoccupazione costante e gelosa della tua reputazione; 4) sii fedele nell'adempimento del dovere, compiendo con scrupolo ogni tua azione; 5) non lamentarti mai, e non permettere che altri lo facciano; 6) fatti amare dai tuoi sottoposti e rispettare dai tuoi superiori; 7) offriti volontario per qualsiasi sacrificio nei momenti di maggiore rischio e difficoltà; 8) sii nobilmente cameratesco, sacrificandoti per i tuoi compagni e gioendo dei loro successi, premi e avanzamenti; 9) ama la responsabilità e sii deciso; 10) sii coraggioso e abbi spirito di abnegazione7.

Esso evidenziava alcuni degli aspetti fondamentali che caratterizzavano le convinzioni di Franco: l'amore per la patria, la fedeltà al re, il senso del dovere, il rispetto che si doveva dare ai superiori in grado, il coraggio, il senso di responsabilità, lo spirito di abnegazione. Franco impose l'eliminazione dei libri di testo, che non bastavano a preparare i soldati per una futura guerra e pretese che le lezioni fossero basate sull'esperienza degli istruttori. In particolare sottolineò l'utilità di saper usare le armi e andare a cavallo, ma soprattutto l'importanza dei valori 7 La citazione è tratta da J. Arrarás Iribarren, op. cit., ed è riportata in P. Preston, op. cit., p. 66.

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morali, che egli riteneva contassero più della superiorità numerica e della modernità degli armamenti durante una battaglia. La gestione dell'accademia effettuata da Franco fu considerata un trionfo da parte degli africanisti e degli ufficiali di destra e un fallimento da parte degli ufficiali liberali e di sinistra. Tra i più critici c'era lo stesso Ramón Franco, fratello di Francisco, di tendenze liberali, che gli rimproverava il tipo di educazione che veniva impartita. Fu durante il periodo trascorso a Saragozza che iniziarono a manifestarsi in modo più evidente le tendenze anticomuniste di Franco e le sue simpatie filo-autoritarie.

1.4 Il patto di San Sebastian Nel 1929 la crisi economica mondiale mise in ginocchio la Spagna, senza che Primo de Rivera riuscisse a porre alcun rimedio. La popolazione era in subbuglio e la dittatura aveva le ore contate. Essa cadde il 30 gennaio 1930. L'ex dittatore aveva ormai contro quasi tutti i settori della società spagnola, compresi quelli che lo avevano appoggiato durante il colpo di stato: gli industriali, risentiti per l'aumento dei prezzi delle materie prime; i proprietari terrieri, che criticavano la sua politica riguardo il lavoro bracciantile; i socialisti della UGT, che dopo averlo sostenuto si erano schierati a fianco del sindacato anarco-sindacalista messo fuorilegge dal dittatore. Ma soprattutto, con il nuovo sistema di promozioni da lui introdotto, Primo de Rivera aveva spaccato in due l'esercito ottenendo come risultato che, al momento decisivo, i capitanes generales (governatori militari) gli negarono il loro appoggio. Davanti a tali prese di posizione, l'ex dittatore presentò le dimissioni al re e si ritirò in esilio a Parigi, dove morì il 16 marzo 1930. Alfonso XIII, accettando le dimissioni, si rese subito conto che non era possibile tornare alla monarchia costituzionale precedente e quindi decise di affidare a Dámaso Berenguer il compito di trovare una forma di governo che vi si avvicinasse. Il generale Berenguer, per quasi un anno, attuò una forma morbida di dittatura: la cosiddetta Dictablanda. Nel giugno del 1930 il generale e il sovrano si recarono a Saragozza per assistere al primo giuramento alla bandiera dei cadetti comandati da Franco. Intanto il movimento antimonarchico si rafforzava di giorno in giorno, mentre nella classe operaia cresceva lo scontento. Tra la fine dell'estate e l'inizio dell'autunno del 1930 fu sottoscritto il <<patto di San Sebastian>> fra socialisti, borghesia repubblicana, regionalisti baschi e catalani e 14


alcuni ex monarchici. Queste forze istituirono un governo provvisorio in previsione della presa del potere e iniziarono a complottare per provocare la caduta della monarchia. Fra le fila dei repubblicani spiccava il nome di Ramón Franco, il quale, dopo essere evaso da una prigione militare, militò insieme al generale Queipo de Llano nel movimento rivoluzionario del dicembre del 1930. La fuga dal carcere del fratello e la sua partecipazione al movimento rivoluzionario furono motivo di grande tristezza nella vita di Francisco Franco. Il complotto rivoluzionario in cui era implicato anche Ramón si prefiggeva di portare al potere i vertici del governo provvisorio scaturito dal patto di San Sebastian. Tra le altre operazioni era prevista anche la sollevazione della guarnigione di Jaca, sui Pirenei. Il 12 dicembre, anticipando quella che nell'idea originaria era un'azione collettiva che doveva svilupparsi in tutta la Spagna, la guarnigione insorse. A guidare la sollevazione furono i capitani Fermín Galán, Ángel García Hernández e Salvador Sediles, che si prefiggevano l'obiettivo di puntare verso Saragozza. Tuttavia la rivolta non ebbe successo, gli insorti vennero fermati nei pressi di Cillas e i capitani Galán ed Hernández, considerati i leader della ribellione, arrestati e giustiziati dopo un processo sommario davanti alla corte marziale. Lo sdegno per l'esecuzione dei due militari finì per avere più successo dell'insurrezione stessa; i due ribelli vennero eletti a martiri e i liberali ritirarono il proprio appoggio al governo. Il 14 febbraio il generale Berenguer fu costretto a dimettersi e fu sostituito come primo ministro dall'ammiraglio Juan Bautista Aznar.

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Capitolo II La Spagna prima di Franco: Dalla Seconda Repubblica alla guerra civile (19311936)

2.1 La Seconda Repubblica (1931-1933) Il 12 aprile 1931 in Spagna vi furono le elezioni amministrative che videro i repubblicani vincere nella maggior parte delle città, in particolar modo a Madrid e a Barcellona8. Fu lo stesso generale Sanjurjo, che era a capo della Guardia Civil, a informare il re che non poteva garantire la sua sicurezza, e neanche la fedeltà del corpo paramilitare, se vi fossero state manifestazioni antimonarchiche di massa. Alfonso XIII, rendendosi conto che né la Guardia Civil né la polizia volevano opporsi apertamente all'entusiasmo della piazza, senza abdicare, dichiarò il regno vacante e poi decise di abbandonare la Spagna. La repubblica nata il 14 aprile del 1931 prese il nome di Seconda Repubblica poiché fu la seconda volta che in Spagna si decise di adottare questa forma di governo, a più di mezzo secolo di distanza dalla Prima Repubblica, nata nel 1873 e durata solo una decina di mesi. Ma a differenza della prima, questa si instaurò con una spontaneità e una facilità che stupì gli stessi dirigenti repubblicani, al punto che in seguito il ministro degli Interni Miguel Maura dichiarerà: <<Ci hanno regalato il potere>>9. Il giorno dopo la proclamazione della Repubblica Franco emanò un'ordinanza ai cadetti, richiamandoli al rispetto della disciplina:

Disciplina e senso del dovere hanno sempre regnato in quest'Accademia. Sono ancora più indispensabili oggi. L'esercito sereno e unito deve sacrificare ogni ideologia di parte al bene della nazione ed alla tranquillità della patria10.

8 Testi di riferimento bibliografico per la stesura di questo capitolo sono stati: G. Hermet, Storia della Spagna nel Novecento, Il Mulino, Bologna 1999; P. Preston, Francisco Franco: La lunga vita del Caudillo, Mondadori, Milano 1995; G.P. Dell'Acqua, Franco, Fabbri, Milano 1983; M. Pallottini, Cronaca e critica di una cultura: la Spagna di Francisco Franco, Pàtron, Bologna 1983; M. Maura, Así cayó Alfondo XIII, Ariel, Barcelona 1968; L. Ramirez, Franco, Ruedo Ibérico, 1964. 9 M. Maura, Así cayó Alfondo XIII, in G. Hermet, op. cit., p. 105. 10 G.P. Dell'Acqua, op. cit., p. 17.

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Questo governo era presieduto dal cattolico conservatore ed ex monarchico Niceto Alcalá Zamora e comprendeva una dozzina di ministri che rappresentavano la quasi totalità dello schieramento politico, a eccezione degli anarchici della Confederación Nacional de Trabajo (CNT) e dell'estrema destra. I nuovi governanti dovevano innanzitutto rassicurare l'opinione pubblica nazionale e internazionale turbata da questo cambiamento, poi garantire l'ordine pubblico e la ripresa economica della nazione e infine organizzare in tempi brevi l'elezione delle Cortes costituenti, fissata per il 12 giugno. L'opposizione interna in un primo momento non voleva lo scontro, poiché esercito e clero non si erano esposti apertamente. Gli ufficiali erano divisi e molti di loro non erano contrari alla repubblica, anche per via della delusione che provavano per la monarchia. Il clero e le masse cattoliche non si erano ancora schierati in maniera decisa, se non nella figura del cardinale primate monsignor Segura, favorevole al re. I socialisti e i sindacati a loro vicini appoggiavano il governo, ottenendo in cambio i ministeri del Lavoro, finito nelle mani del loro leader Largo Caballero, delle Finanze con Indalecio Prieto e della Giustizia con Fernando de los Ríos. Il loro sostegno serviva anche per proteggere i repubblicani dalle eccessive richieste dei lavoratori, almeno per ciò che riguardava gli ambienti operai e la Unión General de Trabajadores (UGT). Furono gli anarchici invece a schierarsi contro il nuovo regime, che detestavano quasi quanto lo Stato monarchico che esso sostituiva. Questa pressione portò il governo a puntare sempre più a sinistra, cosa che venne sfruttata dai suoi detrattori. La CNT e la Federación Anarquista Ibérica (FAI), che ne costituiva il nucleo più radicale, non si limitarono a non sostenere il governo repubblicano, ma incitarono anche all'astensione nelle elezioni legislative del 1931 e del 1933. A ciò si aggiunse il comportamento del Partito comunista (PCE) che, seguendo le direttive della III Internazionale, si oppose a quelli che definiva <<social-traditori>>11 e scatenò una serie di scioperi insurrezionali. Ben presto la CNT, il PCE e i gruppi nazionalisti e integralisti si ritrovarono, ognuno per conto proprio, a combattere in modo deciso il nuovo governo repubblicano, istigando addirittura alla rivolta. Il 14 maggio 1931 il cardinale Segura, figura di punta in campo religioso in quanto primate di Spagna e arcivescovo di Toledo, pubblicò una lettera nella quale esprimeva tutta la sua predilezione per la monarchia ormai sparita e per il re. La risposta dei repubblicani fu decisa e immediata. Il 10 e l'11 maggio, a causa di un futile pretesto, vennero incendiati a Madrid e a Malaga alcuni edifici religiosi. Da quel momento ci fu un susseguirsi di incidenti e scontri fra le autorità e i seguaci di Segura che, il 15 giugno 1931, portarono all'espulsione dell'alto prelato; tale decisione 11 Cfr. G. Hermet, op. cit., p. 107.

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scatenò le vivaci proteste dei cattolici che vedevano sempre più nel nuovo governo repubblicano un nemico dichiarato. Tenendo anche conto dell'astensione dei simpatizzanti della CNT, le elezioni del 28 giugno furono quasi un trionfo per la sinistra spagnola che ottenne 233 seggi alle Cortes costituenti, contro i 93 dei radicali di Lerroux e i 126 della destra di opposizione agraria e monarchica. Tuttavia questo governo si dimostrò incapace di gestire i rapporti con gli avversari politici più pericolosi. Invece di cercare di portare dalla sua parte un simbolo del mondo militare come Franco, decise, il 30 giugno 1931, di sopprimere l'Accademia di Saragozza e di inviarlo a La Coruña in qualità di governatore militare. Il Caudillo reagì con un misto di incredulità e rabbia e manifestò tutto il suo disappunto nel discorso di commiato che tenne davanti ai suoi cadetti il 14 luglio. Egli serbava sempre più rancore, ma aspettava pazientemente l'occasione giusta12. Il 14 ottobre 1931, forse anche per via del crescente malcontento, il presidente del governo provvisorio Zamora e il ministro degli Interni Maura diedero le dimissioni in segno di protesta contro l'applicazione dell'articolo 26 della nuova Costituzione. L'articolo imponeva la separazione tra Chiesa e Stato, l'abolizione dei fondi destinati ai culti religiosi e lo scioglimento di quelle organizzazioni legate al Papa da un voto di obbedienza, come i gesuiti. L'adozione improvvisa di riforme così radicali, rappresentò uno dei tanti errori politici commessi dal nuovo regime poiché, agli occhi dei cattolici, apparve come una provocazione. Al posto del dimissionario Alcalá Zamora, nominato intanto presidente della repubblica, venne scelto come presidente del consiglio Manuel Azaña, che restò in carica fino al 1933. Come capo del governo della coalizione repubblicana, Azaña mise in opera il programma elettorale, peggiorando una già difficile situazione con la sua intransigenza politica; egli voleva affrettare il definitivo cambiamento della Spagna andando a colpire quelli che avevano rappresentato i centri di potere dell'ancien régime; ossia la Chiesa, l'esercito e i grandi proprietari terrieri. Venne operata una riforma all'interno dell'esercito spagnolo, con ampi tagli e richieste di pensionamento anticipato fra gli ufficiali in soprannumero; fu sciolto l'ordine dei gesuiti, riconosciuto il matrimonio civile, approvata una legge sul divorzio e vietato formalmente l'ordine confessionale; si approvò la riforma dell'istruzione e la sostituzione del codice penale. A tutto ciò si aggiunse il tentativo di adozione di una legge sulla riforma agraria che, sebbene avesse grandi ambizioni, ebbe in realtà conseguenze immediate abbastanza scarse, a causa della lentezza della sua applicazione. Disposte a rimanere attendiste se non intaccate direttamente nei loro interessi, le élites dell'antico potere si videro costrette a ribellarsi una volta che si trovarono con le spalle al muro, 12 Cfr. G.P. Dell'Acqua, op. cit., p. 17.

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potendo anche contare sul sostegno di una grossa parte della popolazione. Uno dei demeriti più grossi di questo biennio fu aver spaccato la Spagna in tre tronconi distinti: la classe politica dominante, laico-liberale, progressista e riformatrice; l'area opposta che comprendeva i monarchici, i membri della Falange, i cattolici e l'esercito; e infine la sinistra socialista e anarco-sindacalista, che vedeva nella Repubblica una fase intermedia fra il vecchio ordine monarchico e la futura rivoluzione. La guerra civile fu il risultato di tutti i problemi che la Seconda Repubblica non aveva saputo risolvere, o che aveva contribuito essa stessa a creare13. Le masse popolari vedevano frustrate le loro speranze iniziali per via del carattere astratto delle riforme sociali e della politica economica eccessivamente prudente. La piccola e media borghesia era spaventata dall'evidente anticlericalismo dello Stato e dalla sua laicizzazione. Ancora più ostili erano i militari e i proprietari terrieri, che entrarono a far parte dell'opposizione al governo repubblicano. La CNT moltiplicò gli scioperi, gli scontri di piazza e le occupazioni di terre nelle campagne. Lo stesso Partido Socialista Obrero Espaňol (PSOE) fu costretto a dare un sostegno sempre più critico al governo Azaňa. Le azioni violente dell'estrema sinistra, intanto, sfociarono ben presto in vere e proprie rivolte, come quella di Castilblanco del 1° gennaio 1932, nella quale vennero uccisi alcuni membri della Guardia Civil o quelle di Casas Viejas e di Barcellona dell'anno successivo. Il 10 agosto 1932 alcuni ufficiali, per cercare di impedire la discussione dello statuto di autonomia della Catalogna con il quale vedevano minacciata l'unità della Spagna, tentarono il colpo di stato. Il pronunciamiento vedeva coinvolti alcuni militari di spicco sotto il comando del generale Sanjurjo, la cui posizione nei confronti della repubblica era notevolmente cambiata rispetto a quando, nell'aprile del 1931, aveva offerto al nuovo governo l'appoggio della Guardia Civil sotto il suo comando. Sanjurjo, che fino all'ultimo sperava di poter contare anche sulla collaborazione di Francisco Franco, il quale tuttavia riteneva inadeguati i piani e aspettava un momento più propizio per agire, fallì miseramente e l'operazione si concluse con il suo arresto. In realtà la destra cattolica riteneva che un confronto politico avesse maggiori possibilità di successo rispetto a un colpo di stato militare. Il 23 dicembre 1932 nacque la Confederación Espaňola de Derechas Autónomas (CEDA), un gruppo guidato da José María Gil Robles, giovane proveniente dall'Azione cattolica ritenuto simpatizzante del regime fascista. A causa di questo malcontento generale, l'8 settembre 1933 il presidente della repubblica Alcalá Zamora, cercò di sostituire il governo Azaña con un nuovo di tendenze dichiaratamente centriste presieduto da Alejandro Lerroux. Tuttavia questa strategia non ottenne la fiducia del Parlamento e quindi, il 9 ottobre, ci fu lo scioglimento delle Cortes e vennero indette nuove 13 Cfr. M. Pallottini, op. cit., p. 40.

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elezioni.

2.2 La vittoria della CEDA e l'insurrezione delle Asturie (1933-1936) Vista la situazione che portò alle elezioni del 19 novembre 1933, non sorprese che il risultato premiasse decisamente la CEDA di José María Gil Robles, stupì soprattutto la dimensione di questa vittoria. Il trionfo dei moderati e dei conservatori evidenziava tutti gli errori del precedente governo Azaňa, ma era anche una conseguenza dell'allargamento del diritto di voto alle donne, concesso dopo il 1931. Tra i vincitori erano presenti diverse correnti politiche: vi erano monarchici che puntavano al ritorno del re, gruppi di reazionari non violenti, democristiani sostenitori della repubblica e, soprattutto fra i giovani della CEDA, fascisti ostili al regime repubblicano sia per quanto riguardava la forma istituzionale sia per le riforme che cercava di applicare. Gil Robles veniva visto dai suoi sostenitori come un uomo della provvidenza; essi lo ribattezzarono Jefe rifacendosi all'esempio del Duce italiano. Egli non fece niente per impedire tali atteggiamenti e, anzi, li rafforzò quando partecipò al congresso del Partito nazionalsocialista tedesco a Norimberga nel 1933, insieme ai giovani della Juventud de l'Acción Popular (JAP), di tendenze chiaramente autoritarie. Nonostante Gil Robles non avesse preso nessuna posizione né a favore né contro la repubblica, venne subito bollato come fascista dai repubblicani. Allo stesso tempo gli esponenti dell'estrema destra gli rimproveravano un atteggiamento troppo conciliante. Intanto in Spagna le manifestazioni di protesta degli anarchici aumentarono notevolmente dopo le elezioni del novembre del 1933; ci furono scioperi violenti a Saragozza e Madrid, attacchi contro la Guardia Civil e soprattutto il sabotaggio del treno Barcellona-Siviglia che portò alla morte di diciannove persone. I socialisti, che fino ad allora avevano appoggiato, seppur in modo critico, il governo, scelsero ora di radicalizzare la loro posizione in un'aperta opposizione. Nacque una nuova sinistra che portò con sé il vecchio leader del partito Francisco Largo Caballero e si avvicinò sempre più alle posizioni del partito comunista. Questo cambiamento anticipò la nascita del Fronte popolare, al quale parteciparono in modo blando anche gli anarchici. Per paura del pericolo antidemocratico, Alcalá Zamora decise di affidare il nuovo governo al centrista Alejandro Lerroux, frustrando almeno in parte le ambizioni della CEDA e della destra 20


agraria; egli diventò uno degli uomini chiave della legislatura del biennio 1933 - 1935. Mentre la destra accettò con riserva questa soluzione, la sinistra non si lasciò sedurre dal nuovo presidente del consiglio. Con Lerroux capo del governo, la maggior parte delle riforme del precedente biennio vennero sospese. Egli si dimostrò estremamente tollerante per quanto riguarda le richieste della destra cattolica: venne bloccata la chiusura delle scuole confessionali, i gesuiti ripresero i loro insegnamenti, seppure in abiti civili e come professori laici, ripresero gli aiuti economici per la Chiesa da parte del governo e infine venne sospesa la già molto lenta applicazione della riforma agraria proposta da Azaña. Ma ciò che più scatenò le critiche dell'opposizione fu il tentativo di assecondare il desiderio della CEDA di un'amnistia a favore dei congiurati antirepubblicani detenuti in prigione, fra i quali Sanrjurjo. Sebbene tale legge fosse da applicare a tutti i detenuti politici, sia di sinistra che di destra, e che fosse stata votata dalle Cortes, il presidente della repubblica decise di non firmare la legge, provocando le dimissioni di Lerroux14. Tuttavia neanche il nuovo gabinetto presieduto da Ricardo Samper soddisfece la sinistra. Essa inoltre criticò decisamente Alcalá Zamora, reo di non aver definitivamente bocciato la legge sull'amnistia, ma di averla solo rinviata in seconda lettura davanti alla Camera. La stessa legge, approvata ancora dalle Cortes, entrò in vigore nella primavera del 1934. Ci furono inoltre scontri tra il governo di Madrid e la Generalidad di Catalogna, dove l'Esquerra, la sinistra catalana, era al potere dopo le elezioni del gennaio del 1934. Ma ancora più duri furono i conflitti tra la CEDA e i socialisti, riguardo la partecipazione della prima al governo. Il 4 ottobre 1934, Gil Robles negò a Samper l'appoggio del suo partito, provocandone le dimissioni. Alcalá Zamora fu costretto a ricorrere ancora a Lerroux, affidandogli la presidenza del consiglio; per ottenere la fiducia della CEDA, egli consegnò al partito tre ministeri. La reazione della sinistra fu immediata: ci furono scioperi e manifestazioni violente a Madrid e a Barcellona, ma vennero subito represse dall'esercito e dalla Guardia Civil fedele al governo. Alcuni dei dirigenti socialisti, tra i quali Largo Caballero, vennero arrestati. Ma ancora una volta furono le Asturie il teatro degli scontri più violenti. A differenza di ciò che accadde nel resto della Spagna, a Oviedo si coalizzarono gli esponenti delle varie correnti operaie: socialisti, comunisti, anarchici e libertari uniti e bene armati occuparono una vasta area della zona. Il motore principale furono i minatori che, il 5 ottobre del 1934, insorsero e nel giro di pochi giorni riuscirono a ottenere il controllo della regione, disarmando la Guardia Civil e proclamando a Oviedo la Repubblica Socialista Asturiana. I generali Goded e Franco, incaricati dal governo centrale di reprimere la rivolta, ricorsero a 14 Cfr. G. Hermet, op. cit., p. 116.

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due banderas di Legionarios e a due tabores di Regulares, unità regolari marocchine appartenenti all'esercito spagnolo, che provenivano direttamente dall'Africa. Il 18 ottobre, dopo due settimane di scontri violenti e sanguinosi, essi sconfissero i minatori. Secondo alcune stime, la repressione lasciò sul campo circa milletrecento morti, tra i quali trecento rappresentanti delle forze dell'ordine, e circa tremila feriti. A questi si aggiunsero alcune decine di migliaia di arresti politici, effettuati in Spagna tra l'ottobre e il novembre del 1934. La rivolta delle Asturie segnò una svolta nella storia della Seconda Repubblica spagnola, poiché servì a delimitare il confine che separò definitivamente i due schieramenti che in seguito si affrontarono nella guerra civile. Da una parte la classe operaia e gli altri partiti di sinistra adottarono una linea politica sempre più critica e vendicativa rispetto al governo. Anche la sinistra borghese impersonata da Azaña fu costretta ad avvicinarsi sempre più alle posizioni dell'estrema sinistra. Proprio l'ex presidente del consiglio, accusato a torto di essere uno dei promotori delle rivolte dell'ottobre del 1934, divenne una figura di punta della nuova coalizione che si formò in seguito con la nascita del Fronte popolare. La destra intanto, che attribuiva a Francisco Franco il merito di essere il principale responsabile della rapida vittoria sui rivoluzionari, cercò di intensificare ancor di più il proprio predominio dando luogo a feroci persecuzioni e chiedendo sul piano istituzionale una profonda revisione della Costituzione. L'atteggiamento della CEDA, che minacciava di far sciogliere le Cortes se non fossero state accettate le richieste, costrinse Alcalá Zamora, il 5 maggio 1935, a formare un nuovo governo, presieduto sempre da Lerroux, ma comprendente cinque ministri della CEDA, tra i quali lo stesso Gil Robles come ministro della Guerra. Questi, che si prefiggeva di eliminare gli ufficiali repubblicani indesiderati, riuscì nel suo intento anche grazie all'aiuto di Franco, promosso nel frattempo capo di stato maggiore. Egli era ormai considerato un salvatore della patria da parte della destra e un acerrimo nemico dalla sinistra. Franco, che godeva di ottimi rapporti con Gil Robles, si dedicò assiduamente a ciò che reputava il suo compito essenziale <<emendare le riforme di Azaña e restituire alle componenti delle forze armate quel senso di intima soddisfazione che avevano perso con l'avvento della Repubblica>>15. Ma il governo era ormai in crisi e, anche a seguito di alcuni scandali finanziari che colpirono alcuni dei suoi membri, nel gennaio del 1936 la Camera venne sciolta e vennero fissate le elezioni per il 16 del mese successivo.

15 P. Preston, op. cit., p. 115.

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Capitolo III La guerra civile in Spagna: Il Fronte popolare e l'ascesa al potere del Caudillo (1936-1939)

3.1 La vittoria del Fronte popolare e la “primavera tragica” Le elezioni del 16 febbraio ribaltarono i pronostici che vedevano favorita la destra cattolica e monarchica, sorridendo alla coalizione del Fronte popolare che, nato il 20 ottobre del 1935, vedeva uniti nelle sue file i socialisti, i comunisti, la sinistra repubblicana, l'Unione repubblicana di Martínez Barrio, l'Esquerra catalana, il partito regionalista galiziano (ORGA) e vari gruppi meno influenti, tutti sotto la guida del leader Manuel Azaňa16. Le forze della destra avevano probabilmente pagato le difficoltà di un accordo fra i monarchici e i falangisti da una parte e i cattolici della Confederación Española de Derechas Autónomas (CEDA) dall'altra, che speravano in un primo momento di poter concorrere alle elezioni anche senza la coalizione con i primi. Nonostante la vittoria del Fronte popolare fosse avvenuta con uno scarto minimo, essi ottennero, grazie alla legge elettorale del 1931, ben 263 seggi, contro i 156 del blocco di destra e i 54, suddivisi tra i centristi e i baschi del Partido Nacionalista Vasco (PNV). Ad Azaňa venne affidato ancora una volta il compito di formare il governo ed egli lo fece affidandosi quasi esclusivamente a rappresentanti dei partiti repubblicani, fissando per il 16 marzo l'apertura delle Cortes. I partiti operai chiedevano l'immediata applicazione del programma elettorale del Fronte popolare, in particolare per ciò che riguardava l'amnistia per i prigionieri che avevano partecipato allo sciopero delle Asturie e il ripristino della vecchia riforma agraria interrotta dal governo precedente. Per garantire la regolarità del secondo turno di elezioni, previsto per il 23 febbraio, Gil Robles chiese al presidente del consiglio di proclamare lo stato d'assedio e convinse anche Franco a 16 Testi di riferimento bibliografico per la stesura di questo capitolo sono stati: R. Canosa, Mussolini e Franco. Amici, alleati, rivali: vite parallele di due dittatori, Mondadori, Milano 2008; G. Di Febo, J. Santos, Il franchismo, Carocci, Roma 2003; G. Hermet, Storia della Spagna nel Novecento, Il Mulino, Bologna 1999; S.G. Payne, Franco y José Antonio. El extraňo caso del fascismo espaňol, Planeta, Barcelona 1997; P. Preston, Francisco Franco: La lunga vita del Caudillo, Mondadori, Milano 1995; G. Di Febo, C. Natoli, Spagna anni Trenta. Società, cultura, istituzioni, Franco Angeli, Milano 1993; G.P. Dell'Acqua, Franco, Fabbri, Milano 1983; M. Pallottini, Cronaca e critica di una cultura: la Spagna di Francisco Franco, Pàtron, Bologna 1983; L. Ramirez, Franco, Ruedo Ibérico, 1964.

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effettuare pressioni al riguardo. Ma nonostante gli appelli alla calma, le elezioni furono caratterizzate da violenti scontri tra gli esponenti dell'estrema sinistra e quelli dell'estrema destra. Nei mesi successivi, questo clima di terrore venne amplificato in quella che venne definita la <<primavera tragica>> del 1936. Si moltiplicarono gli omicidi, i rapimenti, gli scioperi violenti, le occupazioni improprie di terre e di fabbriche, gli incendi e i saccheggi di edifici religiosi o di sedi politiche e sindacali. Ci fu un incremento smisurato di morti violente per motivi politici, che passarono dalle 45 del 1935 alle 269 dei primi mesi del 193617. La vittoria elettorale della sinistra ebbe conseguenze evidenti anche dal punto di vista militare; il neoministro della Guerra Carlos Masquelet Lacaci decise di allontanare dal cuore della Spagna alcuni dei generali più pericolosi, poiché dichiaratamente vicini al vecchio sistema monarchico. Fra questi Francisco Franco che, il 9 marzo, venne inviato nelle isole Canarie in qualità di comandante generale, Manuel Goded Llopis, che diventò comandante generale delle isole Baleari ed Emilio Mola, nominato governatore militare di Pamplona. Sebbene questo non fosse un vero e proprio declassamento, Franco non accettò con piacere il nuovo incarico, poichè riteneva di poter svolgere in qualità di capo di stato maggiore un ruolo cruciale per impedire l'espansione del comunismo nella penisola. Se da una parte i vincitori speravano in una prossima rivoluzione, dall'altra, i vinti, temevano il nuovo governo e vedevano nell'esercito l'unica salvezza. Nell'aprile del 1936 nacque la Juventud Socialista Unificada (JSU), che vedeva fra i suoi membri alcuni ex socialisti e fu alla base della rinascita del Partido Comunista Español (PCE). Nel frattempo la CEDA entrò in crisi e gli iscritti all'organizzazione cattolica, che vedevano nella sconfitta elettorale un chiaro simbolo del fallimento della politica di Jil Robles, si riversarono nelle file della Falange o dei gruppi armati carlisti, che nella primavera del 1936 provocarono scontri sanguinosi contro le milizie di sinistra. Il governo rispose irrigidendo la sua posizione nei confronti dell'opposizione e aumentarono i disordini. Il 15 marzo venne chiusa la sede della Falange e arrestato José Antonio Primo de Rivera con altri otto dirigenti. Il 7 aprile il presidente Alcalá Zamora venne sostituito da Santiago Casares Quiroga, ma il nuovo governo di sinistra si dimostrò ancora più intollerante e iniquo nei confronti degli oppositori e altrettanto incapace di porre un freno alle manifestazioni di violenza. Fra i militari intanto qualcosa stava accadendo: iniziarono i preparativi di un colpo di stato che avrebbe dovuto portare al potere il generale Sanjurio, che in quel periodo si trovava esiliato in Portogallo. Anima portante dell'insurrezione era il generale Emilio Mola, appoggiato dagli industriali, da parte dei monarchici, dai cattolici tradizionalisti e anche dai falangisti; tutti concordi nel ritenere l'esercito l'unico 17 Si veda a tale riguardo G. Hermet, op. cit., pp. 122-124.

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baluardo che potesse garantire la legalità e l'unità nazionale. I generali speravano di realizzare un colpo di stato rapido, senza che il governo repubblicano potesse opporre alcuna resistenza. Lo stesso Mola, poco prima dell'inizio del conflitto, sosteneva che:

L'azione deve essere estremamente violenta allo scopo di schiacciare nel più breve tempo possibile un nemico forte e agguerrito. Tutti i leader di partiti politici, società e sindacati non fedeli al movimento devono essere imprigionati e sottoposti a punizione esemplare allo scopo di soffocare sul nascere qualsiasi tentativo di ribellione o di sciopero18.

La scintilla che accese definitivamente il fuoco della guerra civile fu l'omicidio del leader monarchico José Calvo Sotelo a opera delle forze repubblicane, come rappresaglia per la morte del tenente di polizia José Castillo, simpatizzante socialista e membro di un'organizzazione antifascista. Il delitto ebbe la diretta conseguenza di convincere anche quegli ufficiali che ancora non avevano preso una posizione definita, fra i quali lo stesso Francisco Franco.

3.2 L'inizio della guerra civile <<Su tutta la Spagna il cielo è senza nubi>>19. Fu questa la frase in codice, trasmessa da Radio Ceuta, che diede inizio alla ribellione che portò alla guerra civile spagnola. Il pronunciamiento, che prevedeva azioni simultanee in tutta la Spagna per la mattina del 18 luglio, vide la luce con un giorno di anticipo la sera del 17 nel Marocco spagnolo, dove si sollevarono le guarnigioni di Melilla, Tétouan e Ceuta. Grazie all'appoggio determinante del Tercio, gli insorti non faticarono troppo ad aver ragione dei militari lealisti e dei militanti delle organizzazioni di sinistra. Nel frattempo Franco prese il controllo delle Canarie; la notizia che il generale e l'Armata d'Africa erano dalla parte dei ribelli, servì per richiamare ovunque gli uomini alle armi. Che Franco volesse attribuirsi un ruolo di primaria importanza nell'insurrezione fu subito chiaro anche per via del proclama che inviò alle maggiori guarnigioni spagnole:

18 La citazione è tratta da F.B. Gúell, Momentos interesantes de la historia de España en este siglo, Valladolid 1939, ed è riportata in P. Preston, op. cit., p. 134. 19 G.P. Dell'Acqua, op. cit., p. 24.

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Gloria all'Armata d'Africa. La Spagna sopra ogni cosa. Vi giunga il saluto entusiasta di queste guarnigioni che si uniscono a voi e ad altri camerati della penisola in questo momento storico. Fede cieca nel nostro trionfo. Lunga vita nell'onore alla Spagna. Generale Franco20.

Il 18 luglio, Francisco Franco assunse il controllo delle truppe d'Africa e il generale Queipo de Llano prese possesso di Siviglia; caddero anche Granada e Cordoba. In Navarra e in altre città importanti come Vigo, La Coruňa, Oviedo, Burgos, Valladolid, Salamanca, Pamplona, Saragozza, le milizie operaie furono sconfitte. I repubblicani avevano ordinato alle navi da guerra, la cui flotta era rimasta fedele in quanto gli equipaggi avevano sopraffatto gli ufficiali che volevano aderire alla rivolta, di presidiare lo stretto di Gibilterra, tentando così di limitare la ribellione al Marocco e alle Canarie. Ma la speranza di un conflitto rapido e quasi indolore venne ben presto spezzata; a tre giorni dall'inizio dell'alzamiento i ribelli avevano in mano circa un terzo del paese, ma non i centri del potere. A Barcellona gli anarchici e perfino la Guardia Civil, in un caso forse unico nella guerra civile spagnola, si schierarono a difesa del governo regolare; a Madrid il primo ministro José Giral, ordinò di distribuire le armi al popolo, fatto che consentì ai lealisti di stroncare la rivolta. Il generale Sanjurio, che avrebbe dovuto guidare la Spagna alla fine del colpo di stato, morì il 20 luglio in un incidente aereo in Portogallo, mentre tornava dall'esilio. L'ascesa di Franco era a questo punto inevitabile. Per spostare l'equilibrio che rischiava di protrarre troppo a lungo la guerra, era necessario ricorrere il prima possibile all'ausilio delle truppe coloniali bloccate in Marocco. Ma la flotta e l'aviazione spagnola erano rimaste fedeli al governo repubblicano e rendevano impossibile il trasferimento. L'unica strada percorribile consisteva nel chiedere l'appoggio aereo della Germania e dell'Italia, che dall'inizio del conflitto avevano manifestato la loro simpatia nei confronti degli insorti. Per ottenere ciò vennero inviati in entrambe le nazioni emissari che, dopo giorni di intense trattative, riuscirono a convincere Mussolini e Hitler a fornire un appoggio concreto. Allo stesso modo il governo repubblicano, male addestrato e con notevoli carenze in fatto di armamenti, poteva contare sull'invio di armi e volontari in primis dalla Francia, ma con il prosieguo del conflitto e su scala molto più vasta, dall'Unione Sovietica. Quello che era nato nelle previsioni come un golpe che avrebbe dovuto svolgersi in un breve lasso di tempo, si stava inesorabilmente trasformando in un conflitto su scala europea, che vedeva coinvolte molte delle nazioni che parteciparono in seguito alla seconda guerra mondiale. 20 P. Preston, op. cit., p. 144.

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Il 23 luglio, i franchisti costituirono a Burgos la Junta Nacional de Defensa (JND), presieduta dal generale Miguel Cabanellas e composta, fra gli altri, dai generali Franco, Mola, Dávila, Queipo de Llano e Orgaz. Il 30 luglio vi fu l'invio dei primi veivoli richiesti dal generale Franco: dodici aerei Savoia Marchetti S.81 partirono dall'Italia con destinazione Melilla, in Marocco, ma solo nove arrivarono a destinazione. Il primo compito affidato loro fu quello di proteggere dal cielo un convoglio navale che doveva portare da Ceuta alla Spagna circa tremila uomini, sei batterie di artiglieria e altro materiale bellico. La missione ebbe successo. Da quel momento, anche grazie all'arrivo di altri mezzi provenienti soprattutto da Italia e Germania, iniziò il ponte aereo che servì per tasferire dal Marocco alla penisola iberica il grosso delle truppe ribelli. Il governo francese, che in un primo momento aveva dato l'idea di un possibile intervento ufficiale in favore del governo legittimo spagnolo, si fece invece promotore di un patto di non intervento che mirava a coinvolgere anche le altre potenze europee, decidendo di vietare formalmente l'esportazione di armamenti e aerei alla Spagna repubblicana. Il patto che ne conseguì non fu rispettato. Italia e Germania, che temevano che si sviluppasse una linea comune che unisse Mosca, Parigi e Madrid, sostennero la rivolta con l'invio di volontari, aerei e mezzi corazzati. Mussolini e Hitler riconobbero il governo di Franco come quello legittimo in Spagna. Inghilterra e Francia speravano che il conflitto non diventasse mondiale e per questo, almeno apparentemente, optarono per non parteciparvi. La Francia, in realtà, riuscì a spedire armi e apparecchi al Fronte popolare sotto la copertura di altri paesi, tra i quali il Messico. Tra le imprese rimaste celebri durante la guerra civile spagnola vi fu quella di un manipolo di nazionali, fra soldati e civili, compresi donne e bambini, che tra il 17 luglio e il 28 settembre si asserragliarono fra le mura dell'Alcazar di Toledo, resistendo eroicamente fino all'arrivo delle truppe di Franco. Il 3 settembre ci furono le dimissioni di José Giral e al suo posto venne chiamato Largo Caballero a formare il nuovo governo; esso era composto da rappresentanti di tutti i partiti che formavano il Fronte popolare. Il 1° ottobre 1936, davanti a una folla festante che osservava la cerimonia nella Capitanía General di Burgos, la Giunta di Difesa Nazionale presieduta dal generale Cabanellas proclamò Francisco Franco generalissimo di tutte le forze armate e capo del governo dello Stato spagnolo, affidandogli tutti i poteri del nuovo Stato. Nonostante la nomina avesse in teoria un carattere provvisorio, nasceva così, in piena guerra civile, il regime franchista che si contrapponeva al governo legale repubblicano. Da subito si impose la denominazione di Caudillo, corrispondente all'italiano Duce e al tedesco Führer. La campagna propagandistica dei suoi sostenitori esaltava la personalità e il carisma dell'ex eroe dell'Africa, promuovendo l'accostamento a leggendari condottieri del passato, in particolare il Cid. L'adesione della Chiesa alla sollevazione 27


riuscì a enfatizzare la figura di Franco, che veniva visto come il salvatore investito dal cielo della missione di riscatto della Spagna.

3.3 Un prologo alla guerra mondiale Il 22 ottobre, con i franchisti ormai ad un passo dalla capitale, Caballero autorizzò la formazione delle Brigate Internazionali; in tutto il mondo i partiti comunisti e i sindacati si attivarono per reclutare volontari. La prima unità, detta “11ª Brigata Mista Internazionale”, venne inviata a Madrid poco tempo dopo; era composta da operai, avventurieri, studenti, anarchici, socialisti, liberali, comunisti di ogni nazione, che vedevano nei nacionales un nemico che minacciava la democrazia. Alcune potenze europee come Regno Unito e Francia, che si dichiaravano ufficialmente neutrali, incoraggiarono la partecipazione antifascista dei loro cittadini, animata fortemente dall'attenzione della stampa e dell'opinione pubblica. Gli Stati Uniti di Roosevelt preferirono mantenersi al di fuori del conflitto, probabilmente poiché sottovalutarono la portata e gli effetti drammatici della guerra in corso. L'Unione Sovietica, guidata da Stalin, appoggiò in modo più o meno evidente i repubblicani, inviando prima finanziamenti, armi ed equipaggiamenti e in seguito anche mezzi corazzati (con alcune unità di carristi sovietici), alcune squadriglie di caccia russi e perfino commissari politici. Non furono da meno né l'Italia fascista di Benito Mussolini né la Germania nazista di Adolf Hitler, che violarono l'embargo e inviarono corpi di spedizione, mezzi aerei, armi e pezzi d'artiglieria di ogni tipo in supporto a Francisco Franco. Nonostante le ingenti richieste di mezzi e armamenti, Franco sembrava non gradire l'idea di ricorrere a volontari stranieri. Probabilmente egli non desiderava che all'accusa di utilizzare truppe marocchine per liberare la Spagna cattolica, si aggiungesse anche quella di far ricorso a truppe di terra straniere per sconfiggere le forze fedeli alla Repubblica. La questione degli aiuti da inviare a Franco venne affrontata una prima volta a Roma, durante una riunione svoltasi a Palazzo Venezia il 6 dicembre 1936, alla quale parteciparono, oltre a Mussolini, Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri e genero del dittatore, i sottosegretari alla Guerra, alla Marina e all'Aeronautica, il capo del Servizio Informazioni Militare (SIM) Roatta e l'ammiraglio tedesco Canaris. Hitler e il ministro della Guerra tedesco Von Blomberg erano inizialmente titubanti all'idea di inviare uomini in Spagna, anche perché temevano che un intervento 28


sarebbe stato troppo visibile e quindi oggetto di possibili critiche da parte delle altre potenze europee. Ma d'altro canto la crociata di Franco contro il bolscevismo e il comunismo rappresentati dal Fronte popolare forniva l'occasione ideale per dare sfogo sul campo di battaglia a quei principi che erano la base del pensiero nazista e che portarono alla seconda guerra mondiale. Nonostante non fossero ancora del tutto chiare le reali intenzioni di Hitler riguardo alla guerra in Spagna, Mussolini decise di procedere all'attuazione delle misure discusse nella riunione del 6 dicembre 1936. Il giorno successivo, il Duce inviò a Roatta un dispaccio con le istruzioni necessarie:

Con la presente, le affido il comando di tutte le forze armate - terrestri e aeree italiane che si trovano in Spagna e di quelle che vi saranno ulteriormente inviate. Non appena tornato in Spagna, Lei prenderà contatti con Franco e con Faupel per addivenire alla istituzione di quello stato maggiore che deve applicare senza indugio le riforme stabilite nella riunione italo-germanica del 6 dicembre XV a palazzo Venezia. Qui a Roma, presso il ministero degli Esteri, sarà costituito un Ufficio Spagna al quale dovranno essere esclusivamente indirizzate tutte le comunicazioni dal fronte spagnolo. Presso tale ufficio saranno permanentemente distaccati un ufficiale superiore dell'Esercito, uno dell'Aviazione e uno della Marina21.

L'intervento militare italiano non fu ufficiale, ma basato formalmente sull'apporto di volontari, in ottemperanza alle decisioni stabilite dalla comunità internazionale. In realtà si trattò di un aiuto massiccio in uomini e mezzi; la sola entità del Corpo Truppe Volontarie (CTV) era di circa 70 mila uomini ed era costituito da truppe regolari italiane. Per quanto riguarda le forze aeree, il Duce fornì circa 750 velivoli di tutti i tipi, lasciandone molti alla nuova aviazione spagnola al termine del conflitto. Il contributo degli aerei italiani e dei numerosi equipaggi addestrati che fecero parte prima della componente aerea del Tercio e che diedero poi vita all'Aviazione Legionaria fu fondamentale per la supremazia aerea nazionalista. L'Italia intervenne anche con l'ausilio di forze navali corsare, soprattutto sottomarini, che attaccarono navi repubblicane e arrivarono a bombardare nottetempo le coste catalane e la città di Barcellona. Le proteste delle altre nazioni indussero tuttavia a interrompere una vera e propria guerra navale non dichiarata. L'intervento della Germania nazionalsocialista fu un po' più limitato nelle cifre, ma decisamente meglio pianificato di quello italiano e più efficace per gli obiettivi che si prefiggevano i tedeschi, ossia sperimentare i nuovi armamenti in vista del confronto con le potenze occidentali e con la Russia. Nel corso delle operazioni, i tedeschi, inquadrati nella temibile Legione Condor, utilizzarono nuove efficacissime tecniche di attacco aereo e affinarono il bombardamento in 21 Il testo del dispaccio è riportato in R. Canosa, op. cit., p.125.

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picchiata collaudando i celebri Junkers Ju 87. Le forniture militari agli spagnoli non mancarono, ma le armi migliori rimasero sempre sotto diretto controllo tedesco. I patti presi tra Italia e Germania prevedevano anche l'invio di ufficiali con il compito di inquadrare e comandare le truppe volontarie, dopo avere ottenuto l'approvazione del generale Franco. Altrettanto importante fu l'impegno che profuse l'Unione Sovietica appoggiando la Repubblica spagnola, col preciso obiettivo, in caso di vittoria, di creare un'isola bolscevica a cavallo fra il Mediterraneo e l'Atlantico. Tuttavia una Spagna fedele a Mosca necessitava non solo di una revisione dell'idea politica che vedeva l'Unione Sovietica accantonare la teoria del <<socialismo in un solo paese>>, ma poneva problemi eminentemente pratici: primo fra tutti la conquista del potere assoluto da parte del PCE, a danno delle altre numerose formazioni di sinistra, come gli anarchici, che erano visti da Stalin come un pericolo al pari dei ribelli nazionalisti. Una volta presa la decisione, l'intervento sovietico, anch'esso mascherato e non ufficiale, si concretizzò nell'invio di istruttori ed esperti militari, di un discreto numero di piloti e di una quantità di materiale, bellico seconda solo a quella inviata dall'Italia a favore dei golpisti, dove spiccavano i temibili carri armati T-26, i velocissimi bombardieri Tupolev SB2, i caccia I-15 e I-16. Anche l'aiuto fornito dai francesi, seppur non in modo diretto né ufficiale, fu prezioso per la Repubblica, soprattutto nelle fasi iniziali del conflitto. Dalle frontiere aperte della Francia transitarono armi ed equipaggiamenti, tra cui numerosi aeroplani che furono una vera manna per l'Aviación Militar, che nel 1936 poteva contare solo su antiquati apparecchi. Bombardieri e caccia venduti in via privata dalle industrie nazionali francesi diedero un po' di ossigeno agli aviatori repubblicani. Moltissimi volontari che confluirono nelle Brigate Internazionali arrivarono in Spagna proprio dalla frontiera francese, così come moltissimi profughi spagnoli riuscirono a trovare scampo grazie al rifugio trovato in Francia. Secondo quanto stabilito in linea di massima dalla comunità internazionale, la Francia rimase però ufficialmente estranea al conflitto e, benché importante, il suo aiuto non si rivelò sufficientemente incisivo per la causa repubblicana. Molto rapidamente il conflitto spagnolo si trasformò in una guerra indiretta di materiali e uomini che vedeva da una parte l'Unione Sovietica e dall'altra l'Italia e la Germania; tale situazione fu resa possibile anche dall'atteggiamento attendista e troppo permissivo delle grandi potenze occidentali Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Teatro di una lotta ideologica tra fascismo e comunismo, la guerra di Spagna diventò la prova generale della guerra mondiale che ormai tutti, in Europa, prevedevano come inevitabile.

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3.4 Il franchismo durante la guerra civile Dopo la nomina a capo supremo dello Stato, Francisco Franco esigeva la conquista di Madrid. Nel novembre del 1936 i nacionales iniziarono l'assedio della capitale spagnola: il 4 novembre venne occupato l'aeroporto di Cuartos Vientos; il giorno 6 la sede del governo repubblicano presieduto da Largo Caballero venne trasferita a Valencia, mentre Madrid rimaneva affidata al generale Miaja, incaricato di formare una giunta di difesa per garantire una lotta a oltranza. I politici dai quali era composta dimostrarono una disciplina senza riserve. La radio repubblicana invitava gli abitanti alle barricate. Il 7 novembre 1936 l'esercito franchista, sostenuto dall'aviazione italiana e tedesca, oltre che da una compagnia di carri armati inviati in Spagna appositamente da Mussolini il 29 settembre, sferrò un violento attacco. I combattimenti durarono per molti giorni ma, nonostante una situazione tragica, Madrid resistette all'offensiva. A difesa della città stazionavano i miliziani lealisti, le Brigate Internazionali (tra le quali il Battaglione Garibaldi composto da italiani costretti all'esilio dal regime fascista), gli anarchici catalani e la stessa popolazione fedele alla Repubblica. A causa dei continui fallimenti, il 24 novembre Franco fu costretto a interrompere l'attacco su Madrid. A partire dal 1937, il Caudillo si trovò costretto a dover fronteggiare tre problemi diversi: quello militare, contro l'esercito della sinistra; quello diplomatico, sia con le nazioni europee che simpatizzavano con i repubblicani, ma anche nei confronti di Hitler e Mussolini, le intromissioni dei quali non erano certo gradite; e infine quello politico, dovuto alle polemiche e agli scontri che avvenivano fra i membri dei vari gruppi riuniti all'interno della coalizione di destra. L'atto che segnò l'inizio di un nuovo ordinamento politico fu lo scioglimento di tutti i gruppi politici e la creazione del partito unico. Il 19 aprile 1937 Franco, dietro la sollecitazione di Ramón Serrano Suñer, emanò un decreto che stabiliva la fusione dei vari partiti di destra all'interno della Falange Española Tradicionalista y de las Juntas de Ofensiva Nacional Sindicalista (FET y de las JONS). L'organizzazione, che veniva semplicemente chiamata Falange o Movimiento, era sotto il comando supremo e indiscusso dello stesso Caudillo. Fra i suoi membri vi fu l'adozione della camicia blu di stampo falangista e del basco rosso carlista. Nel programma del Movimento prevalse decisamente l'impronta falangista, che prevedeva la creazione di uno Stato totalitario articolato attraverso la famiglia, il municipio e il sindacato; un <<nuovo ordine>>22 basato sulla disciplina. Venne stabilito per legge il saluto romano, che diventò saluto nazionale e fu adottato “Cara al sol” come inno ufficiale. Nasceva così un'organizzazione assimilabile per molti aspetti al partito unico di altre nazioni a regime totalitario, come l'Italia o la 22 Cfr. G. Di Febo, J. Santos, op. cit, p. 11.

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Germania. Nel corso del 1937, Franco riuscì a conquistare definitivamente l'appoggio di quello che divenne forse il suo più prezioso alleato: la Chiesa cattolica. Il 1° luglio 1937 il cardinale Isidro Gomá, primate di Spagna, con la Lettera collettiva dei Vescovi spagnoli, investì ufficialmente la guerra dei nazionalisti del ruolo di crociata per la salvezza della Spagna, della religione e della Chiesa, perseguitate dall'anticristo rosso23. In realtà, fin dall'inizio delle ostilità, i gruppi cattolici iberici, a eccezione dei cattolici baschi fedeli alla Repubblica, si schierarono compatti a favore dei nacionales di Franco, con l'approvazione della gerarchia ecclesiastica e dello stesso Vaticano. Proprio la Santa Sede fu uno fra i primi Stati che riconobbero ufficialmente il governo del generalissimo, già nell'agosto del 1937. Se l'esercito aveva un potere forte in quanto garante delle scelte del regime, la Chiesa si era imposta come elemento di coesione tra i diversi gruppi, anche grazie all'assimilazione della guerra a una crociata. La guerra civile diventava una sorta di scontro tra <<Spagna e Anti-Spagna>>24; motivata dall'uccisione di religiosi e dallo scempio di chiese e oggetti sacri, avvenuti nei primi mesi delle ostilità ad opera dei repubblicani. Prima dell'inizio della guerra civile, in Spagna regnava un diffuso anticlericalismo, dovuto all'atteggiamento della Chiesa che si era dimostrata vicina ai regimi conservatori a scapito dei ceti meno abbienti e alla sua mancata modernizzazione. Dopo l'insurrezione che mirava a spodestare il governo repubblicano, invece, si andò forgiando l'idea di un'identità nazionale basata sul cattolicesimo, secondo l'esempio dato dai re cattolici. Il nazionalcattolicesimo, come venne definito in seguito, avrebbe avuto il compito di rimodellare gli usi, i costumi, l'istruzione, i simboli, sulla base di quelli precedenti. Franco veniva rappresentato come una sorta di capo invincibile, assistito dalla protezione divina; nell'immaginario collettivo egli aveva una dimensione quasi soprannaturale. Il generalissimo, del resto, ricompensò generosamente l'aiuto offertogli dalla Chiesa, con una serie di leggi e riforme favorevoli ai cattolici: fu revocata la legge che separava Stato e Chiesa, vennero aboliti il matrimonio civile e il divorzio, l'istruzione religiosa venne resa obbligatoria, l'istruzione nazionale e l'ufficio di censura furono sottoposti a severo controllo da parte degli organi ecclesiastici. Anche le altre forze politiche vicine al regime vennero ricompensate. Il 30 gennaio 1938, a Burgos, vide la luce il primo governo del nuovo Stato. Francisco Franco, che godeva dei pieni poteri e che li mantenne per tutta la durata della dittatura, cercò di assegnare in modo equilibrato i vari ministeri a esponenti dei gruppi che avevano appoggiato l'alzamiento; privilegiando tuttavia 23 Cfr. G.P. Dell'Acqua, op. cit., p. 25. 24 Cfr. G. Di Febo, S. Juliá, op. cit., p. 13.

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uomini che godessero della sua fiducia. La distribuzione vedeva la supremazia dei militari, che ottennero i ministeri degli Esteri, della Difesa, dell'Ordine pubblico e delle Finanze. Raimundo Fernández Cuesta, già segretario della Falange, fu nominato ministro dell'Agricoltura e dell'Organizzazione sindacale. Il ministero dell'Educazione nazionale venne ricoperto dall'esponente della destra cattolica Pedro Sainz Rodriguez; mentre quello della Giustizia fu affidato ai carlisti. Il braccio destro Serrano Suñer, nominato ministro dell'Interno, avocava a sé anche il Servizio di Stampa e propaganda, la gestione del quale venne lasciata ai giovani intellettuali falangisti. Il 9 marzo 1938, su richiesta dei falangisti, venne approvato il Fuero del Trabajo, considerato come la prima delle Leggi fondamentali del regime e ispirata alla Carta del Lavoro di Mussolini. Esso introduceva la concezione di Stato nazionalsindacalista che doveva essere uno strumento totalitario al servizio dell'integrità della patria e reagire contro il capitalismo liberale e il materialismo marxista. Nel Fuero, composto da ventisei punti, venne proibito lo sciopero, instaurato il sindacato verticale unico gestito dalla Falange e imposta l'emarginazione femminile dal lavoro. Allo stesso tempo vennero modificate o cancellate del tutto molte delle principali riforme attuate dai repubblicani; tra il 1936 e il 1939 furono aboliti gli Statuti autonomi della Catalogna e dei Paesi Baschi, annullata gran parte della riforma agraria, eliminata la libertà di stampa e di associazione, vietato il culto pubblico di altre religioni e abrogata la legge sul divorzio. Anche l'istruzione fu finalizzata a obiettivi cattolici e patriottici, che rappresentavano gli ideali del nuovo Stato.

3.5 Le truppe italiane in Spagna Se Franco riuscì abilmente a gestire i rapporti con le varie fazioni del suo schieramento, fu più complicato trovare un accordo con gli alleati italiani e tedeschi. Nonostante né Hitler né Mussolini avessero mire dichiarate in territorio spagnolo, le loro intromissioni in campo decisionale infastidirono non poco il Caudillo, che fu tuttavia costretto ad accettare alcune invadenze. I nazisti, che criticavano apertamente il fallimento delle operazioni su Madrid, esigevano che la Legione Condor restasse indipendente e venisse affidata al comando di ufficiali tedeschi mandati appositamente in Spagna; questi ultimi, avrebbero dovuto rendere conto solo allo stesso Franco. Gli italiani, giunti in gran numero dal gennaio del 1937, avevano addirittura un proprio 33


piano d'azione: partendo dal Sud, le truppe avrebbero dovuto conquistare Malaga, risalire verso il Nord e, nei pressi di Guadalajara, interrompere le vie di comunicazione con Saragozza e Barcellona; rimasta isolata Madrid sarebbe stata costretta alla resa. Inoltre il Duce chiedeva che fossero proprio i legionari italiani a ricoprirsi di gloria entrando per primi nelle strade della capitale. Nonostante Franco fosse decisamente contrario, avendo progettato una campagna che partisse dal Nord conquistando prima le Asturie e i Paesi Baschi, zone ricche di materie prime, fu costretto a cedere e ad accettare le richieste dei fascisti. L'8 febbraio, dopo una rapida e travolgente avanzata, le truppe italiane guidate da Roatta, con l'ausilio dei reparti spagnoli di Queipo de Llano, espugnarono le linee di resistenza nemiche ed entrarono in Malaga, occupando la città. Il giorno dopo Benito Mussolini inviò allo stesso Roatta un telegramma per felicitarsi di tale impresa:

Mando alla S.V. e a tutti i legionari che hanno conquistato Malaga espressioni di mio compiacimento e mio plauso. Ora è necessario non dare un solo minuto di tregua all'avversario, la cui crisi interna è rivelata da chiari sintomi. Sono sicuro che il grande successo di Malaga sarà sfruttato sino all'impossibile in direzione di Almeria e sul fronte di Madrid25.

Nello stesso periodo vi fu un altro tentativo di conquistare Madrid da parte dei nazionalisti, condotto dal generale Varela e voluto da Mola, che sperava con questo gesto di riconquistare il potere ai danni di Franco; ma dopo una ventina di giorni di furiosi combattimenti l'attacco venne respinto dalle Brigate Internazionali. Intanto gli italiani del Corpo Truppe Volontarie proseguivano senza grandi difficoltà verso Guadalajara. Qui dovettero però fronteggiare una maggiore resistenza, condotta fra gli altri dalle truppe italiane del Battaglione Garibaldi, fedeli alla Repubblica. Dopo una serie di scontri con alterne fortune, nella seconda metà del mese di marzo le truppe repubblicane riuscirono nell'impresa di sconfiggere i volontari del CTV, costringendoli a una fuga disordinata. Mentre il Duce era furioso per lo smacco subito, negli ambienti militari spagnoli e tedeschi, l'insuccesso degli scomodi alleati italiani venne accolto favorevolmente.

25 Il testo del telegramma è riportato in R. Canosa, op. cit., p. 139.

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3.6 Le fasi finali della guerra civile Dopo il parziale fallimento della strategia italiana, Franco fu finalmente libero di dare il via al suo piano che prevedeva la conquista dei territori del Nord. La campagna militare iniziò il 31 marzo nei pressi di Vitoria, sotto il comando del generale Mola. Il 26 aprile la città di Guernica, simbolo dell'autonomia basca, venne rasa al suolo da un'incursione della Legione Condor. Il bombardamento causò 1654 morti e 889 feriti. L'episodio divenne famoso nel mondo anche per l'omonimo dipinto di Pablo Picasso. Il 3 giugno 1937, in un incidente aereo, perse la vita il generale Mola. A poco meno di un anno di distanza dalla morte di Sanjurjo, un altro avversario politico di spessore, in grado di mettere in dubbio il potere di Franco, perì in circostanze analoghe. Il generalissimo nominò al posto di Mola il generale Dávila e trasferì il suo quartier generale da Salamanca a Burgos. Il 19 giugno fu Bilbao a cadere. Dopo la conquista della città i nacionales puntarono decisi verso Santander. Per cercare di rallentare l'avanzata e spezzare le linee nazionaliste, il generale repubblicano Miaja decise di contrattaccare scatenando un'offensiva su Brunete il 6 luglio. Franco fu costretto a interrompere momentaneamente l'assalto a Santander per far ripiegare le truppe falangiste. Il 24 dello stesso mese i repubblicani vennero sconfitti e il giorno 26 cadde anche Santander. Le Asturie, ormai circondate, vennero occupate in ottobre. Il 21 ottobre 1937 l'esercito nazionalista conquistò anche Gijón, ponendo di fatto fine alla guerra nel Nord. Nello schieramento di sinistra esistevano grandi divisioni interne. Già nel mese di maggio, a Barcellona si scatenò una furiosa battaglia che vedeva da una parte gli anarchici e i comunisti dissidenti del Partido Obrero de Unificación Marxista (POUM) e dall'altra i comunisti staliniani e l'Esquerra di Companys. Alla fine di quattro giorni di scontri violenti, questi ultimi ebbero la meglio. Largo Caballero, accusato di eccessiva debolezza, fu costretto a dimettersi e al suo posto venne eletto l'ex ministro delle Finanze Juan Negrín. Negrín credeva nell'imminenza di un conflitto mondiale e pensava che solo con l'intervento e l'impegno delle potenze straniere la Repubblica avrebbe potuto salvarsi. La maggior parte delle potenze però manifestava l'intenzione di ritirarsi. Gli inglesi continuavano a predicare il non intervento, i russi sembravano ormai pessimisti e concentrati sulla difesa del territorio contro i nazisti, e lo stesso Hitler pareva disinteressarsi alla Spagna. Le potenze internazionali si accordarono sul ritiro dei volontari impegnati in Spagna. Il 31 ottobre il governo di Negrín si trasferì da Valencia a Barcellona. Il 1938 si aprì con la grande offensiva dei repubblicani su Teruel; il 7 gennaio la città venne conquistata e difesa strenuamente dai contrattacchi nazionalisti fino al 20 febbraio. Le armate della 35


Falange ormai puntavano decise verso il Mediterraneo, con l'obiettivo di dividere la in due la Spagna repubblicana, isolando Barcellona da Madrid e Valencia. Nel mese di aprile i nacionales riuscirono a conquistare Lerida e ad arrivare al mare. Nella notte tra il 24 e il 25 luglio, l'esercito lealista tentò un ultimo, disperato, tentativo di ricollegare la Catalogna con gli altri centri del potere; sotto il comando del capo di Stato maggiore Vicente Rojo le truppe repubblicane passarono a sorpresa il fiume Ebro, sconfiggendo l'esercito d'Africa di Yagüe. Dopo tre mesi di feroci combattimenti, gli uomini di Franco riuscirono a ricacciare i nemici al di là del fiume. Tra il 29 e il 30 settembre del 1938, a Monaco si tenne la nota conferenza che riuniva i capi di governo di Germania, Italia, Regno Unito e Francia. L'oggetto della Conferenza fu la discussione delle rivendicazioni di Hitler sulla porzione di territorio cecoslovacco abitato dai Sudeti, una popolazione di etnia tedesca. L'incontro si concluse con una decisione che portò all'annessione di vasti territori della Cecoslovacchia da parte dello Stato tedesco. Utilizzando come pretesto la crisi internazionale venutasi a creare dopo l'accordo di Monaco, Negrín avanzò proposte di pace, supportate dalla decisione di ritirare le Brigate Internazionali dal conflitto. I volontari delle Brigate cominciarono a lasciare la Spagna il 15 novembre, dopo essere sfilati per le strade delle principali città; ma l'esempio dei governativi venne seguito solo parzialmente dai repubblicani. Il 23 dicembre, dopo aver oltrepassato nuovamente l'Ebro, i franchisti iniziarono la grande offensiva in Catalogna. Il 15 gennaio 1939, i ribelli occuparono Tarragona; iniziò così la retirada di decine di migliaia di civili che fuggirono verso la frontiera francese. Il 24 dello stesso mese, il governo si trasferì a Girona; due giorni dopo, a seguito di un'incessante bombardamento, cadde Barcellona. All'inizio di febbraio i nazionalisti si spinsero fino ai confini con la Francia; la sconfitta della Repubblica era ormai vicina. Negrín, che ormai aveva capito di andar incontro alla disfatta, propose a Franco la pace, ma il Caudillo pretendeva una resa senza condizioni. Londra e Parigi, nel frattempo, riconobbero come legittimo il governo di Burgos dopo aver ottenuto garanzie dallo stesso Franco sulla neutralità spagnola in caso di conflitto mondiale. Galeazzo Ciano annotò nel suo Diario tale notizia con notevole sdegno:

Franco, preoccupato della sua posizione, pensa di aprire negoziati con Londra e Parigi per dichiarare la sua neutralità. Niente ci è stato ancora comunicato da Conde. Che schifo! I nostri morti in Spagna devono trasalire nelle loro bare. Sorge il problema del Corpo d'occupazione volontario. Cosa faranno loro? Intanto do istruzioni a Valle perché cominci a studiare l'evacuazione delle forze aeree. Ricevo il Duce alla stazione... Ragguaglio il Duce sugli ultimi avvenimenti... Ha un moto di disgusto per la Spagna 26. 26 Il brano è riportato in R. Canosa, op. cit., p.297.

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L'ultimo passo restava la conquista di Madrid. Ad accelerarne la caduta contribuirono i contrasti interni tra le varie fazioni, in particolare i comunisti staliniani che si opponevano ai socialisti, agli anarchici e ai trozkisti. Nel corso degli ultimi due anni di guerra, gli scontri tra questi gruppi finirono per indebolire progressivamente dall'interno il fronte repubblicano. Il 4 marzo il colonnello Casado si ribellò al governo Negrín, cercando un armistizio separato con Francisco Franco e prendendo contemporaneamente contatti con Londra per ottenere che i repubblicani potessero fuggire con le navi inglesi senza spargimento di sangue. Nella capitale si verificarono scontri violenti tra i comunisti fedeli al governo e i seguaci di Casado pronti ad arrendersi. Nonostante la vittoria di questi ultimi, fu troppo tardi per trattare l'armistizio; Franco, giunto ormai alle porte di Madrid, voleva una resa incondizionata per entrare nella città come conquistatore indiscusso. Il 28 marzo 1939 Madrid fu occupata dai nazionalisti e due giorni dopo cadde anche l'ultimo baluardo repubblicano: Valencia. Il 1° aprile 1939 la comunicazione ufficiale della fine della guerra venne trasmessa da Radio Burgos, la radio ufficiale del regime: <<Oggi, dopo aver fatto prigioniero l'esercito rosso e averlo disarmato, le truppe nazionaliste hanno raggiunto i loro ultimi obiettivi militari. La guerra è terminata>>27.

27 La comunicazione radiofonica è in G.P. Dell'Acqua, op. cit., p. 26.

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Capitolo IV L'ideologia franchista: Caratteri distintivi

4.1 Il regime di Franco Nata ufficialmente il 1° ottobre 1936 e conclusasi con la morte di Francisco Franco nel novembre del 1975, la dittatura franchista è stata la forma di governo più duratura che la Spagna abbia conosciuto dal XVII secolo in avanti28. La cruenta guerra civile che flagellò la nazione dal 1936 al 1939 e le repressioni che seguirono la fine delle ostilità, costarono molte vite. Secondo le fonti ufficiali, la guerra civile avrebbe fatto 626 mila vittime, tra soldati e civili, cifra che comprende anche le circa 126 mila esecuzioni avvenute durante i primi anni del regime29. Già nei primi mesi del 1939, Franco promulgò la Legge sulle responsabilità politiche che sottoponeva a giudizio repubblicani, militanti del Fronte popolare, iscritti alla Massoneria e in generale tutti coloro i quali si erano opposti al colpo di stato. I tribunali erano presieduti da rappresentanti dell'esercito, della magistratura e della Falange. Le carceri, che prima dell'inizio della guerra civile non contenevano più di 12.500 prigionieri, arrivarono a contenerne fino a 270 mila agli inizi del 1940 e tale cifra iniziò a calare solo dopo il 1944. Nella sola Madrid, ben 50 mila repubblicani, fra i quali circa cinquemila donne, vennero arrestati dalle forze nazionali30. Nelle zone occupate, oltre alle fucilazioni sommarie, agli arresti e alle torture, si procedeva all'epurazione sistematica di funzionari, professionisti, insegnanti e di tutti coloro che venivano considerati colpevoli di tradimento. Il bollettino ufficiale dello Stato si riempiva di elenchi di persone sottoposte a giudizio e allontanate oppure reinserite nel lavoro a seconda dell'adesione o 28 Testi di riferimento bibliografico per la stesura di questo capitolo sono stati: R. Canosa, Mussolini e Franco. Amici, alleati,rivali: vite parallele di due dittatori, Mondadori, Milano 2008; G. Di Febo, J. Santos, Il franchismo, Carocci, Roma 2003; G. Hermet, Storia della Spagna nel Novecento, Il Mulino, Bologna 1999; S.G. Payne, Franco y José Antonio. El extraňo caso del fascismo espaňol, Planeta, Barcelona 1997; P. Preston, Francisco Franco: La lunga vita del Caudillo, Mondadori, Milano 1995; G. Di Febo, C. Natoli, Spagna anni Trenta. Società, cultura, istituzioni, Franco Angeli, Milano 1993; R. Morodo, Los orígenes ideológicos del franquismo: Acción Española, Alianza, Madrid 1985; G.P. Dell'Acqua, Franco, Fabbri, Milano 1983; M. Pallottini, Cronaca e critica di una cultura: la Spagna di Francisco Franco, Pàtron, Bologna 1983; L. Ramirez, Franco, Ruedo Ibérico, 1964. 29 Le cifre sono tratte da H. Thomas, Storia della guerra civile spagnola, e riportate in G. Hermet, op. cit., p. 157. 30 Cfr. G. Hermet, op. cit., pp. 166-167.

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meno al partito unico. I detenuti politici poterono usufruire della Ley de redención de penas por el trabajo, che consentiva la riduzione di un giorno di carcere ogni due giornate di lavoro. Alcuni di loro collaborarono alla costruzione del Valle de los Caídos, a pochi chilometri da Madrid, per la cui realizzazione vennero impiegati circa venti anni. Il monumento fu a lungo un simbolo della riconciliazione nazionale e lo stesso Franco vi venne sepolto dopo la sua morte. Il 19 maggio 1939, a circa due mesi dalla fine della guerra, ci fu a Madrid un'imponente parata militare che divenne il simbolo del trionfo dei nazionalisti nei confronti dei repubblicani e servì da monito verso il mondo esterno del potere del Generalissimo. All'inizio della cerimonia il generale Varela decorò Franco con la massima onorificenza, la Gran Cruz laureada de San Fernando. Venne dichiarata festa nazionale il 18 luglio, data di inizio dell'alzamiento nacional; il 1° ottobre, che rappresentava la ricorrenza della nomina di Franco a capo dello Stato, prese il nome di giornata del Caudillo; il 12 ottobre diventò giornata della Raza o della Hispanidad. Il giorno seguente, sempre a Madrid, nella chiesa di Santa Barbara, ebbe luogo l'offerta della spada della vittoria all'altare da parte di Franco. Il rito, che alludeva a una rinnovata alleanza con la religione, rappresentava l'abbandono definitivo dello Stato laico in virtù di un nuovo Stato. La cerimonia legittimava il passaggio del <<Caudillo por la gracia de Dios>>31 da condottiero vittorioso a guida della nazione. Il suo potere, sostenuto dall'esercito, era assoluto come quello degli antichi sovrani. Ordine, patria e religione, trovavano spesso spazio nei discorsi di Franco, così come le promesse di redenzione. Nella Spagna degli anni Quaranta continuava l'emergenza bellica. Lo stato di guerra instaurato nel luglio del 1936 venne revocato solo nel 1948. Il Tribunale Speciale per la Massoneria e il comunismo, creato nel marzo 1940, rimase attivo fino al 1963 e le esecuzioni continuarono numerose. Fra i casi più emblematici ci furono quelli di Julián Besteiro, di Luis Companys e di Julián Zugazagoitia. Il primo, che era un professore universitario e il presidente delle prime Cortes repubblicane e che aveva negoziato con Franco la resa di Madrid, venne condannato a trent'anni di carcere, luogo nel quale morì. Luis Companys venne invece condannato a morte per numerosi delitti, tra i quali l'aver fondato il partito Esquerra Republicana e proclamato, nel 1934, lo Stato Catalano. Stessa sorte toccò a Zugazagoitia, eletto deputato nel 1936, ministro degli Interni nel 1937 e direttore del quotidiano “El Socialista”. Alla repressione fisica si aggiungeva una fitta normativa per la regolamentazione di letture, comportamenti, intrattenimenti e luoghi di incontro. Fu abolito il Carnevale e vietata la scuola 31 Per tale definizione cfr. G. Di Febo, J. Santos, op. cit., p. 18.

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mista.

4.2 Istruzione, censura e propaganda La svolta imposta dal nuovo Stato confessionale era evidente nel campo dell'istruzione; la Legge sull'organizzazione delle università spagnole, del 29 luglio del 1943, stabiliva che esse dovessero essere di stampo cattolico. Gli studenti universitari venivano inquadrati nel Sindacato Estudiantil Universitario (SEU), la cui dirigenza era monopolio della Falange. L'inquadramento dei giovani era prerogativa delle organizzazioni falangiste; il Fronte della Gioventù e la Sezione Femminile della Falange propagandavano i principi del nazionalsindacalismo, del patriottismo, del conformismo allo Stato franchista, riconducendoli però nell'ambito del tradizionalismo cattolico. Per le donne era poi previsto l'arruolamento nel servizio sociale, che durava sei mesi ed era obbligatorio, salvo alcune eccezioni. Creato durante la guerra e riorganizzato nel 1940, era concepito come un servizio allo Stato che aveva il compito di formare la futura madre di famiglia oltre che promuovere varie attività, compresa la beneficenza. Veniva rilasciato un attestato che era indispensabile per chi volesse ottenere un impiego nell'amministrazione pubblica, ma anche per il conseguimento di documenti come il passaporto, la patente di guida e qualsiasi tipo di diploma. Il servizio era gestito dalla Sección Femenina, della quale fu presidentessa a vita Pilar Primo de Rivera, sorella di José Antonio. Alle dirette dipendenze della Falange figuravano numerosi apparati di propaganda: testate giornalistiche come “Arriba” e “Pueblo”, emittenti radiofoniche, riviste culturali e anche il Noticiarios y Documentales Cinematográfico (No-Do), settimanale di attualità con funzione simile a quella del Film Luce italiano, la cui proiezione era obbligatoria nelle sale cinematografiche prima dell'inizio di ogni film. Per più di venti anni fu un importante strumento di informazione finalizzato alla legittimazione e all'esaltazione del regime. Repressione, inquadramento sociale e una rigida censura connotarono il lungo dopoguerra spagnolo. La censura istituzionalizzata era diretta contro qualsiasi opinione, analisi, osservazione che fosse in disaccordo con l'ideologia ufficiale. Vi erano sottoposti giornali, cinema, teatro, letteratura e tutti i discorsi e le conferenze, a meno che non fossero tenute direttamente in istituti scolastici, chiese e locali della Falange. I controlli e i conseguenti sequestri di tutto ciò che era considerato critica al regime 40


franchista ed etichettato come Disolvente o Pornográfico, erano duplici: avvenivano al momento della consegna dello scritto e a pubblicazione avvenuta. Fino al 1941 la censura fu alle dirette dipendenze del ministero degli Interni; tra il 1942 al 1945 venne controllata dal ministero dell'Educazione e dalla Falange, in seguito fu gestita dal ministero dell'Informazione e Turismo. La Legge sulla stampa, emanata nel 1938, stabiliva la doppia censura su ogni pubblicazione a eccezione di quelle ecclesiastiche, l'intervento dello Stato sulle nomine dei direttori di giornali e severe sanzioni a persone o imprese inadempienti. La prima modifica si ebbe solo nel 1966 con la Legge sull'informazione e la stampa del ministro Manuel Fraga Iribarne. Nelle scuole e nelle università vennero epurate biblioteche e lo stesso accadde a migliaia di insegnanti. La libera possibilità di critica fu sostituita dall'omologazione del pensiero e dei linguaggi. Le libertà di coscienza, culto, stampa, associazione, propaganda, insegnamento, furono oggetto di severa condanna. La censura continuò a funzionare, in modo più o meno arbitrario, fino agli anni Settanta. Nel 1945 venne promulgato il Fuero de los españoles, una sorta di carta dei diritti che cercava di offrire una facciata legalitaria alla dittatura di Franco. Nell'articolo 12 si dichiarava la libertà di espressione delle idee, ma si aggiungeva che queste non avrebbero dovuto attentare ai principi fondamentali dello Stato. Il regime iniziò a creare i primi istituti culturali, che nascevano segnati dall'impulso ideologico e propagandistico. Nel novembre del 1939 venne istituito il Consejo Superior de Investigación Científica (CSIC). Molti degli istituti furono indirizzati al rilancio dei rapporti e degli scambi con l'America Latina, in nome di antichi legami e della comunanza di lingua, cultura e religione. Si impose il mito della Hispanidad sia in ambito culturale interno sia nei rapporti con il Sud America. Venne rilanciata un'identità ispanica fondata su valori patriottici e religiosi come tratti definitori della Spagna autentica e che avevano trovato una loro realizzazione piena durante il periodo delle conquiste coloniali, nelle glorie belliche del passato imperiale e nello splendore culturale del Siglo de Oro. Così come fece in Italia Mussolini con la lingua nazionale, anche Franco spinse per la rivalutazione dello spagnolo ai danni dei forestierismi linguistici. Gli obiettivi dell'insegnamento della storia erano quelli di mettere in risalto i valori morali, lo spirito nazionalistico e cristiano, che ben si evincevano dal passato.

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4.3 L'interventismo dello Stato: il <<fascismo agrario>> Lo Stato sorto dalla guerra civile cercò di creare una società omogeneamente cattolica, controllata dall'esercito, inquadrata da una burocrazia falangista con ampi poteri sui sindacati e sulle corporazioni locali, chiusa a ogni influenza esterna; una società corporativa e autarchica, ancorata dall'illusione di recuperare il suo passato imperiale. Il Caudillo avrebbe voluto cancellare la storia di Spagna del XIX secolo poiché riteneva che la causa di tutti i mali del suo popolo era stato il liberalismo. Uno dei primi interventi fu diretto al disciplinamento della forza lavoro, compito affidato al partito unico. Obiettivo di questo inquadramento era quello di organizzare l'economia attraverso una sorta di sindacato di produttori. Tutti gli spagnoli che partecipavano all'attività produttiva avrebbero dovuto far parte della grande comunità nazionale e sindacale al servizio della potenza economica della Spagna. Questo fu il momento nel quale il fascismo godé di maggiore consenso. La Falange aveva una solida posizione nel governo, era proprietaria di un vasto apparato di stampa e propaganda, controllava l'organizzazione sindacale, aveva un'estesa influenza tra le donne e i giovani, poteva contare su consiglieri, studiosi e intellettuali. L'organizzazione falangista aveva anche la possibilità di distribuire i privilegi che le derivavano dall'aver vinto la guerra. Nel nuovo regime chiunque non mostrasse un'adesione totale era condannato all'ostracismo e al silenzio. Assicurato in questo modo l'inquadramento delle forze produttive, il governo nominato l'8 agosto 1939 annullava la riforma agraria della vecchia Repubblica e stabiliva l'interventismo statale in ogni attività economica. Un decreto del 28 agosto sospendeva i piani d'applicazione della riforma non ancora realizzati, mentre una legge del febbraio successivo ordinava la restituzione ai proprietari delle terre espropriate. Il 10 marzo 1940 fu creato il Commissariato generale per gli approvvigionamenti e i trasporti con il compito di rifornire la popolazione, fissare le forme di razionamento dei generi di prima necessità e i prezzi per il consumo degli articoli stabiliti alla fonte. Nel settembre, venne creata la Fiscalía de Tasas, che aveva facoltà di perseguire le infrazioni e condurre i colpevoli di fronte ai tribunali militari. A causa dei prezzi troppo bassi, gli agricoltori cominciarono a lavorare meno la terra, a nascondere i raccolti e a incanalare parte della produzione verso mercati non controllati. Si diffuse così il <<mercato nero>>: i prezzi erano fissati a un valore più basso rispetto a quelli tradizionali, con guadagni a volte eccezionali da parte dei grandi agricoltori che si avvantaggiavano delle concessioni dello Stato riguardo a fertilizzanti, macchinari e prodotti energetici. I risultati 42


economici furono disastrosi. Si creò una trama di interessi tra i burocrati del nuovo Stato, che decidevano su concessioni e licenze, e i proprietari terrieri la cui produzione veniva destinata a quei mercati. Il nuovo sistema di controllo delle campagne e la politica interventista determinarono un calo netto dei salari agricoli, pari al 40 per cento circa rispetto a quelli pagati prima della guerra. Il rafforzamento della Guardia Civil, unito all'assenza di uno Stato di diritto e di una magistratura indipendente, resero i contadini totalmente indifesi. La riduzione dei salari e la disponibilità di un'abbondante e sottomessa manodopera non favorì l'attività produttiva. Nei primi anni del regime franchista la produzione degli elementi di base calò notevolmente e lo stesso avvenne per i prodotti agricoli di esportazione. Durante la guerra l'agricoltura mantenne approssimativamente lo stesso volume della precedente produzione. I risultati catastrofici si verificarono soltanto alla fine del conflitto, a causa della politica economica imposta dal nuovo regime. Tale politica fu una combinazione dei principi di interventismo statale e protezionismo autarchico, e venne definita da molti fascismo agrario32. Interventismo e autarchia furono anche alla base della politica industriale; in questo settore la guerra produsse, come è noto, danni maggiori, soprattutto nel settore dei trasporti e delle comunicazioni. Subito dopo la fine della guerra civile, si ebbe una profonda depressione, che toccò il suo apice alcuni anni dopo. La spiegazione di questa crisi, così come per il settore agricolo, va individuata nella politica imposta dal regime e nelle nuove alleanze internazionali che allontanarono la Spagna dalla Francia e dalla Gran Bretagna, a favore della Germania e dell'Italia. Nel settembre del 1941 fu creato l'Instituto Nacional de la Industria (INI), che aveva il compito di vigilare sui piani di industrializzazione e trasformava di fatto lo Stato in una sorta di imprenditore industriale. L'INI fu diretto, sin dagli inizi, da militari e rivolse una particolare attenzione alle industrie della difesa. Il governo, oltre a penalizzare la classe operaia, favorì la mancanza di competitività delle imprese e le situazioni di oligopolio e monopolio. Lo Stato interventista rafforzò il potere dei settori più tradizionali del capitalismo spagnolo, i quali poterono diminuire i salari fino a un terzo del valore reale raggiunto prima della guerra, a discapito dell'aumento della produttività. Inoltre, la rigidità della regolamentazione, determinò una proliferazione della burocrazia, nonché irregolarità amministrative. Si creò così un clima politico che bandiva la libera impresa e il libero mercato, con conseguenze negative per la produttività. La riduzione dei salari e, quindi, del consumo reale, il forte interventismo statale e la politica 32 Cfr. G. Di Febo, J. Santos, op. cit., p. 29.

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autarchica, determinarono la profonda depressione che attraversò l'industria spagnola durante il primo decennio del franchismo. La Spagna raggiunse livelli di estrema povertà e rimase indietro rispetto agli altri paesi europei. Il livello del reddito pro capite raggiunto nel 1935 non fu eguagliato fino al 1954.

4.4 Neutralità, non belligeranza e ancora neutralità Il predominio in politica interna della Falange nel 1939 ebbe come evento immediato, in politica estera, la scelta di privilegiare i contatti con gli altri regimi fascisti, soprattutto con l'Italia e la Germania. I vincoli che univano la Spagna alle potenze dell'Asse risalivano all'inizio della guerra civile, per via dei notevoli aiuti militari ottenuti da queste nazioni. Nel novembre del 1936 Franco firmò un accordo segreto di collaborazione con l'Italia di Mussolini e lo stesso fece nel marzo del 1939 con Hitler. Al termine della guerra, la Spagna annunciò la sua adesione al Patto Anticomintern e il ritiro dalla Società delle Nazioni. Nell'agosto del 1939, grazie soprattutto al volere di Serrano Suñer, il governo franchista cercò di promuovere un processo di fascistizzazione dello Stato e manifestò anche durante la seconda guerra mondiale le simpatie italo-tedesche. Tuttavia, la naturale cautela di Franco, la disastrosa situazione interna e il terribile stato in cui si trovavano gli armamenti dopo la guerra contro i repubblicani, spinsero il Caudillo a dichiarare la propria neutralità il 4 settembre 1939, dandone avviso a Mussolini prima ancora che fosse resa pubblica tale decisione. Il Duce, nella lettera di risposta, manifestò il proprio parere favorevole:

Vi ringrazio di avermi tenuto così cordialmente al corrente delle vostre intenzioni circa l'atteggiamento della Spagna nell'attuale crisi europea. Desidero subito dirvi che approvo pienamente la vostra dichiarazione ufficiale di neutralità e credo che la potrete conservare sino alla fine della guerra. Voi avete certamente veduto la dichiarazione italiana che l'Italia non prenderà iniziativa alcuna di operazioni militari. Intendo attenermi a questa linea di condotta, ma potrebbero, nel corso degli avvenimenti, determinarsi circostanze tali da costringermi a rivederla. Ecco perché io non posso non rendere efficienti al massimo livello le forze militari del mio paese. Qui potrete aiutarmi, facilitandomi nel vostro paese i rifornimenti di materie prime, quali ferro, rottami metallici, rame. Con l'ambasciatore Gambara potrete esaminare il problema nei suoi aspetti concreti33. 33 Documenti Diplomatici Italiani, Serie Nona, vol.I, p.37, lettera del 6 settembre 1939, contenuti in R. Canosa, op. cit., p. 356.

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Le folgoranti vittorie tedesche e la rapida occupazione dei Paesi Bassi e della Francia furono accolte con gioia dai falangisti. Nell'entusiasmo generale di fronte a quella che si veniva delineando come una simultanea sconfitta del comunismo in Unione Sovietica e del liberalismo in Francia, Franco fu a un passo dal dichiarare guerra, ma alla fine optò per la <<non belligeranza>> della Spagna, così come aveva fatto Mussolini con l'Italia poco prima della partecipazione al conflitto. In realtà la non belligeranza, dichiarata ufficialmente il 12 giugno 1940, era l'auspicio di una prossima entrata in guerra; lo si evince anche da una lettera mandata al Duce, per informarlo di tale decisione:

Ricevo con emozione la vostra lettera subito dopo la dichiarazione di guerra e dopo aver ascoltato il vostro discorso. La nostra solidarietà morale vi accompagnerà fervidamente nella vostra impresa e, in quanto a quella economica, abbiate la certezza che nella misura delle nostre forze (conoscete bene la nostra situazione) ve la daremo volentieri. Conoscete certo le ragioni della nostra posizione attuale, ciò nonostante, all'entrata della vostra nazione in guerra ho deciso di cambiare i termini precedenti nel senso di sostituire l'attuale dichiarazione di neutralità con quella di <<non belligeranza>>. Sono molto grato per le disposizioni prese dall'Italia in merito a Gibilterra il cui riscatto, indispensabile all'onore della Spagna, è una delle giuste aspirazioni nazionali, che aumenteranno le possibilità della Spagna a vantaggio del nostro comune avvenire in Europa. Cordialmente vi confermo che coglieremo tutte le occasioni per aiutarvi per quanto sarà in nostro potere. Coi migliori voti per il successo delle vostre armi vi invio il mio affettuoso saluto34.

Franco, infatti, cercava di guadagnare il più possibile da una sua eventuale dichiarazione di paese belligerante. Con questa intenzione, il 14 luglio, a seguito della sconfitta della Francia, le truppe spagnole occuparono Tangeri, nonostante ciò violasse apertamente gli accordi internazionali. Nel 1940 il generale Juan Vigón, capo dell'alto stato maggiore, paventò a Hitler la possibilità di un'entrata in guerra della Spagna in cambio dell'invio di rifornimenti, armi e viveri, oltre che dell'impegno a ottenere la cessione di Gibilterra, del Marocco francese e del territorio di Orano, una volta terminate le ostilità; ma il Fürher ovviamente disdegnò l'offerta. Il problema dell'entrata in guerra della Spagna si ripropose nei numerosi incontri che Franco e Serrano Suñer, divenuto ministro degli Esteri nel 1940, ebbero con Hitler e con Mussolini in quel periodo. Il Caudillo e il suo ministro insistettero con le stesse richieste, ma senza ottenere i risultati sperati. Fu sempre Suñer a proporre l'invio in Russia di una divisione di volontari, la División Azul, con il compito di combattere con i tedeschi sul fronte orientale. Questo gesto rappresentava in pratica la rottura della non belligeranza, anche se Franco si affrettò a dichiarare il doppio carattere della guerra: in quella che la Germania combatteva contro l'Unione Sovietica, la Spagna era belligerante contro il comunismo; in quella che opponeva le forze dell'Asse alle potenze occidentali, in particolare alla Gran Bretagna, la Spagna si manteneva neutrale. 34 Ibidem.

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L'entrata in guerra degli Stati Uniti, le crescenti difficoltà della Germania e dell'Italia, il vigore dell'offensiva alleata, cambiarono completamente le strategie del dittatore spagnolo. Serrano Suñer venne destituito da ogni incarico politico e al suo posto venne richiamato Jordana al ministero degli Esteri. La sconfitta del settore totalitario della Falange ebbe un'immediata ripercussione sulla politica estera. A partire da quel momento, infatti, la diplomazia spagnola diresse i suoi sforzi a stabilire legami con gli Stati Uniti; il presidente Roosevelt aveva garantito a Franco che lo sbarco nel Nord Africa non avrebbe messo in pericolo i possedimenti spagnoli a patto che la Spagna avesse mantenuto la sua estraneità al conflitto. Lo sbarco anglo-americano in Sicilia e la caduta di Mussolini, furono i due eventi utilizzati dal dittatore spagnolo per dichiarare di nuovo, nell'ottobre del 1943, il ritorno della Spagna alla neutralità. Il 2 maggio 1944 venne firmato con gli alleati un accordo economico; nel corso di tale incontro venne anche stabilito l'impegno a ridurre al minimo gli scambi commerciali con la Germania, a espellerne le spie dal suolo spagnolo e a chiudere i consolati tedeschi. Franco inoltre si rifiutò di riconosce il governo fascista di Salò, creato da Mussolini dopo la sua liberazione. Per quanto riguarda la politica interna, il dittatore spagnolo si affrettò a ribadire che il suo governo non era né fascista né nazista, ma esclusivamente spagnolo. Il carattere anticomunista della guerra e del regime veniva esaltato insieme al radicalismo del proprio cattolicesimo. Dal momento che nel resto d'Europa vi era stato il trionfo della democrazia, anche la Spagna cercò di presentarsi come una <<democrazia organica>>, con gli ideali di Dio, Patria e Giustizia35.

4.5 Il processo di defascistizzazione Nonostante gli sforzi fatti negli ultimi mesi della guerra mondiale per cercare di ottenere le simpatie degli alleati, Franco non ebbe grande successo, soprattutto per via della notevole contraddizione col regime dittatoriale che egli voleva mantenere in Spagna. Dopo la sconfitta dell'Asse si presentò la necessità di un processo di <<defascistizzazione>> al fine di evitare l'isolamento a cui il paese stava andando incontro da parte delle altre potenze europee. Nell'aprile del 1945, alla conferenza di San Francisco che stabilì le basi dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), i rappresentanti dello Stato spagnolo non furono ammessi, mentre parteciparono in via ufficiosa esponenti della Spagna repubblicana. Il 2 agosto 1945 venne respinta 35 Cfr. G.P. Dell'Acqua, op. cit., p. 53.

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ufficialmente l'adesione della Spagna all'ONU; nel febbraio del 1946 l'Assemblea delle Nazioni Unite condannò il regime; il 1° marzo la Francia chiuse le frontiere con la Spagna; il 12 dicembre dello stesso anno l'ONU adottò una risoluzione che prevedeva il ritiro degli ambasciatori dei paesi facenti parte di tale organizzazione dal suolo spagnolo. Solo l'Argentina di Juan Domingo Perón manifestò le proprie simpatie per il governo franchista, firmando, nel 1947, un accordo economico che permise al paese di salvarsi dalla carestia. Consapevole della propria debolezza, il Caudillo fu costretto a cercare una nuova forma di governo che apparisse più simile, almeno nella facciata, a quella dei paesi democratici vincitori della guerra mondiale, senza che essa influisse negativamente sul suo potere personale. Questo cambiamento di immagine portò all'ascesa dei cattolici, con la nomina del presidente dell'Azione cattolica Alberto Martín Artajo a ministro degli Esteri, nel luglio del 1945. Da quel momento, e fino al 1956-57, molti uomini del regime uscirono dall'Asociación Católica Nacional de Propagandistas (ACNP)36, nucleo selezionato di menti brillanti che indirizzarono la politica del governo di Madrid in quegli anni, tra i quali Joaquín Ruiz-Giménez, che il 20 luglio 1951 divenne ministro della Pubblica Istruzione. L'organizzazione assicurò fedeltà al dittatore e agli ideali anticomunisti, oltre che sensibilità per l'ambiente sociale e un discreto liberalismo. Artajo assunse il suo incarico all'indomani della promulgazione del Fuero de los Españoles, avvenuta il 18 luglio 1945, una sorta di dichiarazione dei diritti e dei doveri dei cittadini, che andavano dal diritto a un'educazione di base, a quelli per una giusta retribuzione, per l'assistenza e per la previdenza sociale. Un altro problema che Franco dovette affrontare al termine della seconda guerra mondiale fu il ripresentarsi della questione monarchica; già nel febbraio del 1944, don Juan di Borbone, uno dei pretendenti al trono di Spagna, inviò al generalissimo da Losanna una lettera nella quale evidenziava la necessità immediata della restaurazione della monarchia, vista con favore anche da un buon numero di generali. Il 19 marzo 1945, lo stesso Juan di Borbone rese pubblico un manifesto che rappresentava una sorta di ultimatum a Franco, la cui posizione a capo dello Stato era ritenuta illegittima. Il 26 luglio 1947, al termine di un referendum che lo aveva visto trionfare con oltre il 92 per cento dei votanti favorevoli, il Caudillo proclamò la Ley de Sucesión, che tra i vari punti dichiarava la Spagna un regno e Francisco Franco Bahamonde come capo dello Stato, affermando che il successore avrebbe dovuto essere maschio, spagnolo, aver compiuto trent'anni, professare la religione cattolica e possedere tutte le qualità necessarie per l'adempimento dei suoi compiti. La Spagna diventò così un regno senza re. L'anno successivo, dopo un incontro con Juan di Borbone, si 36 Cfr. G. Hermet, op. cit., p. 189.

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stabilì che il figlio Juan Carlos, di appena dieci anni, sarebbe stato il naturale successore di Franco; ma per via della Legge di successione egli non avrebbe potuto diventare re prima del 1968, quando il dittatore avrebbe avuto settantasei anni. Anche a seguito della guerra fredda, l'isolamento venne gradualmente superato: il 1° agosto 1950 gli americani concessero al governo spagnolo un credito di 25 milioni di dollari; il 17 novembre 1952 la Spagna venne ammessa all'Unesco; il 27 agosto e il 26 settembre 1953 vennero firmati rispettivamente un concordato con il Vaticano e un accordo commerciale con gli Stati Uniti; infine, il 14 dicembre 1955, la Spagna fu ammessa all'ONU, i cui paesi membri furono invitati a rimandare i loro ambasciatori a Madrid.

4.6 La soluzione tecnocratica e la decomposizione del regime Il fallimento della politica economica autarchica imposta dal regime, portò alla ricerca di riforme che miravano alla liberalizzazione del commercio estero, al rilancio dell'industria e al recupero del settore agrario. Ma dopo una prima fase di parziale crescita, nella seconda metà degli anni Cinquanta si verificò una nuova crisi economica. La figura del Caudillo come capo della nazione, padrone assoluto del potere e paladino della lotta contro il comunismo, iniziò a sgretolarsi quando la Spagna entrò in contatto con la realtà del capitalismo internazionale, ottenendo alcuni benefici economici. I giovani spagnoli abbandonarono le campagne per trasferirsi nelle grandi città e questo fatto portò a un incremento di mano d'opera a buon mercato, che garantì lo sviluppo dell'industria iberica e trasformò sostanzialmente la struttura sociale della Spagna. A partire dal 1957 vennero ammessi al governo i tecnocrati facenti parte dell'Opus Dei, fra i quali il <<segretario tecnico>>37 alla presidenza del consiglio Laureano López-Rodó e il ministro degli Esteri Gregorio López Bravo, con il compito di procedere a una riforma dell'amministrazione e all'apertura sempre più graduale a una liberalizzazione economica verso i paesi dell'Est europeo, compresa l'Unione Sovietica. Nel gennaio del 1958 le Cortes promulgarono la Legge sui principi fondamentali del Movimiento Nacional, nome con il quale veniva ora chiamata la Falange, che stabiliva l'inalterabilità di tali principi. Un anno dopo venne fondata l'ETA. 37 Cfr. G.P. Dell'Acqua, op. cit., p. 57.

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Franco sapeva ormai che il suo potere andava scemando sempre di più e che si stava avvicinando il momento di farsi da parte. Il 21 settembre 1967 egli nominò l'ammiraglio Luis Carrero Blanco, suo amico devoto, vicepresidente del governo. L'8 giugno 1973, per la prima volta dalla sua ascesa al potere, Francisco Franco rinunciò a una delle sue tre cariche (capo dello Stato, capo del governo e capo del Movimento) e, dopo la selezione fatta dal Consiglio del regno, nominò Carrero Blanco presidente del governo. La carica durò per poco perché lo stesso anno l'ammiraglio morì in un attentato rivendicato dall'ETA, contro la quale si era espresso in più di un'occasione. La dittatura era ormai agli sgoccioli; le dure repressioni erano la risposta alle rivendicazioni operaie e alle mobilitazioni nelle università e nei centri di cultura, mentre anche la Chiesa, un tempo forza portante del regime, prendeva ormai le distanze pubblicamente dal regime franchista. Nel frattempo acquistarono sempre più importanza i nazionalismi basco e catalano, con i gruppi più estremisti che incrementarono le loro azioni terroristiche. Nel 1974 Arias Navarro fu nominato presidente del governo. Lo stesso anno il Caudillo venne ricoverato in ospedale e la carica di capo dello Stato fu assunta a momentaneamente dal principe Juan Carlos. L'anno seguente Franco fece eseguire le ultime condanne a morte, suscitando profonde manifestazioni di protesta sia all'interno della Spagna che a livello internazionale. Il 1° ottobre, con un paese ormai sconquassato da ondate di scioperi e con l'opinione pubblica contraria, nel trentanovesimo anniversario della sua nomina a capo dello Stato, egli comparve per l'ultima volta in pubblico a Madrid, ormai stanco, spossato e con evidenti difficoltà nella respirazione. Alla fine di ottobre le sue condizioni peggiorarono notevolmente dopo l'ennesimo attacco di cuore. Il 5 novembre, Franco subì un nuovo intervento che si concluse con l'asportazione di gran parte dello stomaco; da quel momento venne tenuto in vita artificialmente con il supporto di macchinari specializzati. Alle 23.15 del 19 novembre 1975 vennero staccati i fili di quei macchinari e, nelle prime ore della mattina del giorno 20, Francisco Franco Bahamonde morì.

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Capitolo V Fascismo e franchismo: Due “totalitarismi imperfetti” a confronto 5.1 Le origini del fascismo spagnolo Tra i partiti di stampo fascista sviluppatisi in Europa nel periodo che va dalla prima alla seconda guerra mondiale, quello spagnolo fu senza dubbio il più longevo, poiché sopravvisse per circa quarantasei anni, dalla nascita della Juntas de Ofensiva Nacional Sindicalista (JONS) nel 1931, fino alla scomparsa del Movimiento Nacional nel 197738. Questa longevità fu però inversamente proporzionale alla sua reale forza; il Partito nazionale fascista (PNF) in Italia e il Partito nazionalsocialista tedesco diventarono due partiti di massa che ebbero molto seguito, cosa che non si può certo affermare per la Falange. Persino i partiti fascisti in Portogallo, Austria, Ungheria e Romania, ottennero risultati più soddisfacenti rispetto a quello spagnolo. Nelle tante denominazioni che furono date al franchismo (totalitarismo, caudillismo, autoritarismo, dittatura militare), si possono cogliere influenze di altre dittature, in particolar modo quella fascista italiana. Peculiarità del franchismo fu il suo manifestarsi durante la guerra civile che seguì il tentativo di alcuni generali di rovesciare il governo repubblicano uscito vincitore nelle elezioni del 1936. Ciò ne condizionò inevitabilmente istituzioni, orientamenti politici e gestione del potere. L'aiuto tedesco e soprattutto italiano furono determinanti nella vittoria dei nacionales ed ebbero probabilmente una certa influenza verso l'imitazione del modello fascista italiano e del Terzo Reich tedesco. La stessa Falange, l'organizzazione politica fondata nel 1933 da José Antonio Primo de 38 Testi di riferimento bibliografico per la stesura di questo capitolo sono stati: F. Lussana, L'Italia dalla Grande Guerra alla Liberazione (1915-1945), Carocci, Roma 2009; G. Di Febo, J. Santos, Il franchismo, Carocci, Roma 2003; E. Gentile, Le origini dell'ideologia fascista, (1918-1925), Il Mulino, Bologna 2001 (Iª ed. Laterza, RomaBari 1975); G. Hermet, Storia della Spagna nel Novecento, Il Mulino, Bologna 1999; S.G. Payne, Il fascismo, Newton & Compton, Roma 1999; S.G. Payne, Franco y José Antonio. El extraňo caso del fascismo espaňol, Planeta, Barcelona 1997; G. Di Febo, C. Natoli, Spagna anni Trenta. Società, cultura, istituzioni, Franco Angeli, Milano 1993; F. Gaeta, Democrazie e totalitarismi dalla prima alla seconda guerra mondiale (1918-1945), Il Mulino, Bologna 1989; R. Morodo, Los orígenes ideológicos del franquismo: Acción Española, Alianza, Madrid 1985; M. Pallottini, Cronaca e critica di una cultura: la Spagna di Francisco Franco, Pàtron, Bologna 1983.

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Rivera, divenne un canale di propaganda dell'ideologia fascista. La crisi politica però non riuscì a garantire un seguito importante per il fascismo spagnolo e fu necessaria una cruenta guerra civile per trasformare la Falange in un movimento di massa. Alcuni dei motivi della debolezza del fascismo in Spagna vennero analizzati, fra gli altri, dall'autore marxista Luis Araquistain, già nell'aprile del 1934:

En España no puede producirse un fascismo de tipo italiano o alemán. No existe un ejército desmovilizado, como en Italia; no existen cientos de miles de jóvenes universitarios sin futuro, ni millones de desempleados, como en Alemania. No existe un Mussolini, ni siquiera un Hitler; no existen ambiciones imperialistas, ni sentimientos de revancha, ni problemas de expansión, ni siquiera la cuestión judía. ¿A partir de qué ingredientes podría obtenerse el fascismo español? No puedo imaginar la receta39.

Nel suo articolo, Araquistain riuscì a mettere in evidenza alcune importanti differenze tra le cause che portarono alla nascita del regime franchista e quelle che invece offrirono la possibilità di sviluppo agli altri regimi fascisti. Inizialmente viene posto l'accento sull'assenza in Spagna di quella moltitudine di soldati che si erano riversati nelle campagne, come era avvenuto ad esempio in Italia, dopo la prima guerra mondiale. Sia in Italia che in Germania era vivo nei reduci di guerra un forte sentimento di rivincita per i grandi sacrifici effettuati sui fronti di combattimento. In Germania tale sentimento fu acuito dalle durissime condizioni punitive imposte con il trattato di Versailles alla Conferenza della pace di Parigi e dalle pesanti sanzioni economiche inflitte al paese ritenuto il maggiore responsabile del conflitto. Un altro fattore preso in esame da Araquistain fu la mancanza di un leader politico carismatico come lo erano Mussolini e Hitler, capaci di trascinare le folle con la loro abilità oratoria. Joaquín Maurín, contemporaneo di Araquistain, espresse ulteriori dubbi sulla possibilità di un vero fascismo in Spagna. Egli sosteneva che la dittatura di Primo de Rivera aveva fatto sì che il paese fosse contrario a qualsiasi forma di autoritarismo di destra; in Spagna, inoltre, al contrario di ciò che accadeva in Italia e in Germania, la gran parte della classe medio-bassa era democratica, la classe operaia non era attratta da questa nuova corrente ideologica e la borghesia industriale sembrava orientata verso i partiti di destra classici, più che verso un fascismo rivoluzionario. L'unico partito di massa di destra, la Confederación Española de Derechas Autónomas (CEDA), era cattolico e non propriamente fascista e il suo leader, Gil Robles, era anzi in realtà spaventato dal fascismo40. 39 L. Araquistain, articolo pubblicato nella rivista americana Foreign Affairs e riportato da Payne, Franco y José Antonio, cit., pp. 693-694. 40 Cfr. J. Maurín, Hacia la segunda revolución, Barcelona 1935.

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Queste analisi coeve sono state ampliate negli anni grazie al supporto di una retrospettiva storica comparativa. Per stabilire la reale forza del fascismo bisognerebbe tener conto di una serie di variabili culturali, politiche, sociali ed economiche internazionali, che hanno permesso o meno lo stabilizzarsi di questo movimento. In Spagna, per esempio, non vi fu un adeguato supporto da parte delle istituzioni culturali, né vi erano correnti preesistenti di nazionalismo. Anche il mondo artistico spagnolo appoggiava in modo molto tiepido il fascismo. Un altro fattore che ostacolò notevolmente lo sviluppo del fascismo spagnolo fu il ruolo storico dominante che la religione aveva in Spagna. Essa aveva da sempre rappresentato un ostacolo insormontabile a qualsiasi forma di nazionalismo e quando il fascismo iniziò ad acquisire importanza, venne inevitabilmente trasformato in un <<fascismo frailuno>>41, ossia in un fascismo monastico con chiare influenze religiose. Per quanto riguarda l'aspetto politico, sotto la Repubblica esisteva un sistema di partiti molto frammentato; non si poteva contare su una forma di nazionalismo sviluppatasi precedentemente con forza, mentre era maggiore rispetto agli altri paesi la minaccia della sinistra rivoluzionaria. Il movimento fascista in Spagna fu incapace di usufruire di veri alleati politici e di generare l'appoggio delle masse. Nel 1934 non mancavano gravi tensioni sociali, retroterra sul quale attecchirono i vari fascismi europei, però erano assenti altri aspetti. Per esempio, a differenza di quello che accadde in Italia, Germania, Ungheria o Romania, la mobilitazione di massa non produsse il rafforzamento del partito fascista, bensì la guerra civile. Anche la struttura economica ebbe il suo peso poiché, sebbene la grande crisi del 1929 colpì anche la Spagna producendo povertà e sofferenze, le cause di essa non vennero trovate in una questione di classe e non si manifestò quindi il desiderio di una <<nazione proletaria>>42 né una discriminazione verso lo straniero, che erano alla base delle culture politiche dell'Europa centrale e centro-orientale. Ma fra le tante cause che non permisero che in Spagna si sviluppasse un fascismo simile a quello tedesco e italiano, probabilmente la più importante fu la neutralità spagnola durante la prima guerra mondiale43. Questa scelta permise di evitare tutta la mobilitazione bellica, oltre che i principali problemi che si ebbero negli altri paesi dopo la guerra, come quello della mancanza di lavoro per i veterani di ritorno o i prolungati costi economici che gravarono sulle nazioni partecipanti. La combinazione di tutti questi fattori rese impossibile lo sviluppo nella destra di un 41 Payne, Franco y José Antonio, cit., p. 695. 42 Ivi, p. 696. 43 Ivi, pp. 697 e sgg.

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nazionalismo fascista rivoluzionario, sostituito da una reazione contro la minaccia interna della sinistra comunista.

5.2 Definizione di fascismo Tra i termini politici di maggiore importanza, la definizione di Fascismo è probabilmente la più complicata; la parola italiana fascio, in spagnolo haz o manojo, significa “fastello”, “unione”. Tuttavia il termine è stato usato più dagli oppositori in senso dispregiativo che non dai sostenitori stessi. Fascista è uno dei peggiorativi più utilizzati, normalmente con il senso di “violento”, “repressivo” o “dittatoriale”. Ma se il termine fascismo ha esclusivamente questo significato, anche i regimi comunisti dovrebbero essere classificati tra i più fascisti. È complicato fornire una definizione generica di fascismo, è necessario quindi cercare di descrivere le similitudini e le differenze tra i vari regimi. Nella voce “Fascismo” dell'Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, redatta da Emilio Gentile, uno dei più autorevoli studiosi contemporanei del fascismo e dei fascismi, sono presentati gli <<elementi costitutivi per una definizione orientativa del fascismo>> in una lista condensata in dieci punti bene articolati. Gentile definisce il fascismo come segue:

1) un movimento di massa, con aggregazione interclassista ma in cui prevalgono, nei quadri dirigenti e militanti, i ceti medi, in gran parte nuovi all'attività politica, organizzati in un partito milizia, che fonda la sua identità non sulla gerarchia sociale e la provenienza di classe, ma sul senso del cameratismo, si ritiene investito di una missione di rigenerazione nazionale, si considera in stato di guerra contro gli avversari politici e mira a conquistare il monopolio del potere politico, usando il terrore, la tattica parlamentare e il compromesso con i gruppi dirigenti, per creare un nuovo regime, distruggendo la democrazia parlamentare; 2) un'ideologia a carattere "antideologico" e pragmatico, che si proclama antimaterialista, antidividualista, antiliberale, antidemocratica, antimarxista, tendenzialmente populista e anticapitalista, espressa esteticamente più che teoricamente, attraverso un nuovo stile politico e attraverso miti, riti e simboli di una religione laica istituita in funzione del processo di acculturazione, di socializzazione e d'integrazione fideistica delle masse per la creazione di un "uomo nuovo"; 3) una cultura fondata sul pensiero mitico e sul senso tragico e attivistico della vita concepita come manifestazione della volontà di potenza, sul mito della giovinezza come artefice di storia, e sull'esaltazione della militarizzazione della politica come modello di vita e di organizzazione collettiva; 4) una concezione totalitaria del primato della politica, concepita come esperienza integrale, per realizzare la fusione dell'individuo e delle masse nell'unità organica e mistica della nazione, come comunità etnica e morale, adottando misure di discriminazione e di persecuzione contro coloro che sono considerati al di fuori di questa comunità perchè nemici del regime o perchè appartenenti a razze considerate inferiori o comunque pericolose per l'integrità della 53


nazione; 5) un'etica civile fondata sulla dedizione totale alla comunità nazionale, sulla disciplina, la virilità, il cameratismo, lo spirito guerriero; 6) un partito unico che ha il compito di provvedere alla difesa armata del regime, selezionare i quadri dirigenti e organizzare le masse nello Stato coinvolgendole in un processo di mobilitazione permanente, emotiva e fideistica; 7) un apparato di polizia che previene, controlla e reprime, anche con il ricorso al terrore organizzato, il dissenso e l'opposizione; 8) un sistema politico ordinato per gerarchie di funzioni nominate dall'alto e sovrastate dalla figura del "capo", investito di sacralità, che comanda, dirige e coordina le attività del partito e del regime; 9) un'organizzazione corporativa dell'economia che sopprime la libertà sindacale, amplifica la sfera di intervento dello Stato e mira a realizzare, secondo principi tecnocratici e solidaristici, la collaborazione dei "ceti produttori" sotto il controllo del regime, per il conseguimento dei suoi fini di potenza, ma preservando la proprietà privata e la divisione delle classi; 10) una politica estera ispirata al mito della potenza e della grandezza nazionale, con obiettivi di espansione imperialista44.

Stanley G. Payne, basandosi anche sulla definizione di Gentile, effettua una descrizione tipologica del fascismo:

A. Ideologie e scopi: Adesione a una filosofia idealista, vitalista e volontaristica, che normalmente contempla il tentativo di realizzare una nuova cultura moderna, autodeterminantesi e secolare. Creazione di un nuovo Stato nazionalista autoritario, non basato sui principi o modelli tradizionali. Organizzazione di una nuova struttura economica statale integrata, altamente regolamentata e multiclasse, che sia chiamata nazionalcorporativa, nazionalsocialista o nazionalsindacalista. Valutazione positiva e uso, o propensione all'impiego, della violenza e della guerra. Obiettivo l'impero, l'espansione o un cambiamento radicale nelle relazioni del paese con le altre potenze. B. Gli "anti" del fascismo: Antiliberalismo. Anticomunismo. Anticonservatorismo (seppure con l'intesa che i gruppi fascisti erano disponibili a intraprendere alleanze temporanee con altri settori, soprattutto con la destra). C. Stile e organizzazione: Tentativi di mobilitazione di massa con militarizzazione dello stile e dei rapporti politici, unitamente all'obiettivo di una milizia di partito di massa. Enfasi sulla struttura estetizzante dei raduni, dei simboli e della liturgia politica, atta a sottolineare gli aspetti mistici ed emotivi. Estremo rilievo al concetto di virilità e al predominio maschile, pur aderendo ad una visione della società fortemente organica. Esaltazione della giovinezza su tutte le altre fasi della vita, enfatizzando il conflitto generazionale, almeno nell'effettuare la trasformazione politica iniziale. Una tendenza specifica verso uno stile di comando autoritario, carismatico e personale, indipendente dal fatto che, all'inizio, il capo sia o meno in una certa misura elettivo45.

44 E. Gentile, Fascismo, in Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Appendice V, 1979-1992, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 1992. 45 Payne, Il fascismo, cit., p. 13.

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5.3 Analogie e differenze tra i regimi totalitari Con il termine totalitarismo si intende comunemente una forma di governo in cui lo Stato si impadronisce di tutte le strutture sociali e si infiltra in ogni aspetto della vita pubblica e privata per controllarla, utilizzando per questo scopo strumenti quali la propaganda e la pratica del terrore. Le ideologie totalitarie respingono come corrotto, immorale e irriformabile il modello sociale preesistente. Queste ideologie, appoggiate da campagne propagandistiche, pretendono un'adesione totale da parte del popolo. I regimi totalitari richiedono un'obbedienza assoluta a tutti i cittadini. All'interno di essi vi è una gerarchia molto rigida, in cima alla quale sta un solo partito politico e solitamente un solo leader. Una polizia segreta paramilitare si occupa di mantenere l'obbedienza; idee e informazioni vengono efficacemente organizzate controllando televisione, radio, stampa e istruzione a tutti i livelli. I totalitarismi novecenteschi (il nazionalsocialismo hitleriano, il fascismo italiano, lo stalinismo sovietico e il franchismo spagnolo) ebbero in comune il fatto di basarsi su un forte culto della personalità del dittatore e su un'economia pianificata a livello centrale. Presi singolarmente però manifestarono anche alcune caratteristiche peculiari che li differenziarono gli uni dagli altri46. Il franchismo si ispirava a forti valori nazionalistici e cattolici; la religione assunse un ruolo cruciale per la difesa dell'identità spagnola: il cristianesimo fu infatti l'unico credo ufficiale riconosciuto. Fondamentale fu la valorizzazione della cultura nazionale tradizionale: famiglia, Patria e Dio, furono queste le parole chiave del regime di Franco, i cui dirigenti erano tutti di estrazione militare. Tra i suoi caratteri distintivi, oltre a una ferrea autarchia (presente anche in Italia e in Germania, ma in modo molto più contenuto), si ebbe la fine delle libertà individuali e un regime anacronistico il cui obiettivo primario non era lo sviluppo economico, ma il mantenimento dell'ordine. Tuttavia, tra i vari regimi totalitari, il franchismo può essere considerato il meno assoluto. Il regime nazista, che presentava molte analogie con il fascismo, si caratterizzò soprattutto per l'ideologia sulla razza ariana e per la programmazione economica: fu, secondo molti storici, l'unico vero regime totalitario in Europa assieme alla Russia stalinista. L'obiettivo principale di Hitler fu quello di creare lo spazio vitale germanico ed egli si adoperò con tutti i mezzi militari, diplomatici, politici, economici e culturali per raggiungere questo fine. Una forte politica di sostegno alle imprese e la costruzione di opere pubbliche che abbattessero la disoccupazione furono 46 Per un'analisi sui totalitarismi cfr. F. Lussana, op. cit., pp. 166 e sgg.; K. Bracher, Il Novecento secolo delle ideologie, Laterza, Roma-Bari 1999; Payne, Il fascismo, cit.; F. Gaeta, op. cit.

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le pietre miliari della politica hitleriana. L'industria bellica assorbì gran parte dei lavoratori e la guerra diventò lo strumento per dare un senso all'intensa attività produttiva. L'appropriazione delle miniere e dei giacimenti renani e il controllo sulle imprese che operavano nei settori strategici del paese fece in modo che la Germania, in un'ottica di smodata militarizzazione, riuscisse a recuperare gli standard economici che caratterizzavano la situazione prima della guerra e a porsi come nazione di primo piano nello scacchiere europeo47. Lo stalinismo si basava principalmente sull'annullamento dell'iniziativa privata e sulla statalizzazione di qualsiasi settore produttivo. Lo Stato controllava ogni aspetto della vita sociale, culturale ed economica dei cittadini. L'impresa diventò una cooperativa sociale che doveva fornire allo Stato una parte notevole dei suoi ricavi. Lo Stato, inteso come insieme di cittadini, era sia il produttore che il compratore; le merci prodotte dalle industrie venivano infatti nazionalizzate, statalizzate, accentrate. La mancanza di concorrenzialità risultò deprimente per l'economia perché non riuscì a incentivare la produttività e lo sviluppo. La repressione, la persecuzione religiosa, il mantenimento dell'ordine e il controllo capillare di ogni ambito della vita privata e civile dei cittadini rappresentarono i tratti distintivi dello stalinismo sovietico48.

5.4 Fascismo e franchismo Il regime fascista e quello franchista, a differenza degli altri regimi totalitari, non riuscirono mai a esercitare un completo controllo sulle masse e sulla società poiché il loro potere era fortemente limitato da due importanti istituzioni: la Corona e la Chiesa. Per tali motivi, riferendosi a queste due dittature, si può parlare di totalitarismi <<imperfetti>> in quanto privi di alcune caratteristiche del modello totalitario49. 47 Sul nazionalsocialismo tedesco cfr. G. Galli (a cura di), Il "Mein Kampf" di Adolf Hitler. Le radici della barbarie nazista, Kaos edizioni, Milano 2006; Payne, Il fascismo, cit., pp. 159 e sgg.; G. Mosse, La nazionalizzazione delle masse, Il Mulino, Bologna 1975; H. Brenner, La politica culturale del nazismo, Bari 1965. 48 Sullo stalinismo cfr. F. Lussana, op. cit., pp. 171-172; S. Pons, A. Romano (eds.), Russia in the Age of Wars, 19141945, Feltrinelli, Milano 2000; S. Pons, Stalin e guerra inevitabile, 1936-1941, Einaudi, Torino 1995; F. Benvenuti, S. Pons, Il sistema di potere dello stalinismo. Partiti e Stato in Urss 1933-1953, Franco Angeli, Milano 1988; A. Agosti, La Terza Internazionale. Storia documentaria, Editori Riuniti, Roma 1974-79. 49 Per un'analisi sul fascismo italiano cfr. F. Lussana, op. cit., in particolare i capp. III, IV e V; E. Gentile, Fascismo, storia e interpretazione, Laterza, Roma-Bari 2007; G. Santomassimo, La terza via fascista. Il mito del corporativismo, Carocci, Roma 2006; G. Di Febo, R. Moro, Fascismo e franchismo. Relazioni, immagini, rappresentazioni, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005; Payne, Il fascismo, cit., pp. 91 e sgg.; Z. Sternhell, Nascita dell'ideologia fascista, Baldini & Castoldi, Milano 1993; N. Tranfaglia, Dallo Stato liberale al regime fascista. Problemi e ricerche, Feltrinelli, Milano 1981; Gentile, Le origini dell'ideologia fascista, cit.; R. De Felice, Le

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Il fascismo nacque come opposizione ai moti del biennio rosso e come garanzia di ordine dopo l'instabilità governativa che aveva caratterizzato i primi anni Venti. Come tutti i regimi di destra, ebbe un forte connotato nazionalista tuttavia, rispetto al franchismo e al nazismo si differenziò nel rapporto con la religione; essa per il franchismo era una componente fondamentale, mentre per il nazismo rappresentava un ostacolo all'unità culturale paganeggiante del popolo ariano. Per il fascismo la Chiesa era uno strumento per assicurare l'unità italiana e mantenere un legame forte con la tradizione, ma non diventò il motore portante della dittatura. Pur avendo ridotto al silenzio i vari partiti e le organizzazioni sociali e sindacali opposte al fascismo, Mussolini non riuscì a fare altrettanto con la Chiesa che, attraverso l'opera dell'Azione cattolica, svolgeva un ruolo importante nell'educazione giovanile. Non potendo sottomettere la Chiesa cattolica, il Duce cercò allora di trovare un accordo con essa: l'11 febbraio 1929 vennero sottoscritti a Roma da Benito Mussolini e dal segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Gasparri i Patti del Laterano, attraverso i quali, tra gli altri punti, si sanciva:

1) L'Italia riconosce e riafferma il principio consacrato nell'articolo I dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, pel quale la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato. 2) L'Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione nel mondo. 3) L'Italia riconosce alla Santa Sede la piena proprietà e la esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana del Vaticano, com'è attualmente costituito, con tutte le sue pertinenze e dotazioni, creandosi per tal modo la Città del Vaticano per gli speciali fini e con le modalità di cui al presente Trattato50.

In questo modo lo Stato lasciava alla Chiesa l'assoluta indipendenza all'interno dello Stato Vaticano e poneva finalmente fine all'annosa “questione romana”, ottenendo in cambio dal papa il riconoscimento del Regno d'Italia, avente come capitale Roma. Per supplire alla perdita dello Stato pontificio, lo Stato italiano si impegnava a versare alla Santa Sede un lauto indennizzo economico. Secondo lo storico Renzo De Felice, considerato uno dei principali interpreti del fascismo italiano, <<con i patti del Laterano, Mussolini conseguì un successo – forse il più vero e importante di tutta la sua carriera politica – che da un giorno all'altro ne aumentò il prestigio in tutto il mondo […] dopo tanti successi solo parziali, che avrebbero dovuto dare i loro frutti solo nel futuro […] la Conciliazione fu un successo reale>>51. Ma la pace fra Stato e Chiesa cattolica non durò molto visto che già fra il 1930 e il 1931, interpretazioni del fascismo, Laterza, Bari 1969. 50 La citazione è tratta da F. Lussana, op. cit., p. 126. 51 R. De Felice, Mussolini il fascista, II: L'organizzazione dello Stato fascista 1925-1929, Einaudi, Torino 1968, p.382.

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dopo un breve periodo di tregua a seguito dei Patti del Laterano, i giovani dell'Azione cattolica entrarono di nuovo in conflitto con i fascisti; fino a quando, il 29 maggio 1931, Mussolini proclamò l'illegalità di tutti i circoli giovanili cattolici e di tutte le federazioni studentesche. A distanza di un mese vi fu la risposta del pontefice che, attraverso una dura enciclica, fece una seria condanna contro le violenze fasciste subite dai circoli di Azione cattolica. Il fascismo incentivò la produzione agricola, cercò di superare l'improduttività del latifondo attraverso misure di sostegno alla piccola proprietà, combatté la mafia e l'opposizione parlamentare, si ingegnò in grandi opere pubbliche (costruzione di strade e di reti ferroviarie, opere di bonifica nelle zone paludose in particolare dell'Agro Pontino), favorì la nascita di nuovi centri urbani quali Littoria (l'attuale Latina), Sabaudia, Pomezia, Aprilia, Guidonia nel Lazio e Fertilia, Carbonia, Arborea in Sardegna. Come il nazismo, operò in modo da limitare la disoccupazione ma, a differenza di quanto accadde in Germania, non riuscì a garantire un miglioramento dei salari tale da rilanciare i consumi e quindi l'economia. Le imprese, organizzate in corporazioni, venivano controllate dallo Stato e dovevano rispettare determinati vincoli economici e sociali52. Per quanto riguarda la politica estera il regime fascista manifestò l'interesse di espandere le colonie africane, pensando all'Etiopia come a un naturale obiettivo da aggiungere all'Eritrea e alla Somalia53. La politica culturale imposta da Mussolini mirava a definire e consolidare l'ideologia del fascismo attraverso una continua propaganda, soprattutto grazie all'ausilio dei mezzi di informazione di massa come giornali, radio e cinema; nel 1924 nacque l'Istituto LUCE54, il cui scopo principale era quello di realizzare cinegiornali atti a promuovere la propaganda fascista; dagli anni Trenta essi vennero proiettati nelle sale cinematografiche prima della visione dei film. Sempre in quegli anni videro la luce rispettivamente l'Ente italiano audizioni radiofoniche (EIAR), nel 1928, il Centro sperimentale di cinematografia, nel 1935, e gli studi di Cinecittà, nel 1937. Uno dei principali artefici dell'organizzazione culturale del regime fu il filosofo Giovanni Gentile55 che, al pari di Benedetto Croce, fu un importante esponente della filosofia idealistica italiana. Egli cercò di creare una coscienza nazionale degli italiani promuovendo un'istruzione scolastica mirata e prestigiose istituzioni culturali. A Gentile, che cercava di liberarsi dal fanatismo ideologico puntando su una cultura orientata verso l'idealismo e lo storicismo, si deve anche la nascita di quella che può essere considerata forse la più importante tra le istituzioni culturali 52 Sulla politica economica del regime cfr. G. Toniolo, L'economia dell'Italia fascista, Laterza, Roma-Bari 1980; P.L. Ciocca, G. Toniolo (a cura di), L'economia italiana nel periodo fascista, Il Mulino, Bologna 1976. 53 Cfr. A. Del Boca, Gli italiani in Africa orientale. La conquista dell'impero, Laterza, Roma-Bari 1979. 54 Cfr. M. Argentieri, L'occhio del regime. Informazioni e propaganda nel cinema del fascismo, Vallecchi, Firenze 1979. 55 Sulla figura di Gentile cfr. F. Lussana, op. cit., pp. 135-142.

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italiane: l'Enciclopedia italiana dell'Istituto Giovanni Treccani, fondata nel 1925. Il fatto stesso che il regime appronti una vera e propria promozione culturale, sebbene finalizzata alla propaganda politica, ma comprendente anche voci fuori dal coro dei consensi come la rivista “Cinema” o il Centro sperimentale di cinematografia, legittima almeno in parte la definizione di “totalitarismo imperfetto” riferita anche alla sua politica culturale56. Oltre al ruolo attivo della Chiesa cattolica nell'educazione giovanile e alla parziale libertà concessa nel campo culturale, il terzo e decisivo ostacolo che spinse gli storici a definire “imperfetto” il totalitarismo italiano fu Vittorio Emanuele III che rappresentava la più alta carica istituzionale dello Stato. Il sovrano, almeno virtualmente, era il capo supremo dell'esercito e aveva soprattutto la possibilità, più teorica che reale, di poter concedere o revocare la nomina del capo del governo. Pur essendo in realtà un'istituzione puramente di facciata, come ampiamente dimostrato anche dal mancato intervento del re nell'ottobre del 1922 durante la “Marcia su Roma” che portò al potere Benito Mussolini, la Corona, con le sue prerogative e il suo potere formale, fu una delle peculiarità del fascismo italiano, che lo differenziò dai regimi totalitari assoluti di Hitler e Stalin57. Benché siano molte le differenze tra il franchismo e il fascismo, non si può non sottolinearne la comune matrice ideologica. Entrambi i regimi concepivano il corporativismo come unica forma di organizzazione di società fortemente gerarchiche, la soppressione di qualsiasi forma di pluralismo e soprattutto la presenza di un unico leader le cui decisioni erano incontestabili. Nel gennaio del 2001 è stato organizzato a Roma un importante incontro tra storici specialisti del fascismo italiano e del franchismo. Fra questi: Paul Preston, Javier Tusell, Giuliana di Febo, Emilio Gentile e Renato Moro. Nel convegno, dedicato a <<Fascismo e franchismo>>58, è stata presentata un'analisi comparata tra i diversi Stati autoritari e totalitari, cercando di metterne in evidenza analogie e differenze. Preston affermava che il Caudillo combattesse per la tradizione e che: <<attorno alla sua avventura totalitaria non vi fosse il consenso che ebbe invece Mussolini; per Franco esisteva una sola Spagna, l'altra metà era anti-Spagna>>. Nella sua comparazione fra i due dittatori lo storico proseguì sostenendo che Franco fosse molto più conservatore rispetto a Mussolini, poiché, ad esempio, in Spagna non ci furono correnti avanguardiste come il Futurismo, presenti invece in Italia durante il regime fascista. La destra iberica era di tipo tradizionale, legata alla conservazione e al ripristino degli antichi valori e, almeno all'inizio, il regime franchista non fu certo un regime di 56 Sulla politica culturale del regime cfr. F. Lussana, op. cit., pp. 134-148; Gentile, Le origini dell'ideologia fascista, cit.; G. Turi, Il fascismo e il consenso degli intellettuali, Il Mulino, Bologna 1980; L. Mangoni, L'interventismo della cultura. Intellettuali e riviste del fascismo, Laterza Roma-Bari 1974. 57 Cfr. F. Lussana, op. cit., pp. 123-124. 58 Convegno «Fascismo e franchismo», promosso da un gruppo di docenti dell'Università di Roma Tre, della Sapienza e dell'Uned di Madrid, Roma 19 gennaio 2001.

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massa. Pur tenendo presente la contiguità tra i due regimi, culminata con l'aiuto fascista durante la guerra civile spagnola, Preston evidenziò che Franco, a differenza del Duce, era per lo più un militare e che la sua propensione all’uso della forza provenisse dalla formazione ed educazione ricevute. La stessa Falange nacque dall'unione tra varie forze di destra e, a differenza del PNF, non ebbe correnti che rispecchiavano diversi punti di vista, come l'ala moderata di Grandi, Ciano e Bottai, ma fu totalmente sotto il controllo del Generalissimo. Secondo Emilio Gentile, già la Rivoluzione francese aveva <<sacralizzato>> entità come nazione, patria, razza, Stato, proletariato. Anche il fascismo concepiva la politica come una forma di militanza ideologica e di dedizione alla potenza dello Stato. “Stato, Partito e Duce” erano le tre parole d'ordine del regime di Mussolini. Il papa Pio XI arrivò a condannare il culto pagano dello Stato proprio del fascismo. Per quanto riguarda la Spagna franchista, il primato della religione cattolica non fu mai messo in discussione; ci fu una totale integrazione fra mondo cattolico e regime. A differenza del fascismo, il franchismo non si presentò mai come un’istituzione politica che rivendicasse una propria sacralità59. Essendo sopravvissuto più a lungo del fascismo e degli altri regimi totalitari, il franchismo dovette adattarsi a un nuovo contesto (politico, economico e culturale) internazionale. Abbandonare alcune caratteristiche tipiche del fascismo e del nazismo non volle però dire rinunciare completamente alla sostanza di un regime basato sulla violenza e sul terrore. Anche il corporativismo si rivelò come un metodo di controllo da parte dello Stato sui lavoratori poiché negava qualsiasi forma di protesta. Il sindacato franchista, così come quello fascista, non ebbe nessun potere se non quello di delineare il confine tra ciò che era consentito e quello che non lo era tra i sindacati nazionali e quelli di sinistra, sciolti non appena il Caudillo s'impadronì del governo. La dicotomia tra fascismo e democrazia fu in Spagna notevolmente più radicale e violenta di quanto fosse stata in Italia. Tre anni di guerra civile prima, e più di trent'anni di repressione poi fecero sì che gli spagnoli continuassero a vivere in un clima da guerra civile continuata. Il fascismo spagnolo finì solamente nel 1975 con la morte della sua guida, il Generalissimo Francisco Franco.

59 Cfr. E. Gentile, Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell'epoca dei fascismi, Feltrinelli, 2010; E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Laterza, 2005; P.G. Zunino, L'ideologia del fascismo: miti, credenze e valori nella stabilizzazione del regime, Il Mulino, Bologna 1995.

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Ringraziamenti Un

ringraziamento

particolare

alla

Prof.ssa

Lussana,

per

l'impareggiabile lavoro che ha permesso la realizzazione di questo progetto, alla Prof.ssa Landone per l'enorme disponibilità e alla Dott.ssa Galiñanes per il generoso aiuto fornitomi.

Una dedica speciale e doverosa ai miei genitori che mi hanno supportato con ogni mezzo, ad una ragazza speciale che ha creduto in me più di quanto, a volte, abbia saputo fare io stesso, a mia sorella Elena e a chi, lassù, potrà finalmente festeggiare per il risultato ottenuto.

A tutti voi io dico grazie.


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