Il concetto di critica nelle opere giovanili di Karl Marx

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A.D. MDLXII

U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ

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F ILOSOFIA

___________________________

CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA

IL CONCETTO DI CRITICA NELLE OPERE DI KARL MARX

Relatore: PROF. ANDREA VARGIU

Tesi di Laurea di: CLARA SPADA

ANNO ACCADEMICO 2010/2011


INDICE

INTRODUZIONE

2

LA BASE UMANISTICA DELLA CRITICA

6

IL PROGETTO CRITICO

6

IL PRESUPPOSTO DI OGNI CRITICA

9

CRITICA ALLA CONDIZIONE POLITICA DELLA GERMANIA

12

CRITICA ALLA FILOSOFIA E DIALETTICA HEGELIANA

18

ABBOZZO DELLA CRITICA ALL'ECONOMIA POLITICA NEI MANOSCRITTI

25

LA SVOLTA ANTIFEUERBACHIANA

31

IMPORTANZA DELL' ATTIVITA' PRATICO-CRITICA

32

L'IDEOLOGIA TEDESCA

40

L'ILLUSIONE IDEOLOGICA

41

DISCUSSIONE CRITICA DELLE TESI DEI GIOVANI HEGELIANI

46

CAPOVOLGIMENTO DEI PRINCIPI GIOVANI-HEGELIANI E ANNUNCIO DEL MATERIALISMO STORICO

51

SOCIETA' COMUNISTA E VISIONE SCIENTIFICA DELLA REALTA'

54

BIBLIOGRAFIA

59

1


INTRODUZIONE

Il concetto di critica deriva dal greco krino e significa “giudicare”, “dividere”(quando divido le cose tra di loro le giudico). Giudicare significa anche in un certo senso scegliere. Più precisamente critica significa quindi esame circostanziato di un fatto o di un'opera, valutazione dei suoi aspetti contenutistici e storici. Il termine “critica” è un termine ricorrente in tutta la tradizione filosofica. Certamente esso assume maggior rilevanza e ne viene fatto un ampio utilizzo nella filosofia moderna e contemporanea. In questo ambito la critica è il modo in cui la filosofia si rapporta alla cultura diffusa, al contesto sociale. Il termine “critica” è certamente molto diffuso nel SeicentoSettecento, dove vengono, appunto, superate le superstizioni, e dove chi formula la critica è il soggetto stesso. Uno dei filosofi che, probabilmente più di tutti, introdusse il concetto di critica moderno è senz'altro Kant, il quale sostenne che tutto doveva essere sottoposto alla critica, che nulla doveva essere sottratto ad essa e che quello sarebbe stato proprio il tempo 2


della critica. Tutto per Kant doveva essere sottoposto al tribunale della ragione, persino la ragione stessa. La critica doveva individuare i limiti della ragione umana. Egli criticò tutti quei tentativi di conoscere l'inconoscibile. Spesso però la filosofia è andata alla ricerca del “vero” o del “giusto” universale, senza applicare la propria critica ad un mondo storico determinato. “Il rapporto tradizionale tra filosofia e critica deve dunque essere modificato affinchè possa apparire qualcosa come una filosofia critica”.1 Karl Marx fin dalle prime opere assume la critica come metodo per le sue riflessioni filosofiche. La critica di Marx non si limiterà a voler conoscere il mondo, ma anche ad aspirare a qualcosa di meglio. Il mondo in questo caso viene conosciuto a partire da un punto di vista che vuole essere oggettivo, attraverso la ricostruzione storica della formazione sociale e del modello di produzione capitalistico. Per fare questo assumerà dunque una visione di parte. Il punto di vista che prenderà in carico Marx sarà la classe del proletariato, la quale rispecchierà i bisogni umani e condurrà, quindi, alla conoscenza del mondo reale. Le meditazioni marxiane si presentano come un grande tentativo di sottoporre al vaglio della critica l'intera società capitalistica, prendendo di 1 E. Renault, Marx e l'idea di critica, a cura di Maria Teresa Ricci, manifestolibri, Roma, 1999, p. 8

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mira i suoi vari aspetti, religioso, politico, economico ecc... Si può affermare che, in tutti i suoi vari aspetti, la sua risulta una critica della moderna società borghese volta al suo superamento. L'analisi marxiana si configura come un'analisi della società e della storia che indaga nell'unità organica delle manifestazioni della società. Il pensiero di Marx è caratterizzato dalla presenza di un ampio sistema di critiche, come la critica alla filosofia, in particolare a quella hegeliana e a quella dei giovani hegeliani, alla religione, alla politica, al socialismo utopistico e all'economia politica. La persistenza del tema della critica in tutte le fasi dei suoi lavori indica sicuramente l'idea di un preciso progetto teorico. Attraverso il percorso delle opere che vanno dal 1843 al 1846 si vedrà il criticismo di Marx configurarsi ed evolversi. Infatti, ad esempio, in un primo momento egli sarà portato ad identificare totalmente la filosofia con la critica e ad instaurare un legame indissolubile fra di esse. Successivamente, invece, lo si vedrà arrivare, fin dalle celebri undici tesi su Feuerbach, ad ipotizzare, come conseguenza necessaria del progetto critico, un'uscita dalla filosofia, ormai ritenuta inadeguata per una corretta conoscenza e trasformazione del reale. Questo lavoro seguirà le tappe principali dell'evoluzione intellettuale di Marx, attraverso l'analisi delle principali opere della sua giovinezza, per 4


evidenziare la centralitĂ del tema della critica, riconoscendone le rotture e le continuitĂ durante l'intero percorso.

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LA BASE UMANISTICA DELLA CRITICA Il concetto di critica è un concetto ricorrente in tutte le opere di Marx. In quelle che vanno, all'incirca, dal 1843 al 1846 esso viene esplicitamente tematizzato. Come sostiene Rancière2: “per tutto questo periodo è stato il concetto centrale del suo pensiero”.

IL PROGETTO CRITICO

Una primissima testimonianza dell'interesse di Marx verso la critica, come metodo da utilizzare per una scrupolosa ricostruzione della realtà sociale, nella quale emerge già il legame essenziale tra critica e storia, è una lettera a Ruge del settembre 1843. 3 In questa occasione Marx intende spiegare quali sono le motivazioni e le intenzioni che lo spingono alla pubblicazione degli Annali franco-tedeschi, sostenendo che il loro progetto, volendo rispondere ad un reale bisogno, deve innanzitutto realmente 2 J. Rancière Critica e critica dell'economia politica dai Manoscritti del 1844 al Capitale, a cura di Pier Aldo Rovatti, Milano, Feltrinelli, 1973, p. 25 3 K. Marx, Marx a Ruge, settembre 1843, in “opere”, a cura di Nicolao Merker, Editori Riuniti, Roma, Vol. III, 1976, pp. 153-157

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soddisfarlo; è possibile immediatamente notare il suo grande interesse per la realtà concreta. Il progetto critico è palesemente spiegato, sempre all'interno di questo

scritto,

con

le

seguenti

parole:

“...noi

non

anticipiamo

dogmaticamente il mondo, ma dalla critica del mondo vecchio vogliamo trovare quello nuovo...la critica spregiudicata di tutto ciò che esiste; spregiudicata nel senso che in generale la critica non si atterrisce di fronte ai suoi risultati e nemmeno di fronte al conflitto con le forze esistenti...noi dobbiamo cercare di venire in aiuto ai dogmatici, affinché rendano chiari a se stessi i loro principi”.4 Vi è come base del discorso un'antitesi tra il dogmatismo e il criticismo. Marx prospetta una riforma dell'atteggiamento degli uomini non mediante dogmi socialisti o dogmi derivanti dalle precedenti filosofie, ma mediante l'appropriazione della coscienza, una riforma della coscienza, una coscienza critica. Perciò secondo Renault 5 in questo momento l'oggetto immediato della critica sarà la coscienza e non il reale, nel senso che la critica interna della società dovrà prendere la forma di una critica interna dei discorsi tenuti su di essa. In ogni caso, Marx ritiene indispensabile fare oggetto della propria critica l'esistenza teorica dell'uomo, e quindi, la religione, la scienza, la 4 K. Marx, Lettera a Ruge, settembre 1843, op. cit., p.154 5 E. Renault, Marx e l'idea di critica, traduzione di Maria Teresa Ricci, Roma, Manifestolibri, 1999, p. 58

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politica, se si vuole fare presa sui propri contemporanei, ritenendo che: “come la religione è l'indice delle lotte teoriche degli uomini, lo stato politico lo è delle loro lotte pratiche”.6 Si può evidenziare come Marx desideri connettere la propria critica alla critica della politica, insistendo quindi su una partecipazione alla politica e alle lotte reali attraverso, appunto, una presa di coscienza concreta. Emerge sicuramente la teorizzazione di un forte legame tra filosofia e critica, tra critica e filosofia, laddove la prima, almeno in questo primo periodo giovanile marxiano, deve assumere la seconda come metodo indispensabile ad una lettura reale della condizione socio-politica contemporanea e delle conoscenze stabilite, sino a quel momento, su di essa. Fin da ora emerge l'importanza di analizzare le contraddizioni di un mondo al “rovescio” sia che si presenti sotto forma religiosa o politica - un tema, questo, che verrà ampiamente sviluppato nelle successive opere. Marx conclude la lettera con queste poche righe molto significative, racchiudendo l'intero senso del suo progetto critico: “Possiamo dunque riassumere la tendenza del nostro giornale con una sola parola: chiarificazione con se stesso (filosofia critica) del nostro tempo rispetto alle sue lotte ed ai suoi desideri. Questo è un lavoro per il mondo e per noi. Esso può essere soltanto l'opera di forze unite. Si tratta di una confessione e non 6 K. Marx, Lettera a Ruge settembre 1843, op. cit., p. 155

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d'altro. Per farsi perdonare i suoi peccati l'umanità non ha che da dichiararli per ciò che essi sono”.7 Critica quindi prima di tutto come spiegazione e comprensione. Marx aspira ad uno sviluppo della coscienza del tempo.

IL PRESUPPOSTO DI OGNI CRITICA

Il metodo critico, annunciato da Marx nella lettera del 1843, viene sviluppato e spiegato a partire da un'importante articolo pubblicato negli Annali franco-tedeschi: Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione.8 In questo scritto si può cogliere l'importanza per il giovane Marx di un legame tra critica filosofica e critica politica, teoria e pratica. Si coglie la necessità di costituire la filosofia come mezzo e guida per la prassi, una concezione molto rilevante in tutti i suoi lavori e che verrà inoltre, ampiamente ripresa e sviluppata, successivamente, nelle undici Tesi su Feuerbach.9 La trattazione inizia con una ripresa del concetto di alienazione, posto in relazione con la critica della religione già proposta da Feuerbach. 7 Ivi, pp. 156-157 8 K. Marx,Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, in “opere”, a cura di Nicolao Merker, Editori Riuniti, Roma, Vol. III, 1976, pp. 190-204 9 K. Marx, Tesi su Feuerbach, in “Opere”, a cura di Fausto Codino, Editori Riuniti, Roma, 1972, Vol. V, pp.3-5

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Marx, infatti, ritiene che la critica della religione sia il presupposto di ogni critica. Per questo, Renault, nella sua opera10, afferma che “la metodologia criticista si basa dunque sulla critica interna della filosofia di Feuerbach... Tutto il sistema delle critiche si basa sulla critica interna di Feuerbach”. Feuerbach, quindi, va assunto come punto di partenza. Un punto di partenza che ritroveremo anche nei Manoscritti11, e che verrà utilizzato per intraprendere una critica nei confronti dei giovani hegeliani. L'alienazione è un'inversione, una perdita di sé, una trasposizione di un reale in un ideale. La religione è quindi alienazione poiché pone la realizzazione di sé nei cieli e non nella terra, l'uomo ha una coscienza rovesciata di se stesso, esso si vede come qualcosa di distinto dalla sua essenza, oggettiva la propria essenza in un essere supremo al di sopra di lui. Per Marx, in realtà, la critica della religione è ormai giunta al suo compimento all'interno del pensiero filosofico tedesco, ed il fondamento a cui si è giunti è che: “l'uomo fa la religione, e non la religione l'uomo”. 12 La critica alla religione diviene dunque, presupposto di ogni critica, che tende a rendere l'uomo cosciente che ciò che gli s'impone come estraneo è una sua produzione. Per Marx però l'uomo non è un ente astratto, ma un essere inserito in un mondo. Lo Stato e la società in cui vive producono la 10 E. Renault, Marx e l'idea di critica, tr. it. M.T.Ricci, Roma, Manifestolibri,1999, pp. 80-81 11 K. Marx, Manoscritti economico-filosofici, a cura di Norberto Bobbio, Torino, Einaudi, 1978 12 K. Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, op. cit., p. 190

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religione che sarebbe una coscienza capovolta del mondo, perché essi sono un mondo capovolto. La religione è un prodotto alienato di società alienate. In un certo senso la religione funge da giustificazione morale della realtà contemporanea, del capitalismo: “...è la teoria generale di questo mondo..., la sua logica in forma popolare,...il suo solenne completamento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione”. 13 La guerra contro la religione sarebbe, quindi, la guerra contro quel mondo in cui la religione è solo un sostegno. Marx riconosce che le radici del fenomeno religioso non vanno cercate nell'uomo in quanto tale, ma in un tipo storico di società. Con la frase più celebre di questo scritto: “essa è l'oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale. L'esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l'esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni”14 Marx evidenzia il fatto che la religione non è altro che il prodotto di una società alienata e sofferente che cerca illusoriamente nell'aldilà ciò che non può avere sulla terra. Per questo, la semplice critica filosofica della religione non sarà sufficiente per poterla eliminare, sarà necessaria la trasformazione rivoluzionaria della società - in altri termini, la distruzione delle strutture sociali che la producono. 13 Ivi, p. 190 14 Ivi, p. 191

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In questo senso Marx afferma: “la critica del cielo si trasforma così nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica”.15 Un compito riservato alla filosofia, la quale deve stare al servizio della storia.

CRITICA ALLA CONDIZIONE POLITICA DELLA GERMANIA

L'introduzione prosegue con l'analisi e la critica della condizione politica della Germania, la critica del diritto e della politica in questo caso si traduce in questo. Il problema di fondo è l'arretratezza della Germania in tutti i campi tranne che in quello filosofico. Marx, alla fine dell'articolo, arriverà a prospettare una soluzione decisiva: una rivoluzione proletaria. Per l'autore, la critica della politica era indispensabile perché, ad esempio, in rapporto alla situazione francese, la Germania risultava ad un livello di arretratezza precedente alla rivoluzione del 1789. “Propriamente noi abbiamo infatti condiviso le restaurazioni dei popoli moderni, senza condividere le loro rivoluzioni. Abbiamo subito le restaurazioni, in primo luogo, perché altri popoli osarono una rivoluzione, e, in secondo luogo,

15 Ibid.

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perché altri popoli patirono una contro-rivoluzione”. 16 Allo stesso modo vuole comunque dimostrare che la soluzione per la Germania, come per gli altri stati moderni, non è la borghesia, la quale è stata costretta al compromesso con le forze del passato. Marx, attraverso la critica, dichiara “guerra” alle condizioni tedesche, la paragona ad un'arma che annienta e denuncia, una critica che “non si pone più come fine a se stessa, ma ormai soltanto come mezzo”. 17 Egli denuncia la situazione della società tedesca che appare divisa e frammentata in tante piccole classi che si contrastano l'una con l'altra e che dipendono l'una dall'altra, un popolo cieco rispetto alla sua oppressione. Da filosofo critico della società quale egli è, Marx ritiene che sia necessario “rendere ancora più oppressiva l'oppressione reale con l'aggiungervi la coscienza dell'oppressione... Bisogna insegnare al popolo ad avere orrore di se stesso per fargli coraggio”;18 questo significa che bisogna dare al popolo le giuste ragioni, le giuste basi da cui partire. Un ulteriore esempio dell'arretratezza della politica tedesca, viene proposto attraverso la politica dei dazi protettivi: mentre in Inghilterra e Francia si chiede la loro abolizione, per favorire il libero scambio per ogni attività economica, in Germania invece si fa esattamente il contrario, a 16 Ivi., pp. 191-192 17 Ibid. 18 Ivi, p. 193

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testimonianza del suo ritardo storico sul piano dell'organizzazione capitalistica dell'economia. “Un esempio sufficiente questo, della forma tedesca dei problemi moderni, un esempio di come la nostra storia, simile ad una recluta maldestra, sin qui abbia avuto soltanto il compito di esercitarsi a ripetere storie già vissute”.19 Per Marx grazie alla loro filosofia idealistica, i tedeschi hanno vissuto “la loro storia futura nel pensiero, nella filosofia.

Contemporanei

filosofici

del

presente

senza

esserne

contemporanei storici”.20 Infatti l'unica speranza della Germania stava nella sua filosofia politica che era molto progressiva: i tedeschi avevano “pensato ciò che gli altri popoli avevano fatto”, erano la loro coscienza teorica. Specialmente, per quanto riguarda la filosofia tedesca, secondo Marx quella “del diritto e dello Stato è l'unica storia tedesca che stia al pari col moderno presente ufficiale”. Ma dato che questa filosofia non può essere assunta così come ci viene offerta, perché idealistica, è necessario partire dalla sua critica per emancipare il popolo tedesco e concedergli la possibilità di una realizzazione storica contemporanea, che dovrà essere diversa da quella “ufficiale”. In definitiva i tedeschi hanno prodotto sul piano culturale una grande riflessione: la filosofia idealistica. Questa filosofia, anche se a volte, ha permesso loro di pensare la democrazia, la giustizia sociale ecc., è rimasta 19 Ivi, p. 195 20 Ibid.

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legata sempre e solo ad un livello di possibilità ideale, all'interno di astratte speculazioni dialettiche, non interessata realmente ad una possibile realizzazione nel concreto. Marx afferma che "il partito politico pratico, in Germania esige la negazione

della

filosofia",

perché

considera

gli

ideali

filosofici

irrealizzabili. Egli crede al contrario che per poter negare la filosofia sia indispensabile prima realizzarne i principi, poiché il meglio di sé il popolo tedesco l'ha dato nel pensiero e non nella realtà. Secondo Marx, il "partito politico teorico", costituito a sinistra della filosofia hegeliana, commette lo stesso sbaglio, ma in maniera capovolta. Infatti, pensa di poter cambiare la società tedesca utilizzando solamente l'arma della critica filosofica. Marx, invece, ritiene che questo non sia possibile perché la stessa filosofia è “il completamento, sia pure ideale” di quel mondo tedesco che sicuramente, secondo Marx, va superato. Dunque, per Marx “non si può realizzare la filosofia senza eliminarla”, ed eliminarla significa promuovere una prassi rivoluzionaria. Quindi è evidente che, per ottenere qualche risultato reale, la filosofia ha bisogno di una controparte pratica: “la critica della filosofia speculativa del diritto non si perde in se stessa, ma procede ad assolvere compiti per la cui soluzione esiste un unico mezzo: la prassi”21. Emerge il legame fondamentale tra teoria e pratica e 21 K. Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, op. cit. p. 197

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l'importanza di dare un fondamento teorico al popolo: “ l'arma della critica non può certamente sostituire la critica delle armi; la forza materiale dev'essere abbattuta dalla forza materiale; ma anche la teoria diviene una forza materiale, non appena si impadronisce delle masse”22. Marx propone, come esempio storico di emancipazione teorica, con un riscontro pratico, la Riforma: “come allora la rivoluzione ebbe inizio nel cervello del monaco, oggi essa ha inizio nel cervello del filosofo” 23, ritiene inoltre che come allora, la rivolta dei contadini s'imbatté contro la teologia, in quel momento lo status quo tedesco, si sarebbe infranto contro la filosofia. Come si è potuto rilevare, Marx prospetta, per la Germania, una rivoluzione. Questa però sarà possibile, secondo Marx, solo quando tutti i difetti della società saranno concentrati in un'unica classe, la quale rappresenterà la manifestazione della criminalità dell'intera società, in modo che la liberazione da questa, appaia come la “universale autoliberazione”; dall'altra parte dovrà esistere una classe che rappresenti la manifestazione dell'assoggettamento, perché possa assumere su di sé il compito della liberazione per eccellenza. Il problema sostanziale per Marx è che in realtà in Germania non esiste una classe che possa assumere nessuno dei due 22 Ibid. 23 K. Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, op. cit., p. 198

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ruoli, per mancanza di rigore e coraggio e perché sono caratterizzate da egoismi privati. Ognuna, “non appena inizia la lotta contro la classe che sta sopra di essa, è implicata nella lotta contro la classe che sta sotto di essa” 24. Marx intravede la soluzione in una classe, che sta al di fuori della società civile, perché in essa è concentrata l'intera ingiustizia umana, una sfera che non può emancipare se stessa senza emanciparsi da tutte le rimanenti sfere della società: il proletariato, il quale avrà il compito di compiere una rivoluzione radicale. Marx conclude affermando: “Come la filosofia trova nel proletariato le sue armi materiali, così il proletariato trova nella filosofia le sue armi spirituali, e non appena il lampo del pensiero sarà penetrato profondamente

in

questo

ingenuo

terreno

popolare,

si

compirà

l'emancipazione dei tedeschi a uomini...la testa di questa emancipazione è la filosofia, il suo cuore è il proletariato”25. Nell'intero scritto emerge la messa in opera del metodo che Marx aveva annunciato nel '43: con la critica del vecchio mondo egli cerca la soluzione per un nuovo mondo.

24 Ivi, p. 202 25 Ivi, pp. 203-204

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CRITICA ALLA FILOSOFIA E DIALETTICA HEGELIANA

Il capovolgimento del mondo che avviene con la religione, per Marx, avviene in un certo senso anche nella filosofia idealistica di Hegel, dove astratto e concreto vengono invertiti. Infatti, l'errore di Hegel viene definito “misticismo logico” in quanto egli capovolge il rapporto tra l'individuo concreto e l'universale astratto, riducendo il primo ad una manifestazione del secondo. Mentre, in realtà, come non è la religione che crea l'uomo, ma è l'uomo che crea la religione, così non è la costituzione che crea il popolo, ma il popolo stesso che crea la costituzione. Marx inizia ad affrontare concretamente la critica del sistema filosofico hegeliano nell'ultimo capitolo del terzo dei Manoscritti economico-filosofici del 184426, i quali, nel loro insieme, rappresentano il primo tentativo di Marx di sviluppare una critica dell'economia politica, che in questo contesto viene intesa nel senso di una critica della realtà sociale. In questi frammenti, dalla critica economica e filosofica, comincia a prendere corpo una compiuta teoria della società e della storia. Le prime parole significative di quest'opera si possono rintracciare già nella prefazione, dove Marx prima di tutto spiega da dove nasce 26 K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, a cura di Norberto Bobbio, Einaudi editore, Torino, 1978

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l'esigenza di tali riflessioni. Egli afferma di aver annunciato, negli Annali franco-tedeschi, la critica della scienza del diritto e dello stato sotto forma di una critica della filosofia di Hegel, ma di essersi scontrato con due problemi metodologici, prima di tutto sarebbe stato sconveniente, per lo svolgimento del lavoro e la sua successiva comprensione, confondere la critica di una determinata materia con la critica rivolta unicamente contro la speculazione, cioè sotto forma di una critica della filosofia, ad esempio del diritto. Inoltre, ritenne più utile esaminare i vari argomenti separatamente a causa della loro vastità, riservando ad un saggio finale il compito di fornire una conclusione giustificatrice del procedimento critico adottato come metodo, una sorta di visione di insieme che costituirà appunto il capitolo finale sulla critica della dialettica e in generale della filosofia di Hegel 27. Marx afferma la necessità di tale capitolo per poter esprimere la sua opposizione ai cosiddetti “teologi critici”, coloro che continuano a muoversi nell'ambito dell'hegelismo, perché non hanno saputo coglierne le reali contraddizioni, pur credendo di esserne fuori. Queste pagine segnano, da parte dell'autore, il distacco dai giovani

hegeliani e la giustificazione

teorica del nuovo anti hegelismo. L'unico legame, che ancora resiste in questa prefazione, è quello con Feuerbach, infatti Marx sostiene che “la critica positiva in generale, e 27 Ivi, pp. 158-188

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quindi anche la critica dell'economia politica in Germania, deve la sua vera fondazione alle scoperte di Feuerbach, per quanto contro le opere di questo scrittore,..., l'invidia meschina di alcuni e la vera e propria rabbia di altri sembri aver ordito una formale congiura del silenzio”28. Egli ritiene inoltre che gli scritti di Feuerbach siano gli unici, dopo la Fenomenologia e la Logica di Hegel, a contenere una effettiva rivoluzione teorica. Quindi in quest'opera Marx mira ad uno sviluppo e ad un approfondimento delle scoperte di Feuerbach più che ad una critica della sua filosofia. Infatti, gli elementi di critica contenuti e sottesi in questo approfondimento verranno riconosciuti ed esplicitati nelle successive undici tesi su Feuerbach del 1845. Alla fine dei tre Manoscritti, nel capitolo conclusivo, come si è accennato, Marx intende dare qualche indicazione sulla dialettica di Hegel, anche per una giustificazione e migliore comprensione di quanto si è detto fino a quel momento, e sulla situazione del movimento critico del tempo. Egli esordisce dicendo: “E' stato così forte l'interesse per il contenuto del vecchio mondo, e così violento lo sviluppo della moderna critica tedesca, per quanto impacciato dalla sua materia, che si è avuto un comportamento completamente acritico di fronte al metodo critico ed una completa incoscienza rispetto alla domanda, in parte formale, ma realmente 28 Ivi, p. 5

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essenziale: come dobbiamo comportarci con la dialettica hegeliana?” 29. In queste righe Marx si riferisce ai giovani hegeliani, come ad esempio Bruno Bauer, che in realtà sono ancora essenzialmente coinvolti all'interno della logica di Hegel. Nella loro stessa critica non vi è la consapevolezza del loro rapporto con la dialettica hegeliana. Ed anche dopo che Feuerbach gli ha mostrato la via, abbattendo la vecchia dialettica e la vecchia filosofia, non hanno minimamente espresso l'esigenza e la necessità di una discussione critica con la dialettica hegeliana, “la propria madre”. Da queste parole Feuerbach ancora una volta risulta l'unico contemplato da Marx in modo positivo, egli è l'unico che si pone in un rapporto serio e critico con la dialettica hegeliana, l'unico che ha fatto vere e proprie scoperte, “è il vero superatore della vecchia filosofia”30. Marx procede passando in rassegna i vari contributi che Feuerbach ha portato alla speculazione filosofica, come il fatto che la filosofia non è altro che la religione ridotta in pensieri, quindi una nuova estraniazione dell'essere umano, come la fondazione del materialismo, facendo del rapporto sociale fra uomini il principio fondamentale della teoria ecc. L'autore dei Manoscritti comincia a esaminare la dialettica hegeliana a partire dalle spiegazioni che fornisce Feuerbach: Hegel, attraverso il

29 Ivi, p. 158 30 Ivi, pp. 158-159

21


processo triadico,

prende le mosse dall'estraniazione (dall'infinito,

dall'universale astratto) della sostanza, val a dire dalla religione e dalla teologia. Prosegue sopprimendo l'infinito e ponendo il reale, il finito. In ultima istanza sopprime di nuovo il sensibile e pone di nuovo l'astrazione, l'infinito, ristabilimento della religione e della teologia. “Feuerbach intende quindi la negazione della negazione unicamente come la contraddizione della filosofia con se stessa, come la filosofia che afferma la teologia (trascendenza, ecc.) dopo averla negata, affermandola quindi in contrasto con se stessa”31. Marx quindi all'interno di questo capitolo dei Manoscritti intende innanzitutto individuare e spiegare la forma astratta della speculazione hegeliana e la sua forma critica, che però in Hegel non è ancora critica. Marx apprezza il metodo hegeliano che muove da determinazioni opposte, ma il difetto di tale metodo consiste nel determinare le opposizioni in modo puramente speculativo e ideologico. Secondo Marx infatti se si vuole utilizzare il principio dialettico è indispensabile concepirlo non come una dialettica di concetti o categorie ma come una contraddizione di forze materiali ed elementi empirici. Tali contraddizioni potranno essere superate esclusivamente con un atto pratico, cioè rivoluzionando il mondo contraddittorio e inumano prodotto dagli uomini. Anche in questo caso 31 Ivi, p. 161

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emerge il concetto di fondo, costante in ogni riflessione marxiana, della necessità di tradurre in un concreto impegno pratico le proprie concezioni filosofiche, che non devono essere una mera contemplazione del reale, ma un principio d'azione. La dialettica di Hegel è priva della funzione storica e consiste nell'esplicare un mondo capovolto, essa invece deve diventare un processo attivo in maniera che la storia cessi di essere un'azione immaginaria di soggetti immaginari. Nonostante Hegel abbia sottolineato l'importanza del lavoro, intendendo il suo processo dialettico in termini di alienazione e soppressione dell'alienazione, ed evidenziato la dialettica della negatività come principio motore, riduce l'individuo ad autocoscienza o spirito e parla dunque di essenza astratta anziché di uomo reale. Per questi motivi Marx può affermare che Hegel in sostanza si sia limitato a descrivere una storia ideale e astratta che si svolge esclusivamente nel puro pensiero e non presuppone interventi pratici sul mondo. Per Marx è importante capire che la speculazione filosofica non è alienante ma è essa stessa alienata. Essa si pone come legge alienata del suo mondo, tendendo ad una comprensione totale ed assoluta della realtà, attraverso la totale riduzione di essa in termini di solo pensiero. Il filosofo è 23


esso stesso una figura astratta dell'uomo estraniato, poiché appartiene al suo tempo che è quello appunto dell'alienazione reale, quello del dominio del rapporto di proprietà privata: “Così pure lo spirito filosofico non è altro che lo spirito estraniato del mondo, che pensa nell'ambito della propria estraniazione, cioè si comprende astrattamente”32. Marx individua un ulteriore rilevante errore da parte del filosofo idealista a partire dalla sua prima opera fondamentale, la Fenomenologia dello Spirito. Hegel in questo contesto concepisce la ricchezza, il potere statale ecc.., come enti resi estranei agli esseri umani, ma questo accade per Marx solo nella loro forma ideale, poiché sono appunto enti ideali, e quindi sono una estraniazione del pensiero filosofico puro, astratto. Hegel, inoltre, facendo del dato concreto una manifestazione necessaria dell'idea, pecca di conservatorismo poiché questa impostazione tende all'accettazione acritica dell'ordine vigente: tutto ciò che esiste è giusto perché razionale. “In Hegel la negazione della negazione non è pertanto la conferma dell'essere vero, raggiunta appunto mediante la negazione dell'essere apparente, ma è la conferma dell'essere apparente o dell'essere estraniato a se stesso nella sua negazione...”33

32 K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 164 33 Ivi, p. 177

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ABBOZZO DELLA CRITICA ALL'ECONOMIA POLITICA NEI MANOSCRITTI

Per quanto riguarda il metodo critico utilizzato nella stesura dei Manoscritti è importante dare uno sguardo anche ai capitoli interni dell'opera, i quali trattano prevalentemente i seguenti temi: l'alienazione del lavoro, preceduta da analisi sul capitale, salari e rendita, la proprietà privata e il comunismo, tratti dai libri che Marx leggeva in quel periodo. Marx, con una sorta di critica agli economisti del tempo, sintetizzò così le conclusioni a cui era giunto con le sue letture: “partendo dalla stessa economia politica, e valendoci delle sue stesse parole, abbiamo mostrato che l'operaio decade a merce, alla più misera delle merci, che la miseria dell'operaio sta in rapporto inverso con la potenza e la qualità della sua produzione...e tutta intera la società deve scindersi nelle due classi dei proprietari e degli operai senza proprietà”34. E ancora: “l'economia politica parte dal fatto della proprietà privata. Ma non ce la spiega. Coglie il processo materiale della proprietà privata quale si rivela nella realtà, ma lo coglie in formule generali, astratte, che hanno per essa il valore di leggi. Essa non comprende queste leggi, cioè non riflette in qual modo esse derivino dall'essenza della proprietà privata...L'economia politica non ci 34 K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 69

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insegna nulla sul fatto che queste circostanze esterne, apparentemente accidentali, sono null'altro che l'espressione di uno svolgimento necessario...Gli unici ingranaggi che l'economia politica mette in moto sono l'avidità di denaro e la guerra tra coloro che ne sono affetti, la concorrenza”35. In questi capitoli viene chiaramente ripreso il concetto di alienazione, così com'era stato presentato nelle precedenti opere, ed applicato alla condizione sociale-economica, al problema dei lavoratori salariati. Si parla di alienazione del proletariato, di lavoro alienato. Infatti l'operaio si estrania dall'oggetto che produce, si “oggettivizza”, non si riconosce in ciò che produce. Esso sta in rapporto al prodotto del suo lavoro come ad un oggetto estraneo che lo sovrasta ed è staccato da lui, che si oppone come un potere indipendente rispetto a chi l'ha prodotto. Si può dire che

l'oggetto

prodotto

dall'operaio

appare

come

l'oggettivazione

dell'essenza propria dell'uomo. E' dunque possibile giungere a tale contraddizione fondamentale grazie appunto all'elaborazione critica; inoltre Marx specifica: “l'economia politica nasconde l'estraniazione insita nell'essenza stessa del lavoro per il fatto che non considera il rapporto immediato esistente tra l'operaio (il lavoro) e la produzione”36.

35 Ivi, pp. 69-70 36 Ivi, p. 73

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Marx prosegue quindi individuando i rapporti tra lavoro alienato e proprietà privata: “il rapporto dell'operaio col lavoro pone in essere il rapporto del capitalista – o come altrimenti si voglia chiamare il padrone del lavoro – col lavoro. La proprietà privata è quindi il prodotto, il risultato, la conseguenza necessaria del lavoro alienato, del rapporto di estraneità che si stabilisce tra l'operaio, da un lato, e la natura e lui stesso dall'altro...Certamente abbiamo acquisito dall'economia il concetto di lavoro alienato traendolo dall'economia politica come risultato del movimento della proprietà privata. Ma con un'analisi di questo concetto si mostra che, anche se la proprietà privata appare come fondamento, la causa del lavoro alienato, essa ne è piuttosto la conseguenza; allo stesso modo che originariamente gli dei non sono la causa. Ma l'effetto dell'umano vaneggiamento. Successivamente questo rapporto si converte in un'azione reciproca”37. Nella seconda parte dei Manoscritti, Marx propone la sua soluzione al problema dell'alienazione: il comunismo. Questo comunismo prevede stadi diversi, il primo è definito da Marx “comunismo rozzo” in cui il dominio della proprietà sulle cose è talmente grande ai suoi occhi che esso vuole annientare tutto ciò che non è adatto ad essere posseduto da tutti come proprietà privata; è quasi la negazione di tutta la cultura e la civiltà. Il 37 Ivi, p. 83

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secondo stadio vuole conservare ancora lo stato, che sia di tipo dispotico o democratico, o perlomeno è ancora ossessionato dal concetto di proprietà privata. Il terzo e ultimo stadio è quello del comunismo vero e proprio, vi è la soppressione positiva della proprietà privata e quindi la reale appropriazione dell'uomo della sua essenza, vi è un ritorno dell'uomo per sé, come essere sociale, un umanismo e naturalismo giunti a compimento: “la vera risoluzione dell'antagonismo tra la natura e l'uomo, la vera risoluzione della contesa tra l'esistenza e l'essenza, tra l'oggettivazione e l'autoaffermazione, tra la libertà e la necessità, tra l'individuo e la specie. E' la soluzione dell'enigma della storia, ed è consapevole di essere questa soluzione”38. Si può dunque constatare che la critica ha come oggetto tanto la realtà quanto il discorso economico. Secondo Renault, 39tuttavia, Marx in questo scritto, piuttosto che condurre una conoscenza concreta della realtà sociale, si limita a portarne avanti un'interpretazione esteriore riducendola ai termini della filosofia di Feuerbach. E, per Renault, se questo poteva essere pertinente nel contesto della critica della filosofia, si mostrerebbe invece incapace di compiere la riforma prevista; egli ritiene di essere davanti ad una riduzione arbitraria del reale alle categorie filosofiche,

38 K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, op. cit., p. 111 39 E. Renault, Marx e l'idea di critica, op. cit.

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piuttosto che ad una negazione della filosofia, e pensa che siano state queste difficoltà a portare Marx ad abbandonare per un po' la critica dell'economia politica per riprendere la questione della critica della filosofia, come si vedrà approfondita e radicalizzata ad esempio nell'ideologia tedesca, nella quale inoltre, come si vedrà, Marx troverà la soluzione in una sorta di abbandono della filosofia a favore della scienza. Rancière40 invece si pone il problema di individuare il ruolo, la localizzazione dell'economia politica all'interno dei Manoscritti, che egli ritiene assente. Egli crede che non sia presente la costruzione

di una

struttura economica della società nel senso in cui la intenderà a partire dall'Ideologia tedesca. Essa non si presenta come alienazione fondamentale ottenuta per riduzione delle altre alienazioni, le quali si presentano come se fossero tutte allo stesso livello. Per Rancière, quindi, in questo primo momento l'economia politica, il diritto, la morale, la politica possono essere definite come sfere diverse dell'esperienza umana. Tuttavia Marx nel terzo Manoscritto affermerà che l'alienazione economica è quella della vita reale, mentre quella religiosa ha luogo solo nella coscienza, per cui la soppressione

dell'alienazione

economica

dovrebbe

implicare

la

soppressione di tutte le altre alienazioni. In questo caso l'economia copre

40 J. Rancière, Critica e critica dell'economia politica dai Manoscritti del 1844 al Capitale, op. cit.

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tutto il campo dell'esperienza umana. Per questo secondo Rancière la localizzazione dell'economia politica pecca in un caso per difetto, e nell'altro per eccesso. In ogni caso, ritiene che Marx non costituisca un dominio dell'economia politica e che all'interno dei Manoscritti non vi sia una critica dei concetti economici in quanto tali. Essi infatti sono validi all'interno dell'economia politica, ed esprimono in maniera adeguata i fatti: semplicemente non vengono compresi. L'economia politica assume la funzione di specchio nel quale si riflettono i fatti economici, la realtà economica, così come nello stato si riflettono le contraddizioni della società civile.

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LA SVOLTA ANTIFEUERBACHIANA

Nel 1845 il pensiero di Marx subisce un cambiamento attraverso la stesura delle undici Tesi su Feuerbach. Se, fino a quel momento, tutta la sua

riflessione filosofica e il suo metodo critico si basava su una ripresa delle teorizzazioni feuerbachiane, che fungevano sempre da sfondo, ora invece Marx segna la propria rottura con Feuerbach e con il suo “materialismo metafisico”. Egli, infatti, con le Tesi sottopone ad un esame critico il suo “culto di Feuerbach”. Questo breve scritto corrisponde sicuramente ad un momento molto significativo per la maturazione intellettuale del giovane Marx, viene in un certo senso completato il superamento di quel contesto filosofico giovanile, che in parte era ancora presente anche nei Manoscritti. Si noterà che non si esprimerà più in termini puramente speculativi, ma in termini estremamente realistici, per arrivare all'elaborazione di quel naturalismo o umanismo che si distingueva tanto dall'idealismo come dal materialismo. E' però indispensabile specificare che in questo contesto verrà annunciato e verranno poste le basi per il nuovo materialismo marxiano, il materialismo storico. 31


IMPORTANZA DELL' ATTIVITA' PRATICO-CRITICA

Nelle Tesi vengono affrontati temi molto importanti come il materialismo e l'idealismo, Hegel e Feuerbach, l'alienazione e la prassi, il conservatorismo e la rivoluzione. Le tesi ruotano attorno all'idea che il materialismo come filosofia non può limitarsi a stare sul piano dell'ontologia. Per Marx il materialismo passivo e contemplativo è quello dello status quo, quello che lascia le cose come stanno. Il vero materialismo è quello che riconosce che l'azione e la prassi stanno alla base della conoscenza. Solo attraverso l'azione umana il mondo acquisisce significato, poiché solo la pratica può dare un ruolo alla teoria. Questi concetti sono alla base del materialismo storico. L'aspirazione di fondo di questo breve scritto è il passare dalla filosofia come pura e semplice speculazione alla filosofia intesa come fonte del cambiamento, della rivoluzione. La prima tesi dice che: “il difetto d'ogni materialismo fino ad oggi (compreso quello di Feuerbach) è che l'oggetto, la realtà, la sensibilità, vengono concepiti solo sotto la forma dell'obbietto o dell'intuizione; ma non come attività sensibile umana, prassi; non soggettivamente. Di conseguenza il lato attivo fu sviluppato astrattamente, in opposizione al materialismo, dall'idealismo, - che naturalmente non conosce l'attività reale, sensibile in 32


quanto tale. - Feuerbach vuole oggetti sensibili, realmente distinti dagli oggetti del pensiero; ma egli non concepisce l'attività umana stessa come attività oggettiva... Egli non comprende, perciò, il significato dell'attività umana rivoluzionaria e pratico-critica”41. La critica di Marx, attraverso queste prime parole, è rivolta sicuramente al materialismo meccanicistico, metafisico e filosofico poiché questi hanno sempre considerato la realtà solo sotto forma di oggetto o di intuizione. La realtà è sempre stata concepita come un qualcosa di “dato” da contemplare filosoficamente o studiare tecnicamente, ignorando la parte sociale e il rapporto dialettico tra uomo e realtà oggettiva, materiale. L'autore, invece, crede in un materialismo “creativo”, un materialismo soggettivo, dove l'attività sensitiva umana, cioè la prassi, è in grado di modificare le cose, e quindi, la realtà. Si può notare come Marx attribuisca all'idealismo lo sviluppo del “lato attivo”, grazie anche alla scoperta della dialettica. Bisogna però ricordare che nell'idealismo questo avviene ancora in maniera astratta, infatti la sua attività resta circoscritta nell'ambito del puro pensiero. Marx apprezza, come si può aver notato in precedenza, il tentativo di Feuerbach di sorpassare l'idealismo, in particolare quello hegeliano, poiché quest'ultimo fa dipendere l'intera realtà dal pensiero ed è il pensiero che 41 K. Marx, Tesi su Feuerbach, op. cit., p. 3

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avrebbe il compito di conciliare le contraddizioni tra uomo e realtà. E' chiaro che invece per Marx le contraddizioni nella realtà restano, mentre vengono risolte solo nel pensiero. Egli, tuttavia, rimprovera Feuerbach per il fatto di non essere riuscito a cogliere una vera oggettività nell'attività umana stessa. Infatti, pur avendo teorizzato una separazione tra gli oggetti realmente sensibili e gli oggetti di pensiero, cioè riaffermato il primato della materia rispetto all'idea, egli ha comunque sviluppato il suo materialismo in modo teoretico ed intuitivo, ma non pratico. Marx, sopratutto in questo scritto, ritiene importante precisare che uno sviluppo pratico del materialismo implica un'attività pratico-critica e non solo critica, Feuerbach evidentemente non si è mai lasciato coinvolgere dall'attività sociale del suo tempo, ma solo da quella intellettuale. Nella seconda tesi emerge esplicitamente il primato attribuito alla prassi, essa è ritenuta criterio di verità, ma il concetto di fondo è sicuramente che la teoria e la prassi non sono momenti separati della conoscenza: “la questione se al pensiero umano spetti una verità oggettiva, non è questione teoretica bensì una questione pratica. Nella prassi l'uomo deve provare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere immanente del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non-realtà del pensiero – isolato dalla prassi – è una questione meramente scolastica” 42. La critica è efficace 42 Ibid.

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quando è anche trasformazione, la trasformazione non può che fondarsi sulla critica. Il cambiamento non può che essere radicale, rivoluzionario. Infatti anche il pensiero più astratto ha sempre una radice nella società, è sempre espressione di una classe sociale. Marx prosegue con la terza tesi affermando che vi è un processo di interazione fra uomo e ambiente sociale, l'uno e l'altro si trasformano e modificano, influenzandosi, contemporaneamente, a vicenda: “la dottrina materialistica della modificazione delle circostanze e dell'educazione dimentica che le circostanze sono modificate dagli uomini e che l'educatore stesso deve essere educato. Essa è costretta quindi a separare la società in due parti, delle quali l'una è sollevata al di sopra della società. La coincidenza del variare delle circostanze dell'attività umana, o autotrasformazione, può essere concepita o compresa razionalmente solo come prassi rivoluzionaria”43. Qui emerge la critica al socialismo “utopistico”, il cui materialismo cercava di creare un ambiente già socialista all'interno di una società ancora capitalistica, l'intento marxiano era, invece, il superamento dell'intera società borghese. Dalla quarta tesi alla settima Marx s'impegna a chiarire quali sono stati gli errori fondamentali di Feuerbach. Spiega come partendo dalle religione, fondamento da cui appunto Feuerbach prende le mosse, si può 43 Ivi, p. 4

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solo comprendere il rapporto tra alienazione pratica della società e illusione teoretica, determinata appunto dalla religione, ma non si può affatto superare l'alienazione pratica, dato che il suo superamento è possibile solo “praticamente”, quindi attraverso il modo rivoluzionario. In questo caso Marx non solo determina il suo distacco con Feuerbach, ma anche con tutti quei filosofi che credono di poter superare le contraddizioni della società semplicemente indirizzandosi verso l'ateismo. Egli, inoltre, ritiene che Feuerbach non accontentandosi del pensiero astratto, tuttalpiù è forse riuscito solo a cogliere l'intuizione sensibile, nel senso che la conoscenza passa appunto attraverso i sensi e che il pensiero non può agire distaccato da essi: “ma egli non concepisce la sensibilità come attività pratica umana sensibile”44. Feuerbach non ha saputo riconoscere il ruolo pratico e sociale di tale sensibilità, che non può essere ridotta esclusivamente alla funzione fisiologica. Secondo Marx il difetto maggiormente rilevante del materialismo Feuerbachiano è la concezione dell'uomo sotto forma di un ente astratto, perché totalmente isolato dal contesto sociale e dalla storia, un soggetto astorico. E' invece impensabile per l'autore una definizione univoca ed astratta di “uomo”, poiché esso è l'insieme dei rapporti sociali ed è quindi necessario tenere conto dell'ambiente in cui il singolo vive. 44 Ibid.

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Anche per quanto riguarda la genesi del fenomeno religioso viene proposta una visione diversa rispetto a quella di Feuerbach, che già si poteva intravedere nella precedente Introduzione Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Marx, infatti, non vede nella religione un prodotto della debolezza psicologica dell'uomo, ma un prodotto sociale di una determinata società: “Feuerbach non vede dunque che il sentimento religioso è esso stesso un prodotto sociale e che l'individuo astratto, che egli analizza, appartiene ad una forma sociale determinata” 45. In questo modo vengono poste le basi per un'analisi scientifica dell'alienazione religiosa partendo, appunto, dalle contraddizioni sociali, le quali hanno un ruolo importantissimo nell'ambito della conoscenza. Nell'ottava tesi viene riaffermato e ribadito il primato assoluto della prassi: “tutta la vita sociale è essenzialmente pratica. Tutti i misteri che trascinano la teoria verso il misticismo trovano la loro soluzione razionale nella prassi umana e nella comprensione di questa prassi” 46. Quindi nella prassi l'uomo si trasforma e trasforma l'ambiente circostante. Essa non è una definizione da acquisire teoricamente, ma il suo criterio di verità va continuamente verificato, appunto, “praticamente”. L'uomo può vivere la prassi solo vivendola, non può illudersi di viverla speculandoci sopra con l'astrazione del pensiero. 45 Ivi, p. 5 46 Ibid.

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Nelle tesi nove e dieci Marx afferma che restare nell'ambito del materialismo astratto significa giustificare ed accettare lo stato di cose presenti, quindi, la società borghese. Tale materialismo, infatti, non coglie le condizioni materiali della società civile-borghese, ma si limita ad una sua rappresentazione ideologica: “il punto più alto cui giunge il materialismo intuitivo, cioè il materialismo che non intende la sensibilità come attività pratica, è l'intuizione degli individui singoli e della società borghese”. 47 Questa critica potrebbe essere rivolta a tutti coloro che si limitano a fare discorsi ideologici, ad esempio sull'alienazione sociale, senza però impegnarsi attivamente a risolverla. L'autore delle Tesi propone una distinzione tra vecchio e nuovo materialismo, il compito di quest'ultimo dovrebbe essere svelare le contraddizioni della società borghese-capitalistica e mirare all'umanità sociale in cui si realizza la reciprocità di umano e sociale: “il punto di vista del vecchio materialismo è la società borghese, il punto di vista del materialismo nuovo è la società umana o l'umanità sociale”.48 L'ultima tesi, forse la più nota, è quella che in poche righe racchiude il senso di tutte le precedenti: “i filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo; si tratta di trasformarlo”. Marx intende ribadire che quello che conta non è tanto la sola teoria, quanto l'azione, l'azione 47 Ibid. 48 Ibid.

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rivoluzionaria. L'uomo non risolve i suoi problemi con la sola teoria, ma con un'azione criticamente illuminata. Insomma, la teoria deve servire alla pratica. Si può notare come in questo momento, quando si parla di rivoluzione non si parla ancora di un partito politico specifico che possa guidare il proletariato, piuttosto si pensa ad un moto spontaneo delle masse più oppresse, poiché sono ritenuti maturi i tempi per una tale rivoluzione. Riassumendo, alcuni elementi fondamentali presenti nelle Tesi, oltre il complessivo distacco da Feuerbach, sono il carattere sociale della prassi, il nesso indissolubile tra teoria e prassi, e la razionalità della prassi. Come si è visto, infatti, la teoria riesce a mettere a nudo contraddizioni che risolve praticamente. La critica è legata alla pratica sociale. Tutto è un prodotto storico, per questo è possibile la trasformazione. Sul piano teorico il giovane Marx è riuscito a fornire un'importante contributo e ad elaborare grandi riflessioni per l'aspirazione ad una trasformazione della società borghese. Purtroppo tali idee rivoluzionarie non sono riuscite a passare attraverso le masse. Come si vedrà le Tesi su Feuerbach, invece di essere la premessa per un immediato impegno pratico-politico, finiranno per essere la premessa involontaria dell'Ideologia Tedesca.

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L'IDEOLOGIA TEDESCA

L'Ideologia Tedesca, scritta nel 1845-46 da Marx ed Engels, all'interno di un contesto storico ricco di svariati scontri teorici, è un opera che fu dimenticata per parecchi anni, probabilmente per lo stesso volere degli autori, i quali non gli attribuirono un grande valore teorico. Un'opera frammentaria che vide la sua prima pubblicazione ottantasette anni dopo, nel 1932 in Unione Sovietica, in questa occasione gli venne inoltre attribuito l'attuale titolo, infatti, gli autori avevano preferito lasciarla senza alcun titolo. Essa nasce, appunto, da una collaborazione tra Marx ed Engels, i quali sentivano l'esigenza di tracciare una linea divisoria con la tradizione filosofica precedente, avevano deciso di documentare, in un lavoro comune, le loro critiche alla filosofia post-hegeliana e di gettare le basi della concezione materialistica della storia. L'Ideologia sarà la prima coerente e sistematica esposizione del materialismo storico, elaborata tramite una contrapposizione critica con la tradizione filosofica. Lo scopo di questo lavoro sarà quello di voler fare i conti con la propria anteriore coscienza filosofica (ideologica), come affermerà Marx più avanti. L'opera, infatti, si presenta prevalentemente come un ampio giudizio critico sulla sinistra hegeliana, in particolare su Feuerbach, Bauer e Stirner, comprende appunto quattro parti principali: una su Feuerbach, una su Bruno Bauer, una su Max 40


Stirner e una sui “veri socialisti”. La prima parte risulta certamente la più importante. Gli autori riprendono nell'Ideologia Tedesca la questione della critica alla filosofia. Si può dire che l'obiettivo finale della critica è rappresentato dall'idealismo hegeliano, affrontato ora sul terreno che gli è più peculiare, la concezione della storia. Viene infatti teorizzata esplicitamente in quest'opera la concezione del materialismo storico di Marx.

L'ILLUSIONE IDEOLOGICA

Secondo Renault: “Marx si applica all'elaborazione di una scienza della storia, che è di fatto una scienza del condizionamento economico della storia. Si tratta di una critica dell'economia nel senso del genitivo soggettivo: è dal punto di vista dell'economia politica che la critica è intrapresa. Criticare, questo è sempre l'obiettivo del discorso: criticare la realtà socio-politica e criticare la coscienza... La critica della coscienza si effettua nel quadro della elaborazione del concetto di ideologia... Marx cerca di mostrare come le idee e la coscienza derivano dalla materialità economica”.49 49 E. Renault, Marx e l'idea di critica, op. cit., pp. 93-94

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L'Ideologia Tedesca nasce come scritto propedeutico alla critica dell'economia politica e con un ruolo demitizzante rispetto alle concezioni tedesche ancora impregnate di metafisica e idealismo. Infatti per Marx non sarebbe stato possibile passare all'elaborazione della critica dell'economia politica senza aver prima chiuso i conti con la filosofia e il socialismo tedesco, ebbe quindi l'esigenza di un confronto con la tradizione filosofica e politica tedesca e con la loro “ideologia”. Per questo la maggior parte dell'opera si presenta come un'accesa demolizione dell'ideologia giovanehegeliana attraverso, appunto, una forte critica filosofica, in modo da confutare ogni posizione dei propri avversari filosofici. Allo stesso tempo, come si vedrà, fu anche lo scritto che maggiormente segnò una svolta, poiché delineò una nuova concezione della storia che univa in modo inscindibile la teoria con la prassi, questa volta, di un movimento organizzato. Per “ideologia” si intende una rappresentazione falsa o deformata della realtà, la lotta contro l'ideologia rappresenta uno degli scopi primari del marxismo. L'Ideologia Tedesca è strutturata attraverso l'antitesi tra l'illusione ideologica e la verità scientifica, in questo caso la filosofia viene identificata con l'ideologia, mentre Marx propenderà verso la scienza. Si può affermare che l'opera in questione dev'essere concepita come un'unica critica ai “miti” del pensiero, a cui fa seguito il tentativo di fondare una 42


scienza empirica che si rifà alla concretezza storica e materialistica, la quale si oppone ai pensieri disincarnati da ogni contesto empirico e sociale. A questo proposito è importante riportare le stesse parole degli autori dell'introduzione: “fino ad oggi, gli uomini si sono sempre fatti delle idee false su di sé e su ciò che essi sono o, alternativamente, su ciò che devono essere. Sulla base delle loro idee di Dio, dell'uomo normale, e così via, essi hanno gestito le loro relazioni. Essi, i creatori, hanno chinato il capo al cospetto delle loro creature. Affranchiamoli dalle loro chimere, dalle idee, dai dogmi, dagli enti generati dalla fantasia, sotto il cui giogo essi giacciono. Solleviamoci contro tale egemonia dei pensieri” 50. Da questo momento comincia la critica ai giovani hegeliani infatti lo scritto prosegue dicendo: “Insegniamo agli uomini a sostituire tali immaginazioni con pensieri che corrispondano all'essenza dell'uomo, sostiene uno; ad atteggiarsi criticamente contro di esse, afferma un altro; a cacciarle dalla testa esclama un terzo... Queste innocue e puerili fantasie costituiscono il cuore della moderna filosofia giovane hegeliana... Il primo tomo di questa pubblicazione si prefigge l'obiettivo di smascherare queste pecore che si fingono lupi, e che vengono ritenute tali, di mostrare come esse non facciano altro che seguire, con la filosofia in belati, le idee dei borghesi tedeschi... Questa pubblicazione si prefigge lo scopo di ridicolizzare e di 50 K. Marx, L'Ideologia Tedesca, a cura di Diego Fusaro, Bompiani, Milano, 2011, p. 321

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screditare la battaglia filosofica contro le ombre del reale, battaglia che ben si attaglia al popolo tedesco, sognatore e sonnacchioso” 51. L'ideologia viene ricondotta all'atteggiamento idealistico di tutti coloro che fanno valere una concezione della realtà trascurando la base materiale dalla quale scaturiscono le idee. Produttori di ideologia sono quindi sia Hegel, che avrebbe fatto scaturire la realtà dall'Idea, sia i giovani hegeliani, che vorrebbero cambiare il mondo mediante formule astratte, senza considerare i problemi nella loro concreta esistenza. Secondo tali concezioni ideologiche è la coscienza che determina la vita, e non viceversa. L' ideologia attua un capovolgimento del rapporto tra esistenza e pensiero, presentando un'immagine capovolta del mondo. Inoltre l'ideologia viene identificata anche come tutto ciò che non fa parte della struttura materiale dell'esistenza, come la religione, la filosofia, l'arte, la morale, la politica, ecc. Essa scaturisce dal modo di produzione vigente e per questo non può far altro che rispecchiarlo e giustificarlo, senza mai superarlo. E' in questo senso che Marx ed Engels affermano che la critica dei giovani hegeliani non è altro che: “lo specchio della miseria delle effettive condizioni tedesche”52. L'ideologia rispecchierebbe la produzione inconsapevole di teorie legittimanti l'assetto vigente: “le idee della classe egemonica sono, in ogni tempo, le idee egemoniche. Ciò significa che la 51 Ivi, p. 321 52 Ibid.

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classe che rappresenta la potenza materiale dominante della società è, al tempo stesso, la sua potenza spirituale dominante. La classe che detiene gli strumenti della produzione materiale detiene per ciò stesso, al contempo, gli strumenti della produzione intellettuale, e così nel complesso risultano ad esse sottomesse le idee di quanti sono privi degli strumenti della produzione intellettuale...”53 Quindi, in realtà, per Marx e Engels le idee, anche quelle più astratte, sono sempre situate all'interno di circoli di potere e di interessi materiali, e con il tempo vengono idealizzate e presentate come eterne e giuste. Si tratta di egemonia ideologica. Essi giungeranno alla conclusione che solo il proletariato, il quale è l'unico che non ha interessi economico-capitalistici da difendere, avrebbe la possibilità di cogliere, senza illusioni e mistificazioni, le contraddizioni del capitalismo ed arrivare ad abbatterlo. Esso produrrebbe l'unica critica e scienza possibile, l'unica aderente alla realtà, l'unica in grado di rigettare le idee dominanti.

53 Ivi, p. 391

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DISCUSSIONE CRITICA DELLE TESI DEI GIOVANI HEGELIANI

La critica nella prospettiva marxista vuole essere scienza e teoria dell'errore nello stesso tempo. Non intende spiegare solo il mondo, ma anche le teorie che spiegano falsamente il mondo. La critica rivolta alle tesi dei giovani hegeliani è rivolta a tutte quelle forme di sapere filosofico che inconsciamente sono tutte accomunate dall'assunzione di punti differenti del sistema hegeliano, e che quindi per Marx rimangono nell'ambito della cosiddetta “ideologia tedesca”: “fino ai suoi sforzi estremi, la critica tedesca non si è mai staccata dal terreno della filosofia. Tenendosi a debita distanza dall'investigare sui suoi presupposti filosofici generali, tutti i suoi problemi si sono anzi originati sul terreno di uno specifico sistema filosofico, quello hegeliano. Sussisteva una mistificazione non soltanto nelle risposte, bensì già negli stessi problemi. Tale dipendenza da Hegel è il motivo per cui nessuno di questi critici moderni ha nemmeno tentato una critica generale del sistema hegeliano, tanto è radicata, in ognuno di loro, la convinzione di essersi spinto al di là di Hegel. Il loro alterco con Hegel e tra di loro si limita al fatto che ognuno ricava un punto del sistema hegeliano e lo utilizza tanto contro il sistema nella sua interezza, quanto contro i punti che ne vengono ricavati dagli 46


altri”54. Ciò che i due autori rimproverano maggiormente ai giovani hegeliani è il fatto di avere intrapreso una critica limitata al piano ideale, alla dimensione delle idee, senza far presa sulla concreta realtà tedesca: “tutto questo si sarebbe verificato nel mero pensiero. Si tratta, non v'è dubbio, di un accadimento di rilievo: il processo di putrefazione dello spirito assoluto. Una volta che si spense l'ultima scintilla, le differenti componenti di tale caput mortuum cominciarono a decomporsi, diedero vita a inedite combinazioni e ne nacquero nuove sostanze”55. La critica ai giovani hegeliani, e sopratutto a Feuerbach, riprende molti temi delle Tesi su Feuerbach, come, ad esempio, il fatto che essi hanno ritenuto che l'unico vincolo dell'uomo consistesse nella dipendenza religiosa, e che quindi per raggiungere la propria indipendenza sarebbe bastato smascherare l'inversione avvenuta tra uomo e Dio. Per tali filosofi in ogni cosa vi è nascosta qualche idea religiosa o residuo teologico, finendo anch'essi per fondare un primato assoluto della religione: “da Strauss fino a Stirner, l'intera critica filosofica tedesca si risolve in critica delle raffigurazioni religiose... I Vecchi hegeliani avevano capito ogni cosa, non appena l'avevano riportata ad una categoria logica di Hegel. I Giovani hegeliani criticarono ogni cosa, scoprendovi idee religiose o etichettandola 54 K. Marx, L'ideologia tedesca, op. cit., pp. 325-327 55 Ivi, p. 323

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come teologica. I Giovani hegeliani si trovano d'accordo con i Vecchi hegeliani, poiché credono all'egemonia della religione, dei concetti, dell'universale nel mondo reale: con la sola differenza che gli uni si battono contro quell'egemonia intendendola come usurpazione, mentre gli altri la encomiano come legittima”56. E' proprio per questo ossessionante aspetto religioso che per tutta l'opera verrà etichettato ironicamente, ad esempio, Bruno Bauer come “San Bruno” e Max Stirner come “San Max”. I due autori dell'opera discutono anche in merito al metodo critico, per cui emerge l'importanza di un giusto e rigoroso utilizzo di una efficace e reale critica. La Sinistra hegeliana, infatti, si è illusa di far valere un istanza efficacemente “critica”, mentre invece si è limitata a far presa su un bersaglio polemico esclusivamente ideale. Il vantato metodo critico utilizzato da tali filosofi, viene definito ironicamente dai due autori “critica critica”, definizione che nasce all'interno di una loro precedente opera: La Sacra Famiglia. E' una designazione che continua ad essere ampiamente utilizzata anche all'interno dell'Ideologia tedesca, sopratutto nei capitoli riguardanti Bruno Bauer: “Il critico è un soggetto differente rispetto alla critica, e la critica è un soggetto differente rispetto al critico. Tale critica personificata, la critica quale soggetto, è esattamente la “critica critica” contro cui è scesa in campo la Heilige Familie... san Bruno si spinge fino al 56 Ivi, p. 327

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punto di “poterci” fornire una delle spiegazioni più acute della forza rovesciante della critica, ossia la spiegazione secondo cui “la critica e i critici detengono il potere nelle loro mani, poiché” (gran bel poiché!) “detengono la potenza nella loro coscienza”, e secondariamente che questi grandiosi produttori di storia “detengono il potere nelle loro mani”, poiché “ricavano la loro potenza da se stessi e dalla critica” (quindi ancora una volta da se stessi): laddove, purtroppo, non si è ancora provato che là dentro, in “se stessi”, nella “critica”, vi sia un qualche cosa da ricavare... Dal momento che ci svela il segreto che era nascosto ai nostri padri e precluso ai nostri nonni, vale a dire che “soltanto mediante l'atto della critica l'uomo è creato, e con ciò stesso gli uomini”, mentre fino ad oggi la critica era presa per un atto degli uomini preesistenti in virtù di altri atti totalmente differenti. Pertanto pare che lo stesso san Bruno sia giunto “nel mondo, dal mondo e al mondo" tramite la “critica”, ovvero tramite generatio aequivoca. Può tuttavia essere che tutto questo sia un'originale lettura del luogo della Genesi: e Adamo conobbe, id est criticò, sua moglie Eva, ed ella concepì, ecc.”57. In queste parole, oltre alla polemica verso la “critica critica” di Bauer e la divergente visione del concetto di critica, emerge chiaramente in opera il metodo critico utilizzato in questo contesto da Marx: parte dai testi filosofici dei suoi antagonisti per analizzarli, 57 K. Marx, L'Ideologia Tedesca, op. cit., pp. 499-501

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criticarli, confutarli e capovolgerli. Gli autori dell'Ideologia Tedesca, inoltre, criticano i maggiori esponenti della filosofia giovane-hegeliana a partire dalle critiche che essi si rivolgono a vicenda: “quest'uomo devoto (Bruno Bauer), ha l'impudenza di accusare

Feuerbach:

“dell'individuo,

dell'uomo

disumanizzato

del

cristianesimo, Feuerbach non ha fatto l'uomo, l'uomo vero (!) reale (!!) personale (!!!)... bensì l'uomo castrato, il servo”; e dunque ha l'ardire fra le altre cose di sostenere l'assurdità che lui, san Bruno, può fare uomini tramite la sua mente”58. E' possibile notare come la critica all'astrattismo presente nelle Tesi viene ripresa nella prima parte di quest'opera: “non vi è filosofo, tra loro, a cui sia passato per la testa di andare a cercare la relazione che sussiste tra la filosofia tedesca e la realtà tedesca, la relazione tra la loro critica e il loro proprio habitat materiale”59. Marx ed Engels portano avanti una feroce, ironica e beffarda critica della filosofia tradizionale perché rigorosamente incapace di trasformare il mondo. La sinistra hegeliana lotta solo contro le idee, e non contro il mondo che le produce. La vera liberazione dell'uomo deve essere necessariamente non una filosofia, ma un evento storico.

58 K. Marx, L'Ideologia Tedesca, op. cit., p.481 59 Ivi, p. 329

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CAPOVOLGIMENTO DEI PRINCIPI GIOVANI-HEGELIANI E ANNUNCIO DEL MATERIALISMO STORICO

Marx capovolgendo la visione idealistica dei giovani hegeliani pone anche le basi della concezione materialistica della storia; in questo senso si parla di un passaggio, da parte dell'autore, da una “ontologia della prassi”, annunciata nelle Tesi, ad una “ontologia della produzione” presente nell'Ideologia Tedesca. “Ciò che gli individui sono è legato alle condizioni materiali del loro produrre... Non è la coscienza a determinare l'esistenza, ma è, al contrario, l'esistenza a determinare la coscienza”. 60 Marx cerca di spiegare come le idee e la coscienza derivano dalla materialità economica. Gli uomini iniziarono a differenziarsi dagli animali “nel momento in cui iniziarono a produrre i loro mezzi di sostentamento, gli uomini producono in maniera indiretta la loro stessa esistenza materiale... Gli individui sono nel modo in cui oggettivano la loro esistenza” 61. Il lavoro dunque è creatore di civiltà e cultura ed è ciò che rende l'uomo tale. In ogni società vi sono le forze produttive ed i rapporti di produzione. Le forze produttive sono gli uomini che producono, il modo con cui producono ed i mezzi di cui si servono per produrre. I rapporti di produzione o di proprietà sono invece le relazioni che si formano tra gli uomini nei processi di produzione e che, in 60 L'Ideologia Tedesca, op. cit., pp. 333-345 61 Ivi, p. 331

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concreto, consistono nel possesso o meno dei mezzi di produzione (capitalisti-proletari). Le forze produttive e i rapporti di produzione costituiscono la struttura della società, che è definita dal modo di produrre e distribuire ricchezza, ossia dall'economia. Quindi l'economia è la struttura o la base della società, sopra cui vi sono molteplici sovrastrutture, che sono espressioni dipendenti dalla struttura economica stessa. In altri termini, è la struttura economica che determina le leggi di uno Stato, le forme artistiche, religiose ecc. e non viceversa. Le forze motrici della storia sono di natura materiale, cioè socio-economica e non spirituale-astratta. Gli autori dell'opera rimproverano ai giovani hegeliani il fatto di avere trascurato l'elemento materiale, poiché, al contrario di come essi pensavano, è da quest'ultimo che sorgono le forme coscienziali di una società, la religione, la politica, la filosofia, l'arte ecc..., e non viceversa. Per questo si parla di un nuovo materialismo, contrapposto a quello astorico teorizzato da Feuerbach. E' necessario partire dal terreno empirico degli individui, dalle loro relazioni, e non dalla sfera della coscienza. Partire dal reale per spiegare l'ideale e non viceversa: “i presupposti dai quali prendiamo le mosse non sono discrezionali, né dogmatici: sono presupposti effettivi, dai quali soltanto nell'immaginazione è possibile fare astrazione. Tali presupposti sono gli individui concreti, il loro agire e le loro condizioni materiali di esistenza, tanto quelle che essi hanno trovato come già 52


sussistenti, quanto quelle che hanno prodotto tramite il loro stesso agire. Pertanto, tali presupposti sono constatabili in maniera meramente empirica”62. Marx è consapevole del fatto che non è sufficiente la critica e la trasformazione delle forme di coscienza per mutare la realtà, è invece necessaria una prassi rivoluzionaria per trasformare essa e la sovrastruttura ideologica. Egli ritiene che la prassi: “perviene pure al traguardo per cui tutte quante le forme e i frutti della coscienza sono liquidabili non tramite la critica intellettuale, risolvendoli nell'“autocoscienza” o mutandoli in “spiriti”, in “spettri”, in “fantasmi”, e così via, bensì soltanto tramite il capovolgimento pratico delle relazioni sociali vigenti, da cui sono derivate tali cretinate idealistiche”63. Viene affermata definitivamente l'inseparabilità di materialismo storico e attività rivoluzionaria, prassi. E' stato possibile notare come la concezione materialistica della storia nasce non solo in contrapposizione all'idealismo dei giovani hegeliani, ma anche in polemica con il materialismo astorico di Feuerbach, il quale commette, secondo Marx ed Engels, principalmente due errori: si limita in un certo senso alla sola constatazione della realtà, ad una mera intuizione, tralasciando le implicazioni delle relazioni sociali reali storicamente determinate, come si è già potuto notare precedentemente, 62 K. Marx, L'Ideologia Tedesca, op. cit., p. 331 63 Ivi, p. 371

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parla di “uomo” e non di uomini e di individui concreti, ricadendo così nell'astrattismo; ha una visione della realtà statica e sempre identica non mutabile dall'azione storica degli uomini: “egli non si accorge di come la realtà sensibile circostante non sia un che di dato in maniera immediata dall'eternità, sempre identico a se stesso, bensì il frutto dell'industria e della situazioni sociali; e questo esattamente nel senso che è un esito storico, l'esito dell'operare di tutta quanta una sequenza di generazioni...”64

SOCIETA' COMUNISTA E VISIONE SCIENTIFICA DELLA REALTA'

Marx ed Engels, come avevano già annunciato, vedono nel proletariato l'unica classe, che, non essendo “annebbiata” da alcuna ideologia, è in grado di portare avanti l'attività rivoluzionaria. Nell'Ideologia Tedesca si spingono oltre ed abbozzano una propria visione di comunismo, una società comunista che dovrebbe sostituire totalmente quella vigente, cioè quella capitalistica. Essi ne presentano una visione quasi bucolica: “nella società comunista, nella quale ognuno non ha un ambito di attività esclusivo, bensì può progredire in qualsivoglia settore 64 K. Marx, L'Ideologia Tedesca, op. cit., p. 383

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secondo il suo capriccio, la società amministrativa la produzione generale e, proprio in questa maniera, ma dà la possibilità di fare oggi questa determinata cosa, domani quell'altra...”65 Si tratta della critica rivolta alla divisione del lavoro e alla settorializzazione dei mestieri, una società nella quale ogni individuo ha per tutta la vita un unico ruolo al quale non si può sottrarre. E ancora: “il comunismo si differenzia da tutti quanti i movimenti che sono esistiti fino ad oggi per il fatto che abbatte il fondamento di tutti i rapporti di produzione e le forme di produzione esistite fin qui, e per la prima volta nella storia tratta consapevolmente tutti i presupposti di natura a mo' di creazione degli uomini esistiti fino ad oggi, li priva del loro carattere naturale e li sottomette alla potenza dei soggetti individuali uniti”66. Un tema rilevante, che emerge nel corso dell'intera opera, è il tentativo di Marx di fondare un sapere “scientifico”, segnando così una sorta di rottura con la la filosofia. L'Ideologia Tedesca, segnerà così, una sorta di passaggio che condurrà alle successive riflessioni definite, della “maturità”. Viene palesemente annunciato il tentativo di abbandonare l'ambito della filosofia per prediligere, invece, una scienza reale e positiva della storia: “ dove viene meno la speculazione, là, nell'esistenza concreta, inizia di conseguenza la scienza reale e positiva, la rappresentazione dell'attività pratica, del pratico processo di dispiegamento degli uomini. 65 Ivi, p. 359 66 Ivi, p. 451

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Crollano gli asserti intorno alla coscienza e, in luogo di essi, deve subentrare la conoscenza effettiva. Grazie alla rappresentazione del reale, la filosofia indipendente smarrisce i suoi strumenti di esistenza... Il superamento di queste aporie risulta condizionato da presupposti che non possono affatto essere qui enucleati, ma che emergono esclusivamente dall'analisi del concreto processo di esistenza e di azione dei soggetti di ogni epoca”67. Per questo Marx ed Engels, oltre che delineare la struttura della nuova scienza materialistica, intendono anche spiegare le ragioni che portano al prodursi dell'ideologia in generale e dell'illusione filosofica, ed i motivi per i quali è necessario un loro capovolgimento. Essi affermano: “occorre accantonare la filosofia, occorre uscirne e impegnarsi, come individuo comune, a esaminare il reale, e per fare ciò vi è un'infinità di materiale, pure letterario, ovviamente ignoto ai filosofi; e se poi un bel giorno ci si imbatte in persone come Krummacher o Stirner, ci si rende conto di averli abbandonati da molto tempo dietro e sotto di sé. La filosofia e l'esame del mondo reale sono tra loro in relazione come l'onanismo e l'amore sessuale”68. La critica in questo caso sembra non voler essere più filosofia. Essa deve al contrario ricercare la verità in discorsi scientifici, che basano le loro pretese su dati empirici. Una critica storicizzata. Si parla spesso dell'abbandono reale o no della filosofia da parte di 67 K. Marx, L'Ideologia Tedesca, op. cit., p. 347 68 Ivi, p. 791

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Marx ed Engels nell'Ideologia Tedesca. Sicuramente si può parlare dell'Ideologia come di una cesura, infatti, mentre all'interno dei Manoscritti è ancora fortemente presente una forma di umanesimo, in essa vi è la vera entrata in scena della cosiddetta scienza della storia. In realtà, però, è possibile notare come la critica che i due autori rivolgono alla filosofia, in un certo senso, resterebbe, comunque, all'interno dell'ambito della speculazione filosofica. La critica indirizzata alla filosofia non può che essere filosofica, poiché essa è un prodotto filosofico. Quando si parla di contraddizione all'interno dell'opera ci si riferisce a questo. La critica con cui vengono ridicolizzati i propri antagonisti viene portata avanti attraverso strumenti estremamente filosofici. Sembra che in questo caso Marx proponga una “anti-filosofia in sé filosofica, una riproposizione della filosofia

in

nuove

sembianze”...

Marx

ed

Engels

sono

rimasti

inconsapevolmente prigionieri della forma mentis filosofica, e in particolare delle loro radici hegeliane. La loro più che una negazione della filosofia, si configura piuttosto come uno spostamento dei suoi presupposti, delle sue questioni e dei suoi obbiettivi”69. Nell'Ideologia tedesca emerge un discorso in bilico tra una non ancora scienza e una non più filosofia tradizionale. Come sostiene Etienne Balibar: “agli occhi di Marx la filosofia – quella che aveva imparato alla scuola della tradizione che va da Platone a 69 Vd. Den Boden der Philosophie verlassen? Sul concetto di filosofia, in “L'Ideologia Tedesca”, op. cit., pp. 164-165

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Hegel, includendovi anche i materialisti più o meno dissidenti, come Epicuro o Feuerbach – era per l'appunto solo un'impresa individuale di interpretazione del mondo. Cosa che portava, nel migliore dei casi, a lasciarlo così com'era, nel peggiore, a trasfigurarlo. Tuttavia, per quanto si opponesse alla forma e agli usi tradizionali del discorso filosofico, non v'è dubbio alcuno che egli stesso abbia intrecciato degli enunciati filosofici con le sue analisi storico-sociali e le sue proposte di azione politica”. 70 Si può affermare che Marx non sia riuscito a superare totalmente la filosofia in direzione della scienza ma che sicuramente, attraverso il suo metodo critico, mettendo in discussione l'essenza dell'attività filosofica, il metodo e i contenuti, ha portato dei cambiamenti irreversibili nella pratica della filosofia, aprendo sicuramente nuovi interrogativi e non mettendo dunque fine alla filosofia. “dopo Marx la filosofia non è stata più come prima”.71

70 E. Balibar, La filosofia di Marx, a cura di Andrea Catone, manifestolibri, Roma, 1994, p. 9 71 Ivi, p. 10

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BIBLIOGRAFIA

Karl, Marx, Marx a Ruge, in “Opere”, a cura di Nicolao Merker, Editori Riuniti, Roma, 1976, vol. III, pp. 153-157

Karl, Marx, Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione, in “Opere”, a cura di Nicolao Merker, Editori Riuniti, Roma, 1976, Vol. III, pp. 190-204

Karl, Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, a cura di Norberto Bobbio, Einaudi editore, Torino, 1978

Karl, Marx, Tesi su Feuerbach, in “Opere”, a cura di Fausto Codino, Editori Riuniti, Roma, 1972, Vol. V, pp. 3-5

Karl, Marx - Friedrich, Engels, L'ideologia tedesca, a cura di Diego Fusaro, Bompiani, Milano, 2011

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Jacques, Rancière, Critica e critica dell'economia politica dai “Manoscritti del 1844” al “Capitale”, a cura di Pier Aldo Rovatti, Feltrinelli, Milano, 1973

Emmanuel, Renault, Marx e l'idea di critica, a cura di Maria Teresa Ricci, Manifestolibri, Roma, 1999

Etienne, Balibar, La filosofia di Marx, a cura di Andrea Catone, Manifestolibri, Roma, 1994

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