A.D. MDLXII
U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ
DI
M EDICINA
E
C HIRURGIA
___________________________
CORSO
DI
LAUREA
IN
MEDICINA
E
C HI R U R GI A
CATTEDRA DI MALATTIE DELL’APPARATO CARDIOVASCOLARE
CONFRONTO TRA BIOMARCATORI DI DANNO D’ORGANO SUBCLINICO IN SOGGETTI CON FATTORI DI RISCHIO PER MALATTIA ATEROSCLEROTICA
Relatore: CHIAR.MO PROF. ANTONELLO GANAU
Correlatore: DOTT.SSA SILVIA DENTI
Tesi di Laurea di: EMILIO SORO
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
A Babbo e Mamma, che mi hanno insegnato a “camminare” da solo
A Francesco Distefano, che mi insegnò la passione per le cose difficili
Ai miei “nemici”, che hanno reso il viaggio per arrivare a questo traguardo molto più emozionante del traguardo stesso
INDICE INTRODUZIONE
3
OBIETTIVI DELLO STUDIO
17
MATERIALI E METODI
18
Casistica
18
Calcolo del rischio cardiovascolare globale
20
Diagnosi di Sindrome Metabolica
21
Valutazione della malattia cardiovascolare preclinica
22
-Ultrasonografia cardiaca
22
-Ultrasonografia carotidea
23
-Velocità di trasmissione dell’onda sfigmica
24
-Tonometria carotidea e parametri di riflessione dell’onda pressoria
25
-Calcolo dello score tonometrico
29
-Analisi statistica
30
RISULTATI
31
DISCUSSIONE
46
CONCLUSIONI
52
BIBLIOGRAFIA
54
2
INTRODUZIONE
Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte nel mondo e attualmente le società scientifiche internazionali identificano nella prevenzione cardiovascolare uno degli obiettivi strategici fondamentali(1). Nei paesi industrializzati la cardiopatia ischemica si trova al primo posto tra le cause di morte, con il 17% delle morti totali, seguita dalla patologia cerebrovascolare che rappresenta il 10%, i tumori broncopolmonari il 6% e le infezioni delle basse vie respiratorie al 4%. Sino a poco tempo fa si pensava che le malattie cardiovascolari fossero delle patologie proprie dei paesi industrializzati, in realtà sappiamo oggi che l’80% della mortalità per queste malattie si verifica nei paesi a reddito medio basso. Infatti anche in questi paesi la cardiopatia ischemica è diventata la prima causa di morte (12% delle morti totali)seguita dalla malattia cerebrovascolare (10%), le infezioni delle basse vie respiratorie (7%) e l’AIDS (5%) (2). In totale le malattie cardiovascolari costituiscono il 30% delle cause di morte nel mondo, un dato che giustifica la definizione di pandemia cardiovascolare. Per capire le proporzioni del problema basti pensare che, secondo una stima dell’American Heart Association, ogni anno 1,2 milioni di Americani vengono colpiti da un evento coronarico acuto (circa 1 evento ogni 30 secondi e una morte
3
ogni minuto) e 700000 sviluppano un ictus (un evento ogni 45 secondi e una morte ogni 3 minuti) (3). Questi eventi sono nella maggior parte dei casi legati alla malattia aterosclerotica: un processo degenerativo multifattoriale che si sviluppa a carico della parete delle arterie di grosso e medio calibro e che rappresenta il punto di convergenza finale dei diversi processi fisiopatologici che causano il danno vascolare. La
lesione
anatomo-patologica
fondamentale
è
rappresentata dall’ateroma o placca, una deposizione rilevata, focale e fibroadiposa della parete arteriosa. L’ateroma è costituito da un centro (o core) composto prevalentemente da lipidi, matrice extracellulare e da una componente cellulare (cellule muscolari lisce, macrofagi, linfociti), rivestito da un cappuccio fibroso. Tradizionalmente l’aterosclerosi era considerata una
malattia caratterizzata
esclusivamente da un lento accumulo di lipidi nel contesto della parete arteriosa,causato da una loro concentrazione eccessiva nel sangue, mentre le arterie venivano considerate dei condotti passivi. Attualmente questo modo di vedere la patogenesi è considerato semplicistico e incompleto in quanto sappiamo che la parete arteriosa non possiede un ruolo passivo ma, al contrario, è una struttura complessa che partecipa attivamente al processo aterosclerotico attraverso una serie di specifiche risposte cellulari e molecolari, favorendo lo sviluppo dell’infiammazione, la quale gioca un ruolo chiave in tutti gli stadi di sviluppo dell’aterosclerosi, dalla formazione della lesione iniziale, allo sviluppo della placca, fino alla sua complicanza
4
(erosione,fessurazione,ulcerazione) con conseguente formazione di un trombo intravascolare(4). E’ proprio il trombo che, causando una improvvisa ostruzione al flusso ematico, si rende responsabile delle conseguenze più gravi e temibili dell’aterosclerosi, come l’infarto miocardico e l’ictus cerebrale. Il primo gradino del processo fisiopatologico della malattia è rappresentato dall’insulto contro le cellule endoteliali. Tra i fattori che causano questo danno sono presenti l’ipertensione arteriosa, i radicali liberi che si formano a causa del fumo della sigaretta, alti livelli ematici di LDL, bassi livelli di HDL, livelli ematici di omocisteina superiori alla norma, lipoproteine chimicamente modificate. A seguito di questo danno aumenta l’adesività e la permeabilità dell’endotelio a monociti e linfociti, che attraversano l’endotelio, e aumenta inoltre la permeabilità locale alle lipoproteine. Una volta giunti nello spazio sottoendoteliale i monociti si trasformano in macrofagi, si moltiplicano ed esprimendo recettori per le LDL modificate dallo stress ossidativo, in seguito fagocitano le LDL trasformandosi in cellule schiumose. La lesione a questo stadio è la cosiddetta stria lipidica, di frequente riscontro autoptico anche nei soggetti giovani e potenzialmente reversibile, appare macroscopicamente come una stria giallastra sulla superficie della tonaca intima. Tuttavia la continua produzione, da parte dei macrofagi, di citochine, fattori di crescita e radicali liberi porta ad una continuo rinnovamento della risposta infiammatoria con stimolazione della proliferazione delle cellule muscolari lisce e
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deposizione di tessuto fibroso che esita nella formazione della placca conclamata, costituita da un cappuccio fibroso che sottende un core di lipidi e tessuto necrotico. Le piastrine aderiscono all’endotelio
danneggiato e vengono attivate, con
aumento del rischio trombotico e incremento del processo infiammatorio locale. La malattia presenta clinicamente un evoluzione tipicamente “silenziosa”, poiché tende a rimanere del tutto asintomatica per molti anni per poi manifestarsi quando la lesione è già in una fase irreversibile o addirittura con un evento acuto che si sviluppa come primo segno della malattia(5). La grande importanza della prevenzione cardiovascolare deriva proprio dal fatto che le manifestazioni cliniche della malattia rappresentano un segnale d’allarme assolutamente tardivo, svelando un processo patogenetico che è attivo già da diversi anni e non è più reversibile. È quindi fondamentale intervenire in una fase iniziale della malattia, quando ancora la lesione anatomo-patologica non è iniziata o comunque è suscettibile di correzione. L’identificazione delle persone a rischio cardiovascolare elevato è quindi uno degli obiettivi principali della prevenzione primaria individuale e costituisce la premessa necessaria per l’attivazione di azioni finalizzate alla riduzione dei fattori di rischio modificabili (ipertensione arteriosa, dislipidemia, diabete mellito e fumo di sigaretta),dal cambiamento dello stile di vita all’intervento farmacologico. Accanto ai fattori di rischio modificabili ne esistono altri sui quali non possiamo intervenire (età, sesso maschile e familiarità).
6
E’ ormai assodato che i fattori di rischio convenzionali sono predittori indipendenti del rischio di eventi cardiovascolari e che il loro controllo riduce in misura variabile l’incidenza degli eventi maggiori(6). Attualmente il concetto dei fattori di rischio è considerato sufficientemente ben provato da giustificare le raccomandazioni sul trattamento dell’ipertensione e dell’ipercolesterolemia(7,8). Alla fine degli anni ‘80 le linee guida sulla prevenzione primaria si fondavano sul trattamento del singolo fattore di rischio mentre negli anni più recenti l’attenzione è stata rivolta al rischio cardiovascolare globale assoluto, poiché quest’ultimo rappresenta un predittore più forte rispetto alla somma dei singoli fattori di rischio. Per identificare gli individui ad elevata probabilità di essere colpiti da malattia si utilizzano quindi funzioni di rischio derivate da studi longitudinali condotti su gruppi di popolazioni seguiti nel tempo. L’appropriatezza d’uso di queste funzioni di rischio dipende dalle caratteristiche della popolazione che le ha generate e degli individui a cui vengono applicate. Questo significa che impiegare nella popolazione italiana una funzione di rischio derivata dalla popolazione americana, può creare distorsioni nella stima del rischio. A questo scopo è stata identificata la funzione e costituita la carta del rischio cardiovascolare globale utilizzando dati italiani derivati da diversi studi longitudinali, riorganizzati in un database e follow up comuni nell’ambito del progetto CUORE(9) (figura 2).
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Nonostante questa importante stratificazione primaria, sia l’abilità di predire il rischio, sia quella di ridurlo modificando i fattori di rischio, è limitata dal fatto che la maggior parte dei pazienti nei quali si sviluppa l’infarto del miocardio o lo stroke ischemico hanno uno o più fattori di rischio convenzionali, ma questi fattori sono prevalenti anche nella popolazione generale. Questa situazione deriva dal fatto che individui diversi esposti allo stesso fattore hanno una diversa probabilità di sviluppare la malattia, in rapporto principalmente al proprio substrato genetico. Come risultato, il valore predittivo degli algoritmi basati sui fattori di rischio convenzionali non è pienamente soddisfacente(10). Basti pensare che circa il 40% degli adulti negli Stati Uniti, se valutato con i correnti algoritmi, potrebbe essere a rischio intermedio per un futuro evento cardiovascolare (11). Intervenire in maniera intensiva su un gruppo di soggetti così ampio porterebbe a grosse problematiche legate agli effetti collaterali dei farmaci, oltre a quelle di tipo economico ed emotivo, derivate dal fatto che il soggetto dovrebbe seguire una terapia di lunga durata. Da queste osservazioni nasce la necessità di identificare, nel contesto di questi soggetti a rischio intermedio, quelli che presentano la cosiddetta “malattia preclinica”. La “malattia preclinica” è una tappa intermedia del processo biologico evolutivo che dall’esposizione ai fattori causali porta alle manifestazioni cliniche;in questa fase i soggetti sono asintomatici e non mostrano evidenti segni obiettivi di
8
malattia, pur presentando alterazioni strutturali a carico di cuore e vasi,che sono il risultato dell’effetto cumulativo di fattori di rischio vascolari conosciuti e sconosciuti e che si traducono di fatto in una maggiore probabilità di andare incontro ad eventi cardiovascolari maggiori, a parità di fattori di rischio, rispetto ai soggetti senza malattia preclinica (figura 1). Queste alterazioni della struttura e della funzione arteriosa tendono ad essere diffuse e non limitate ad un singolo letto arterioso e predicono le manifestazioni cliniche della malattia aterosclerotica occlusiva. L’identificazione di queste anormalità nelle arterie periferiche accessibili fornisce un metodo per la diagnosi precoce della malattia vascolare presintomatica e potenzia la stratificazione del rischio cardiovascolare, definendo, all’interno dei soggetti a rischio intermedio, quelli con maggiore probabilità di sviluppare la patologia conclamata. Le metodiche ideali per rilevare queste alterazioni dovrebbero essere utilizzabili in screening di massa sul territorio, facili da utilizzare anche da parte di personale non medico e a costi contenuti. Attualmente l’ultrasonografia vascolare è la tecnica d’elezione per lo studio dell’aterosclerosi preclinica grazie ai suoi costi relativamente contenuti, alla non invasività e la grande accuratezza nel rilevare le placche e nel misurare lo spessore medio-intimale della parete arteriosa. Offre notevoli vantaggi rispetto a metodiche più sofisticate ma invasive come l’angiografia, o non invasive ma costose e poco diffuse come la risonanza magnetica.
9
Studi prospettici hanno dimostrato che le alterazioni carotidee (placche e ispessimento medio-intimale) sono
direttamente associate con l’aumento del
rischio di infarto del miocardio e ictus in adulti senza storia di malattia cardiovascolare. O’Leary e coll. , studiando 5858 soggetti di età maggiore di 65 anni senza precedenti malattie cardiovascolari,hanno dimostrato che l’ispessimento mediointimale è un importante fattore predittivo di infarto del miocardio e stroke, anche in assenza di placche (12). Il Rotterdam Study dimostrò che l’ispessimento medio-intimale è un predittore di stroke più forte rispetto alle stesse placche carotidee, e si correla con la presenza di aterosclerosi in altri distretti, e soprattutto con le calcificazioni aortiche (13); motivo per il quale
potrebbe essere utilizzato come indicatore di malattia
subclinica, in modo da identificare i pazienti che devono essere incanalati verso terapie più aggressive. Altri studi al contrario suggeriscono che il volume della placca sia un migliore predittore di eventi cardiovascolari rispetto all’ispessimento medio-intimale(14). Tuttavia le placche si sviluppano tardi nell’aterogenesi, mentre l’ispessimento medio-intimale può essere misurato ad ogni età e quindi si candida ad essere un migliore marker dell’aterosclerosi sistemica. Il valore predittivo delle placche carotidee è maggiore nei pazienti con malattia cardiovascolare nota, mentre l’ispessimento è un marker migliore nei pazienti asintomatici.
10
Inoltre l’ispessimento medio intimale può essere usato come marcatore di efficacia delle terapie atte ad ottenere la regressione dell’aterosclerosi.(15) Anche l’ipertrofia ventricolare sinistra ha un importante valore prognostico dimostrato da un ampio numero di studi, soprattutto nei soggetti esposti a fattori di rischio come ipertensione, ipercolesterolemia e diabete. Casale e coll.(16) hanno seguito 140 uomini ipertesi per un periodo medio di 4,8 anni registrando una maggiore frequenza di eventi cardiovascolari nei soggetti con massa ventricolare sinistra superiore a 125g/m2 rispetto ai pazienti con massa ventricolare normale. Inoltre negli uomini con ipertensione di basso grado e non complicata, l’ipertrofia ventricolare sinistra identifica i pazienti ad alto rischio per eventi cardiovascolari ed è un significativo fattore di rischio per eventi futuri indipendentemente dall’età e dalla pressione. Riassumendo possiamo dire che l’ultrasonografia, sia carotidea che cardiaca, è un utile e ormai consolidato strumento per individuare i soggetti asintomatici a rischio di futuri eventi cardiovascolari maggiori come infarto del miocardio ed ictus. Tuttavia queste metodiche svelano alterazioni già macroscopicamente evidenti e quindi espressione di un processo già avviato, non essendo in grado di rilevare le alterazioni funzionali che precedono e accompagnano le prime fasi del danno strutturale.
11
La tonometria da appianamento è una metodica che nasce con un utilizzo in ambito oculistico ma che è stata recentemente introdotta nello studio dell’apparato cardiovascolare. È una metodica non invasiva e a basso costo, che può essere implementata in strumenti portatili consentendone l’utilizzo oltre che negli ambulatori, anche nel territorio o addirittura al domicilio del paziente. Essa si basa sul principio che l’appianamento della superficie dell’arteria, bilanciando la forza esercitata sulla parete, permette un’accurata misurazione della pressione vigente all’interno del vaso, consentendo di ottenere da arterie superficiali facilmente esplorabili (come la radiale e la carotide) curve pressorie morfologicamente sovrapponibili a quelle ottenute con la registrazione intraarteriosa invasiva. È inoltre una metodica di semplice esecuzione e che necessita di apparecchiature dai costi relativamente contenuti, rispetto a gran parte dei macchinari diagnostici presenti in ambiente medico. Questo apre la possibilità ad un suo eventuale utilizzo su larga scala da parte di personale paramedico, con notevole riduzione dei costi rispetto alle metodiche ultrasonografiche, per l’individuazione precoce dei soggetti a rischio tra gli asintomatici, i quali costituiscono il principale obiettivo della prevenzione primaria. La rigidità arteriosa deriva dall’ispessimento e dalla perdita di elasticità della parete arteriosa che caratterizza sin dall’inizio tutte le fasi dell’arteriosclerosi.
12
L’aumento della rigidità arteriosa non è solo un indicatore dell’invecchiamento vascolare ma è anche un predittore del danno agli organi-bersaglio e degli eventi cardiovascolari maggiori. Le conseguenze emodinamiche dell’aumento della rigidità arteriosa sono l’aumento della pressione arteriosa sistolica e la diminuzione della diastolica con conseguente incremento della pressione pulsatoria. L’ipertensione sistolica aumenta il lavoro cardiaco e porta all’ipertrofia
del
ventricolo sinistro(17), mentre la ridotta pressione diastolica può compromettere la perfusione coronarica(18). Questi due eventi hanno un ruolo sinergico nel predisporre all’infarto del miocardio in quanto, al deficitario trasporto di ossigeno dovuto alla compromissione della perfusione coronarica, si somma l’aumento del consumo miocardico dovuto all’ipertrofia. L’aumento di rigidità dell’aorta e delle sue maggiori branche può inoltre ridurre o eliminare il fisiologico gradiente elastico tra i segmenti centrali e periferici dell’albero arterioso;come risultato aumenta la trasmissione distale dell’energia della pressione pulsatoria con effetto deleterio sul letto micro vascolare di molti organi e tessuti(19). Lo stress pulsatile associato all’incremento della pressione pulsatoria potrebbe indurre rimodellamento arterioso(20) contribuendo alla formazione della placca, alla sua progressione (21) e favorendo le alterazioni emodinamiche che agendo sulla superficie della placca ne aumentano la propensione alla rottura(22).
13
Sono stati proposti diversi indici della rigidità arteriosa, tuttavia quelli studiati in maniera più approfondita sono la velocità di trasmissione dell’onda pressoria arteriosa in un segmento arterioso (PWv) e l’analisi della morfologia dell’onda pressoria per stimare l’aumento della pressione sistolica causato dalla riflessione periferica dell’onda. Nei nostri ambulatori sono state valutate entrambe le misure attraverso dispositivi che si basano sul principio della tonometria da appianamento; la velocità dell’onda pressoria può essere valutata anche attraverso altre metodiche come per esempio l’ultrasonografia doppler e la risonanza magnetica. Negli adulti in salute la PWv ha generalmente dei valori tra 5 e 7 m/s, un suo aumento è associato con la presenza e l’estensione della malattia aterosclerotica nelle arterie coronarie e negli altri letti vascolari(23). La rigidità arteriosa centrale è più spesso stimata con la misurazione della PWV carotido-femorale (aPWv), a causa del fatto che sono due arterie superficiali e che la distanza tra di esse copre la maggior parte della lunghezza dell’aorta, il segmento arterioso più propenso alla rigidità. In un recente consensus document (24) la aPWV è stata definita il gold standard nella misura della rigidità arteriosa. Wilium-Hansen et coll. , studiando 1678 soggetti tra i 40 e i70 anni (25), hanno dimostrato
che
la
aPWV
è
un
predittore
di
eventi
cardiovascolari
indipendentemente dai fattori di rischio tradizionali.
14
L’analisi dell’onda pressoria si basa sul principio che l’onda pressoria anterograda generata ad ogni battito cardiaco è parzialmente riflessa in direzione retrograda dai punti di maggiore impedenza e può essere registrata dal tonometro. Se la procedura è eseguita in maniera corretta la morfologia dell’onda è virtualmente identica a quella registrata dai trasduttori intra-arteriosi(26). Mentre la aPWV rappresenta una misura della rigidità arteriosa, i parametri dell’analisi della morfologia dell’onda pressoria riflettono le interazioni complessive tra l’albero arterioso e il ventricolo sinistro(27). L’augmentation pressure, la pressione arteriosa sistolica carotidea, la pressione differenziale arteriosa carotidea e il rapporto tempo di transito/tempo di eiezione sono tutti espressione dell’aumento della velocità di riflessione dell’onda periferica causato dalla rigidità arteriosa e dalla precoce riflessione della stessa, causata dalla presenza di siti con placche aterosclerotiche. Le informazioni ottenute dall’analisi della morfologia dell’onda pressoria potrebbero essere usate per migliorare la caratterizzazione dei pattern emodinamici e generare indici di interazione ventricolo-vasi che prima erano valutabili solo con la cateterizzazione arteriosa. Ricapitolando, le evidenze disponibili in letteratura suggeriscono che l’utilizzo su larga scala delle metodiche non invasive attualmente disponibili per studiare i biomarcatori
funzionali,
può
rappresentare
una
nuova
frontiera
nell’individuazione precoce dei soggetti ad elevato rischio cardiovascolare.
15
Tuttavia non vi sono ancora dati sufficienti di prognosi per stabilire un loro ruolo di primo piano come markers di malattia preclinica in soggetti a rischio cardiovascolare. Inoltre non è del tutto chiaro se le osservazioni disponibili in letteratura siano applicabili anche ad una popolazione relativamente asintomatica e non selezionata di soggetti esposti ad almeno un fattore di rischio cardiovascolare. A differenza delle popolazioni analizzate in altri studi, questa rappresenta più da vicino la tipologia di pazienti quotidianamente seguiti in un ambulatorio di cardiologia e, in linea generale, costituisce l’amplia platea di soggetti per i quali è maggiormente ritenuta necessaria un’accurata stratificazione prognostica. Inoltre non esistono dati che confrontano il potere predittivo dei nuovi marker funzionali, come la APWV e l’analisi della morfologia dell’onda,con i marcatori ultrasonografici ampiamente studiati e validati. L’idea del nostro studio nasce da questi presupposti ed ha come obiettivo il confronto tra metodiche che valutano parametri strutturali e funzionali di danno d’organo preclinico in soggetti con fattori di rischio per aterosclerosi. I pazienti, reclutati nell’ambito del Day Service Cardiometabolico, sono stati sottoposti negli ambulatori di Cardiologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari, ad un protocollo che comprende una valutazione clinica completa, l’ultrasonografia
cardiaca e carotidea per valutare la presenza dei principali
marcatori strutturali di danno d’organo (ipertrofia del ventricolo sinistro, ispessimento medio-intimale carotideo e ateromatosi carotidea) e la tonometria di
16
appianamento carotidea per lo studio della velocità dell’onda sfigmica e l’analisi della morfologia dell’onda. (Figura 3). I risultati ottenuti potrebbero permettere in futuro l’inserimento delle metodiche di rilevamento dei biomarcatori di danno funzionale, quali la misurazione della PWv e l’analisi morfologica dell’onda sfigmica, all’interno di uno screening sulla popolazione a rischio intermedio di eventi cardiovascolari, in modo da ottenere una più accurata stratificazione del rischio che consentirebbe la selezione dei pazienti che necessitano di terapie più aggressive (figura 4). Se ulteriori dati, di questo e altri studi, confermeranno il potere predittivo delle metodiche di rilevamento dei marcatori funzionali, si auspica che esse, grazie al relativo basso costo e alla loro semplicità, possano essere utilizzate in larga scala, anche dal personale paramedico, con notevole riduzione dei tempi e dei costi della campagna di prevenzione.
OBIETTIVI DELLO STUDIO 1. Descrizione della prevalenza di alterazioni strutturali e funzionali in un campione di soggetti con almeno un fattore di rischio cardiovascolare. 2. Valutazione e confronto del profilo di rischio dei gruppi costituenti la popolazione.
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3. Confronto tra metodiche che considerano parametri strutturali e funzionali di danno d’organo.
MATERIALI E METODI Casistica
Lo studio, a carattere prospettico, comprende 320 soggetti di età maggiore di 35 anni, esposti ad almeno un fattore di rischio cardiovascolare maggiore, afferenti agli ambulatori della Diabetologia della Clinica medica dell’Università di Sassari, a partire dal 2009. Sono stati reclutati soggetti adulti ipertesi, obesi, dislipidemici con e senza ipercolesterolemia familiare autosomica dominante (FH), affetti da diabete mellito di tipo II e tipo I, diabete latente autoimmune dell’adulto (LADA) e ridotta tolleranza ai carboidrati. I soggetti iniziavano l’iter diagnostico nel Centro Diabetologico della Clinica medica sottoponendosi a valutazione metabolica:profilo glicemico, lipidico e valutazione della funzionalità renale (microalbuminuria e creatinina). In seguito i soggetti venivano inviati presso gli ambulatori della Cardiologia per essere sottoposti a valutazione clinica completa con raccolta di dati anamnestici riguardanti l’eventuale storia familiare (riguardo morti improvvise e/o patologie cardiovascolari e/o morte per eventi cardiovascolari acuti in età precoce), l’abitudine al fumo(sia in passato che ancora in atto), la presenza di ipertensione
18
(definita da valori di pressione arteriosa ≥140/90 mmHg nella popolazione generale o ≥130/80 mmHg in pazienti diabetici o in terapia antiipertensiva), di ipercolesterolemia, diabete mellito (definito da valori di glicemia post-prandiale ≥126 md/dl, glicemia ≥ 200 mg/dl durante una curva da carico o sintomi di iperglicemia come poliuria, polidipsia, perdita di peso inspiegabile, associati a un valore di glicemia casuale, cioè indipendentemente dal momento della giornata, ≥ 200 mg/dl), obesità (BMI ≥ 30 Kg/m2, circonferenza vita >94 cm negli uomini e >80 nelle donne)(28), storia di malattia cardiovascolare pregressa e precedenti eventi cardiovascolari. Inoltre veniva eseguito l’esame obiettivo e l’elettrocardiogramma. Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad indagine ecocardiografica, ultrasonografia carotidea ed esame tonometrico. I dati demografici, antropometrici, clinici, delle indagini strumentali e degli esami ematochimici sono stati riportati su un’apposita scheda e inseriti in un database elettronico.
► Criteri di inclusione: Presenza di uno o più fattori di rischio cardiovascolare maggiore (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia familiare e non, diabete mellito tipo II o I, LADA, prediabete, sindrome metabolica, fumo di sigaretta)
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Esecuzione sia dell’ecocardiogramma che della ultrasonografia carotidea, per ottenere i principali marcatori di danno d’organo (ipertrofia ventricolare sinistra, spessore medio-intimale, placche) Esecuzione della pulse wave velocity carotido-femorale e della tonometria carotidea, per ottenere la PWV, la pressione arteriosa centrale (carotidea), e i parametri di intensità e temporizzazione dell’onda pressoria riflessa.
► Criteri di esclusione: Età inferiore ai 35 anni Esami strumentali di cattiva qualità Assenza di consenso informato
Calcolo del rischio cardiovascolare globale Per ogni paziente è stato calcolato il rischio cardiovascolare seguendo l’algoritmo italiano proposto dal progetto CUORE che utilizza i dati di età, sesso, fumo, pressione sistolica, colesterolo totale, HDL, diabete e terapia antiipertensiva in atto per stimare il rischio di eventi cardiovascolari maggiori fatali e non fatali (sindrome coronarica acuta, infarto miocardico, angioplastica coronarica e by-pass aorto-coronarico; ictus ischemico ed emorragico e rivascolarizzazioni; morte improvvisa) a 10 anni .In caso di malattia cardiovascolare pregressa è stata attribuita la classe di rischio più elevata (9).
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Diagnosi di sindrome metabolica
La presenza di Sindrome Metabolica è stata definita secondo i criteri diagnostici dell’International Diabetes Federation (IDF) . L’IDF propone l’obesità centrale come criterio indispensabile per la diagnosi, essendo il principale fattore causale della sindrome ed essendo inoltre strettamente correlata agli altri componenti e all’insulino-resistenza. Quest’ultima però non è di semplice rilievo nella pratica clinica, pertanto non è inclusa tra i criteri per la diagnosi clinica, mentre è citata tra quelli utili a scopo di ricerca. L’IDF definisce l’obesità centrale come circonferenza vita ≥94 cm nell’uomo e ≥80 cm nella donna per quanto riguarda la popolazione europea. Per altre etnie sono stati proposti valori soglia differenti . L’IDF suggerisce comunque che in presenza di obesità franca (BMI>30 Kg/m2) la misurazione della circonferenza vita non sia indispensabile per definire la presenza di Sindrome Metabolica. Tale approccio è supportato anche da recenti studi che hanno evidenziato una buona correlazione tra BMI e circonferenza vita anche nella popolazione italiana. In accordo quindi con l’IDF, nella nostra popolazione la diagnosi di Sindrome Metabolica è stata posta in presenza di valori di BMI >30 Kg/m2 e di almeno altri due criteri tra i seguenti: •
trigliceridemia ≥150 mg/dl o trattamento specifico;
•
colesterolemia HDL <40 mg/dl nell’uomo e <50 mg/dl nella donna o trattamento specifico;
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•
pressione arteriosa sistolica ≥130 mmHg o pressione arteriosa diastolica ≥85 mmHg, o precedente diagnosi di ipertensione o terapia antipertensiva;
•
glicemia a digiuno ≥100 mg/dl o precedente diagnosi di diabete mellito di tipo 2.
Valutazione della malattia cardiovascolare pre-clinica
Ecocardiografia.
In tutti i pazienti è stato effettuato un ecocardiogramma bidimensionale ed Mmode (figura 5). L’esame è stato condotto con un ecocardiografo GE Vivid 7 e/o un Acuson Sequoia 70 HG dotato di sonde da 2.5 e 3.5 MHz. Le misurazioni del ventricolo sinistro sono state eseguite in M-mode, sotto controllo bidimensionale per assicurare la perpendicolarità del fascio ultrasonico rispetto alle strutture del ventricolo sinistro. Dai tracciati ecocardiografici sono stati calcolati i diametri, gli spessori del setto e della parete posteriore del ventricolo sinistro in telediastole ed in telesistole, seguendo i criteri ASE. Le misurazioni sono state effettuate su schermo sui 5 cicli con la migliore definizione delle interfacce ed è stata calcolata la media. La massa ventricolare sinistra è stata calcolata secondo la convenzione Penn (29) e normalizzata sia per la superficie corporea che per l’altezza corporea in metri elevata alla potenza di 2.7 (30); questa seconda modalità permette di svelare
22
un’ipertrofia VS indotta dall’obesità. La geometria VS è stata definita in base alla massa indicizzata ed allo spessore parietale relativo [ (2 x spessore della parete posteriore) / diametro telediastolico] (31). Come limiti superiori di normalità della massa VS abbiamo utilizzato quattro criteri, tutti diffusamente impiegati in letteratura: a) massa VS/superficie corporea >125g/m2 per entrambi sessi, oppure b)>104 g/m2 nelle donne e 116 g/m2 negli uomini; c) massa VS/altezza (m)2.7 >51 g/m2.7 per entrambi sessi, oppure d) >46.7 g/m2.7 nelle donne e >49.2 g/m2.7 negli uomini. Dai volumi telesistolico (Vs) e telediastolico (Vd) del ventricolo sinistro, ottenuti secondo la formula di Teicholz (32), è stata calcolata la gittata sistolica (stroke volume,SV): SV=Vs-Vd. Dal rapporto tra pressione differenziale (pulse pressure, PP) e gittata sistolica indicizzata per superficie corporea (SVi) è stato ottenuto un indice di rigidità arteriosa sistemica (PP/SVi, mmHg/ml).
Ultrasonografia carotidea.
Lo studio ultrasonografico della carotide è stato eseguito in tutti i soggetti utilizzando un ecografo GE-Vivid 7, dotato di sonda lineare da 7.5 MHz. L’esame veniva effettuato con il paziente in posizione supina con il collo in leggera iperestensione. Sono state esaminate la carotide comune, il bulbo e le porzioni extracraniche della carotide interna ed esterna di entrambi i lati. Sotto controllo B-mode, venivano registrati i tracciati M-mode della carotide comune distale, a circa un centimetro dalla biforcazione, simultaneamente ad una traccia elettrocardiografica.
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Venivano quindi misurati lo spessore del complesso medio-intimale della parete lontana ed il diametro della carotide in telediastole (al picco dell’onda R del tracciato ECG) (figura 6). Dopo aver analizzato entrambi i lati, veniva riportato il massimo valore di spessore medio-intimale e di diametro carotideo. Un valore massimo di spessore medio-intimale uguale o superiore a 0,90 mm è considerato come ispessimento medio-intimale. Le aree focali di ispessimento parietale superiore al 50% rispetto ai tratti circostanti venivano identificate come placche. Lo spessore della placca e la percentuale di stenosi indotta venivano misurati planimetricamente in proiezione trasversa, avendo cura che l’angolo tra il fascio ultrasonoro e la parete del vaso fosse il più possibile retto. Le misurazioni standard dello spessore medio-intimale non sono mai state ottenute a livello delle placche.
Velocità di trasmissione dell’onda sfigmica.
La velocità di propagazione dell’onda sfigmica ( Pulse Wave Velocity, PWV) lungo l’asse carotido-femorale viene utilizzata come stima indiretta di rigidità aortica. Essa rappresenta la velocità con cui l’onda sfigmica, originata a livello del ventricolo sinistro durante la fase d’eiezione, si propaga lungo l’albero arterioso, e si calcola misurando il tempo impiegato dall’onda pressoria per percorrere un
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tratto di albero arterioso di lunghezza nota. Si posizionano due trasduttori di pressione, uno sulla carotide comune e l’altro sull’arteria femorale omolaterale, e si registrano i tracciati pressori. La PWV (espressa in m/s) si ottiene dividendo la distanza percorsa per l’intervallo di tempo intercorrente tra il piede dell’onda carotidea e quello dell’onda femorale (Figure 7-8). Dato che, a partire dall’arco aortico, l’onda sfigmica percorre in direzioni opposte la carotide e l’aorta ascendente, la distanza realmente percorsa nell’intervallo di tempo compreso tra le due onde si calcola sottraendo la distanza giugulo-carotidea dalla distanza giugulo-femorale. Quindi la PWV (espressa in m/sec) si ricava dalla seguente formula: PWV=[(distanza giugulo-femorale)–(distanza giugulo-carotidea)]/intervallo di tempo carotido-femorale.
Tonometria carotidea e parametri di riflessione dell’onda pressoria.
La curva pressoria carotidea si ottiene applicando un trasduttore di pressione esterno ad alta fedeltà (Miller SPT 300) sulla cute sovrastante la carotide comune controlaterale a quella sottoposta ad ultrasonografia. La tonometria si basa sul principio che l’appianamento della superficie curva dell’arteria, bilanciando la forza esercitata sulla parete, permette un’accurata misurazione non invasiva della pressione vigente all’interno del vaso; infatti la morfologia dell’onda pressoria (figura 9) è strettamente corrispondente a quella ottenuta da registrazione intra-
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arteriosa. E’ stata in particolare dimostrata un’ottima corrispondenza tra curva di pressione carotidea manometrica e quella ricavata invasivamente in aorta ascendente. Il tonometro è dotato alla sua estremità di un micromanometro piezoelettrico, inserito in un materiale ceramico rigido, fissato ad un’estremità e libero di muoversi da quella che protrude sulla superficie del manometro. Movimenti dell’estremità libera determinano una deformazione del materiale, che si traduce in una modificazione della resistenza elettrica proporzionale alla deformazione subita. Mediante apposito software (ARTSS®) sono stati calcolati i valori pressori carotidei istantanei ed ottenuti i parametri di riflessione dell’onda ed i siti di riflessione. L’onda pressoria generata dalla sistole viaggia lungo l’albero arterioso in direzione centrifuga e viene riflessa in corrispondenza dei punti di brusca variazione d’impedenza; quindi, le onde riflesse originatesi alla periferia ripercorrono l’albero arterioso in direzione centripeta, verso il cuore. Nei soggetti giovani, in cui la temporizzazione dell’onda riflessa è ottimale, questa incontra l’onda anterograda nelle fasi precoci della diastole. La fusione delle due onde pressorie porta ad un incremento della pressione diastolica aortica, che contribuisce alla perfusione coronarica ; in tal caso l’onda pressoria presenta una caratteristica morfologia cosiddetta “early peak”(Figura 10). Invece, in presenza di un albero arterioso reso più rigido dall’invecchiamento , dall’aterosclerosi , dall’ipertensione o dall’aumentato introito di sodio si realizza
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un incremento della velocità dell’onda pressoria e la fusione tra la componente anterograda e retrograda avviene in sistole. Ciò causa nell’aorta ascendente un incremento della pressione sistolica e della differenziale (32). In questo caso l’onda pressoria registrata avrà una morfologia cosiddetta “late peak” (Figura 11). Individuata l’inflessione (Inflection Point) indotta sul carotidogramma dall’onda pressoria riflessa, l’incremento pressorio assoluto dovuto all’onda pressoria riflessa (Augmentation Pressure, AP, espresso in mmHg) viene misurato dalla differenza tra la pressione sistolica di picco (Ppk) e la pressione all'inflection point (Pi) : AP = (Ppk - Pi) Nei casi con morfologia early peak, dal momento che l’onda riflessa non determina nessun incremento pressorio, il valore di AP risulta uguale a zero. Un'altra modalità di quantificazione dell’onda riflessa è la determinazione dell’Augmentation Index espresso come % della pressione differenziale centrale) e calcolato come: AI = [(Ps –Pi)/PP] Per convenzione l’AI assume valori positivi nei casi con morfologia late peak, mentre i suoi valori sono negativi nei casi con morfologia early peak, come si osserva comunemente in soggetti giovani e normotesi, e sono tanto più negativi quanto più tardivo è l’arrivo dell’onda riflessa e la sua fusione con l’onda incidente. Il tempo impiegato dall'onda per percorrere nei due sensi la distanza tra arco aortico e sito principale di riflessione (Tempo di Transito, TT, in msec) si calcola
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dall’intervallo di tempo tra il piede del carotidigramma e l’inflection point. Allo scopo di avere una stima della fase del ciclo cardiaco nella quale le onde riflesse ritornano al cuore, il tempo di transito è stato normalizzato per il tempo di eiezione (TE =intervallo tra il piede e l’incisura dicrota del carotidogramma) ed espresso in percentuale: TT/TE x 100 Tale rapporto costituisce la “frazione di impatto delle onde riflesse”, cioè la frazione percentuale del ciclo cardiaco in cui l’onda riflessa arriva al ventricolo sinistro. I maggiori determinanti della temporizzazione dell’onda riflessa sono l’età e la pressione arteriosa, che aumentano la PWV e la distanza del sito principale di riflessione, che può essere influenzata dal sesso, dall’altezza corporea e da lesioni aterosclerotiche dell’aorta addominale. E’ noto che la pressione arteriosa a livello brachiale può scostarsi anche in misura consistente da quella centrale (aortica o carotidea). In particolare, nei soggetti giovani
la pressione brachiale differenziale sovrastima marcatamente quella
centrale e pertanto non riflettere accuratamente il carico pressorio che opera sul ventricolo sinistro, sulle coronarie e sul circolazione cerebrale. Pertanto abbiamo misurato questo fenomeno, misurando la cosiddetta amplificazione periferica della pressione arteriosa (Pulse Wave Amplification, PWA), espressa come incremento percentuale della pressione differenziale brachiale rispetto alla centrale e calcolata come segue: PWA= [(PA diff. brachiale – PA diff. carotidea) / PA diff. Carotidea]*100
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La PWA assume valori positivi in caso di aumento della pressione differenziale man mano che ci si allontana dal centro verso la periferia dell’albero arterioso, mentre potrebbe assumere valori prossimi allo zero o negativi in caso di equivalenza dei valori pressori o inversione del fenomeno. Su tale inversione sono apparse rare segnalazioni, e il fenomeno non è ancora stato adeguatamente analizzato e spiegato. Noi indicheremo questo fenomeno come amplificazione centrale, contrapposta ad amplificazione periferica (o centro-periferia).
Calcolo dello score tonometrico.
Lo score tonometrico è un nuovo criterio che prende in considerazione dei parametri tonometrici per valutare la sensibilità e specificità dello stesso per eventi cardiovascolari. Tale score è stato estrapolato da un precedente studio effettuato presso il Centro di Cardiologia dell’Università di Sassari su una coorte di 250 pazienti in cui si valutava il valore prognostico degli indici di rigidità arteriosa. Sono stati considerati 5 parametri che sono: parametri di intensità ( augmentation pressure-AP) e di temporizzazione delle onde pressorie riflesse (tempo di transito/tempo di eiezione- TT/ET), i valori della pressione centrale sistolica (SBP) e pulsatoria (PP). Sulla base dalla accuratezza predittiva dei suddetti parametri tonometrici, sono stati identificati i seguenti valori di cut-off sulla base delle curve ROC. E’ stata inoltre misurata la Pulse Wave velocity (PWV) carotido-femorale, quale indice di rigidità aortica, considerando patologici valori >12 m/sec. Per gli altri parametri tonometrici i valori di cut-off sono stati
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stabiliti
dalle
rispettive
curve
ROC
scegliendo
il
miglior
rapporto
sensibilità/specificità per eventi cardiovascolari (SBP centrale > 138 mmHg, PP centrale > 65 mmHg, AP > 14 mmHg, TT/ET < 33%). Sulla base del numero dei parametri alterati è stato elaborato uno score (da 0 a 5). La tonometria veniva considerata positiva in presenza di almeno un’alterazione funzionale.
Analisi statistica.
I dati sono stati analizzati utilizzando un apposito software (NCSS 2007, Kaysville, Utah). I dati riferiti a variabili continue sono stati espressi come media ± deviazione standard mentre le variabili categoriche sono state espresse come prevalenze percentuali. I confronti tra variabili parametriche sono stati effettuati utilizzando il test t di Student per dati appaiati e non appaiati rispettivamente per i confronti all’interno dello stesso gruppo e in gruppi differenti. I confronti tra variabili non parametriche sono stati effettuati utilizzando il Chi quadro. Al fine di valutare la possibile correlazione esistente tra marcatori di danno strutturale e funzionale sono state costituite delle rette di correlazione utilizzando il metodo dei minimi quadrati. E’ stata inoltre valutata la sensibilità e specificità dei singoli marcatori funzionali e dello score tonometrico nel rilevare la presenza di danno d’organo (ipertrofia VS e/o ispessimento medio-intimale; aterosclerosi), tramite l’analisi delle curve ROC
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e i confronti tra i vari gruppi sono stati effettuati confrontando le aree sotto la curva (AUC). Valori di p < 0.05 sono stati considerati significativi.
RISULTATI Caratteristiche cliniche della popolazione studiata. (Tabelle 1-2)
La popolazione è composta da 320 pazienti selezionati, nell’ambito della popolazione afferente al Centro Cardiometabolico, tramite il criterio principale rappresentato dall’esecuzione sia di ecocardiografia, ecografia dei tronchi sovraortici, tonometria da appianamento e misurazione della PWv. L’età media del campione è di 62 ± 12 anni, il 50% è rappresentato da maschi e 50% da femmine. Le caratteristiche cliniche alla valutazione basale sono riportate nella tabella 1. Il 60% dei pazienti arruolati è affetto da ipercolesterolemia non familiare, il 12% da ipercolesterolemia familiare,
il 59% da ipertensione arteriosa, il 51% da
diabete di tipo II, il 2% da diabete di tipo I, il 19% da diabetici di tipo LADA, il 3% da soggetti con ridotta tolleranza ai carboidrati, 83% da obesità e 67% da Sindrome Metabolica; il 16% erano fumatori attivi e il 35% ex fumatori. Al momento dell’arruolamento la percentuale di pazienti trattati con statine era del 57% mentre il 56% seguiva terapia anti-ipertensiva. Le classi di farmaci assunti dalla popolazione sono riportate in tabella 5.
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I pazienti con malattia cardiovascolare pregressa erano il 5% del campione totale. L’indice di massa corporea medio è di 27 ± 4 Kg/m2; la pressione arteriosa sistolica media è di 135 ± 18 mmHg, la diastolica di 79 ± 9 mmHg e la pressione differenziale di 55 ± 15 mmHg. I valori medi di colesterolo totale sono 184 ± 40 mg/dl, quelli di LDL 113 ± 37 mg/dl e quelli di HDL 53 ± 15 mg/dl. Il rischio cardiovascolare globale medio, calcolato in base all’algoritmo del progetto CUORE è del 12% a 10 anni. Il 51% della popolazione è nella classe a basso rischio (rischio a 10 anni <10%), il 22% ha rischio intermedio ( compreso tra il 10 e il 20% a 10 anni) e il 27% è nella fascia ad alto rischio (>20% a 10 anni).
Parametri ultrasonografici cardiaci e carotidei della popolazione generale. (Tabelle 3-4)
La presenza di ipertrofia ventricolare sinistra è stata rilevata utilizzando quattro diversi criteri presenti in letteratura. Secondo il criterio della massa indicizzata per la superficie corporea ed un valore soglia di 125 g/m2, uguali per uomini e donne, l’ipertrofia ventricolare sinistra è presente nel 5,63 % dei pazienti.
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Invece utilizzando il criterio che utilizza cut off differenti per i due sessi, 116 g/m2 negli uomini e 104 g/m2 nelle donne i soggetti con ipertrofia ventricolare sinistra sono il 15%. Utilizzando il criterio della massa indicizzata per l’altezza con un valore soglia di 51 g/m2.7 in entrambi i sessi, non erano presenti pazienti con ipertrofia ventricolare sinistra. Il criterio che ha valori soglia di 49,2 g/m2.7 negli uomini e 46,7 g/m2.7 nelle donne ha rilevato la maggior percentuale di soggetti con ipertrofia ventricolare sinistra (32% del campione). Per quanto riguarda le alterazioni strutturali carotidee, il 75% dei pazienti presenta aterosclerosi carotidea. Per la precisione l’ispessimento medio-intimale è presente nel 39% dei casi, mentre le placche carotidee nel 72%. La presenza di almeno uno tra ispessimento medio-intimale e ipertrofia del ventricolo sinistro è stata riscontrata nel 55% dei pazienti,mentre la presenza di entrambi i criteri si rileva nel 15% dei pazienti. La prevalenza di danno d’organo nell’intera popolazione, considerato come presenza di aterosclerosi carotidea e/o ipertrofia del ventricolo sinistro, è risultata essere del 55% (Tabella 5). I pazienti con danno d’organo presentano valori di circonferenza vita, BMI, trigliceridi e glicemia superiori rispetto ai pazienti senza danno. Le differenze maggiori sono pero riscontrabili nelle percentuali di pazienti con diabete, ipertensione, sindrome metabolica, ipercolesterolemia e abitudine al fumo
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attuale o pregressa, che si sono rivelate decisamente più elevate nei pazienti con danno d’organo.
Caratteristiche dei sottogruppi alla valutazione basale. (Tabella 7)
Il campione totale di 320 pazienti è stato suddiviso in 6 gruppi sulla base delle caratteristiche del profilo metabolico: (figura 12) Gruppo 1: diabete mellito di tipo 2 (DM2) Gruppo 2: sindrome metabolica (SM) Gruppo 3: associazione di diabete mellito II e sindrome metabolica (DM2+ SM) Gruppo 4: ipercolesterolemia familiare Gruppo 5: prediabete Gruppo 6: diabete di tipo LADA Sono stati esclusi dalla suddivisione in gruppi i pazienti con diabete di tipo I e ipertensione isolata in quanto non abbastanza numerosi per costituire un raggruppamento significativo. Il gruppo dei diabetici di tipo II comprende 22 soggetti (dei quali il 95% di sesso maschile) con età media 67 ± 8 anni, BMI 24 ± 2 Kg/m2, circonferenza vita 90 ± 5 cm, pressione arteriosa sistolica 135 ± 21 mmHg, pressione diastolica 79 ± 9 mmHg, pressione differenziale 56 ± 18 mmHg, colesterolo totale 180 ± 47 mg/dl, LDL 120 ± 46 mg/dl, HDL 48 ± 13 mg/dl, trigliceridi 97 ± 45; la glicemia media è 146 ± 61 mg/dl. Il 9% dei pazienti ha avuto malattia cardiovascolare pregressa, il 64% è iperteso e il 9% obeso.
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Il gruppo dei pazienti con Sindrome Metabolica comprende 12 soggetti (dei quali il 58% di sesso maschile) con età media 58 ± 12 anni, BMI 27 ± 4 Kg/m2, circonferenza vita 100 ± 9 cm, pressione arteriosa sistolica 130 ± 9 mmHg, pressione diastolica 80 ± 6 mmHg, pressione differenziale 50 ± 10 mmHg, colesterolo totale 201 ± 31 mg/dl, LDL 128 ± 25 mg/dl, HDL 48 ± 12 mg/dl, trigliceridi 119 ± 70 mg/dl; la glicemia media è 103 ± 17 mg/dl. L’8% dei pazienti ha avuto malattia cardiovascolare pregressa, il 25% è iperteso e il 100% obeso. Il gruppo dei pazienti con l’associazione di diabete mellito di tipo II e Sindrome Metabolica comprende 143 soggetti (dei quali il 55% di sesso maschile) con età media 66 ± 9 anni, BMI 30 ± 4 Kg/m2, circonferenza vita 105 ± 10 cm, pressione arteriosa sistolica 140 ± 19 mmHg, pressione diastolica 82 ± 8 mmHg, pressione differenziale 58 ± 16 mmHg, colesterolo totale 175 ± 35 mg/dl, LDL 106 ± 32 mg/dl, HDL 47 ± 12 mg/dl, trigliceridi 120 ± 103 mg/dl; la glicemia media è 150 ± 51 mg/dl. Il 4% dei pazienti ha avuto malattia cardiovascolare pregressa, l’82% è iperteso e il 100% obeso. Il gruppo con ipercolesterolemia familiare comprende 38 soggetti (dei quali il 24% di sesso maschile) con età media 55 ± 11 anni, BMI 25 ± 4 Kg/m2, circonferenza vita 92 ± 10 cm, pressione arteriosa sistolica 135 ± 17 mmHg, pressione diastolica 80 ± 12 mmHg, pressione differenziale 55 ± 12 mmHg,colesterolo totale 226 ± 55 mg/dl, LDL 149 ± 54 mg/dl, HDL 59 ± 14 mg/dl, trigliceridi 93 ± 38 mg/dl; la glicemia media è 95 ± 11 mg/dl. Il 10% dei pazienti ha avuto malattia cardiovascolare pregressa, il 37% è iperteso e l’82% obeso.
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Il gruppo con prediabete comprende 39 soggetti (dei quali il 34% di sesso maschile) con età media 53 ± 14 anni, BMI 25 ± 4 Kg/m2, circonferenza vita 98 ± 7 cm, pressione arteriosa sistolica 125 ± 16 mmHg, pressione diastolica 74 ± 9 mmHg, pressione differenziale 51 ± 11 mmHg, colesterolo totale 200 ± 26 mg/dl, LDL 127 ± 24 mg/dl, HDL 60 ± 14 mg/dl, trigliceridi 75 ± 25 mg/dl; la glicemia media è 98 ± 12 mg/dl. Nessun paziente ha avuto malattia cardiovascolare pregressa, il 15% è iperteso e l’85% obeso. Il gruppo con diabete di tipo LADA comprende 57 soggetti (dei quali il 47% di sesso maschile) con età media 62 ± 12 anni, BMI 26 ± 4 Kg/m2, circonferenza vita 96 ± 13 cm, pressione arteriosa sistolica 130 ± 16 mmHg, pressione diastolica 76 ± 8 mmHg, pressione differenziale 53 ± 15 mmHg, colesterolo totale 167 ± 29 mg/dl, LDL 95 ± 22 mg/dl, HDL 59 ± 17 mg/dl, trigliceridi 77 ± 42 mg/dl; la glicemia media è 154 ± 48 mg/dl. Il 7% ha avuto malattia cardiovascolare pregressa, il 61% è iperteso e il 65% obeso. Il numero dei soggetti presenti in ogni gruppo e l’età media dei soggetti non sono risultati distribuiti in maniera omogenea. Se confrontiamo il rischio cardiovascolare nei sottogruppi notiamo che è significativamente più elevato nei DM2 rispetto a SM (p<0.05), FH, prediabete e LADA (p<0.001); il rischio nel DM2+SM è significativamente più elevato rispetto a SM (p<0.05), FH , prediabete e LADA (p<0.001); il LADA ha rischio più elevato di FH (p<0.001) e prediabete (p<0.05).
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Parametri ultrasonografici cardiaci e carotidei nei gruppi. (Tabelle 9-10)
Per analizzare la presenza di ipertrofia ventricolare sinistra nei diversi sottogruppi abbiamo utilizzato il criterio che presenta cut off diversi a seconda del sesso: 46.7 g/m2.7 nelle femmine e 49.2 g/m2.7 nei maschi. Nel sottogruppo con diabete di tipo 2 l’ipertrofia ventricolare sinistra è presente nel 32% dei pazienti; nel sottogruppo con sindrome metabolica nel 17%; nei pazienti con associazione di diabete mellito di tipo II e Sindrome Metabolica si rileva nel 43%; 16% dei pazienti con ipercolesterolemia familiare; 13% dei pazienti con prediabete e 28% dei pazienti con diabete di tipo LADA. La frazione di eiezione media è 69 ± 7 nel gruppo del diabete mellito di tipo II, 71 ± 5 nel gruppo della Sindrome Metabolica, 68 ± 7 nei soggetti con associazione di diabete mellito di tipo II e Sindrome Metabolica, 69 ± 6 nei pazienti con ipercolesterolemia familiare, 68 ± 7 nei prediabetici e 65 ± 7 nel gruppo con diabete di tipo LADA. Per quanto riguarda le alterazioni strutturali carotidee l’ispessimento mediointimale è presente nel gruppo con diabete mellito di tipo II nel 36% dei casi, nel gruppo con Sindrome Metabolica nel 17% dei casi, nel gruppo con associazione diabete
mellito
di
tipo
II
e
Sindrome
Metabolica
nel
52%,
negli
ipercolesterolemici familiari nel 34%, nei prediabetici nell’8% e nel 39% dei soggetti con diabete di tipo LADA.
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La presenza di placche carotidee è stata rilevata nel 91% dei pazienti del primo gruppo, nel 58% del secondo gruppo, 52% del terzo gruppo, 34% del quarto gruppo, 8% del quinto gruppo e 39% del sesto gruppo. La presenza di almeno uno tra ispessimento medio-intimale e ipertrofia ventricolare sinistra è stato rilevato nel 50% dei pazienti con diabete mellito di tipo II, nel 25% di quelli con Sindrome Metabolica, nel 73% dei pazienti con l’associazione di diabete mellito di tipo II e Sindrome Metabolica, nel 47% dei pazienti con ipercolesterolemia familiare, nel 15% dei pazienti con prediabete e nel 53% dei pazienti con diabete di tipo LADA. Confrontando la prevalenza di ipertrofia ventricolare sinistra tra i gruppi emergono differenze significative tra il DM2+SM e FH (p<0.05), tra DM2+ SM e PREDIABETE (p<0.001) e tra DM2+ SM e LADA, con una prevalenza maggiore nel DM2+SM rispetto agli altri gruppi. Confrontando la prevalenza di ispessimento medio-intimale nei gruppi emergono differenze significative tra DM2 e prediabete (p<0.05) con maggiore prevalenza nel DM2; SM e DM2+SM (p<0.05) con maggiore prevalenza nel DM2+SM; DM2+ SM con FH (p<0.05) e PREDIABETE (p<0,001) con maggiore prevalenza nel DM2+SM;prediabete contro FH (p<0.05) e LADA (p<0.001) con valori minori nel prediabete. Confrontando la presenza di placche carotidee nei diversi sottogruppi si rileva che c'è una percentuale significativamente maggiore di pazienti con placche nel DM2 nei confronti di SM (p<0.05) e di PREDIABETE (p<0.001); il gruppo con
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prediabete ha anche minore presenza di pazienti con placche rispetto a DM2+SM (p<0.001), FH (p<0.001) e LADA (p<0.0001). Dal confronto tra gruppi riguardo la prevalenza di danno d’organo complessivo (inteso come presenza di ipertrofia ventricolare sinistra e/o ispessimento mediointimale) emerge che il DM2 ha una prevalenza di danno d’organo significativamente minore della associazione DM2+ SM (p<0.05) e maggiore dei prediabetici; il DM2+ SM ha più pazienti con danno d’organo anche rispetto a SM (p<0.001),
FH
(p<0.05),
prediabete
(p<0.001)
e
LADA
(p<0.05);
il
PREDIABETE ha valori minori anche rispetto a FH (p<0.05) e LADA (p<0.001)
Parametri dell’onda sfigmica nei gruppi di pazienti. (Tabella 11)
La Pulse Wave Velocity media è risultata essere 10±2 m/s nel sottogruppo dei pazienti con diabete mellito di tipo II, 10±1 m/s nei pazienti con Sindrome metabolica, 11±2 m/s nei soggetti con associazione di diabete mellito di tipo II con Sindrome Metabolica, 8±1 m/s negli ipercolesterolemici familiari, 8±1 nel gruppo del prediabete e 10±3 nel sottogruppo dei pazienti con diabete di tipo LADA. L’Augmentation Pressure media è di 10±7 mmHg nel sottogruppo dei diabetici di tipo II, 9±4 mmHg nei pazienti con Sindrome metabolica, 10±6 nei pazienti con associazione di diabete mellito di tipo II con Sindrome Metabolica, 11±7 mmHg nel sottogruppo con ipercolesterolemia familiare, 9±7 mmHg nei prediabetici e 9±6 mmHg nei LADA.
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La Pressione Sistolica Carotidea media è di 137±23 mmHg nei diabetici di tipo II, 126±15 mmHg nei pazienti con Sindrome Metabolica, 133±15 mmHg nei soggetti con associazione di diabete mellito di tipo II e Sindrome Metabolica, 122±14 mmHg nell’ipercolesterolemia familiare, 121±15 mmHg nel prediabete e 129±15 mmHg nel diabete di tipo LADA. La Pressione Differenziale Carotidea media è 61±20 mmHg nel diabete di tipo II, 53±18 mmHg nella Sindrome Metabolica, 52±15 mmHg nell’associazione tra diabete di tipo II e Sindrome Metabolica , 49±13 mmHg nell’ipercolesterolemia familiare, 53±15 mmHg nel prediabete e 55±17 mmHg nel diabete di tipo LADA. Il rapporto tempo di transito/tempo di eiezione è 33±9% nel diabete mellito di tipo II, 37±8% nella Sindrome Metabolica, 34±10% nell’associazione tra diabete mellito di tipo II e Sindrome Metabolica, 35±10%
nell’’ipercolesterolemia
familiare, 40±11% nel prediabete e 34±11% nel diabete di tipo LADA. Confrontando i diversi gruppi di pazienti si rileva che nei pazienti con DM2 la pressione sistolica carotidea è sensibilmente maggiore soltanto rispetto ai pz con FH e prediabete, ma non varia significativamente rispetto alle altre categorie. La pressione diastolica carotidea
dei DM2 è superiore rispetto a quella dei
pazienti con DM2+SM e ai prediabetici. Anche la pressione differenziale centrale risulta sensibilmente superiore rispetto ai pazienti con DM2+SM e FH. Rispetto alle altre categorie non ci sono differenze significative. La PWv è più alta nel DM2 rispetto agli FH, LADA e prediabetici.
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Nel gruppo con SM ci sono poche differenze significative rispetto agli altri gruppi:la pressione arteriosa diastolica carotidea è significativamente inferiore rispetto a DM2+SM e la PWv è superiore a quella di FH e prediabete. Nell’associazione DM2+SM la pressione sistolica carotidea è maggiore rispetto ad FH e prediabete, così come la diastolica. Il tempo di transito
e il rapporto TT/TE sono molto differenti rispetto al
prediabete (p<0,001), indicando che i pazienti con malattia conclamata hanno un albero arterioso molto più rigido. Per lo stesso motivo anche la PWv è maggiore in questi pazienti. Gli FH hanno una pressione arteriosa sistolica carotidea
e una pressione
differenziale inferiore rispetto ai LADA, rispetto ai quali hanno anche una PWv inferiore. Gli FH hanno un Augmentation Index maggiore dei prediabetici. I prediabetici hanno una pressione sistolica e una PWv inferiore rispetto
ai
LADA.
Prevalenza dei principali parametri funzionali nella popolazione generale. (Tabella 12) (Figura 13)
Per valutare la prevalenza delle alterazioni dei principali parametri funzionali nella popolazione, abbiamo utilizzato i cut off dello score tonometrico, i quali sono riassunti nel paragrafo calcolo dello score tonometrico.
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La pulse wave velocity >12 m/s è presente nel 18% della popolazione, l’augmentation pressure >14mmHg si rileva nel 22% dei pazienti, un rapporto tempo di transito/tempo di eiezione <33% è presente nel 49% dei soggetti. Il 26% della popolazione ha una pressione sistolica carotidea >138 mmHg mentre la pressione pulsatoria carotidea è >65mmHg nel 20% dei casi.
Correlazione tra marcatori di danno strutturale e funzionale. (Tabelle 1314)(figure 14-15)
È stata effettuata l’analisi di correlazione tra ognuno dei 5 parametri dello score tonometrico (pulse wave velocity, augmentation pressure, pressione arteriosa sistolica carotidea, pressione arteriosa differenziale carotidea e rapporto tempo di transito/tempo di eiezione) e i due principali marcatori di danno strutturale (massa del ventricolo sinistro e spessore medio intimale). La correlazione della PWv ha prodotto una r di 0,30 (p<0.001) con la massa VS e di 0.24 (p<0.001) con lo spessore medio-intimale. La correlazione della augmentation pressure ha un r di 0,21 (p<0.001) con la massa VS, mentre la correlazione con lo spessore medio-intimale non è significativa. Correlando la pressione sistolica carotidea con la massa VS otteniamo una r di 0.28, con lo spessore medio-intimale è 0.25 (p<0.001).
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Il valore di r è 0.20 (p<0.001) tra pressione differenziale carotidea e massa VS, non significativa quella tra pressione differenziale carotidea e lo spessore mediointimale. Correlando il rapporto tempo di transito/tempo di eiezione con massa VS il risultato è non significativo, mentre se lo si correla con lo spessore medio-intimale si ottiene una r di – 0.19 (il segno negativo ci dice che è una correlazione inversa, cioè la massa del VS aumenta al diminuire del rapporto. Nella correlazione tra score tonometrico e massa VS la r è 0.27 (p<0.001), se correliamo lo score con lo spessore medio-intimale la r è 0.16 (p<0.001). Da questi dati emerge che le correlazioni più significative con la massa VS sono quelle di PWv, pressione sistolica carotidea e score tonometrico. Le correlazioni più significative con lo spessore medio intimale sono quelle della pressione sistolica carotidea e della Pwv. Effettuando un’analisi di regressione multipla (con metodo stepwise backward) inserendo come variabile dipendente la massa del ventricolo sinistro e come variabili indipendenti età, augmentation pressure, BMI e pressione arteriosa sistolica, tutte queste variabili entrano nel modello, il quale ha un R2 totale di 0,20. L’età entra nel modello al primo posto con un R2 di 0.08, segue la AP con 0.02 e poi BMI e pressione arteriosa sistolica con 0.01. Se manteniamo la massa del VS come variabile dipendente e le stesse variabili indipendenti ma sostituiamo la AP con la PWv il suo valore di R2 è 0.02,
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preceduta dall’età con 0.06 e seguita da BMI e pressione arteriosa sistolica con 0.01. Analizzando in regressione multipla lo spessore medio intimale con le variabili indipendenti età ,pressione differenziale brachiale, BMI e AP otteniamo dei valori di R2 rispettivamente di 0.18, 0.02,0.01e 0.01 (R2 del modello = 0.33). Se sostituiamo la AP con la PWV otteniamo delle R2 di 0.12 per l’età, 0.02 per la pressione differenziale, 0.01 per BMI e PWV (R2 del modello = 0.23)
Sensibilità e specificità dello score tonometrico per danno strutturale cardiaco e/o carotideo (IMT). (Tabella 15)
Abbiamo analizzato quattro caratteristiche del test: la sensibilità, la specificità, il valore predittivo positivo e il valore predittivo negativo. La sensibilità di un test è data dalla percentuale di pazienti con malattia che hanno un test positivo (veri positivi/veri positivi + falsi negativi).Un test molto sensibile , quando è negativo, ha un numero minimo di falsi negativi e quindi è utile per escludere la presenza della malattia. La specificità di un test è data dalla percentuale di pazienti senza malattia che hanno il test negativo (veri negativi/ veri negativi + falsi positivi). Un test molto specifico, quando è positivo, ha un numero minimo di falsi positivi e quindi rende molto probabile la presenza della malattia. Per questo motivo i test molto specifici si usano soprattutto per confermare la presenza della malattia.
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Tuttavia sensibilità e specificità sono caratteristiche intrinseche del test che solo quando si avvicinano al 100% permettono esclusivamente con la valutazione del loro risultato di diagnosticare o escludere la patologia in esame. In tutti gli altri casi, che rappresentano la maggioranza, i test diventano efficaci nel processo diagnostico solo insieme alla stima della prevalenza della malattia in esame. Il valori che legano la sensibilità e la specificità alla prevalenza sono il valore predittivo positivo e il valore predittivo negativo. Il VPP (veri positivi/ veri positivi + falsi positivi) indica la probabilità che un soggetto con test positivo sia ammalato. Il VPN invece esprime la probabilità che un soggetto con risultato negativo del test sia veramente sano. I dati della valutazione di sensibilità e specificità dello score tonometrico nel predire alterazioni strutturali sia cardiache che carotidee (ipertrofia ventricolare sinistra e/o ispessimento medio-intimale) hanno dimostrato una sensibilità dello score pari al 100% quando non ci sono parametri alterati;la sensibilità rimane alta con un parametro alterato e poi tende a decrescere. La specificità è pari al 98% con 5 parametri alterati, al 93% con 4 parametri alterati e all’89% con 3 parametri alterati. Lo score ha un elevato valore predittivo negativo, ovvero un’altissima probabilità che la malattia non sia presente quando l’esame è negativo.
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Sensibilità e specificità dei singoli parametri dello score tonometrico per danno strutturale cardiaco (IVS) e/o carotideo (IMT). (Tabella 16)
Abbiamo analizzato singolarmente sensibilità, specificità, valore predittivo positivo e negativo di ciascun parametro dello score tonometrico. Dai risultati si evince un’elevata specificità della pulse wave velocity pari all’88% e una specificità dell’85% della pressione arteriosa sistolica carotidea. I valori predittivi più alti sono risultati quelli della Pulse Wave velocity (76%) e della pressione sistolica arteriosa carotidea. I risultati di sensibilità e valore predittivo negativo sono bassi per tutti i cinque parametri dello score tonometrico.
DISCUSSIONE
È ormai appurato che i biomarcatori di danno strutturale cardiaco e carotideo (ipertrofia ventricolare sinistra, ispessimento medio intimale e placche carotidee) siano efficaci nel discriminare tra i soggetti a basso, medio e alto rischio di futuri eventi cardiovascolari (14,34). L’ultrasonografia carotidea permette il rilevamento di due principali indicatori di malattia aterosclerotica: le placche aterosclerotiche e l’ispessimento mediointimale.
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L’esame ultrasonografico permette inoltre di ottenere un’ulteriore stratificazione prognostica tramite la misurazione della percentuale di stenosi del vaso da parte della placca e tramite la visualizzazione delle condizioni della superficie della placca che, come è noto, sono importanti per predire il rischio di rottura, ulcerazione, trombizzazione e quindi embolizzazione. Tuttavia la formazione delle placche è un evento tardivo nella progressione della malattia aterosclerotica per cui si pone molta attenzione alla valutazione dell’ispessimento medio-intimale, il quale
è considerato un indicatore di
aterosclerosi diffusa, che coinvolge spesso le coronarie, ed è correlato con la presenza e la severità dei fattori di rischio. La valutazione dell’ispessimento medio-intimale è stata utilizzata anche nella valutazione della progressione del processo aterosclerotico e come end point per determinare il successo di interventi che abbassano i livelli di colesterolo LDL. Anche l’ipertrofia ventricolare sinistra è stata correlata con la presenza di placche aterosclerotiche nella circolazione generale e in particolare aortica, come dimostrato dallo studio di Hueb e coll(35) nel quale il 90% dei pazienti con placche presentava ipertrofia ventricolare sinistra mentre quest’ultima era presente solo nel 30% dei pazienti senza placche. Queste sono le motivazioni per le quali l’ultrasonografia cardiaca e carotidea sono metodiche già da tempo in uso nella pratica clinica di valutazione dei soggetti con fattori di rischio. I limiti di queste metodiche sono insiti nel fatto che visualizzano un danno strutturale che è espressione di malattia già conclamata, anche se asintomatica, e
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nei loro costi, i quali sono contenuti rispetto ad altre metodiche diagnostiche utilizzate nella pratica medica ma diventano importanti se si considera l’ampiezza della popolazione asintomatica sulla quale dovrebbe essere eseguito lo screening cardiovascolare. In questo panorama complesso vanno comparendo e si stanno progressivamente affermando, accanto a quelle tradizionali ultrasonografiche, altre metodiche che individuano il danno funzionale della parete dei vasi arteriosi, ancor prima che si renda evidente il danno strutturale. Tra queste metodiche, fino a qualche anno fa confinate alla ricerca clinica, grande interesse sta suscitando la tonometria. Essa consente la registrazione non invasiva ad alta fedeltà della morfologia dell’onda pressoria in distretti arteriosi centrali. L’incremento della velocità dell’onda di polso è stato considerato come indice precoce di alterata distensibilità delle grandi arterie(25). Nella nostra analisi bisogna tenere presente che le metodiche che valutano il danno strutturale e quello funzionale non si escludono a vicenda, ne è un esempio la valutazione del post-carico ventricolare, un importante determinante del danno cardiaco, la quale è meglio descritta in termini di relazione flusso-pressione piuttosto che di sola pressione o flusso; la tonometria di applanazione arteriosa ad alta fedeltà può essere usata per registrare la pressione centrale mentre contemporaneamente le metodiche ecocardiografiche Doppler permettono un’accurata valutazione del flusso attraverso la valvola aortica.(37) Sino all’avvento della tonometria la misurazione ad alta fedeltà dell’onda pressoria era possibile solo grazie ad esami altamente invasivi e costosi come
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l’angiografia che, per questi ovvi motivi, non sono utilizzabili in uno screening su una vasta popolazione asintomatica. Al contrario l’esame tonometrico presenta costi contenuti e una relativa facilità di esecuzione, ad eccezione di casi particolari quali individui obesi o con ridotta gittata, per cui si aggiunge un’ulteriore riduzione dei costi data dalla possibilità di esecuzione da parte di personale paramedico. La misurazione della PWv è comunemente accettata come il più semplice, non invasivo, fedele e riproducibile metodo per determinare la rigidità arteriosa. Lo studio della morfologia dell’onda pressoria carotidea riproduce fedelmente i fenomeni circolatori centrali ed è stato dimostrato che la pressione arteriosa centrale è correlata con gli eventi cardiovascolari in maniera più forte rispetto alla pressione brachiale, dato che quest’ultima sovrastima il reale carico pressorio che grava sul ventricolo sinistro (38). La misurazione della rigidità arteriosa dell’aorta e delle sue prime branche è fondamentale poiché, essendo i segmenti immediatamente a monte del ventricolo sinistro, sono responsabili della maggior parte degli effetti fisiopatologici della rigidità arteriosa. I dati estrapolati dal nostro studio hanno confermato le evidenze della letteratura riguardo il potere predittivo dei fattori di rischio, infatti nei nostri pazienti con danno d’organo l’età è significativamente maggiore (p<0.001) rispetto a quello senza danno d’organo, così come il BMI, la circonferenza vita (p<0.001), il colesterolo LDL, i trigliceridi e la glicemia (p<0.05); i valori di HDL sono significativamente più bassi (p<0.05) nei pazienti con danno d’organo.
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Nei pazienti con danno d’organo è anche significativamente maggiore la prevalenza di diabete, ipertensione e sindrome metabolica. Questi dati suggeriscono l’utilità dei fattori di rischio tradizionali per una prima stratificazione del rischio, la quale potrà poi essere rifinita dalle metodiche strumentali, e inoltre consigliano il controllo degli stessi fattori nell’intento di prevenire la formazione del danno d’organo. I dati riguardanti il rischio cardiovascolare nei sottogruppi indicano come il diabete mellito di tipo 2 e l’associazione del diabete mellito di tipo 2 con la sindrome metabolica siano i due gruppi più a rischio. Allo stesso modo l’ipertrofia ventricolare sinistra è significativamente più diffusa nel gruppo di associazione rispetto a FH, prediabete e LADA, dimostrando come in questi pazienti i processi fisiopatologici agiscano in maniera più aggressiva a carico del cuore. Il gruppo di associazione ha mostrato
anche le più elevate prevalenze di
ispessimento medio-intimale, placche carotidee e presenza di danno d’organo confermando come le due patologie abbiano un effetto sinergico nel provocare danni strutturali dell’apparato cardiovascolare. Esaminando le differenze nei parametri funzionali dei diversi gruppi di pazienti si rileva che il diabete di tipo 2 e l’associazione di quest’ultimo con la sindrome metabolica hanno tra di essi poche differenze significative, tuttavia i parametri di questi due gruppi sono significativamente più alterati rispetto agli altri raggruppamenti e soprattutto rispetto ai pazienti con prediabete, dimostrando
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come la presenza della malattia conclamata influisca in maniera rilevante sui parametri funzionali. Le correlazioni tra marcatori di danno d’organo strutturale e funzionale hanno prodotto degli R2 non significativi, suggerendo la necessità di ulteriori studi per confermare l’utilizzo della tonometria come esame di routine nella stratificazione del rischio cardiovascolare. Dall’analisi della sensibilità e specificità dello score tonometrico emerge un elevatissimo valore predittivo negativo, il quale apre le porte ad un utilizzo dei parametri funzionali come primo step dello screening cardiovascolare, in modo da evitare che
i soggetti negativi proseguano inutilmente lungo il percorso
diagnostico attraverso gli esami successivi, ottenendo in questo modo una notevole riduzione dei costi e un aumento della compliance dei pazienti. Esaminando i singoli parametri funzionali dello score tonometrico abbiamo messo in risalto un’elevata specificità della PWv e della pressione sistolica carotidea, i quali potrebbero essere quindi usati come test di conferma in associazione alla positività delle metodiche di danno d’organo strutturale. I risultati ci portano anche ad ipotizzare un possibile ruolo aggiuntivo di questa indagine nella valutazione dei soggetti a rischio che afferiscono agli ambulatori del Centro Cardiometabolico. Analisi di costo-beneficio e costo-efficacia, che non erano negli obiettivi del presente studio, saranno necessarie per definire ulteriormente l’applicabilità clinica di questa metodica diagnostica in popolazioni non selezionate di pazienti
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CONCLUSIONI I risultati del nostro studio: Ribadiscono le evidenze dimostrate in letteratura riguardo la necessità di una stratificazione accurata dei soggetti asintomatici a rischio di eventi cardiovascolari. Confermano come alcuni indici di rigidità arteriosa siano marcatori funzionali di malattia preclinica, in particolare la pulse wave velocity e la pressione sistolica carotidea Ipotizzano un utilizzo dello score tonometrico come screening di malattia cardiovascolare visto il suo elevato valore predittivo negativo, in modo da escludere i soggetti negativi dal secondo step diagnostico. Suggeriscono la necessità di altri studi più approfonditi per valutare la correlazione tra i biomarcatori di danno strutturale e funzionale. In seguito ad ulteriori studi, la tonometria, per i costi inferiori rispetto agli esami ultrasonografici, la non invasività e la facilità di esecuzione potrà rappresentare in futuro un valido strumento per lo screening cardiovascolare sulla vasta popolazione asintomatica. Inoltre tramite questa metodica sarà possibile individuare coloro che necessitano di interventi preventivi più aggressivi, consentendo di ottimizzare il rapporto costo/efficacia dei trattamenti farmacologici di prevenzione primaria e secondaria. Sebbene studi epidemiologici osservazionali di tipo prospettico siano necessari per una valutazione del numero di eventi cardiovascolari e
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cerebrovascolari in pazienti seguiti in Centri ultraspecialistici come quello Cardiometabolico e in quelli seguiti nel territorio per valutare il rapporto costo-efficacia di una strategia come quella adottata presso la nostra Azienda, i dati preliminari in nostro possesso confermano la bontĂ dei nostri orientamenti.
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TABELLA 1 Caratteristiche della popolazione studiata alla valutazione basale Numero casi Genere (% maschi) Età (anni) Indice di massa corporea (Kg/m2) Circonferenza vita (cm) Obesità (%) Pressione arteriosa sistolica (mmHg) Pressione arteriosa diastolica (mmHg) Pressione arteriosa differenziale (mmHg) Colesterolo totale (mg/dl) Colesterolo LDL (mg/dl) Colesterolo HDL (mg/dl) Trigliceridi (mg/dl) Glicemia (mg/dl) Ipertensione arteriosa (%) Ipercolesterolemia non FH (%) Ipercolesterolemia FH (%) Diabete tipo 1 (%) Diabete tipo 2 (%) Diabete tipo LADA (%) Ridotta tolleranza ai carboidrati (%) Sindrome metabolica (%) Fumo di sigaretta attuale/ ex (%) Malattia cardiovascolare pregressa (%) Trattamento anti-ipertensivo (%) Trattamento con statine (%) Pressione arteriosa a target (%) LDL a target (%)
320 50 62 ± 12 27± 4 100 ± 11 83 135 ± 18 79 ± 9 55 ± 15 184 ± 40 113 ± 37 53 ± 15 101 ± 78 140 ± 52 59 60 12 2 51 19 3 67 16/35 5 56 57 80 61
FH= ipercolesterolemia familiare
TABELLA 2 Classi di rischio cardiovascolare nella popolazione Rischio cardiovascolare (% media di rischio a 10 anni) Classi di rischio <10 % 10-20 % >20 %
12,36 ±11,68
50,94 21,56 27,50
TABELLA 3 Caratteristiche ultrasonografiche cardiache Diametro tele diastolico VS (cm) Spessore telediastolico della parete posteriore (cm) Spessore telediastolico del setto (cm) Indice di massa ventricolare (g/m2) Indice di massa ventricolare (g/m2.7) Ipertrofia VS (%)
massa VS ≥125 g/m2 massa VS ≥104 g/m2 F; ≥116 g/m2 M massa VS ≥51 g/m2.7 massa VS ≥46.7 g/m2.7 F; ≥49.2 g/m2.7 M
Frazione di eiezione (%) VS = ventricolo sinistro
4,88 ± 0,40 0,90 ± 0,13 0,94 ± 0,13 89,81 ± 20,55 43,10 ± 11,50 5,63 14,69 0 31,56 67,59 ± 6,88
TABELLA 4 Caratteristiche ultrasonografiche carotidee Spessore medio- intimale medio (mm) Diametro carotideo medio (mm) Ispessimento medio intimale (% dei casi) Placche carotidee (% dei casi) Placche con stenosi >50% (%) Stenosi carotidea (%) Plaque Score (%) nessun sito 1-2 siti 3-4 siti 5-6 siti Plaque score medio Aterosclerosi carotidea (%) IMT e/o ipertofia ventricolare sinistra (%) IMT + ipertrofia ventricolare sinistra (%)
0,81 ± 0,16 6,14 ± 0,73 39 72 7 29 ± 17 29 39 24 8 1,86 ± 1,71 75 55 15
TABELLA 5 Caratteristiche cliniche dei pazienti con e senza danno d’organo nella popolazione generale (placche e/o IVS) Senza danno d’organo
Con danno d’organo
% casi
45
55
Età
55,77 ± 12,31
66,32 ± 8,75!!
Maschi (%)
48
47
Femmine (%)
52
53
BMI (Kg/m2)
25,91 ± 4,08
28,6 ± 4,35!!
Circonferenza vita (cm)
96,69 ± 10,62
101,88 ± 11,48!!
Diabete (%)
53,46
84,66!
Ipertensione ( %)
36,11
78,41!!
Sindrome Metabolica (%)
49,31
80!!
Ipercolesterolemia (%)
63,89
78,40
Fumo attuale + ex (%)
45,45
66
Colesterolo totale (mg/dl)
188,13 ± 43,31
180,75 ± 37,47
Colesterolo LDL (mg/dl)
118,50 ± 40,35
109,22 ± 34,47!
Colesterolo HDL (mg/dl)
55,56 ± 15,67
50,30 ± 14,07!
Trigliceridi (mg/dl)
88,81 ± 50,40
110,20 ± 94,058!
Glicemia (mg/dl)
132,83 ± 50,94
140,05 ± 50,16!
!=p <0.05, !!= p<0.001
TABELLA 6 Terapia assunta al momento della valutazione iniziale nella popolazione generale
Aspirina (%)
19,06
Calcio antagonisti (%)
15,00
ACE inibitori (%)
26,56
BETA bloccanti (%)
14,38
Sartani (%)
22,81
Diuretici (%)
20,94
Statine (%)
57,19
Insulina (%)
22,81
TABELLA 7 Caratteristiche dei sottogruppi alla valutazione basale
Numero casi Maschi (%) Età BMI (Kg/m2) Circonferenza vita PA sistolica (mmHg) PA diastolica (mmHg) PA differenziale (mmHg) Colesterolo totale (mg/dl) Colesterolo LDL (mg/dl) Colesterolo HDL (mg/dl) Trigliceridi (mg/dl) Glicemia (mg/dl) Malattia CV pregressa (%) Ipertensione arteriosa (%) Obesità (%) Fumo di sigaretta attuale / ex (%) Sindrome metabolica (%) Trattamento antiipertensivo (%) Trattamento con statine (%) Pressione arteriosa a target (%) LDL a target (%)
DM2*
SM$
DM2 + SM&
FH°
22 95 67 ± 8 24 ± 2 90 ± 5 135 ± 21 79 ± 9 56 ± 18 180 ± 47 120 ± 46 48 ± 13 97 ± 45 146 ± 61 9 64 9 14/45
12 58 58 ± 12 27 ± 4 100 ± 9 130 ± 9 80 ± 6 50 ± 10 201 ± 31 128 ± 25 48 ± 12 119 ± 70 103 ± 17 8 25 100 8/50
143 55 66 ± 9 30 ± 4 105 ± 10 140 ± 19 82 ± 8 58 ± 16 175 ± 35 106 ± 32 47 ± 12 120 ± 103 150 ± 51 4 82 100 14/40
64 73 82 55
100 17 25 92 83
100 73 58 70 51
DM2= diabete mellito di tipo 2; SM= sindrome metabolica; FH= ipercolesterolemia familiare
LADA?
38 24 55 ± 11 25 ± 4 92 ± 10 135 ± 17 80 ± 12 55 ± 12 226 ± 55 149 ± 54 59 ± 14 93 ± 38 95 ± 11 10,53 37 82 14/36
PREDIABETE ^ 39 34 53 ± 14 25 ± 4 98 ± 7 125 ± 16 74 ± 9 51 ± 11 200 ± 26 127 ± 24 60 ± 14 75 ± 25 98 ± 12 15 85 21/26
57 47 62 ± 12 26 ± 4 96 ± 13 130 ± 16 76 ± 8 53 ± 15 167 ± 29 95 ± 22 59 ± 17 77 ± 42 154 ± 48 7 61 65 14/32
42 37 92 79 62
15 26 90 90
58 67 58 95 63
TABELLA 8 Rischio cardiovascolare nei sottogruppi
RC medio a 10 aa
DM2* 22 ± 16
SM$ 7 ± 9*
DM2 + SM& 17 ± 11$
FH° 4 ± 4**&&
PREDIABETE^ 5 ± 9**&&
LADA? 10 ± 9**&&°°^
RC= rischio cardiovascolare DM2 : diabete mellito tipo 2;SM: sindrome metabolica; FH: ipercolesterolemia familiare; **p<0.001,*p<0.05:DM2 versus SM,FH,PREDIABETE,LADA; $$ p<0.001, $ p<0.05: SM versus DM2+SM; && p<0.001, && p<0.05: DM2+SM versus FH,PREDIABETE,LADA; ° p<0.001, °° p<0.05: FH versus LADA; ^ p<0.001, ^^ p<0.05: PREDIA versus LADA;
TABELLA 9 CARATTERISTICHE ULTRASONOGRAFICHE CARDIACHE DEI SOTTOGRUPPI
&
DM2*
SM$
DM2+SM&
FH°
Diametro telediastolico VS (cm) Spessore telediastolico della parete posteriore (cm) Spessore tele diastolico del setto (cm) Indice di massa ventricolare (g/m2) Indice di massa ventricolare (g/m2.7) Ipertrofia VS (%) -massa VS≥46,7 g/m2.7 F ; ≥49.2 g/m2.7 M
4.0 ± 0.3 0.9 ± 0.07
5.0 ± 0.3 0.9 ± 0.1
4.9 ± 0.4 1.0 ± 0.1
1.0 ± 0.1 99 ± 17 43 ± 8 32
0.9 ± 0.1 90 ± 20 42 ± 11 17
Frazione di eiezione (%)
69 ± 7
71 ± 5
P<0.05, && p<0.001, DM2+SM versus FH, PREDIABETE, LADA
LADA?
4.9 ± 0.3 0.8 ± 0.1
PREDIABETE ^ 4.8 ± 0.5 0.8 ± 0.1
4.9 ± 0.5 0.9 ± 0.1
1.0 ± 0.1 94 ± 20 47 ± 12 43
0.8 ± 0.1 80 ± 16 37 ± 9 16&
0.8 ± 0.1 79 ± 19 37 ± 10 13&&
0.9 ± 0.1 90 ± 21 42 ± 11 28&
68 ± 7
69 ± 6
68 ± 7
65 ± 7
TABELLA 10 CARATTERISTICHE ULTRASONOGRAFICHE CAROTIDEE DEI SOTTOGRUPPI Spessore medio-intimale medio (mm) Ispessimento medio-intimale (% dei casi) Diametro carotideo medio (mm) Placche carotidee (%) Placche >50% Max carotid plaque stenosis Plaque score: nessun sito/1-2 siti/3-4 siti/5-6 siti (%) Plaque score medio Aterosclerosi carotidea (%) IMT e/o IVS (%)
DM2* 0.8 ± 0.1
SM$ 0.7 ± 0.1
DM2+SM& 0.9 ± 0.2
FH° 0.8 ± 0.1
PREDIABETE^ 0.7 ± 0.1
LADA? 0.8 ± 0.2
36
17
52$
34&
8*&&°
39^^
6.3 ± 0.7 91 5 31.7 ± 16.3 9/32/50/9
6.1 ± 0.6 58* 0 21.4 ± 15.4 42/33/25/0
6.3 ± 0.7 80 10 30.7 ± 17.1 22/41/26/11
5.8 ± 0.6 81 8 29.1 ± 17.1 24/42/21/13
5.7 ± 0.6 33**&&°° 6 25.4 ± 20.3 62/24/12/3
6.2 ± 0.7 74^^ 5 27.1 ± 18.2 26/51/19/4
2.8 ± 1.7 95 50
1.3 ± 1.6 58 25
2.1 ± 1.8 83 73*$$
2.1 ± 1.9 84 47&
0.9 ± 1.4 33 15*&&°
1.6 ± 1.4 79 53&^^
DM2 : diabete mellito tipo 2;SM: sindrome metabolica; FH: ipercolesterolemia familiare; **p<0.001,*p<0.05:DM2 versus SM, SM+DM2,PREDIABETE; $$ p<0.001, $ p<0.05: SM versus DM2+SM; && p<0.001, && p<0.05: DM2+SM versus FH,PREDIABETE,LADA; ° p<0.001, °° p<0.05: FH versus PREDIABETE; ^ p<0.001, ^^ p<0.05: PREDIA versus LADA;
TABELLA 11 Rigidità arteriosa e onde riflesse nei sottogruppi
PA sistolica carotidea (mmHg) PA diastolica carotidea (mmHg) PA differenziale carotidea (mmHg) Augmentation pressure (mmHg) Augmentation index (%) Tempo di transito (msec) Tempo di eiezione (msec) Tempo di transito / Tempo di eiezione (%) Distanza del sito di riflessione maggiore (cm) Pulse wave velocity (m/sec) Pulse wave velocity >12 m/sec (%)
DM2*
SM$
DM2+SM&
FH °
137±23 76±11 61±20 10±7 0.1±0.09 106±31 315±28 33±9
126±15 73±7 53±18 9±4 0.1±0.07 115±22 311±29 37±8
133±15 82±11*$ 52±15* 10±6 0.1±0.1 104±32 312±31 34±10
52±19
53±15
10±2 22
10±1 0
LADA?
122±14*& 73±13& 49±13* 11±7 0.2±0.1 111±32 318±49 35±10
PREDIAB ^ 121±15*&& 68±15*&& 53±15 9±7 0.1±0.1& ° 123±32*&& 311±29 40±11*&
129±15°^ 73±11& 55±17° 9±6 0.1±0.1 105±33^ 306±27 34±11^
55±19
43±12*&
50±14 °
50±17°
11±2 23
8±1*$ & 3*&
8±1*$& 0*&
10±3 °^ 28°^
PA = pressione arteriosa; PD = pressione diastolica DM2 : diabete mellito tipo 2;SM: sindrome metabolica; FH: ipercolesterolemia familiare; PREDIA: prediabete; LADA; **p<0.001,*p<0.05:DM2 versus SM, DM2+SM, FH, PREDIA, LADA,; $$ p<0.001, $ p<0.05: SM versus DM2+SM,FH,PREDIA,LADA; && p<0.001, && p<0.05: DM2+SM versus FH,PREDIA,LADA; ° p<0.001, °° p<0.05: FH versus PREDIA,LADA; ^ p<0.001, ^^ p<0.05: PREDIA versus LADA;
TABELLA 12 Caratteristiche dei parametri funzionali nella popolazione Pulse Wave velocity >12 m/sec ( % di casi)
18,31
Augmentation Pressure > 14 mmHg ( % di casi)
22,01
Tempo Transito / Tempo Eiezione < 33% ( % dei casi)
48,68
Pressione sistolica carotidea >138 mmHg (% di casi)
25,97
Pressione pulsatoria carotidea >65 mmHg ( % di casi)
19,81
TABELLA 13 CORRELAZIONI TRA MARCATORI DI DANNO STRUTTURALE E FUNZIONALE PWv AP SPCar PPCar FIPFR Score tonometrico
Massa VS r=0,30 (p<0.001) r=0,21 (p<0.001) r=0,28 (p<0.001) r=0,20 (p<0.001) (ns) r= 0,27 (p<0.001)
Spessore medio-intimale r=0,24 (p<0.001) (ns) r= 0,25 (p<0.001) (ns) r= -0,19 (p<0.001) r= 0,16 (p<0.05)
TABELLA 14 CORRELAZIONI MULTIPLE Variabile dipendente= massa VS R2 totale Età AP BMI Pressione arteriosa sistolica
0.20 0.08 0.02 0.01 0.01
Variabile dipendente= massa VS R2 totale Età PWv BMI Pressione arteriosa sistolica
0.16 0.06 0.02 0.01 0.01
Variabile dipendente = SMI R2 totale Età Pressione differenziale BMI AP
0.33 0.18 0.02 0.01 0.01
Variabile dipendente = SMI R2 totale Età Pressione differenziale BMI PWv
0.23 0.12 0.02 0.01 0.01
TABELLA 15 Sensibilità e Specificià dello score tonometrico per danno strutturale cardiaco (IVS) e/o carotideo(IMT) Score Cutoff Value
SENSIBILITA’
SPECIFICITA’
VPP
VPN
0.00
100%
0%
10%
100%
1.00
80%
34%
12%
94%
2.00
46%
62%
12%
91%
3.00
22%
89%
20%
91%
4.00
9%
93%
13%
90%
5.00
3%
98%
26%
90%
VPP:valore predittivo positivo;VPN: valore predittivo negativo
TABELLA 16 Sensibilità e specificità dei diversi parametri tonometrici e della Pulse Wave per danno strutturale cardiaco (IVS) e/o carotideo(IMT) PWv AP SP Car PP Car FIPFR
Sensibilità 26% 41% 38% 24% 51%
Specificità 88% 69% 85% 78% 64%
VPP 76% 63% 75% 57% 63%
VPN 46% 47% 52% 45% 51%
IVS= ipertrofia ventricolare sinistra; IMT= ispessimento medio-intimale; PWv= Pulse wave velocity; AP=augmentation pressure; SPCar= pressione arteriosa sistolica carotidea; PPCar= pressione differenziale carotidea; FIPR= rapporto tempo di transito/ tempo di eiezione; VPP= valore predittivo positivo; VPN= valore predittivo negativo
FIGURA 1: DAI FATTORI DI RISCHIO AGLI EVENTI CARDIOVASCOLARI, PASSANDO PER LA MALATTIA PRECLINICA
figura 1
FIGURA 2: CARTA DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE
FIGURA 3: VALUTAZIONE DEL PAZIENTE CARDIOMETABOLICO
FIGURA 4 :IPOTETICO ALGORITMO DIAGNOSTICO INCORPORANTE LA TONOMETRIA
FIGURA 5: MISURAZIONE ECOCARDIOGRAFICA DEL DIAMETRO TELEDIASTOLICO E TELESISTOLICO DEL VENTRICOLO SINISTRO E DELLO SPESSORE TELEDIASTOLICO DEL SETTO E DELLA PARETE POSTERIORE
FIGURA 6: ULTRASONOGRAFIA CAROTIDEA Misurazione spessore mediomedio intimale
Area di ispessimento focale
Arteria carotide comune, bulbo, carotide interna ed esterna
Rilevazione del flusso attraverso la stenosi tramite Eco Doppler
FIGURA 7: TONOMETRIA CAROTIDEA DI APPIANAMENTO
FIGURA 8 : MISURAZIONE DELLA VELOCITA’ DI PROPAGAZIONE DELL’ONDA
C
Curva pressoria carotidea
G
Distanza giugulo-carotide (m)
Distanza giugulo-femorale (m)
F
Curva pressoria femorale
T = tempo di transito T (sec) Velocità dell’onda sfigmica (m/sec) = (distanza GF distanza GC) T
FIGURA 9: ANALISI DELLA MORFOLOGIA D’ONDA CAROTIDEA
FIGURA 10: RIFLESSIONE DELL’ONDA ARTERIOSA IN UN’AORTA NORMALMENTE COMPLIANTE Soggetto giovane e normale
Onda pressoria riflessa debole e tardiva (diastolica, picco precoce dominante) PA (mmHg) 150
PAD
75
Compliance aortica normale 0 Tempo (msec)
FIGURA 11: RIFLESSIONE DELL’ONDA PRESSORIA IN UN’AORTA RIGIDA
Onda pressoria riflessa più intensa e precoce
Soggetto aterosclerotico
PA (mmHg) 160
PAS, AI
120
PAD
80
40
0
Perdita di compliance aortica Tempo (ms)
FIGURA 12: SOTTOGRUPPI DELLA POPOLAZIONE
Sottogruppi della popolazione 160 140 120 100 80 60 40 20 0
N째 pazienti
Figura 13: PARAMETRI FUNZIONALI NELLA POPOLAZIONE
Parametri funzionali nella popolazione 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0
% di pazienti con parametro alterato
FIGURA 14 : CORRELAZIONE TRA PWV E MASSA VS
LVMI vs PWVAF 180
R= 0.30 (p<0.001)
LVMI
145
110
75
40 0,0
5,0
10,0
15,0
20,0
PWVAF FIGURA 15:CORRELAZIONE TRA PRESSIONE SISTOLICA CAROTIDEA E MASSA VS LVMI vs SBPCar 180
R=0.28 (p<0.001)
LVMI
145
110
75
40 80,0
115,0
150,0
SBPCar
185,0
220,0
RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare innanzitutto il Prof. Antonello Ganau e la dottoressa Silvia Denti per la collaborazione nella stesura di questa tesi; voglio inoltre ringraziare Babbo e i suoi tentativi di essere severo, ai quali ha mai creduto nemmeno lui; Mamma e le sue parole di conforto nei momenti in cui pensavo di non farcela; zia Maria e zio Mimmia, sempre disponibili quando ho avuto bisogno di un consiglio; Salvatorica, che ha avuto la pazienza di correggermi la tesi; Davide Aldo e la buca delle lettere in via Amendola; Ribadi e le sue mutande lasche di primo mattino; Francesco e il grande sogno tibetano; Jean Marc, che percorse 280 km per aiutarmi a costruire un sogno; Buchicchio e il messaggio più bello che io abbia mai ricevuto; Max e le bottiglie di sambuca in due; Lillo e le 24 tessere lanciate sulle gambe del poliziotto; Amedeo e lo scampato frontale con la sbarra del parcheggio; Giovenzio, accompagnato in ospedale da una prostituta ; Scops e i furti da Eurasia; Garally e la colazione a Cagliari; Berto e il tipo che non riuscì a tirare fuori la mano dalla tasca; Lorenzino e la scossa dallo zozzone; Viglione e il tipo che aveva noleggiato il concerto in videoteca; Ippolito e la fototessera fuori dal Sergent; Polese e gli Intoccabili; Grazia, che ha sopportato centinaia di pagine di appunti buttate per la casa; Sofo, che mi iniziò alla vita universitaria; Wizi e il succo di frutta alla pesca in cucina; Marco Usai e il sorriso dello zozzone; Alberto e le risate quando scoprimmo che Buchicchio in quei momenti lì pensa alle guerre; Omar e il calcio volante al cassonetto; Gianni e il cane nel letto; De Gennaro e le matite; De Florio e la spinta a Giovenzio in mansarda ; Russu e la serratura del pandino che gli ha salvato la vita; Mattana e le inutili scorrettezze fuori dal Triciclo; Cascioni e lo scrigno dei pirati dai cinesi; Sassu sdraiato al free drink come un antico romano; Tonino e il tonno in cottura; Pietro Asara e l’angolatura del colletto a V di Angelino; Pietro Carta e il sollevamento andato a buon fine; Marco Bella e il posto di blocco tornando dal Ruscello;Ariu e la forcina lanciata dalla scogliera; Andromeda e i prodotti per lavare la macchina; Pietro Mura seduto nel sedile posteriore della macchina; Pedru, che tornò a petto nudo dopo aver lanciato la maglietta su un albero senza alcun motivo; Bruno e la sua commozione alla festa; Sovanni e la cunetta con la Doping; Za Zà, compagno di mille chiacchierate nel pianerottolo; il Riccio, che ha allietato le mie lunghe domeniche di studio; chiunque abbia vomitato sulle scale di casa mia.