Analisi linguistica dei romanzi di Jean-Claude Izzo

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A.D. MDLXII

U N I VE RS I T À D IPARTIMENTO

DI

D E G LI S TU DI D I S AS S A RI S CIENZE U MANISTICHE E S OCIALI ___________________________

CORSO DI LAUREA IN M EDIAZIONE LINGUISTICA

ANALISI LINGUISTICA DEI ROMANZI DI JEAN-CLAUDE IZZO

Relatore: PROF. LORENZO DEVILLA

Correlatore: PROF. FIORENZO TOSO

Tesi di Laurea di: FLAVIO S ANNA

ANNO ACCADEMICO 2011/2012



Sommario Introduzione .......................................................................................................................4 Capitolo 1: Marsiglia .........................................................................................................5 Origini del dialetto marsigliese .....................................................................................5 La città di Marsiglia ......................................................................................................5 Leggenda sulla fondazione della città ...........................................................................6 Storia di Marsiglia ........................................................................................................7 Il cambio del volto di Marsiglia ..................................................................................10 Marsiglia cosmopolita.................................................................................................15 Tessuto sociale di Marsiglia .......................................................................................16 Opposizione Marsiglia-Parigi .....................................................................................20 Marsiglia capitale della cultura 2013 ..........................................................................24 Capitolo 2: Jean-Claude Izzo...........................................................................................26 Origini e formazione ...................................................................................................26

Prime esperienze di gioventù ......................................................................................28 Carriera professionale .................................................................................................30 Raggiungimento della celebrità ..................................................................................32 Trilogia marsigliese ....................................................................................................36 Il protagonista: Fabio Montale ....................................................................................37 Amore per la sua città .................................................................................................40 Capitolo 3: aspetti linguistici ...........................................................................................43 Le due lingue storiche di Marsiglia ............................................................................43 Il francese di Marsiglia ...............................................................................................46 La tchatche e i tchatcheurs ..........................................................................................47 Parlare con le mani .................................................................................................48 Saluti ......................................................................................................................48 La famiglia .............................................................................................................49 Gli amici .................................................................................................................49 Il cattivo umore ......................................................................................................49 Esclamazioni e Interiezioni ....................................................................................49 Corteggiamento ......................................................................................................50


A tavola ..................................................................................................................50 Conclusioni ......................................................................................................................51 Bibliografia ......................................................................................................................53


Introduzione La seguente tesi si propone di analizzare i romanzi di Jean-Claude Izzo, scrittore francese contemporaneo, e in particolare la cosiddetta trilogia marsigliese. La finalità della tesi è quella di trovare la connessione tra l'autore, le opere e la sua città natale. Per poter fare ciò la tesi è stata divisa in più capitoli: nel primo si presenterà la città di Marsiglia, per poter conoscere meglio le caratteristiche così particolari di questa città, che è stata scelta da Izzo come ambientazione dei suoi romanzi. Si analizzerà in un primo momento la storia della città, che ha contribuito a creare una situazione unica nel panorama francese. In seguito si parlerà delle relazioni di Marsiglia con le altre città francesi e del ruolo che ricopre in Francia. Si esaminerà in seguito il tessuto sociale della città, da chi è composto, e si valuteranno dei fattori come disoccupazione e criminalità. Si parlerà in seguito dei numerosi immigrati di Marsiglia e dell'influenza che essi hanno avuto sulla città, sulla politica cittadina e più in generale nell'ambiente marsigliese. Si tratteranno poi gli aspetti economici di Marsiglia, dei settori che sono maggiormente sviluppati, di quelli in crisi e del tentativo di rinnovamento economico che coinvolge la città in questo momento e che la sta rivoluzionando. Si spiegherà infine il motivo dei rapporti controversi con Parigi capitale, esaminando sia gli attriti passati che il rapporto odierno. Nel secondo capitolo si analizzerà invece la vita di Jean-Claude Izzo, la sua relazione con Marsiglia e l'amore che lo legava a questa città. Si parlerà della vita dello scrittore spesa in una eterna lotta contro le ingiustizie sociali e di una passionalità rivolta verso i piaceri della vita, caratteristica che lo lega al personaggio dei suoi romanzi. Dalle sue opere verranno estrapolati dei passaggi che mostrano l'opinione dello scrittore sulla sua città, sui progetti che lo coinvolgono e sulla società in generale. Infine il terzo capitolo della tesi sarà riservato agli aspetti linguistici dei romanzi. Izzo ha infatti utilizzato nelle sue opere molti elementi del dialetto marsigliese. Queste variazioni verranno analizzate e si cercherà di comprendere le motivazioni che hanno spinto lo scrittore ad utilizzare il dialetto locale anziché l'equivalente in francese standard.


Capitolo 1: Marsiglia Origini del dialetto marsigliese Per comprendere approfonditamente i testi di Jean-Claude Izzo, bisogna soffermarsi su Marsiglia, la sua città natale, che ha contribuito così fortemente a formarlo e che ha fatto da sfondo alla maggior parte delle sue opere. Bisogna innanzitutto dire che, come si vedrà approfonditamente più avanti, la storia della città ha influenzato la formazione di un modo di essere, un atteggiamento del tutto particolare da parte dei suoi cittadini e unico nel panorama francese. Alla singolarità del carattere dei marsigliesi si associa anche la diversa parlata locale. Oggigiorno il francese di Marsiglia si avvicina sempre più a quello parigino, ma mantiene dei tratti caratteristici e una particolarità linguistica che è stata ripresa e utilizzata in diversi campi artistici, tra gli altri, nel cinema dal regista e scrittore Pagnol e nella letteratura da Izzo. La ragione di questa differenza linguistica ha radici storiche: come si vedrà nel capitolo riservato al francese di Marsiglia, la lingua parlata nel territorio era il Provenzale, e più specificamente il “Provençal méridional”. Il francese divenne lingua ufficiale nel 1539 ma continuò ad essere utilizzato solo nei documenti ufficiali e, più in generale, nello scritto, mentre il popolo continuava a parlare in provenzale. Il francese però si fece spazio progressivamente e sopratutto dopo la Rivoluzione francese venne utilizzato anche nel parlato, comunque influenzato dal dialetto locale.

La città di Marsiglia Marsiglia, in francese Marseille, è stata fondata nel 600 A.C. Raggiunse il suo apice economico tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, in concomitanza con la massima espansione coloniale francese. Dopo Parigi, forse, nessun'altra città francese è famosa o comunque caratteristica come Marsiglia. Per la sua importanza e per la varietà della sua popolazione, Marsiglia ha sempre ben rappresentato la grandezza della Francia nel bacino del Mediterraneo.


Oggi, con i suoi 850 602 abitanti (2009) è la seconda città della Francia, dopo Parigi, e inoltre capoluogo della regione Provence-Alpes-Côte d'Azur e del dipartimento delle Bouches du Rhone. É inoltre il primo porto della Francia e un punto di incontro tra Europa, Africa, Oriente, Alpi e Mediterraneo. La composizione etnica della città risulta quindi formata da una moltitudine di etnie (a quest'ultime viene riservato un capitolo specifico). È una città che continua a definirsi ribelle al potere centrale, e si vuole ostile a tutti i tipi di posizione politica estrema e intransigente. Ma uno dei suoi paradossi è che si trova interamente dipendente dallo Stato e dalle divisioni amministrative territoriali. Come tutti i grandi centri, risulta oggi in crisi: densamente popolata, in passato ha cercato di risolvere il problema di esubero della popolazione con nuove costruzioni somiglianti a casermoni, che non si integrano con il resto dell'architettura cittadina. La città guarda comunque al futuro essendo stata scelta come capitale Europea della cultura 2013; inoltre ha avviato attraverso molteplici iniziative urbanistiche e attività culturali un processo di rinnovamento e rilancio della sua immagine.

Leggenda sulla fondazione della città La leggenda della fondazione della città è conosciuta sia dai suoi cittadini che dai provenzali in generale; il suo carattere leggendario è simbolo di quello che è la città stessa. La regione della Provenza, dalla Camargue fino alle Alpi Marittime, era anticamente abitata da un popolo italiano, i liguri. Questi si sono successivamente dispersi e sono stati assimilati da altri popoli, pur lasciando il nome alla regione italiana e ad altre località da loro dominate. Si narra che un giorno di sole, un battello proveniente da Focea, comandato dal giovane principe Protis, trovò riparo in una ampia e suggestiva calanque, il Lacydon, che diventerà in seguito il Vieux Port. La popolazione ligure che vi risiedeva li accolse con calore e li invitò a una festa dove sarebbe stato scelto il futuro sposo della figlia del re, nonché successore al trono. Durante la cena, la principessa Gyptis scelse Protis come futuro sposo e lui decise di insediarsi nella calanque e di costruirle una città. Non si è sicuri della veridicità della storia, ma il volerci credere sembra spiegare bene lo spirito di accoglienza verso lo straniero che contraddistingue Marsiglia. Questa città è sia provenzale, sia mediterranea in senso lato, tanto da poter


essere accostata a Napoli o a Tunisi. Da sempre ha saputo integrare coloro che venivano da fuori, a partire dai francesi, riuscendo ad amalgamare e a far convivere le varie etnie, mantenendole vive. Marsiglia è diventata capitale della regione “Provence-Alpes-Cote d'Azur” dopo la seconda guerra mondiale, mentre in precedenza questo ruolo era esercitato dalla città Aix-en Provence, città aristocratica e più piccola di Marsiglia.

Storia di Marsiglia Marsiglia (gr. Μασσαλία, lat. Massilĭa) fu fondata intorno al 600 a.C. da coloni provenienti da Focea, città ionica d’Asia, e divenne presto capitale di un impero marittimo che si estendeva dalla Liguria alle coste spagnole. Si alleò con Roma contro Cartagine e riuscì a conservare anche durante l'Impero Romano lo statuto di città libera e

federata. Questa condizione di autonomia Marsiglia la mantenne anche sotto la

dominazione dei Burgundi, dei Visigoti (480-510), degli Ostrogoti (510-536) e sotto i re merovingi e carolingi. La città antica era situata su un rialzamento roccioso circondato per 3 lati dal mare e si stendeva ad anfiteatro sulle colline. Questa fu distrutta da Cesare nel 49 a.c. e ricostruita durante l’Impero Romano. L’acropoli, che comprendeva i templi di Artemide e di Apollo, si contrapponeva alla città bassa che si estendeva lungo il porto. Analizziamo

di

seguito

alcuni

avvenimenti

salienti

della

storia

cittadina:

nel 1437, il neo re di Sicilia e duca d'Angioy, René, arrivò a Marsiglia e ne favorì la ripresa, considerandola come punto strategico per la riconquista del regno di Sicilia. I cittadini focesi, da parte loro, si incaricarono della costruzione delle muraglie. Per rendere più sicuro il porto della città, si decise di costruire una nuova torre sulle rovine della tour Maubert. Il progetto rischiò di fermarsi subito, a causa della mancanza di finanziamenti, ma l'amore dei cittadini per la propria città, e in particolare della corporazione dei pescatori, permise di finanziare la ripresa dei lavori. La torre del re Renè verrà poi inglobata nel fort Saint-Jean, costruito da Luigi XIV. Nel 1524, l'armata francese in ripiegamento si rifugiò a Marsiglia; da qui si riorganizzò e costrinse in ritirata l'esercito del Sacro Romano Impero, che aveva assediato la città. Ma il pericolo scampato rese evidente il bisogno di nuove fortificazioni difensive: Francesco I decise di costruire due forti, uno sull'isola d'If (chateu d'If) e una


costruzione difensiva sulla collina che domina Marsiglia, che poi diventerà Notre Dame de la Garde. Dal 1655 al 1660, Marsiglia attraversò un periodo di agitazioni e di ribellioni che si concretizzarono con la comune di Marsiglia. Ciò fu intollerabile per Luigi XIV che decise di inviare le sue truppe per assediare la città. Bastò un impiego di 7000 uomini dell'esercito per calmare i Marsigliesi, ma per imporre la sua volontà e in segno di superiorità, il re decise comunque di entrare simbolicamente attraverso una breccia nelle mura e marciarvi come un vincitore. Inoltre per imporre obbedienza ai marsigliesi e anche per proteggere meglio la città costruì due fortini all'entrata del porto: a Nord il fort Saint-Jean, che si basa sulla torre Renè e ingloba la torre del fanale e a Sud il fort Saint Nicolas. Questo gesto del re segnò i cittadini, sia per le disposizioni che fu costretta ad accettare, sottomettendosi, sia per il fatto che i cannoni del fort SaintNicolas furono da allora rivolti verso la città. Il centro città si trasformò nel XVII secolo, con lavori che riguardarono strade, piazze, vie ed edifici con la facciata classica dai progetti di Puget, famoso architetto marsigliese. Al di fuori delle mura, lo sviluppo urbanistico andò sopratutto in direzione della Canebière, che diventerà quella attuale nel XVIII secolo e da allora diventò anche il centro degli affari. Al di fuori del centro cittadino il paesaggio restò dominato da case di campagna. La città che possiede la Camera di Commercio più antica della Francia acquisì la notorietà di porto mondiale e la demografia cittadina esplose, facendola diventare terza città della Francia. Nel 1792, Rouget de Lisle, giovane ufficiale militare, compose a Strasburgo il « Chant de guerre de l'Armée du Rhin ». Siamo nel periodo della rivoluzione francese e Marsiglia vi aderì con entusiasmo inviando 500 volontari a Parigi. Durante un banchetto venne cantato questo inno che entrò nei cuori dei marsigliesi, questi ultimi lo ripresero a tutto volume, mentre marciarono per le strade di Parigi. Il fascino dell'inno cantato da voci calde venute dal Sud elettrizzò la folla. L'inno prese per questo motivo il nome “la Marseilleise”. Una placca celebra il suo autore nel centro di Marsiglia. L'accrescimento territoriale e demografico portò ad un bisogno maggiore di disponibilità d'acqua, soprattutto dopo un episodio di siccità e un'epidemia di colera. Si


decise di attingere alle acque della Durance, e la costruzione del canale (87 Km di lunghezza) richiese 11 anni di lavori. Per celebrare la fine dei lavori, l'architetto Henry Espèrandieu venne incaricato di realizzare un monumento alla gloria dell'acqua, il famoso palais Longchamp. Questo architetto edificò anche la basilica di Notre Dame de la Garde, intervenne nella costruzione della nuova cattedrale de la Major, nella Joliette e partecipò alla costruzione della monumentale Préfecture. L'altro grande cantiere è legato al sistema ferroviario: Marsiglia fu collegata ad Avignone nel 1848. La stazione terminale fu situata sulla collina di Saint Charles dalla quale prende il nome. Nel 1938, Marsiglia venne colpita dal terribile incendio delle Nuovelles Galeries che causò la morte di 73 persone e distrusse diversi immobili sulla Canebière. Di fronte alla grandezza dell'incendio, i pompieri di Marsiglia, mal equipaggiati e mal addestrati si mostrarono incapaci di spegnerlo. Edouard Daladier che era presente per il congresso del Partito radicale e alloggiava nell'hotel di Noailles, che stava di fronte alle Nuovelles Galeries in fiamme, dichiarò: “Non c'è dunque nessuno capace di far regnare l'ordine in questa città!”. Il governo decise allora che la città dovesse essere protetta da un'unità militare. I 32 marin-pompiers dell'arsenale militare di Tolone vennero assoldati, avendo fatto una buona impressione. Il servizio antincendio della città venne quindi assegnato ad una unità della marina nazionale. Il battaglione dei marins-pompiers fu creato con un decreto legge nel 1939. La municipalità marsigliese, anche a causa di forti problemi finanziari, venne privata delle sue funzioni e la città fu messa sotto tutela e dotata di un amministratore straordinario fino alla Liberazione nel 1944. In seguito allo sbarco americano nell'Africa del nord, le truppe tedesche occuparono Marsiglia il 12 Novembre 1942. A soffrire dell'occupazione fu il quartiere del VieuxPort e in particolare il Panier, il più antico, considerato dai nazisti come un covo di briganti e nascondiglio per i soldati tedeschi disertori. Quelle stradine maleodoranti, così simili ai bassi napoletani, erano intollerabili per l' ordine e la pulizia tedesca e Hitler stesso ordinò di raderlo al suolo: in poco tempo venne organizzata una retata e nella notte del 22 Gennaio 1943 vennero arrestate più di un migliaio di persone che verranno deportate verso i campi di sterminio. Due giorni più tardi le SS ordinarono agli


abitanti del Vieux- Port di lasciare, nel giro di due ore, i loro domicili con 30 Kg di bagagli. Verranno espulse 30 000 persone e nelle settimane seguenti 1500 immobili saranno fatti esplodere, lasciando un campo di rovine che verrà ricostruito negli anni 50.

Il cambio del volto di Marsiglia Nel corso dell'ultimo secolo, il capoluogo della Provenza ha sempre avuto una pessima fama, sopratutto in relazione alla mafia importata dagli immigrati poveri di origine italiana e corsa. Questo tipo di criminalità ha reso famosa Marsiglia nel mondo, ma come città di delinquenti e immigrati, ideale sfondo dei “gangster movies”, di cui Borsalino e La Scomoune (in italiano: “Il clan dei marsigliesi”) rimangono i capolavori. Quest'idea di Marsiglia, basata comunque su fondamenta reali, ha per anni rallentato lo sviluppo economico della città, dato che gli investitori stranieri temevano di investire là dove regnava la criminalità e il disordine. Inoltre il turismo d'élite o comunque di massa era concentrato su altre zone della Provenza e interessava la città solo in modo marginale. La nascita della malavita marsigliese avviene all'inizio del novecento con gli arrivi di immigrati italiani e corsi. Alcuni dei nomi più altisonanti sono entrati nella storia della città: la vita dei gangster Paul “Venture” Carbone e Francesco “Lydro” Spirito ispirò il film Borsalino con Alain Delon e Jean-Paul Belmondo. Tra le loro malefatte più famose c'è quella di essere riusciti a contrabbandare 34 tonnellate di parmigiano tra Genova e Tolone. Negli anni 40, il Panier era diventato una cittadella del crimine, al punto che i vertici nazisti, Hitler e Himmler in prima persona, decisero di raderlo al suolo. Il quartiere venne poi ricostruito negli anni 50 e divenne, ironicamente, un rifugio per innumerevoli ebrei. Durante gli anni 60 il “milieu”, ovvero la criminalità organizzata, si organizza e intrattiene rapporti d'affari con Sicilia, Canada e Stati Uniti, arricchendosi sempre di più. E lo stile di vita di questi personaggi tenderà ad assomigliare a quello dei gangster di Chicago, della gang di Al Capone, con macchine costose e sportive, vestiti firmati e belle donne, allontanandosi dall'austerità che contraddistingueva i loro “colleghi” siciliani. Secondo il capo dell'antinarcotici americana l'80 % della droga consumata negli Stati Uniti veniva prodotta dal clan dei Marsigliesi. I nomi più conosciuti di quell'epoca, Jo "toreador" Lomini e Ansan "Aga Khan" Bistoni o ancora Jean-Claude "Occhi azzurri"


Kella, Raymond "il Cinese" Mihière, Antoine "Spillo" Cossu rispecchiano quella voglia di appariscenza e grandezza del periodo. Ma negli anni 90 arriva un declino, quasi naturale della malavita: l'ultimo boss degno di nota, Francis Vanverberghe, detto il "Marlon Brando del Panier" o "le Belge", morì nel 2000, freddato da nove pallottole a Parigi, a pochi metri dal Fouquet's. Era stato il protagonista di quella French Connection che trattava l'eroina prima di esportarla negli Stati Uniti e aveva vissuto nelle prigioni francesi ben 18 dei suoi 45 anni. Dopo la sua morte nessuno riuscì a prenderne il posto in quanto a carisma, e i fatti di cronache si ridimensionarono, se si pensa che fino al 1990 le guerre tra clan provocavano 3 omicidi al giorno. Gli atti criminali di oggi sono scippi, furti d'auto e d'appartamento e sfruttamento della prostituzione. Bisogna aggiungere che l'industria ha svolto un ruolo principale nella storia recente della città. Tra il 1945 e il 1975 la crescita economica marsigliese attira più di 300 000 nuovi arrivati, venuti da altre parti della Francia o rimpatriati dall'Algeria o ancora immigrati. Negli anni '60 Marsiglia conosce una ricomposizione sociale profonda, che scombussola i riferimenti culturali e religiosi locali. Lo spazio urbano si adatta a questa trasformazione: a Nord della Caniebère, vengono creati i quartieri popolari. Un insieme di 80 000 alloggi sociali che ospitano più di 250 000 abitanti e dove il tasso di disoccupazione è due volte superiore alla media. Il Sud della città diventa la parte bella e residenziale. Ma tra il 1975 e il 1990 il comune perde più di 70 000 impieghi legati all'industria e all'edilizia, la fascia di cittadini più povera fu quella che ne risentì maggiormente. Ritornando al discorso sulla criminalità, a partire dagli anni 90, in corrispondenza col declino della mafia italo-corsa, qualcosa è cambiato e si è deciso di dare un nuovo volto a Marsiglia. La città è stata coinvolta in progetti importanti, con l'obiettivo di risollevare l'economia cittadina e il primo e il più significativo è stato “Marseille Euroméditerrannée”. Quest'ultimo, dal 1995, ha definito una serie di azioni che coinvolgessero le maggiori città che si affacciano sul Mediterraneo; attraverso questa pianificazione, Marsiglia è riuscita a concepire un piano di ristrutturazione e sviluppo economico finanziato con fondi europei, impegnandosi nella riabilitazione di un perimetro di 480 ettari che interessa il quartiere della Joliette. Questo quartiere, che veniva chiamato i “docks” corrisponde al vecchio porto della città e si sta cercando di trasformarlo in un “arteria” economica pulsante con numerosi uffici e posti di lavoro, nuovi negozi e molte aziende che lavorino nel terziario e nei servizi. Questa


trasformazione che coinvolge Marsiglia, è stata definita come la più grande operazione di rinnovamento urbano dell'Europa del Sud. Ma come sempre quando si tratta di grandi cambiamenti, ci sono delle persone contrarie. Tra questi è emblematico il pensiero di Izzo, che nei suoi romanzi più volte ha ripreso questo tema. Comme moi, tous les projets concernant le port l'inquiétaient. Un mot empâtait la bouche des élus et technocrates. Euroméditerranée. Tous, même ceux qui étaient nés ici, comme l'actuel maire, avaient les yeux rivés sur l'Europe. L'Europe du Nord, cela s'entendait. Capitale, Bruxelles. Marseille n'avait d'avenir que renonçant à son histoire. C'est cela que l'on nous expliquait. Et s'il était souvent question du redéveloppement portuaire, ce n'était que pour mieux affirmer qu'il fallait en finir avec ce port tel qu'il était aujourd'hui. Le symbole d'une gloire ancienne. Même les dockers marseillais, pourtant coriaces, avaient fini par l'admettre.

Izzo (2006, p.654) e ancora: Euroméditerranée devait être la «nouvelle donne» pour que Marseille revienne sur la scène internationale, par son port. J'en doutais. Un projet né à Bruxelles, dans la cervelle de quelques technocrates, ne pouvait avoir pour souci l'avenir de Marseille. Seulement de réguler l'activité portuaire. De redistribuer les cartes en Méditerranée, entre Gênes et Barcelone. Mais pour l'Europe, les ports de l'avenir c'était déjà Anvers et Rotterdam. On nous bidonnait, comme toujours. Le seul avenir qu'on traçait pour Marseille, c'était d'être le premier port frutier de la Méditerranée. Et d'accueillir des croisières internationales. L'actuel projet lorgnait essentiellement vers ça[...]Quartier d'affaires, centre de communications internationales, téléport, université du tourisme... Une manne pour les entreprises de bâtiment et de travaux publics.

Izzo (2006,p.532)

Un altro evento catalizzò l'attenzione di tutto il mondo su Marsiglia: la coppa del mondo del 1998, che dando una visibilità internazionale alla città, le permise di poter essere apprezzata. Per la prima volta la capitale della Provenza appariva come una città soleggiata e bagnata dal mare, non come un groviglio di quartieri caotici popolati da delinquenti. Si scoprì la bellezza di quel mare color blu scuro che era ornato da splendide falesie di granito e arricchito da isolette inabitate e glabre. Se fino agli anni Novanta, Marseille la rebelle era la macchia nera d' Oltralpe, già dal 2000 la tendenza cambiò e tra le altre ragioni si può aggiungere anche l'inaugurazione del TGV, treno ad alta velocità. Questo mezzo facilitava gli spostamenti da un capo all'altro del paese, e collega tutt'ora Parigi direttamente a Marsiglia in sole tre ore. Marsiglia iniziò a non fare più paura come un tempo ma anzi, ad andare di moda.


Con la rivalutazione di alcuni quartieri più eleganti, i prezzi degli appartamenti vennero raddoppiati e poi triplicati. Inoltre, dopo un periodo in cui i marsigliesi emigravano per cercare occupazione, la popolazione tornò ad aumentare fino ad 8000 unità l'anno, fino ad arrivare al milione attuale. Nonostante tutti questi dati positivi, Marsiglia continuava ad avere qualche macchia, come la sporcizia, che colpisce sopratutto coloro che arrivano da altre città pulitissime della Provenza, o come il tasso di disoccupazione. Questa rivalutazione dell'immagine di Marsiglia spinse coloro che ci videro delle possibilità di guadagnarci molto denaro, alla sua “riconquista”. Tra questi si trovano gli odiati parigini, insieme a inglesi, belgi e tedeschi in cerca di quella luce che nei loro paesi settentrionali è nascosta dalle nuvole. Ma d'altro canto questo processo è servito per far convergere del capitale estero sulla città, ed è stato un investimento sia a livello urbanistico (Marsiglia è infatti adesso un cantiere aperto in seguito ai lavori come capitale europea della cultura 2013), sia a livello di rilancio dell'immagine, che la vede capitale del sud della Francia e in possesso del secondo porto d'Europa. Ad avvalorare la tesi del rilancio dell'immagine di Marsiglia bisogna dire che, una volta avviato il progetto di rivalutazione, numerosi avvenimenti hanno coinvolto la città: il forum mondiale dell'acqua 2012 e la scelta come capitale della cultura 2013, sono due manifestazioni volte a dare delle direttive economiche importanti, che ne valorizzeranno l'economia e l'occupazione, la storia e la cultura. Tuttavia, il progetto di modernizzazione, viene vissuto da una parte di marsigliesi che sono legati al passato, come una svendita della città agli stranieri. Tra i motivi di questa preoccupazione si trova la minaccia di cambiare i connotati di quella Marsiglia povera ma autentica che era la culla di tutti gli immigrati che cercavano un futuro migliore, la New York Europea. Tra coloro che difendevano l'immagine di quella Marsiglia si era schierato in prima linea, come si è detto, Jean Claude Izzo, per ovvie ragioni sia di provenienza sociale (era infatti figlio di immigrati), sia per un indirizzo politico contrario al capitalismo. Come sostiene Nardini (2010, p. 96) per Izzo: Marsiglia non è ricca. La sua povertà, ancestrale, è un motivo ricorrente nell'opera dello scrittore. Anche se nella povertà scorge una condizione di libertà anarcoide, di umana felicità condita dal diritto al sogno.[...] La città amata da Izzo è quella più autentica, quella che non si è prostrata di fronte alle “esigenze” di immagine mediatica. Una città del Sud spesso disprezzata, come se fosse una provincia del


terzo mondo, un'improvvisazione permanente inghiottita da quel suo essere scalcinata e sregolata. Ma è in questo la sua bellezza. In quell'incapacità di omologarsi, a piegarsi all'idea di città di mare.[...] Il sogno d'importazione è la vera minaccia: il porto nuovo fiammante, le crociere, gli yacht miliardari. Aziende nuove, quartieri nuovi, palazzi nuovi. Colossi di cemento che hanno strangolato le rocce bianche che la illuminano. Turismo, politica fondiaria e immobiliare, commercio. La città portuale va cancellata. Perché è la città dello scandalo, del grappillage, degli arabi e degli scaricatori. Il vento moralizzatore tenta di ucciderne l'anima meticcia. E il porto, sul quale si è discusso e si discute ancore, resta comunque una frontiera dove circola una ricchezza colossale. Una ricchezza intorno alla quale ruotano imprese di vigilanza assoldate da quelle di scarico, dove la mala del terzo millennio, quella con la cravatta di Hermès e il cellulare rivestito Vuitton, ha piazzato i propri uomini. Il futuro del porto di Marsiglia è in un progetto che coinvolge tutto il Mediterraneo. Frutta e crociere internazionali. Il resto altrove. Le banchine, i vecchi hangar, saranno solo immagini sbiadite dall'oblio.

Izzo della sua città amava sopratutto la zona del porto e il Panier. Quest'ultimo è il quartiere più antico di Marsiglia e ne ha racchiuso splendori e miserie, conservando le tracce della sua storia antica e recente e, probabilmente, configurandone il futuro; ma adesso il Panier è al centro dei progetti di “riabilitazione urbana”. Questi progetti consistono in una “bonifica”, ovvero sfrattare con danarosi espropri di massa i proletari che vi abitano per poter alzare il prezzo degli immobili alle stelle. Tra coloro che ne risentono maggiormente ci sono gli arabi che dagli anni Sessanta, dopo la Guerra d' Algeria, hanno popolato il centro della città a decine di migliaia. Si cerca di verniciare e camuffare quella parte di Marsiglia e di renderla simile ad una città turistica qualsiasi, dandola in pasto ai pacchetti turistici e alle società immobiliari. Gli immobiliaristi si difendono sostenendo che si tratta di una riconquista, con la quale la città più sporca e malfamata di Francia si sta trasformando in un luogo del “bon vivre”. Al contrario, Izzo voleva conservare del Panier gli odori, la semplicità, gli schiamazzi, le risa, l'autenticità, la povertà. Questo perché era un quartiere del tutto particolare, considerato quello della vergogna, che fu la culla di tutti coloro che non avevano un soldo in tasca, dei perseguitati, dei senzatetto, degli scaricatori di porto e dei marinai. L'operazione di sfratto non è quindi di facile attuazione: c'è chi, come Izzo, sostiene che il melting pot, la multi etnicità del quartiere sia caratteristica da preservare, come la presenza di certi profumi e di certe tradizioni. Anche con la dovuta ricompensa economica questa operazione sa di epurazione sociale/etnica e come tale rimane quantomeno discutibile, dato che già una prima epurazione è stata fatta, come abbiamo visto, dai nazisti nella seconda guerra mondiale. Le Panier ressemblait à un gigantesque chantier. La rénovation battait son plein. N'importe qui pouvait acheter ici une maison pour une bouchée de pain et, en plus, la retaper entièrement à coups de crédits spéciaux de la Ville. On abattait des maisons, voire des pans de rue entiers, pour créer de jolies placettes, et donner de la


lumière à ce quartier qui a toujours vécu dans l'ombre de ses ruelles étroites.[...] De tout temps, on avait débarqué ici sans un sou en poche. C'était le quartier de l'exil. Des immigrés, des pauvres[...]La rénouvation voulait enlever la mauvaise réputation qui collait à la peau de ces rues.

Izzo(2006, p.433)

Marsiglia cosmopolita Mon père m'avait dit:«Oublie pas. Quand je suis arrivé ici, le matin, avec mes frères, on savait pas si on aurait à manger à midi, et on mangeait quand même.» C'était ça, l'histoire de Marseille. Son éternité. Une utopie. L'unique utopie du monde. Un lieu où n'importe qui, de n'importe quelle couleur, pouvait descendre d'un bateau, ou d'un train, sa valise à la main, sans un sou en poche, et se fondre dans le flot des autres hommes. Une ville où, à peine le pied posé sur le sol, cet homme pouvait dire: «C'est ici. Je suis chez moi.»

Izzo (2006,p.257)

Marsiglia, città commerciale e industriale, da lungo tempo primo porto della Francia, ha sempre accolto cittadini provenienti da tutte la parti del mondo. Fondata da greci di Focea, ha avuto già dai suoi albori delle minoranze (etruschi, liguri, celti, salluvi, romani). Durante l'epoca borbonica e poi franca, la città ha perso in numero di abitanti ma è rimasta poliglotta e multi-etnica (vi emigrarono i provenzali provenienti soprattutto dall'alta Provenza e i francesi provenienti dalle altre regioni) in un contesto comunque per la maggior parte latino e provenzale. Alla fine del XVIII secolo, la metà della popolazione non era di origine marsigliese: tra i principali gruppi di stranieri si trovavano gli italiani (soprattutto genovesi e piemontesi) così come gli spagnoli (tra cui numerosi catalani), greci o levantini. La città focese ha accolto varie nazionalità durante il solo XX° secolo: gli italiani (nel 1934, su 800 000 abitanti, 127 000 erano recensiti italiani) e greci e partire dalla fine del XIX secolo, russi emigrati nel 1917, armeni nel 1915 e 1923, corsi negli anni 20 e 30, spagnoli dopo il 1936 (guerra civile spagnola), magrebini (soprattutto algerini e tunisini) dopo il periodo tra i due conflitti mondiali,«Pieds-Noirs» nel 1962, africani (50 000 dalle Comore nel 1999). Tutti, con diversa incisività, hanno lasciato una impronta nel parlare, nella cultura popolare e nel comportamento marsigliese. Tuttavia non tutti sono d'accordo per accettare una Marsiglia «black, blanc, beur», “nera, bianca, araba” : il Front National (partito di estrema destra che ha svolto le sue campagne elettorali individuando negli stranieri e in particolare negli arabi la causa dei problemi della città) ha ottenuto regolarmente a Marsiglia un buon numero di voti. Per


esempio nell'aprile 2012 la candidata del Front National, Marine Le Pen ha raggiunto il 21,22% dietro solo Hollande(28,05 %) e Sarkozy (26,93 %). Questo risultato si può in parte spiegare perché il partito di destra fa leva su questioni come il tasso di criminalità e di disoccupazione della città, che sono tra i più elevati della Francia metropolitana. Per quanto riguarda la disposizione all'interno della città delle varie etnie, bisogna dire che non esistono dei ghetti razziali, ma sono sopratutto sociali. Questo perché le varie ondate d'immigrazione sono state successive alla costruzione dei principali quartieri della città e quindi hanno ripartito gli immigrati in tutte le parti di Marsiglia.

Tessuto sociale di Marsiglia La situazione sociale di Marsiglia non è delle migliori rispetto alle altre città della Francia, infatti la disoccupazione raggiunge percentuali alte (22% nella città, fino al 50 % in alcune cités). La città conta 100 000 persone il cui stipendio si situa al di sotto della soglia di povertà, di cui 35000 Rmistes (coloro che percepiscono un contributo dallo stato perché privi di stipendio o con reddito inferiore al minimo salariale). Ma la povertà in città può definirsi condivisa, perché, al contrario delle altre metropoli della Francia, qui i ricchi non hanno escluso i poveri e anche i “banlieues” sono inclusi nella città. Ciò non toglie che un numero importante di persone appartenenti alla media e alta borghesia abbiano abbandonato il centro città per abitare nei quartieri defilati più altolocati, creando uno spostamento della ricchezza nella città e lasciando le altre amministrazioni comunali con risorse finanziare limitate. I palazzoni popolari, chiamati in francese HLM, fanno anche loro parte integrante di Marsiglia. La presenza del ceto proletario in città è una delle spiegazioni del forte sentimento identitario che caratterizza la città e che si concretizza nell'attaccamento alla squadra locale, l'OM. Il centro-città appartiene a tutti, ai poveri come ai ricchi. Il sabato, per tutti i giovani di Marsiglia, di tutte le condizioni sociali, l'appuntamento è davanti alle vetrine dei negozi della Canèbiere e delle strade limitrofe (Rue Paradis, Rue de Rome e Rue Saint Ferreol). Nelle domeniche, invece il punto di ritrovo giovanile sono le spiagge artificiali del Prado che attirano migliaia di passeggiatori dai quartieri poveri verso i quartieri chic della città. Qui sono le persone di condizione agiata che si sentiranno escluse, e per tale motivo le famiglie più benestanti preferiranno dirigersi


nei giorni di vacanza verso le spiagge più in voga della regione Var, lontano dal caos di Marsiglia. In tutta la città, la presenza dei ricchi è quasi invisibile. Sono infatti rarissimi i SUV e le moto di grossa cilindrata, e i pochi che si trovano appartengono probabilmente a qualcuno del “milieu”. Il pericolo nel possedere mezzi del genere sta nel rischio di parcheggiarlo e ritrovarlo in alcuni casi bozzato, rovinato o nel peggiore dei casi, se è un veicolo particolarmente bello e tecnologico, c'è il rischio che venga rubato, smontato e rivenduto in pochissimo tempo. Il capoluogo della Provenza è infatti il centro del commercio delle auto rubate in Francia, con un mercato che va verso l'Italia e l'Africa. Le auto giapponesi sono quelle preferite dai ladri, mentre ai possessori di quelle europee, ormai senza mercato, potrebbe capitare che vengano “prese in prestito” da qualche delinquente per poi essere ritrovate al Vieux Port o in qualche spiaggia. Anche per gioielli, borsette costose e cellulari all'ultimo grido vale lo stesso discorso, infatti il rischio sarebbe quello di vederseli strappati da dosso. Si predilige quasi sempre un abbigliamento austero, anche nelle occasioni più eleganti e la combinazione jeans, giubotto, camicia rimane la preferita, niente smoking o abito lungo. La sobrietà e la discrezione dei marsigliesi è quindi una condizione quasi obbligatoria. La città è pervasa da una piccola delinquenza diffusa che costringe le persone ricche a girare “mimetizzate” da medio borghesi. Questo clima di timore è percepibile nella vita quotidiana dei cittadini ma questa condizione non sembra farli soffrire, in quanto sembrano essersi adeguati a vivere in un mondo anarchico nel bene e nel male, senza essere ossessionati dalla paura, al contrario di quanto sostenuto dal partito di destra di Jean Marie Le Pen, nelle sue campagne elettorali. Per il turista l'impressione è certamente diversa, difficile al primo impatto, ma l'importante è seguire delle comuni regole di sicurezza base e calarsi nell'ambiente marsigliese, cercando di evitare tutto quello che può mettere in pericolo e stare ben vigili, sopratutto di notte. Si può dire che il turista che va in vacanza a Marsiglia, città stupenda per alcuni aspetti, deve rendersi conto del fatto che si tratti di una città particolare e accettarla anche con le sue pecche. L'opinione degli altri francesi sulla città focese è molto negativa, non senza motivo, e la considerano altamente insicura, malavitosa e sporca.


Questo non fa altro che alimentare l'idea dei marsigliesi che i loro connazionali, identificabili sopratutto negli odiati parigini, vogliano tenere Marsiglia in un ruolo marginale, demonizzandola. Oltre alla rete di piccola criminalità, ci sono poi forme criminali più grandi, di stampo mafioso, le grand banditisme. Gli interessi di questa organizzazione si legano spesso a quelli della politica e degli affari. Inoltre esiste un fiorente mercato della droga e in particolare eroina, nelle cités (chiamate anche i quartieri Nord). Le bande sono composte in gran parte da adolescenti, perché considerata la scarsità del lavoro nei quartieri poveri, vengono catturati dall'idea di guadagnare velocemente. In queste cités il paesaggio è costituito da distese di asfalto e palazzoni abitati da immigrati o cittadini francesi di recente acquisizione, tutti in condizioni economiche difficili. La polizia stessa evita di addentrarsi in questo territorio lasciato all'anarchia, dove vige la regola del più forte e molto spesso le faide vengono risolte a colpi di kalashnikov. Per i cittadini che non vi abitano è rarissimo addentrarsi in queste zone e per farlo si devono attraversare veri e propri posti di blocco da parte di gruppi che sorvegliano il territorio. Senza ogni dubbio sono posti dove è meglio recarsi con qualcuno che vi abiti. Nonostante questa presenza criminale, Marsiglia non ha mai conosciuto delle violenze urbane come si sono viste a Tolosa, a Mantes, a Strasburgo. E i marsigliesi hanno saputo dare delle repliche degne e di stampo repubblicano a due tragedie recenti: l'assassinio nel 1995 di un giovane marsigliese d'origine comoriana, Ibrahim Ali, da parte di attacchini del Front National e la morte nel 1996 di Nicolas Bougat, un ragazzino di 15 anni, pugnalato da un suo coetaneo soltanto perché gli chiedeva delle spiegazioni per uno schiaffo ricevuto senza alcun motivo. Ma il discorso sulla criminalità marsigliese è lungo, e parecchio difficile, per cui tornando ad analizzare il tessuto sociale della città, bisogna dire che anche se i ricchi non si vedono, esistono, ma si sono ritirati in quartieri della parte “francese”, che cominciano idealmente da place Castellane verso la parte Est di Marsiglia. Questi ultimi abitano in collina o lungo la Corniche e vivono in grandi ville, con guardie private e alti cancelli, per sentirsi al sicuro ed continuare ad esercitare il loro potere. In città si incontrano i poveri, tra cui mendicanti, clochard e senzatetto che si accumulano nella via principale di Marsiglia, la Canèbiere.


Per quanto riguarda il lavoro, la situazione è in corso di cambiamento. La borghesia locale non ha saputo riprendersi e riavviare un progetto economico dopo il periodo dalla decolonizzazione. L'attività principale di Marsiglia è storicamente il commercio, o meglio “l'arte di negoziare, al limite tra audacia e prudenza”. Oggi la città, come si è visto, non ha più un cuore operaio, le fabbriche di sapone sono in smantellamento, o riavviate come musei e laboratori/vendita al dettaglio. I camalli, gli scaricatori di porto, non ci sono più e hanno cambiato professione. Una nuova speranza per il territorio sarebbe dovuta essere la nuova unità siderurgica sorta nella zona del porto di Fos. Il complesso industriale, di dimensioni gigantesche e tra i più grandi d'Europa, si sviluppava a ridosso di quella che adesso è la zona protetta della Camargue e rappresentava il sogno di coloro che non avevano lavoro della zona, nonostante fosse pericolosa per l'ambiente e per gli stessi operai a causa delle cattive condizioni di lavoro. Quei posti di lavoro avrebbero potuto aiutare decine di migliaia di persone appartenenti alle classi meno agiate ma il progetto si concluse in un grande fallimento. I sigilli chiusero lo stabilimento poco dopo l'apertura e rimandarono per strada tutti gli operai. Come si vedrà nel capitolo dedicato a Izzo, lui seguì personalmente questa situazione, essendo corrispondente per il suo giornale proprio presso il complesso industriale di Fos. La disperazione di coloro che avevano perso il proprio lavoro lo colpì così tanto che ne trattò in uno dei suoi romanzi: Fos, c'était l'Eldorado. Du travail, il y en avait pour des siècles. On bâtissait un port qui accueillerait des méthaniers énormes, des usines où l'on coulerait l'acier de l'Europe.[..] Toutes le villes autour le croyaient, et costruisaient des H.L.M. À tour de bras, des écoles, des routes pour accueillir tous les travailleurs promis à cet Eldorado. La France elle-même le croyait. Au premier lingot d'acier cuolé, Fos n'était déjà plus qu'un mirage. Le dernier grand rêve des années soixante-dix. La plus cruelle des désillusions. Des milliers d'hommes restèrent sur le carreau.

Izzo(2006,p.94) Ma con l'adesione a diversi progetti europei, Marsiglia ha finalmente trovato uno sbocco lavorativo, il terziario e i servizi, che stanno rilanciando l'economia e promettono dei nuovi posti di lavoro. Per quanto riguarda la politica, la città è come in altri campi paradossale. La si definisce di estrema destra, a causa del numero di voti che il Front National prende stabilmente. Jean-Marie Le Pen ha anche creduto di avere un forte appeal con la città focese e di poterne ricavare un grande numero di consensi, ma questa non è una città di destra.


Bisogna ricordare che nel 1981 Georges Marchais è arrivato in testa al primo turno dell'elezione presidenziale a Marsiglia e che tra Parigi, Lione e Marsiglia, solo quest'ultima ha eletto un sindaco di settore comunista e un deputato comunista. Potrebbe essere considerata allora una città essenzialmente estremista, ma la maggioranza è, al contrario, di centro-sinistra. Il socialista Gaston Defferre ha governato con la destra istituzionale dal 1953 al 1977 e dal 1977 al 1983. Ma la sua morte nel 1986 e l'inevitabile battaglia di successione che ne seguì, spaccarono i marsigliesi. È Robert Vigouroux, socialista dissidente ma alla testa di una coalizione eterogenea , che viene eletto nel 1989. Oggi la città è governata da JeanClaude Gaudin, della Democrazia liberale.

Opposizione Marsiglia-Parigi Come si sarà capito da quanto detto precedentemente, tra Parigi e Marsiglia non corre buon sangue, anzi la loro rivalità è storica, ed è un sentimento che probabilmente è destinato a continuare senza possibilità di rimedio. Tutto si base su una realtà: la distribuzione dei ruoli. Se infatti Parigi è la capitale, a Marsiglia rimane il ruolo di prima città della Provenza. I marsigliesi hanno il sentimento diffuso che Parigi abbia voluto il male della loro città. È un'impressione condivisa, che fluttua nell'aria. Ci sono varie motivazioni per spiegare ciò: innanzitutto una serie di eventi storici che confermano tale tesi, infatti gli affari tra la centralisatrice e la rebelle sono sempre andati male. Si espone qui una breve lista degli 1481

:

avvenimenti

principali

che

La

compresa

Marsiglia

Provenza,

confermano viene

questa

reintegrata

alla

teoria: Francia.

1596 : Dall'ottobre del 1591 la città era diretta da un tiranno locale, Charles de Casaulx, che attraverso un gestione dittatoriale, sognava di farne una repubblica cattolica e indipendente. Il suo assassinio nel 1596 deciso da un complotto interno ed eseguito dal soldato Pierre de Libertat (di cui la statua è ancora visibile al parco Borély) mette termine a quel periodo di dittatura autonoma, criticata da borghesi e mercanti ma sostenuta dal popolo. Alla sua morte la città viene riannessa al regno francese e lo stesso Enrico IV, sapendo che il popolo marsigliese non riconosceva il suo potere, dichiarò “ora sono veramente re della Francia! 2 marzo 1660 : Trascorsi alcuni mesi di conflitto con la comune di Marsiglia, Luigi XIV inviò le su truppe per assediare la città. L'impiego di forze (7 000 uomini) bastò a


calmare gli ardori dei Marsigliesi. Nonostante la vittoria già conseguita, il re fece aprire ulteriormente una breccia nelle muraglie per entrare simbolicamente e confermare la sua vittoria militare. Oltre al gesto umiliante di repressione, il Re decise di ristrutturare il forte Saint-Nicolas, sistemando i cannoni rivolti verso la città, in senso di minaccia anziché essere puntati verso il mare. Da allora la loro posizione è rimasta sempre uguale in senso di monito verso i marsigliesi. Gennaio 1794 : In seguito all'episodio dell'invio del battaglione di marsigliesi a Parigi nel 1792, la città è all'apice della sua popolarità. Due anni più tardi, la città partecipa alla rivolta montagnarda. Colpevole di aver sostenuto la rivolta federalista contro la Convenzione, Marsiglia venne presa militarmente il 25 agosto 1793. I rappresentati della Repubblica, pieni di astio nei confronti della città focese, arrivarono anche a privarla del suo nome. Per qualche mese, non si dirà più Marsiglia ma “la città senza nome". 1848-1870 : è il periodo del fasto economico di Marsiglia e pertanto, la città nutre un opposizione celata a Napoleone III. Ferdinand de Lesseps, l’uomo del canale di Suez e candidato dall'Imperatore, è battuto nell'elezione alla funzione di deputato da Léon Gambetta. Inoltre gli scavi che prevedevano la costruzione della via Imperiale (futura rue de la République) non incontrarono il consenso del popolo che trovò in questa occasione motivo per lamentarsi. 4 aprile 1871 : La comune di Marsiglia è repressa nel sangue. Gaston Crémieux, il suo capo,

verrà

fucilato.

1892 : Marsiglia “la popolare” diventa la prima grande città francese diretta da un sindaco

socialista,

Siméon

Flaissières.

9 ottobre 1934 : Alessandro di Yugoslavia è assassinato sulla Canebière. L’attentato ha un impatto molto forte sull'opinione pubblica nazionale, che fa di Marsiglia una città dove le autorità non riescono a controllare l'ordine pubblico. Il colmo è che in qui giorni la sicurezza era affidata alla polizia parigina che aveva allontanato i suoi colleghi marsigliesi. Ottobre 1938 : l’incendio delle Nouvelles Galeries sulla Canebière miete 73 vittime. La municipalità marsigliese è privata delle sue funzioni dallo Stato e la città è messa sotto tutela,

questa

situazione

si

protrarrà

fino

al

1946.

1993 : L’affare VA-OM provoca le destituzione del club marsigliese dal suo titolo di campione della Francia, inoltre, il club è retrocesso in D2 mentre il PSG è campione.


Questo astio si concretizza ai giorni nostri con l'odio tra le tifoserie delle squadre di calcio delle due città: il Paris Saint Germain e l'Olimpyque de Marseille. Odio che anche in questo caso ha delle motivazioni precise. Vent'anni fa L'OM era all'apice della sua forza, aveva recentemente vinto la Champions League contro il Milan e vinceva da quattro anni il campionato francese. Il 22 maggio1993, un giocatore della squadra del Valenciennes, dopo avere parlato con l'allenatore, denunciò un tentativo di corruzione da parte di due tesserati del club marsigliese, il giocatore Jean-Jacques Eydelie e il General manager Jean-Pierre Bernès, verso due suoi compagni di squadre e a lui stesso, che però rifiutò. Il giocatore dell'OM venne poi giudicato colpevole dal tribunale e la squadra fu retrocessa in D2. I marsigliesi però non credettero al tentativo di comprare la partita da parte dei loro giocatori. Inoltre il fatto che fu proprio la squadra di Parigi a vincere quell'anno il campionato, portò all'estenuazione i marsigliesi: la tesi del complotto si sparse a macchia d'olio e delle manifestazioni “antifrancesi” ebbero luogo sulla Canebière. Ma se da un punto di vista sportivo si può anche scherzare su questa rivalità, ci sono delle ragioni etniche più profonde. Marsiglia infatti è sempre stata autonoma rispetto alla Francia, con una propria lingua (il provenzale) e una propria economia legata al commercio marittimo, che le consentiva di comportarsi come una delle repubbliche marinare italiane. A un certo punto fu costretta ad aderire alla Francia, senza averlo chiesto e sopratutto venne obbligata a sentirsi dipendente da un potere centrale. Si aggiunge a questo il fatto che le due città hanno uno stile di vita completamente diverso, la capitale è una tipica città del Nord, fredda e nuvolosa mentre Marsiglia è un porto mediterraneo, dove sia il clima che le persone sono più calde, più vivaci e come si è detto storicamente anarchiche. Inoltre la lontananza (800 Km) ha contribuito ad una scarsa conoscenza reciproca. Solo in tempi recenti con il TGV che impiega tre ore per arrivare da una città all'altra si è creato un mezzo di collegamento veloce e un gran numero di Parigini ne hanno approfittato, riversandosi nella città della Provenza, dal clima decisamente migliore. Si aggiunga che Parigi conta 12 milioni di abitanti e Marsiglia un solo milione per capire che anche a livello di numerosità si tratta di due metropoli completamente diverse. Il punto principale rimane comunque l'indipendenza di Marsiglia, che si vede limitata ad una politica marginale, dettata da uno stato che prende tutte le decisioni in quanto sede della Repubblica e finanziariamente onnipotente. Il fatto che la capitale possa imporre la sua volontà anche in campi non di propria competenza, come i grandi progetti di


ristrutturazione, la dice lunga sulla volontà di collaborazione delle due città. Infatti le idee possono essere anche buone ma se a livello politico non c'è consultazione, non c'è dibattito,

questo non può che generare dei risentimenti nei confronti dello Stato.

L'opinione dei marsigliesi è che colui che decide da lontano spesso sbaglia. È una situazione unica in Europa, perché rispetto ad altri paesi europei il livello di autonomia delle regioni francesi è molto limitato e le principali città non vengono coinvolte nelle questioni fondamentali. Non è un caso infatti che la prima legge di decentralizzazione in Francia sia stata proposta dal sindaco di Marsiglia, Gaston Defferre nel 1982. Parigi è anche la città che aspira a tutte le ambizioni, la città è un punto di riferimento per qualsiasi professione, dal giornalismo all'architettura, se si vuole fare strada nel proprio lavoro, bisogna passare per la capitale. Questo è il motivo per cui molti professionisti sono costretti ad emigrare verso la capitale e questa fuga di cervelli viene percepita come ulteriore sentimento di inferiorità da parte dei marsigliesi. Naturalmente Parigi da parte sua non ha mai nascosto la sua superiorità e anzi i suoi cittadini trattano generalmente coloro che vengono dalla provincia con superiorità, arroganza o al massimo accondiscendenza. La stessa stampa nazionale, ovvero parigina, ha sempre avuto e diffuso un'immagine piuttosto negativa della stessa Marsiglia, al di là di quella che è la realtà. Le parole più comuni che vengono associate alla città focese sono gangsterismo, crisi economica, sporcizia e intrallazzi politici. L'immagine di Marsiglia che si percepisce dai media è il riflesso di quello che sostiene Parigi, sia in positivo che in negativo. Generalmente la capitale della Provenza è ancora legata a situazioni del passato, della città degli anni '30 diretta da Sabiani e dai suoi amici

gangster,

dell'incendio

delle

Nouvelles

Galeries

passando

per

la

deindustrializzazione, l'impoverimento, un piano urbanistico mal gestito che ha causato disordine e poca armonia nello sviluppo della città. Mentre al contrario si parla poco dell'inflazione immobiliare che è stata introdotta con l'arrivo dei parigini in città, che hanno portato un'idea residenziale diversa, non condivisa dagli abitanti di Marsiglia. A proposito dell'immagine di Marsiglia percepita a Parigi, Izzo scrive: J'appartenais à cette race de Marseillais qui se fout de l'image que l'on peut avoir de nous à Paris, ou ailleurs. L'image ne change rien. Pour l'Europe, nous ne somme toujours que la première ville du tiers-monde. La plus favorisée, pour ceux qui ont quelque sympathie pour Marseille. L'important, pour moi, était que l'on fasse des choses pour Marseille. Pas pour séduire Paris. Tout ce nous avons gagné, nous l'avions toujours gagné contre Paris. C'est ce qu'avait toujours affirmé la vieille


bourgiosie marseillaise[...] Celle qui, en 1870, comme me l'avait raconté Ange, finança l'expedition de Garibaldi à Marseille pour repousser l'invasion prussienne. Mais aujourd'hui, cette bourgoisie ne parlait plus, n'agissait plus. Elle agonisait pasiblement dans ses somptueuses villas du Roucas-Blanc. Indifférente à ce que l'Europe tramait contre la ville.

Izzo(2006,p.423) L'odio verso la capitale rimane però un dato anacronistico, in un'epoca in cui impariamo ad appartenere ad una comunità, quella europea. Sarebbe bello che la rivalità tra la due città rimanesse una sana competizione sportiva e per ottenere ciò forse occorrerebbe che lo Stato francese concedesse più libertà alle regioni, dotate per adesso solo di un potere amministrativo ma non legislativo e quindi vincolate alle volontà centrali.

Marsiglia capitale della cultura 2013 La città di Marsiglia è stata scelta come capitale della cultura europea del 2013 insieme ad altre città della Provenza: Arles, Aix-en-Provence, Aubagne. La decisione è stata presa poiché la capitale della Provenza rappresenta da sempre un punto d'incontro di popoli, culture, economie e religioni. Queste influenzano come in passato le pratiche artistiche e culturali, stimolando la produzione di nuove forme d'arte. Lo scambio rimane il centro della vita culturale marsigliese nelle arti più disparate: pratiche circensi, artisti di strada, danza, poesia. Questo dinamismo è sostenuto da una politica d'accoglienza e inserimento di artisti e creatori che partecipano all'azione culturale. Alla base del progetto di revisione urbanistica che interessa sopratutto il quartiere della Joliette c’è una metropoli che si propone come il grande centro della cultura mediterranea. Questo evento si propone anche di investire sulle culture di entrambe le parti del Mediterraneo, cercando di collegare l'Europa ricca all'Africa per ragioni di solidarietà, ma anche di sviluppo economico. Questo avvenimento sarà quindi un'occasione per rinforzare i meccanismi di integrazione e i legami con i territori d'oltre mare. Viene naturale chiedersi se Izzo sarebbe stato favorevole o meno a questo tipo di progetto, che promuove sì la cultura, ma sta anche cercando di trasformare l'urbanistica del quartiere della Joliette, il porto della città. Un suo passaggio sembra riguardare questo argomento:


“Marseille était gagné par la connerie parisienne. Elle se rêvait capitale. Capitale du Sud. Oubliant que ce qui la rendait capitale, c'est qu'elle était un port. Le carrefour de tous le brassages humains. Depuis des siècles.” Izzo

(2006,p.

131).


Capitolo 2: Jean-Claude Izzo Origini e formazione Jean-Claude Izzo nacque a Marsiglia il 20 giugno 1945 da padre italiano originario di Castel San Giorgio, (provincia di Salerno) e madre di origini spagnole. Il padre, Gennaro Izzo era uno scugnizzo che nel 1929 si era imbarcato da Napoli ancora tredicenne con una sola valigia, in direzione di Marsiglia. Per il giovanissimo Gennaro Izzo quel viaggio significava raggiungere la famiglia, e in particolare la sorella. Lei aveva sposato un uomo che si sospetta facesse parte della criminalità locale, e proprio grazie a questo cognato, Gennaro inizierà a lavorare come barman, mestiere che farà tutta la vita. Izzo come tanti altri italiani lasciò il suo paese natale alla ricerca di una speranza e di una vita migliore, ma non sapeva che quelli come lui, a Marsiglia venivano etichettati come nabos (gli immigrati italiani) o chiens de quais (cani da banchina). La maggior parte di essi provenivano dal sud d'Italia e come gli immigrati provenienti da altre parti del mondo svolgevano lavori duri che i francesi disprezzavano, per esempio gli scaricatori di porto. Il quartiere dove tutti questi immigrati trovavano facilmente rifugio era il Panier, a due passi dal porto e dove, con prezzi modesti, si poteva prendere una casa. In quel groviglio di vicoli, scalinate, vie strette e maleodoranti che erano il cuore di Marsiglia si mescolavano storie, lingue, misteri, allegria e disperazione. Qui erano ammassati tra gli altri, sia gli italiani che gli spagnoli, quest'ultimi in fuga dalla dittatura di Francisco Franco. Proprio in una di queste famiglie spagnole si trovava la futura madre di Jean-Claude, Isabelle Navarro detta “Babette”, una sarta figlia di uno scaricatore di porto spagnolo e di madre francese. Gennaro e Babette si incontrarono nel bar dove lui lavorava e dopo un breve fidanzamento, si sposarono nel 1941 nella Cathédrale de la Major e presero casa nel Panier. La coppia si trovò in seguito tra le famiglie espulse dai nazisti, come si è visto nel capitolo riguardante la storia di Marsiglia, e Gennaro venne inviato verso un campo di lavoro nel Nord ma riuscì a scappare grazie ad una conoscenza nel mondo criminale marsigliese che gli procurò dei documenti falsi. I coniugi non tornarono più nel loro vecchio quartiere, si trasferirono nel 4° arrondissement e qualche anno dopo, nel 1945, nacque il loro unico figlio, Jean-Claude.


In questo quartiere la famiglia rimase più di vent'anni. Il piccolo strinse amicizia con molti suoi coetanei, nonostante fosse un bambino timido. I ricordi della gioventù dello scrittore sono radi, la madre affettuosa e tenera era la figura a cui era più attaccato. Il padre invece, fu generalmente assente, dovendo lavorare dalla mattina presto e di lui il piccolo Izzo non conobbe mai le abitudini. Del suo rapporto col padre lo scrittore parla attraverso il protagonista dei suoi romanzi, Montale: “Il partait vers le cinq heures du soir […]. J'avais grandi dans ses absences.[...] Je ne sus jamais si mon père avait eu des maîtresses. Il avait aimé ma mère, ça, j'en étais sûr, mais leur vie me restait un mystère.” Izzo(1995, pp 181-182) Nonostante la sua assenza, Jean-Claude volle molto bene a suo padre, di quest'ultimo lo colpiva il fatto che parlasse in un dialetto che non conosceva, il napoletano, e che certe sue espressioni gli erano incomprensibili. Da Gennaro il piccolo Izzo erediterà un patrimonio di ricordi, la conoscenza di profumi, canzoni e cibo della amata patria italiana. Jean-Claude mostrò fin da piccolo una passione per la poesia e nonostante avesse dei buoni voti a scuola, sarà vittima di un' ingiustizia razziale. Come tutti gli immigrati di famiglia modesta, venne iscritto in una scuola professionale, con indirizzo lavorativo di “tornitore-fresatore”. Izzo non fu mai convinto di questa scelta, non trovò interesse per le materie e quindi non riuscì a superare gli esami. Lo scrittore rimpianse sempre di non aver potuto seguire degli studi classici, ma questo non gli impedì di coltivare l'interesse per la letteratura, la filosofia e la poesia. Tra gli idoli del giovane Izzo c'era Rimbaud, con il quale si identificava per una certa inquietudine, caratteristica che lo condusse a partecipare attivamente alla vita della comunità. In effetti, il giovane scrittore approfittò del suo liceo per frequentare l'unico corso che amava frequentare,

degli incontri destinati agli studenti dove veniva insegnato a

conoscersi, a dibattere dei loro problemi e dei fatti della società. Jean-Claude ci passò tutto il tempo libero possibile, partì con il gruppo per dei campi itineranti durante le vacanze in cui apprese i valori religiosi di altruismo, generosità, tolleranza. Izzo divenne inoltre redattore capo del giornale del gruppo, Le Canard technique, di cui curò la distribuzione, la scrittura, la correzione e l'impaginazione. Fu la sua prima esperienza nel mondo del giornalismo, ma il ragazzo trattava già di temi filosofici, mostrando una


rara maturità. Anche dopo aver lasciato il liceo, Izzo continuò ad occuparsi del giornale e si appassionò anche per il cinema, dal momento che il foyer aprì un cine-club. Nei suoi articoli, Jean-Claude ebbe particolarmente a cuore temi come la povertà e un'attenzione per i problemi del terzo mondo, questi interessi mostravano la sua volontà di andare contro le ingiustizie fin da ragazzo. Questo suo modo di essere lo convinse ad aderire al movimento cattolico Pax Christi che si basava su tre punti fondamentali: preghiera, studio, azione. Il tema principale era la difesa dei diritti dell'uomo e della giustizia. Per Izzo questa fu un'esperienza di condivisione importante e in questo contesto conobbe anche la sua futura moglie, Marie-Hélène Bastianelli, con la quale iniziò un percorso di crescita personale e politico.

Prime esperienze di gioventù Izzo, ancora minorenne, iniziò a cercare dei modi per guadagnarsi da vivere e decise di aprire, insieme ad un gruppo di amici, un localino nel quartiere della Plaine. Il locale ebbe successo ma venne chiuso a causa delle lamentele del vicinato, tuttavia il fatto che oggi il quartiere sia il punto di ritrovo notturno dei giovani, dimostra la bontà del progetto. Nel 1963 Jean-Claude iniziò a lavorare saltuariamente come commesso in una libreria, nonostante fosse sottopagato e lavorasse a lungo, di quel lavoro amò il contatto coi libri e il rapporto con il libraio, che voleva lasciargli la boutique una volta un pensione. Tuttavia dopo poco tempo Izzo venne arruolato nell'esercito e nonostante questo rappresentasse, per un pacifista come lui, l'opposto dei suoi ideali, accettò questa nuova esperienza senza perdersi d'animo. Jean-Claude divulgò le sue idee tramite un giornale clandestino e per questo motivo venne trasferito al battaglione disciplinare di Gibuti, dove c'erano molti altri come lui, intellettuali scomodi all'arma che andavano “raddrizzati”. Il Gibuti era uno di quei paesi disegnati con la matita dai colonialisti che non tengono conto di nessuna etnia e cultura. In mezzo al deserto l'esercito veniva sottoposto ad addestramenti massacranti sotto un caldo cocente e con la sabbia che si attaccava al sudore. Izzo vide di prima persona episodi che erano abituali nella zona, ovvero le scorribande dei soldati che stupravano le prostitute delle bidon-ville e uccidevano senza motivo. Questi episodi per un pacifista come il giovane Izzo furono estremamente duri


da sopportare. Jean-Claude decise così di iniziare lo sciopero della fame, che lo portò a perdere 15 chili in un mese e le sue uniche forze derivavano dal poter percorrere il cammino che aveva fatto in Africa il suo amato Rimbaud, vedendo lebbrosari, bordelli, e constatando in prima persona la fame e l'abnegazione di quel popolo. Nel 1966, Jean-Claude venne finalmente congedato e poté ritornare a Marsiglia. Qui si rese conto che la scrittura era diventata una necessità. Nella sua città natale, riprese la militanza in Pax Christi e continuò la relazione con Marie-Helène, con la quale andò a convivere. La coppia si sposò nel 1969, dopo che lei ebbe sostenuto gli esami di maturità. Izzo ebbe con la moglie un'ampia intesa su più campi di pensiero, la politica, l'amore e le grandi questioni, fondando un rapporto basato sul rispetto delle individualità. Nel 1967, la chiesa richiamò Pax Christi all'ordine, trovando che il gruppo era diventato troppo attivo; la maggior parte dei militanti allora lasciarono l'ordine per iscriversi al Partito Socialista Unificato (PSU), Izzo compreso. La sua militanza nel PSU lo vede candidato alle elezioni legislative nel collegio di Marsiglia nel giugno 1968. Egli era spinto solo dallo spirito di partecipazione ma non aveva aspirazioni dirigenziali, trattandosi di un giovane che lavorava semplicemente in biblioteca e scriveva poesie. Lo scrittore avrebbe potuto candidarsi anche con il Partito Comunista Francese ma nel PCF non si guardava di buon occhio agli intellettuali, si preferiva un organizzazione di tipo operaio su stampo stalinista. Nel 1968 in Cecoslovacchia si verificò un'epurazione dei socialisti che volevano un governo dal volto umano, da parte dei sovietici e dei suoi alleati del patto di Varsavia, che invasero il paese. Izzo fu molto deluso da questo avvenimento e decise di iscriversi al PCF che aveva preso le distanze da questo atto di forza e lo condannava. L'anno seguente iniziò a collaborare con il giornale locale legato al Partito Comunista La Marseillaise, scrivendo degli articoli per gli inserti domenicali, ma si trattava di un lavoro saltuario e per questa ragione continuò a lavorare in libreria. Izzo credeva molto nel mestiere del giornalista, un lavoro che andava al di là del denaro, e richiedeva un impegno morale, aveva la volontà di investigare e tirare fuori anche delle verità scomode. A questo riguardo non lesinò critiche verso i colleghi che svolgevano la professione in un modo diverso dal suo. Mais je savais aussi que ce n'était pas un coup d'éclat médiatique qui redonnerait sa morale à ce pays. Je doutais de la vérité, telle que la pratiquaient


quelques journalistes. Le journal télévisé de vingt heures n'était qu'un miroir aux alouettes. La cruauté des images de génoicides, hier en Bosnie, puis au Rwuanda et aujourd'hui en Algérie, ne fasait pas descendre dans la rue des millions de citoyens. Ni en France ni ailleurs. Au premier tremblement de terre, à la moindre catastrophe ferroviaire, on tournait la page. Laissant la vérité à ceux qui mangeaient de ce pain là. La vérité était le pain des pauvres, pas des gens heureux ou croyant l'être.

Izzo (2006, p.794) La pubblicazione della prima raccolta di poesie Poèmes à haute voix risale al 1970. L'anno successivo scrisse la sua prima pièce teatrale, dedicata ad Angela Davis, personaggio che si batteva per i diritti dei neri negli Stati Uniti, e che era stata condannata in seguito ad un processo farsa. L'opera si focalizza sulle prigioni che erano il centro di controllo dei poveri negli Stati Uniti e fu messa in scena per la prima volta da Cesare Gattegno, con la compagnia Du rocher, in occasione della liberazione della Davis.

Carriera professionale Nel 1972, Jean-Claude venne finalmente assunto a tempo pieno come giornalista da La Marseillaise, raggiungendo la sicurezza economica necessaria. Lo scrittore pubblicò inoltre la sua seconda raccolta di poesie e diventò padre di Sébastien, che ha rappresentato nella sua vita così caotica un punto fisso. Per il suo primo lavoro come corrispondente venne inviato a Fos sur Mer, dove, come si è visto nel capitolo precedente, stava nascendo uno dei complessi siderurgici più grandi d'Europa. Questo cantiere rappresentava l'unica speranza per gli abitanti più poveri della zona, ma venne chiuso subito dopo l'inaugurazione, gettando per strada decine di migliaia di persone. Questa esperienza formò Izzo, facendogli comprendere quali erano i reali interessi del capitalismo nel Mediterraneo. I fallimenti dei progetti industriali attorno a Marsiglia incitarono la comunità a battersi, formando un tessuto sociale denso e attivo. Izzo divenne così testimone della volontà delle persone di impegnarsi politicamente per poter avere un impiego, una giustizia sociale, e combattere la miseria. Terminata l'esperienza a Fos, Izzo venne rimandato a Marsiglia, dove pubblicò la raccolta di poesie “Terre de feu”, nel 1974 ottenne dei successi lavorativi, venne infatti nominato caporedattore e corrispondente ufficiale del festival di Avignone. In generale fu un periodo produttivo per lo scrittore che presentò infatti una nuova raccolta di


poesie, Etat de veille. Scrisse in breve tempo molti libri: un'altra raccolta di poesie Braises, brasiers, brûlures che venne pubblicata nel 1975 insieme all'opera Paysage de femme per poi divulgare l'anno successivo "Le réel au plus vi". Il lavoro a la Marseillaise procedeva con entusiasmo, Jean-Claude era il vice di Jacques Roger , collega ma sopratutto grande amico con il quale finivano di trascorrere le serate al Peano, considerato il bar dei veri marsigliesi, situato di fronte alla redazione del giornale. Nel 1978 pubblicò Clovis Hugues, un rouge du midi; Clovis Hugues era un giovane giornalista che diede vita alla Commune di Marsiglia e rappresentava un simbolo per Izzo. I due si ispiravano infatti agli stessi ideali e avevano come obbiettivo la missione sociale, vista da entrambi come fonte d'ispirazione, insieme agli ideali di libertà. Ma il 1978 fu soprattutto l'anno della separazione dalla moglie e della rottura con il PCF e questo rappresentò un decisivo cambiamento di vita, una chiusura con le idee che non gli erano più congeniali. I dirigenti del Partito Comunista ebbero infatti delle difficoltà a capire le esigenze di una società in pieno cambiamento, ad adattarsi ai capovolgimenti che avevano portato allo smantellamento del blocco sovietico. Izzo rimase deluso dall'atteggiamento del partito che sembrava occuparsi solo della logica burocratica, concentrata sui vertici e incapace di imporre un'azione seria di cambiamento. Lo scrittore anche se non più iscritto al partito, rimase un uomo di sinistra che credeva negli ideali di libertà ed uguaglianza . Nel 1979 decise di lasciare anche La Marseillaise e per un certo lasso di tempo visse di lavoretti. In seguito si dedicò ad un progetto definito “avventura psico-culturale” con il suo amico Jo Ros, che ne era il curatore. Questa idea coinvolse la cittadina di Port de Bouc, situata tra Martigue e Fos e puntò a valorizzarne l'aspetto culturale, coinvolgendola in progetti vari. Questa città è sempre stata di tradizione operaia ed è divisa tra il passato, ovvero la pesca, e il presente, ovvero le raffinerie. Con la chiusura dei cantieri si arrivò all'80 % della popolazione disoccupata e questo creò un forte sentimento di solidarietà tra le persone. Questo progetto si propose di lavorare sulla storia della città, che si concretizzava nel giornale I quaderni della memoria, di cui il Izzo era il redattore. Su questa memoria, Port de Bouc ha costruito una vita culturale molto intensa, teatri e biblioteche, offrendo un'alternativa alla criminalità così dilagante nella zona.


Nel 1980 iniziò una collaborazione per il giornale La Vie Mutualiste che si occupava di mutualità sociale e che aveva sede nella capitale. Per questo motivo e per la mancanza di iniziative culturali nella sua regione natia, decise di trasferirsi a Parigi, inizialmente per soli 3 mesi, il che gli permise di seguire da vicino il giornale. Si trattò comunque, nonostante la stasi nella produzione libraria, di un periodo di grande attività. Infatti tornò a Marsiglia per lavorare ad una radio locale e diede vita al periodico Revue Orion. Intanto nel 1985, La vie mutualiste subì delle trasformazioni e divenne Viva

e

contemporaneamente lui ne divenne il caporedattore. Data la buona diffusione del giornale all'inizio del 1987 si trasferì stabilmente a Parigi ma a fine luglio lasciò comunque Viva. La nuova vita nella capitale significherà per lui anche una nuova relazione con Beatrice, una ragazza molto più giovane di lui che conobbe nella redazione del giornale. Con lei lo scrittore ebbe una storia d'amore che durò 10 anni, anche se Jean Claude rimase un uomo molto misterioso e non acconsentì alla volontà della sua donna di avere un bambino. Anche gli anni successivi lo videro impegnato in varie attività: collaborazioni con numerosi giornali e riviste, organizzazione di grandi eventi letterari, come il “Carrefour des littératures Européennes” di Strasburgo, dove conobbe Josè Manuel Fajardo, giornalista e Daniel Mordzinski, grande fotografo argentino. Questi ultimi lo accompagnarono anche negli altri eventi come il Festival du Polar di Grenoble o ancora il Festival “Etonnant Voyageur” a Saint Malò. Nel suo periodo parigino, Izzo scrisse anche diverse sceneggiature e si inventò paroliere per il musicista Jean-Guy Coulange.

Raggiungimento della celebrità Nel 1992 Jean-Claude scrisse venti pagine di un romanzo giallo ambientato a Marsiglia che si intitolava Marseille, pour finir. L'anno successivo, la rivista Gulliver, tramite Michel de Bris, gli commissionò per puro caso un racconto e Izzo decise di inviare quello scritto. Michel intuì che quel romanzo poteva essere sviluppato ed avere un grande successo. Chiamò quindi il direttore editoriale della Gallimard, la più importante casa editrice francese, che a sua volta chiese a Izzo di farne un romanzo. Per realizzare il suo progetto lo scrittore dovette tornare a Marsiglia e ri-immergersi nella realtà della città. D'altronde l'unica cosa che aveva in mente era solo il personaggio principale: Fabio Montale, con il cognome del poeta italiano che lui stimava molto.


Iniziò ad accorgersi che la storia si sviluppava da sola, ispirata dagli eventi quotidiani cittadini e in questo modo iniziò a costruirne i personaggi. Montale doveva essere un poliziotto, ma non uno normale, uno “marsigliese”, con la sua propria morale e i suoi metodi, dato che aveva a che fare con la città più travagliata della Francia. Nel creare il personaggio principale, Izzo mise una parte di sé, sopratutto la storia personale e alcuni suoi difetti caratteriali. Altre caratteristiche del personaggio le attinse da un suo amico, Jo Ros, l'educatore che aveva conosciuto nel progetto di Port du Bouc. Intanto insieme al figlio si immerse nella vita marsigliese per coglierne gli aspetti più vari, andò a vedere l'Olimpique Marseille, dalla cui tifoseria è nato un gruppo fondamentale per la cultura musicale della città, i Massilia Sound Sistem, che cantano in marsigliese con una cadenza spesso intraducibile. Izzo frequentò inoltre bar e locali caratteristici, visitò centri sociali alla scoperta di un gruppo rap, gli IAM. La cultura hip-hop era infatti stata assimilata dai giovani francesi e anche se musicalmente non interessava lo scrittore, egli fu colpito dai testi, che raccontavano la vita difficile di quella gioventù, diventando un mezzo di denuncia sociale. Un ex del gruppo IAM, noto col nome d'arte di Akhenaton, creò nel suo album Sad Hill, l'espressione Total khéops, che significa essersi cacciati in grossi guai. Izzo venne colpito da questo termine e decise di utilizzarlo come titolo del primo volume della trilogia. Dopo che lo scrittore ebbe tutti gli elementi in mente, tornò a Parigi per scrivere il romanzo, che completò nell'arco di 8 mesi. Non appena questo venne pubblicato, Izzo si rese conto che era presente in tantissime librerie e capì che stava diventando un grande successo, permettendo al suo sogno di bambino di realizzarsi: stava diventando uno scrittore famoso. Contemporaneamente al successo del suo primo romanzo, Izzo dovette affrontare un altro cambiamento nella sua vita. Iniziò a frequentare un'altra donna, Laurence, conosciuta a Saint Malo. Per un determinato periodo lui ebbe una relazione sia con Laurence che con Beatrice, all'insaputa di entrambe. Venne però infine scoperto e Beatrice decise così di lasciarlo, sostenendo che si comportava

come il suo

personaggio, Montale. Quando lo scrittore ebbe pubblicato il secondo romanzo della trilogia, Chourmo, inviò a Beatrice una copia con dedica con la quale spiegava la motivazione della loro separazione. Questa spiegazione la si può ritrovare nel romanzo


con il passaggio: “Non sono mai stato capace di tenermi accanto le donne che ho amato”. Laurence, nativa della Bretagna, era una donna forte, solare, che aveva avuto anche lei un figlio con un'altra persona dalla quale si era separata di recente. Anche lei, come Beatrice rimproverava a Izzo di comportarsi come il suo personaggio. Lo scrittore decise di tornare a Marsiglia e di portare Laurence al Panier, mostrandole i luoghi dove aveva trascorso l'infanzia e che costituivano lo sfondo dei suoi romanzi. La coppia si trasferì a Ceyreste, vicino a La Ciotat, e lì trascorse un periodo tranquillo. In particolare Izzo poté godersi quei momenti di serenità in famiglia, tra le nuotate in piscina, le passeggiate sulla spiaggia e la compagnia dei loro due figli, Sébastian e Thomas. Visto il grande successo del suo primo romanzo, Gallimard chiese a Izzo di scriverne un secondo per il quale lo scrittore iniziò a raccogliere spunti da articoli dei giornali che riteneva interessanti. La sua capacità di giornalista gli permetteva di cogliere la storia che stava dietro la notizia. Come per la stesura del suo primo romanzo, quella del secondo seguì un metodo preciso, che prevedeva un rituale consolidato, con sveglia mattutina e accompagnamento musicale dei suoi brani preferiti, dal jazz al blues. La stesura completa di Chourmo richiese 8-9 mesi e si rivelò anch'esso un grande un successo. Nel 1997 inoltre pubblicò Loin de tous rivages, una raccolta di poesie illustrate dal fumettista Jaques Fernandez. Nella località di Ceyeres, Izzo aveva l'abitudine di cercare articoli interessanti per sviluppare Chourmo e uno di questi articoli lo colpì particolarmente: si parlava di una nave bloccata alla Joliette. I marinai di questa nave non avevano intenzione di abbandonarla

e

aspettavano

notizie

dall'armatore

per

poterla

lasciare.

Questo episodio diede allo scrittore l'ispirazione per iniziare l'opera che aveva già in mente da tempo: Marins Perdus, un omaggio al Mediterraneo. La sua elaborazione dovette però attendere perché Gallimard spingeva per la scrittura di un ulteriore romanzo da aggiungere alla serie noir ambientata a Marsiglia. Izzo però convenne insieme al suo editore che questo racconto dovesse chiudere la trilogia marsigliese. Durante la stesura dell'ultimo romanzo, Jean-Claude attraversò un momento personale difficile perché nella sua vita si stava affacciando l'ennesima presenza femminile. Lo


scrittore, pur catturato da questa nuova persona, voleva salvaguardare il rapporto con Laurence, tanto da spingerlo a voler consolidare il loro legame con un fidanzamento ufficiale. Laurence intuì l'intromissione di un'altra donna nella relazione con Izzo e decise quindi di abbandonarlo, lasciandolo travolto dal dolore e privandolo nuovamente dell'affetto della persona amata. In questo periodo di sofferenza lo scrittore poté contare sulla vicinanza del figlio. Quando venne pubblicato Solea, Jean-Claude mandò il libro a Laurence con questa dedica: Per te Laurence, Questo Solea marsigliese che conosci. L'autore come il suo eroe non ha capito niente della vita e dell'amore. Sì dunque è inutile parlare di lui quando la fine arriverà. E tutto sarà silenzio. E tristemente il silenzio arriva.

In Solea è particolarmente presente il tema della morte e per la prima volta viene trattato quello della fine, non solo perché è il romanzo finale della trilogia, ma perché Izzo ci descrive l'addio a Fabio Montale sulle onde del mare, mentre si lascia morire davanti alle isole Frioul con l'ultimo sorso di Lagavulin. Il senso di morte che permea il romanzo Solea probabilmente l'autore lo sentiva dentro di sé, poco tempo dopo, non a caso gli venne diagnosticato un cancro al polmone. Izzo a lungo non parlò della sua malattia con nessuno, ad eccezione di Marie-Hélène, la sua ex-moglie e suo figlio Sébastien. Nella prima fase della sua malattia venne colto dalla depressione e si rifiutò di andare in ospedale per le cure, ma in seguito grazie all'aiuto delle persone care più vicine si convinse ad affrontare la chemioterapia e provare a vincere la sua battaglia contro il cancro. Izzo scegliendo di vivere, si innamorò nuovamente, questa volta di Catherine, che conosceva da 15 anni, da quando abitava a Martigues. Durante la loro relazione la stimolò a realizzare il suo sogno di diventare fotografa. La compagna, pur conoscendo la gravità della salute dello scrittore gli restò accanto e lo accompagnò nella sua lotta contro la morte. Izzo, essendo cosciente che Catherine sarebbe stata l'ultima donna della sua vita decise di definire e ufficializzare la loro unione, sposandola. Evidentemente lo scrittore voleva con questo gesto chiudere con il suo passato travagliato, nel corso del quale era stato abbandonato da coloro che aveva amato. I due si sposarono a Parigi sulla Senna e poi tornarono a vivere a Marsiglia ma la malattia iniziò a debilitare lo scrittore. Nonostante ciò, Izzo riuscì a scrivere il sole dei morenti, il cui protagonista è un padre di famiglia che per amore perde tutto e si ritrova a fare il clochard. Il personaggio di questo romanzo riflette la


condizione di sofferenza che il suo autore stava vivendo in quel momento e attraverso questo racconto lui poté finalmente gridare la sua sofferenza al mondo. Quando ebbe completato il suo ultimo romanzo, definito il suo “testamento”, Izzo attese consapevolmente la morte ascoltando i versi di Braquier e se ne andò una mattina di Gennaio del 2000 a soli 55 anni. Le sue ceneri furono gettate in mare davanti alle isole Frioul, l'addio si celebrò su una nave, perché una nave c'è sempre nella storia di ogni buon marsigliese.

Trilogia marsigliese La narrativa per Izzo, come precedentemente affermato, arriva tardi e casualmente. Un giorno pubblica un racconto di una ventina di pagine, Marseille, pour finir su una rivista. Lo notano alla Gallimard e gli chiedono di farne un romanzo. Sarà Total Khéops, il quale, su insistenza di Michel Le Bris e Patrick Raynal, venne pubblicato nella Série Noire di Gallimard. È l'inizio della trilogia marsigliese, con protagonista e voce narrante Fabio Montale. Fu un inaspettato successo e l’inizio di una carriera di narratore che non aveva programmato e si rivelò molto più interessante di quella da poeta. Era il 1995 e Izzo aveva cinquant’anni: non era più iscritto al partito da tanto tempo, aveva macinato amori soffrendo della sua incapacità a essere fedele, lui così fedele ai suoi ideali, alla sua città. Cominciava una nuova avventura che lo avrebbe reso famoso anche fuori dalla Francia. Izzo Aveva poco tempo, solo cinque anni per confermare un talento, che gli fu ampiamente riconosciuto da lettori e critica e che ebbe anche delle trasposizioni cinematografiche e televisive. L'anno successivo, pubblicò Chourmo, il secondo episodio della trilogia. Nei propri romanzi ritorna l'esperienza personale dello scrittore e il suo impegno politico. Izzo riflette in Solea: La pratique des contrôles au faciès est banale, avais je répondu à sa première question. C'est elle, entre autres, qui nourrit la révolte de toute une partie de la jaunesse. Celle qui vit les pires difficultés sociales. Les comportements policiers vexatoires viennent légitimer ou conforter des attitudes délinquantes. Ils participent ainsi aux fondements d'un état de révolte et d'une perte de repères.

Izzo(2006, p.622) Nel 1998 pubblicò Soléa, l'ultimo capitolo della trilogia, nonostante le insistenze dell'editore che avrebbe voluto allungare la serie. Nonostante la trilogia sia un'opera scritta in prosa, è importante capire quanto la poesia sia presente in essa. I romanzi sono infatti colmi di citazioni poetiche, di Saint-Jhon


Perse e Louis Braquier in particolare. Lo stesso sguardo di Izzo verso il mare, verso le donne e verso la malinconia della vita, è uno sguardo poetico e d'altronde, era la prima esperienza di prosa nella quale si cimentava lo scrittore: J'avais tourné la tête et laissé mon regard filer vers l'horizon. Là où la mer devient plus sombre. Plus épaisse. Je m'étais dit que la solution à toutes les contradictions de l'existence était là, dans cette mer. Ma Méditerranée. Et je m'étais vu me fondre en elle. Me dissoudre, et résoudre, enfin, tout ce que e n'avais jamais résolu dans ma vie, et que je ne résoudrai jamais.

Izzo (2006, p.614) Nell'opera è altrettanto importante l'impegno sociale e l'autore scriverà la trilogia per parlare di temi che sono per lui importanti come la mafia, il razzismo e la miseria sociale, tutti derivati visibili dell'indifferenza umana. Di questi aspetti negativi, quello che l'autore poteva sopportare meno era il razzismo, avendo vissuto un'infanzia a contatto con la sofferenza del padre per il fatto di non essere considerato come un essere umano, ma come un chain de quais. I tre titoli della trilogia sono dei riferimenti musicali, Total Khéops ricorda il gruppo marsigliese IAM, Chourmo i Massilia Sound System e Solea è uno dei brani più belli di Miles Davis. La musica era indispensabile nella vita, sia per Montale come per il suo autore, e nel romanzo sono presenti brani contemporanei- francesi e stranieri- e brani del passato.

Il protagonista: Fabio Montale Fabio Montale è il personaggio che caratterizza lo stile di Izzo, e che interpreta perfettamente il "noir mediterraneo", genere che proprio il suo autore ha creato. Nel protagonista si possono riscontrare chiaramente molti aspetti di Izzo, sono infatti entrambi di origini italiane e hanno vissuto un'infanzia turbolenta come gli altri figli di immigrati a Marsiglia. Il personaggio e il suo autore hanno anche dei gusti in comune, i libri e i viaggi ma ciò che li differenzia è il modo di affrontare la vita. Fabio Montale diventa infatti poliziotto, affrontando direttamente quelle atrocità contro le quali Izzo si batte, tramite la sua scrittura. Altro punto in comune tra il personaggio e il suo autore è un’umanità pudica ma generosa e il rapporto con l'altro sesso. Izzo ma sopratutto Montale saranno pieni di rimorsi per non essere riusciti a stabilire dei legami duraturi con le donne amate.


Il protagonista ha, come già detto, un'infanzia burrascosa: il suo cerchio d'amici più stretti comprende altri due rital (figli di immigrati) come lui, Manu e Ugo, con i quali crescerà assieme. I tre frequentano il quartiere del Panier, che era all'epoca una scuola di delinquenza, e finiscono tutti e tre ad avere il desiderio del guadagno facile. Iniziano a compiere piccole rapine ancora adolescenti, non soddisfatti dai lavori duri e malpagati, insufficienti a soddisfare i bisogni giornalieri. In una escalation di atti criminali che gli rendevano guadagni sempre più alti, l'ultimo colpo consiste in una rapina ad una farmacia dove Manu spara ad un commesso. Questo è il punto di non ritorno per Fabio che decide di arruolarsi come militare e partire, per allontanarsi dai suoi amici che diventeranno infatti entrambi criminali. Il protagonista, dopo l'esperienza militare a Gibuti (dove Izzo aveva svolto il servizio militare), ritorna a Marsiglia e decide di diventare un poliziotto, ma non uno qualunque, un poliziotto “marsigliese”. Montale compie il suo lavoro in un modo atipico, spinto da un'umanità acuta e dall'odio verso tutte le forme di ingiustizia. Per sensibilità ed idee politiche è infatti più vicino alla figura di un assistente sociale o a quella di un educatore di strada. In effetti, Izzo per la creazione del personaggio di Montale, si ispirò in parte ad un suo amico educatore, Jo Ros. Al personaggio della trilogia vengono affidati i quartieri Nord di Marsiglia, la zona più malfamata della città, che si presenta come un groviglio di culture, di problemi razziali e religiosi, nel quale regna la povertà e un senso di distacco dal resto della città. A guidarlo nel suo lavoro saranno il buon senso e un idea della giustizia tutto personale, che non coincide con quella del corpo di polizia e che infatti lo vedrà congedarsi alla fine del primo romanzo. La ricerca della felicità è uno scopo in comune nella vita di Izzo come in quella del suo personaggio, entrambi la cercano in un rapporto con una donna, nei ricordi dell'infanzia e delle illusioni volate via, nella ricerca della tranquillità. Nonostante ciò, Fabio Montale è un uomo immerso nei rimpianti, sia verso gli amici più stretti, Manu e Ugo verranno uccisi in coinvolgimenti criminali, sia per le donne. Il personaggio principale ha infatti avuto tante relazioni più o meno brevi nel corso della sua vita, ma a causa del suo realismo così pessimista e della sua difficoltà nel dimostrare tutto l'affetto che prova, non riuscirà mai a creare un rapporto duraturo. L'eccezione è Lole, una gitana che lui conosce fin dall'infanzia e che è stata per molto tempo la ragazza di Manu e per un breve periodo quella di Ugo. Questa donna rappresenta per Montale uno dei punti di riferimento nel mondo femminile, insieme alla


vicina di casa Honorine che svolge però un ruolo materno. Ma nonostante l'importanza di entrambe, il protagonista finirà con l'allontanarsi anche da loro. Per quanto riguarda il rapporto di Montale con la sua città, il protagonista è, come il suo autore, un profondo conoscitore e ammiratore di Marsiglia. Della città focese, i due preferiscono il lato naturale, non contaminato dal caos cittadino. La grande confusione nella quale è immerso Fabio Montale lo costringe a cercare dei momenti di riposo e calma assoluta. È per questa ragione che lui possiede un cabanon (una casetta estiva) con una barca custodita alle Goudes - vecchio villaggio di pescatori dei quartieri a sud di Marsiglia – con la quale svolge il suo passatempo preferito: pescare in mare aperto, magari in compagnia di un buon vino e contemplare il silenzio, come nelle passeggiate lungo le calanques. Nella trilogia dei romanzi polizieschi –Total Khéops, Chourmo e Soléa- Montale annega le sue tristezze nel lagavulin, whisky scozzese, nel pastis provenzale, nella zuppa di pesce, e nella musica soul. Il protagonista è un uomo che gode dei piaceri della vita nel mangiare, nel bere, e nell'ascoltare della buona musica, tutto ciò per sconfiggere l’odore della morte e per allontanarsi da un mondo così crudele. L'amore per la cucina è un punto in comune dei personaggi del noir e Montale, come il suo autore, ha una passione in particolare per la cucina italiana e mediterranea. Il cibo e i pasti

ricoprono un'importanza ancestrale e scandiscono il tempo, oltre ad costituire

uno dei pochi conforti in un’esistenza che spesso non lascia speranze.

“J'ai besoin d'ingurgiter des aliments, légumes, viandes, poissons, desserts ou friandises. De me laisser envahir par leurs saveurs. Je n'avais rien trouvé de mieux pour réfuter la mort. M'en préserver. La bonne cuisine et les bons vins. Comme un art de survivre.” Izzo(2006, p.421)

Il cibo per lui è quindi spesso un sedativo, ma non viene mai utilizzato in modo compulsivo. Montale sa fermarsi anche nei momenti più disperati e godersi un buon pasto in religiosa contemplazione. Il cibo che assimila non diventa solo nutrizione, ma fa parte di un rituale che risveglia in lui la memoria, il senso di appartenenza ad una determinata cultura. La cultura del mangiare diventa quindi il collegamento tra il presente ed il passato e tiene salde le amicizie e gli amori, come quella per Honorine e per la bella Lole.


Da ex-poliziotto, Izzo è costretto a diventare investigatore privato, coinvolto personalmente in vicende criminali in una Marsiglia tra trafficanti d’armi, integralisti islamici e mafiosi. I romanzi raccontano le storie della notte, le battaglie con una criminalità che come un male oscuro si porta via con sé affetti ed amori del protagonista. La maggiore differenza tra Montale e il suo autore è nel raggiungimento della tanto agoniata felicità. Montale la ha assaporata solo per brevi periodi, mentre Izzo, nonostante fosse invaso dello stesso pessimismo di Montale, non ha mai perso il sorriso. Inoltre Jean-Claude era diventato famoso ed apprezzato come scrittore, realizzando il sogno che aveva da bambino e questo contribuiva a renderlo felice. Ma sia autore che protagonista hanno avuto nella loro vita un senso di solitudine interiore che li portava ad essere freddi e ad allontanarsi dagli altri.

Amore per la sua città “Marseille n'est pas une ville pour touristes. Il n'y a rien à voir. Sa beauté ne se photographie pas. Elle se partage.” Izzo (2006,p.75)

Marsiglia ha sempre influenzato enormemente Izzo e questa città fa da sottofondo alla sua narrativa come alla sua vita, a parte una parentesi parigina. Nei romanzi di Izzo, la città viene descritta meticolosamente, ne vengono raccontati i profumi, i colori e le storie di coloro che la abitano. Marsiglia è un intrinseco sociale delle culture più varie, dalla vietnamita all'italiana, dalla spagnola all'africana e dal quale scaturisce una forza viscerale che dà vita alle vicende dei romanzi. È il conteso della città stessa che la rende ideale come cornice dei romanzi polizieschi, dato che mette a contatto i più disparati gruppi sociali, come poche altre città francesi. Qui convivono da vicino famiglie totalmente differenti: dalle famiglie povere immigrate in Francia con speranze di vita migliori che si ritrovano a far fronte a condizioni di vita difficili e che le avvicinano alla criminalità e alla droga, ai politici corrotti, dalle famiglie di lavoratori onesti, ai senzatetto, alle prostitute.


In questo caos generale, si sviluppano controversie sia razziali che religiose, dove l'integralismo islamico, lo spaccio dell'eroina, la polizia corrotta e il Front National sono diverse facce del male che affligge la città. Vivendo in questo contesto, il poliziotto Montale non può sopportare il ruolo della polizia di Stato. Il corpo infatti si è spesso si è macchiato di sangue per crimini futili in passato e continua a reprimere i piccoli delinquenti che non hanno altro di cui campare, lasciando agire liberamente i criminali di alto livello legati alla mafia e alla politica. Nonostante tutto i lati negativi di Marsiglia, l'amore di Montale e quindi di Izzo, per la loro città è un sentimento viscerale, innato, che gli impedisce di allontanarsene. Ma la parte di Marsiglia che Jean-Claude Izzo ama è sopratutto il mare. Il mare infatti rende la città più viva e gli dona quei colori e quegli odori particolari, è all'origine stessa della creazione della città focese. Montale non può vivere lontano da questo elemento, ci si rifugia per trovare la quiete interiore, un conforto materno, rappresenta l'unico posto dove poter essere felice. La percezione che Izzo ha del mare è della condivisione, un'identità in comune per tutti coloro che la società distingue e discrimina. Ammirare il mare significa anche osservare la linea dell'orizzonte e spingere l'immaginazione verso ciò che si trova dall'altra parte del Mediterraneo. Il tema del viaggio è un'altra costante del romanzo, viene ripreso più volte tramite Conrad, Rimbaud e Ulisse, quest'ultimo presente in tutti e tre i romanzi. Les voyages, on les préfère dans le regard de l'autre. De celui qui revient après avoir affronté «le pire». Tel Ulysse. On l'aimat bien, Ulysse ici. Et le Marseillais, au fil des siècles, tissaient et détissaient leur histoire, comme la pauvre Pénélope. Le drame, aujourd'hui, c'est que Marseille ne regardait plus l'Orient, mais le reflet de ce qu'elle devenait.

Izzo (2006, p. 396) Il pensiero comune vedrebbe i marsigliesi quali grandi viaggiatori, capitani d'industria e avventurieri, dato che il porto è la prima risorsa economica della città, ma la verità è tutt'altra. Infatti il viaggio, tra i Marsigliesi, è più sogno che vissuto. “Sento l'angoscia d'avere visto la partenza e di non partire” come scrisse il poeta Louis Braquier. Questa eterna tentazione di partenza, sempre rimandata, è ripresa anche nel romanzo “marin perdus”. Marsiglia è vista come una città che ti ancora a sé stessa, impedendo di andare via. I suoi abitanti infatti sognano il grande viaggio ma poi si limitano a vederlo attraverso lo sguardo e i racconti di coloro che vengono da altri paesi.

Les Marseillais n'aiment pas les voyages. Tout le monde les croit marins, aventuriers, que leur père ou leur grand-père a fait le tour de monde, au moins une


fois. Au mieux ils étaient allés jusqu'à Niolon, ou à Cap Croisette. Dans les familles bourgeoises, la mer était interdite aux enfants. Le port permettait les affaires, mais la mer, c'était sale. C'est par là qu'arrivait le vice. Et la peste.[...] La mer on la laissait aux pauvres.

Izzo(2006, p. 244) Marsiglia è una città di confine, tra Europa del Nord e Mediterraneo e più in larga scala, tra il vicino e l'esotico (non a caso chiamata la porta dell'Oriente) e che porta in sè i

sapori

e

gli

odori

delle

culture

più

varie

e

lontane.


Capitolo 3: aspetti linguistici Per la stesura di questi capitolo si è utilizzato il libro di Philippe Blanchet e Médéric Gasquet-Cyrus: Le Marseillais de poche

Le due lingue storiche di Marsiglia Nei romanzi di Izzo, e in particolar modo nella trilogia marsigliese, si può notare la presenza di un dialetto diverso dal francese standard, il cosiddetto francese di Marsiglia. Per analizzare gli aspetti linguistici occorre approfondire l'evoluzione della lingua nel territorio. Nel corso della sua lunga storia a Marsiglia si sono parlate principalmente due lingue, che per ordine di apparizione sono il provenzale e il francese. Il provenzale di Marsiglia è l'evoluzione spontanea del latino che si parlava al tempo dei romani, arricchito dal greco (in maniera maggiore rispetto ad altre parti nella Provenza) e più recentemente dal francese. Prima del X secolo, il latino popolare si era trasformato nel provenzale che veniva utilizzato dalla maggior parte della popolazione nelle conversazioni quotidiane. A partire dal XII secolo si è cominciato ad utilizzarlo nella scrittura, inizialmente nella letteratura: è la grande epoca dei troubadours, tra i più celebri si ricorda Folquet de Marseille, che si trova citato nel canto IX del Paradiso di Dante. Progressivamente il provenzale ha sostituito il latino anche nei documenti ufficiali, sopratutto dal XIV al XVI secolo. È importante sottolineare che il provenzale non è un patois, ma si tratta di una lingua vera e propria, che ha costituito una grammatica, quando il francese, ancora non aveva stabilito il suo lessico. Nel XVI secolo, la situazione linguistica conosce due cambiamenti principali. L'antico provenzale che si utilizzava tra Avignone e Cannes (compresa quindi Marsiglia) si evolve velocemente. Il risultato di questa evoluzione è un provenzale più moderno: a partire da quel momento, sempre più nettamente, si distacca da quello antico, il quale resterà comprensibile solo per qualche erudito abituato ai manoscritti. Si arriva a poter identificare chiaramente varie varietà di provenzale, di cui le differenze erano leggermente visibili nei testi antichi. Una di questa varietà, il Provençal Meridional, è composto dal provenzale della vallata del Rodano (Orange, Avignone, Arles) e del provenzale della costa e del suo retroterra (da Marsiglia e Aix fino a Cannes e Grasse).


Il dialetto di Nizza (niçois) diventa invece progressivamente una lingua a parte (Nizza d'altronde ha lasciato la Provenza per unificarsi col Piemonte). Rimane un'altra varietà di provenzale, il Provençal de la montagne, parlato da Sisteron e Digne fino a Gap e in Italia. All'interno di queste varietà, fino alla fine del XIX secolo, era possibile riconoscere la parlata di ciascuna città (tra cui quella di Marsiglia) e in ogni grande città, quella di ogni quartiere, ogni corporazione, ecc. All'epoca infatti tutti parlavano provenzale e pochi erano coloro che sapevano utilizzare il francese. L'altro grande cambiamento, è l'arrivo progressivo del francese. Nel 1486, il conte della Provenza, senza eredi diretti, lega la sua corona a suo cugino il re di Francia, sotto riserva che quest'ultimo rispetti l'indipendenza della Provenza. Il titolo di conte della Provenza sarà portato dal re della Francia e dai suoi successori. La Provenza e sopratutto Marsiglia che ha, come Arles, lo statuto di terra adiacente, restano teoricamente indipendenti fino al 1790. Ma si pensa che l'arrivo dei francesi favorì l'innesto della loro lingua, già internazionale, sopratutto perché si dichiara valida la celebre ordinanza di Villers-Cotteret 1539 che fa del francese la lingua ufficiale della giustizia e dell'amministrazione. In un primo tempo, almeno fino al XVIII secolo, il francese rimpiazzerà solo il latino, nello scritto. Il provenzale rimane la lingua parlata e anche quella della letteratura. Il primo libro stampato a Marsiglia nel 1595 è in provenzale. Si può dedurre che in quel periodo, l'idea di appartenere al regno di Francia non sfiorasse minimamente i marsigliesi.

Infatti tra il 1591 e il 1596, Marsiglia si dichiara repubblica indipendente

e se Luigi XIV fece costruire dei forti con i cannoni puntati verso la città, come si è visto nella capitolo sulla storia di Marsiglia, fu proprio per minacciare i cittadini e reprimere le loro intenzioni indipendentiste. Madame de Scudery, la celebre donna di lettere francesi del XVII secolo, riporta d'altronde che lei non riusciva a trovare nella “bonne societé” marsigliese delle donne capaci di tenere una conversazione in francese. Lo scrittore marsigliese Victor Gelu riporta che un pescatore citato al tribunale di Marsiglia all'inizio del XIX secolo poteva rispondere senza sorprendere il giudice che lo chiamava cittadino francese : nàni moussu, siéu pas francés, siéu de San Jan (non monsieur, je ne suis pas français , je suis de Saint Jean!- il vecchio quartiere di Marsiglia).


Ma progressivamente, sopratutto quando Marsiglia e la Provenza divennero pienamente francesi, durante la Rivoluzione del 1789, il francese si fece spazio anche all'orale. Nel XIX secolo i marsigliesi ben istruiti erano bilingue: parlavano un francese influenzato dal provenzale mentre il popolo parlava un provenzale che era a sua volta influenzato dal francese. Verso il 1900, quando la scuola in francese diventa obbligatoria e Marsiglia diventa una delle più grandi città della Francia, ci sono ancora degli anziani che non parlano la lingua nazionale. A quel tempo i marsigliesi si avvicinarono gradatamente e con diffidenza a questa nuova lingua venuta da altrove, prima di farla loro. Inoltre, non avendo a disposizione un molti vocaboli, dovettero adattare un gran numero di parole dal parigino e francesizzare i meccanismi grammaticali provenzali o ancora trasformare totalmente il significato di alcune parole. La generazione nata tra il 1900 e il 1920 avrà ancora il provenzale come lingua materna o secondaria, ma sarà capace di leggere e scrivere in francese. Marsiglia ha durante quel periodo, due lingue molto usate, il francese e il provenzale, alle quali bisogna aggiungere le lingue materne degli immigrati stranieri (come si è visto, sopratutto italiani). Il provenzale rimane ancora presente, in particolare a causa dell'esodo rurale: i provenzali dalle montagne e dalle compagne, che parlano poco francese, si riversano infatti nella città. In effetti, nelle campagne e nelle piccole città provenzali attorno a Marsiglia (come Martigues o Aubagne) il passaggio dal provenzale al francese, si è realizzato in generale una generazione più tardi (quella nata tra il 1930 e il 1950). Marsiglia diventa quindi quel luogo dove si sviluppa quella varietà del francese particolare, molto marcato dal provenzale nella sua pronuncia, nel suo vocabolario, nella sua grammatica, e nei suoi utilizzi. Fin dal 1931, quella varietà di francese così originale verrà studiato: sarà oggetto del primo studio che un linguista abbia dedicato ad una varietà regionale del francese (Le français de Marseille di August Brun). L'epoca sublime degli anni 30 ha dato una gloria mediatica al dialetto: grazie ai film di Marcel Pagnol, all'attore Fernandel e ad una ricca produzione di operette e canzoni il marsigliese diventa famoso anche all'estero. Questa varietà viene trasmessa di generazione in generazione, adattandosi, ma senza perdere quelle sue forti caratteristiche provenzali, anche nelle generazioni dove il provenzale non si parla più (quelle nate dopo il 1950, tranne eccezioni individuali) e tra le ondate successive di immigrati e i loro figli. La varietà diatopica assorbe anche qualche elemento dalla lingue dei nuovi arrivati, italiani: pieds-noirs, armeni, arabi. Questo


francese, malgrado sia di nascita recente, è quindi diventato il più parlato da tutti i marsigliesi, più ancora del provenzale dei secoli precedenti, che comunque ci sopravvive all'interno. Ma il provenzale marsigliese non è completamente sparito e, come spesso accade, dopo 3 o 4 generazioni le persone hanno iniziato a ricercare le loro radici linguistiche, riscoprendolo. Non bisogna dimenticare che quest'ultimo è ancora una lingua letteraria che viene insegnata, cantata, scritta e parlata e inoltre ci sono tutt'ora dei marsigliesi che lo parlano o lo scrivono. Sono coloro nati prima del 1930 e altri che hanno avuto la fortuna d'apprendere la lingua venendone a contatto, sopratutto nei vecchi villaggi diventati quartieri di Marsiglia dopo il 1950 (come La penne, Chateau-Gombert, l'Estaque...), altri venuti dai confini della Provenza dove la lingua si è conservata meglio, altri infine che la hanno ri-appresa. Nonostante il suo utilizzo sia in qualche caso maldestro, il provenzale è carico di una forza, perché ancora oggi essere marsigliesi, essere provenzali, ha un senso e risponde ad un bisogno affettivo. Avere una lingua propria, se combinata ad altre che permettono di interagire, definisce una identità e un modo di esistere.

Il francese di Marsiglia Coloro che sono stati a Marsiglia, come i marsigliesi stessi, sanno che in città si parla il francese, e che l'accento, le espressioni e le parole locali apportano delle modifiche al francese standard e possono disorientare uno straniero, ma non bastano a creare una lingua differente. Nonostante ciò i marsigliesi nutrono un forte attaccamento verso la il loro dialetto e ciò si può comprendere attraverso la storia della città e la sua autonomia, argomento trattato nel primo capitolo. Da una quindicina d'anni, si è constatato un netto rialzo d'interesse per le parole in marsigliese, perché anche se un marsigliese può parlare senza accento, preferisce coltivare questa differenza linguistica per gioco o provocazione, ma sopratutto per marcare un'identità e segnare delle frontiere linguistiche. Infatti tutti i marsigliesi si riconoscono nella loro parlata e anche se non utilizzano lo stesso ventaglio di espressioni e si comprendono benissimo tra di loro.


Questo non è un fenomeno nuovo e già negli anni 30 i canzonieri locali giocavano al gioco di traduttore, come nella canzone “Ah! Dites-moi ça en marsillais” dove Andrée Turcy insegna il marsigliese ad un parigino. L'espressione “accent marseillais” ingloba un insieme di tratti linguistici (intonazione, pronuncia, parole, espressioni) ma anche pratiche ad un livello più astratto, come la tchatche, l'esagerazione e lo scherzo che, come tutte le pratiche linguistiche, sono legate a radici sociali. Quando si parla dell'accento di Marsiglia si tende ad associarlo ad un forte stereotipo che esiste da almeno due secoli. All'interno dello stesso accento marsigliese si trovano delle varietà che sono influenzate dell'ambiente socio-culturale e che danno vita a diverse varietà. Si parla infatti di marsigliese tradizionale, quello che si sente nei film di Pagnol, il marsigliese borghese, che appartiene a chi abita nei quartieri chic della città e che è simile al provenzale e l'accento dei quartieri Nord, associato ai giovani magrebini ascrivibile al linguaggio delle banlieues. Si esaminano di seguito alcuni tratti principali che riguardano l'accento marsigliese.

La tchatche e i tchatcheurs “À Marseille on tchatche. Le rap n'est rien d'autre. De la tchatche, tant et plus.” Izzo (2006, p.112) Marsiglia è la città della tchatche, parola emblematica che anche se è di origine PiedsNoirs, si è imposta come il simbolo della parlantina marsigliese. È facile individuare coloro che non hanno l'accent, ma l'accent pointu che corrisponde alla parlata parigina. A Marsiglia questo modo di parlare non è molto gradito e quelli che lo utilizzano vengono velocemente etichettati come bouches, roulades o tchougades. In ogni caso, scimmiottare l'accento locale non sarà certo d'aiuto perché i marsigliesi sono suscettibili di fronte a queste imitazioni e potrebbero prenderla male. “Le "parlé marseillais", ça se vit, ça ne s'imite pas. Qu'on se le dise !” Di coloro che parlano male, che hanno un accento troppo esagerato e che usano le parolacce, si dice che parlino gras. Ma parlare gras per fare ridere fa parte del repertorio marsigliese. Certi arrivano anche a déparler, esagerare dicendo delle cose che superano le loro intenzioni.


In ogni caso, a Marsiglia sono graditi i tchatcheurs, coloro che sanno utilizzare abilmente la parola, ma senza esagerare, sopratutto se per farsi auto-riconoscenza o per parlare a vanvera, come i famosi bazzarettes che si attaccano al mercato e non si staccano più.

Parlare con le mani Questo stereotipo è basato su una realtà attestata quotidianamente: a Marsiglia, come in Italia, Spagna e Africa del Nord si parla con le mani più che altrove. Questo è tipico del temperamento mediterraneo ma anche del gusto che i marsigliesi hanno per la recita. Parlando ci si tocca volentieri, ci si prende le braccia o si dà una pacca amichevole sulla schiena.

Saluti La parola adieu permette di iniziare una conversazione mentre nel francese corrente ne segna la fine. L'adieu si usa frequentemente, ma unicamente tra persone con cui si ha molta confidenza.

Adieu! Comment vas tu?

Il tè esclamativo si può utilizzare anche da solo quando si incrocia una conoscenza. Tè! ça alors, comment tu vas? Aiòli! Questa espressione relativamente recente ha come autore i Massilia Sound System e fa del piatto marsigliese un rituale di saluto. Viene utilizzato sia all'inizio che alla fine della frase: Aiòli à toute la chourmo! Gàrri è la parola provenzale che identifica il ratto. Ma il termine ha anche una connotazione affettiva, sopratutto quando accompagnata da possessivo. I più anziani lo usano spesso con i giovani. ça va mon gàrri? Oh cousine! Cousin o cousine non riguarda i legami famigliari ma è un modo di dire utilizzato dai giovani per rivolgersi ai loro coetanei. Ciao tchao la parola italiana ciao è largamente utilizzata in Francia ma è particolarmente frequente a Marsiglia


La famiglia Il caganis di una famiglia, è l'ultimo nato, la forma è corrente e non ha nessuna sfumatura dispregiativa nonostante la forma caga- Je vous présente le caganis

La parola minot, che significa bambino è una delle più conosciute della parlata marsigliese. Si utilizza anche tra adulti con una connotazione peggiorativa. Ne fais pas le minot

Gli amici A Marsiglia, un collega è molto più che un collega di ufficio, è un compagno, un vero amico Tu es mon meiller collegue. Al contrario la frase Je suis pas ton collègue significa che bisogna mantenere una certa distanza.

L'arapède è l'equivalente marsigliese della patella e per estensione lo si usa per le persone insistenti e fastidiose. Il est gentil mais c'est une vrai arapède

Chourmo sta a significare un gruppo ed è stato utilizzato dai Izzo per il titolo del secondo romanzo della trilogia marsigliese. Aiòli à toute la chourmo!

Il cattivo umore L'engatse è il problema, la crisi. Un suo sinonimo è engambi C'est toi qui fais monter l'engatse

Je suis sur qu’y a un engambi

Je m'en cague corrisponde a je m'en fous

Faï cagua! Fai paura

Bordilles vuol dire sporcizia, ed è utilizzato come insulto Bordilles, que vous êtes! vire-vire significa capogiro, vertigini Fada

:

idiota,

ingenuo,

Allez, fais pas le fada!

a

Faire le vire-vire volte

viene

utilizzato

come

punteggiatura

Quand on est enfin arrivé, fada, tout le monde était parti.

Esclamazioni e Interiezioni


Uso frequente d'imperativi per attirare l'attenzione: Tè! (tiens), Vé! (vois), Vaï! (vas), Sas! (tu sais); Mèfi! fai attenzione Bonne mère! santa maria vergine

Nom de Diou! Nome di Dio

Voueï oui Fan viene utilizzato per esprimere sorpresa, ammirazione Fan!c'est pas donné Coquin viene utilizzato in numerosi ingiuri adattati dal provenzale Coquin de sort!

Corteggiamento Il Balèti è il ballo popolare, la festa. La Cagole è uno stereotipo marsigliese. In origine designava le prostitute ma è diventato poi il sinonimo di ragazze volgari.

Que cagole celle-là!

Mia indica una persona che si atteggia da play-boy , sbruffone

Joue pas les mias

avec moi.

A tavola La cucina marsigliese abbina la tradizione provenzale a diverse culture del Mediterraneo. Marsiglia ha le sue specialità gastronomiche i cui nomi derivano dal provenzale. Tra queste c'è la bouillabaisse, che deve il suo nome al processo di ebollizione. La parola aïoli è una delle più emblematiche di Marsiglia, simboleggia il mischiarsi culturale, etnico e linguistico che attecchisce bene a Marsiglia. Può essere anche utilizzato come sinonimo di atmosfera, ça fasait monter l'aïoli Fougasse focaccia

Soupe au pistou piatto tipico

Se il tempo si presta certi marsigliesi non esitano ad andare a pesca con il loro pointu (una barca tipica marsigliese). J'ai preparé les esques

le

esche


Conclusioni In questa tesi si è effettuata un'analisi di tre romanzi dello scrittore Jean-Claude Izzo: Total Khéops, Chourmo e Solea, che compongono la trilogia marsigliese. Per poter comprendere il contesto di questi romanzi è stato necessario presentare la città di Marsiglia, porto che nasce, secondo la leggenda di Protis e Gyptis, 2600 anni fa. La città ha avuto una storia particolare, ha sempre voluto mantenere la sua indipendenza rispetto alla Francia, alla quale viene annessa nel 1500, ma dalla quale si è sempre sentita distante. Marsiglia è stata una grande potenza, ha raggiunto il suo apice attorno al 1800 sfruttando le potenzialità del suo porto e donando persino l'inno alla Francia, la Marseilleise. Questa città, resa celebre dalla mafia e che ha vissuto con drammaticità il fallimento del settore industriale nella regione, ha visto la sua comunità costretta a rendersi più coesa, a crearsi una coscienza critica e mobilitarsi. Oggi Marsiglia è al centro di progetti europei per la sua rivalutazione ma che cercano di cambiarne anche i connotati sociali e urbani, trovando così molti oppositori tra i quali lo stesso Izzo, che cercava di preservarne l'autenticità. Si è trattato poi della tematica degli immigrati, in una città che da sempre ha accolto etnie da tutto il mondo e sulla quale aleggia l'ombra del Front National che attribuisce allo straniero problemi come criminalità diffusa e tasso di disoccupazione. Si è parlato anche dell'astio tra Marsiglia e Parigi capitale, che assimilando tutte le ambizioni e le finanze del paese, ha limitato lo sviluppo della città focese e continua a determinarne il futuro. Nel secondo capitolo si è invece analizzata la vita di Jean-Claude Izzo, marsigliese figlio di immigrati che ha vissuto sulla propria pelle la discriminazione e che ha passato tutta la sua vita a combattere ogni tipo di ingiustizia razziale e sociale. Attivista fin da ragazzo, Izzo ha sempre concentrato le energie per l'attuazione dei suoi ideali, avvalendosi di associazioni, della partecipazione alla vita politica, del suo mestiere di giornalista ed esprimendo le sue opinioni e il suo impegno sociale attraverso le sue opere. Come detto in precedenza, è stata sottoposta ad una particolare attenzione la raccolta della trilogia marsigliese, composta da romanzi gialli ambientati appunto nella sua città. Marsiglia è la città nella quale Izzo è cresciuto e l'unica con un contesto che gli permetteva di sviluppare dei romanzi con tutte le tematiche che lo interessavano,


come la piccola criminalità, la mafia con i suoi coinvolgimenti politici, le questioni razziali, sociali e religiose. Attraverso la trilogia Izzo può anche rendere noto il suo amore verso Marsiglia, la città autentica e povera della sua gioventù, che era composta da un insieme di mescolanze etniche, di sogni e speranze, di profumi esotici e di tradizioni che rimandavano alle culture più disparate. La scelta di utilizzare il dialetto e varie espressioni marsigliesi nei romanzi, si spiega con la volontà di Izzo di calare il lettore maggiormente nel contesto cittadino e rendere più realistici i dialoghi. Inoltre questa scelta è importante perché lo scrittore, utilizzando il dialetto locale, dà alla comunità marsigliese un senso d'orgoglio e le attribuisce un'identità diversa rispetto al resto della Francia. Per tutte queste ragioni Marsiglia era l'unica città possibile dove si potevano sviluppare i romanzi di Izzo e in conclusione, si può affermare che la combinazione abbia riscosso un enorme consenso. La trilogia ha infatti conquistato i lettori di tutto il mondo, che hanno avuto occasione di conoscere una realtà particolare, quella marsigliese appunto. Izzo ha contribuito a presentare la sua città al mondo intero e Marsiglia lo ha ricambiato, consentendogli di realizzare il suo sogno di bambino, quello

di

diventare

uno

scrittore

celebre

e

affermato.


Bibliografia Blanchet P., (1991) Dictionnaire du français régional de Provence, Parigi, BONNETON Blanchet P. & Gasquet-Cyrus M., (2004) Le marseillais de poche, Chennevières-surMarne, ASSIMIL del

Re

P.,

(2005)

La

faccia

gentile

di

Marsiglia

la

Ribelle

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/06/12/la-faccia-gentiledi-marsiglia-la-ribelle.html Giorgini

B.,

(2011)

Il

paradigma

di

Marsiglia,

http://www.democraziakmzero.org/2011/12/31/il-paradigma-di-marsiglia/ Izzo J.C., (2006) La trilogie Fabio Montale. Total Khéops, Chourmo, Solea, Francia, GALLIMARD Marseillais du monde, Pourqoui Marseille n'aime pas Paris- Histoire d'une rivalité, http://www.marseillais-du-monde.org/mars_paris.php3 Nardini S., (2010) Jean-Claude Izzo- Storia di un marsigliese, Bologna, PERDISA Wikipedia (2012), Marseille, http://fr.wikipedia.org/wiki/Marseille


iskire.net


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