L'evoluzione della mediazione familiare in Spagna e in Italia

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A.D. MDLXII

U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ

DI

G IURISPRUDENZA

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C O R S O D I L A U R E A M A G I S T R A L E I N G I U R I S P R U D E N ZA

L’EVOLUZIONE DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE IN SPAGNA E IN ITALIA

Relatore: CHIAR.MA PROF.SSA MARIA ANTONIETTA FODDAI

Tesi di Laurea di: GIUSEPPE SPANU

ANNO ACCADEMICO 2010/2011



Indice

Introduzione ....................................................................................................... 1

CAPITOLO I

ORIGINI E SVILUPPO DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE 1. L'approccio al conflitto .................................................................. 7 2. La mediazione: una definizione ambigua .................................... 16 2.1 Mediazione e ADR ......................................................... 17 2.2 Le principali forme di ADR: arbitration e mediation .... 28 2.3 ADR e mediazione familiare: due fenomeni distinti...... 31 3. Nascita e sviluppo della mediazione familiare ............................ 36 3.1 La mediazione familiare in Inghilterra e Francia: due esperienze a confronto ..................................................... 43 3.2 La mediazione familiare nelle fonti sovranazionali ....... 53

CAPITOLO II

LA MEDIAZIONE FAMILIARE: PRINCIPI E MODELLI 1. I motivi della diffusione .............................................................. 61 2. Principi e caratteristiche della mediazione familiare................... 65 3. I modelli di mediazione familiare................................................ 73 3.1 Il modello strutturato ...................................................... 75 3.2 Il modello globale .......................................................... 79


3.3 Il modello terapeutico .................................................... 85 3.4 Il modello integrato o parziale ....................................... 90 3.5 Il modello transizionale-simbolico ................................. 91 3.6 Il modello ecosistemico.................................................. 95

CAPITOLO III

LA MEDIAZIONE FAMILIARE IN SPAGNA 1. La nascita della mediazione in Spagna: motivi e obiettivi .......... 98 2. La legislazione delle ComunitĂ Autonome in materia di mediazione familiare ................................................................. 104 2.1 Fondamento giuridico .................................................. 109 2.2 Obiettivi........................................................................ 112 2.3 Principi della mediazione ............................................. 118 2.4 Requisiti del mediatore ................................................ 120 2.5 Durata del procedimento di mediazione ...................... 122 2.6 Inizio del procedimento di mediazione ........................ 124 2.7 Regime sanzionatorio ................................................... 125 3. Verso una legge statale di mediazione: il Proyecto de ley de mediacion en asuntos civiles y comerciales .............................. 130 3.1 Il Proyecto e la direttiva 2008/52/CE a confronto ....... 133 3.2 Struttura del Proyecto .................................................. 138

CAPITOLO IV

LA MEDIAZIONE FAMILIARE IN ITALIA 1. Le trasformazioni della famiglia italiana: analisi statistica ....... 157 2. Sviluppo della mediazione familiare in Italia ............................ 166


3. Evoluzione legislativa della disciplina ...................................... 179 4. Dai progetti di riforma alla legge n. 54/2006 ............................ 183 5. La legge n. 54/2006 e il ricorso alla mediazione familiare ....... 190 6. Il percorso verso una legge statale............................................. 200 6.1 La legge Regione Lazio n. 26/2008: un caso isolato ... 207 7. La mediazione familiare alla luce del d. lgs. 28/2010............... 214

Conclusioni ..................................................................................................... 227 Bibliografia ..................................................................................................... 231



INTRODUZIONE

La mediazione familiare è un'opportunità, un modo diverso di affrontare il conflitto all'interno della famiglia. E' un metodo che consente alle parti in lite di “sporcarsi le mani”, di gestire i problemi in prima persona, diversamente dall'approccio offerto dal sistema processuale. Non è un percorso semplice. Mediare significa passare dalla rottura del legame affettivo al riconoscimento dell'altro: affinché questo passaggio sia possibile, è necessario mettere da parte i sentimenti di orgoglio, rabbia, rancore, e focalizzare gli interessi comuni, per la ricerca di un accordo condiviso. Al fine di comprenderne appieno le potenzialità, è tuttavia necessario conoscere le radici di questo istituto. Come afferma Lisa Parkinson, “la mediazione riprende un approccio vecchio quanto il mondo”. E' un sistema alternativo rispetto al diritto, nato per regolare le dispute interpersonali: avente origini precedenti al V secolo a.C., questo strumento consiste in una forma di soluzione dei conflitti basata sul confronto diretto tra i litiganti, chiamati a sanare i propri contrasti personalmente, con il supporto di

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un terzo “saggio” che favorisca una comunicazione positiva. Questo tipo di approccio ha conosciuto nel tempo forme diverse, a seconda della cultura e dei costumi dei popoli che lo praticavano, ma il principio di fondo è sempre rimasto lo stesso: il conflitto può essere superato, attraverso il dialogo, nel momento in cui le parti in lite riescono a comprendere il punto di vista dell'altro, e decidono di trovare una soluzione condivisa. Non esistono vincitori, non esistono vinti: tutti possono ottenere dei vantaggi. Questo concetto “alternativo” di giustizia è tornato in auge nell'ultimo secolo, diffondendosi dapprima negli Stati Uniti, e successivamente in molte altre parti del globo, tra cui l'Europa. Il motivo principale di tale sviluppo va ricercato nella crisi del sistema processuale, dovuta al fenomeno della litigation explosion: l'eccessivo incremento delle cause civili presso i Tribunali ha fatto nascere l'esigenza di individuare delle alternative al processo, in modo da alleggerire il lavoro dei giudici e garantire un servizio più celere ed efficace ai cittadini. In seguito a questa necessità, sono nati gli alternative dispute resolution, ossia strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, tra cui rientra la mediation. La mediazione si è dimostrata subito un metodo adattabile a

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diversi ambiti: civile, commerciale, penale, familiare. In quest'ultimo caso, tuttavia, il processo evolutivo dell'istituto ha seguito un percorso differente dagli altri, sia per le origini legate alla psicoterapia, sia per le sue peculiarità, fortemente connesse agli aspetti relazionali. La crisi familiare rappresenta un momento di sofferenza per gli elementi della famiglia, soprattutto per quelli più deboli, i figli. Nel momento in cui i genitori cessano di avere un rapporto sereno, crollano i punti di riferimento, all'interno del nucleo, generando confusione, rabbia, dolore. La mediazione familiare punta ad inserirsi in questo spazio, attraverso il ripristino del dialogo fra i litiganti: sebbene il rapporto coniugale/affettivo possa cadere, quello genitoriale non può essere sacrificato. Al contrario, in una situazione di tale instabilità, il supporto dei genitori verso la prole deve essere più forte che mai. Il mediatore familiare opera affinché questo sostegno non venga interrotto nel momento di massima difficoltà, ma egli non va inteso come il deus ex machina: gli artefici di ogni decisione, infatti, sono sempre e soltanto i genitori stessi, i quali decidono se stipulare o meno un accordo, se continuare con il confronto o abbandonare. Il procedimento di mediazione, al fine di garantire alle parti la

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massima efficienza, deve rispettare determinati criteri, quali la piena volontarietà di partecipazione e abbandono delle sedute per i litiganti, la totale parità di trattamento di questi ultimi, un trattamento imparziale e neutrale da parte degli addetti specializzati e il rispetto del segreto professionale in relazione ai contenuti trapelati dai colloqui. Questi principi valgono universalmente, qualunque sia il modello di mediazione in atto: esistono, infatti, diversi tipi di approccio alla crisi familiare, a seconda del modo in cui si voglia affrontare il problema. E' possibile analizzare il conflitto globalmente, nei suoi aspetti relazionali ed economici, ovvero parzialmente, dedicandosi ai diversi punti in fasi separate. Dare una maggiore priorità alle questioni patrimoniali piuttosto che a quelle affettive, o viceversa. Svolgere il procedimento per mezzo del supporto del solo mediatore, ovvero riservare a quest'ultimo i problemi relazionali, consentendo ad un consulente legale di analizzare gli aspetti economici. Una volta delineato il profilo della mediazione familiare, è mio interesse chiarire come questo istituto si sia radicato in due ordinamenti specifici: quello spagnolo e quello italiano.

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Due paesi, Spagna e Italia, che presentano alcuni punti in comune, come la cultura “latina” ed il legame profondo verso i valori cattolici. Aspetto, quest'ultimo, che ha sicuramente inciso sulle dinamiche, caratterizzate da pressanti critiche provenienti soprattutto dagli ambienti legati alla Chiesa, che hanno introdotto il divorzio nei rispettivi Stati. Negli ultimi decenni i due paesi hanno conosciuto una progressiva inflazione del numero di matrimoni, parallela ad una crescita costante di divorzi e separazioni. Terreno fertile per lo sviluppo della mediazione familiare, che infatti è riuscita ad emergere attraverso l'opera dei primi centri operativi, nati a Barcellona e Milano, per poi espandersi su entrambi i territori nazionali. Sul piano legislativo, in nessuno dei due ordinamenti è presente una legge statale: in Spagna, con la recente caduta del governo Zapatero, è decaduto il progetto di legge, mentre era in attesa del vaglio parlamentare; In Italia l'unico riferimento esistente al momento è la legge n. 54/2006, in tema di affidamento condiviso, che descrive incidentalmente la mediazione familiare senza, tuttavia, entrare nei dettagli della sua procedura e della qualifica del mediatore. Tale lacuna normativa rappresenta un altro aspetto che lega il

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nostro paese con quello spagnolo, ma con una differenza importante. Infatti, mentre in Spagna si è registrata un'intensa attività legislativa a livello regionale, con ben tredici Comunità Autonome attive in tal senso, in Italia si è riscontrato il solo caso della Regione Lazio, la quale

ha

emanato

successivamente

una

dichiarata

legge

sulla

mediazione

incostituzionale

dalla

familiare, Corte

Costituzionale. In conclusione, in un momento in cui la mediazione familiare rivendica, a livello mondiale, un ruolo sempre più importante, Italia e Spagna manifestano la volontà di prendere parte all'evoluzione di questo istituto. Sebbene con qualche ritardo sul piano della legislazione nazionale, le pressioni interne degli addetti ai lavori, in entrambi i paesi, fanno ben sperare che la figura del mediatore familiare sarà regolata. Resta solo da ipotizzare il quando.

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CAPITOLO I ORIGINI E SVILUPPO DELLA MEDIAZIONE

1 L'approccio al conflitto Sin dal momento in cui l’uomo ha iniziato a vivere in società, a contatto con altri suoi simili, ha dovuto conoscere e affrontare il conflitto. Infatti, i rapporti interpersonali sono da sempre causa di divergenze, che si esplicano irrimediabilmente in tutti gli aspetti della vita sociale. Per questa ragione, il bisogno di ricercare un equilibrio fra interessi privati, che garantisse uno stato di pace duraturo, ha portato gli individui a sviluppare forme di gestione e risoluzione delle controversie. Fra queste, in epoca moderna, il diritto è stato, e ancora oggi è, considerato come un mezzo essenziale per bilanciare passioni e bisogni dei singoli, per natura in costante scontro tra loro, attraverso lo strumento tecnico del processo giudiziale.1 Questo consiste nel “procedimento attraverso il quale viene esercitata la funzione

1 In questo senso, G.COSI, M. A. FODDAI, Lo spazio della mediazione, Giuffrè, Milano, 2003, pag. 5: “Ambigua è la funzione del diritto: per comprenderla, una buona metafora potrebbe essere quella del confine. Tra gli stati e le nazioni, il confine è spesso una sorta di “luogo geometrico” (cioè immateriale e convenzionale) che esiste soltanto nelle carte geografiche e nella mente di chi lo deve oltrepassare. Tuttavia, garantendo ai popoli che separa l’esclusiva di uno spazio vitale, esso fornisce sicurezza e conferisce identità, con perfetta simmetria. […] Come il confine tra i popoli, così il diritto tra gli individui, insieme unisce e divide: disegna intorno a ognuno quella sfera di diritti e doveri che ne rappresenta l'identità civile; stabilisce i modi e le forme in cui le diverse sfere possono o devono entrare in contatto tra loro”.

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giurisdizionale2”. “E' una sequenza ordinata di atti giuridici, posti in essere dalle parti e dal giudice, compiuti secondo le norme processuali e

preordinati

all'emanazione

dell'atto

terminale,

che

è

un

provvedimento giurisdizionale”.3 L'esistenza di una funzione giurisdizionale esercitata da giudici indipendenti, ai quali il privato possa rivolgersi per la tutela dei suoi diritti, è uno dei capisaldi dello stato di diritto. A conferma della rilevanza di questa struttura, Giovanni Cosi sottolinea come “la nostra cultura appartien(ga) da tempo al gruppo di quelle che hanno deciso di delegare prevalentemente al diritto statale, e ai suoi strumenti formali di decisione delle controversie, la gestione dei

2 B. SASSANI, Lezioni di diritto processuale civile, Scriptaweb, Napoli, 2006, p. 62: “Parlando di giurisdizione si usa un concetto ambiguo che viene utilizzato con molti significati: si parla di giurisdizione come potere ( potere giurisdizionale), talvolta ci si riferisce agli organi che sono dotati di giurisdizione, talvolta si parla della funzione giurisdizionale, delle attività giurisdizionali. […] Il concetto di giurisdizione che qui interessa è quello di giurisdizione come attività o funzione: si tratta della funzione dello Stato (o di altro ente o apparato dotato del relativo potere: per es. Unione Europea) in cui si manifesta lo specifico potere di applicare (obiettivamente) la legge al caso concreto”. 3 Ivi, p. 63: “Per la determinazione esatta dei concetti, dobbiamo distinguere 'processo' dal più elementare 'procedimento'. Processo è lo svolgimento coordinato di una pluralità di atti tra loro connessi attraverso cui si svolge la funzione giurisdizionale: questa non si attua con un singolo atto ma attraverso un'attività complessa a struttura 'procedimentale'. Il procedimento è quindi lo schema base del fenomeno del processo, ed è, intuitivamente, una attività con un inizio, uno svolgimento e una fine; un'attività che coinvolge il giudice, i soggetti privati che compromettono, gli organi ausiliari della giurisdizione, e che si svolge nel tempo, con un coordinamento stretto di consequenzialità logica e temporale tra un atto introduttivo, atti successivi e un atto finale. Il procedimento quindi può essere definito come 'un'attività complessa ( attività = insieme di tratti coordinati), globalmente considerata nel suo insieme e scandita nel tempo'”.

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conflitti sociali. Non importa se di civil o di common law, se accusatori o inquisitori, i nostri sistemi giuridici ci sembrano i soli capaci di garantire la pace e l'ordine, scongiurando al tempo stesso la necessità di ricorrere a interventi di controllo eccessivamente repressivi, se non addirittura totalitari”.4 Tuttavia, il concetto di giustizia può essere analizzato sotto vari punti di vista. In primis, si può affermare che la “verità” che deriva dal processo giudiziale descrive esclusivamente una verità formalista, in quanto prodotta tramite strumenti procedurali-formali che rappresentano la sola realtà processuale5 : pertanto, se da un lato esiste il modo di ottenere una giustizia formalista attraverso un processo, dall'altro è possibile conquistare una giustizia sostanzialista per mezzo di altri strumenti.6

4 G. COSI, Sistemi alternativi di soluzione delle controversie intorno all'esperienza americana, in Studi Senesi, cit., p. 7 5 G. COSI, M. A. FODDAI, Lo spazio della mediazione, Giuffré Editore, 2003, p. 1: “Giustizia sostanzialista e giustizia formalista: la prima è 'antica', la seconda 'moderna'. In una società tradizionale, ancora priva della separazione tra diritto e morale, l'ethos violato richiede di essere rapidamente ripristinato. Che ciò avvenga per mezzo di una ritorsione privata o tramite un 'giudizio', l'importante è disporre di un capro espiatorio da sacrificare sull'altare dell'Ordine del gruppo. Non vi è problema di prove e cautele procedurali, perché la sentenza e la pena sono note fin dall'inizio. […] Noi moderni da tempo cerchiamo (almeno pubblicamente) di ripudiare questa concezione di giustizia. Non volendo (o non potendo) sapere cosa sia 'giusto' in senso sostanziale, abbiamo escogitato complesse metodiche procedurali-formali volte a produrre la cosiddetta 'verità processuale'”. 6 In questo senso, D. SAVIO, E. CAMPANATI, F. ORLANDI, Tecniche e procedure della nuova mediazione, Maggioli, San Marino, 2011, pag. 26:” Il processo è la soluzione tecnica, prevista e dettagliatamente regolata dall'ordinamento giuridico statale, attraverso la quale

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In secondo luogo, è necessario comprendere che il conflitto è un fenomeno fisiologico, un evento necessario all'evoluzione sociale. Per questo motivo è impossibile pensare ad una società priva di conflitti, e pertanto, quello che conta non è l'esistenza o meno delle controversie, ma il modo in cui esse vengono gestite7. E' chiaro perciò come l'ambiente socio-culturale influisca profondamente sulla scelta di queste modalità di approccio, ed è altrettanto chiaro che non si possa ritenere come universalmente valido un solo metodo. In questo contesto, la storia ci insegna che l'interesse a individuare modalità di risoluzione del conflitto è nato ben prima del concetto di stato di diritto.8

risolvere il conflitto che la società contemporanea considera essenzialmente come un evento patologico.[...] Si può manifestare un fenomeno inatteso quando il conflitto non viene risolto nemmeno con il processo perché gli sopravvive: il conflitto diviene insolubile e diventa un conflitto strutturale che si autoalimenta in quanto attiene al modo in cui le persone si rapportano tra di loro e prescinde dagli aspetti tecnici, giuridici o di merito, per cui non può essere risolto con il processo. [...]La sentenza di un giudice non risolve il problema in quanto l'attribuzione di torti o ragioni e la conseguente creazione di vincitori e vinti rompe spesso i rapporti tra le parti e lascia spesso il conflitto essenziale irrisolto.” 7 Ivi, p. 10: “Un primo passo per cominciare a comprendere dove inserire utilmente gli strumenti informali di soluzione delle controversie potrebbe essere proprio quello di non considerare il conflitto come un evento sociale patologico, un male da curare o da rimuovere, ma come un fenomeno fisiologico; talvolta addirittura positivo. […] Una società senza conflitti è inevitabilmente statica; non solo,c'è da diffidare delle società che apparentemente non manifestano conflitti. Quello che conta, non è che ci siano conflitti, ma come questi vengono gestiti”. 8 G. DI RAGO, M. CICOGNA, G. N. GIUDICE, Manuale delle tecniche di mediazione nella nuova conciliazione, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2010, p. 19: “ L'arte della composizione dei conflitti interpersonali rappresenta indubbiamente una delle prime attività alle quali si è dedicato l'uomo dal momento in cui ha cominciato a vivere all'interno di una società”.

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In buona sostanza, è necessario comprendere la distinzione tra due tipi di approccio al conflitto: •

Giudiziale: negli ordinamenti dove vige la separazione

dei poteri, i giudici costituiscono uno dei tre poteri dello stato: il potere giudiziario. Attraverso il processo, il conflitto viene delegato dalle parti ad un terzo, il giudice, il quale decide con un provvedimento. Si tratta di un iter caratterizzato da formalismo e mancanza di comunicazione diretta fra gli interessati, i quali vengono rappresentati dai rispettivi difensori. •

Extragiudiziale: in quest'ambito, come chiarirò nei

paragrafi successivi, rientrano diversi strumenti di risoluzione delle controversie. Questi possono essere intesi come alternativi rispetto al processo, in quanto ad esso spesso si affiancano e, talvolta, permettono di superare il conflitto senza ricorrere al giudice. Oltre al carattere extraprocessuale, hanno in comune un certo grado di informalità e una maggiore flessibilità rispetto al procedimento giudiziale. Fra i metodi di carattere extragiudiziale, uno dei più diffusi è la

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mediazione9, intesa come attività di conciliazione nelle dispute tra cittadini. Le prime tracce di conciliazioni tra parti in controversia risalgono al V secolo A.C., epoca in cui l'occidente fu caratterizzato dall'ascesa di Roma, mentre l' oriente vide emergere fra tutte la figura di Confucio.10 L’idea stessa di “compromesso”, come individuazione di una linea mediana concretamente utile per risolvere una controversia, era profondamente radicata nella cultura del confucianesimo11, secondo cui la gerarchia naturale delle cose “Li” (ossia il complesso di regole morali necessarie per garantire all’uomo una vita in armonia con il cosmo, e quindi anche con tutte le altre persone) si pone su un piano più alto rispetto alla legge scritta “Fa”. In ambito conflittuale, secondo

9 Sull'ambigua definizione del termine “mediazione” si veda il paragrafo seguente. 10 R. ORFEO, Le origini della Conciliazione in Cina: il pensiero confuciano, in mediazioneadr.blogspot.com: “I metodi alternativi di risoluzione delle controversie, nel quadro di quel disegno generale volto al riordino della giustizia civile, hanno conosciuto un sorprendente sviluppo in particolar modo negli ultimi tre decenni. Ma le loro origini, soprattutto per ciò che riguarda il mezzo della conciliazione, hanno trovano fondamento in tempi ben più antichi e non soltanto nei Paesi di common law ma anche all’interno della Cina e dei paesi asiatici, dove la massimizzazione del proprio utile a spregio degli interessi dell’altra parte è considerato particolarmente deplorevole. La conciliazione fa parte così della tradizione nazionale e trova le sue origini nel costume e nella filosofia del Paese”. 11 H. YANLONG, X. LIZHI, L'influenza della tradizione confuciana sul sistema giuridico cinese moderno, in Sociologia del diritto, n. 1, 1995, p. 80: “Per Confucio, la società ideale è quella in cui non esistono litigi né crimini, quindi la società che non ha bisogno né di leggi né di regole”.

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questo pensiero, la morale prevaleva sul diritto: per questa ragione, le soluzioni conciliative delle dispute erano considerate più efficaci delle soluzioni formali raggiunte in tribunale.12 Un'altra testimonianza di come il diritto non fosse l'unico strumento di approccio al conflitto, si deve ad una cultura più vicina alla nostra: quella dell'antica Roma. Intorno al 451 a. C. i tribuni della plebe istituirono un gruppo di personalità di alto valore e competenza, i decemviri legibus scribundis, e affidarono loro il compito di stilare una raccolta di leggi volte a regolare gli aspetti più importanti della vita sociale, corrotta da iniquità e arbitrarietà. All'opera di questi giuristi si deve la stesura delle XII Tavole, fonte legislativa di rilevanza assoluta, dalla cui analisi risulta la previsione del ricorso a strumenti negoziali, idonei a realizzare l'equilibrio degli interessi contrapposti delle parti, chiamati pacta.13 A seguito di una disamina

12 A.BRUNI, La mediazione conviene, Maggioli, San Marino, 2011, p. 54: “In Cina […] la cultura del confucianesimo, che si inquadra nel concetto di governo dell'uomo – secondo la quale, qualora si fosse interrotta la naturale armonia che regna sovrana tra le persone solo con l'accordo e la persuasione morale, la stessa si sarebbe dovuta ristabilire – ha sempre preferito soluzioni pacifiche e di mediazione delle dispute, piuttosto che soluzioni formali legate alle aule dei tribunali. Principalmente, quindi, si pensava che bisognasse dissipare i conflitti, tramite il compromesso e la mediazione, piuttosto che utilizzare le vie della ricerca di un rapporto di forza in tribunale, considerando la disputa un grave errore da evitare grandemente. Il diritto e le leggi, infatti, venivano considerati come metodi per relazionarsi con gli stranieri e con i criminali”. 13 Il testo della legge delle XII Tavole è stato ricostruito, per quanto possibile, stante la limitatezza dei frammenti pervenuti, da Heinrich E. Dirksen (Lipsia, 1824), da R. Sholl (Lipsia, 1966) e, infine, da Karl G. Bruns, Theodor Mommsen e Otto Gravenditz, che lo hanno

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della prima Tavola, Gianfranco Di Rago ha affermato come risulti “particolarmente importante il frammento “Rem ubi pacunt, orato”, nel quale viene effettuato un chiaro riferimento alla composizione dei conflitti come a un vero e proprio istituto giuridico. Nel testo infatti viene stabilito che, ove le parti in lite abbiano trovato un accordo (pactio) sull'oggetto della controversia (rem), il giudice sia tenuto a consacrarlo (orato) con l'emanazione di una sentenza. In caso contrario (ni pacunt) si sarebbe dato il via al processo vero e proprio”.14 Un ruolo fondamentale nello sviluppo della cultura della mediazione extraprocessuale lo si attribuisce anche alla Chiesa.15

pubblicato nella loro opera Fontes Iuris Romani Antiqui (Tubinga, 1909). Di seguito riporto la traduzione del frammento della prima tavola, relativa alla proposizione e trattazione di un'azione giudiziaria: “Nel caso in cui (il convenuto) è chiamato in giudizio, lo stesso convenuto si presenti. Se il convenuto non si presenta, si provveda a chiamare dei testimoni. Quindi lo stesso convenuto sia portato in giudizio. Nel caso in cui il convenuto persiste ad opporsi o dà l’impressione di voler fuggire lo stesso convenuto venga portato davanti al giudice con la forza. Nel caso in cui la malattia o l’età avanzata rendono difficile la chiamata in giudizio, al convenuto sia offerta una semplice carrozza. Se il convenuto rifiuta la carrozza l’attore non sia costretto ad offrirgli una carrozza coperta. Se si tratta di un cittadino contribuente, faccia da garante un altro contribuente. Nel caso in cui si tratti di un proletario garantisca un cittadino qualsiasi (…). Se le parti si mettono d’accordo, in tal caso il magistrato emetta sentenza. Se le parti non trovano un accordo le stesse parti espongano gli aspetti essenziali della causa nel foro o nel comizio prima di mezzogiorno. Siano presenti tutte le parti all’illustrazione della causa. Trascorso il mezzogiorno il magistrato prenda una decisione in favore della parte presente. Se tutte le parti sono presenti il tramonto del sole costituisca il termine finale per la trattazione della causa.” 14 G. DI RAGO, M. CICOGNA, G. N. GIUDICE, Manuale delle tecniche di mediazione nella nuova conciliazione, op. cit., p. 21, cit. 15 Ivi, p. 21: “In seguito, nel periodo medievale è da segnalare, in particolare, l'attività svolta dalla Chiesa, sia nelle liti all'interno delle comunità locali, nelle quali il parroco svolgeva le funzioni

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Importante in questo senso, in epoca medievale, era la figura del parroco, il quale, guidato da principi evangelici di “caritas” e “amore per il prossimo”, svolgeva la funzione di mediatore all'interno della comunità, nel tentativo di dirimere le controversie sorte fra persone e famiglie.16 A livello statale, invece, fu essenziale in varie circostanze l'attività diplomatica posta in essere dai Pontefici, nella loro opera di conciliazione dei conflitti sorti fra Stati.17 Gli esempi di questi interventi sono molteplici: in questo senso, Alessandro Bruni scrive dell'opera “prestata dal Nunzio pontificio Fabio Chigi, che svolse un'intensa attività di mediazione fra le due potenze Francia e Spagna, e che, partecipando ai congressi di Munster e Osnabruck, ricoprì un ruolo di grande importanza negli avvenimenti politici internazionali di

di mediatore, sia nei rapporti tra regni, principati e città stato”. 16 In questo senso, M. DE LUCA PICIONE, Cenni storici sulle ADR, in Temi Romana, n° 1-3, gennaio 2010 : “La diffusione del cristianesimo e l’inizio del periodo medievale vedono l'organizzazione ecclesiastica protagonista sia nell’amministrazione della giustizia che nelle attività conciliative poste in essere dai Parroci nelle parrocchie per le liti minori e dai Vescovi nelle diocesi per le altre liti. Le attività conciliative di Parroci e Vescovi sono orientate a soddisfare esigenze di natura sociale per il mantenimento della pace e della coesione tra persone e famiglie ma sono anche volte al perseguimento di fini etico-religiosi perché le liti tra “cristifideles” contrastano in modo evidente con l’insegnamento evangelico basato sulla “caritas” e sul comandamento nuovo “ama il prossimo tuo come te stesso”. 17 A riguardo, A. BRUNI, op. cit, p. 56: “Anche la Chiesa, soprattutto in Occidente, ebbe un ruolo molto importante per la diffusione della cultura della mediazione come risoluzione di controversie: dal parroco, invitato a mediare le controversie fra i suoi parrocchiani, fino alle vere e proprie mediazioni pontificie – a carattere squisitamente diplomatico – mediante le quali i Papi o i loro legati svolgevano la propria opera al fine di definire controversie fra Stati diversi”.

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preparazione della Pace di Westfalia del 1648, che concludeva la guerra dei trent'anni”.18 Quelli citati rappresentano solo alcuni degli esempi in cui la mediazione, in senso ampio, è stata applicata nel corso della storia. Dal paragrafo successivo, mi occuperò di descrivere questo istituto nella sua accezione moderna, esponendone le varie sfaccettature.

2 La mediazione: una definizione ambigua Dopo questa breve parentesi storica, volta a comprendere la profondità delle radici della mediazione, è necessario delineare le caratteristiche di questo istituto ai giorni nostri. Il termine “mediazione” deriva dal tardo latino “mediare”, inteso col significato di “essere nel mezzo”, “interporsi”, “mantenersi in una via intermedia”; tale parola si mostra particolarmente adatta a indicare un processo mirato a fare evolvere dinamicamente una situazione

di

conflitto,

aprendo

canali

di

comunicazione

precedentemente bloccati.19. Edward Kruk la definisce come “un

18 Ibidem, cit. 19 L.LENZI, Poetica della mediazione, in G.COSI, M.A.FODDAI (a cura di), Lo spazio della mediazione, Giuffrè, Milano, 2003, p. 45: “Nella stessa parola mediazione è contenuta l'idea dello star nel mezzo tra due realtà divise, tra mondi separati. Mediazione è stare nel mezzo: per

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processo collaborativo di risoluzione del conflitto”20, in cui due o più parti in lite sono assistite da uno o più soggetti terzi imparziali, per comunicare l'una con l'altra e trovare una soluzione accettabile per entrambe.21 Tuttavia, come ho brevemente accennato in precedenza, il termine “mediazione” non si presta facilmente a una definizione precisa né, tanto meno, univoca. Pertanto, cercherò di esporre il più chiaramente possibile le contraddizioni che la caratterizzano.

2.1 Mediazione e ADR La mediazione “moderna”, intesa come strumento di gestione dei conflitti, nasce negli Stati Uniti, attraverso lo sviluppo delle Alternative Dispute Resolution. Si tratta di una serie di tecniche e procedimenti di risoluzione di controversie di tipo legale, attinenti a diritti disponibili, alternative rispetto al giudizio amministrato dagli

mettere in relazione”. 20 E.KRUK, Mediation and conflict resolution in social work and the human services, 1997 21 AA.VV., Mediación, arbitraje y resolucion extrajudicial de conflictos en el siglo XXI, Reus, Madrid, 2010, p. 19: “En los tiempos presentes, ha alcanzado extraordinario auge la mediación entendida como sistema o procedimiento mediante el cual un experto tercia, se coloca en medio de personas con posturas enfrentadas, con conflictos de intereses entre ellas, haciendo lo posible para que estos se resuelvan y lleguen las personas dichas, incluso y llegado el caso a suscribir un acuerdo transaccional que ponga fin a los mismos”.

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organi giurisdizionali pubblici. L' Alternative Dispute Resolution Act del 1998 riporta una definizione esaustiva: “any process or procedure, other than an adjudication by a presiding judge, in which a neutral third party participates to assist in the resolution of issues in controversy, through processes such as early neutral evaluation, mediation, minitrial, and arbitration [...]”.22 Le prime tracce di interventi, in materia di misure di soluzione del conflitto alternative al processo, risalgono al 1887. In quest'anno il Governo Federale degli Stati Uniti emanò una legge sul commercio tra Stati, la Interstate Commerce Act,23 con la quale promosse la mediazione in ambito commerciale, per le controversie sindacali tra le compagnie ferroviarie e i loro dipendenti. A questa disposizione seguì, nel 1925, la Federal Arbitration Act, norma fondamentale per il riconoscimento dell'arbitrato, come strumento di risoluzione dei conflitti sorti nelle transazioni commerciali.24 Tuttavia, nonostante

22 Alternative Dispute Resolution Act (1998), cit. 23 A. BRUNI, La nuova mediazione civile e commerciale. Istruzioni per l’uso, Uni Service Editore, Trento, 2011, p. 14: “Il Governo Federale americano promosse la mediazione in ambito commerciale già con l'Interstate Commerce Act del 1887, legge sul commercio tra Stati, che istituì un meccanismo per la volontaria sottoposizione delle controversie sindacali tra le compagnie ferroviarie e i loro dipendenti”. 24 A. VAN DEN BERG, Yearbook Commercial Arbitration, Volume 30 , Kluwer Law International, 2005, p. 1009 : “With the passage of the original Federal Arbitration Act in 1925, Congress challenged this longstanding judicial aversion to arbitration, declaring that a written

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l'importanza dei suddetti interventi legislativi, il vero punto di svolta si ebbe solo con un secolo di ritardo, quando nel 1976 si tenne, a Minneapolis, “The National Conference on the Causes of Popular Dissatisfaction with the Administration of Justice”. Questo evento fu rinominato Pound Conference, “per celebrare i 70 anni dal discorso tenuto da Roscoe Pound, uno dei padri fondatori del diritto americano, dinanzi all'American Bar Association nel 1906, sul tema The causes of popular dissatisfaction with the administration of Justice”.25 Con il suo intervento, Pound aveva condannato le distorsioni del sistema adversary americano26, attraverso un'aspra critica “alla spavalderia degli avvocati e alla loro compiacente fiducia nell'eccellenza del sistema legale”27, legato a doppio filo alla sporting theory of justice:

agreement to arbitrate 'in any maritime transaction or a contract evidencing a transaction involving commerce shall be valid, irrevocable, and enforceable, save upon such grounds as exist at law or in equity for the revocation of any contract'”. 25 C.TROISI, La mediazione delle controversie civili e commerciali, Maggioli Editore, Rimini, 2011, cit, p. 29 26 G. AUTORINO, C. TROISI, D. NOVIELLO, Mediazione e conciliazione nelle controversie civili e commerciali, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2011, p. 29: “Quella di Pound fu una delle prime e più importanti voci che all'epoca si levarono contro le distorsioni e gli eccessi del sistema adversary americano con il suo attacco alla cosiddetta sporting theory of justice”. 27 E.WHITTON, The cartel: lawyers and their nine magic tricks, Tower Books, 1998, p:87: “Professor Landsman reports in Readings on Adversarial Justice that in 1906 Roscoe Pound 'delivered a speech before the American Bar Association that shocked the organised bar. He challenged lawyers smug and complacent belief in the excellence of the legal system and suggested that there was much with which to be dissatisfied”.

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secondo questa teoria, il processo legale può essere inteso come una battaglia tra due moderni “gladiatori”, ossia i legali, nel cui contesto il giudice assume il ruolo di mero arbitro della lotta.28 Tale impostazione, imperniata su un eccessivo formalismo giuridico, non permette alle parti in lite di raggiungere un accordo concernente i reali valori del conflitto, realizzandosi, al contrario, un uso strumentale del diritto29 : “L'effetto della nostra procedura esageratamente contenziosa non è soltanto di eccitare le parti, i testimoni e i giurati, ma anche di diffondere nella comunità un falso concetto delle intenzioni e degli scopi del diritto […]. Se la legge è solo un gioco, né i giocatori che vi prendono parte né il pubblico che vi assiste possono essere spinti a sottomettersi al suo spirito, quando vedono che i loro interessi sono meglio serviti eludendolo […]. Così i tribunali, istituiti per amministrare la giustizia secondo la legge, si trasformano in agenti o

28 K. BURKE, A Court and a Judiciary that is as good as its promise, in Court Rewiew, 2003, p.1:” The sporting theory of justice is the view that essentially the legal process is two modern gladiators in a pitted war, with the role of the judge to be simply a referee for the combat”. 29 G. COSI, M. A. FODDAI, Lo spazio della mediazione, Giuffré, Milano, 2003, p. 3: “Una delle prime e più importanti voci che all'epoca si levarono contro le distorsioni e gli eccessi del sistema adversary americano, fu quella di Roscoe Pound, con il suo attacco alla cosiddetta sporting theory of justice. La sua tesi era che il formalismo giuridico incoraggiava un uso strumentale del diritto, poiché era incapace di favorire l'accordo basato su un consenso intorno ai valori realmente in gioco nel conflitto”.

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in complici dell'illegalità”.30 Il pensiero di Pound sfociò, verso la metà degli anni 70, in un movimento di giuristi americani, teso a promuovere l'istituzione di forme alternative al giudizio ordinario per la risoluzione delle controversie31. Questa teoria fu esposta da Frank Sanders, nella già citata Pound Conference, e rinominata multi-door Court House32. Con questa definizione si sfrutta l'immagine di un “tribunale a più porte” per simboleggiare la possibilità delle parti di accedere a varie e differenti opzioni di trattamento delle controversie: è il fenomeno delle alternative dispute resolution, oggi conosciute anche con l'acronimo ADR33, coniato dallo stesso Sanders e confermato, nel 2002, dal “Libro Verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle

30 R.POUND, The Causes of Popular Dissatisfaction with the Administration of Justice, in American Bar Association Reports, n. 29/1906, 406. 31 C.TROISI, op. cit., p. 29:” Negli Stati Uniti, […] nella metà degli anni 70, un movimento di giuristi, riprendendo la felice intuizione di Pound, ha invocato una giustizia con una pluralità di percorsi (multi door courthouse, secondo la significativa definizione di Frank Sanders), aprendo la strada ad una varietà di forme alternative al giudizio ordinario (ADR – alternative dispute resolution), tra le quali l'istituto principe è la mediazione”. 32 G.DI PALO, op. cit, p. 3: “Nel corso della Conferenza, il professor Frank Sanders introdusse il concetto ormai divenuto celebre della multi-door courthouse. Le molteplici porte (multi-door) del palazzo di giustizia (Court House) rappresentano le varie opzioni di trattamento della lite verso cui le parti che entrano in tribunale possono essere indirizzate”. 33 In proposito: D. SAVIO, E. CAMPANATI, F. ORLANDI, Tecniche e procedure della nuova mediazione, Maggioli, San Marino, 2011, pag. 13: “Con la sigla ADR, “Alternative Dispute Resolution”, si fa un universale, generico riferimento ad un insieme di modalità extragiudiziali volte a risolvere le controversie, in modo autonomo rispetto alla decisione da parte di un giudice. Le caratteristiche peculiari sono la volontarietà delle parti di farvi ricorso, evitando di ricorrere ad un’azione giudiziaria, e la capacità di adattarsi ai casi più svariati”.

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controversie civili e commerciali”, ad opera della Commissione delle Comunità Europee.34 Il concetto di multi-door courthouse si è rivelato essenziale, per un rapido e definitivo sviluppo dei metodi ADR, in quanto ne ha consentito l'applicazione su un piano endoprocessuale: la fase di approccio “alternativo” al conflitto è diventata così un momento prodromico, e talune volte necessario, del processo civile.35 Frank Sanders espose la sua idea, sempre nel 1976, attraverso la relazione “Varieties of Dispute Processing”, nella quale propose “ una gamma variegata e flessibile di tecniche di soluzione delle controversie, e l'attribuzione di particolari tipi di casi a particolari tipi di procedura (o una combinazione di procedure) […]”. A livello pratico, egli ipotizzò

34 Libro Verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie civili e commerciali, 2002, p. 5: “I modi alternativi di risoluzione delle controversie in campo civile e commerciale (in appresso designati, ai fini del Libro verde e per convenzione lessicale, come "ADR", che sta per "Alternative Dispute Resolution") sono oggetto di un rinnovato interesse all'interno dell'Unione Europea [...]”. 35 A riguardo, C.BERIA, La crisi della giustizia civile in Italia. Che fare?, Giuffrè, Milano, 2009, p. 197: “Si ritiene che il Movimento ADR abbia avuto inizio negli Stati Uniti negli anni 60/70 per effetto della litigation crisis o litigation explosion […]. Già questa datazione potrebbe sorprendere; basti pensare all'universalità senza tempo dell'arbitrato e ancor più della conciliazione: procedure che esistono non solo pressoché ovunque, ma soprattutto da tempo immemorabile. In realtà la datazione è fondata, ma non tanto per motivi quantitativi, […] quanto per motivi soprattutto qualitativi. La conciliazione extragiudiziale e persino l'arbitrato, infatti, da procedure di natura privatistica e consensuale, divengono allora vieppiù (anche) endoprocessuali, ossia momento prodromico, e talune volte necessario, del processo civile. Il tribunale […] diviene una multi door courthouse, ossia un centro di risoluzione delle liti 'a più porte', ove a ciascuna porta corrisponde -idealmente- una diversa procedura messa a disposizione dei fruitori dei servizi della Corte”.

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“la creazione”, entro il 2000, “di un Centro per la soluzione delle controversie in luogo delle […] corti di giustizia, dove un funzionario avrebbe (avuto) il compito di vagliare le varie domande per poi indirizzarle alla procedura o alla sequenza di procedure più appropriate”.36 Il clima ideale, per la realizzazione di una riforma di tale portata del sistema giudiziale americano, si concretizzò proprio negli anni 60/70, nel momento in cui

emerse la cosiddetta litigation

explosion, con la quale si intende la crescita esponenziale del numero delle cause civili presso le corti federali.37 Diverse furono le cause di questo fenomeno: in primo luogo vi fu un grande e improvviso incremento della legificazione statale, in materie fino allora tradizionalmente lasciate all'autodeterminazione contrattuale delle

36 F. SANDERS, Varieties of Dispute Processing, in The Pound Conference: Perspectives on Justice in the Future, A. Levin & R. Wheeler eds., West, 1979, pp. 65-87. 37 V. CIRAOLO, Diventare mediatore civile e commerciale. Riflessioni e materiali, Giuffrè, Milano, 2011, p. 4: “L'origine delle ADR, o per meglio dire del 'fenomeno ADR', inteso come ricerca di strumenti alternativi (o come è più corretto dire, 'complementari') a quelli giurisdizionali, è individuabile negli Stati Uniti d'America tra la fine degli anni '60 ed i primi anni '70. Erano gli anni della cosiddetta litigation explosion, caratterizzati da un lato dallo sviluppo del movimento per i diritti civili che aveva fatto si che un'ondata di cittadini americani si riversasse nelle aule dei tribunali per far valere dei diritti che fino a qualche tempo prima non erano considerati meritevoli di tutela giurisdizionale; dall'altro lato dalla fine della crisi petrolifera che aveva comportato una forte ripresa del commercio con conseguente aumento del contenzioso ad esso legato. Il carico giudiziario delle corti in pochi anni era cresciuto talmente da rendere impossibile la sua definizione utilizzando i soli procedimenti ordinari e rendendo necessario, quindi, individuare degli strumenti alternativi per risolvere tali controversie”.

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parti. Inoltre, incise significativamente l'imprevedibilità dei verdetti delle giurie popolari, in quanto il sistema trial by giury presenta forti rischi di manipolazione della cosiddetta verità processuale. Infine, vi fu una crescita esponenziale del numero dei professionisti legali. Il risultato è stata la paralisi, tendenziale se non attuale, di numerosi settori della giustizia civile.38 L'insieme di questi fattori ha determinato la nascita del movimento delle ADR: il concetto di “alternatività” rispetto ai metodi “tradizionali” poggia su principi di comunicazione e ascolto fra le parti, di apertura a soluzioni basate sulla comprensione del problema, nella

sua

accezione

più

oggettiva

possibile,

mediante

una

comparazione degli interessi in gioco. Una ratio, in sintesi, volta al raggiungimento di una verità sostanziale, ad una soluzione “informale” basata sugli interessi, in contrapposizione alla rigidità del formalismo giuridico. La conseguenza della crisi del processo giudiziale è stata l'attuazione di una serie di interventi legislativi: in questo contesto, un ruolo fondamentale è stato assunto da una parte dai giudici, dall'altra

38 G. COSI, G. ROMUALDI, La mediazione dei conflitti, Giappichelli, Torino, 2010, p. 27

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dal Congresso.39 I primi hanno contribuito in modo rilevante attraverso la sperimentazione di un servizio di arbitrato e/o di mediazione collegato alla corte, e chiamato per questo motivo court annexed.40 Il legislatore, in seguito, ha confermato e dato stabilità a queste esperienze, attraverso l'emanazione di diverse leggi settoriali41, tese a incrementare l'applicazione di metodi di soluzione delle controversie. A queste legislazioni specifiche seguirono, nel 1990, l' Administrative Dispute Resoluction Act, con il quale il Congresso stabilì l'obbligo di applicazione degli ADR per la risoluzione dei conflitti sorti fra agenzie amministrative, e il Civil Justice Reform Act, la legge di riforma della giustizia civile, che “impose a tutte le corti

39 O. CHASE, I metodi alternativi di soluzione delle controversie e la cultura del processo: il caso degli Stati Uniti d'America, in L'altra giustizia, Giuffré, Milano, 2007, p.132: “Quali che ne siano le cause sottostanti, […] la crescita degli ADR è stata resa possibile da cambiamenti nel diritto positivo promossi sia dai giudici che dal Congresso”. 40 Ivi, p. 133: “Il modo più ovvio con il quale i giudici hanno contribuito allo sviluppo dell'ADR è stato quello della istituzione di programmi collegati alla corte (court annexed), ossia di un servizio di arbitrato e/o di mediazione amministrato nell'ambito della stessa corte”. 41 Le prima legge settoriale in materia fu il Dispute Resolution Act, del 1980, con la quale si diede un incipit a stati, enti locali e organizzazioni no profit per incrementare l'applicazione di metodi di soluzione delle controversie, negli ambiti di propria competenza, attraverso un politica di premialità finanziaria. A questa seguirono una legge nel 1978, sull'istituzione del sistema court annexed nelle Corti Federali dei distretti Est della Pennsylvania, Nord Carolina e Connecticut; un importante emendamento, nel 1983, che prevedeva l'obbligo per il giudice, durante la pretrial conference del processo, di adoperarsi per facilitare la transazione della lite, indicando alle parti la possibilità di accedere a procedure extraprocessuali; un ulteriore legge per il finanziamento, nel 1985, di altri otto programmi di arbitrato obbligatorio ; il Judicial Improvements and Access to Justice Act, approvato dal Congresso nel 1988, il quale “autorizzò dieci corti distrettuali federali ad attuare programmi di deferimento obbligatorio ad arbitrato (ancorché non vincolante) per cause civili minori”.

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distrettuali di formulare ed attuare un piano per la riduzione di costi e tempi entro quattro anni, autorizzando l'uso di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie come uno dei possibili mezzi per raggiungere questo fine”42. Quest'ultima legge stabilì un programma di controllo statistico, per valutare gli effetti della riforma stessa negli anni successivi. I risultati conseguiti, sebbene non particolarmente incoraggianti, portarono il Congresso a porre fine alla fase di sperimentazione, attraverso l'emanazione dell'Alternative Dispute Resolution Act, nel 1998, con il quale si richiese a tutte le corti distrettuali federali di istituire programmi di ADR.43 A livello statistico, gli sforzi congiunti di giudici e legislatore hanno portato a dei risultati significativi: oggigiorno, circa il 95% dei

42 V. VARANO, L'altra giustizia. I metodi alternativi di risoluzione delle controversie, Giuffrè, Milano, 2007, p. 136:“[...] Il Civil Justice Reform Act del 1990 impose a tutte le corti distrettuali di formulare ed attuare un piano per la riduzione di costi e tempi entro quattro anni, autorizzando l'uso di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie come uno dei possibili mezzi per raggiungere questo fine. L'Administrative Dispute Resolution Act del 1990 impose l'uso dell'ADR per la soluzione delle controversie nell'ambito delle agenzie amministrative. In questa legge, il Congresso autorizzò l'uso dell'ADR in una vasta serie di programmi amministrativi al fine di 'migliorare il funzionamento del Governo e servire meglio il pubblico'”. 43 G. DI RAGO, M. CICOGNA, G. N. GIUDICE, Manuale delle tecniche di mediazione nella nuova conciliazione, op. cit., p. 25 ss.: “Al fine di valutare gli effetti della riforma , il Civil Justice Reform Act aveva previsto che, passati alcuni anni dall'introduzione delle nuove regole, si affidasse a un'organizzazione indipendente il compito di portare avanti uno studio approfondito sulle iniziative adottate dalle varie corti. La ricerca in questione, condotta dall'organizzazione no-profit RAND e conclusa nel 1997, permise quindi al Congresso di avere a disposizione dati aggiornati sull'impatto della riforma sul sistema giurisdizionale statunitense […] Conseguentemente, nel 1998, venne approvato l'Alternative Dispute Resolution Act, il quale stabilisce espressamente che “ciascuna Corte Distrettuale degli Stati Uniti autorizza l'uso di procedure di risoluzione alternativa delle controversie in ogni azione civile”.

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procedimenti giudiziari americani si concludono con accordi di tipo transattivo o compromissorio44. Le ragioni di una simile percentuale sono ravvisabili nel fatto che la cultura degli ADR si sia radicata profondamente nel sistema di giustizia statunitense: “la società americana, forse la più giudiziariamente litigiosa del pianeta, si è insomma accorta che i tribunali non possono più essere sempre i luoghi dove cominciano le soluzioni delle dispute, ma i luoghi dove le dispute vanno eventualmente a finire dopo che sono stati sperimentati altri sistemi di soluzione. Gli operatori giuridici americani si stanno sempre più orientando verso una prospettiva in cui metodi ADR e metodi 'tradizionali' convivono senza soluzione di continuità”.45 Infatti, se i metodi ADR vengono inizialmente concepiti solo per sopperire alla crisi della litigation explosion, successivamente gli stessi hanno assunto un ruolo stabile, come strumenti saldamente affiancati a un sistema di giustizia efficiente. Per questa ragione, diversi autori ritengono che il termine “alternative” debba essere

44 G.COSI, M. A. FODDAI, Lo spazio della mediazione, p. 15: “Secondo le statistiche, il 95% dei procedimenti giudiziari americani si concludono con un accordo di tipo transattivo o compromissorio; spesso appena prima di andare in aula per il dibattimento. Il ricorso a metodi ADR, anche nell'ambito di processi già pendenti davanti a un tribunale, può portare a un'equa soluzione mesi, o addirittura anni, prima della procedura standard”. 45 Ivi, cit., p. 16

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sostituito con “appropriate”: il cittadino, a seconda del tipo di conflitto e alle circostanze concrete, è libero di scegliere il mezzo più adeguato al proprio caso specifico.46

2.2 Le principali forme di ADR: arbitration e mediation In seguito a questa riforma legislativa, che ha modificato profondamente il sistema giudiziario statunitense, sono sorte molte forme di ADR, differenti tra loro nella struttura, ma aventi in comune uno stesso obiettivo: “trattare la lite, attuale o potenziale, con tecniche semplificate, scevre da formalismi, contenute nei tempi e nei costi”.47 Questa eterogeneità di metodi di risoluzione delle controversie rappresenta, tuttavia, una ramificazione di due modelli base: l'arbitration e la mediation.48 L'arbitration è la forma più conosciuta di processo gestito da

46 In questo senso si sono espressi K.MACKIE, D. MILES, W. MARSH, T. ALLEN, The ADR Practice Guide. Commercial Dispute Resolution, Tottel Publishing, London, 1995, p.7, e F. P. LUISO, La conciliazione nel quadro della tutela dei diritti, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, N°4, 2004, pp. 1201-1219, consultabile in www.judicium.it. 47 A.BRUNI, op. cit., p. 31: “Le differenti procedure di ADR hanno in comune il trattare la lite, attuale o potenziale, con tecniche semplificate, scevre da formalismi, contenute nei tempi e nei costi”. 48 In questo senso, G.COSI, Lo spazio della mediazione, Giuffrè, Milano, 2003,p. 13: “Gli strumenti dell'ADR sono molteplici ma, a ben vedere, costituiscono essenzialmente delle 'variazioni sul tema' di due modelli base: l'arbitrato e la mediazione”.

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giudici privati. Consiste in una procedura diretta da un

arbitro

imparziale che, una volta scelto dalle parti in conflitto, decide la controversia mediante un lodo vincolante.49 Si tratta di uno strumento che, come afferma Giovanni Cosi, appartiene all'ambito dell'ordine imposto: esso è infatti caratterizzato da un controllo limitato lasciato alle parti in conflitto, le quali non decidono in prima persona come risolvere il problema concreto, bensì delegano un soggetto terzo affinché lo risolva con un provvedimento.50 Gli arbitrati possono essere “amministrati”, da parte di un ampio numero di organizzazioni o enti, privati o pubblici, che conducono le procedure secondo regole loro proprie, accettate preventivamente dalle parti, fornendo assistenza alle parti stesse ed agli arbitri, evitando di intervenire nella procedura arbitrale; “non amministrati”, qualora siano gestiti direttamente dalle parti che stabiliscono le modalità di nomina degli arbitri, il numero, le regole organizzative e quelle procedurali.

49 Ibidem: “L'arbitrato è una procedura secondo cui le parti si accordano per sottomettere la loro controversia alla valutazione di un terzo (singolo o collegio) arbitro imparziale. Il risultato della procedura è di solito una decisione (lodo) variamente vincolante”. 50 Ivi, p. 19: “Nell'insieme dell'ordine imposto, le parti hanno un controllo limitato (o nullo) sulla procedura e il suo esito. Le regole procedurali sono in varia misura poste dall'esterno e in generale non sono disponibili. La procedura è (in varia misura) formale, soprattutto nel senso che non ha interesse per le intenzioni delle parti, ma solo per gli atti di queste formalmente corretti”.

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La mediation è una procedura volontaria e non formale in cui le parti scelgono un terzo soggetto neutrale che le guida, svolgendo il compito di mediatore, nella risoluzione della loro controversia, senza per questo poter dettare pareri né, tanto meno, decisioni vincolanti per le parti stesse. La procedura di conciliazione51 può attivarsi in base ad una

clausola,

espressamente

prevista

dalle

parti,

all’interno

dell’accordo negoziale che regola i loro rapporti; ovvero, sulla base di un loro accordo volontario, successivo al momento in cui è sorta tra le stesse una controversia o, infine, anche durante lo svolgimento del processo, qualora previsto. La mediation appartiene al cosiddetto ordine negoziato: “le parti mantengono dall'inizio alla fine il controllo sulla procedura e il

51 Il termine 'conciliazione' può essere utilizzato sia come sinonimo del termine 'mediazione', sia per indicare la fase di composizione di una controversia, a seguito dello svolgimento della mediazione. In questo senso, A.BRUNI, La mediazione conviene, p. 58: “Fino a prima della pubblicazione del d. lgs. 28 del 2010 veniva utilizzato […] il termine 'conciliazione' per definire l'attività del professionista mediatore (allora chiamato conciliatore). Era quindi necessario distinguere il termine anglofono 'mediation' da quello italiano 'mediazione'. Si riportava quindi nella prima edizione del presente Manuale: “Il termine 'conciliazione' è la traduzione del vocabolo inglese 'mediation' che non può tradursi con la omofona parola 'mediazione'. Questo perchè il nostro ordinamento giuridico conosce già la figura ben diversa della mediazione d'affari, contemplata all'art. 1547 c.c. […]. Tuttavia, i due termini mediazione e conciliazione, nonostante il dibattito dottrinario sul loro distinto e corretto utilizzo sia in Italia ancora in corso, spesse volte vengono utilizzati intercambiabilmente. Si è parlato inoltre anche di 'mediazione conciliativa'”. Oggi invece, con la nuova terminologia utilizzata dal legislatore italiano di 'mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie' il problema su esposto non sembra più esistere. 'Mediation' è traducibile con 'mediazione' delle controversie al fine di procurare la conciliazione delle parti, ossia l'accordo”.

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suo eventuale risultato. La procedura è autonoma, nel senso che volta per volta segue tutte e sole le regole che le parti abbiano stabilito; è informale, nel senso che non segue (almeno apparentemente) prescrizioni e modelli”.52

2.3 ADR e mediazione familiare: due fenomeni distinti La mediazione, per via della propria flessibilità, ha dimostrato di poter essere applicata in molti ambiti differenti. Troviamo forme di questo istituto nel mondo lavorativo, nel mondo aziendale e societario, nelle comunità. C'è poi l’area commerciale e delle controversie di consumo (in Italia è quella che viene portata avanti soprattutto dalle Camere di Commercio), c’è la mediazione penale, soprattutto minorile, e tutta l’area scolastica, che comprende la gestione dei conflitti già in corso, la prevenzione degli stessi, e che vede coinvolti solo gli studenti, o più in generale può interessare dagli studenti alle famiglie degli studenti, il personale docente, il personale non docente e la comunità.53

52 G.COSI, M.A. FODDAI, Lo spazio della mediazione, p.19, cit. 53 Questo tema è affrontato con chiarezza da G.COSI, Vendetta, pena mediazione: dalla retribuzione alla restituzione, in G. COSI, M. A. FODDAI (a cura di), Lo spazio della mediazione, Giuffrè, Milano, 2003, p. 119 ss

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Senza voler approfondire il discorso, col quale si rischierebbe di allontanarsi dal tema trattato, è tuttavia necessario, ai fini della comprensione

dell'argomento,

effettuare

una

precisazione:

la

mediazione, intesa come strumento ADR in senso stretto – ossia sviluppatosi nelle forme e nei modi descritti nei paragrafi precedenti – non comprende, fra i propri ambiti di applicazione, quello familiare. Quest'ultima, infatti, si differenzia dagli altri tipi di mediazione sia per le sue origini, legate all'ambito della psicoterapia, sia per le sue peculiarità, per le quali l'aspetto relazionale risulta preponderante. Ne consegue la necessità che il mediatore familiare svolga un percorso formativo specifico e tipico, che non può essere confuso o sostituito con altri. Si può pertanto affermare che la mediazione familiare rappresenti un fenomeno distinto da quello delle alternative dispute resolution, parallelo ad esso, in primis a livello storico: anch'essa si pone come metodo di risoluzione dei conflitti alternativo alla giurisdizione dello Stato, tuttavia il suo sviluppo ha seguito un percorso autonomo. Cosa intendiamo, allora, per mediazione familiare? Nel documento di fondazione della S.I.Me.F. (Società Italiana di Mediazione Familiare) è riportata la seguente definizione:

32


“La

mediazione

familiare

è

un

percorso

per

la

riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio: in un contesto strutturato, un terzo neutrale e con una formazione specifica (il mediatore familiare), sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall'ambito giudiziario, si adopera affinché i genitori elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sé e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale”. Si tratta dunque di uno strumento complesso, che riunisce in se gli elementi tipici del processo di mediazione (presenza di un mediatore imparziale, comunicazione diretta delle parti in lite, volontarietà delle stesse di partecipare o concludere la mediazione in qualsiasi momento, informalità del procedimento) ai quali aggiunge componenti di carattere psicologico tesi alla tutela dei soggetti deboli, soprattutto i figli, ossia le parti più esposte nel conflitto familiare.54

54 A. MOTRONI, Consultori familiari e mediazione, in G. COSI, M. A. FODDAI (a cura di), Lo spazio della mediazione, Giuffrè, Milano, 2003, p. 234: “La situazione in cui si ricorre alla mediazione familiare è quella di una separazione tra coniugi, in atto o prossima, e l'obiettivo è la presa in carico non delle persone, ma del conflitto perché questo sia gestito e controllato; è la ricerca di un accordo praticabile e condiviso, teso alla ristrutturazione, alla ridefinizione e anche alla valorizzazione del ruolo e della responsabilità genitoriale; l'obiettivo è di passare dalla competizione alla cooperazione, in un contesto più adatto di quello giudiziario ad affrontare la conflittualità e a tutelare l'interesse dei minori”.

33


Per questo motivo, è necessario non confondere tale istituto con quelli della consulenza familiare e della terapia di coppia: la prima si pone, infatti, l'obiettivo di rispondere ai molteplici bisogni della persona, della coppia e della famiglia sotto un aspetto sociale e sanitario, mentre la mediazione familiare è maggiormente orientata verso la riorganizzazione delle relazioni familiari in sede di separazione o divorzio; la seconda, invece, ha lo scopo di aiutare la coppia a risolvere questioni relazionali anche a prescindere dall'esistenza di una fase patologica del rapporto coniugale.55 Tornando alla questione in merito all'indipendenza della mediazione familiare rispetto alle ADR, vorrei affrontare brevemente una questione terminologica, in relazione alla lingua italiana. Se negli Stati Uniti i concetti di mediation e conciliation vengono utilizzati come sinonimi, nel nostro ordinamento non è così: essi si riferiscono, infatti, a differenti modelli di gestione dei conflitti. In questo senso,

55 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, Vita e Pensiero Editore, Milano, 1999, p. 27: “L'obiettivo della consulenza familiare è quello di rispondere ai molteplici bisogni della persona, della coppia e della famiglia su due versanti: quello sociale e quello sanitario. Essa offre, quindi, una vasta gamma di aiuto o sostegno a tutti coloro che non presentino gravi ferite psichiche o alterazioni mentali, e che siano perciò trattabili a livello di consulenza e non di psicoterapia. […] Alla terapia di coppia si può ricorrere anche a prescindere dalla separazione, per aiutare la coppia a risolvere i nodi relazionali che rendono difficile il rapporto, rispondendo quindi ai bisogni più complessi e non circoscritti come quelli della mediazione familiare”.

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Maria Antonietta Foddai afferma che “in questi ultimi venti anni si è assistito ad una spontanea e progressiva differenziazione tra i rispettivi ambiti di competenza: la “conciliazione” descrive la composizione delle controversie in campo civile e commerciale, la “mediazione” definisce invece la gestione dei conflitti in ambito sociale, scolastico, penale e familiare”.56 Questa distinzione terminologica assume rilevanza nel momento in cui si constata che lo sviluppo delle ADR nel nostro paese, attraverso gli interventi del legislatore europeo e di quello italiano, si è concretizzato attraverso una legge che regola la sola conciliazione civile e commerciale, il d. lgs. n. 28/2010: il testo, infatti, non fa riferimenti di alcun tipo alla mediazione familiare (la cui legge di riferimento è un'altra, la legge n. 54/2006), fissando implicitamente una distinzione netta tra i due istituti. In realtà il legislatore opera un distinguo tra i due termini, ma solo al fine di “istituire una relazione di mezzo a fine tra le due, prevedendo che l'attività di mediazione sia finalizzata alla conciliazione”57: all'articolo 1 del suddetto decreto, infatti, egli descrive quest'ultima come “la

56 M. A. FODDAI, Conciliazione e mediazione: modelli differenti di risoluzione dei conflitti, in Famiglia, Persone e Successioni, n.12, Dicembre 2010, p. 1, cit. 57 Ibidem, cit.

35


composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione”. Una volta chiarita l'autonomia tra ADR e mediazione familiare, è possibile delineare le principali tappe storiche che ne hanno caratterizzato l'origine e lo sviluppo.

3 Nascita e sviluppo della mediazione familiare La mediazione familiare, come ho chiarito nel paragrafo precedente, non può essere collocata nell'ambito delle ADR (inteso in senso stretto), in quanto mostra delle peculiarità tali da consigliare una trattazione e uno sviluppo autonomo. In merito all'origine di questo istituto, si riscontrano divergenze in dottrina: se da una parte, infatti, diversi autori sostengono che la nascita della mediazione familiare sia avvenuta negli Stati Uniti, a cavallo degli anni '70, e successivamente importata in Europa, dall'altra parte Lisa Parkinson58 afferma che “i primi

58 Lisa Parkinson: già assistente sociale in campo psichiatrico e con le famiglie in difficoltà, mediatrice familiare dal 1978, tra i fondatori del primo centro di mediazione a Bristol nel 1978, ha messo a punto, in oltre 25 anni di pratica nei servizi e di formazione, un modello interdisciplinare di mediazione globale, che ha come oggetto la ricerca di accordi sia nell'area educativa che della separazione del patrimonio. Formatrice di una schiera di mediatori nel Regno Unito, in Europa e in America del Nord e del Sud, è membro fondatore del UK College, l'associazione professionale che accredita i mediatori familiari in Gran Bretagna e che ha contribuito alla promulgazione della legge che prevede la mediazione familiare nel percorso di

36


progetti

di

mediazione

in

Inghilterra

si

sono

sviluppati

indipendentemente dai prototipi americani”.59 Secondo l'autrice, già alla fine dell'Ottocento i magistrati inglesi applicavano nei tribunali un procedimento denominato “conciliazione”, per risolvere le dispute coniugali: al ricorrente veniva offerto un servizio di terapia di coppia o individuale, il cui obiettivo era quello di spingere le parti (soprattutto la moglie) ad accettare la riconciliazione.60 Tuttavia, il primo servizio di mediazione familiare del Regno Unito fu istituito solo nel 1978, a Bristol, senza alcuna influenza statunitense: le famiglie potevano rivolgersi a questo centro spontaneamente, di solito prima dell'azione del tribunale, allo scopo di trovare un accordo sull'affidamento dei figli e sulle visite del genitore affidatario. In seguito, vi fu una forte diffusione di centri analoghi in tutta la Gran Bretagna, che contagiò successivamente il resto

divorzio (Family Law Act, 1996). Membro direttivo del World Mediation Forum e del Comitato per gli Standard del Forum Europeo dei centri di formazione alla MF, autrice di numerose pubblicazioni in diverse lingue, pratica co-mediazione con professionisti dell'area giuridica a Bristol e a Londra. 59 L.PARKINSON, L'esperienza inglese dei servizi di Mediazione Familiare, in E. SCABINI, G. ROSSI (a cura di), Rigenerare i legami: la mediazione nelle relazioni familiari e comunitarie, Vita e Pensiero Editore, Milano, 2003, p. 261, cit. 60 Ibidem: “Un procedimento denominato <<conciliazione>> fu utilizzato nei tribunali dai magistrati inglesi fin dalla fine dell'Ottocento. Agli inizi del Novecento, in Inghilterra, la Commissione sui Servizi Sociali scoprì che i magistrati ricorrevano spesso alla conciliazione per risolvere dispute coniugali. Al ricorrente – di solito la moglie – veniva offerta della terapia di coppia, o individuale. La moglie era generalmente spinta ad accettare la riconciliazione”.

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dell'Europa.61 Al di fuori della questione relativa al luogo d'origine dell'istituto, non si può comunque negare l'importanza che hanno avuto gli Stati Uniti nello sviluppo della mediazione familiare: rilevante in tal senso fu la creazione nel 1939 della Family Conciliation Court, nella Contea di Los Angeles. Fra le funzioni di questa Corte, connesse a questioni di separazione e affido, vi era quella di “provvedere agli accordi amichevoli delle controversie familiari”.62 Un incipit successivo si ebbe poi nel 1969, quando Robert Coulson, avvocato e vicepresidente dell' American Arbitration Association, propose che gli avvocati utilizzassero tecniche quali la mediazione, la conciliazione e l'arbitrato, in alternativa alle procedure

61 L. PARKINSON, La mediazione familiare: modelli e strategie operative, Erikson, Londra, 1997, p. 37: “Benché si ritenga comunemente che la mediazione familiare sia stata importata in Europa dagli Stati Uniti, il primo servizio di mediazione familiare basato sulla comunità nel Regno Unito – e forse in Europa – fu istituito nel 1978 a Bristol, senza contatti con alcuna controparte americana. Servizi indipendenti per la mediazione familiare, fondati principalmente grazie a contributi filantropici, si diffusero in Gran Bretagna dal 1979 in poi. Gli anni Ottanta portarono un'ulteriore crescita dei centri di mediazione familiare in Europa e in altri paesi”. 62 A. MOTRONI, Consultori familiari e mediazione, in G. COSI, M. A. FODDAI (a cura di), Lo spazio della mediazione, Giuffrè, Milano, 2003, p. 231 ss: “La mediazione familiare ha dunque ascendenze antiche, ma nasce ufficialmente in America con la costituzione nel 1939, nella Contea di Los Angeles, della Family Conciliation Court che […] aveva tra i suoi compiti anche quello di 'provvedere agli accordi amichevoli delle controversie familiari', e si sarebbe ben presto occupata di tutti gli aspetti connessi con la separazione e l'affido”.

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giudiziarie di divorzio, per minimizzare i conflitti delle coppie in sede di separazione. Egli ritenne che questi strumenti si potessero integrare più facilmente nel contesto familiare, così carico di componenti emotive e relazionali, in quanto scevri dalla logica del vincente – perdente tipica del processo.63 Tuttavia, la nascita negli Stati Uniti della mediazione familiare, “come intervento strutturato in cui una terza parte neutrale facilita la comunicazione ed attenua la conflittualità tra due partner che si separano, in vista di una riorganizzazione delle relazioni familiari soddisfacente per sé e per i figli”64, si deve all'opera dell'avvocato James Coogler. Questi aveva subito in prima persona una difficile vicenda di separazione coniugale, e aveva trovato supporto in un centro per famiglie in difficoltà, chiamato The Bridge, fondato ad Atlanta da tre consulenti familiari, Griffin, Santos e Pemberton. Dopo aver vissuto le difficoltà del divorzio giudiziale, sia

63 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, Vita e Pensiero Editore, Milano, 1999, p. 29 ss: “Fu l'avvocato Coulson, nel 1969, a proporre che gli stessi avvocati potessero utilizzare altri metodi per minimizzare i conflitti delle coppie che si stavano separando, ricorrendo alla mediazione, alla conciliazione o all'arbitrato […]. Anche se Coulson preferiva l'arbitrato alla mediazione, egli sentì l'esigenza di avvalersi di una terza parte neutrale, che non utilizzasse la logica del vincente – perdente nelle cause di divorzio”. 64 A. MOTRONI, Consultori familiari e mediazione, in G. COSI, M. A. FODDAI (a cura di), Lo spazio della mediazione, Giuffrè, Milano, 2003, p. 232, cit.

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dal punto di vista economico, sia da quello emotivo, Coogler concluse che la normale “procedura avversariale” del processo statunitense, sia pure dopo la diffusione del divorzio senza colpa, non fosse il metodo migliore per affrontare una questione così complessa e delicata come la dissoluzione di un matrimonio.65 Per questo motivo, in collaborazione con Neville e Wood, fondò nel 1974 il Family Mediation Center66. Si trattava del primo centro di mediazione familiare negli Stati Uniti, con il quale Coogler non si poneva l’ambizioso obiettivo di evitare il divorzio, ma solo di far sì che avvenisse nella maniera meno dolorosa possibile, ovvero aiutando i coniugi a raggiungere un accordo in relazione a ogni aspetto implicato nello scioglimento di un nucleo familiare: affidamento dei figli, modalità di visita dell’altro coniuge, separazione dei rispettivi patrimoni, eventuale assegno di mantenimento. Per diffondere la

65 Nell'introduzione al suo libro, Structured mediation in divorce settlement, Atlanta, 1978, Coogler scrive: “Mi sento debitore verso la mia ex-moglie e i due avvocati che ci hanno rappresentato nella nostra causa di divorzio per avermi reso consapevole della necessità cruciale di un modo più razionale e più civile di dividere le nostre strade”. 66 A. MOTRONI, Consultori familiari e mediazione, in G. COSI, M. A. FODDAI (a cura di), Lo spazio della mediazione, Giuffrè, Milano, 2003, p. 232: “[...] Coogler, in collaborazione con Neville e Wood, istituisce un cenro privato denominato “Family Mediation Center”, e poi nel 1975 fonda la “Family Mediation Association”, un'organizzazione che si fa carico di diffondere la conoscenza e l'utilizzo di questo metodo di soluzione delle controversie familiari, onde attenuare le sofferenze e le lacerazioni connesse alla separazione giudiziale, naturalmente governata dalla logica vincente – perdente”.

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conoscenza e l'attuazione di questo metodo, istituì un anno dopo la Family Mediation Association, una delle prime associazioni di genitori separati, in cui questi ultimi potevano mettere a confronto le proprie esperienze familiari.67 Successivamente, nel 1978, pubblicò il libro Structured mediation in divorce settlement, nel quale illustrò il proprio modello operativo di “mediazione strutturata”, di cui tratterò nel capitolo seguente, che prevede l'interazione tra avvocato e mediatore. Sull'esempio di Coogler, nel giro di dieci anni nacquero centinaia di organizzazioni simili, e si andarono sviluppando ulteriori modelli di mediazione familiare: particolarmente importanti furono quelli di quelli di Howard Irving e di John M. Haynes.68 Il primo, in collaborazione con Benjamin, istituì, nel 1978, il Toronto Conciliation Project, con il quale introdusse il primo servizio di mediazione familiare in Canada. Questo progetto offriva alle famiglie gli strumenti per favorire la comunicazione e definire i

67 G.AUTORINO STANZIONE, Il diritto di famiglia nella dottrina e nella giurisprudenza. La separazione, il divorzio, l'affido condiviso, Giappichelli, Torino, 2011, p. 548: “Nel 1975 Jim Coogler fondò la Family Mediation Association, rivolta ai coniugi che dovevano negoziare la propria separazione coniugale o rinegoziare uno o più aspetti del divorzio, attraverso un accordo che risultasse soddisfacente e quindi accettato, legalizzato e messo in pratica con mutuo rispetto e fiducia”. 68 Questi modelli, assieme a quello di Coogler, verranno esaminati nel secondo capitolo.

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problemi coniugali per la stipulazione di accordi scritti.69 Si trattava di un modello di mediazione basato sulla risoluzione delle problematiche emotive e relazionali dei coniugi, definito "mediazione familiare terapeutica". Il secondo invece, quattro anni più tardi, fondò l' Academy of Family Mediators, un centro di mediazione che si distanziava dal modello di Coogler, in quanto comprendeva anche gli assistenti sociali ed i consulenti familiari e matrimoniali fra i suoi specialisti.70 Negli anni immediatamente successivi nacquero cinquanta centri di mediazione familiare negli Stati Uniti, inizialmente gestiti da volontari, e in seguito riuniti sotto il nome del National Family Conciliation Court. 71

69 M. CORSI, C. SIRIGNANO, op cit, p. 30: “Nel 1978 Howard Irving attivò il Toronto Conciliation Project, per introdurre la mediazione di divorzio allo scopo di ridurre il conflitto, facilitare la comunicazione, definire i problemi, suggerire soluzioni ed arrivare ad un accordo scritto tra le parti contraenti”. 70 Ibidem: “John Haynes affermò che anche gli assistenti sociali ed i consulenti familiari e matrimoniali potevano fare mediazione e così, nel 1982, fondò la Academy of Family Mediators per differenziarsi dal metodo operativo e dalla struttura ideata da Coogler. 71 Ibidem: “Sono stati istituiti successivamente, negli USA, cinquanta servizi al riguardo, gestiti da volontari, che si sono poi coordinati sotto la dizione del National Family Conciliation Council”.

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3.1 La mediazione familiare in Inghilterra e Francia: due esperienze a confronto Il processo di diffusione della mediazione familiare fu particolarmente rapido, al punto che, nel giro di pochi anni, anche fuori dagli Stati Uniti nacquero i primi centri di riferimento. Alla fine degli anni 70, il fenomeno iniziò ad espandersi anche in Europa, con particolare successo in Inghilterra e Francia.72 Le prime esperienze pratiche di mediazione familiare inglese risalgono, come già accennato prima, al 1978: in tale data, un piccolo gruppo di professionisti della città di Bristol (avvocati specializzati in diritto di famiglia, operatori sociali e un docente universitario), fra cui Lisa Parkinson, fondarono il Bristol Family Mediation Service. I motivi che incoraggiarono la creazione di questo centro sono dettati dagli esiti di un rapporto commissionato dal Governo inglese nel 1974, il Rapporto Finer sulle famiglie monogenitoriali. Esso suggerì che la mediazione avrebbe dovuto essere la modalità preferita per aiutare le coppie in via di separazione a trovare soluzioni ai problemi derivanti dalla separazione o dal divorzio, ricorrendo il meno possibile

72 I casi di Spagna e Italia verranno affrontati in maniera approfondita nei capitoli seguenti.

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alle vie legali.73 Un ruolo preponderante per la divulgazione della mediazione familiare in Inghilterra fu svolto, successivamente, dal National Family Conciliation Court (NFCC), che raggruppò la maggior parte dei servizi di mediazione indipendente, ovvero svincolata dalle Corti. A metà degli anni Ottanta questa associazione ha elaborato, congiuntamente con l'Associazione degli Avvocati di Diritto di Famiglia, un codice deontologico, seguito da tutte le organizzazioni ad esso affiliate.74 La spinta di questi centri portò ad una fase di sviluppo dei centri di mediazione inglese, anche per via dell'opera del UK College of Family Mediators, una sorta di garante dell'attività delle

73 G. AUTORINO, C. TROISI, D. NOVIELLO, La mediazione delle controversie civili e commerciali: “In Gran Bretagna […] il primo servizio di mediazione familiare, al di fuori di ogni ingerenza del tribunale (Out of Court) fu fondato a Bristol nel 1978, i cui fruitori si recavano volontariamente per trovare un accordo sulla custodia dei figli e sulle visite del genitore non affidatario. Quasi contemporaneamente fu introdotto un sistema di <<conciliazione giudiziaria>> presso il Tribunale di Bristol (In Court)”. 74 N. TROKER, A. DE LUCA, La mediazione civile alla luce della direttiva 2008/52/CE, Firenze University Press, Firenze, 2011, p.142: “Cominciarono ad essere redatti alcuni studi, come il Finer Report, pubblicato nel 1974, ove si riconobbe ufficialmente il prevalere delle negoziazioni, nel caso di crisi fonti di conflitti familiari. Da allora, si è radicata sempre più la tendenza a trattare le questioni controverse, in diversi ambiti del diritto di famiglia e dei minori, preferendo il ricorso a transazioni frutto di accordi, secondo un ottica che attribuisce alla negoziazione e alla mediazione un ruolo centrale, nella gestione delle controversie in materia[...]. Fu proprio in Inghilterra, in questo periodo, che si diffuse l'idea della necessità di un servizio pubblico, che fu istituito nel 1978, anno di nascita del National Family Conciliation Court (NFCC). L'operato del NFCC si caratterizzò subito per una costante interazione con tutti gli altri soggetti, pubblici o privati, operanti nel campo in esame, a livello individuale od organizzato”.

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associazioni di settore, istituito nel gennaio del 1996.75 Verso la metà degli anni Novanta, sia per fronteggiare l’alto numero di divorzi, sia per la crescente attenzione alle problematiche pubbliche, tipica della società inglese, è stato emanato il Family Law Act (denominato come FLA 1996 - 1999)76. Tale provvedimento segnò la fine di un iter normativo iniziato nel 1969 con il Divorce Reform Act, volto a modificare il procedimento di divorzio, e proseguito nel 1989 con il Children Act, che ha introdotto istituti per la tutela dei minori. La portata innovativa del FLA risiede nell’introduzione della facoltà di richiedere il divorzio, anche in assenza della “colpa” dell’altro coniuge. Nella Section 1 del provvedimento sono enucleati quattro principi generali77:

75 M. LIEBMANN, Mediation in context, Kingsley Publisher, Londra, 2000, p. 22: “On 1 January 1996, the three main family mediation bodies (National Family Mediation, Family Mediators Association and Family Mediation Scotland) jointly founded the UK College of Family Mediators, to promote family mediation, establish recognised standards of training and make avalaible details of registered mediators”. 76 AA.VV., La mediazione familiare e la soluzione delle controversie insorte tra genitori separati, L.E.G.O. Editore, 2009, p. 56: “Al fine di far fronte al numero crescente di casi di crisi familiari conclusesi in procedimenti di divorzio, è stata emanata un'importante legge in tema di mediazione familiare, il Family Law Act (FLA). Il testo in esame si compone di differenti parti, sezioni, commi dedicati al divorzio e alla separazione, all'aiuto legale per la mediazione in materie familiari, alla casa familiare, alla violenza domestica e altri aspetti ad essi collegati. […] Con riferimento ai bambini, si fa espresso riferimento al Children Act del 1989, all'interno del quale si parla di benessere e protezione dei bambini, di responsabilità genitoriale”. 77 Family Law Act, Part 1, Section 1: “ The court and any person, in exercising functions under or in consequence of Parts II and III, shall have regard to the following general principles: a) that the institution of marriage is to be supported;

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“a) l'istituto del matrimonio deve, in ogni modo, essere tutelato; b) nel caso in cui i coniugi si accorgano che la loro relazione attraversa una profonda crisi, costoro dovranno essere in ogni modo incoraggiati nell'intraprendere ogni via praticabile per tentare di salvare l'unione; c) nel caso in cui la stabilitĂ del matrimonio sia ormai irrimediabilmente compromessa, lo scioglimento del vincolo dovrĂ avvenire riducendo al massimo gli affanni tanto per i coniugi, quanto per i figli; attraverso comportamenti, reciprocamente tenuti dai coniugi, che permettano il permanere del miglior rapporto possibile tra di essi, con particolare riguardo ai figli ed ai rispettivi interessi di natura economica; contenendo al massimo i costi della procedura volta ad ottenere lo scioglimento del vincolo; d) qualunque probabile rischio dipendente da un eventuale

b) that the parties to a marriage which may have broken down are to be encouraged to take all practicable steps, whether by marriage counselling or otherwise, to save the marriage; c) that a marriage which has irretrievably broken down and is being brought to an end should be brought to an end, with minimum distress to the parties and to the children affected; with questions dealt with in a manner designed to promote as good a continuing relationship between the parties and any children affected as is possible in the circumstances; and without costs being unreasonably incurred in connection with the procedures to be followed in bringing the marriage to an end; d) that any risk to one of the parties to a marriage, and to any children, of violence from the other party should, so far as reasonably practicable, be removed or diminished�.

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comportamento violento tenuto da un coniuge nei confronti dell'altro o dei figli dovrà per quanto possibile essere estremamente contenuto o, addirittura, eliminato". Il FLA è volto principalmente a tutelare il matrimonio e l’unità familiare, e fornire alla mediazione una posizione centrale in caso di fallimento della vita matrimoniale. Sotto il primo profilo, è stato modificato il procedimento di divorzio, che prevede adesso varie fasi.78 Inizialmente vi è un information meeting, in cui la coppia riceve informazioni sulle attività di supporto svolte nell’interesse della famiglia in crisi, tra cui la mediazione.79

78 La procedura è descritta dettagliatamente da F. BURTON, Guide to the Family Law Act 1996, Cavendish Publishing, Londra, 1996, p. 5 ss. 79 Family Law Act (1996), Part 2, Section 8: “[...] In this section “information meeting” means a meeting organised, in accordance with prescribed provisions for the purpose of providing, in accordance with prescribed provisions, relevant information to the party or parties attending about matters which may arise in connection with the provisions of, or made under, this Part or Part III; and of giving the party or parties attending the information meeting the opportunity of having a meeting with a marriage counsellor and of encouraging that party or those parties to attend that meeting. […] Regulations made under subsection must, in particular, make provision with respect to the giving of information about: (a) marriage counselling and other marriage support services; (b) the importance to be attached to the welfare, wishes and feelings of children; (c) how the parties may acquire a better understanding of the ways in which children can be helped to cope with the breakdown of a marriage; (d) the nature of the financial questions that may arise on divorce or separation, and services which are available to help the parties; (e) protection available against violence, and how to obtain support and assistance; (f) mediation (g) the availability to each of the parties of independent legal advice and representation; (h) the availability of services funded by the Legal Services Commission as part of the

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Circa

tre

mesi

dopo,

le

parti,

individualmente

o

congiuntamente, possono recapitare al giudice competente la dichiarazione di breakdown marriage, con cui attestano il fallimento del rapporto matrimoniale.80 E’ poi previsto un period for reflection and consideration,81 che può durare da nove a ventisette mesi, finalizzato a consentire ai coniugi di riflettere approfonditamente sugli effetti della separazione, specie riguardo ai figli e alle proprie condizioni economiche. In questa fase, la coppia può concordare le modalità della separazione attraverso

Community Legal Service, and where parties can get advice about obtaining such services; (i) the divorce and separation process”. 80 Family Law Act (1996), Part 2, Section 6 - Statement of marital breakdown: “[…] If a statement is made by one party it must also state that that party is aware of the purpose of the period for reflection and consideration as described in section 7; and wishes to make arrangements for the future. If a statement is made by both parties it must also state that each of them is aware of the purpose of the period for reflection and consideration as described in section 7; and wishes to make arrangements for the future. A statement must be given to the court in accordance with the requirements of rules made under section 12. A statement must also satisfy any other requirements imposed by rules made under that section. A statement made at a time when the circumstances of the case include any of those mentioned in subsection (7) is ineffective for the purposes of this Part. The circumstances are that a statement has previously been made with respect to the marriage and it is, or will become, possible for an application for a divorce order, or for an application for a separation order, to be made by reference to the previous statement; that such an application has been made in relation to the marriage and has not been withdrawn; that a separation order is in force”. 81 Family Law Act (1996), Part 2, Section 7 - Period for reflection and consideration: “Where a statement has been made, a period for the parties to reflect on whether the marriage can be saved and to have an opportunity to effect a reconciliation, and to consider what arrangements should be made for the future, must pass before an application for a divorce order or for a separation order may be made by reference to that statement. That period is to be known as the period for reflection and consideration. The period for reflection and consideration is nine months beginning with the fourteenth day after the day on which the statement is received by the court. [...]”

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l'auto-mediazione o l'etero-mediazione. 82 L’auto-mediazione si realizza con gli accordi con cui i coniugi regolamentano l’affidamento della prole e l’assegno di mantenimento. Queste convenzioni devono essere sottoposte all'esame del giudice competente, che ne valuta la congruità con attenzione al modo in cui viene tutelato il best interest dei minori.83 L’etero-mediazione consiste nel fatto che il giudice, in ogni fase e grado della controversia può, su richiesta delle parti, ma anche d'ufficio, indirizzare le stesse a partecipare ad un incontro esplorativo/informativo presso un centro di mediazione.84 In tale sede vengono date ai coniugi informazioni sul percorso mediativo e sui

82 C. RINALDINI, Nascita e sviluppo della mediazione familiare in Inghilterra, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, anno LXV, fasc. 4, gennaio 2011, p. 1123: “Occorre poi seguire la distinzione tra 'auto-mediazione', prevista dalla Section 9 della parte seconda della legge (FLA 1996), volta alla conciliazione e alla riconsiderazione della crisi coniugale (accessibile nella fase subito successiva all'incontro informativo), ed 'etero-mediazione', prevista dalla Section 13 della stessa legge, intesa alla risoluzione delle controversie vere e proprie tra i coniugi”. 83 Ibidem: “Con il termine auto-mediazione si vuole definire la pianificazione della crisi coniugale concordata liberamente dalla coppia, senza l'intervento di soggetti terzi alla famiglia, che si perfeziona attraverso l'enumerazione negoziale dei reciproci diritti e doveri connessi e successivi alla separazione e al divorzio. Il termine auto-mediazione del Family law act evoca senza dubbio i separation agreements, da sempre presenti nella tradizione inglese, ovvero accordi scaturiti dalla volontà comune dei coniugi per regolamentare il proprio futuro e quello degli eventuali figli.[...] Il giudice valuterà poi la congruità degli accordi in relazione all'interesse primario della tutela dei minori”. 84 Ivi, p. 1124: “[...] Con etero-mediazione si intende l'attività svolta da un soggetto estraneo al rapporto coniugale volta a facilitare la risoluzione delle liti tra i coniugi, anche attraverso incontri informativi e consultivi. Con questo meccanismo si vuole ridurre e, se possibile, eliminare le ripercussioni negative connesse alla inevitabile tensione emotiva che si manifesta in un procedimento di divorzio”.

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buoni risultati cui esso può portare.85 La controversia giudiziale si conclude con il divorce order oppure, nel caso in cui la domanda di divorzio non sia stata consensuale, il giudice, su istanza dell'altro coniuge, può disporre, con l’order preventing divorce, che l'unione matrimoniale non debba essere dissolta.86 Questo provvedimento può essere emanato solo se risulta provato che la fine del rapporto coniugale costituisca un eccessivo sacrificio, non soltanto economico, per il coniuge più debole, e che comunque lesioni l’interesse dei figli. Il FLA è quindi un grande sforzo legislativo che ha condotto a risultati positivi, come l’erogazione di una molteplicità di servizi a sostegno della famiglia, la promozione della mediazione familiare, la limitazione degli episodi di violenza domestica, e la generale convinzione che il divorzio non sia un mero procedimento giuridico e giudiziario ma, al contrario, un percorso di vita che, soprattutto

85 Ibidem: “[...] La Section 13 del Family law act dispone che il giudice, qualora riceva la dichiarazione dei coniugi d'irreversibile fallimento dell'unione matrimoniale, possa emanare un provvedimento volto a sollecitare ciascuna parte a partecipare ad un incontro con un mediatore familiare”. 86 Family Law Act (1996), Part 2, Section 2: “Divorce and separation. The court may by making an order (to be known as a divorce order), dissolve a marriage; or by making an order (to be known as a separation order), provide for the separation of the parties to a marriage. Any such order comes into force on being made. A separation order remains in force while the marriage continues; or until cancelled by the court on the joint application of the parties”.

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quando vi sono dei figli, non si esaurisce con il provvedimento del giudice, ma si svolge nel tempo. Negli anni Ottanta, in forza dell’influenza canadese, la mediazione familiare iniziò a diffondersi anche in Francia, la quale fu la prima nazione a legiferare in materia, ed oggi conta il maggior numero di centri pubblici specializzati.87 All’inizio essa era praticata e studiata come un’attività privata, svolta da associazioni a contatto con la realtà del disagio familiare. In un momento successivo, anche le istituzioni, come la Segreteria di Stato per i Diritti delle Donne o il Ministero di Giustizia, si sono interessate alla disciplina, promuovendo la messa in pratica di vari progetti. In questo senso nacque nel 1988, a Parigi, la prima associazione di settore, l'Association pour la Promotion de la Mediation Familiale (APMF), costituita per iniziativa di un gruppo di professionisti in ambiti diversi - avvocati, magistrati, associazioni di genitori, assistenti sociali, educatori, psicologi – con la funzione di

87 M. MANZARIO, Gli esordi della mediazione familiare in Francia e differenze (e non diversità) con l'Italia, in www.filodiritto.com: “Il primo Stato europeo a legiferare in materia di mediazione familiare e che oggi conta il più elevato numero di centri è la Francia. È proprio negli anni '80 che, per l'influenza canadese, si sviluppa e si diffonde la vera e propria mediazione familiare”.

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intraprendere e coordinare varie attività di mediazione.88 Nel 1989, l’Assemblea Nazionale approvò un progetto di legge per disciplinare la figura professionale del mediatore, ma fu in seguito bocciato dal Senato, che non ritenne utile la creazione di un apposito ordine professionale. Nel 1990 la A.M.P.F. adottò il proprio codice deontologico, che è il primo testo scritto che disciplina la mediazione francese, e rappresenta ancora oggi un punto di riferimento internazionale

per

la

sua

completezza

ed

avanguardia.89

Nel 1991, con l'impegno della suddetta associazione, la Commissione sulla Formazione del Mediatore Familiare stilò la Charte Européenne de la formation des médiaterus familiaux dans les situations de divorce et separation, a cui nel 1992 aderirono diversi paesi europei, tra cui l'Italia. 90

88 C. BOGLIOLO, A.M. BACHERINI, Manuale di mediazione familiare, Proteggere i figli nella separazione, Franco Angeli Editore, Milano, 2010, p. 110: “Notevole è stata la diffusione in Francia, dove attualmente esistono più di 80 centri. E' del 1995 la legge francese che introduce la mediazione familiare nell'ordinamento giudiziario nazionale. La prima e più importante associazione europea di mediatori familiari e l'A.P.M.F. (Association pour la promotion de la mèdiation familiale)”. 89 M. CORSI, C. SIRIGNANO, op. cit., p. 32: “ In Francia, nell'aprile del 1988, un gruppo interdisciplinare che si occupava dei problemi familiari (Ecole des parents et des éducateurs di Parigi), a seguito di un contatto con taluni operatori canadesi, si recò a Montreal per partecipare ad un soggiorno-studio sulla mediazione familiare. Tornati in Francia, iniziarono a diffondere una nuova cultura della mediazione in ambito familiare. Nel giugno del 1988 fondarono l'Association pour la promotion de la mèdiation familiale (APMF) e nel 1989, in occasione del primo congresso europeo a Caen, resero noto il primo codice deontologico del mediatore familiare”. 90 M. CORSI, C. SIRIGNANO, op. cit., p. 32: “L'A.P.M.F [...] non era nata per favorire soltanto

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L'8 febbraio 1995 venne approvata la legge n. 95-125, che disciplina l'organizzazione giurisdizionale e il processo civile, penale e amministrativo, regolando la mediazione giudiziaria. Grazie a questo provvedimento la mediazione è entrata a far parte del procedimento civile francese, costituendo un’alternativa allo stesso.91

3.2 La mediazione familiare nelle fonti sovranazionali La mediazione familiare trova il suo fondamento anche in fonti normative internazionali, volte ad evidenziare soprattutto l'importanza della coesione all'interno della famiglia, nell'interesse dei figli, anche nella fase patologica del rapporto. In primis, si può citare la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950, ratificata dall'Italia nel 1955. Questa, all'articolo 8, disciplina il diritto al rispetto della vita privata e familiare, fissando in questo modo sia un principio

la mediazione familiare in Francia, ma anche per promuovere una collaborazione con tutte le altre nazioni europee. Nell'ottobre del 1992 si riunì, infatti, una commissione europea per stilare la carta europea per la formazione di mediatori familiari. Da notare che in questa commissione erano presenti la Gran Bretagna, la Francia, la Svizzera, il Belgio, la Germania e l'Italia”. 91 E. GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, op. cit., p. 97: “La procura della Repubblica nel 1984 inizia sperimentare la mediazione in campo giuridico solo nel 1995 con la legge 95125 dell'8 febbraio, con successivo decreto applicativo del 22 luglio 1996, che la mediazione familiare viene riconosciuta come una modalità a cui il giudice, differendo il procedimento legale, può ricorrere per la risoluzione dei conflitti”.

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ispiratore, sia un limite per l'intervento mediativo. Il principio consiste nel fatto che la mediazione familiare, appianando la conflittualità tra le parti, nasce dalla necessità di ristabilire la reciprocità del rispetto della vita privata e familiare; d'altra parte, il limite verte sull'impossibilità, per il mediatore familiare, di violare la riservatezza delle informazioni acquisite.92 Assume una certa rilevanza contestuale anche la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1984, ratificata dall'Italia nel 1990. L'articolo 5, del Protocollo 7 del suddetto testo, recita infatti : “I coniugi godranno dell'uguaglianza di diritti e di responsabilità di carattere civilistico tra loro e nelle loro relazioni con i loro figli, in caso di matrimonio, durante il matrimonio e dopo la fine del matrimonio stesso. Questo articolo non impedirà allo Stato di adottare le misure necessarie per la tutela degli interessi

92 Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, Roma, 1950, art. 8: “Diritto al rispetto della vita privata e familiare. 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.

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dei figli”.93 Un altro riferimento ai principi della mediazione familiare si ritrova nella Convenzione dei diritti del fanciullo, stilata a New York il 20 novembre 1989. Il principio-guida, che emerge con forza da questo documento, si identifica nell’esigenza che l'interesse del minore prevalga su ogni altro interesse in eventuale conflitto, e nel preservare la personalità del soggetto in età evolutiva da ogni forma di manipolazione che provenga non solo dalla famiglia, ma anche da chiunque, per una qualsiasi ragione, entri in contatto con il minore. La funzione mediativa si conforma a questa mens legis ed in particolare all'articolo 8,94 in cui si stabilisce il diritto del fanciullo alle relazioni familiari e all'articolo 9, in cui si sancisce il diritto del fanciullo alla continuità genitoriale.95

93 Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,Strasburgo, 1984, art. 5, protocollo 7, cit. 94 Convenzione dei diritti del fanciullo, New York, 1989, art. 8: “1. Gli Stati parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari, così come riconosciute dalla legge, senza ingerenze illegali. 2. Se un fanciullo è illegalmente privato degli elementi costitutivi della sua identità o di alcuni di essi, gli Stati parti devono concedergli adeguata assistenza e protezione affinché la sua identità sia ristabilita il più rapidamente possibile”. 95 Convenzione dei diritti del fanciullo, New York, 1989, art. 9: “1. Gli Stati parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione è necessaria nell’interesse preminente del fanciullo. Una decisione in questo senso può essere necessaria in taluni casi particolari, ad esempio quando i genitori maltrattino o trascurino il fanciullo, oppure se vivano separati e una

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Nel 1992, la già ricordata Association Pour la Médiation Familiale (APMF) ha pubblicato la Charte Européenne de la formation des médiateurs familiaux dans les situations de divorce et séparation. Questa documento definisce chiaramente cosa la mediazione familiare non sia96: - non è una consulenza legale, né una consulenza coniugale; qualora, dunque, un avvocato abilitato alla pratica della mediazione familiare svolgesse la sua attività come mediatore, non dovrà fare consulenze legali, né tanto meno all’esito del processo di mediazione familiare potrà formare un atto giudiziario contenente gli accordi presi fra le parti, né assistere poi giudizialmente alcuna di esse, ma dovrà in

decisione debba essere presa riguardo al luogo di residenza del fanciullo. 2. In tutti i casi previsti al paragrafo 1 del presente articolo, tutte le parti interessate devono avere la possibilità di partecipare alle deliberazioni e di far conoscere le loro opinioni. 3. Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori, a meno che ciò non sia contrario all’interesse preminente del fanciullo. 4. Se la separazione è il risultato di provvedimenti adottati da uno Stato parte, come la detenzione, l’imprigionamento, l’esilio, l’espulsione o la morte (compresa la morte, quale che ne sia la causa, sopravvenuta durante la detenzione) di entrambi i genitori o di uno di essi, o del fanciullo, lo Stato parte fornisce dietro richiesta ai genitori, al fanciullo oppure, se del caso, a un altro membro della famiglia, le informazioni essenziali concernenti il luogo dove si trovano il familiare o i familiari, a meno che la divulgazione di tali informazioni possa mettere a repentaglio il benessere del fanciullo. Gli Stati parti vigilano inoltre affinché la presentazione di tale domanda non comporti di per sé conseguenze pregiudizievoli per la persona o per le persone interessate”. 96 Charte Européeenne de la formation des médiateurs familiaux exercant dans les situations de divorce et de séparation, Parigi, 1992, Première Partie: “[...]La mediation familiale en matieré de divorce et de séparation n'est ni une consultation juridique, ni du conseil conjugal, ni une thérapie individualle ou de couple. Le médiateur renvoie les interessés vers un prossionnel du droit ou des sciences humaines chaque fois que le besoin s'en fait sentir”.

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virtù della sua doppia deontologia professionale (deontologia dell’avvocato, deontologia del mediatore) inviare le parti presso un altro avvocato, o un altro professionista competente97; - non è una terapia individuale o di coppia; qualora, dunque, uno psicologo, psicoterapeuta etc. operi in veste di mediatore familiare, non potrà focalizzare il proprio intervento di mediazione sulla cura psicologica delle persone, né sulla cura del legame di coppia, ma dovrà svolgere il processo di mediazione aiutando le parti a riaprire la loro comunicazione per giungere ad accordi consapevoli e soddisfacenti per sé e per l’interesse superiore dei figli.98 La Convenzione europea sull’esercizio dei diritti del fanciullo, adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996, richiama esplicitamente all'importanza della mediazione all'interno

97 E. GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, op. cit., p. 109: “Lo stile del mediatore non è direttivo, la conduzione del colloquio non è rigida, non ci sono regole precostituite e si lascia un certo spazio all'espressione dell'emozione. L'attenzione è rivolta al futuro, agli interessi ancora in comune, alla ridefinizione delle relazioni tra i partner; non viene loro chiesto quanto vogliono ottenere dalla negoziazione, ma quanto sono disposti a spartire con l'altro, rovesciando la logica della consulenza legale. La presa in carico non è automatica, ma vengono valutate le capacità collaborative della coppia prima di iniziare la mediazione vera e propria”. 98 AA. VV., La mediazione familiare è la soluzione delle controversie insolite tra genitori separati, p. 145: “Altri distinguono la mediazione dalla terapia di coppia nel fatto che la prima non intende aiutare i compagni a mantenere la loro relazione, bensì mira al raggiungimento di specifici obiettivi di dialogo e di accordo in vista della separazione e del divorzio; né può essere confusa con la psicoterapia, poiché non rappresenta un tentativo di risolvere questioni della storia dei due coniugi, attraverso l'analisi del passato, ma, al contrario, è esclusivamente orientata al presente e interessata alla ristrutturazione futura della famiglia”.

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della famiglia, evidenziando la sua importanza soprattutto per l'interesse dei minori. L’articolo 13 afferma: “Per prevenire e risolvere i conflitti, ed evitare procedure che coinvolgano un fanciullo dinnanzi ad un’autorità giudiziaria, le parti incoraggiano la mediazione o ogni altro metodo di soluzione dei conflitti, nonché la loro utilizzazione per concludere un accordo nei casi appropriati determinati dalle parti.”99 In seguito, la mediazione familiare ha avuto

pieno

riconoscimento in una fonte che, tuttavia, non ha natura vincolante: si tratta della Raccomandazione R (98) 1 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, adottata dal Comitato dei Ministri il 21 gennaio 1998 al 616° incontro dei Delegati dei Ministri, “visto il numero crescente di dispute familiari, specialmente quelle derivanti da separazioni o divorzi, e rimarcando le conseguenze pregiudizievoli del conflitto per le famiglie e l’elevato costo per gli Stati in termini sociali ed economici”.100 Questa raccomanda agli Stati di applicare la mediazione alle dispute familiari, ossia a quei conflitti che

99 Convenzione europea sull’esercizio dei diritti del fanciullo, Strasburgo, 1996, art. 13, cit. 100 Raccomandazione n. R (98) 1 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla mediazione familiare, adottata dal Comitato dei Ministri il 21 gennaio 1998 al 6l6° incontro dei Delegati dei Ministri, art. 2, cit.

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coinvolgono persone legate da rapporti interdipendenti e continui.101 Dal momento che la separazione e il divorzio hanno un impatto su tutti i membri della famiglia, e specialmente sui bambini, occorre promuovere e potenziare la mediazione attraverso l’opera di un terzo -mediatore- imparziale e neutrale al di sopra del conflitto, che aiuta le parti a negoziare per raggiungere un accordo comune. Il mediatore allora avrà più a cuore l’interesse superiore del fanciullo e dovrà incoraggiare i genitori a concentrarsi sui suoi bisogni, ricordando la loro responsabilità di garantire il benessere dei loro figli e l'importanza di informarli e consultarli.102 In conclusione, alla luce di quanto suesposto, si rileva che la mediazione familiare, prima di trovare riconoscimento nei singoli diritti interni, affonda le sue remote radici nel diritto internazionale,

101 A. MOTRONI, Consultori familiari e mediazione, in G. COSI, M. A. FODDAI (a cura di), Lo spazio della mediazione, Giuffrè, Milano, 2003, p. 243: “Prendendo le mosse dalla constatata necessità di garantire il superiore interesse del fanciullo e il suo benessere, come previsto dagli strumenti internazionali, preso atto del fatto che le persone coinvolte nella disputa familiare dovranno in futuro avere comunque rapporti tra di loro, e dei positivi risultati derivanti dallo studio dell'uso in diversi paesi della mediazione familiare come metodo teso a ridurre il conflitto tra le parti e a creare accordi amichevoli, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa raccomanda ai governi degli Stati membri di introdurre o, dove già sia presente, di potenziare la mediazione familiare”. 102 Ivi, p. 245: “L'obiettivo che ci si prefigge a livello europeo, da quanto si può desumere dagli interventi dei delegati in molti Stati alla Conferenza di Strasburgo, è, fermo restando che si deve in primo luogo difendere e sostenere il matrimonio quale istituzione sicura e collaudata per assicurare l'equilibrio la stabilità dei bambini, che sia necessario diffondere una cultura della mediazione familiare a basso livello, nazionale e internazionale, e che sia molto utile e opportuna una formazione culturale della collettività ai principi della mediazione quale approccio pacifico per la risoluzione delle controversie”.

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proprio perchĂŠ questo nasce dalla e per la mediazione dei popoli. Non a caso infatti, nel diritto romano questo ramo del diritto era denominato ius gentium , e uno dei significati di gens era quello di stirpe, nel senso di famiglia piĂš ampia.

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CAPITOLO II LA MEDIAZIONE FAMILIARE: PRINCIPI E MODELLI

1 I motivi della diffusione La famiglia è un istituto che detiene un ruolo di fondamentale importanza in qualsiasi organizzazione sociale. Il termine in sé non può essere univoco, in quanto designa, nelle varie esperienze, gruppi sociali eterogenei e differenziati, che si distinguono per criteri di appartenenza, funzioni svolte e, in alcuni casi, per dimensioni.103 Una certezza, tuttavia, è rappresentata dall'assunto che la famiglia non costituisce un fatto naturale, bensì un istituto storicamente e socialmente e condizionato: “Non (ne) esiste un modello generale ed immutabile […]. Al contrario, le sue funzioni e la sua stessa struttura mutano nelle diverse società ed evolvono di pari passo con le trasformazioni economiche, sociali e culturali”.104 Da un punto di vista culturale prima, e giuridico di

103 G.FERRANDO, Il matrimonio, in A. CICU, F. MESSINEO, L. MENGONI (a cura di), Trattato di Diritto Civile e Commerciale, Giuffrè, Milano, 2002, p. 1: “In qualsiasi organizzazione sociale matrimonio e famiglia svolgono ruoli istituzionali di fondamentale importanza, costituendo modi di organizzazione e controllo del comportamento umano nella società.[...] Il termine famiglia è, d'altra parte, in larga misura equivoco in quanto designa, nelle diverse esperienze, gruppi sociali non omogenei e largamente differenziati quanto ai criteri di appartenenza, alle funzioni svolte, alle loro stesse dimensioni”. 104 Ibidem, cit.

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conseguenza, i principi di autonomia e libertà di scelta delle singole persone, all'interno del nucleo familiare, si sono via via affermati prepotentemente, andando a mettere in discussione i valori di indissolubilità e centralità dell'unione coniugale, che di riflesso ha perso la sua valenza storica.105 Come afferma Pier Giuseppe Defilippi, “il passaggio da una concezione del matrimonio come fatto pubblico in cui lo stato e la società sono coinvolti in primo piano coi loro interessi e le loro leggi, ad una concezione del matrimonio più privata e personale, definita 'il matrimonio romantico', cambia notevolmente il modo di affrontare le questioni che sorgono quando il legame matrimoniale finisce”.106 Questo cambiamento di ruolo della famiglia ha portato i sistemi giuridici ad adeguarsi progressivamente, formulando legislazioni con significativi elementi di novità, volte spesso a permettere il divorzio.107

105 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op cit, p. 34: “L'autonomia dei componenti familiari è stata progressivamente valorizzata insieme alla libertà di scelta delle singole persone e, tutto ciò, ha portato al superamento della valenza strumentale del matrimonio a favore dell'espansione del codice affettivo. Si dà sempre più risalto alla coppia ed ai suoi elementi, i quali stabiliscono da soli le proprie norme etiche e pratiche riguardo alla loro vita coniugale”. 106 P. G. DEFILIPPI, Perché e come arrivare alla mediazione in caso di separazione o divorzio, in E. ALLEGRI, P. G. DEFILIPPI (a cura di), Mediazione familiare. Temi e ricerche, Armando Editore, Roma, 2004, p. 13, cit. 107 Un chiaro esempio è dato dalla legge n. 898/1970 del Parlamento Italiano, la quale ha introdotto nel nostro ordinamento, tradizionalmente antidivorzista, la figura del divorzio. Di questo argomento si tratterà nel capitolo dedicato alla mediazione familiare in Italia.

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Se dunque, nel corso dei secoli, le mutazioni dell'istituto familiare sono state molteplici108, negli ultimi decenni si sono verificati quei cambiamenti strutturali che hanno favorito un rapido sviluppo della mediazione familiare109: questo strumento di risoluzione dei conflitti è riuscito ad inserirsi in un contesto caratterizzato da un vertiginoso aumento di divorzi e separazioni110, oltre che dallo sviluppo delle cosiddette famiglie di fatto, causato soprattutto dalla perdita di indissolubilità e di valore attribuita dalla società al matrimonio111. Si inserisce, nello specifico, in una fase patologica del rapporto coniugale, le cui conseguenze risultano traumatiche soprattutto per i figli, i quali subiscono la situazione senza poter

108 L'evoluzione dell'istituto familiare è ben delineata nella Sezione I dell'opera precedentemente citata. 109 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op cit, p. 34: “La pratica della mediazione familiare si è rapidamente affermata non solo negli Stati Uniti, ma anche in molti altri Paesi. Questo grande sviluppo è avvenuto grazie alla profonda e complessa trasformazione che ha investito la struttura della famiglia durante questi decenni”. 110 C. SIRIGNANO, La mediazione educativa familiare. Una risorsa formativa per le famiglie separate,, divorziate e ricostituite, Armando Editore, Roma, 2010, p. 19: “[…] Soprattutto a partire dagli anni Novanta, sia le separazioni, sia i divorzi hanno avuto un andamento teso sempre più all'aumento. Infatti, tra il 1990 e il 2000, si è avuto un incremento del 38,8% per le separazioni e del 26,3% per i divorzi. Si tratta di valori destinati a salire ulteriormente, data l'imponente crescita delle separazioni, che ha creato un gruppo sempre più numeroso di persone legittimato a chiedere il divorzio”. 111 F. ZALTRON, Tra il dire e il fare. I genitori tra rappresentazioni educative e pratiche di cura, Donzelli Editore, Roma, 2009, p. 12: “Si registra, seppur con una certa variazione tra i diversi paesi, una perdita di centralità del matrimonio rilevabile dalla diminuzione dei tassi di nuzialità e dal 'ritardo dei calendari matrimoniali'. Si assiste a un aumento delle separazioni e dei divorzi cui segue, con un andamento graduale ma costante, la formazione di nuove famiglie ricostituite dopo tale evento”.

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svolgere alcuna parte attiva.112 Non potendosi eludere la criticità di questo momento, è necessario ridurre al massimo la sua durata, e nel contempo assicurare un minimo di armonia all'interno della famiglia, per non gravare eccessivamente sulle parti deboli della stessa.113 Spesso lo strumento processuale non è in grado di garantire queste necessità, sia per la lunghezza dei procedimenti giudiziali di divorzio, sia per la propria natura agonistica: i coniugi si pongono gli uni contro gli altri, in una lotta senza dialogo, nella quale i figli sono spesso usati come mezzi per ottenere una vittoria senza senso.114 La mediazione familiare, al contrario, si pone l’obiettivo di favorire il mantenimento della

112 G. AUTORINO, C. TROISI, D. NOVIELLO, Mediazione e conciliazione nelle controversie civili e commerciali, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2011, p. 79: “La presenza di preoccupanti livelli di litigiosità e carica conflittuale, riscontrati nei giudizi di separazione e divorzio, e il conseguente disagio per i figli, hanno stimolato la ricerca di strumenti alternativi di intervento sui conflitti familiari che aiutassero i coniugi a riappropriarsi della gestione del conflitto e a raggiungere, quantomeno, un dialogo costruttivo”. 113 G. P. DEFILIPPI, Perché e come arrivare alla mediazione in caso di separazione o divorzio, op cit, p. 17: “Nella mediazione l'obiettivo è focalizzato sulla creazione di accordi comuni tendenti a salvaguardare nel modo migliore gli interessi di tutti ed in particolar modo i coniugi sono chiamati a svolgere una funzione genitoriale responsabile e condivisa”. 114 Ivi, p. 16: “Con l'aumento delle richieste di separazione, la risposta delle istituzioni è diventata approssimativa, quando non pertinente: l'istituto della mediazione si è imposto come nuova modalità di affrontare la fine della convivenza. […] Nelle separazioni giudiziarie le due parti coinvolte aspettano passivamente, anche se con stati d'animo 'animosi', le decisioni del giudice. Questa modalità di procedere non solo non produce effetti di abbassamento della conflittualità, infatti le rivendicazioni continuano, ma provoca insistenti pressioni sui soggetti affinché le decisioni prese vengano riviste, anche a scapito degli interessi che ciascuno mette in gioco. Per questo è opportuno rendere protagonisti i coniugi che si separano”.

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comunicazione e di un rapporto collaborativo tra i genitori dopo la separazione e il divorzio, tenendo sempre ben separati il livello della relazione tra i coniugi dal livello della relazione genitoriale: se il divorzio pone fine ai rapporti di coppia non può porre fine ai doveri genitoriali, i quali permangono nonostante il conflitto di coppia. Pertanto, da queste brevi considerazioni, si può ben capire per quale motivo un'innovazione come la mediazione familiare, basata su principi di comunicazione e di ricerca di soluzioni condivise, si sia rapidamente diffusa in quasi tutto il mondo.

2 Principi e caratteristiche della mediazione familiare La mediazione familiare è un istituto con una sua precisa identità, definita da principi e limiti che ne preservano l'integrità e che salvaguardano coloro che vi fanno ricorso. Questi criteri sono delineati da molti testi, fra cui la già citata Raccomandazione n. R (98) 1 del Consiglio d'Europa, che ne riporta un elenco esaustivo. In primo luogo, descrive l'ambito di applicazione della mediazione, a cui si può ricorrere per “tutte le dispute fra membri di una stessa famiglia, imparentati sia per legame di sangue che per matrimonio, e per coloro che vivono o hanno vissuto in rapporti

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familiari così come definiti dalla legislazione nazionale”.115 La scelta di ricorrere ad una procedura di questo tipo risiede esclusivamente nella volontà delle parti in lite: in linea di principio non possono esserci costrizioni in tal senso, perché questo rappresenterebbe una contraddizione in termini. A riprova di ciò, durante i primi incontri di esplorazione, i mediatori spiegano alle parti in lite che la mediazione familiare è un procedimento volontario e che hanno facoltà di ritirarsi in qualunque fase dello stesso.116 Si può notare come il mediatore svolga un ruolo cruciale, infatti il legislatore ha voluto evidenziarne dettagliatamente le caratteristiche. A riguardo, la Raccomandazione n. R (98) 1 espone una serie di punti117: •

il mediatore è imparziale fra le parti;

il mediatore è neutrale nei riguardi del risultato del

115 Raccomandazione n. R (98) 1 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla mediazione familiare, adottata dal Comitato dei Ministri il 21 gennaio 1998, al 6l6° incontro dei Delegati dei Ministri. 116 L. PARKINSON, La mediazione familiare: modelli e strategie operative, op cit, p. 40: “La raccomandazione del Consiglio d'Europa n. R (98) 1 afferma che la mediazione non deve essere forzata, poiché questo rappresenterebbe una contraddizione in termini.[...] I mediatori si preoccupano di spiegare, durante questi incontri di esplorazione, che la mediazione familiare è un processo volontario e che nessuno dovrebbe prendervi parte per qualche forma di costrizione o paura. I partecipanti sono anche liberi di ritirarsi dal processo in qualunque fase e il mediatore potrebbe porvi fine nel caso in cui esso non fosse più adeguato o non fosse possibile compiere ulteriori progressi”. 117 Raccomandazione n. R (98) 1, parte III, cit.

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processo di mediazione; •

il mediatore rispetta le opinioni delle parti e difende la parità delle posizioni nell'ambito della trattativa;

il mediatore non ha il potere di imporre una soluzione alle parti;

Tutti questi aspetti non fanno che sottolineare la posizione di neutralità e di imparzialità del mediatore: con ciò si intende dire che egli deve condurre il procedimento senza favorire una parte o l’altra. Secondo Lisa Parkinson, “l'imparzialità potrebbe anche comprendere il concetto di “equidistanza”, che significa che il mediatore concede la stessa attenzione a tutti i partecipanti e gestisce il processo in modo equilibrato e imparziale”.118 Di conseguenza, i codici di etica professionale di questa figura spesso prevedono che, nel caso in cui un mediatore abbia avuto una conoscenza e/o un rapporto professionale o sociale con una o entrambe le parti, si dovrebbe designare un altro mediatore, per evitare il conflitto d'interessi.119

118 L. PARKINSON, La mediazione familiare: modelli e strategie operative, op. cit., p. 40, cit. 119 In questo senso, si veda l'articolo 5 del Codice Deontologico degli Avvocati Mediatori Familiari (ANAMEF): “Nell’esercizio della mediazione familiare il mediatore deve essere imparziale. L’imparzialità del mediatore è un principio fondamentale della mediazione

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Un altro principio fondamentale è rappresentato dal cosiddetto self-empowerment: con questo termine si intende la condivisione della conoscenza fra il mediatore e i litiganti.120 Ciò che caratterizza la mediazione, rendendola alternativa rispetto alla decisione giudiziaria, è il fatto che le parti mantengono il controllo sugli accordi; infatti il mediatore si limita a creare le condizioni perché le parti possano, esse stesse, prendere una decisione, consentendo così ai configgenti di riappropriarsi della capacità di gestire i conflitti. A differenza della decisione giudiziaria, con la quale si decide chi ha ragione e chi ha torto, la mediazione dovrebbe permettere di

il mediatore non deve avere alcun interesse personale nell’esito della mediazione; il mediatore deve condurre il procedimento senza favorire una parte o l’altra. Il Mediatore non deve agire : •in relazione a problemi nei quali sia già intervenuto per una delle parti, anche per questioni non riguardanti la mediazione; •se esistono circostanze che possano costituire un conflitto d’interesse anche solo potenziale. Il Mediatore Familiare è professionalmente indipendente e deve proteggere la propria indipendenza, in particolar modo di fronte all’organismo con il quale eventualmente si trovi a collaborare, e anche nel caso in cui la mediazione sia attivata su invito del giudice. Al Mediatore è fatto divieto: •di intervenire in casi di mediazione che coinvolgano suoi personali rapporti; •di ottenere l’adesione ad accordi che non siano liberamente determinati; •di offrire ai propri utenti servizi al di fuori del campo della mediazione in materia di famiglia; •di esercitare, con le stesse persone, una funzione diversa da quella di mediatore. Il Mediatore ha l’obbligo di far presente alle parti che consigli di carattere giuridico e/o psicologico possono essere loro forniti da altro professionista del diritto o delle scienze umane che essi possono liberamente scegliere”. 120 L. PARKINSON, La mediazione familiare: modelli e strategie operative, op cit, p. 42: “A un primo livello, l'empowerment passa attraverso la condivisione della conoscenza: i mediatori assistono i partecipanti nel raggiungimento di decisioni proprie, consapevoli e ponderate”.

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individuare una soluzione che soddisfi in qualche modo le richieste di entrambe le parti in conflitto, consentendo a ciascuna di vincere e perdere qualcosa allo stesso tempo. Dato che ciascuna parte del procedimento

di

mediazione

raggiunge

le

proprie

decisioni

autonomamente, attraverso la comunicazione diretta con l'altra parte, il ruolo del mediatore consiste “semplicemente” nel fornire a questi soggetti le informazioni e la documentazione necessarie, al fine di assicurare un contraddittorio basato su elementi chiari ed esaustivi. Un altro aspetto dell'empowerment consiste, inoltre, nella protezione che il mediatore garantisce alle parti, evitando che queste siano soggette a pressioni eccessive durante gli incontri. In questo senso, egli utilizza tecniche di comunicazione efficace per favorire il superamento del primo stadio conflittuale, nel quale i sentimenti di rabbia e orgoglio spesso non permettono una visione oggettiva del contesto.121 Affinché il procedimento di mediazione possa svolgersi correttamente, è necessario, inoltre, che vengano rispettati altri criteri

121 Ivi, p. 43: “Un altro aspetto dell'empowerment dovrebbe essere la protezione dalle pressioni. I mediatori non dovrebbero permettere a un partecipante di esercitare pressioni sull'altro, né il mediatore dovrebbe consigliare o guidare i partecipanti verso il conseguimento di un particolare risultato, suggerendo ad esempio le disposizioni che la corte potrebbe emettere”.

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essenziali. Innanzitutto, il mediatore deve garantire a tutti i partecipanti un trattamento eguale, a prescindere da qualsiasi appartenenza etnica o culturale: da questo punto di vista, il fatto che le parti siano sposate o meno non può essere una discriminante di alcun tipo.122 Oltre a questo, assume una particolare rilevanza la sicurezza personale dei partecipanti, i quali devono essere tutelati laddove vi siano timori o rischi di violenze. Per evitare simili circostanze, il luogo in cui avvengono gli incontri deve essere predisposto in maniera appropriata per l'accoglienza, attraverso la creazione di aree d'attesa separate. Inoltre, logistica a parte, il mediatore deve valutare una serie di fattori per proteggere le parti da eventuali rischi: durante il confronto, egli deve fissare delle regole di base e gestire gli squilibri di potere, con i comportamenti intimidatori che ne potrebbero discendere; una volta conclusosi l'incontro, se la tensione lo rende necessario, il mediatore deve mettere in grado la parte debole di lasciare la stanza e l'edificio prima dell'altra, in modo da ridurre il rischio di aggressione o

122 Ibidem: “I mediatori cercano di garantire che tutti i partecipanti, a prescindere dalla loro appartenenza etnica o culturale, siano trattati con eguale rispetto. [‌] La mediazione dovrebbe essere disponibile per tutte le coppie, sposate e no, in ogni fase della separazione o del divorzio e per altri membri della famiglia che abbiano altri tipi di disputeâ€?.

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pedinamenti. Se, tuttavia, il livello conflittuale risulta essere troppo elevato,

il

mediatore

dovrebbe

sospendere

o

terminare

la

mediazione.123 Sempre per garantire la sicurezza dei litiganti, il mediatore deve inoltre impegnarsi a mantenere il segreto professionale, sebbene questo non sussista in ogni caso: vi sono, infatti, determinate circostanze previste dalla legge in cui tali informazioni devono essere rivelate.124 Una volta superata la fase iniziale, il procedimento si sviluppa attraverso il dialogo diretto tra i partecipanti. Essendo la mediazione basata su principi di comunicazione e collaborazione, i litiganti vengono aiutati dal mediatore a concentrarsi soprattutto sugli interessi comuni, più che su quelli individuali, cosicché sia possibile il raggiungimento di un risultato win – to – win, piuttosto che soluzioni

123 Ivi, p. 44: “Laddove vi sono timori o rischi di violenze o offese, i mediatori dovrebbero valutare molto attentamente se la mediazione debba aver luogo e, in caso affermativo, in quali circostanze e condizioni. I mediatori devono assicurarsi che ogni partecipante prenda parte alla mediazione volontariamente, senza timore di subire atti di violenza o intimidazione. Quando la mediazione prosegue, si dovrebbero predisporre sistemazioni appropriate per l'accoglienza”. 124 Ibidem: “I mediatori si impegnano a non rivelare a nessuno informazioni senza il consenso scritto di tutti i partecipanti, eccetto nei casi in cui la legge o il codice etico prevedano vi sia l'obbligo di dichiarazione. Dovrebbe essere reso noto ai partecipanti, oralmente e per iscritto, che la riservatezza della mediazione non è assoluta”.

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lose – to – lose.125 Per consentire un risultato positivo per tutti, la mediazione tende a focalizzarsi sul presente e sul futuro, anziché sul passato. Guardare avanti può essere un palliativo molto efficace per ristabilire un equilibrio, mentre tornare sugli errori fatti e sulle sofferenze patite può portare spesso a frustrazione e rabbia: in questo la mediazione si distingue nettamente dal processo, il quale si concentra inevitabilmente su una rappresentazione delle azioni passate, per stabilire chi è il colpevole e chi la vittima, chi il vincitore e chi il vinto.126 Tuttavia, se è vero che nella mediazione non esistono, secondo il suo gergo, winners e losers, è pur vero che vi sono soggetti più deboli di altri, che risentono del conflitto senza poter interagire in prima persona. Questi soggetti sono i figli. Per via della fragilità della loro posizione, è necessario prestare molta attenzione affinché i loro

125 Ivi, p. 46: “I mediatori aiutano i partecipanti a riconoscere i loro interessi e affari comuni e a raggiungere decisioni che comprendano questi interessi condivisi, piuttosto che portare avanti argomenti basati su diritti. Nel gergo della mediazione, i partecipanti vengono aiutati a raggiungere un risultato win-to-win (vincitore-vincitore) piuttosto che soluzioni win-to-lose (vincitore-vinto)”. 126 Ibidem, “Il processo tende a concentrarsi sugli errori e i torti commessi nel passato. La mediazione, al contrario, si concentra sul presente e sul futuro, spesso senza effettuare la ricostruzione della storia passata. Molti partecipanti traggono sollievo dal non dover tornare sul proprio passato e dall'essere aiutati a guardare avanti, anziché indietro. Quando sono necessarie informazioni sul passato. La loro rilevanza per le decisioni presenti deve essere accettata”.

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interessi non vengano ignorati.127 Il mediatore non può decidere o consigliare i genitori su quanto debba essere fatto per proteggerli, ma può aiutare gli stessi a tener conto dei bisogni e dei desideri dei figli. Questo principio è stabilito anche dal Family Law Act del 1996, la cui Section 11 afferma che i mediatori dovrebbero assistere i genitori nel considerare il benessere, i desideri e sentimenti di ogni bambino.128

3 I modelli di mediazione familiare Come ho avuto modo di chiarire nel capitolo precedente, la mediazione familiare non ha avuto un unico punto di origine, bensì si è sviluppata e consolidata attraverso molteplici interventi, in Gran Bretagna e Stati Uniti d'America prima, e progressivamente in molti

127 Ibidem, “I mediatori aiutano i genitori a considerare i bisogni e i sentimenti dei loro figli tanto quanto i loro. […] I mediatori aiutano i genitori a tener conto della posizione, dei bisogni e dei desideri di ogni bambino nell'elaborare soluzioni che i genitori considerano come le migliori per il figlio nelle loro particolari circostanze”. 128 Family Law Act, 1996, Section 11: “In making that decision, the court shall also have particular regard, on the evidence before it, to: (a) the wishes and feelings of the child considered in the light of his age and understanding and the circumstances in which those wishes were expressed; (b) the conduct of the parties in relation to the upbringing of the child; (c) the general principle that, in the absence of evidence to the contrary, the welfare of the child will be best served by— • his having regular contact with those who have parental responsibility for him and with other members of his family; • the maintenance of as good a continuing relationship with his parents as is possible”;

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altri paesi. Ancora oggi il procedimento evolutivo non può dirsi concluso, tanto che questo istituto continua a diffondersi e a perfezionarsi, grazie anche alla nascita di sempre nuove scuole di pensiero.129 Diversi sono i fattori che contribuiscono a questa crescita: in primis, la creazione di gruppi di studio sulla mediazione familiare, nei quali ognuno degli appartenenti può dare il proprio contributo di idee ed esperienza130; oltre a questo, una spinta al perfezionamento è data dalla collaborazione tra le distinte figure professionali che operano in diversi settori (avvocati, giudici, psicologi, psichiatri, consulenti familiari, assistenti sociali), i cui differenti punti di vista e le diverse capacità contribuiscono ad una maggiore efficacia dei centri di mediazione.131

129 E.GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, Mediazione familiare e affido condiviso, Sovera, Roma, 2007, p. 98:“A tutt'oggi in ogni paese continuano a nascere scuole di pensiero che sviluppano e portano avanti modelli diversi, facendo si che la mediazione si diffonda, si evolva e si perfezioni”. 130 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op cit, p. 46: “La costituzione […] di diversi gruppi di studio sulla mediazione familiare ha portato alla nascita di differenti correnti al riguardo e, secondariamente, ogni singolo mediatore, pur appartenendo alla stessa 'corrente', ha portato un proprio contributo personale ed originale al modello, arricchendolo con nuove modalità, sviluppatesi man mano che l'esperienza di mediazione familiare andava crescendo”. 131 Ibidem: “[...]La differente professionalità di appartenenza degli stessi mediatori familiari ha determinato altre variazioni di opinioni, rispetto al modo di applicare e gestire la mediazione familiare. […]Una collaborazione che valorizza e definisce le competenze e le capacità di ogni operatore, al fine di ottenere un modello di mediazione il più efficace possibile”.

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Da questo iter di sviluppo sono derivati alcuni modelli che possiamo considerare come principali e di cui, di seguito, andrò a descriverne le caratteristiche principali.

3.1 Il modello strutturato Si tratta del processo di mediazione sviluppato dall'avvocato O. J. Coogler, chiamato structured mediation. Consiste in un metodo di impostazione sistemica, ispirato dalla sua stessa professione di avvocato e dalla personale esperienza di divorzio, le cui fasi sono accuratamente predefinite e basate sul rispetto di numerose regole132: in essa “vi è un ordine logico e storico, sia riguardo alle questioni da affrontare (educazione dei figli, divisione dei beni familiari, mantenimento della prole e mantenimento del coniuge), sia riguardo alle procedure (anche tempistiche) da espletare”.133 Coogler ritiene necessario stabilire un ordine preciso e rigoroso, in modo che i clienti

132 AA.VV., La mediazione familiare e la soluzione delle controversie insorte tra genitori separati, op. cit., p. 21: “Ad Atlanta, nel 1974, nasce il primo centro privato di mediazione familiare ad opera di O. J. Coogler, avvocato e consulente familiare matrimoniale. Considerato il pioniere della mediazione familiare, Coogler inaugura nel 1975 la Family Mediation Association (FMA) e si fa promotore di un modello strutturato di supporto alla separazione e al divorzio. Tale modello si caratterizza per la presenza di quattro fasi attraverso cui il procedimento di mediazione si sviluppa”. 133 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit, p. 51, cit.

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abbiano chiara fin da subito la struttura del procedimento.134 L'attenzione è focalizzata al raggiungimento di un equilibrio di potere nella coppia, con il conseguente obiettivo di lenire la sofferenza delle parti.135 Lo spazio riservato ai sentimenti connessi ai contenuti della controversia, tuttavia, è molto ridotto rispetto a quello dedicato alla ricerca di una stabilità economica dei litiganti, quasi si trattasse di una negoziazione del mondo degli affari: in questo senso, si può dire che la “mediazione strutturata evita di trattare i sentimenti, ricerca l'assertività e la cooperazione”.136 Essendo un procedimento di mediazione, l'obiettivo è quello di ristabilire la comunicazione e la collaborazione fra le parti, lasciando ampio spazio all'autodeterminazione. In base a questo metodo non sono solitamente previsti incontri individuali, in quanto, secondo

134 Ibidem: “In questo modo, i clienti sono invitati a lasciarsi guidare con fiducia del mediatore, che, attraverso l'ordine fissato di discussione dei problemi, riuscirà, oltretutto, a ben delimitare le tematiche per favorire una discussione produttiva”. 135 F. PASTORE, L'amore e il conflitto. Un utile strumento per risolvere i problemi della coppia, Armando Editore, Roma, 2008, p. 35: “L'assunto di base del modello strutturato e che alla soluzione del conflitto si può arrivare soltanto se entrambi partner si impegnano nelle due aree, quelle dell'assertività e della cooperazione: la prima può essere definita come la capacità di essere chiari nell'esplicitazione dei propri bisogni e dei propri interessi; la seconda come la disponibilità ad ascoltare le richieste e i bisogni dell'altro. Nel modello di mediazione strutturata, assertività e cooperazione rappresentano obiettivi cruciali, al cui raggiungimento è legato il successo”. 136 C. ARCIDIACONO, G. FERRARI BRAVO, Legami resistenti. La clinica familiare nel contesto istituzionale, Franco Angeli Editore, Milano, 2009, p. 57, cit.

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Coogler, il conflitto si affievolisce solo quando la cooperazione prevale sulla competizione, e questa condizione è realizzabile solo con incontri di gruppo, in cui la funzione del mediatore è quella di rafforzare atteggiamenti collaborativi.137 Nel caso di un'impasse nel percorso verso gli accordi, il mediatore incoraggia le parti ad intraprendere un arbitrato obbligatorio. Entrando

nel

dettaglio

della

procedura,

ciò

che

contraddistingue questo tipo di mediazione è uno strumento delineato da Coogler, il cosiddetto “schema di risoluzione del problema”: si tratta di una scaletta dettagliata che il mediatore deve rispettare durante gli incontri.138 Sostanzialmente, questa si articola in quattro fasi139:

137 R. GIOMMI, La mediazione nei conflitti familiari, Giunti, Firenze, 2002, p. 68: “La mediazione strutturata è una mediazione che privilegia le regole, pone la sua attenzione prevalente al compito, si serve delle modalità della negoziazione e cerca di tener fuori gli elementi emotivi. Sembra essere più adatta al mondo del lavoro che alle problematiche familiari: non prevede incontri individuali. Perché questi potrebbero essere dannosi rispetto alla necessità assoluta di neutralità. Si ritiene, in questo caso, che le regole rigide siano una garanzia della persistenza dell'accordo”. 138 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 51: “Per ogni tema ci sono varie difficoltà da risolvere, ed a questo proposito Coogler escogitò lo 'schema di risoluzione del problema', il quale rappresenta la scaletta che il mediatore deve rispettare e far rispettare, mentre si analizzano i problemi riguardanti ogni questione”. 139 Ibidem: “Lo schema di risoluzione di un problema si articola nelle seguenti fasi: • fase uno: le due parti, con l'aiuto del mediatore, devono definire in modo chiaro e distinto le loro difficoltà rispetto al problema, che dovranno essere poi analizzate una ad una, senza essere confuse tra loro e/o con altre vicende; • fase due: una volta affrontato il medesimo problema da parte dei due ex coniugi,

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◦ nella prima fase, le parti descrivono i problemi al mediatore, il quale si assicura che le esposizioni restino ben distinte, per evitare che si crei confusione e si aggravi il conflitto; ◦ nella seconda fase, il mediatore svolge una funzione più attiva, andando a ricercare le informazioni connesse ai problemi esposti dalle singole parti, cercando di creare un rapporto di fiducia con esse; ◦ nella terza fase, superati gli scogli iniziali, le parti valutano le opzioni e, guidate dal mediatore, ricercano un accordo condiviso, valutando i pro e i contro di ciascuna alternativa; ◦ nella quarta e ultima fase, le parti scelgono l'opzione migliore in relazione al problema discusso. In caso contrario, quando non si è raggiunto un accordo, il mediatore fa si che le parti regrediscano alle fasi precedenti o chiude la

il mediatore invitato a raccogliere il maggior numero possibile di informazioni in proposito, rilevando anche le preoccupazioni soggettive a riguardo; fase tre: se le prime due fasi si sono svolte in modo corretto, si può passare all'ora alla formulazione delle opzioni e alle conseguenze positive negative, che queste potrebbero comportare. Quando un'opzione è stata ben definita, si può deciderne poi la modalità attuativa; fase quattro:. In quest'ultima fase si sceglie l'opzione che offre la miglior soluzione al problema discusso. Naturalmente, non è tutto così semplice o facile, poiché ci possono essere sempre delle difficoltà e degli ostacoli, nel senso, ad esempio, che possono emergere nuovi aspetti del problema, che necessitano di ritornare alle fasi precedenti”.

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procedura di mediazione. Solitamente, l'intera procedura si deve svolgere entro il limite di 8-10 colloqui140, sebbene in alcuni casi la durata possa essere inferiore. Nel momento in cui le parti raggiungono gli accordi relativi alle questioni conflittuali, il mediatore prepara il cosiddetto 'memorandum dell'accordo', che consiste in un riassunto delle decisioni prese dalle parti, con le relative motivazioni.141

3.2

Il modello globale

Questo modello fu ideato nel 1978 dallo psicologo John M. Haynes, membro della Social Work Faculty presso la New York State University e fondatore della Academy of Family Mediators,142 il quale sviluppò questo tipo di mediazione familiare prima negli Stati Uniti, e in seguito in Canada e in Europa. La peculiarità di questo metodo è

140 Ivi, p. 53: “Il numero degli incontri, necessari per risolvere l'intera situazione, non sono specificati, tuttavia, dal momento che la mediazione deve svolgersi entro un tempo circoscritto, il numero massimo dei colloqui non solo può superare le 8-10 unità”. 141 Ibidem: “Una volta raggiunte tutte le imprese, esse vengono stilate dal mediatore nel cosiddetto 'memorandum d'accordo', che è un elenco dettagliato di tutte le decisioni prese da entrambe le parti, con le relative motivazioni delle scelte operate”. 142 E. GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, Mediazione familiare e affido condiviso, op. cit., p. 107

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data proprio dalla sua “globalità”143, nel senso che è strutturata per analizzare ogni problema derivante da una separazione o da un divorzio, sia di carattere relazionale, sia di carattere patrimoniale.144 Il motivo di un approccio a trecentosessanta gradi è dovuto al fatto che, secondo Haynes, le controversie relazionali, con l'accento posto sulla posizione dei figli, sono inscindibili da quelle economiche, e pertanto separare le due questioni porterebbe al fallimento della mediazione.145 La procedura di risoluzione ha inizio nel momento in cui i coniugi (o conviventi) ammettono l'esistenza di un problema inconciliabile con la convivenza, e si rivolgono ad un centro di mediazione. Nel primo contatto, che avviene solitamente per telefono, il mediatore espone gli aspetti principali del metodo e le modalità di

143 R. GIOMMI, La mediazione nei conflitti familiari, op. cit., p. 69: “La mediazione globale prevede che tutti gli aspetti siano messi in discussione e che su tutte le aree del negoziato sia stabilito l'accordo. Molto applicata nei modelli americani, la mediazione globale si pone come obiettivo di entrare nel merito di tutti gli ambiti della negoziazione, assumendo come compito che l'accordo totale faccia capo al mediatore e alle parti, con pareri consultivi di professionisti che possono essere utili alla definizione corretta dell'accordo”. 144 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 53: “Il modello Haynes persegue gli scopi di una mediazione familiare di tipo globale, poiché la sua struttura è organizzata in modo tale da affrontare ogni problema derivante da una separazione o da un divorzio”. 145 E. GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, Mediazione familiare e affido condiviso, op. cit., p. 107: “Il termine 'globale' sta ad indicare che sono trattati sia i conflitti connessi alle relazioni con i figli sia quelli connessi al patrimonio familiare; si parte dal presupposto che le controversie sui figli sono strettamente correlate con quelle di carattere economico e che la negoziazione non può che essere globale pena il fallimento”.

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svolgimento degli incontri. Se entrambe le parti accettano le condizioni, viene fissato un primo appuntamento, nel quale vengono approfonditi i punti già analizzati telefonicamente e chiariti gli eventuali dubbi.146 I primi colloqui sono fondamentali sia per i litiganti, in quanto possono accertare se sussista o meno l'interesse a proseguire, sia per il mediatore, che può valutare l'idoneità delle parti alla mediazione. Al fine di aiutare i partecipanti a raggiungere un accordo soddisfacente per entrambi, Haynes prevede che il mediatore utilizzi due metodi specifici: il problem solving e il brainstorming.147

146 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 56: “Haynes è dell'idea che la mediazione ha inizio fin dal momento in cui un cliente contatta il centro di mediazione. Di solito, tale contatto avviene per telefono e la persona che risponde - può essere o lo stesso mediatore o una persona preparata per questo - è tenuta a riferire al potenziale cliente, in un modo molto sintetico, ma per inciso, tutti gli aspetti che verranno affrontati nella mediazione, il suo funzionamento ed il suo scopo. Se il coniuge che telefona e anche l'altro sono disposti a partecipare, si può fissare il primo appuntamento”. 147 E. GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, Mediazione familiare e affido condiviso, op. cit., p. 107: “Il modello si fonda sulla considerazione che il conflitto è connaturato al sistema coppia e si pone l'obiettivo di far spostare i partner dal conflitto di potere, ritenuto distruttivo, al conflitto di interesse, ritenuto costruttivo. Le tecniche adottate sono il brainstorming e il problem solving. Il modello operativo globale contempla le seguenti fasi: • ammissione del problema; • scelta del campo; • selezione del mediatore; • raccolta dei dati; • definizione del problema; • creazione di opzioni; • ridefinizione delle posizioni; • contrattazione; • stesura dell'accordo”.

81


Con il primo si descrive una tecnica che permette la definizione precisa del problema, sorvolando sulle posizioni individuali e focalizzandosi sugli interessi generali.148 Il secondo, che si traduce letteralmente in “tempesta del cervello”149, consiste nell'elaborazione di varie opzioni di accordo, stilate dalle parti stesse, che vengono classificate come150: •

molto probabili, nel cui gruppo vengono inserite quelle

idee considerate valide

da entrambe le parti, dalle quali,

verosimilmente, verrà raggiunto un accordo; •

probabili,

intese

come

quelle

idee

viste

come

soddisfacenti, ma che necessitano di ulteriori modifiche; •

poco

probabili,

consistenti

in

quelle

idee

che

148 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 55: “La tecnica del problem solving permette al mediatore il controllo della definizione del problema, poiché egli non può lasciare che la discussione si focalizzi sulla risoluzione di una questione definita unilateralmente: in questo modo se ne avvantaggerebbe solo quella parte che ha determinato tale definizione. Il mediatore, piuttosto, aiuta le parti in causa a negoziare una definizione congiunta del problema, che non avvantaggi un cliente a scapito dell'altro, insinuando il dubbio sulla validità e sulla correttezza delle loro versioni unilaterali”. 149 Ibidem: “Si affianca alla tecnica del problem solving quella del brainstorming, che è utilizzata per sviluppare la creatività, favorendo la sospensione del pensiero critico e determinando un clima di accettazione per ogni tipo di proposta”. 150 Ibidem: “Nella prima fase del brainstorming, il mediatore propone alle due parti di fare una lista di tutte le idee plausibili per la risoluzione di un problema. Successivamente queste idee vengono classificate come 'molto probabili', 'probabili', 'poco probabili' ed 'impossibili', vagliando le conseguenze di ognuna ed i benefici che si potrebbero ricavare dalla loro attuazione”.

82


difficilmente, nella fase finale della mediazione, si tramuteranno in accordi; •

impossibili, nel cui gruppo vengono inseriti le idee da

scartare completamente, in quanto incompatibili con una soluzione condivisa. Prima di guidare i litiganti nel brainstorming, il mediatore deve però superare le barriere iniziali fra gli stessi, attraverso il problem solving: come ho accennato prima, egli raccoglie le informazioni relative ai punti di vista delle parti, annotando gli aspetti in cui esse sono d'accordo e gli aspetti in cui si scontrano.151 Una volta superata questa fase e ripristinata una comunicazione positiva, si può quindi passare all'analisi delle opzioni, ad una loro classificazione e ad una selezione di quelle ritenute più sostenibili. Il passo successivo consiste proprio in una trattativa tra i partner che, a partire dall'ipotesi più favorevole scelta in precedenza,

151 AA. VV., La mediazione familiare e la soluzione delle controversie insorte tra genitori separati, p. 22 ss.: “Uno dei concetti su cui Haynes struttura la propria idea di mediazione è quello di self-empowerment […]: 'Le persone coinvolte in una separazione coniugale si trovano solitamente in una situazione di indefinitezza, di confusione, di timore, di disorganizzazione e di indecisione, di conseguenza possono sentirsi vulnerabili e avere l'impressione di avere perso il controllo degli eventi (situazione di helplessness). Rispetto a questa situazione di partenza, caratterizzata da frustrazione e di debolezza, quando coloro che partecipano alle sedute di mediazione si dimostrano via via più calmi, più aperti e onesti, organizzati e decisi, si può ipotizzare che sia venuto il processo di self-empowerment, ovvero i partecipanti hanno stabilito o riguadagnato una sensazione di potere e possono assumere il controllo della propria situazione”.

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ricercano un accordo definitivo.152 Ovviamente, quest'ultima fase è realizzabile solo se precedentemente sono state percorse tutte le tappe previste dalla procedura, in modo che i litiganti possano guardare “verso il proprio futuro in maniera più ottimistica, con una visione più fiduciosa e con un senso di maggiore sicurezza”.153 Quando gli utenti raggiungono un accordo verbale, il mediatore lo formalizza attraverso una relazione, nella quale sono riportate le informazioni relative alle parti, i loro dati anagrafici, la definizione del problema, le opzioni scelte (con le motivazioni) e l'obiettivo dell'accordo.154

152 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 57: “[...] Si da avvio alla serie di incontri, nei quali si discuteranno le negoziazioni nell'ordine prescelto dalle parti insieme al mediatore. Quando si discuteranno gli aspetti economici relativi al mantenimento dei beni patrimoniali, il mediatore presenterà alle parti alcuni moduli, da compilare separatamente, che rileveranno le informazioni sulle entrate economiche, sul bilancio familiare e sulla dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni. Sulla base di questi dati, si troveranno poi delle soluzioni soddisfacenti per entrambi. Il colloquio che riguarderà la gestione dei compiti educativi tratterà l'insieme delle decisioni che influiscono sulla crescita del bambino/i: il tipo di affidamento, l'abitazione, il contatto con i genitori, l'istruzione, la salute, le relazioni con le famiglie allargate e quanto si reputa ancora necessario per il bene dei figli.[...] Si dovranno cercare le soluzioni migliori per due tipi di accordi: quelli che interessano il presente e quelli che potranno interessare il futuro dei figli. A tale proposito il mediatore può richiedere esplicitamente il parere dei figli quando la coppia è giunta a definire l'intesa che mi riguarda”. 153 E. GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, Mediazione familiare e affido condiviso, op. cit., p. 107, cit. 154 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 57: “Alla fine del processo di mediazione, il mediatore redigerà un documento nel quale vengono descritti dettagliatamente gli accordi presi e ne consegnerà una copia ad entrambe le parti. Tale documento comprenderà le informazioni relative ai dati anagrafici dei partecipanti e dell'accaduto, la definizione dei problemi, le opzioni scelte e le ragioni che hanno portato a queste decisioni e gli obiettivi dell'accordo”.

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Questo documento finale comprende sia gli aspetti economici, sia quelli relativi ai rapporti personali tra i partner e tra essi e i loro figli: pertanto, trattandosi di questioni spesso complesse, in ogni momento della mediazione è possibile, se necessario, richiedere la consulenza di professionisti, come avvocati, agenti immobiliari, commercialisti. L'accordo finale, nel sistema statunitense, assume un valore vincolante una volta approvato e firmato dalle parti, tanto che può essere utilizzato anche in sede legale.155

3.3 Il modello terapeutico Questo modello di mediazione familiare si deve all'opera di uno psicoterapeuta e di un sociologo canadesi, Howard Irving e Michael Benjamin. Si tratta di un sistema basato sulla convinzione che, prima di attuare una qualsiasi negoziazione, sia necessario rendere stabili le relazioni tra le parti.156 La priorità è data, perciò, agli

155 Ibidem: “Una volta approvato e firmato dai partecipanti, questo accordo assumerà una veste definitiva e vincolante per le parti. Nel caso in cui l'accordo dovesse essere utilizzato dagli attori anche in sede legale, sarà responsabilità dei loro rispettivi avvocati tradurre il documento in termini giuridici”. 156 Ivi, p. 58: “Il modello Irving – Benjamin è stato esplicitamente progettato per accogliere e gestire l'intera gamma di variazioni interazionali presenti nelle coppie, poiché gli autori sono dell'idea che, prima di attuare una negoziazione, bisogna rendere stabili le relazioni tra le

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aspetti emotivo-affettivi connessi al trauma della separazione. L'obiettivo è quello di "contenere" l'impatto delle decisioni più coinvolgenti, come quelle relative ai figli, alla divisione dei beni e al sostegno da offrire al coniuge. Inoltre, il modello terapeutico contempla la possibilità che, durante la mediazione, la coppia riveda la decisione di separarsi, e per questo valuta attentamente la fondatezza della stessa decisione. In questo, è chiara la differenza dal metodo strutturato previsto da Coogler, il quale, una volta iniziata la procedura, da per scontata l'irrevocabilità della separazione o divorzio, e si concentra esclusivamente sugli aspetti successivi alla scelta.157 Del resto, è evidente come le diverse esperienze professionali abbiano portato gli uni e l'altro a relazionarsi al conflitto familiare in modo differente: Irving e Benjamin ritengono che il nodo in cui più spesso cade la mediazione sia proprio quello relazionale, ragion per cui un intervento preliminare, mirato ad accrescere la disponibilità delle parti alla cooperazione, può incrementare le percentuali di

parti”. 157 AA.VV., La mediazione familiare e la soluzione delle controversie insorte tra genitori separati, LEGO Editore, Torino, 2009, p. 25: “[...]Si evince una importante caratteristica che differenzia la mediazione terapeutica dagli altri modelli […]. Questo modello non parte dal presupposto che la decisione della coppia sia irrevocabile, ma richiede la necessità di appurare che la separazione sia per i coniugi una scelta definitiva e che entrambi abbiano preso coscienza dalla fine del loro rapporto”.

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successo dell'intero procedimento.158 Con questo, afferma Michele Corsi, “non si vuole intendere che gli altri modelli non pongano attenzione ai processi relazionali della coppia, ma semplicemente che lo fanno in un modo minore”.159 Il compito del mediatore è quello di ristabilire un minimo di armonia familiare, di creare un'atmosfera il meno conflittuale possibile per proteggere i figli dalle controversie tra i genitori. Per ottenere questi risultati, deve seguire un iter preciso, composto da quattro fasi: •

Valutazione: in questa prima fase il mediatore determina

se le parti siano o meno idonee a svolgere la mediazione. Nella pratica, questo processo si esplicita attraverso una raccolta di informazioni, comprendenti lo stato psicologico dei partners, il loro rapporto personale e con i figli, la loro capacità di comunicazione.160

158 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 58: “[Irving e Benjamin] avevano potuto dedurre dalle loro esperienze che i processi relazionali erano, precisamente, il punto attorno al quale le coppie si bloccavano oppure fallivano durante una mediazione. Di conseguenza, molte di queste coppie potevano trarre vantaggio da un intervento preliminare, volto a modificare quei comportamenti disfunzionali e a bloccare il coinvolgimento (e quindi l'influenza) di altre persone, accrescendo, così, la loro disponibilità a partecipare in modo significativo alle trattative.” 159 Ibidem, cit. 160 E. GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, Mediazione familiare e affido condiviso, op. cit., p. 106: “ La fase di valutazione permette di avere molte informazioni su: la disponibilità al divorzio, l'attaccamento al partner, le capacità educative, la misura della fiducia reciproca, la qualità e la quantità di risorse disponibili, la qualità della comunicazione, i modelli

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Se dai dati raccolti si deduce una condizione negativa, la coppia viene classificata come inadatta al processo di mediazione; in caso contrario, può essere ritenuta pronta ad entrare subito nella fase di negoziazione, oppure guidata attraverso la fase di pre – mediazione.161 •

Pre–mediazione: l'obiettivo di questa fase consiste

nell'individuazione dei problemi principali da cui è scaturita la separazione.162 Il mediatore svolge dei colloqui con le parti (organizzati solitamente nell'arco di quattro/otto sedute), nei quali mira a ristabilire una comunicazione positiva fra di esse, in modo da creare le condizioni per accedere alla fase successiva.163

d'interazione tra i coniugi, il modello d'interazione prevalente, l'intensità di rivendicazione, l'entità e la modalità del conflitto, la progettualità”. 161 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 59: “La prima fase è quella della 'valutazione', che prevede un processo esplorativo, che consente di valutare la disponibilità della coppia ad entrare in mediazione. Il processo di valutazione consiste nel raccogliere una serie di dati, che includono lo stato psicologico dei due coniugi, il loro modello di comunicazione, l'educazione dei figli, i loro progetti per il futuro e le loro risorse finanziarie. Da queste informazioni si possono dedurre tre tipologie di clienti: quelli inadatti, quelli pronti ad entrare subito in mediazione e quelli che, probabilmente, saranno in grado di negoziare, dopo essere passati attraverso la fase della pre-mediazione”. 162 AA.VV., La mediazione familiare e la soluzione delle controversie insorte tra genitori separati, op. cit., p. 24: “Una delle fasi in cui è articolato il percorso mediativo […] consiste nella pre-mediazione. Il mediatore propone alle parti dei colloqui con lo scopo di analizzare insieme la vera natura del conflitto che ha portato la coppia alla separazione e verificare l'esistenza di una eventuale possibilità di ricongiungimento”. 163 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 59: “Per pre-mediazione si intende l'intervento al quale sono sottoposti i due coniugi, che sono ritenuti adatti per mediare, ma che, per la loro disfunzione relazionale, non riescono ad entrare in trattative vantaggiose per entrambi. La pre-mediazione si prefigge di apportare dei cambiamenti nei modelli familiari d'interazione, che siano poi coerenti con le esigenze del negoziato”.

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Negoziazione: questa può essere intesa come la fase

dell'accordo, in cui le parti discutono, insieme al mediatore, riguardo un punto d'incontro sulle questioni relazionali ed economiche.164 La tecnica utilizzata è quella del problem solving, utilizzata anche dai precedenti modelli, ma in questo caso particolarmente orientata verso gli aspetti emotivi. •

Follow up: si tratta dell'ultima fase del procedimento,

consistente in una verifica dell'accordo raggiunto in sede di negoziazione. Questa analisi si svolge solitamente dopo un periodo di sei settimane dalla conclusione della fase precedente, e permette di stabilire se i partner stiano rispettando o meno le condizioni prestabilite.165 In caso negativo, è possibile modificare gli accordi stessi, ritornando alle fasi di pre-mediazione o di negoziato.166

164 Ivi, p. 60: “A questo punto può essere illustrata la fase del 'negoziato', nel quale si cerca di pervenire ad un accordo sui vari punti della controversia. Le questioni da discutere, che riguardano gli aspetti parentali ed economici, vengono ben definite insieme al mediatore”. 165 Ibidem: “L'ultima fase consiste nel processo di follow-up, che ha l'obiettivo di controllare, sei settimane dopo la fine della mediazione, i progressi della coppia ed, inoltre, di valutare se il loro accordo debba essere modificato o meno. Se necessario, si può anche ritornare alla fase di pre-mediazione o di negoziato”. 166 Ivi, p. 61: “Alla luce di questa analisi delle fasi della mediazione familiare terapeutica, si può riscontrare un carattere pienamente ricorsivo o eco-sistemico del modello, il quale, per ottenere il successo in ogni parte, prevede una serie di 'circuiti di retroazione', nel senso che, in qualsiasi fase ci si trovi, si può sempre ritornare a quella precedente o anche ripartire da altre più lontane”.

89


3.4

Il modello integrato o parziale

Si tratta di un modello di mediazione familiare, ideato da Lenard Marlow e Richard Sauber negli anni '80, che nacque negli Stati Uniti ma si diffuse principalmente in Inghilterra e in Italia.167 Questo si differenzia dagli altri metodi soprattutto per la collaborazione tra il mediatore e un consulente legale, che si spartiscono le funzioni nella gestione del conflitto. Come è ovvio che sia, i due professionisti in questione lavorano ciascuno in base alle proprie competenze: il consulente legale si occupa soprattutto della negoziazione relativa agli aspetti economici; il mediatore, invece, ha il compito di aiutare le parti a superare

il

conflitto,

stimolando

la

comunicazione

e

la

responsabilizzazione della coppia.168 Pertanto, è evidente come quest'ultimo non si occupi di tutti gli aspetti della controversia, come

167 E. GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, Mediazione familiare e affido condiviso, op. cit., p. 108: “Ideato negli U.S.A. da Marlow e Sauber negli anni '80 questo modello si è diffuso principalmente in Inghilterra e successivamente in Italia ad opera del prof. Carmine Saccu, uno dei maggiori esponenti del modello sistemico-relazionale”. 168 Ibidem: “Il termine integrato si riferisce alla relazione tra mediatore e consulente legale che collaborano positivamente nella gestione del conflitto di coppia, in quanto l'uno aiuta la coppia nella negoziazione relativa alla responsabilità genitoriale, mentre l'altro si prende carico della negoziazione relativa agli aspetti economici. Il termine parziale si riferisce al fatto che il compito del mediatore è quello di affrontare solo i problemi relativi all'affidamento dei figli quali la residenza principale e la modalità con cui i genitori prendono le decisioni che li riguardano”.

90


avviene nel modello globale: egli affronta esclusivamente le problematiche

relazionali

dei

partner

e

i

problemi

relativi

all'affidamento dei figli. In questo modello, in cui il mediatore si rivolge alle parti secondo uno stile non direttivo, si lascia molto spazio all'espressione delle emozioni: per questo la conduzione del colloquio non è rigida, non ci sono regole formalizzate o standardizzate, ma si preferisce lasciare alle parti la definizione del processo. L'attenzione è sempre rivolta al futuro, agli interessi comuni che ancora sussistono, alla ridefinizione delle relazioni tra i partner, piuttosto che all'ottenimento di un diritto. Infatti alle parti non viene mai chiesto quanto vogliono ottenere dalla negoziazione, bensì quanto siano disposti a spartire con l'altra. 169

3.5.

Il modello transizionale - simbolico

Il modello in questione è stato sviluppato fin dai primi anni '80 da Vittorio Cigoli, docente di psicologia all'Università Cattolica di

169 Ivi, p. 109: “Lo stile del mediatore non è direttivo, la conduzione del colloquio non è rigida, non ci sono regole precostituite e si lascia un certo spazio all'espressione dell'emozione. L'attenzione è rivolta al futuro, agli interessi ancora in comune, alla ridefinizione della relazione tra i partner; non viene loro chiesto quanto vogliono ottenere dalla negoziazione, ma quanto sono disposti a spartire con l'altro, rovesciando la logica della consulenza legale”.

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Milano.170 Questo metodo si differenzia dagli altri in quanto rappresenta la mediazione come un rito di passaggio per la coppia in crisi, ovvero come la transizione da un'organizzazione familiare compatta ad una diversa organizzazione bipolare, dove la famiglia vive separata.171 Si tratta di una mediazione globale, nel senso che qualunque sia il punto di partenza per cui la coppia chiede la mediazione (divisione della casa, del patrimonio, educazione dei figli ecc.) ognuna di queste questioni rimanda a qualcosa d'altro. Secondo Cigoli, il mediatore e le parti in conflitto, per superare la fase conflittuale, devono svolgere determinati compiti, che si possono così riassumere172: •

attuare il divorzio psichico attraverso l'elaborazione del

170 E. GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, Mediazione familiare e affido condiviso, op. cit., p. 115: “Padre di questo modello è il prof. Cigoli, docente di psicologia all'Università cattolica di Milano, che lo ha costruito sull'esperienza del gruppo del Centro Studi e Ricerche sulla Famiglia dell'Università i cui principali esponenti sono Togliatti e Malagoli”. 171 Ibidem: “Il termine 'transizionale' indica che la mediazione viene rappresentata come un'esperienza di passaggio ritualizzata dalla coppia che, così come aveva ricordato la propria unione, ora ritualizzata separazione”. 172 Ibidem: “Tale modello si fonda sulla considerazione che la relazione sia un bene da preservare, pertanto oltre a porsi obiettivi pragmatici si pone l'obiettivo di modificare il modo di relazionarsi della coppia. La mediazione transizionale-simbolica si pone come scopi: attuare il divorzio psichico elaborando il fallimento coniugale; impegnarsi in una gestione cooperativa del conflitto coniugale; ridefinire i conflitti coniugali familiari equilibrando nuovamente le distanze; mettere in atto una forma di collaborazione con l'ex coniuge per garantirgli l'esercizio simbolico e materiale della funzione genitoriale; consentire l'accesso alla storia di entrambe le famiglie di origine”.

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fallimento coniugale: per guardare al futuro, le parti devono realizzare la fine del loro rapporto, e le conseguenze che ne derivano; •

impegnarsi in una gestione cooperativa del conflitto

coniugale: il mediatore aiuta le parti a comprendere che mantenere posizioni di forza non consente di migliorare il rapporto. Pertanto, in questa fase si ricerca un punto d'incontro tra i litiganti, affinché questi possano ragionare per realizzare interessi comuni; •

ridefinire i confini coniugali e familiari equilibrando

nuovamente le distanze: le parti in conflitto non possono più mantenere i rapporti avuti in precedenza, pertanto devono trovare un modo per comunicare serenamente, per il proprio bene e per quello dei figli; •

mettere in atto una forma di collaborazione fra i litiganti

per garantire all'altro l'esercizio simbolico e materiale della funzione genitoriale: se è vero che il rapporto coniugale può venire meno, altrettanto non può essere per il rapporto genitoriale, che deve mantenere la stessa forza e stabilità di prima; •

consentire l'accesso alla storia di entrambe le famiglie di

origine. L'obiettivo è quello di permettere ai membri della coppia di

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realizzare un interscambio all'interno del contesto familiare e con le famiglie di origine, per trasmettere ai figli una sensazione di armonia, senza appiattirsi in una relazione univoca genitore-figlio. Il “rito” di un procedimento con le caratteristiche suesposte può essere molto importante per i componenti della famiglia. Da una parte, infatti, la mediazione permette un miglioramento della relazione con se stessi e con gli altri, perché fornisce alle parti un luogo dove viene data importanza alla dimensione reale e simbolica dei gruppi sociali di appartenenza.173 Dall'altra, inoltre, assolve ad un bisogno di ritualità richiesto dalle coppie che, così come si legano con cerimonie comunitarie (matrimonio), così desiderano slegarsi con un rito di passaggio socialmente riconosciuto.174 La mediazione supporta così un passaggio transizionale della

173 V. CIGOLI, L'albero della discendenza. Clinica dei corpi familiari, Franco Angeli Editore, Milano, 2006, p. 170: “[...] Il modello non si limita la protezione dei figli, ma punta più in alto, vale a dire a sostenere il processo di legittimazione reciproca dei genitori e delle loro stirpi, aldilà dei loro limiti e difetti, e il processo di riconoscimento dei figli non come proprietà esclusiva e possesso personale, ma come appartenente ad una storia familiare di cui sono e saranno nuovi attori e nuovi interpreti”. 174 E. SCABINI, G. ROSSI, Rigenerare i legami: la mediazione delle relazioni familiari e comunitarie, Vita e Pensiero Editore, Milano, 2003, p. 73: “La transizione del divorzio richiede al pari di altre transizioni critiche di essere fortemente ritualizzata, di avere un luogo ed un tempo adeguati all'elaborazione del patto segreto e del patto esplicito. Non è sufficiente la redazione di accordi di non belligeranza tra i genitori, come avviene formalmente nella maggioranza delle separazioni consensuali: alla mediazione familiare la comunità sociale assegna una funzione più ampia, che richiede che davanti a un terzo-rappresentante del corpo sociale-avvenga il riconoscimento dell'altro e il recupero della fiducia nei legami. Si può parlare di mediazione come transito verso l'acquisizione di una nuova identità soggettiva e del gruppo familiare”.

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famiglia, aiutando la coppia a distinguere il vincolo coniugale, ormai distrutto, da quello genitoriale, in modo da portare in salvo almeno il secondo.

3.6 Il modello ecosistemico Questo metodo è stato perfezionato inizialmente dalla mediatrice canadese Linda Bérubé, nel 1992, e successivamente sviluppato in Francia da Annie Babu.175 La mediazione, secondo questo modello, è intesa come un rituale che mira a cambiare la natura del sistema familiare, ormai lacerata dalla crisi. Il conflitto, tuttavia, è ritenuto un elemento che fa parte del cambiamento, per cui il ruolo del mediatore è quello di aiutare le parti a riconoscerlo e ad “addomesticarlo”: ciò è possibile ponendo in evidenza le opportunità che possono scaturire dalla situazione, con uno sguardo fisso al futuro.176

175 E. GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, Mediazione familiare e affido condiviso, op. cit., p. 109: “Per ecosistemico s'intende un modello che abbia la finalità di cambiare la natura delle interazioni e degli aspetti emotivi-affettivi del sistema famiglia. Le sue maggiori esponenti sono la mediatrice canadese Linda Bérubé (1992) è la mediatrice francese Annie Babu (1997)”. 176 Ibidem: “Partendo dal presupposto fondamentale che 'il conflitto è da addomesticare', il mediatore aiuta i partner a riconoscerlo e ad operare per il suo superamento affinché raggiungano un accordo”.

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Quello che conta, in sede di mediazione, sono gli interessi comuni: per questo motivo, le questioni personali e l'oggetto del disaccordo vengono trattate in maniera diversa e separata, al fine di focalizzarsi sui bisogni in gioco e non sulle posizioni.177 Per questo, il mediatore deve guidare le parti verso una definizione congiunta del problema, a cui segue un processo di brainstorming, volto a individuare delle soluzioni che producano beneficio reciproco. Essendo un metodo di tipo “globale, durante il procedimento vengono trattati sia gli aspetti relativi alla genitorialità, sia gli aspetti finanziari, in quanto sono considerati tra loro interdipendenti.178 A livello pratico, questa procedura è articolata in tre fasi: lo sviluppo del contesto preliminare, la negoziazione sul motivo del contendere, l'incontro della mediazione con la legge.179 Nel modello ecosistemico si riscontrano, infine, alcuni aspetti

177 Ibidem: “Questo modello pone l'attenzione sull'individuazione ed il cambiamento dei modelli prevalenti di interazione che vengono utilizzati con tutte le persone con le quali si viene in relazione e che caratterizzano le famiglie; accoglie sia la dimensione pratica che emotiva del conflitto e le tratta separatamente, non prima però di aver definito il problema congiuntamente”. 178 Ibidem: “Il mediatore tratta sia gli aspetti genitoriali che quelli economici in quanto ritenuti strettamente correlati, inoltre fa emergere nella coppia tutti gli elementi positivi affinché possano trovare una giusta modalità di gestione della genitorialità, anche da separati”. 179 Ivi, p. 110: “[...]Questo modello volge lo sguardo al futuro e non al passato e prevede la scansione del processo di mediazione in tre fasi: lo sviluppo del contesto preliminare; la negoziazione sui motivi del contendere; l'incontro della mediazione con la legge”.

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del

sistema

transizionale–simbolico:

separazione

e

divorzio

costituiscono una "transizione familiare" che permette alle parti di riorganizzarsi, in modo che possano comprendere come svolgere al meglio la propria funzione genitoriale e, al tempo stesso, come migliorare le relazioni con l'altra parte in un contesto diverso.

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CAPITOLO III LA MEDIAZIONE FAMILIARE IN SPAGNA

1 La nascita della mediazione familiare in Spagna: motivi e obiettivi Negli ultimi anni, la società spagnola ha conosciuto delle trasformazioni importanti e repentine riguardo il concetto di famiglia, essendo quest'ultima una delle istituzioni che si sono maggiormente evolute in un lasso di tempo relativamente breve. La famiglia attuale ha subito, infatti, trasformazioni talmente profonde e rapide da essersi modificata strutturalmente.180 Se in passato la famiglia appariva come una comunità avente il proprio perno nel matrimonio, oggi si può invece affermare che matrimonio e famiglia siano due realtà distinte: la prima istituzione rappresenta ancora una modalità di accesso alla seconda, ma non più l’unica, dato che assieme ad essa esistono altre forme di relazione che configurano, allo stesso modo, una famiglia. Il quadro che ne deriva è una realtà sociale complessa, con strutture familiari e forme di

180 In proposito, M. VIDUEIROS, C.P. PARDO, La mediación. Un instrumento de conciliacion, Dykinson, Madrid, 2010, p. 79: “Desde el punto de vista sociologico hay que hablar menos de familia como modelo unico y generalizado y hablar mas de familias, como expresion que alude a las diversas formas de familis, que han adquirido reconocimiento social. Son llamadas familias postnucleares o postmodernas”.

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convivenza molto differenti tra loro. Ciò ha comportato la nascita di conflitti difficilmente risolvibili con i soli strumenti giudiziali. Pertanto, si è rivelato necessario prospettare delle alternative alla risoluzione di questo tipo di conflitti, le quali fossero compatibili e/o complementari ai tradizionali meccanismi di soluzione delle controversie.

Tali

urgenze

hanno

comportato

un'evoluzione

progressiva e tuttora in corso, dettata in parte dalle pressioni normative giunte dagli organi dell'Unione Europea, e in parte dalla necessitĂ di allestire un mezzo di risoluzione delle controversie familiari che assicurasse una maggiore efficienza rispetto al sistema giurisdizionale tipico. Analizzando quest'ultimo aspetto, si riscontra che, fino a pochi anni fa, le rotture matrimoniali e le altre questioni familiari si risolvevano solo ed esclusivamente in tribunale, attraverso un processo giudiziale, che terminava con un coniuge vincitore e con l'altro perdente. Tuttavia, tale approccio comportava, e tuttora comporta, notevoli costi emozionali ed economici per entrambi i coniugi, ed in misura persino maggiore, per i figli coinvolti. Questi ultimi, infatti, sono i soggetti che maggiormente subiscono il netto distacco sul piano interpersonale, che un divorzio comporta sempre

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all'interno della famiglia, inasprito per di più dalle stesse dinamiche processuali, volte per propria natura a porre l'uno contro l'altro i genitori stessi, senza tener conto in sufficiente misura degli interessi dei minori. Ad oggi, in Spagna, non esiste una legge statale che disciplini la mediazione familiare. Tuttavia, una spinta legislativa in tal senso si è generata a livello regionale. Infatti, nell'ultima decade, molte Comunità Autonome hanno adottato differenti normative in materia di mediazione, generando un crescente interesse a livello nazionale, sfociato recentemente nella redazione di un progetto di legge statale ancora in fase di approvazione. Il punto di partenza di questo sviluppo è dovuto ad un aggiornamento

dell’apparato

legislativo

statale,

relativo

all’emanazione della legge 30/1981, la “Ley del Divorcio”, successivamente aggiornata con la legge 15/2005. Queste disposizioni hanno apportato rilevanti modifiche al Codice Civile spagnolo, attraverso una riforma dell’istituto del matrimonio e ad una regolamentazione minuziosa relativa alle cause di nullità, separazione

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e divorzio181. Una delle novità più consistenti è stata proprio la concessione ai coniugi della facoltà di accordarsi in merito agli effetti della rottura del rapporto coniugale, senza ricorrere esclusivamente ad una soluzione di tipo giudiziale, bensì ad una procedura fondata sul comune accordo.182 Successivamente, questa disposizione è stata aggiornata dalla legge 15/2005, con la quale è stato modificato il codice civile e la legge di procedura civile in materia di separazione e divorzio, cui sono seguiti i già citati interventi in ambito comunitario183, i testi legislativi

181 Un’ulteriore riforma in materia è stata successivamente apportata con la ley 15/2005. In questo senso, J.R. ARANA MUNOZ, M.P. RODRIGUEZ, La mediación. Presente, pasado y futuro de una istitucion juridica, Netbiblo, La Coruna, 2010, p. 141 e ss.: “La ley 15/2005, de 8 de julio en materia de separacion y divorcio, lleva a cabo otra reforma del CC que permite el acceso directo al divorcio y se pone fin al sistema causal que regulaba la separacion contenciosa. [...] La peculiaridad que se plantea en esta materia es que, pese a que en la Disposicion Final Tercera de la Ley 15/2005 se anuncia, aunque sin fijar un plazo, una futura ley de mediación, por el momento no se ha promulgado ninguna Ley estatal que regule esta materia. [...]” 182 Art. 81, Codigo Civil, introdotto dalla ley 30/1981 e successivamente modificato dalla ley 15/2005: “Se decretará judicialmente la separación, cualquiera que sea la forma de celebración del matrimonio: 1.º A petición de ambos cónyuges o de uno con el consentimiento del otro, una vez transcurridos tres meses desde la celebración del matrimonio. A la demanda se acompañará una propuesta de convenio regulador redactada conforme al artículo 90 de este Código. 2.º A petición de uno solo de los cónyuges, una vez transcurridos tres meses desde la celebración del matrimonio. No será preciso el transcurso de este plazo para la interposición de la demanda cuando se acredite la existencia de un riesgo para la vida, la integridad física, la libertad, la integridad moral o libertad e indemnidad sexual del cónyuge demandante o de los hijos de ambos o de cualquiera de los miembros del matrimonio. A la demanda se acompañará propuesta fundada de las medidas que hayan de regular los efectos derivados de la separación.” [Este artículo ha sido redactado conforme a la Ley 15/2005, de 8 de julio, por la que se modifica el Código Civil y la Ley de Enjuiciamiento Civil en materia de separación y divorcio (BOE núm. 163, de 09-07-2005, pp. 24458-24461)”. 183 In questo senso, M. MONTSERRAT VIDUEIROS, C. PEREIRA PARDO, La mediación. Un

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di diverse Comunità Autonome e, infine, un progetto di legge statale sulla mediazione familiare in fase di approvazione.184 Fra le varie tipologie di mediazione adottate in Spagna, quella “familiare” rappresenta la massima espressione di sviluppo in materia di sistemi alternativi di risoluzione di conflitti. Ruolo essenziale in tal senso hanno avuto, e continuano ad avere, le Comunità Autonome che hanno emanato leggi innovative in materia, creando in tal modo una spinta propulsiva a livello nazionale. Questo perché, nonostante le varie legislazioni autonome abbiano caratteristiche che le rendono uniche, nel loro insieme queste rispondono ad un unico obiettivo comune, ossia quello di instaurare un sistema di mediazione familiare tale da assicurare ai cittadini un’alternativa efficace ai mezzi tipici di risoluzione delle controversie. Inoltre, la rilevante eterogeneità di contenuti relativi ai vari ambiti di sviluppo della mediazione familiare può, da un certo punto

instrumento de conciliacion, Madrid, Dykinson, 2010, p. 31 e ss. 184 In proposito, L.G. VALLELUENGA, I.B. CARTUJO, La mediacion familiar: una aproximación interdisciplinar, España, Trea, 2006, p. 22: “Las ventajas implícitas en el proceso de mediación y la protección que desde el mismo se le ofrece al “interés del menor”, han determinado que esta figura haya tenido un lento pero progresivo reconocimiento y desarrollo, auspiciado por la Administración en sus tres vertientes (Central, Autonómica y local), en cumplimiento del mandato de protección a la familia contenido en el art 39.1 de la CE y dentro del sistema de competencias transferidas”.

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di vista, essere considerata come un'opportunità di arricchimento del sistema stesso, sebbene attraverso un processo di interpretazione costante. Per le sue caratteristiche, questo istituto è considerato una risorsa preziosa: non a caso, tutte le Comunità Autonome che hanno adottato una legislazione in materia di mediazione familiare, considerano quest’ultima come uno strumento di pace sociale e di appoggio per la famiglia, che permette la partecipazione dei cittadini all’amministrazione della giustizia, e la definiscono come un processo volontario, extragiudiziale e complementare rispetto ai mezzi giurisdizionali, diretto alla soluzione dei conflitti familiari. Dunque, partendo da questi presupposti comuni, dal 2001 ad oggi sono state emanate tredici leggi autonome ad opera di dodici Comunità Autonome.185

185 Fra le varie Comunità Autonome, la Cataluña è l’unica ad aver adottato due testi normativi: la ley 1/2001, del 15 marzo, e la ley 15/2009, del 22 luglio. Quest’ultima è stata emanata per apportare un aggiornamento al testo precedente.

103


2 La legislazione delle Comunità Autonome in materia di mediazione familiare Il primo intervento legislativo, in materia di mediazione familiare in Spagna, risale al 15 marzo del 2001, quando fu emanata la legge n. 1/2001 in Cataluña.186 In realtà, questa legge rappresenta il frutto di un’esperienza che pone le sue radici nel 1990, quando a Barcellona fu disposto il primo Servizio di Mediazione Familiare, grazie all'opera di un istituto privato, l'Istituto del Lavoro e dei Servizi Sociali. Il progetto non fu inizialmente sovvenzionato da parte del Ministero delle Questioni Sociali, ma trovò come finanziatore la Fondazione la Caixa. La costituzione dell'Associazione Catalana di Mediazione e Arbitrato (ACDMA), grazie alla quale fu semplificato l'approccio con le iniziali difficoltà realizzative, fu di grande importanza per il funzionamento della mediazione familiare in Cataluña. In Spagna, la ley n. 1/2001 fu la prima legge settoriale in

186 L. GARCIA VILLALUENGA, Mediación en conflictos familiares. Una construcción desde el derecho de familia, Reus, Madrid, 2006, p. 331: “La introdución de la mediación familiar en España, como 'institución juridicamente normada', ha venido de la mano de la ley 1/2001 de 15 de marzo, de mediación familiar de Cataluña. Tanto esta ley, como las dictadas posteriormente, definen la mediación tomando como base la Recomendación (98)1, al igual que vienen haciendo las letes europeas, tal come hemos expuesto”.

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termini cronologici, tuttavia ebbe una fondamentale rilevanza anche per i suoi contenuti, in quanto funse da testo precursore per quelli successivi.187 La legge n. 1/2001 fu redatta in risposta all’articolo 79 comma 2 della Disposizione Finale Terza, introdotta nel Codice di famiglia dalla legge n. 9/1998 del 15 luglio. Si tratta di una modifica fondamentale perché ha previsto, per la prima volta nel caso spagnolo, la possibilità per il giudice di rimettere le parti al cospetto di una persona o entità mediatrice, con la finalità di ricercare una soluzione al conflitto coniugale mediante un accordo di regolamentazione di natura extragiudiziale.188 Tale principio, inserito nel Codice di famiglia con la legge n. 9/1998, rappresenta un pilastro delle successive leggi di mediazione,

187 In questo senso, L.G. VALLELUENGA, I.B. CARTUJO, La mediación familiar: una aproximación interdisciplinar, España, Trea, 2006, p. 22: “La Ley 1/2001 de 15 de marzo, de mediación familiar de Cataluña, introduce la mediación familiar en España como institución jurídicamente normada, a ella le han seguido, hasta el momento, otras leyes en las Comunidades Autónomas de Galicia, Valencia, Canarias y Castilla-La Mancha, Castilla y León, tomando todas como referente fundamental la Recomendación (98)1 y los principios que la inspiran.” 188 Art. 79, Codigo de Familia – Disposición Final Tercera - Falta de convenio regulador: “1. En los casos de nulidad del matrimonio, divorcio o separación judicial solicitada por uno solo de los cónyuges sin consentimiento del otro, la autoridad judicial resuelve directamente sobre los aspectos indicados en el artículo 76. 2. Si, dadas las circunstancias del caso, la autoridad judicial considera que los aspectos indicados en el artículo 76 aún pueden ser resueltos mediante acuerdo, puede remitir a las partes a una persona o entidad mediadora con la finalidad de que intenten resolver las diferencias y que presenten una propuesta de convenio regulador, a la que, en su caso, se aplica lo dispuesto en el artículo 78”.

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facente perno su concetti quali la confidenzialità assoluta riguardo il contenuto delle sessioni di mediazione, la libertà delle parti di rinunciare alla mediazione in qualunque momento, l’approvazione giudiziale degli accordi siglati con la procedura di mediazione e la durata massima della stessa procedura fissata in tre mesi, termine prorogabile per ulteriori tre mesi a richiesta del mediatore.189 Prendendo spunto da questi principi fondamentali, il legislatore catalano ha quindi emanato un testo legislativo comprendente vari aspetti focali del sistema di mediazione familiare, quali gli obiettivi da raggiungere, l’organizzazione, la natura degli accordi di mediazione, la figura del mediatore. In questo modo si è permessa la costruzione di un complesso operativo, a livello di comunità autonoma, che rappresenta oggi l’espressione di maggior efficienza ed esperienza del panorama spagnolo. L’alto valore dei risultati conseguiti in Cataluña ha portato al susseguirsi, negli anni a venire, di diverse leggi regionali in ambito di

189 In questo senso, I. GARCIA PRESAS, La mediación familiar: una alternativa en el proceso judicial de separación y divorcio, Madrid, La Ley, 2009, p58: “En este Codigo de Familia se contempla, ademas, en su Disposición Final Tercera, que se elabore una Ley de Mediación, exigiendo: a) Confidencialidad absoluta del contenido de las sesiones de mediación; b) Libertad de las partes para apartarse o desistir de la miediación en cualquier momento; c) Aprobación judicial de los acuerdos alcanzados en la mediación; d) Duración maxima del proceso de mediación limitada a tres meses, prorrogables por el mismo tiempo a petición del mediador o mediadora.”

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mediazione familiare, le quali si fondano tutte su principi similari, pur essendo caratterizzate da differenze concettuali, dovute ai diversi tipi di approccio avuti dai vari legislatori.190 Come detto poc'anzi, ad oggi sono stati emanati tredici testi legislativi in materia, tuttavia, in alcune Comunità Autonome fra le quali la Cataluña, negli anni vi sono stati degli aggiornamenti che hanno portato all’emanazione di nuovi testi, che hanno di conseguenza abrogato quelli precedenti. L’elenco completo è il seguente: • Cataluña : - ley 1/2001, de 15 de marzo, de “Mediación Familiar” (abrogata); - ley 15/2009, de 22 de julio, de “Mediación en el ámbito del Derecho Privado”; • Galicia: ley 4/2001 de 31 de mayo, “Reguladora de Mediación Familiar”; • Comunidad Valenciana: ley 7/2001 de 26 de noviembre, “Reguladora de Mediación Familiar”; • Canarias: - ley 15/2003, de 8 de abril, de la “Mediación

190 Ivi, p. 60: “Tiene esta Ley catalana un evidente protagonismo en el panorama legislativo sobre mediación familiar por ser el indudable punto de partida de toda una dinamica normativa a nivel estatal.”

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Familiar”; - ley 3/2005, de 23 de junio, “para la modificación de la ley 15/2003, de 8 de abril, de la mediación familiar”; • Comunidad Autónoma de Castilla - La Mancha: ley 4/2005, de 24 de mayo, del “Servicio Social Especializado de Mediación Familiar”; • Castilla y León: ley 1/2006, de 6 de abril, de “Mediación familiar”; • Islas Baleares: - ley 18/2006, de 22 de noviembre, de “Mediación Familiar” (abrogata); - ley 14/2010, de 9 de diciembre, de “Mediación Familiar”; • Comunidad Autónoma de Madrid: ley 1/ 2007, de 21 de febrero, de “Mediación Familiar”; • Principado de Asturias: ley 3/2007, de 23 de mayo, de “Mediación Familiar”; • País Vasco: ley 1/2008, de 8 de febrero,

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de “Mediación


Familiar”; • Comunidad Autónoma de Andalucía: ley 1/2009, de 27 de febrero, “reguladora de la Mediación Familiar”; • Aragón: ley 9/2011, de 24 de marzo, de “Mediación Familiar”; • Cantabria: ley 1/2011, de 28 de marzo, de “Mediación”. Nonostante si possano riscontrare lievi differenze formali, da un’analisi comparativa delle leggi citate risulta un indirizzo concettuale simile, nei contenuti e negli obiettivi.

2.1 Fondamento giuridico La Spagna si struttura su un modello federale, il quale riconosce una larga autonomia legislativa a tutte le 17 regioni che compongono il Regno. Le Comunità Autonome sono riconosciute dall’VIII titolo della Costituzione, approvata nel 1978 per risolvere controversie storiche di uno Stato che ha subito un travagliato processo unitario. Nel sistema costituzionale spagnolo il potere legislativo è detenuto dalle Cortes Generales (il Parlamento, costituito dalla Camera dei Deputati e dal Senato). In materia civile, talune Comunità

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Autonome, che al momento dell'entrata in vigore della Costituzione del 1978 conservarono il proprio diritto civile storico ("Derecho Foral"), hanno una riconosciuta capacità legislativa, con i propri parlamenti autonomi (Asembleas Legislativas), per mantenere, modificare e attuare il proprio diritto civile storico. Le materie di competenza legislativa delle Comunità Autonome sono indicate nell’articolo 148 della Costituzione. Tuttavia, è importante sottolineare come la potestà legislativa in materia di diritto civile, nella quale sono comprese le norme sulla mediazione, rientri fra le competenze esclusive dello Stato. Pertanto, le basi giuridiche, sulle quali poggiano le leggi sulla mediazione, sono state oggetto di diatribe attinenti alla legittimazione delle Comunità Autonome in materia. In realtà, la soluzione a qualsiasi controversia sull’argomento risiede nella Costituzione stessa191: l’articolo 149, comma primo, numero 8, nello statuire la competenza esclusiva dello Stato in materia

191 Art. 149, ottavo comma, Constitutión Española, 1978: “El Estado tiene competencia exclusiva sobre las siguientes materias: […] Legislación civil, sin perjuicio de la conservación, modificación y desarrollo por las Comunidades Autónomas de los derechos civiles, forales o especiales, allí donde existan. En todo caso, las reglas relativas a la aplicación y eficacia de las normas jurídicas, relaciones jurídico-civiles relativas a las formas de matrimonio, ordenación de los registros e instrumentos públicos, bases de las obligaciones contractuales, normas para resolver los conflictos de leyes y determinación de las fuentes del derecho, con respeto, en este último caso, a las normas de derecho foral o especial”.

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di legislazione civile, pone un’eccezione nel momento in cui dispone che la competenza statale non deve arrecare “pregiudizio alla conservazione, modificazione e sviluppo dei diritti civili, storici e speciali delle Comunità Autonome, li dove (questi diritti) esistano”, e, “in ogni caso, (non deve arrecare pregiudizio al)le norme riguardanti l'attuazione e l'efficacia delle norme giuridiche, i rapporti giuridico – civili concernenti le modalità del matrimonio, la conservazione di registri e atti pubblici, le basi delle obbligazioni giuridiche […]”. Pertanto, il legislatore ha stabilito una competenza concorrente in materia di diritto civile per quelle Comunità Autonome che abbiano un proprio diritto storico civile. Di conseguenza, si è posto il problema di individuare la legittimazione legislativa per quelle Comunità che, al contrario, non abbiano tale diritto, come ad esempio le Canarie. La risposta risulta chiara dalla lettura dell’articolo 148 comma 1, lettera 20, dalla quale risulta che, fra le competenze delle Comunità Autonome, rientrano quelle in materia di Assistenza Sociale. Potendosi considerare la Mediazione un servizio di assistenza sociale, ne consegue la competenza delle Comunità Autonome in materia di mediazione a prescindere dal fatto che detengano o meno

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un diritto storico civile.192 Rappresenta una curiosa eccezione il caso della Galizia, per il fatto che questa Comunità Autonoma fondi sull’articolo 148 comma 1, numero 20, il supporto legale alla sua legislazione in materia di mediazione familiare, nonostante sia in possesso di un diritto storico civile.

2.2 Obiettivi A seguito di un primo esame dei titoli delle leggi delle Comunità Autonome precedentemente elencate, si può subito notare che, eccezion fatta per le leggi n. 15/2009 della Cataluña, in materia di mediazione nell’ambito del diritto privato, e n. 1/2011 della Cantabria,

192 In questo senso, M. MONTSERRAT VIDUEIROS, C. PEREIRA PARDO, La mediación. Un instrumento de conciliación, Madrid, Dykinson, 2010, p. 104.” [...] No todas las Comunidades Autonomicas tienen potestad legislativa en materia civil ya que el Art. 149, co.1, l.8 de la CE de 1978 dice textualmente que << El Estado tiene competencia exclusiva sobre las siguientes materias: 8. - Legislación civil, sin perjuicio de la conservación, modificación y desarrollo por las Comunidades Autónomas de los derechos civiles, forales o especiales, allí donde existan. En todo caso, las reglas relativas a la aplicación y eficacia de las normas jurídicas, relaciones jurídico-civiles relativas a las formas de matrimonio, ordenación de los registros e instrumentos públicos, bases de las obligaciones contractuales, normas para resolver los conflictos de leyes y determinación de las fuentes del Derecho, con respeto, en este último caso, a las normas de derecho foral o especial.>> Por lo tanto y en atención a este precepto la primera pregunta que se nos podria ocurrir seria ¿como Comunidades Autonomas donde no hay derecho foral civil, como por ejemplo Canarias, han promulgado leyes de mediación?” Las respuesta la encontramos en el ART 148, 1 20Ç del mismo cuerpo legal que dispone << Las comunidades Autónomas podrán asumir competencias en las siguientes materias: 20. – Asistencia Social>>. Y asi todas aquellas Comunidades Autonomas que carecen de derecho foral podran utilizar este precepto como sustento juridico a su legislación en materia de mediación familiar, alegando que es un servicio social prestado debido a la gran demanda que existe del mismo”.

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in materia di mediazione, l’ambito di applicazione di ciascuno di questi testi normativi risulta circoscritto alla sola mediazione familiare. Questo perché i legislatori delle varie Comunità hanno voluto focalizzarsi su quella che, ad oggi, rappresenta la tipologia di mediazione più sviluppata in Spagna, alla luce della durevole e positiva esperienza nata in Cataluña. Pertanto, andando ad analizzare i differenti testi normativi, è possibile constatare una sostanziale omogeneità di interessi relativamente all’obiettivo preposto. La ley n. 15/2009 della Cataluña riporta, all’articolo 2, comma primo, un corposo elenco di tutti i casi in cui risulti applicabile il servizio di mediazione familiare. Si tratta di conflitti legati a situazioni matrimoniali di nullità, separazione e divorzio, ai rapporti coniugali, a quelli di filiazione, alle questioni relative agli aspetti patrimoniali, e in generale, ad ogni conflitto in materia di diritto della persona e della famiglia, suscettibile di essere sollevato in tribunale.193

193 Art. 2, ley 15/2009 de Cataluña, de 22 de julio, de Mediación en el ámbito del Derecho Privado - Objeto de la mediación: “1. La mediación familiar comprende de forma específica: a) Las materias reguladas por el Código civil de Cataluña que en situaciones de nulidad matrimonial, separación o divorcio deban ser acordadas en el correspondiente convenio regulador. b) Los acuerdos a alcanzar por las parejas estables al romperse la convivencia. c) La liquidación de los regímenes económicos matrimoniales. d) Los elementos de naturaleza dispositiva en materia de filiación, adopción y acogida, así como las situaciones que surjan entre la persona adoptada y su familia biológica o entre los padres biológicos y los adoptantes, como consecuencia de haber

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Il secondo comma del medesimo articolo si concentra, invece, su qualunque altro genere di conflitto in materia di diritto privato, per il quale sia possibile agire con mezzi giurisdizionali, e nel quale sia evidente la mancanza di comunicazione fra le parti.194 Ciò è dovuto al fatto che, come detto pocanzi, la ley n. 15/2009 della Cataluña non si

ejercido el derecho a conocer los datos biológicos. e) Los conflictos derivados del ejercicio de la potestad parental y del régimen y forma de ejercicio de la custodia de los hijos. f) Los conflictos relativos a la comunicación y relación entre progenitores, descendientes, abuelos, nietos y demás parientes y personas del ámbito familiar. g) Los conflictos relativos a la obligación de alimentos entre parientes. h) Los conflictos sobre el cuidado de las personas mayores o dependientes con las que exista una relación de parentesco. i) Las materias que sean objeto de acuerdo por los interesados en las situaciones de crisis familiares, si el supuesto presenta vínculos con más de un ordenamiento jurídico. j) Los conflictos familiares entre personas de nacionalidad española y personas de otras nacionalidades residentes en el Estado español. k) Los conflictos familiares entre personas de la misma nacionalidad pero diferente de la española residentes en el Estado español. l) Los conflictos familiares entre personas de diferentes nacionalidades distintas a la española residentes en el Estado español. m) Los requerimientos de cooperación internacional en materia de derecho de familia. n) La liquidación de bienes en situación de comunidad entre los miembros de una familia. o) Las cuestiones relacionales derivadas de la sucesión de una persona. p) Los conflictos surgidos en las relaciones convivenciales de ayuda mutua. q) Los aspectos convivenciales en las acogidas de ancianos, así como en los conflictos para la elección de tutores, el establecimiento del régimen de visitas a las personas incapacitadas y las cuestiones económicas derivadas del ejercicio de la tutela o de la guarda de hecho. r) Los conflictos de relación entre personas surgidos en el seno de la empresa familiar. s) Cualquier otro conflicto en el ámbito del derecho de la persona y de la familia susceptible de ser planteado judicialmente”. 194 Art. 2, comma secondo, ley 15/2009 de Cataluña: “La mediación civil a la que se refiere la presente ley comprende cualquier tipo de cuestión o pretensión en materia de derecho privado que pueda conocerse en un proceso judicial y que se caracterice porque se haya roto la comunicación personal entre las partes, si estas deben mantener relaciones en el futuro y, particularmente, entre otros: a) Los conflictos relacionales surgidos en el ámbito de las asociaciones y fundaciones. b) Los conflictos relacionales en el ámbito de la propiedad horizontal y en la organización de la vida ordinaria de las urbanizaciones.

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limita a stabilire una normativa di mediazione esclusiva in ambito familiare, bensì, con essa, il legislatore catalano ha voluto allargare i confini applicativi, per consentire un servizio di risoluzione delle controversie in differenti campi del diritto privato. Sulla falsariga del caso catalano, ha operato probabilmente il legislatore cantabro, attraverso l’emanazione della ley n. 1/2011. In questo caso, la volontà di estendere il campo applicativo del servizio di mediazione risulta persino più accentuata. Ne deriva una percezione di applicabilità onnicomprensiva, che si deduce chiaramente dall’analisi dell’articolo 4 del testo, il quale statuisce che “la mediazione si riferirà a quelle materie che siano di libera disposizione delle parti, conformemente alla legislazione che risulti applicabile”. Qui risulta chiaro l’intento del legislatore di non porre dei paletti precisi, e ciò si riconferma dalla lettura dell’articolo 21, nel quale sono delineate le persone legittimate ad iniziare un procedimento di mediazione: requisito necessario risulta essere l’interesse in una

c) Las diferencias graves en el ámbito de la convivencia ciudadana o social, para evitar la iniciación de litigios ante los juzgados. d) Los conflictos derivados de una diferente interpretación de la realidad debido a la coexistencia de las diversas culturas presentes en Cataluña. e) Cualquier otro conflicto de carácter privado en que las partes deban mantener relaciones personales en el futuro, si, razonablemente, aún puede evitarse la iniciación de un litigio ante los juzgados o puede favorecerse la transacción.

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controversia relativa ad una qualsiasi materia di libera disposizione.195 Inoltre, l’ambito integrale di applicazione, voluto dal legislatore, viene esplicitato nell’articolo 43, relativo agli effetti degli accordi adottati durante la mediazione. Nello specifico, viene esaminata la natura degli accordi realizzati durante la mediazione in ambito civile e sociale, in ambito amministrativo e in ambito penale.196 I due casi citati rappresentano un’eccezione rispetto a quelli delle altre Comunità, le cui leggi inseguono un unico obiettivo comune, ossia quello di stabilire un quadro legislativo iniziale, al fine di promuovere, amministrare e facilitare l’accesso del cittadino ad un servizio di mediazione familiare. Pertanto, il comune interesse è quello di creare un’alternativa efficace al processo giudiziale per

195 Art. 21, ley de Mediación n. 1/ 2011, de 28 de marzo de Cantabria - Personas legitimadas para iniciar la mediación: “Podrán someterse a mediación las personas, físicas o jurídicas y públicas o privadas, que se vean afectadas por un conflicto relativo a una materia de libre disposición y que tengan capacidad para disponer de su objeto. Las personas menores podrán intervenir en la mediación en la medida en que, conforme a la legislación sustantiva, ostenten capacidad para disponer del objeto del conflicto”. 196Art. 43, ley de Mediación n. 1/ 2011, de 28 de marzo de Cantabria - Efectos de los acuerdos adoptados durante la mediación: “1. Los acuerdos adoptados durante la mediación en los ámbitos civil y social podrán, en su caso, ser homologados judicialmente como transaccionales, teniendo los demás efectos que las leyes establezcan, pudiendo igualmente ser elevados, en su caso, a escritura pública. La elevación a escritura pública en los casos legalmente previstos producirá los efectos inherentes a la misma que las leyes establecen. 2. Los acuerdos alcanzados en un procedimiento administrativo se insertarán en el mismo con carácter previo a la resolución que les ponga fin. 3. Los acuerdos alcanzados en el ámbito penal deberán ser trasladados al procedimiento penal en cuyo seno se adopten para surtir efectos, en caso de existir procedimiento en curso, en aquellos aspectos en que exista capacidad dispositiva de las partes afectadas”.

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determinati tipi di controversie197: a) Conflitti fra coppie, sia che si tratti di coppie unite da un vincolo matrimoniale, sia che si tratti di unioni di fatto, con o senza figli; b) Conflitti familiari fra altri membri della famiglia fino al quarto grado di parentela o affinità; c) Conflitti in procedimenti di affidamento di minori; d) Conflitti in processi di adozione; e) Conflitti che riguardino minori e persone a carico. Tuttavia, dall’analisi dei vari testi legislativi, risulta esserci un’ulteriore specificazione, riguardante la ley n. 1/2006 di Castilla – Leon. Quest’ultima, nella descrizione degli obiettivi preposti, riportati nell’articolo 2, esclude espressamente dall’ambito di operatività del servizio di mediazione

familiare “i casi in cui esista violenza o

maltrattamento contro le coppie, i figli o qualunque membro dell’unità

197 In proposito, M. BLANCO CARRASCO, La mediación familiar: una alternativa en el proceso judicial de separación y divorcio, Madrid, La Ley, 2009, p. 145: “Siguiendo el articulo 8 de la Ley de Mediación Familiar de la Comunidad de Madrid, podemos afirmar que la mediación familiar se aplica en los siguientes conflictos: • Problemas de pareja, tanto unidas por vinculos matrimoniales como parejas de hecho, tanto con hijos como sin hijos [...]. • Problemas familiares entro otros miembros de familia [...]. • Conflictos en procedimientos de acogimientos [...]. • Conflictos en procesos de adopción [...]. • Los conflictos que surjan con respecto a los menores y las personas a su cargo [...]”.

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familiare.” Si intuisce, pertanto, la volontà del legislatore castillano di riservare la tutela di questi casi ai soli mezzi giurisdizionali.

2.3 Principi della mediazione Il

processo

di

mediazione

si

differenzia

da

quello

giurisdizionale, oltre che nella struttura e nelle persone, anche per una serie di principi che lo caratterizzano. Si tratta di concetti ormai riconosciuti universalmente, sia a livello internazionale, sia a livello statale.198 Tuttavia, a seguito di una comparazione delle leggi di mediazione delle Comunità Autonome, si evidenzia come i principi riportati esplicitamente dai legislatori in ciascun testo siano tre, ossia la volontarietà, l’imparzialità e la confidenzialità. Si differenzia da questo schema la ley n. 7/2001 della

198 In questo senso, L.G. VALLELUENGA, I.B. CARTUJO, La mediación familiar: una aproximación interdisciplinar, op. cit., p. 24: “El eje y esencia de la mediación lo constituyen los principios que se mantienen como estructura inalterable sobre la que construir proceso y acuerdos. Existe un amplio consenso tanto en los instrumentos internacionales (Recomendación (98)1 del Comité de Ministros del Consejo de Europa, Libro Verde sobre modalidades alternativas de solución de conflictos en el ámbito del derecho civil y mercantil, Código de Conducta Europeo para los Mediadores, Propuesta de Directiva al Parlamento Europeo y al Consejo, sobre determinados aspectos de la mediación en materias civiles y comerciales…), como en la doctrina, refrendado en la práctica de Asociaciones y en los Códigos deontológicos, en torno a cuáles han de ser los puntos cardinales de la mediación familiar. Voluntariedad, imparcialidad, neutralidad, confidencialidad y profesionalidad, junto a la buena fe, la flexibilidad del proceso, el carácter personalísimo del mismo o el interés del menor y de la familia, determinan el marco en el que se configura y ha de desarrollarse la mediación”.

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Comunità Valenciana, i cui articoli 4 e 5 descrivono, come basi fondamentali del processo di mediazione, i concetti di volontarietà e di buona fede, senza tuttavia contemplare quelli di imparzialità e confidenzialità.199 In ogni modo, sebbene in ciascuna norma vi siano differenze interpretative, espresse attraverso la diversità di contenuto degli articoli di legge in materia di fondamenti della mediazione, è chiaro come la volontà comune sia quella di fondarsi sui principi cardine statuiti

dai

testi

legislativi

dell’Unione

Europea,

quali

la

Raccomandazione n. R (98) 1 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla mediazione familiare, il “Libro Verde” della Comunità Europea in materia di ADR e la direttiva 2008/52/CE relativa alla mediazione in materia civile e commerciale.

199 Art. 4, ley 7/2001, de 26 de noviembre, reguladora de la mediación familiar, en el ámbito de la Comunidad Valenciana - De la voluntariedad de la mediación: “La mediación familiar está basada en el principio de voluntariedad, según el cual las partes son libres de acogerse a la mediación, de desistir en cualquier momento y de alcanzar los acuerdos, conforme a derecho, que estimen oportunos.La persona mediadora podrá, asimismo, acogerse a la voluntariedad en los supuestos contemplados en el artículo 8 de esta ley. Artículo 5. De la buena fe. Los participantes en el procedimiento de mediación familiar actuarán conforme a las exigencias de la buena fe. La acreditación de la ausencia de buena fe de las partes producirá los efectos que le son propios en el ámbito de la libertad de los pactos. La ausencia de buena fe en la persona mediadora dará lugar a la correspondiente sanción”.

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2.4 Requisiti del mediatore Come abbiamo visto, la mediazione si basa su un approccio molto differente rispetto a quello del processo giudiziale, in quanto vede il conflitto come un’opportunità di costruire qualcosa di nuovo e accettabile da tutte le parti, nella misura in cui le parti stesse lo vogliano. In questo contesto si inserisce la figura del mediatore professionale, il quale rappresenta una sorta di catalizzatore del conflitto, che lui/lei gestisce in modo neutrale, consentendo sempre alle parti di visualizzare e valutare soluzioni alternative, senza tuttavia avere la potestà di prendere alcuna decisione al posto loro. Pertanto, è chiaro come vi sia la necessità di garantire che la persona mediatrice sia in possesso di determinate competenze, che le permettano di entrare in contatto con le parti, rimuovendo i blocchi di comunicazione che si vengono a formare, di indicare le possibili soluzioni disponibili e, infine, di supportare le parti nella definizione e redazione di un accordo conveniente per entrambe.200

200 In questo senso, L.G. VALLELUENGA, I.B. CARTUJO, La mediación familiar: una aproximación interdisciplinar, op. cit., p. 37: “DEUTSCH sintetiza la responsabilidad del mediador describiendo una serie de funciones que le caracterizan y poniendo el foco en la dimensión de ayuda para que las partes avancen en un proceso que él propone. Estas funciones serían las siguientes:

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Le Comunità Autonome spagnole, nel condividere questo spirito, hanno dettato una disciplina sui requisiti che il mediatore deve rispettare per svolgere la sua professione nell’ambito di un procedimento di mediazione. A riguardo, la linea comune adottata dalle Comunità Autonome esige una formazione specifica del mediatore familiare, il quale deve possedere un titolo universitario di grado medio o superiore, conseguito presso Facoltà di Psicologia, Giurisprudenza, Assistenza Sociale o Pedagogia. Inoltre, è necessario, per lo svolgimento dell’attività, una successiva iscrizione ad appositi Registri di Mediazione, tenuti presso le “Conserjerias”(Dipartimenti) competenti in materia di giustizia, istituite presso gli organi di governo di ciascuna Comunità.

• Ayudar a las partes a identificar y confrontar los temas en conflicto. • Ayudar a remover los bloqueos y distorsiones en los procesos de comunicación • Ayudar a establecer normas de interacción racional, como el respeto mutuo, la comunicación abierta o el uso de la persuasión en vez de la coacción. • Ayudar a determinar qué tipos de soluciones son posibles y realizar sugerencias sobre ellas. • Promocionar adecuadas circunstancias y condiciones para confrontar los temas. • Ayudar en la negociación y en la construcción de un acuerdo viable y aceptable para las partes.”

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2.5 Durata del procedimento di mediazione La mediazione familiare persegue obiettivi di economicità ed efficienza di un servizio che, in determinate circostanze, si colloca con pieno diritto fra le valide alternative al processo giudiziale. Ciò comporta la necessità di assicurare una durata particolarmente conveniente dei procedimenti avviati mediante questo metodo di risoluzione dei conflitti. Ciascuna legge di mediazione delle Comunità Autonome riserva un articolo alla definizione dei limiti di durata per le sedute di mediazione familiare e, anche in questo caso, sussiste un’evidente omogeneità di contenuti. Infatti, la maggior parte dei testi stabilisce una durata massima della mediazione, per un singolo conflitto familiare, di tre mesi, prorogabile una sola volta di altri tre mesi, a seguito di richiesta del mediatore o delle parti presso la Conserjeria competente in materia di Giustizia. In ogni modo, anche in questo caso non mancano le eccezioni: •La ley n. 7/2001 della Comunità Valenciana stabilisce comunque un periodo massimo di tre mesi per la mediazione

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familiare, ma la possibilità di proroga è limitata a due mesi201; •La ley n. 14/2010 delle Isole Baleari si colloca sulla falsariga delle altre legislazioni, relativamente al termine massimo di tre mesi, tuttavia, in merito alla proroga, lascia alla discrezionalità del mediatore la decisione del tempo necessario al completamento della mediazione202; •La ley n. 9/2011 di Aragon, invece, richiede una durata persino inferiore, stanziando il termine massimo in sessanta giorni. Relativamente alla proroga, la scelta del tempo necessario viene presa di caso in caso dal mediatore203;

201 Art. 18, ley 7/2001, de 26 de noviembre, reguladora de la mediación familiar, en el ámbito de la Comunidad Valenciana - De la duración: “La duración de la mediación dependerá de la naturaleza y complejidad de los puntos en conflicto, no pudiendo exceder de tres meses contados desde la reunión inicial. No obstante, en situaciones en que se aprecie la posibilidad de llegar a acuerdos y así se solicite por las partes, podrá prorrogarse la misma por un plazo máximo de dos meses”. 202 Art. 15, primo comma, ley 14/2010, de 9 de diciembre, de mediación familiar de las Illes Balears- Duración: “La duración del procedimiento de mediación familiar depende de la naturaleza y la conflictividad de las cuestiones que se tratarán, pero en ningún caso puede ser superior a tres meses, a contar desde el día de la reunión inicial. El mediador o la mediadora y las partes pueden acordar, si lo consideran adecuado, prorrogar este plazo por el tiempo que el mediador o la mediadora considere necesario en relación con la expectativa de acuerdo existente. 203 Art. 18, ley 9/2011, de 24 de marzo, de mediación familiar de Aragón - Duración de la mediación familiar: “1. La duración de la mediación estará en función de las características del proceso y de su evolución sin que, en principio, pueda exceder de sesenta días, a contar desde la reunión inicial. Mediante propuesta razonada del mediador familiar, se podrá acordar una prórroga de la misma por el tiempo necesario para conseguir los fines de este procedimiento. 2. El mediador familiar podrá interrumpir el procedimiento o dar por finalizada la mediación cuando se observen indicios que permitan concluir que el proceso de mediación no está consiguiendo los fines previstos en esta Ley. 3. En el supuesto de iniciación por la Autoridad Judicial, la duración no podrá exceder del

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•La ley n. 1/2011 di Cantabria riporta una durata massima di tre mesi per la mediazione, ma è particolarmente rigida per quanto riguarda la proroga, in quanto il termine massimo in questo senso è limitato a un mese.204

2.6 Inizio del procedimento di mediazione Un aspetto del processo di mediazione caratterizzato da una normativa comune a tutte le Comunità Autonome è quello relativo all’atto iniziale dello stesso.205 Infatti, affinché si possa procedere con questo strumento di risoluzione della controversia è necessaria la richiesta di entrambe le parti all’autorità giudiziaria, ovvero la richiesta di una parte e il consenso dell’altra. Inoltre, lo stesso giudice, di propria iniziativa, ha la facoltà di proporre la mediazione alle

plazo de suspensión del procedimiento acordado judicialmente o previsto en la legislación procesal”. 204 Art. 39, ley de Cantabria 1/2011, de 28 de marzo, de Mediación de la Comunidad Autónoma de Cantabria - Duración de la mediación: “1. La duración de la mediación gratuita dependerá de la naturaleza y complejidad de los puntos en conflicto, no pudiendo exceder de tres meses contados desde la reunión inicial. 2. No obstante, en situaciones de mediación gratuita en que se aprecie la posibilidad de llegar a acuerdos y así se solicite por las partes, podrá prorrogarse la misma por un plazo máximo de un mes por la Consejería competente en materia de Justicia”. 205 In proposito, M. MONTSERRAT VIDUEIROS, C. PEREIRA PARDO, La mediación. Un instrumento de conciliación, op. cit., p. 106: “La normativa autonomica exige que el procedimiento se inicie bien por el mutuo acuerdo entre las partes, o a instancia de una parte con el consentimiento de la otra, levantandose acta inicial y final.”

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parti.206 Tuttavia, sebbene l’approccio non cambi in nessuno dei testi legislativi comunitari, in una di queste il legislatore ha voluto esplicitare un aspetto di particolare rilevanza, che nelle altre leggi si può desumere solo implicitamente: la protezione degli interessi dei minori e degli incapaci. Si tratta delle ley n. 4/2005 di Castilla – La Mancha, nella quale si garantisce una specifica attenzione del mediatore nei casi concernenti minori e persone disabili o incapaci, le quali devono essere tutelate attraverso un trattamento preferenziale.207

2.7 Regime sanzionatorio Le leggi delle Comunità Autonome in materia di mediazione familiare presentano un altro punto di raccordo, ossia quello del

206 Nello specifico, art. 12, ley de Galicia 4/2001 de 31 de mayo, Reguladora de Mediación Familiar - Iniciación del proceso: “1. La mediación podrá iniciarse a petición de ambos cónyuges o de común acuerdo de la pareja, o a instancia de una de las partes con la aceptación posterior de la otra, bien actúen a iniciativa propia o bien a propuesta de la autoridad judicial. 2. La persona mediadora, en todo caso, será designada de común acuerdo por las partes de entre las inscritas en el Registro a que hacen referencia los artículos 5 y 18. Si no fuera así, tendrán que aceptar la persona habilitada y designada como mediadora por la Consejería competente en materia de familia para el desarrollo de esas funciones. [...]” 207 Ley 4/2005 de la Comunidad Autónoma de Castilla - La Mancha, de 24 de mayo, del Servicio Social Especializado de Mediación Familiar: “1.La persona mediadora velará por la adecuada protección en el procedimiento de mediación familiar de los intereses de las personas menores o incapaces. A este fin, concederá una tramitación preferente a los procedimientos que afecten a dichos intereses. 2. El mediador oirá a las personas menores o incapaces si tuvieren suficiente juicio y en todo caso, a los menores con más de doce años”.

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regime sanzionatorio. Si tratta di un sistema di sanzioni, indirizzate ai mediatori e ai centri di mediazione, volto a tutelare gli interessi delle parti che decidano di rivolgersi a questi. Complessivamente, i tredici testi legislativi riportano la medesima suddivisione delle categorie di infrazione, le quali si suddividono in lievi, gravi e molto gravi.208 Essendoci, pertanto, una tale omogeneità di principi, si può prendere come punto di riferimento il contenuto della ley n. 1/2011 della Cantabria, la quale traccia la tripartizione delle infrazioni in tre articoli successivi. Il legislatore cantabro esordisce, nell’articolo 46, con la descrizione dei casi in cui si configuri un’ infrazione lieve, caratterizzati per lo più da difetti di comunicazione con le parti, dal prolungamento eccessivo dei tempi di mediazione, dalla mancanza di consegna alle parti di copie della documentazione del processo: “Son infracciones leves: 1.

No facilitar copia a las partes de cualesquiera

208 In questo senso, M. MONTSERRAT VIDUEIROS, C. PEREIRA PARDO, La mediación. Un instrumento de conciliación, op. cit., p. 106: “Las infracciones se clasifican en: muy graves, graves, lieves. Siendo considerada faltas muy graves el incumplimiento del deber de neutralidad, confidencialidad del mediador, pasando por la discriminación por razon de sexo, religión, lengua, etc. Y la adopción de acuerdos manifiestamente ilegales. Las sanciones ante estas infracciones van desde la amonestación por escrito, pasando por la suspension temporal hasta la baja definitiva en el Registro de Mediadores”.

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documentos del expediente. 2.

No comunicar a las partes las causas justificadas por las

que se renuncia al procedimiento de mediación. 3.

La dilación injustificada del procedimiento.

4.

El incumplimiento de la obligación de remisión del dato

estadístico a la Consejería competente en materia de Justicia de la Comunidad Autónoma de Cantabria. 5.

El incumplimiento de cualquier otro deber que incumba a

la persona mediadora que no esté calificado como infracción grave o muy grave.” Successivamente, l’articolo 47 descrive i casi di infrazione grave. Si tratta di comportamenti del mediatore che ledono principi fondamentali, quali l’imparzialità e il dovere di correttezza nei confronti delle parti: “Son infracciones graves: • Incumplir el deber de imparcialidad de forma que cause un perjuicio constatable y objetivo a cualquiera de las partes. • La intervención en un procedimiento de mediación cuando concurra causa de abstención y no se lo haya comunicado a las partes.

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• El abandono de la mediación sin causa justificada. • El abandono de la mediación sin ponerlo en conocimiento de las partes o sin comunicarlo motivadamente a la Consejería competente en materia de Justicia.” Infine, il legislatore affronta l’ultima tipologia di infrazioni, quella relativa alle situazioni di gravità elevata. L’articolo 48, nello descrivere la casistica, riporta l’abbandono del processo con pregiudizio per le parti, la partecipazione del mediatore al processo nonostante sia stato sospeso dal suo servizio, la mancanza di rispetto del doveri di confidenzialità: “Son infracciones muy graves: 1.

El abandono de la mediación sin causa justificada que

suponga grave perjuicio para las partes o terceros. 2.

El abandono de la mediación que suponga grave

perjuicio para las partes o terceros, sin ponerlo en conocimiento de las partes o sin comunicarlo motivadamente a la Consejería competente en materia de Justicia. 3.

Participar en procedimientos de mediación estando

suspendido temporalmente. 4.

El cobro de honorarios añadidos a los correspondientes

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a la mediación gratuita cuando ésta se haya concedido. 5.

No cumplir con el deber de confidencialidad y reserva de

acuerdo con los términos establecidos en la presente Ley.” A seconda del tipo di infrazione commessa, i legislatori hanno previsto sanzioni differenti209: •

Ammonizione scritta: utilizzabile nei casi più lievi, è

diretta al mediatore o al centro di mediazione presso il quale è iscritto; •

Sospensione temporanea: disposta in caso di infrazioni

gravi o molto gravi, con la durata che può variare a seconda della gravità del comportamento del mediatore; •

Multa: questa sanzione viene solitamente disposta in caso

209 Art. 32, ley 4/2005, de 24 de mayo, del Servicio Social Especializado de Mediación Familiar de Castilla – La mancha, Sanciones administrativas: “1. Las infracciones leves podrán ser sancionadas con: • Amonestación por escrito. • Multa de hasta tres mil cinco euros con seis céntimos. 2. Las infracciones graves podrán ser sancionadas con: • Suspensión de financiación pública por un plazo máximo de tres años. • Suspensión temporal para ejercer como mediador por un período de un mes a un año. • Multa desde tres mil cinco euros con siete céntimos hasta quince mil veinticinco euros con treinta céntimos, acumulada, en su caso, a la suspensión temporal. • 3. Las infracciones muy graves podrán ser sancionadas con: • Suspensión de la financiación pública por un plazo de tres años y un día a seis años. • Suspensión temporal para ejercer como mediador por un período de un año y un día a tres años. • Baja definitiva en el Registro de Personas y Entidades Mediadoras de Castilla-La Mancha. • Multa desde quince mil veinticinco euros con treinta y un céntimos a seiscientos un mil doce euros con diez céntimos, acumulada, en su caso, a la suspensión temporal o a la baja definitiva”.

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di infrazioni gravi e molto gravi e, cosi come per la sospensione, la somma può variare a seconda della gravità del comportamento; •

Sospensione del finanziamento pubblico: disposta in casi

particolari per infrazioni gravi o molto gravi; •

Cancellazione dal Registro dei Mediatori: si tratta della

sanzione più severa, che viene ordinata solo per infrazioni di notevole gravità o in caso di recidiva.

3. Verso una legge statale di mediazione: il Proyecto de ley de mediacion en asuntos civiles y comerciales. Il Parlamento Europeo e il Consiglio dell'Unione Europea, con la direttiva 2008/52/CE del 18 maggio 2008, hanno stabilito l'obiettivo, per gli Stati membri, di “facilitare l'accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando ricorso alla mediazione e garantendo un'equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario”.210 Al fine di una realizzazione uniforme di questo progetto, lo

210 Art. 1, direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale, cit.

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stesso documento ha determinato che i principi in questione avrebbero dovuto essere attuati, dall'ordinamento giuridico degli Stati membri, entro il 21 maggio 2011.211 Tuttavia, la Commissione si è vista obbligata ad diramare una sanzione nei confronti della Spagna e altri otto Stati membri (Repubblica Ceca, Francia, Cipro, Lussemburgo, Paesi Bassi, Finlandia, Slovacchia, Regno Unito) per non aver realizzato una normativa conforme nei tempi predetti. In realtà, in Spagna, è da più di un anno che è stato intrapreso il percorso verso la realizzazione di una legge statale in materia di mediazione, ma a causa di problematiche prima tecniche, poi politiche, non è stato ancora possibile concludere positivamente l'iter.212 In questo senso, in data 29 aprile 2011 è stato pubblicato, nel Bollettino Ufficiale del Congresso dei Deputati, il Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles, con l'obiettivo espresso di

211 Art. 12, comma primo, direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale: “Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 21 maggio 2011, fatta eccezione per l’articolo 10, per il quale tale data è fissata al più tardi al 21 novembre 2010. Essi ne informano immediatamente la Commissione.” 212 La procedura di attuazione del Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles ha dovuto subire reiterate interruzioni, inizialmente a causa delle numerose modifiche richieste in sede parlamentare e in seguito per via della caduta del Governo Zapatero.

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incorporare

la

direttiva

2008/52/CE

nel

sistema

legislativo

spagnolo.213 In questo senso, l'obiettivo preposto è quello di stabilire una legislazione applicabile a tutti i tipi di mediazione in materia civile e mercantile, comprendendo pertanto l'ambito familiare.214 L'importanza di questo progetto di legge, che si trova attualmente in fase di approvazione presso le Cortes Generales, è stata recentemente ribadita dal premier spagnolo Mariano Rajoy, il quale, nel discorso di investitura del suo mandato, ha confermato la necessità di migliorare la sicurezza giuridica attraverso un sistema normativo efficace, reso tale anche dall'approvazione di una nuova legge di mediazione e arbitrato.215

213 Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles, 29 de abril de 2011, Exposición de motivos III: “La ley incorpora al Derecho español la Directiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo y del Consejo, de 21 de mayo de 2008, sobre ciertos aspectos de la mediación en asuntos civiles y mercantiles”. 214 Il tema verrà approfondito nel paragrafo III del presente capitolo. 215 www.mediacionarbitraje.eu, consultato il 19 Dicembre 2011: “En el discurso de investidura pronunciado en el día de hoy, Mariano Rajoy ha adelantado una serie de medidas, entre las que se encuentra la aprobación de una Ley de Mediación y Arbitraje. En concreto, ha señalado que <<para reducir la litigiosidad, debemos mejorar la seguridad jurídica a través de un marco normativo claro – ya lo he dicho antes, menos y mejores leyes- y una administración de justicia profesional, especializada y eficaz. Aprobaremos una nueva Ley de Mediación y Arbitraje como mecanismos de solución extrajudicial de conflictos>>.”

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3.1 Il Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y comerciales e la direttiva 2008/52/CE Prima di analizzare nel dettaglio il Proyecto, ho ritenuto utile effettuare una comparazione dello stesso con la direttiva 2008/52/CE, per comprendere in che modo il legislatore spagnolo abbia voluto uniformarsi all'indirizzo europeo.216 In primo luogo, è possibile riscontrare importanti differenze, fra i due documenti, in merito alle finalità preposte. Infatti, se da un lato, come già accennato precedentemente, la Direttiva fissa l'obiettivo generico di facilitare l'accesso a modalità alternative di risoluzione dei conflitti, dall'altra il Progetto specifica la necessità di “realizzare formule valide e accettate dallo Stato di Diritto, orientate a ridimensionare il volume crescente dei casi di competenza giurisdizionale, favorendo un uso più razionale delle risorse

216 S. B. VILAR, Introduzione della mediazione civile e commerciale nell'ordinamento giuridico spagnolo. Linee guida della proposta di legge sulla mediazione nelle cause civili e commerciali del 2010, in: N. TROCKER, A. DE LUCA, (a cura di), La mediazione civile alla luce della direttiva 2008/52/CE, Firenze University Press, Firenze, 2011, p 53: “Lo sviluppo della mediazione è stata in larga misura propiziato dall'Unione europea, la quale, tramite diverse iniziative, ha raccomandato agli Stati membri di incorporare l'ordinamento e sviluppare, in certi settori del diritto, la mediazione come strumento di pacificazione sociale. In alcuni ambiti la si è spinta oltre, soprattutto nelle controversie sorte nell'azione civile e commerciale, dato che la direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 impone l'obbligo di introdurre, negli ordinamenti nazionali, una legge sulla mediazione a livello generale, la quale, nei suddetti settori, possa fungere da cornice per delineare i principi cardine di questa modalità di ADR, i tratti essenziali dello status del mediatore, gli elementi chiave per lo sviluppo delle fasi del procedimento nonché l'efficacia dell'accordo raggiunto attraverso la mediazione deve possedere”.

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disponibili”.217 Una di queste formule è, appunto, la mediazione, per la quale il testo rivendica il bisogno di una norma che la metta in connessione con la giurisdizione.218 Questa determinazione degli obiettivi viene ribadita nel capitolo terzo della parte introduttiva, in cui viene sottolineato come l'obiettivo del Proyecto sia teso certamente all'annessione dei principi della Direttiva nel diritto spagnolo, ma anche ad un uniformarsi con la già citata disposizione addizionale terza della legge 15/2005, con la quale sono stati riformati il codice civile e la legge di procedura civile in materia di separazione e divorzio219: “El Gobierno remitirá a las Cortes un proyecto de ley sobre

217 Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles, Exposiciones de motivos I: “[...]Es necesario abordar fórmulas válidas y aceptadas en el Estado de Derecho, orientadas a dimensionar el creciente volumen de asuntos que llegan a la jurisdicción favoreciendo un uso más racional de los recursos disponibles. En este sentido, desde hace ya algunos años se están potenciando fórmulas complementarias de resolución de conflictos, que permiten a los ciudadanos resolver sus controversias con altos niveles de satisfacción y, al tiempo, ayudan a la agilización y mejora de todo el sistema de justicia”. 218 Ibidem: “Una de esas fórmulas es la mediación y, aunque existen experiencias importantes en este campo, lo cierto es que en nuestro ordenamiento jurídico no existe una norma que, con carácter general, ponga en conexión la mediación con la jurisdicción lo que, en la práctica, limita la eficacia real de aquella. Este es el propósito principal de esta ley”. 219 Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles, Exposiciones de motivos III: “La ley incorpora al Derecho español la Directiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo y del Consejo, de 21 de mayo de 2008, sobre ciertos aspectos de la mediación en asuntos civiles y mercantiles. Sin embargo, su regulación va más allá del contenido de esta norma de la Unión Europea, en línea con la previsión de la disposición adicional tercera de la Ley 15/2005, de 8 de julio, por la que se modifica el Código Civil y la Ley de Enjuiciamiento Civil en materia de separación y divorcio, en la que se encomienda al Gobierno la remisión a las Cortes Generales de un proyecto de ley sobre mediación. Con la aprobación de esta ley también se da cumplimiento a ese mandato de la Ley 15/2005”.

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mediación basada en los principios establecidos en las disposiciones de la Unión Europea, y en todo caso en los de voluntariedad, imparcialidad, neutralidad y confidencialidad y en el respeto a los servicios de mediación creados por las Comunidades Autónomas”.220 Pertanto, la ley del divorcio del 2005 aveva già previsto la necessità di una legge statale in materia di mediazione – in questo caso esclusivamente familiare – e il legislatore spagnolo, in fase di redazione del Proyecto, ha voluto specificare questo riferimento. Nel fare ciò, ha voluto aggiungere che, mentre la Direttiva si limita a stabilire alcune norme minime per incoraggiare la mediazione dei conflitti in materia civile mercantile, la futura legge spagnola dovrà realizzare un regime generale applicabile a qualsiasi tipo di mediazione applicato in Spagna.221 Per quanto riguarda la definizione di mediazione, in entrambi i documenti questa viene descritta come un procedimento volto alla risoluzione delle controversie, a cui due o più parti aderiscono

220 Ley 15/2005, de 8 de julio, por la que se modifican el Código Civil y la Ley de Enjuiciamiento Civil en materia de separación y divorcio, Disposición Final Tercera, cit. 221 Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles, Exposiciones de motivos III:: “La Directiva 2008/52/CE se limita a establecer unas normas mínimas para fomentar la mediación en los litigios transfronterizos en asuntos civiles y mercantiles. En cambio, la regulación de la Ley conforma un régimen general aplicable a toda mediación que tenga lugar en España”.

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volontariamente, al fine di raggiungere un accordo con l'assistenza di un mediatore.222 Nel dettaglio, tuttavia, l'articolo 3 della Direttiva specifica il fatto che il “procedimento può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro”.223 Una divergenza più marcata si riscontra, piuttosto, nella definizione del mediatore. Infatti, da un lato la Direttiva evidenzia la posizione neutrale del professionista, descrivendolo come un “terzo cui è chiesto di condurre la mediazione in modo efficace, imparziale e competente,

indipendentemente

dalla

denominazione

o

dalla

professione di questo terzo nello Stato membro interessato e dalle modalità con cui è stato nominato o invitato a condurre la mediazione”224; dall'altro, invece, il Proyecto, nel capitolo introduttivo

222 Art. 1, Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles: “Se entiende por mediación aquel medio de solución de controversias en que dos o más partes intentan voluntariamente alcanzar por sí mismas un acuerdo con la intervención de un mediador”. 223 Art. 3, lett. a, direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008: “Per «mediazione» si intende un procedimento strutturato, indipendentemente dalla denominazione, dove due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di un mediatore. Tale procedimento può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro”. 224 Ivi, art. 1, lett. b): “terzo cui è chiesto di condurre la mediazione in modo efficace, imparziale e competente, indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo terzo nello Stato membro interessato e dalle modalità con cui è stato nominato o invitato a condurre la mediazione”.

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denominato “Esposizione dei motivi”, sembra attribuire al mediatore un ruolo decisorio. Infatti viene qui indicato come “l'elemento essenziale del procedimento, in quanto tenuto a facilitare e a trovare una soluzione attraverso il dialogo e volontariamente accettata dalle parti”.225 Sembra chiaro come, per la stessa natura dell'istituto a cui appartiene, il mediatore non può in nessun momento suggerire alle parti una soluzione ai loro problemi. Fortunatamente, questo errore di impostazione non si riflette successivamente nell'articolo 12 e seguenti, relativi alla descrizione della figura in questione. Un ultimo confronto tra i due testi normativi si può riferire alla formazione del mediatore. La Direttiva attribuisce un forte rilievo a questo aspetto, esigendo che “gli Stati membri incoraggino la formazione iniziale e successiva dei mediatori allo scopo di garantire che la mediazione sia gestita in maniera efficace, imparziale e competente in relazione alle parti”.226 Dal canto suo, nell'esposizione preliminare, il Proyecto

225 Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles, Exposiciones de motivos III: “La pieza esencial del modelo es la figura del mediador, pues a él corresponde facilitar y encontrar una solución dialogada y voluntariamente aceptada por las partes”. 226 Art. 4, direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, cit.

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recepisce le richieste del legislatore europeo, stabilendo che il mediatore abbia una formazione generale che gli permetta di svolgere le proprie funzioni nel rispetto della garanzia delle parti.227 Tuttavia, questi contenuti non trovano riscontro nell'articolo 6, il quale prevede un controllo pubblico “leggero” e omette qualsiasi riferimento alla formazione del mediatore”.228

3.2 Struttura del Proyecto Il Progetto di legge di mediazione in materia civile e mercantile si articola attraverso una parte preliminare, denominata “Esposizione dei Motivi”; una parte centrale, composta da cinque capitoli relativi alle disposizioni generali, ai principi della mediazione, allo statuto del mediatore, al procedimento di mediazione e all'esecuzione degli accordi; una parte conclusiva, concernente le disposizioni addizionali e finali. Come ho avuto modo di accennare nel paragrafo precedente,

227 Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles, Exposiciones de motivos III: “El mediador ha de tener, pues, una formación general que le permita desempeñar esa tarea y sobre todo ofrecer garantía inequívoca a las partes por la responsabilidad civil en que pudiese incurrir”. 228 Ivi, art. 6, terzo comma: “El Ministerio de Justicia verificará el cumplimiento de los requisitos exigidos, que habilitarán para el ejercicio de esta actividad con los efectos procesales previstos en esta ley en todo el territorio nacional”.

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nella parte iniziale del testo si riscontrano i fondamenti giuridici su cui lo stesso si fonda: la finalità generale consiste nella modernizzazione dell'amministrazione di giustizia, attuabile attraverso la realizzazione di formule valide e accettate dallo Stato di diritto, che consentano ai cittadini di risolvere le proprie controversie con maggiori livelli di soddisfazione e in tempi più rapidi. In questo senso, la mediazione viene considerata come uno degli strumenti adatti a questa funzione, grazie al suo carattere informale, privato ed extraprocessuale.229 Inoltre, il legislatore spagnolo ha voluto specificare che, quando questa norma sarà approvata, gli accordi di mediazione avranno efficacia di titolo esecutivo.230 Entrando nel vivo della lettura, troviamo il primo capitolo del Proyecto, denominato “Disposiciones generales”231. L'articolo 1

229 Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles, Exposiciones de motivos II: “El instituto de la mediación constituye un procedimiento de solución de diferencias de carácter informal y privado. Es una fórmula extraprocesal que se proyecta en conflictos de diversa índole”. 230 Ivi, Exposiciones de motivos II: “El objetivo último de esta regulación es el reconocimiento del acuerdo de mediación como título ejecutivo, cuya ejecución podrá instarse directamente ante los tribunales siempre que se cumplan los requisitos legalmente exigidos”. 231 Ivi, Exposiciones de motivos IV: “El articulado de la ley se estructura en cinco capítulos. El primero de ellos contiene las disposiciones generales, donde se tratan cuestiones como el ámbito de la ley, su aplicación a los conflictos transfronterizos, los efectos de la mediación sobre los plazos de prescripción y caducidad, las instituciones de mediación y el Registro de mediadores e instituciones de mediación, cuya gestión corresponde al Ministerio de Justicia”.

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riprende il concetto di mediazione, in parte già esposto nella parte preliminare e qui approfondito: “Se entiende por mediación aquel medio de solución de controversias en que dos o más partes intentan voluntariamente alcanzar por sí mismas un acuerdo con la intervención de un mediador”.232 Si tratta di una definizione chiara, che ricorda per alcuni tratti quella del modello strutturato, basato sugli accordi, conosciuto come “scuola di Harvard”.233 A seguire, l'articolo 2 definisce l'ambito di applicazione della futura legge. Nell'ottica dell'argomento trattato da questa tesi, è importante sottolineare la mancanza di un riferimento esplicito all'ambito familiare, il quale, tuttavia, può ritenersi compreso dall'interpretazione del testo. Infatti, nel primo comma si fa cenno alle materie civile e mercantile, comprendendo i conflitti transfrontalieri,

232 Ivi, art. 1: “Per mediazione si intende quello strumento di soluzione di controversie in cui due o più parti cercano volontariamente di raggiungere personalmente un accordo, con l'intervento di un mediatore”. 233 E. SCABINI, G. ROSSI, Rigenerare i legami: la mediazione delle relazioni familiari e comunitarie, op. cit., p. 283: “Uno dei modelli di mediazione più conosciuti è il modello strutturale negoziato, anche conosciuto come la mediazione settlement-directed (orientata agli accordi) oppure che mira a risolvere i problemi. Questo modello si basa sul lavoro di Fisher e Ury dello Harvard Negotiation Project, John Haynes, Christopher Moore e di altri mediatori americani”.

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mentre nel secondo comma si chiarisce che i soli ambiti non disciplinati dalla futura legge saranno quello penale, quello del lavoro quello in materia di consumo: non essendo escluso esplicitamente, l'ambito familiare è quindi da considerarsi compreso.234 Restando in tema, è interessante il fatto che, eccetto il caso implicito appena citato, nel documento si rimandi direttamente alla mediazione familiare una sola volta, per l'esattezza nell'articolo 8. Qui viene descritto inizialmente il requisito di imparzialità del mediatore, e si conclude con l'indicazione che, “nella mediazione familiare, si deve tener presente l'interesse superiore dei minori”.235 Il motivo di questa penuria di richiami diretti è legata, probabilmente, alla volontà del legislatore di realizzare una disciplina il più possibile neutrale, al fine di comprendere ambiti profondamente diversi tra loro.

234 Art. 2, Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles -Ámbito de aplicación: “1. Esta ley, con los efectos procesales que de ella derivan, es de aplicación a las mediaciones en asuntos civiles o mercantiles, incluidos los conflictos transfronterizos, siempre que no afecten a derechos y obligaciones que no estén a disposición de las partes en virtud de la legislación aplicable. En defecto de sometimiento expreso o tácito a esta ley, la misma será aplicable cuando, al menos, una de las partes tenga su domicilio en España y la mediación se realice en territorio español. 2.Quedan excluidos, en todo caso, del ámbito de aplicación de esta ley: a)La mediación penal. b)La mediación laboral. c)La mediación en materia de consumo” . 235 Art. 8, Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles: “[…] En la mediación familiar se debe tener presente el interés superior del menor”.

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Il primo capitolo prosegue con la descrizione dei conflitti transfrontalieri236 e con la trattazione degli effetti di prescrizione e revoca del procedimento237, per poi chiarire la natura degli istituti di mediazione: secondo l'articolo 5, questi potranno essere enti pubblici o privati, oltre che corporazioni di diritto pubblico che abbiano fra gli obiettivi quello della mediazione. Dovranno garantire la trasparenza nella designazione dei mediatori e assumersi la responsabilità solidale per l'attività di questi ultimi. Inoltre, se questi enti svolgeranno anche la funzione di arbitrato, dovranno assicurare l'indipendenza tra le due attività, considerate incompatibili.238

236 I conflitti transfrontalieri vengono descritti dall'art. 3: “Mediación en conflictos transfronterizos.-1. A los efectos de la mediación regulada en esta ley, se entiende por conflicto transfronterizo aquel en el que al menos una las partes está domiciliada o reside habitualmente en un Estado distinto a aquél en que cualquiera de las otras partes a las que afecta estén domiciliadas cuando acuerden hacer uso de la mediación o sea obligatorio acudir a la misma de acuerdo con la ley que resulte aplicable. 2. En los litigios transfronterizos entre partes que residan en distintos Estados miembros de la Unión Europea, el domicilio se determinará de conformidad con los artículos 59 y 60 del Reglamento (CE) núm. 44/2001 del Consejo, de 22 de diciembre de 2000, relativo a la competencia judicial, el reconocimiento y la ejecución de resoluciones judiciales en materia civil y mercantil”. 237 Secondo l'art. 4 del presente progetto di legge, l'inizio del procedimento di mediazione sospenderà la prescrizione o la revoca delle azioni. Tali effetti avranno luogo in seguito alla presentazione della domanda di mediazione da parte di uno dei litiganti. La sospensione si prolungherà per tutto il tempo necessario per la mediazione, fino al momento della firma dell'accordo o, in caso di mancanza dello stesso, dell'atto finale, come in presenza di una causa di revoca della mediazione per una delle cause previste dalla legge. Nel caso in cui non vi sia la firma dell'atto della sessione costitutiva entro il termine di 15 giorni dal momento in cui è iniziata la mediazione, si comporterà il riavvio dei termini”. 238 Art. 5, primo comma, Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles: “Las instituciones de mediación.- Tienen la consideración de instituciones de mediación las entidades públicas o privadas y las corporaciones de derecho público que tengan entre sus fines el impulso de la mediación, facilitando el acceso y organización de la misma, incluida la

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Gli istituti citati dovranno obbligatoriamente iscriversi presso il Registro indicato dall'articolo 6. Si tratterà di un fascicolo elettronico, tenuto presso il Ministero della Giustizia, avente una duplice funzione: da una parte, garantire la pubblicità degli enti iscritti; dall'altra, permettere agli stessi di usufruire di una piattaforma informativa e di supporto. Il Ministero, oltre a gestire il Registro, sarà tenuto a verificare la sussistenza dei requisiti richiesti per l'iscrizione.239 Nel secondo capitolo il legislatore ha voluto riunire i principi su cui la mediazione si fonda. Il primo di questi, elaborato dall'articolo 7, descrive il carattere volontario del procedimento: le parti non possono essere obbligate a

designación de mediadores. Deberán garantizar la transparencia en la designación de mediadores y asumirán solidariamente la responsabilidad derivada de su actuación. Si entre sus fines figurase también el arbitraje adoptarán las medidas para asegurar la incompatibilidad entre ambas actividades”. 239 Ivi, art. 6: “Registro de mediadores y de instituciones de mediación.-1. El Ministerio de Justicia llevará un Registro de mediadores y de instituciones de mediación, que será de carácter electrónico y al que se podrá acceder a través de la sede electrónica de aquél, a los meros efectos de publicidad, en el que se inscribirán los mediadores e instituciones de mediación, en el que además podrán informar sobre su experiencia, formación y otras circunstancias que se determinen reglamentariamente. 2. Los mediadores e instituciones de mediación tendrán la obligación de comunicar al Ministerio de Justicia, directamente o a través de las autoridades competentes de las Comunidades Autónomas, el cumplimiento de los requisitos exigidos en esta ley y cualquier alteración de los mismos. 3. El Ministerio de Justicia verificará el cumplimiento de los requisitos exigidos, que habilitarán para el ejercicio de esta actividad con los efectos procesales previstos en esta ley en todo el territorio nacional”.

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iniziare o a proseguire con la mediazione né a stipulare un accordo finale.240 Questo perché, essendo un procedimento autocompositivo, risponde esclusivamente alla determinazione delle parti, le quali devono poter decidere liberamente le modalità di risoluzione della controversia. Affinché tale principio sia chiaro ai partecipanti, il mediatore ha il compito di informarli durante le prime sedute.241 Come ho brevemente accennato in precedenza, l'articolo 8 riporta il principio di

imparzialità, sia della procedura, sia del

mediatore:

240 Art. 7, Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles - Voluntariedad y libre disposición: “1. La mediación es voluntaria, sin perjuicio de la obligatoriedad de su inicio cuando lo prevea la legislación procesal. 2. Cuando exista un pacto por escrito que exprese el compromiso de someter a mediación las controversias surgidas o que puedan surgir, se deberá intentar el procedimiento pactado de buena fe, antes de acudir a la jurisdicción o a otra solución extrajudicial. Dicha cláusula surtirá estos efectos incluso cuando la controversia verse sobre la validez o existencia del contrato en el que conste. 3.Nadie está obligado a mantenerse en el procedimiento de mediación ni a concluir un acuerdo”. 241 S. B. VILAR, Introduzione della mediazione civile e commerciale nell'ordinamento giuridico spagnolo. Linee guida della proposta di legge sulla mediazione nelle cause civili e commerciali del 2010, op. cit., p. 60: “In primo luogo, la mediazione è uno strumento autocompositivo, semplice, bello, efficace ed economico, di gestione e/o risoluzione delle controversie tra gli stessi soggetti in conflitto. […] Il fondamento della mediazione, come di qualsiasi altro strumento ADR, risiede nell'idea di libertà in quanto solo la volontarietà e la libera decisione delle parti dovrebbero portare al loro impiego. Ciò non esclude che possano esservi delle eccezioni, dei casi nei quali è obbligatorio passare attraverso la mediazione. L'obbligatorietà non appare raccomandabile in un paese come la Spagna nel quale la cultura del processo della lite ha dominato per secoli. Nella mediazione volontaria e molto più semplice pervenire ad un risultato positivo giacché l'accordo sarà il prodotto di una scelta volontaria essendo gli stessi soggetti inedite ad essersi rivolti alla mediazione per risolvere la controversia”.

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“Nel procedimento di mediazione si garantirà che ciascuna parte intervenga con piena eguaglianza di opportunità, mantenendo un equilibrio tra le proprie posizioni e il rispetto verso i punti di vista espressi dall'altra, senza che il mediatore possa agire in pregiudizio o interesse di qualunque di esse. Nella mediazione familiare si deve tener presente l'interesse superiore del minore”.242 La disposizione, molto simile nei contenuti a quelle dettate dalle norme delle Comunità Autonome,243 chiarisce come il mediatore

242 Art. 8, Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles: “Imparcialidad.-En el procedimiento de mediación se garantizará que las partes intervengan con plena igualdad de oportunidades, manteniendo el equilibrio entre sus posiciones y el respeto hacia los puntos de vista por ellas expresados, sin que el mediador pueda actuar en perjuicio o interés de cualquiera de ellas. En la mediación familiar se debe tener presente el interés superior del menor”. 243 A titolo esemplificativo, riporto il testo della legge catalana, la ley 1/2001, de 15 de marzo, de mediación familiar de Cataluña, Art. 6: “Imparcialidad y neutralidad de la persona mediadora. 1. La persona mediadora ejerce su función con imparcialidad y neutralidad, garantizando la igualdad entre las partes. Si es preciso, debe interrumpir el procedimiento de mediación mientras la igualdad de poder y la libertad de decidir de las partes no esté garantizada, especialmente como consecuencia de situaciones de violencia. En todo caso, se debe interrumpir o, si procede, paralizar el inicio de la mediación familiar, si está implicada una mujer que ha sufrido o sufre cualquier forma de violencia machista en el ámbito de la pareja o en el ámbito familiar objeto de la mediación”. 2. La persona mediadora debe ayudar a los participantes a alcanzar por ellos mismos sus compromisos y decisiones sin imponer ninguna solución ni ninguna medida concreta y sin tomar parte. 3. Si existe conflicto de intereses, vínculo de parentesco por consanguinidad hasta el cuarto grado o afinidad hasta el segundo grado, o amistad íntima o enemistad manifiesta entre la persona mediadora y una de las partes, la persona mediadora debe declinar la designación. En caso de duda, puede solicitar un informe a su colegio profesional. 4. No puede actuar como mediador o mediadora la persona que anteriormente ha intervenido profesionalmente en defensa de los intereses de una de las partes en contra de la otra. 5. Si se da alguno de los supuestos del apartado 3 y la persona mediadora no ha declinado la designación, la parte puede, en cualquier momento del procedimiento, recusar su nombramiento, ante el órgano o la persona que la haya designado, de acuerdo con lo establecido por la legislación sobre el régimen jurídico de las administraciones públicas y del procedimiento administrativo común”.

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debba svolgere le proprie funzioni con assoluta obiettività, gestendo i propri impulsi naturali di simpatia o concordanza con determinate idee, situazioni o persone che si trovino all'interno di un procedimento di mediazione. Nel caso in cui egli non possa garantire questo distacco, è tenuto ad astenersi dal suo ruolo.244 I due articoli successivi descrivono altri due principi fondamentali: quello di neutralità del mediatore e quello di confidenzialità del procedimento. Il primo, da leggersi congiuntamente al criterio di imparzialità, ribadisce la necessità di permettere alle parti in conflitto di raggiungere personalmente un accordo di mediazione245: in questo contesto il mediatore non assume una posizione statica, in quanto sostiene i partecipanti nella fase decisionale senza tuttavia prendere alcun tipo di posizione.

244 A. RIPOL-MILLET, Familias, trabajo social y mediación, Ediciones Padois Iberica, Barcelona, 2001, p. 71: “El mediador no toma partido, ni juzga, ni atiende tan solo a una de las partes que intervienen en el proceso de mediación. Su actuación sobre los hijos e hijas es generalmente indirecta dado que estos no acostumbran a participar en las sesiones de trabajo de sus padres”. 245 Art. 9, Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles – Neutralidad: “Las actuaciones de mediación se desarrollarán de forma que permitan a las partes en conflicto alcanzar por sí mismas un acuerdo de mediación, actuando el mediador de acuerdo con lo dispuesto en el artículo 14”.

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Il secondo, invece, fa riferimento all'obbligo di riservatezza riguardo alle informazioni e alla documentazione utilizzati durante il procedimento: l'obbligo di confidenzialità si estende al mediatore e a tutte le parti intervenute, i quali non potranno essere obbligati a testimoniare, nell'ambito di un procedimento giudiziale o arbitrario, in merito alla questioni attinenti alla mediazione. Un'eccezione a questa regola si avrà in soli due casi: quando le parti rinunciano espressamente e per iscritto al loro diritto di tacere e quando il giudice penale ne richieda la dispensa mediante una risoluzione giudiziale motivata.246 I criteri appena chiariti sono fondamentali per garantire alle parti una buona probabilità di riuscita della mediazione, ma non sono sufficienti. Infatti, affinché il procedimento si svolga correttamente, è necessario che i partecipanti stessi si conformino a principi di buona

246 Ivi, art. 10 – Confidencialidad: “1. El procedimiento de mediación y la documentación utilizada en el mismo es confidencial. La obligación de confidencialidad se extiende al mediador y a las partes intervinientes de modo que no podrán revelar la información que hubieran podido obtener derivada del procedimiento. 2. Se garantiza la confidencialidad de la mediación y de su contenido, de forma que ni los mediadores, ni las personas que participen en el procedimiento de mediación estarán obligados a declarar o aportar documentación en un procedimiento judicial o en un arbitraje sobre la información derivada de un procedimiento de mediación o relacionada con el mismo, excepto: a) Cuando las partes de manera expresa y por escrito dispensen de esta obligación. b) Cuando, mediante resolución judicial motivada, sea solicitada por los jueces del orden jurisdiccional penal. 3. La infracción del deber de confidencialidad generará responsabilidad en los términos previstos en el ordenamiento jurídico”.

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fede e rispetto reciproco, stringendo inoltre un rapporto di collaborazione continua con il mediatore.247 Proprio a quest'ultima figura è dedicato il capitolo successivo del Proyecto, denominato “Estatuto del mediador”. In primo luogo, il testo stabilisce i requisiti per esercitare la funzione di mediazione248: •

godimento dei diritti civili e assenza di precedenti penali

per delitto doloso; •

possesso di un titolo ufficiale universitario o di un titolo

di educazione professionale superiore; •

aver stipulato un'assicurazione di responsabilità civile o

di garanzia equivalente; •

essere iscritti nel registro dei mediatori degli istituti di

247 Ivi, art. 11 - Las partes en la mediación: “1. Sin perjuicio del respeto a los principios establecidos en esta ley, la mediación se organizará del modo que las partes tengan por conveniente. 2. Las partes en conflicto actuarán conforme a los principios de buena fe y respeto mutuo. Durante el tiempo en que se desarrolle la mediación las partes no podrán interponer entre sí ninguna acción judicial o extrajudicial en relación con su objeto. 3. Las partes deberán prestar colaboración y apoyo permanente a la actuación del mediador, manteniendo la adecuada deferencia hacia su actividad”. 248 Ivi, art. 12 - Condiciones para ejercer de mediador: “Podrán ejercer la función de mediación prevista en esta ley las personas naturales que cumplan los siguientes requisitos: a)Hallarse en el pleno disfrute de sus derechos civiles y carecer de antecedentes penales por delito doloso. b)Estar en posesión de título oficial universitario o de educación profesional superior. c)Tener suscrito un seguro de responsabilidad civil o garantía equivalente. d)Figurar en el Registro de mediadores y de instituciones de mediación”.

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mediazione Oltre a queste condizioni, il percorso per diventare mediatore prevede la partecipazione a corsi di formazione che saranno organizzati

dalle

amministrazioni

pubbliche

competenti,

in

collaborazione con gli istituti di mediazione. Una volta ottenuto il titolo di mediatore, il professionista sarà inoltre tenuto a rispettare il codice deontologico previsto dall'istituto di appartenenza.249 A mio parere, riveste particolare importanza l'articolo 14, concernente le funzioni del mediatore250, consistenti nel: •

facilitare la comunicazione tra le parti e garantire loro le

informazioni e la consulenza sufficienti; •

sviluppare una condotta attiva volta ad ottenere un

riavvicinamento delle parti, sempre nel rispetto dei principi di mediazione;

249 Ivi, art. 13 - Calidad y autorregulación de la mediación: “Las Administraciones públicas competentes, en colaboración con las instituciones de mediación, fomentarán la adecuada formación inicial y continua de los mediadores, la elaboración de códigos de conducta voluntarios, así como la adhesión de aquéllos y de las instituciones de mediación a tales códigos”. 250 Ivi, art. 14 - Actuación del mediador: “1.El mediador facilitará la comunicación entre las partes y velará porque dispongan de la información y el asesoramiento suficientes. 2.El mediador desarrollará una conducta activa tendente a lograr el acercamiento entre las partes, con respeto a los principios recogidos en esta ley. 3.El mediador podrá renunciar a desarrollar la mediación, con obligación de entregar un acta a las partes en la que conste aquélla. 4.El mediador no podrá iniciar o deberá abandonar la mediación cuando concurran circunstancias que afecten a su imparcialidad”.

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se necessario, rinunciare a sviluppare la mediazione, con

l'obbligo di consegnare alle parti un atto che certifichi la sua rinuncia; •

non iniziare o continuare la mediazione quando

sussistano circostanze che influenzino la sua imparzialità; In quest'ultimo caso, il testo specifica che, in presenza di una relazione personale, contrattuale o lavorativa con uno dei partecipanti, di un qualunque interesse diretto o indiretto nel risultato della mediazione, o di una precedente attività del mediatore favore di una delle parti, si configurerà inevitabilmente un conflitto di interessi, per il quale sarà necessario valutare l'opportunità di proseguire.251 Una volta chiarito il ruolo del mediatore, il Proyecto si focalizza sulla descrizione del procedimento. Questo viene suddiviso in cinque fasi: •

Presentazione della domanda: le parti potranno

251 Ivi, quinto comma: “Antes de iniciar o de continuar su tarea, el mediador deberá revelar cualquier circunstancia que pueda afectar a su imparcialidad o bien generar un conflicto de intereses. Tales circunstancias incluirán, en todo caso: a)Todo tipo de relación personal, contractual o empresarial con una de las partes. b)Cualquier interés directo o indirecto en el resultado de la mediación. c)Que el mediador, o un miembro de su empresa u organización, hayan actuado anteriormente a favor de una o varias de las partes en cualquier circunstancia, con excepción de la mediación. En tales casos el mediador sólo podrá aceptar o continuar la mediación cuando asegure poder mediar con total imparcialidad y siempre que las partes lo consientan y lo hagan constar expresamente. El deber de revelar esta información permanece a lo largo de todo el procedimiento de mediación”.

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partecipare al procedimento formulando una richiesta, presso gli istituti di mediazione o direttamente al mediatore eventualmente designato. La domanda potrà essere realizzata da uno solo dei litiganti o di comune accordo: in quest'ultimo caso, dovrà indicare la designazione del mediatore, l'ubicazione del luogo in cui svolgere le sessioni e la lingua parlata; 252 •

Sessioni informative: ricevuta la domanda, il mediatore

o l'istituto di mediazione convocano le parti per lo svolgimento di una o più sessioni informative, nelle quali saranno informate riguardo le caratteristiche del procedimento, i costi, l'organizzazione delle sedute, le conseguenze giuridiche degli accordi che potranno essere raggiunti, il termine per firmare l'atto della successiva sessione costitutiva. In questa fase, il mediatore dovrà inoltre valutare

la sussistenza di

circostanze che potrebbero influenzare la sua imparzialità e scegliere,

252 Art. 17, Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles - Solicitud de inicio: “1.El procedimiento podrá iniciarse: a)De común acuerdo entre las partes. En este caso la solicitud incluirá la designación del mediador, así como el acuerdo sobre el lugar en el que se desarrollarán las sesiones y la lengua o lenguas de las actuaciones. b)Por una de las partes. 2.La solicitud se formulará ante las instituciones de mediación o ante el mediador propuesto por una de las partes a las demás o ya designado por ellas. 3.Cuando de manera voluntaria se inicie una mediación estando en curso un proceso judicial, las partes de común acuerdo podrán solicitar su suspensión de conformidad con lo dispuesto en la legislación procesal”.

151


in questo caso, di astenersi;253 •

Sessione costitutiva: consiste nella fase in cui le parti,

precedentemente informate sulle caratteristiche del procedimento, esprimono la propria volontà di tentare la mediazione. Questa decisione viene sancita attraverso la redazione di un documento, contenente i seguenti punti254: a)

identità delle parti;

b) la designazione del mediatore;

253 Ivi, art. 18 - Información y sesiones informativas: “1.Recibida la solicitud, el mediador o la institución de mediación citarán a las partes para la celebración de la sesión informativa, advirtiendo de las consecuencias de su inasistencia. En ella el mediador informará a las partes de las posibles causas que puedan afectar a su imparcialidad, de las características de la mediación, su coste, la organización del procedimiento, las consecuencias jurídicas del acuerdo que se pudiera alcanzar, así como del plazo para firmar el acta de la sesión constitutiva. 2.En los supuestos de mediación obligatoria, se podrá tener por intentada la mediación y cumplida la obligación legal justificando la asistencia de al menos una de las partes. En este caso el mediador documentará tal circunstancia, entregando copia a los comparecientes. 3.En los supuestos de mediación obligatoria la sesión informativa será gratuita. 4.Las instituciones de mediación podrán organizar sesiones informativas abiertas para aquellas personas que pudieran estar interesadas en acudir a este procedimiento, que en ningún caso sustituirán a la información prevista en el apartado primero”. 254 Ivi, art. 20 - Sesión constitutiva: “1.El procedimiento de mediación comenzará mediante una sesión constitutiva en la que las partes expresarán su deseo de desarrollar la mediación y dejarán constancia de los siguientes aspectos: a)La identificación de las partes. b)La designación del mediador y, en su caso, de la institución de mediación o la aceptación del designado por una de las partes. c)El objeto del conflicto que se somete al procedimiento de mediación. d)El programa de actuaciones y duración máxima prevista para el desarrollo del procedimiento. e)El coste total de la mediación o las bases para su determinación, con indicación separada de los honorarios del mediador y de otros posibles gastos. f)La declaración de aceptación voluntaria por las partes de la mediación y de que asumen las obligaciones de ella derivadas. g)El lugar de celebración y la lengua del procedimiento. 2.De la sesión constitutiva se levantará un acta en la que consten estos aspectos. En otro caso, dicha acta declarará que la mediación se considera intentada sin efecto.”

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c)

l'oggetto della controversia;

d) il programma di attuazione e la durata minima prevista per lo sviluppo del procedimento; e)

il costo totale della mediazione o le basi per una sua

determinazione; f)

la

dichiarazione

di

accettazione

volontaria

del

procedimento, stipulato da entrambe le parti; g) il luogo in cui verranno svolte nelle sessioni e la lingua del procedimento. •

Svolgimento della mediazione: una volta firmato il

documento costitutivo, il procedimento si articolerà attraverso un determinato numero di colloqui, per una durata massima non superiore ai due mesi a partire dalla data della firma.255 Prima di ogni sessione, il mediatore dovrà convocare le parti con un sufficiente preavviso e, durante le sedute, dovrà aiutarle nell'esposizione dei propri punti di vista, gestendo una comunicazione equilibrata con entrambe;256

255 Ivi, art. 21: “La duración del procedimiento de mediación será lo más breve posible y sus actuaciones se concentrarán en el mínimo número de sesiones. La duración máxima del procedimiento será de dos meses a contar desde la fecha de la firma del acta de la sesión constitutiva, prorrogables con carácter excepcional y de común acuerdo de las partes por un mes más”. 256 Ivi, art. 22 - Desarrollo de las actuaciones de mediación: “1.El mediador convocará a las partes para cada sesión con la antelación necesaria, dirigirá las sesiones y facilitará la exposición de

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Conclusione del procedimento: nel momento in cui le

parti raggiungono un'intesa il procedimento verterà a conclusione. L'accordo potrà essere parziale o totale: per essere valido dovrà indicare l'identità e il domicilio dei partecipanti, il luogo e la data di sottoscrizione, le obbligazioni assunte da ciascuna parte e la precisazione che il procedimento di mediazione sia avvenuto in conformità con le disposizioni di legge. Infine, dovrà essere firmato dalle parti e presentato al mediatore, entro il termine massimo di 10 giorni, per la sua firma: ciascuno di questi soggetti avrà diritto ad ottenere una copia del documento, avente effetto di cosa giudicata.257

sus posiciones y su comunicación de modo igual y equilibrado. 2.Las comunicaciones entre el mediador y las personas en conflicto podrán ser o no simultáneas. 3.El mediador comunicará a todas las partes la celebración de las reuniones que tengan lugar por separado con alguna de ellas cuando ello no infrinja su deber de confidencialidad, informando del contenido de las mismas y distribuyendo la documentación que la parte reunida haya proporcionado al mediador. Ello no obstante, el mediador no podrá ni comunicar ni distribuir la información o documentación que la parte le hubiera aportado, salvo autorización expresa de ésta”. 257 Ivi, art. 24 - El acuerdo de mediación: “1. El acuerdo de mediación puede versar sobre una parte o sobre la totalidad de las materias sometidas a la mediación. En el acuerdo de mediación deberá constar la identidad y el domicilio de las partes, el lugar y fecha en que se suscribe, las obligaciones que cada parte asume y que se ha seguido un procedimiento de mediación ajustado a las previsiones de esta ley, con indicación del mediador o mediadores que han intervenido y, en su caso, de la institución de mediación en la cual se ha desarrollado el procedimiento. 2. El acuerdo de mediación deberá firmarse por las partes o sus representantes y presentarse al mediador, en el plazo máximo de diez días desde el acta final, para su firma. 3. Del acuerdo de mediación se entregará un ejemplar a cada una de las partes, reservándose otro el mediador para su conservación. Dicho documento será título que lleva aparejada ejecución. Cualquiera de las partes podrá protocolizar notarialmente el acuerdo de mediación a su costa. Cuando el acuerdo de mediación haya de ejecutarse en otro Estado la protocolización notarial será necesaria para su consideración como título ejecutivo, además de los requisitos que en su

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Nel caso in cui, invece, si sia riscontrata l'impossibilità a proseguire, verranno restituiti a ciascun partecipante i documenti privati. In caso di rinuncia del mediatore, le sessioni saranno sospese fino alla nomina di un sostituto.258 Il corpo centrale del Proyecto si conclude con il capitolo dedicato all'esecuzione degli accordi. Dalla lettura di questa parte si deduce che l'accordo di mediazione, una volta formalizzato secondo i canoni fissati dall'articolo 24, avrà efficacia esecutiva: le parti potranno quindi ricorrere ad esso per sollecitare l'esecuzione forzosa, in caso di inadempienze dei patti raggiunti.259

caso puedan exigir los Convenios internacionales en que España sea parte y las normas de la Unión Europea. 4. El acuerdo de mediación produce efectos de cosa juzgada para las partes y frente a él sólo podrá solicitarse la anulación”. 258 Ivi, art. 23 - Terminación del procedimiento: “1. El procedimiento de mediación puede concluir en acuerdo o finalizar sin alcanzar dicho acuerdo, bien sea porque todas o alguna de las partes ejerzan su derecho a dar por terminadas las actuaciones, comunicándoselo al mediador, bien porque haya transcurrido el plazo máximo previsto para la duración del procedimiento, así como cuando el mediador aprecie de manera justificada que las posiciones de las partes son irreconciliables o concurra otra causa que determine su conclusión. Con la terminación del procedimiento se devolverán a cada parte los documentos que hubiere aportado. Con los documentos que no hubieren de devolverse a las partes, se formará un expediente que deberá conservar y custodiar el mediador o, en su caso, la institución de mediación, una vez terminado el procedimiento, por un plazo de seis meses. 2. La renuncia del mediador a continuar el procedimiento o el rechazo de las partes a su mediador sólo producirá la terminación del procedimiento cuando no se llegue a nombrar un nuevo mediador. 3. El acta final determinará la conclusión del procedimiento y, en su caso, reflejará los acuerdos alcanzados de forma clara y comprensible, o su finalización por cualquier otra causa. El acta deberá ir firmada por todas las partes y se entregará un ejemplar original a cada una de ellas”. 259 Art. 26, Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles - Formalización del título ejecutivo: “El acuerdo de mediación, formalizado conforme a lo dispuesto en el artículo

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Il testo legislativo si chiude con la “Disposicion adicional unica”, nella quale viene confermato il riconoscimento degli istituti e dei servizi di mediazione260, e le disposizioni finali, che apportano alcune modifiche al codice civile e a diverse leggi speciali. In conclusione, si può affermare che i principi delineati da questo progetto di legge si pongano, salvo qualche incoerenza, in linea con quanto disposto dalla direttiva 2008/52/CE. Inoltre, con esso sembra completarsi il fisiologico processo di radicamento di un istituto, la mediazione, che per più di un decennio è cresciuto solo grazie alle esperienze delle Comunità Autonome, e che necessita, a questo punto, di un'ulteriore spinta unificante.

24, tendrá eficacia ejecutiva y será título suficiente para poder instar la ejecución forzosa en los términos previstos en la Ley de Enjuiciamiento Civil, siempre que a la demanda ejecutiva se acompañe copia de las actas de la sesión constitutiva y final del procedimiento”. 260 Proyecto de ley de mediación en asuntos civiles y mercantiles, Disposición adicional única: “Reconocimiento de instituciones o servicios de mediación.-Las instituciones o servicios de mediación establecidos o reconocidos por las Administraciones Públicas de acuerdo con lo dispuesto en las leyes podrán asumir las funciones de mediación previstas en esta ley”.

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CAPITOLO IV

LA MEDIAZIONE FAMILIARE IN ITALIA

1 Le trasformazioni della famiglia italiana: analisi statistica La famiglia italiana, nel corso dell'ultimo secolo, ha subito varie trasformazioni socio-culturali che, gradualmente, hanno influito sui cambiamenti di una società profondamente tradizionalista. Negli anni Cinquanta il matrimonio era ancora considerato come un’unione indissolubile tra i coniugi. All'interno della famiglia il marito/padre ricopriva il ruolo di dominus, con poteri pressoché assoluti di governo e di indirizzo, alla cui autoritas erano soggetti la moglie e i figli, sia sul piano patrimoniale che su quello personale.261 Il momento in cui, dal punto di vista legislativo, questa concezione del nucleo familiare registrò dei cambiamenti evidenti, si rileva a cavallo tra il 1970 e il 1981: durante quest'arco di tempo, infatti, tre leggi e due referendum contribuirono a dare una nuova fisionomia all'istituto familiare, che tutt'oggi la contraddistingue.

261 G. FERRANDO, Il matrimonio, op. cit., p. 4: “E' questa famiglia, la famiglia nucleare, ad essere disciplinata dal codice dell'ottocento. Si tratta della famiglia costituita dai coniugi e dai figli, stretta sul principio di autorità del marito e padre, al quale spettano poteri quasi assoluti di indirizzo e di governo, e rispetto al quale la moglie ed i figli si trovano in una posizione di totale dipendenza e soggezione sul piano patrimoniale e personale. E' l'immagine della forte famiglia nel forte Stato, fermamente voluta da Napoleone, e fatta propria dal codice dell'Italia unita”.

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In ordine temporale, il primo provvedimento legislativo fu la legge 1 dicembre 1970, n. 898, alla quale si deve l'introduzione dell'istituto del divorzio in Italia.262 L'introduzione di questa norma venne accompagnata da un clima di forte ostilità, da un lato per questioni etiche, amplificate dalla contrapposizione fra principi laici e cattolici; dall'altro, perché diede un primo segnale verso il superamento della concezione pubblicistica dei rapporti familiari, ed un orientamento verso la “privatizzazione” degli stessi.263 In seguito al vivace dibattito, la legge sul divorzio fu prima posta al vaglio della Corte Costituzionale, e successivamente oggetto

262 L. BARBIERA, Il matrimonio, Cedam, Padova, 2006, p. 285: “La legge 1 dicembre 1970, n. 898 ha introdotto nel nostro ordinamento, tradizionalmente antidivorzista, in compagnia, all'epoca, di quelli spagnolo e irlandese, il divorzio, pudicamente denominato a iniziativa del sen. Leone, scioglimento del matrimonio, se avente ad oggetto il matrimonio civile, cessazione degli effetti civili del matrimonio, se avente ad oggetto i matrimoni religiosi. La legge ha superato, con una netta vittoria dei no, un referendum abrogativo svoltosi nel 1974 e due questioni di costituzionalità. Modifiche sono state apportate dalla legge 1 agosto 1978, n. 436 e da quella 6 marzo 1987, n. 74, marginali le prime, sostanziali le seconde”. 263 G. FERRANDO, Il matrimonio, op. cit., p. 59: “Nei suoi motivi di fondo, così come in alcune soluzioni concrete, la legge del 1970 preannuncia quella del 1975. La previsione dello scioglimento del matrimonio appare coerente con un'immagine della famiglia tutelata non in vista di un interesse superiore, in forza di una logica autoritaria di salvaguardia della salvezza (formale) del vincolo, ma piuttosto in ragione dell'interesse delle persone ad una vita familiare soddisfacente dal punto di vista psicologico ed affettivo. La possibilità di sciogliere il matrimonio quando sia venuta meno la comunione materiale e spirituale amplia gli spazi di autonomia delle persone alle quali è consegnata la scelta sui modi in cui affrontare e risolvere la crisi coniugale, segno di una 'privatizzazione' della famiglia che troverà in seguito ulteriori affermazioni”.

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di referendum abrogativo, il 12 e 13 maggio 1974, che portò ad un risultato schiacciante per il suo mantenimento: 59,3% dei votanti per il no; 40,7% per il si.264 La legge n. 898/1970 rappresentò solo una prima tappa verso la riforma di un istituto che, all'epoca, rispondeva ancora ai principi della tradizione napoleonica.265 Il passo successivo fu compiuto con la Legge n. 151/1975, la quale segnò “il momento di passaggio tra due concezioni della famiglia profondamente diverse: quella della famiglia intesa come istituzione, propria della normativa precedente, e quella della famiglia come formazione sociale, una realtà che nasce dalla libera scelta delle persone, che si basa su vincoli di affetto e solidarietà, il cui perdurare legittima lo stesso vincolo giuridico”.266 La riforma andò di pari passo con la concretizzazione del

264 G. CRAINZ, Il paese mancato: dal miracolo economico agli anni Ottanta, Donzelli Editore, Roma, 2003, p. 498: “Il primo referendum dell'Italia repubblicana si svolge proprio nel 1974: era stato chiesto nel 1971 da circa 13700000 di italiani per abrogare la legge Fortuna – Baslini sul divorzio, approvata poco prima. La percentuale dei votanti sfiora l'88% e la conferma della legge è voluta dal 59,3% di essi; l'Italia non è più, insieme a Irlanda e Spagna, uno dei pochissimi paesi in cui il divorzio è vietato”. 265 G. FERRANDO, Il matrimonio, op. cit., p. 61 ss.: “I rapporti di famiglia sempre più si affrancano da una dimensione pubblicistica, propria del codice civile e della tradizione napoleonica, una concezione cresciuta all'ombra della filosofia hegeliana e da noi magistralmente espressa nell'opera di Antonio Cicu, e si evidenzia il carattere 'privato' delle relazioni familiari”. 266 Ibidem, cit.

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processo di emancipazione femminile, come si evince da diversi aspetti previsti dalla Legge: dall'equiparazione dei coniugi nei rapporti reciproci ed in quelli relativi ai figli all'abolizione della dote; dalla previsione della comunione dei beni come regime patrimoniale legale al riconoscimento del contributo personale ed economico dato dalla donna casalinga alla formazione del patrimonio della famiglia.267 Tuttavia, se da un punto di vista formale questa normativa sanciva il principio di eguaglianza tra uomo e donna all'interno della famiglia, è pur vero che, su un piano sostanziale, resisteva ancora una condizione di disuguaglianza tra i due. Il percorso verso il superamento di questo limite non fu semplice, e vide impegnati in uno sforzo comune diversi ambiti, fra cui quelli della procreazione, del

267 M. MELANI, Dottrine Generali Di Storia Del Diritto Medievale, Lulu.com, 2008, p. 282 ss.: “Legge 151 del 1975: - La legge 151 ha introdotto la potestà genitoriale, eliminando la patria potestà, ciò significa che il padre e la madre esercitano gli stessi diritti e gli stessi doveri nei confronti dei figli minori. - Il marito non è più il capo della famiglia ma entrambi i coniugi determinano l'indirizzo della vita familiare e stabiliscono la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi secondo quelle preminenti (prevalenti). - Entrambi i coniugi sono tenuti al rispetto della reciproca fedeltà. - E' stata introdotta la comunione dei beni come regime patrimoniale legale tra i coniugi. - E' scomparso ogni predominio giuridico del marito sulla moglie. La moglie infatti conserva il proprio cognome e aggiunge al proprio quello del marito. - Entrambi i coniugi sono tenuti a collaborare e contribuire ai bisogni della famiglia ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo”.

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lavoro268 e del welfare.269 Passi importanti, in questo senso, furono la sentenza n. 27/1975 della Corte Costituzionale270, la quale ampliò i casi di non punibilità dell'aborto volontario, e la legge n. 194/1978, con la quale venne abrogato il reato di procurata impotenza alla procreazione. Quest'ultima, al pari della legge sul divorzio, fu oggetto di forte contestazione, ma riuscì comunque a superare il vaglio della Corte Costituzionale e del referendum popolare.271 L'evoluzione dell'istituto familiare, negli ultimi quarant'anni, è un argomento che, per essere compreso in tutte le sue sfaccettature,

268 G. FERRANDO, Il matrimonio, op. cit., p. 76 ss.: “In quegli stessi anni si andava compiendo una parallela evoluzione della disciplina del lavoro femminile e della famiglia. […] La divisione sessuale del lavoro non dipende soltanto dal diritto di famiglia. Essa ha a che fare con il modo in cui è costruito il mercato del lavoro ed in cui opera il sistema di welfare”. 269 Ivi, p. 74: “La raggiunta parità formale nell'ambito della famiglia non elimina, tuttavia, le disparità di fatto tra uomo e donna. […] Il significato della riforma, e della parità tra coniugi in essa sancita, non può, perciò, essere pienamente inteso se non in relazione agli interventi nel campo della sessualità e della procreazione, in quello del lavoro e del welfare”. 270 Ivi, p. 75: “Con la sentenza n. 27 del 1975 la Corte costituzionale amplia i casi di non punibilità dell'aborto volontario da quello segnato dai limiti dello stato di necessità alla più ampia causa di non punibilità esistente tutte le volte in cui l'aborto sia fondato sulla necessità di tutela del diritto alla salute della madre”. 271 Ibidem: “E la l. n. 194 nel 1978, passata indenne al vaglio del referendum popolare e del sindacato di controllo della Corte costituzionale, iscrive questo principio in una disciplina dove la tutela della vita umana fin dal suo inizio, pur solennemente affermata in apertura della legge, non è attuata in termini assoluti, ma mediata con il diritto alla salute della madre. E' con la stessa legge sull'aborto che viene abrogato il reato di procurata impotenza alla procreazione. La stessa sterilizzazione volontaria, come chiarisce nel 1987 la Corte di cassazione, diviene così lecita, né è punibile a titolo di diminuzione permanente dell'integrità fisica, in quanto costituisce una scelta nella direzione della tutela della salute, anche psichica, dell'interessato”.

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necessiterebbe una trattazione ben piÚ approfondita di quella appena affrontata. Tuttavia, i brevi cenni offerti sono utili a evidenziare il contesto socio-giuridico in cui lo strumento della mediazione familiare ha potuto insinuarsi. Alla luce dei profondi cambiamenti apportati da queste riforme, abbiamo assistito negli anni ad un progressivo incremento di separazioni personali e divorzi in Italia, inversamente proporzionale al numero di matrimoni. Figura 1 – Separazioni, divorzi e matrimoni. Anni 1995-2009 (ISTAT)

Nel 2009 le separazioni sono state 85.945 e i divorzi 54.456. Rispetto al 1995, le prime sono aumentate di oltre il 64% ed i secondi sono praticamente raddoppiati (+ 101%).272 Tali incrementi si sono

272 ISTAT, http://www.istat.it/it/archivio/32711, consultato il 27/01/2012

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osservati in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono, e quindi sono imputabili ad un effettivo aumento della propensione alla rottura dell’unione coniugale (Figura 1). Per quanto riguarda, invece, il tema dell'affidamento della custodia dei figli minori, sia nelle separazioni che nei divorzi, negli ultimi anni si è verificata una netta inversione di tendenza. Infatti, con l’entrata in vigore della legge n. 54/2006, è stato introdotto, come modalità ordinaria, l’istituto dell’affido condiviso dei figli minori tra i due coniugi. Secondo la nuova legge, entrambi i genitori, dopo la separazione o il divorzio, conservano la potestà genitoriale (che prima spettava esclusivamente al genitore affidatario) e devono provvedere al sostentamento economico dei figli in misura proporzionale al proprio reddito.273

273 La legge n. 54/2006 ha modificato il precedente art. 155 del Codice Civile con il seguente (Provvedimenti riguardo ai figli): “Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole. La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per

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I dati sul tipo di affidamento adottato permettono di monitorare l’effetto dell’introduzione della nuova legge, la quale ha avuto conseguenze evidenti sia nelle separazioni sia nei divorzi, in quanto la nuova modalità è diventata la regola e non più l’eccezione. Fino al 2005, infatti, l’affidamento esclusivo dei figli minori alla madre rappresentava la tipologia ampiamente prevalente. Nel 2005, i figli minori sono stati affidati alla madre nell’80,7% delle separazioni e nell’82,7% dei divorzi. La custodia esclusivamente paterna si è mostrata residuale anche rispetto all’affidamento congiunto o alternato, risultando pari al 3,4% nelle separazione e al 5,1% nei divorzi.274 A partire dal 2006, in concomitanza con l’introduzione della nuova legge, la quota di affidamenti concessi alla madre si è fortemente ridotta a vantaggio dell’affido condiviso. Il sorpasso vero e proprio è avvenuto nel 2007 (72,1% di separazioni con figli in affido

i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito […].” 274 ISTAT, Separazione e divorzi in Italia, anno 2009

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condiviso contro il 25,6% di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre) per poi consolidarsi ulteriormente. Nel 2009 le separazioni con figli in affido condiviso sono state l’86,2% contro il 12,2% di quelle con figli affidati esclusivamente alla madre. La quota di affidamenti concessi al padre continua a rimanere su livelli molto bassi. Infine, l’affidamento dei minori a terzi è una categoria residuale che interessa meno dell’1% dei bambini. Il ricorso all’affidamento condiviso è legato anche alla scelta del rito con cui si concludono la separazione o il divorzio. Infatti, questa tipologia di affidamento viene prescelta nel 90,2% delle separazioni consensuali contro il 62,8% di quelle giudiziali. Per i divorzi tale differenza appare più smussata mostrando un 71,9% di affidamenti condivisi nei divorzi conclusi con rito consensuale rispetto a un 60,5% di quelli chiusi con il rito giudiziale.275

275 ISTAT, Separazione e divorzi in Italia, anno 2009

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Figura 5 - Separazioni e divorzi per tipo di affidamento dei minori. Anni 2000-2009, valori percentuali (ISTAT)

2 Sviluppo della mediazione familiare in Italia L’introduzione della mediazione familiare in Italia risale alla fine degli anni Settanta, quando alcuni autori iniziarono a divulgare gli studi e le esperienze già maturate oltreoceano, in America e in Canada. Nel 1979, su iniziativa di alcuni giudici minorili, psicoterapeuti e neuropsichiatri infantili, fu fondata l’Associazione Italiana per la Prevenzione dell’Abuso all’Infanzia (A.I.P.A.I.), che ebbe vita breve, ma che dette un grande impulso alla nascita del dibattito sulla

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mediazione familiare.276 Infatti, sulla rivista edita dall’Associazione Bambino Incompiuto furono pubblicati molti contributi, volti a sensibilizzare la comunità scientifica e giuridica dell’epoca sulla necessità di introdurre, anche nel nostro ordinamento, strumenti e tecniche che consentissero di ridurre la conflittualità genitoriale, nelle vicende legate a separazione e divorzio. Ciò rispondeva al fine statutario dell’A.I.P.A.I., che consisteva nella prevenzione degli abusi sui bambini. In particolare il dott. Fulvio Scaparro, che era uno dei fondatori dell’Associazione, sottolineava già allora l’utilità di creare centri pubblici di mediazione, in cui offrire alla popolazione tali servizi.277 Tuttavia dette proposte non ebbero molto seguito tra la maggioranza degli addetti ai lavori (psicologi, giuristi, assistenti

276 F.SCAPARRO, Rassegna Bibliografica. Infanzia e adolescenza, Istituto degli Innocenti Editore, Firenze, Anno V, numero 1, gennaio-marzo 2004, p.8: “Tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso, in Italia, salvo le poche e meritevoli eccezioni di autori che hanno portato a nostra conoscenza studi ed esperienze prevalentemente nordamericane, c’era poco altro. Era il 1979 quando, insieme ai giudici minorili Alfredo Carlo Moro e Giorgio Battistacci, al pediatra Sergio Nordio, al neuropsichiatra infantile Ernesto Caffo e alla psicoanalista Renata Gaddini, fondammo l’Associazione italiana per la prevenzione dell’abuso all’infanzia (AIPAI) che rimase in vita pochi anni. Nell’AIPAI, io perorai la causa dell’introduzione di strumenti pacifici nelle vicende legate alla separazione tra genitori, proprio per evitare, o almeno ridurre, i rischi di abuso all’infanzia causati dalla degenerazione del disaccordo tra genitori in guerra familiare”. 277 Ibidem: “Segnalai, nella rivista dell’AIPAI – Bambino incompiuto – la necessità di creare centri pubblici di mediazione familiare, ma la proposta passò quasi sotto silenzio in un ambiente sostanzialmente scettico o, più di frequente, con scarse conoscenze del potenziale pacificatore di uno strumento come la mediazione familiare, già sperimentato da tempo e con successo in Canada, Stati Uniti e, in molti Paesi europei, Regno Unito e Francia, tra i primi”.

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sociali), che si dimostrarono scettici nei confronti della nuova disciplina e ne ignorarono i risultati positivi, fra cui, innanzitutto, la riduzione della conflittualità nelle controversie familiari, come dimostravano le esperienze di nazioni quali gli Stati Uniti d’America, il Canada, l’Inghilterra e la Francia. Nonostante ciò, in quegli stessi anni le procedure giudiziali iniziarono ad essere oggetto di una crescente insofferenza, dovuta al fatto che gli operatori del servizio sociale pubblico, fra cui magistrati e avvocati, e soprattutto i genitori separati e/o divorziati, avvertivano in esse una delle cause della dilagante conflittualità familiare.278 Si riteneva infatti che tali procedure non fossero strutturate in modo tale da garantire ai coniugi, in procinto di separazione o di divorzio, di comporre gli interessi contrastanti: al contrario, ciò che spesso si verificava, al momento dell'emanazione della sentenza, era un aggravamento del disaccordo iniziale.

278 Ibidem: “Accanto alla tradizionale diffidenza che accompagna ogni “novità”, soprattutto quando questa è ritenuta, più o meno a ragione, lesiva di alcuni interessi individuali e di categoria, comparivano i primi segnali di attenzione per quelle proposte di soluzione alternative alle dispute che si presentavano come pacifiche e meno onerose da ogni punto di vista. Cresceva tra gli operatori psicosociali dei servizi pubblici e privati, tra i magistrati, tra gli avvocati e, ovviamente, tra tanti genitori separati, l’insofferenza per una procedura di separazione oggettivamente bellicosa, capace com’era di lasciare pesanti e duraturi strascichi di animosità, rancore, sentimenti di ingiustizia e danni permanenti alle relazioni tra genitori e tra questi ultimi e i figli”.

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Questa nuova concezione del processo favorì la crescita di interesse, degli addetti ai lavori, verso metodi alternativi di soluzione del conflitto: si intensificò così lo studio, e l'applicazione, di strumenti ritenuti più adeguati, e meno invasivi, per la gestione delle questioni trattate in sede di separazione e divorzio. All’inizio degli anni Ottanta questo spirito si diffuse ulteriormente, grazie soprattutto all'intraprendenza di alcuni autori (Cigoli, Gulotta, Santi) i quali, con le loro opere, cominciarono a chiarire, sempre più nel dettaglio, l’iter formativo che avrebbe dovuto seguire il mediatore familiare, indicando in particolare le conoscenze psicologiche, sociologiche e giuridiche ritenute necessarie.279 Tali opere, tuttavia, si limitavano a riproporre i modelli e i percorsi già elaborati dalla letteratura inglese, americana e francese, non sempre adattabili al nostro contesto sociale. Un miglioramento, in

279 Ivi, p. 9: “Si consideri, ad esempio, […] Separazione, divorzio e affidamento dei figli (Cigoli, Gulotta, Santi, 1983). Qui, e nel volume che ne costituisce un seguito ideale, Dal conflitto al consenso (Gulotta, Santi, 1988), i temi trattati e l’amplissima bibliografia, prevalentemente di lingua inglese, forniscono un quadro attendibile dello stato delle conoscenze di cui poteva disporre, già all’inizio degli anni Ottanta, chi fosse interessato alla teoria e alla pratica della mediazione. Anche se molta acqua è passata sotto i ponti da quando gli unici modelli a cui ispirarsi erano quelli anglosassoni e oggi possiamo dire di avere messo a punto modalità di mediazione che tengono conto della realtà italiana e mediterranea, alcuni punti fermi della pratica della me-diazione sono rimasti sostanzialmente immutati. Sia in Cigoli, Gulotta, Santi (1983), sia in Gulotta, Santi (1988), sono presentate le posizioni di studiosi e pratici della mediazione, alcuni dei quali qui ricordiamo per dare conto degli autori ai quali facevano riferimento i ricercatori italiani dell’epoca: Haynes (1981), Irving (1981), Santi (1980a, 1980b)”.

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questo senso, si ebbe fra gli anni Ottanta e Novanta, quando la cultura della mediazione familiare iniziò a radicarsi maggiormente: da un lato nasceva la letteratura italiana specifica, che proponeva modelli legati alla nostra cultura “latina” e non più solo a principi anglosassoni, e dall’altro nascevano le associazioni di settore, che divulgavano la disciplina.280 Le esperienze straniere venivano studiate sul piano teorico e successivamente elaborate in modo originale, ampliandone i riferimenti culturali, adattandoli ai costumi e alle esigenze della società italiana, attraverso l’instaurazione di rapporti di collaborazione con mediatori stranieri.281 Il grado di competenza in materia degli studiosi italiani andava

280 G. AUTORINO, C. TROISI, D. NOVIELLO, Mediazione e conciliazione nelle controversie civili e commerciali, op. cit., p. 82: “Avendo trovato un background socio-culturale favorevole, anche in Italia comincia a diffondersi la cultura della mediazione familiare, viste l'attualità delle tematiche implicate e la progressiva valorizzazione dell'accordo tra i coniugi come mezzo per realizzare la parità e l'unità all'interno del nucleo familiare oltre che l'autonomia e la parità di ciascun membro della coppia di fronte alle scelte in merito al vincolo matrimoniale. Le prime significative esperienze sono costituite dalla fondazione nel 1987 dell'Associazione GeA (Genitori Ancora), che ha poi riaperto nel 1989, in collaborazione col Comune di Milano, il primo centro in Italia per la mediazione familiare e dalla costituzione del 1988 a Roma di una collaborazione tra il Centro Studi di psicologia giuridica dell'età evolutiva e della famiglia dell'Università La Sapienza e l'Ufficio Tutele della Pretura di Roma”. 281 F. SCAPARRO, Rassegna Bibliografica. Infanzia e adolescenza, op. cit., p. 10: “[...] La mediazione familiare, sia pure tra mille difficoltà, cominciava a prendere piede in Italia, sia sul piano teorico sia su quello applicativo, attraverso elaborazioni originali delle esperienze straniere. Anche i riferimenti culturali si erano ampliati grazie ai contatti più stretti con i mediatori europei e canadesi, consentendo tra l’altro lo stabilirsi di feconde relazioni anche con i mediatori e i centri di mediazione francofoni”.

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via via crescendo, motivo per cui aumentarono i loro contributi, anche in lingua straniera. Questo consentì lo sviluppo della stampa specializzata, destinata agli operatori psico-sociali e del diritto. Un esempio lampante è dato dalla rivista “Famiglia Oggi”, la quale, a cavallo tra il 1994 ed il 1997, si è occupata più volte di mediazione familiare, anche con numeri monografici di particolare rilievo.282 A questa vivacità culturale si affiancava una crescente attitudine degli utenti e degli operatori della mediazione ad organizzarsi in associazioni di settore, arricchendo le nuove conoscenze con l’esperienza e la prassi. Nel 1987, Fulvio Scaparro e Irene Bernardini fondavano a Milano l’associazione Gea (Genitori Ancora)283, con l’obiettivo di “diffondere una nuova cultura della separazione che coinvolge non solo il nucleo familiare, ma anche magistrati, avvocati, operatori dei

282 Ivi, p. 11: “L’attenzione dei media era aumentata e, di particolare interesse per questo percorso bibliografico, erano sempre più numerose le riviste specialistiche che dedicavano spazio ai temi della mediazione nelle crisi familiari. Per quanto riguarda queste ultime, gli studiosi italiani potevano contare per lo più, fino all’inizio degli anni Novanta, quasi esclusivamente su quelle americane, inglesi, canadesi e francesi. Sempre più spesso, tuttavia, la stampa specializzata italiana destinata agli studiosi e agli operatori psicosociali e del diritto, dedica in quegli anni ampio spazio alla mediazione familiare. In particolare, Famiglia oggi si è spesso occupata negli anni Novanta di mediazione familiare anche con numeri monografici (1994, 1997)”. 283 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 90: “Sul finire degli anni '80, a seguito delle esperienze degli altri Paesi europei, la mediazione familiare inizia diffondersi anche in Italia attraverso l'Associazione Genitori Ancora (GeA), fondata nel 1987 da Fulvio Scaparro e da Irene Bernardini”.

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servizi sociali e tutti coloro che a vario titolo intervengono nella vicenda separativa (…)”, di “sostituire alla logica della vittoria di una parte sull’altra quella di accordi presi insieme nell’interesse di genitori e figli (…)” e di “evitare che la fine dell’esperienza della coppia coniugale coincida con lo scioglimento della coppia genitoriale”.284 Già due anni dopo, nel 1989, l'Associazione raggiunse due traguardi molto importanti: da un lato realizzava la prima scuola di formazione alla mediazione familiare di operatori pubblici e privati accreditata;285 dall’altro, in collaborazione con il Comune di Milano, costituiva il primo servizio pubblico di mediazione sociale italiano denominato “Centro Civico GeA – Genitori Ancora”.286 Risale allo stesso periodo l'accordo, stilato a Roma, tra l’Ufficio Tutele della Pretura e il Centro Studi di Psicologia Giuridica

284

www.associazionegea.it, cit., consultato il 21/01/2012

285 www.associazionegea.it/formazione.htm, consultato il 21/01/2012: “Dal 1989 organizziamo corsi di formazione per diffondere la conoscenza e la pratica della mediazione familiare. Inoltre attraverso iniziative didattiche di elevato contenuto culturale e civile ci poniamo l’obiettivo di: sensibilizzare sul tema del conflitto; fornire competenze specifiche per la gestione del conflitto; offrire un luogo di studio, confronto e approfondimento a tutti coloro che a vario titolo si occupano di conflittualità familiare e non. La proposta didattica si basa inoltre sull’esperienza maturata da più anni in numerosi Paesi e rispetta i principi fissati dalla «Charte Européenne de la formation des médiateurs familiaux dans les situations de divorce et de séparation» (1992), alla cui stesura ha partecipato, unica rappresentante italiana, l’Associazione GeA”. 286 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 90: “La notizia dell'esistenza della mediazione familiare come servizio-sostegno ai genitori interessati dalla separazione o dal divorzio stimolò l'approfondimento di questa nuova cultura che, nel 1989, sfociò nella nascita del primo centro pubblico di mediazione familiare in Italia: il Centro Genitori Ancora (GeA)”.

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dell’Età Evolutiva e della Famiglia dell’Università degli Studi “La Sapienza”, con lo scopo di approfondire le conoscenze sulla mediazione familiare, sia dal punto di vista giuridico che psicologico, e per monitorarne le applicazioni pratiche.287 Successivamente, nel maggio del 1993, si teneva, sempre a Roma, il primo congresso nazionale sulla mediazione familiare, sul tema “La mediazione nella separazione e nel divorzio”288, con l'obiettivo di raffrontare tra loro le esperienze e le attività dei nuovi centri pubblici di mediazione italiani.289 Nel 1995 venivano costituite due associazioni, che, seppure rispondenti a due scuole di pensiero diverse, portarono avanti idee e

287 E. ZUCCHETTI, Milano 2009. Rapporto sulla città, Franco Angeli Editore, Milano, 2009, p. 83: “[...] Se vi è una rottura della dimensione orizzontale del rapporto marito-moglie, occorre la permanenza della continuità nell'asse verticale della relazione genitori figli. In questo senso, è possibile offrire una lettura diversa dell'evento separazioni: non solo la dissoluzione familiare, ma una riorganizzazione intesa come necessità di mantenere la funzione genitoriale secondo il modello della cogenitorialità ( Bastard, Vonesche 1990). Su questa linea si è mosso ormai da tempo il vasto movimento di operatori e di teorici che sostengono lo strumento della mediazione familiare, presente in Italia dal 1988 a Roma grazie ad una collaborazione tra il Centro studi di psicologia giuridica dell'età evolutiva e della famiglia dell'Università La Sapienza di Roma e l'Ufficio tutela del Tribunale (collaborazione che ha portato alla costituzione di una sezione clinica di mediazione familiare) e dal 1989 a Milano, grazie alla costituzione del servizio pubblico GeA (Genitori Ancora)”. 288 Gli atti del convegno sono contenuti nel volume: R. ARDONE, G. MAZZONI, La mediazione familiare. Per una regolazione della conflittualità nella separazione e nel divorzio, Giuffrè, Milano, 1994 289 C. BOGLIOLO, A.M. BACHERINI, Manuale di mediazione familiare, Proteggere i figli nella separazione, op. cit., p. 110: “Nel maggio 1993 si tenne a Roma il primo “ Convegno internazionale sulla mediazione familiare nella separazione e nel divorzio”, per un confronto sulla mediazione familiare in Italia e all'estero”.

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scopi omogenei, organizzando incontri e corsi di formazione per mediatori290: •

la S.I.M.E.F., Società Italiana Mediazione Familiare

(www.simef.net) con gli obiettivi, riportati dall'articolo 2 del suo statuto291, di: “a) promuovere e coordinare l’attività professionale del mediatore familiare, nel rispetto di una prassi rigorosa e di profili formativi e deontologici corretti e coerenti con gli standard europei; b) definire i requisiti professionali e indicare gli obiettivi, le linee guida e i percorsi specifici del processo formativo del Mediatore Familiare; c) promuovere e coordinare le attività formative nell’ambito della Mediazione Familiare; d)

promuovere

convegni,

seminari,

dibattiti,

ricerche,

pubblicazioni ed ogni altra iniziativa tesa alla diffusione della Mediazione Familiare”;

l’A.I.M.S.,

Associazione

Internazionale

Mediazione

Sistemici (www.mediazionesistemica.it) con lo scopo di “di

290 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 91: “Nel maggio 1995, su iniziativa dell'associazione GeA, nacque la S.I.Me.F. Allo scopo di riunire le associazioni ed i servizi che condividono i principi e le finalità della mediazione familiare dettate dalla Carta europea. Oltre alla S.I.Me.F., che tende a privilegiare la presa in carico degli aspetti legati alla genitorialità, sono presenti altre associazioni, tra le quali l'A.I.M.S.( Associazione Internazionale Mediatori Sistemici), che riunisce operatori essenzialmente di formazione sistemica”. 291 www.simef.net/la-simef/statuto, art. 2 (Statuto), cit., consultato il 22/01/2012

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promuovere, all’interno del modello sistemico, il progresso degli studi e delle ricerche nel campo della mediazione familiare e comunitaria, nonché la diffusione del modello sistemico di mediazione familiare e comunitaria, sia attraverso l’organizzazione di corsi di formazione specifici, sia attraverso convegni e seminari su tematiche rilevanti, per l’esercizio della mediazione nell’ambito del lavoro professionale di ciascuno dei suoi membri”.292 Le due scuole si differenziano soprattutto per l'ambito applicativo: la prima, infatti, applica un modello di mediazione “parziale”, ritenendo che il fulcro della mediazione sia il rapporto genitoriale, ed in particolare considera questa disciplina applicabile essenzialmente al campo dei conflitti familiari293; la seconda, invece, adottando un approccio di tipo “globale”, reputa la mediazione una disciplina adattabile a molteplici ambiti, anche diversi da quello familiare: in questo senso, il raggiungimento di accordi patrimoniali tra i genitori separati/divorziati è considerato l’obiettivo primario,

292 www.mediazionesistemica.it, art. 2 (Statuto), cit., consultato il 22/01/2012 293 AA. VV., La mediazione familiare e la soluzione delle controversie sorte tra genitori separati, p. 16: “La S.I.Me.F. Propone modello di mediazione familiare definito parziale, che tralascia un aspetto di natura economica e si sofferma sulla gestione pratico-organizzativa della vita quotidiana della famiglia in crisi. La finalità di tale intervento è quello di consentire ai genitori di scoprire il proprio ruolo familiare, anche in un momento patologico, quale la separazione o divorzio”.

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necessario per una successiva messa a punto degli altri aspetti della vita familiare.294 La nascita di movimenti letterari e associativi non tardò ad influenzare anche le Pubbliche Amministrazioni, le quali si mostravano sensibili alla nuova disciplina e ai problemi della famiglia in crisi. A riprova di questo, sul finire degli anni Novanta alcuni enti locali, in accordo con i locali Tribunali dei minorenni e Tribunali civili, costituirono, presso i loro Servizi Sociali, i primi Uffici di Mediazione Familiare incaricati di offrire i relativi servizi ai cittadini.295 Un primo bilancio dello sviluppo della mediazione familiare in Italia è stato presentato al V Convegno Nazionale S.I.M.E.F., tenutosi a Firenze dal 25 al 27 ottobre 2002, sul tema “Dai progetti alla realtà operativa. La mediazione familiare, una risorsa disponibile ed

294 Ivi, p. 15: “L'A.I.M.S. propone un modello di approccio globale alle problematiche da trattare all'interno di un percorso di mediazione familiare, in quanto l'intervento dei professionisti abbraccia ogni aspetto del conflitto relazionale. E pertanto, vengono presi in esame non soltanto gli aspetti emozionali, ma anche i profili economico-patrimoniali della crisi in atto; tale approccio operativo mira al raggiungimento di accordi concreti e duraturi su ogni aspetto che interessa il conflitto in atto”. 295 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare. Problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 93: “Il servizio di mediazione familiare è offerto in sedi extra-giudiziarie diverse tra loro per le strutture cui appartengono. Si hanno quindi a tutt'oggi: centri specializzati privati che si caratterizzano come un luogo apposito ed esclusivo per la mediazione familiare o che, oltre ad essa, assicurano altri servizi; consultori familiari o centri per la famiglia pubblici o privati e ASL che offrono servizi di mediazione familiare, ma anche altri tipi di interventi; un servizio di mediazione all'interno dell'Università “La Sapienza” di Roma.”

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efficace”. Il quadro derivato da questo confronto, tra operatori appartenenti a scuole diverse, è apparso soddisfacente, sia in relazione alla formazione degli stessi operatori, sia in relazione al “progressivo consolidarsi di modelli di mediazione originali e sempre più adeguati al contesto italiano ed europeo”.296 Tuttavia molti mediatori, pur considerando la mediazione familiare come uno strumento di garanzia dell’ordinamento giuridico, hanno messo in luce alcune disfunzioni, che ne hanno condizionato l’applicazione anche all’interno dei procedimenti giudiziali di separazione e divorzio.297 La causa di tali problemi risiede,

296 F. SCAPARRO, Rassegna Bibliografica. Infanzia e adolescenza, op. cit.,p. 24: “Dopo quasi due decenni di intensa attività di ricerca e intervento, soltanto in parte documentata in questo percorso bibliografico, un primo bilancio dello stato dell’arte della mediazione familiare in Italia è stato tentato nel V Convegno nazionale della SIMeF tenutosi a Firenze dal 25 al 27 ottobre 2002 sul tema “Dai progetti alla realtà operativa. La mediazione familiare, una risorsa disponibile ed efficace”. In quell’occasione, alcuni tra i più rappresentativi esponenti delle scuole italiane di mediazione familiare si sono confrontati tra loro e con operatori del diritto, delle scienze umane e del mondo politico su temi quali: la mediazione familiare come progetto culturale, la ricerca in mediazione familiare, i servizi di mediazione familiare, la mediazione familiare nella legislazione in materia di separazione e divorzio, le scuole italiane di mediazione familiare. Ne è emerso un quadro complessivamente soddisfacente sia per quanto riguarda la crescita culturale e la competenza dei mediatori italiani sia per il progressivo consolidarsi di modalità di mediazione originali e sempre più adeguate al contesto italiano ed europeo”. 297 Ibidem: “Non è mancato, tuttavia, chi ha messo in risalto le ombre che accompagnano l’indubbia affermazione nel nostro Paese di uno strumento pacifico di composizione delle gravi conflittualità familiari com’è la mediazione familiare. Chiarito da più parti che nei teorici e nei pratici italiani della mediazione familiare non c’è alcuna volontà di mettere in discussione il ruolo insostituibile di garanzia del sistema giuridico, resta il fatto che i mediatori più avvertiti non si stancano di denunciare e invocare rimedi alle storture di quel sistema segnalate da tanti genitori separati e confermate da non pochi magistrati e avvocati. Da questo punto di vista, malgrado l’impegno testimoniato da molti autori che verranno segnalati più avanti, il cattivo funzionamento delle procedure di separazione tra genitori in Italia permane tutt’oggi. Ne troviamo memoria in migliaia di fascicoli processuali, ne sono testimoni e vittime migliaia di

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probabilmente, nella mancanza di una legislazione nazionale in materia, grazie alla quale sarebbe possibile una maggiore uniformità applicativa. Non a caso va rilevato che anche molte associazioni di genitori separati hanno incoraggiato tale intervento, con varie manifestazioni e campagne di sensibilizzazione sociale. Ad oggi, il riferimento legislativo principale è rappresentato dalla legge n. 54 dell’ 8 Febbraio 2006. A questa si deve l’introduzione dell’istituto dell’affidamento condiviso, che ha modificato l’assetto dei rapporti tra genitori separati (o in corso di separazione) e figli, dando un nuovo spazio alla mediazione familiare: le nuove prospettive create da tale intervento legislativo saranno dettagliatamente analizzate

nel

prossimo

paragrafo,

cui

si

rinvia.

Si può quindi concludere affermando che oggi il movimento della mediazione in Italia è in fermento: presenta caratteri di originalità rispetto a quelli degli altri paesi europei, e gode di nuove prospettive aperte dalla legge n. 54/2006, che per adesso sono ancora potenziali, e che sono state diversamente recepite dai Tribunali di merito.

figli e genitori, ne hanno esperienza i mediatori nel loro lavoro quotidiano”.

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3 Evoluzione legislativa della disciplina La mediazione familiare fa ingresso nel nostro ordinamento con la legge n. 285 del 28 agosto 1997, rubricata “Disposizioni per la promozione

di

diritti

e

di

opportunità

per

l’infanzia

e

l’adolescenza”298, con la quale è stato istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, finalizzato alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e locale con lo scopo di favorire la promozione dei diritti dei fanciulli. Nel testo si fa riferimento alla “realizzazione di servizi di preparazione e di sostegno alla relazione genitori-figli, di contrasto della povertà e della violenza, nonché di misure alternative al ricovero dei minori in istituti educativo assistenziali”299, andando poi a

sottolineare che tali finalità “possono essere perseguite, in

particolare attraverso […] servizi di mediazione familiare e di consulenza per famiglie e minori al fine del superamento delle

298 E. ALLEGRI, P. G. DEFILIPPI, Mediazione familiare. Temi e ricerche, op. cit., p. 101: “La situazione italiana è alquanto difforme al suo interno e, allo stato, non esistono normative che istituiscono la mediazione, pur essendoci state numerose proposte e disegni di legge in tal senso, soprattutto con riferimento alla mediazione familiare. Il primo importante riconoscimento normativo nazionale e avvenuto tramite la L. 285/1997 che, all'interno del piano per l'infanzia, ha istituito servizi di mediazione familiare unitamente a vari interventi a sostegno della genitorialità”. 299 Art. 3, lett. a, l. 28 agosto 1997, n. 285, Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza, cit.

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difficoltà relazionali”.300 Si tratta di un riconoscimento molto significativo, poiché ha consentito ai centri di mediazione familiare già esistenti di accedere, non solo ai finanziamenti stanziati dagli Enti Locali presso cui erano stati costituiti, ma anche a fondi erogati a livello nazionale, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri competenti.301 Un passo successivo è stato compiuto con la legge n. 154 del 4 aprile 2001, che ha introdotto nel codice civile gli articoli 342-bis e 342-ter, in merito ai cosiddetti “ordini di protezione contro gli abusi familiari”.302

300 Ivi, art. 4, lett. h, cit. 301 AA. VV., La mediazione familiare e la soluzione delle controversie sorte tra genitori separati, p. 35: “Un'altra legge (la n. 285) viene emanata il 28 agosto 1997, e riguarda la “ tutela dei minori e la consulenza familiare”. Sin dalla rubrica è possibile identificare la particolarità dell'intervento legislativo, volto cioè a garantire in modo assolutamente prioritario un'adeguata protezione dell'interesse dei minori. L'art. 4 della legge interessa i “servizi di sostegno alla relazione genitore-figli di contrasto della povertà e della violenza, nonché misure alternative al ricovero dei minori in istituti educativo assistenziali”. E con riferimento a tali servizi, in particolare all'art. 4, 1° co., lett. i), viene stabilito che i progetti ammessi al finanziamento del Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza ( istituito ai sensi del dell'art. 1 della stessa legge) che, possono perseguire tutta una serie di finalità – contemplate dall'art. 3 – attraverso “ i servizi di mediazione familiare e di consulenza per famiglie e minori al fine del superamento delle difficoltà relazionali”. 302 N. G. TROCKER, La mediazione civile alla luce della direttiva 2008/52/CE, op. cit., p. 123: “[...] Possiamo ricordare […] la seconda legge ove v'è traccia di un richiamo ai servizi di mediazione, ossia la legge n. 154/2001, con la quale si sono disciplinati gli “ordini di protezione”, provvedimenti emanabili dal giudice in diversi casi in cui si presentino comportamenti violenti, di carattere sia fisico, sia psichico, nell'ambito delle relazioni familiari, intese in senso lato, ossia indipendentemente dalla sussistenza di un legame formale fra le parti, e dunque non solo nei rapporti fra coniugi o fra genitori e figli, ma anche fra persone che convivano”.

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Con questa disciplina il legislatore ha voluto tutelare i componenti più deboli dei nuclei di conviventi e familiari, quando la condotta di un altro soggetto con essi coabitante arrechi un grave pregiudizio alla loro integrità fisica o morale.303 La tutela si concretizza attraverso l'intervento del Giudice: questi, d'ufficio o su istanza di parte, può infatti ordinare al coniuge o al convivente, che abbia tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa, disponendo il divieto di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dal soggetto leso. Può inoltre adottare specifici provvedimenti accessori, fra i quali spicca la possibilità d'intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare304: tale rinvio, seppure generico, è molto importante, perché prevede, per la prima volta, la possibilità concreta per il Giudice civile

303 Art. 342-bis, Codice Civile, Libro I, Titolo IX-bis, Ordini di protezione contro gli abusi familiari: “Quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente, il giudice, [qualora il fatto non costituisca reato perseguibile d'ufficio,] su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all'articolo 342-ter”. 304 Art. 342-ter, Codice Civile, Libro I, Titolo IX-bis, Ordini di protezione contro gli abusi familiari: “Con il decreto di cui all'articolo 342-bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d'origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro. Il giudice può disporre, altresì, ove occorra l'intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare [...]”.

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di ricorrere ad un servizio di questo genere. Questa disciplina, al pari di quella delineata dalla legge n. 285/1997, contestualizza il concetto di mediazione definendola espressamente come “familiare”, riferendosi specificamente non a tutte le modalità di conciliazione, che consentono di concludere velocemente la controversia giudiziale, ma alla tecnica mediativa, che consente di ricostruire il dialogo tra le parti in conflitto, per la creazione di una futura pace duratura. Tuttavia, non sono mancate critiche relative ad una plausibile incompatibilità tra la stessa disciplina ed il contesto in cui il Giudice emana i suddetti ordini di protezione: si tratta, infatti, di una situazione caratterizzata da violenza ed abuso, mentre i percorsi mediativi richiedono condizioni di collaborazione e reciprocità tra i coniugi.305 Pertanto si è ritenuto che, di fronte a contesti così delicati,

305 G. CASSANO, Separazione, divorzio, invalidità del matrimonio, L.E.G.O. Editore, Padova, 2009, p. 160: “Questa posizione consente una valutazione della scelta operata con la legge 4.4.2001, n. 154, di inserire il tentativo di mediazione familiare tra i possibili contenuti degli ordini di protezione che il giudice può adottare ai sensi dell'art. 342 ter c.c. In particolare, viene in rilievo da un punto di vista critico la concessione al giudice del potere di “disporre” l'intervento di un centro di mediazione familiare, senza nessuna precisazione in ordine alla previa, e in questi casi delicatissima, raccolta del consenso di entrambe le parti allo svolgimento del tentativo. Molte delle critiche rivolte dagli stessi mediatori familiari all'istituzione di un “tentativo obbligatorio” di mediazione potrebbero essere estese ad ogni invio in mediazione effettuato da un magistrato senza la doverosa verifica dei presupposti indispensabili per un proficuo svolgimento della mediazione stessa. Infine, nell'ottica della legge n.154, la mediazione familiare sembra essere finalizzata a una ricostruzione dei legami familiari, in particolare a consentire, nei casi meno gravi, il rientro in famiglia del coniuge o convivente allontanato a seguito di un ordine di protezione disposto dal giudice. In questi casi,

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la norma avrebbe dovuto avere un campo d’azione più limitato, prevedendo soltanto la possibilità per il Giudice di indicare i servizi territoriali competenti, per fornire un adeguato sostegno e un periodico controllo dei soggetti deboli pregiudicati.

4 Dai progetti di riforma alla legge n. 54/2006 Il dibattito parlamentare e dottrinale sulla necessità di riformare il diritto di famiglia, svoltosi nei primi anni di questo decennio, ha cercato di assegnare alla mediazione familiare un nuovo e ampio spazio all’interno delle procedure giudiziali di separazione e di divorzio. Questo percorso è stato segnato dai vari progetti di riforma presentati in successione, seguendo l'orientamento già previsto da altri paesi europei, al fine di ridurre la conflittualità di questo tipo di controversie. Inizialmente,

si

era

ritenuto

opportuno

prevedere

l'obbligatorietà dei servizi di mediazione familiare per quei soggetti

pertanto, la mediazione sembra assumere un ruolo analogo a quello attribuito dal legislatore al “tentativo di (ri)conciliazione”, che il giudice è obbligato a esperire in tutti i procedimenti di separazione personale e di divorzio, anche quando questi ultimi scaturiscono dalla concorde volontà dei coniugi di porre fine al loro vincolo: in questi casi, infatti, l'obiettivo ideale del legislatore è costituito dalla “restaurazione della comunione materiale e spirituale tra i coniugi”[...]. Questa concezione, tuttavia […], finisce in definitiva per tradire lo spirito della mediazione[...]”.

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che intendevano instaurare una controversia di separazione o divorzio: in quest'ambito, si sarebbe inserita la figura del mediatore, inteso come un professionista tenuto ad aiutare la coppia in crisi nella ricerca di un'intesa relativa agli aspetti principali dell'accordo di separazione. Di conseguenza, in molti casi la scelta della separazione giudiziale avrebbe potuto trasformarsi in consensuale, con evidenti vantaggi di celerità e giovamento delle parti coinvolte. Il momento più opportuno, nel quale inserire la fase di mediazione, è stato individuato in “quello intercorrente tra il deposito in Tribunale del ricorso di separazione personale e l'udienza di comparizione dei coniugi innanzi al Presidente”.306 In questa fase, obbligare i coniugi in lite a recarsi presso un centro di mediazione, servirebbe a placare la conflittualità esistente, consentendo loro di giungere all'udienza presidenziale con maggiore serenità.307 Assecondando queste idee, nell'ultimo decennio sono stati presentati quattro progetti di legge: il primo fu il n. 1036/2002,

306 F. JANES CARRATÙ, La mediazione familiare: vecchi e nuovi aspetti normativi, in Diritto Ecclesiastico, 2003, 3, p. 1121, cit. 307 Ibidem: “Considerando i tempi lunghi […] tra il deposito del ricorso di separazione e la data fissata per la comparizione dei coniugi innanzi al Presidente […], obbligare i coniugi separandi a recarsi presso un centro di mediazione familiare, potrebbe contribuire a smorzare la conflittualità esistente, consentendo loro di giungere all'udienza presidenziale, in condizioni di maggiore serenità”.

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denominato “Nuove norme in materia di separazione dei coniugi e affidamento condiviso dei figli”. Questo prevedeva l'introduzione nel codice civile di un articolo 155-ter, volto all'istituzione di centri familiari polivalenti in grado di offrire ogni genere di aiuto di cui la coppia avrebbe potuto avere bisogno: non solo mediazione, ma anche consulenza e terapia familiare, specialmente per i problemi nascenti dalle modalità dell'affidamento dei figli.308 Quasi contemporaneamente, venne presentato un secondo progetto, il n. 2233/2002, denominato “Modifiche al codice civile in materia di separazione dei coniugi con riguardo ai figli”. Anche questo prevedeva l'istituzione di un articolo 155-ter, nel quale si statuiva che il giudice, in caso di necessità, potesse invitare le parti ad avviare un tentativo di mediazione, al fine di raggiungere un accordo con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale

308 DDL n. 1036/2002, Parte preliminare: “[...] L’articolo 155-ter, che si introduce nel codice civile, si preoccupa di fornire ai genitori, ove necessario, un supporto (centro familiare polifunzionale) per impostare correttamente un nuovo tipo di vita, accettando i necessari sacrifici non tanto per venire incontro ai desideri dell’altro, quanto per rispettare le esigenze del bambino. E che l’interesse di quest’ultimo sia ora effettivamente al primo posto è sottolineato dalla possibilità di una sua presenza al momento di stabilire il nuovo assetto familiare, non più per rispondere ad assurde richieste di scelta tra un genitore e l’altro, ma per partecipare, in un contesto non traumatico, alla costruzione della sua futura giornata, suggerendo ciò che per lui possa risultare più agevole o meno scomodo. Il centro è stato pensato come unità in grado di offrire ogni genere di aiuto di cui la coppia possa necessitare: non solo mediazione, ma anche consulenza e terapia familiare”.

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dei figli.309 Il terzo progetto fu il n. 2344/2002, denominato “Disposizioni in materia di separazione, di scioglimento e di cessazione degli effetti civili del matrimonio con riferimento all'affidamento dei figli”. Il testo sanciva l'istituzione di un articolo 155-quinquies, per l'introduzione di centri di mediazione familiare, e indicava lo scopo dell'istituto come quello di “consentire alle parti di pervenire ad un accordo diretto, mirato alla formulazione di un programma di interazione tra loro, e ad una migliore gestione del rapporto con la prole”.310

309 Art. 3, DDL n. 2233/2002: “Dopo l’art. 155-bis è introdotto il seguente: Art. 155-ter - Poteri istruttori del giudice: Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’art.155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova, ivi compresa, salvo che particolari ragioni lo sconsiglino, l’audizione dei figli minori. Qualora ne ravvisi la necessità, il giudice, sentite le parti ed ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione degli stessi provvedimenti per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”. 310 Art. 2, DDL n. 2344/2002: “Art. 155-quinquies. - (Centri per la mediazione familiare). Sono istituiti appositi centri per la mediazione familiare. In qualunque fase del procedimento di separazione, scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, o nel procedimento di cui all'articolo 155-quater, il giudice può sospendere il relativo procedimento, su istanza congiunta delle parti e contestuale indicazione del nominativo del centro e della sua accettazione di mediabilità, per un periodo di otto mesi, al solo fine di consentire l'esperimento di un percorso di mediazione familiare presso un centro specializzato pubblico o privato. La mediazione familiare, in assoluta autonomia dal contesto giudiziario, ha lo scopo di consentire alle parti di pervenire ad un accordo diretto, mirato alla formulazione di un programma di interazione tra loro, e ad una migliore gestione del rapporto con la prole. Il mediatore familiare, munito di requisiti di formazione specifici, svolge la sua opera garantendo la segretezza del contenuto degli incontri, rispettando la volontà di partecipazione di entrambe le parti e garantendo la terzietà del contesto mediativo dal contesto giudiziario e di consulenza. Ove nella interruzione del processo, ottenuta ai sensi del primo comma, una o entrambe le parti non si presentino presso il centro prescelto, è dichiarata la contestuale cessazione del percorso di mediazione, con conseguente diritto per la parte che vi abbia interesse a promuovere l'immediata ripresa della fase giudiziale. Al termine del percorso di mediazione le parti sottoscrivono un verbale di accordo che è

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Infine, fu la volta del progetto di legge n. 3537/2001, denominato “Nuove norme in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”. La disposizione prevedeva l'istituzione dell'articolo 709-bis c.p.c., rubricato “Camera di mediazione”, il quale sottolineava con forza il carattere obbligatorio della procedura: “In tutti i casi in cui, pur nel dissenso di uno dei genitori, è disposto l’affidamento condiviso, nel relativo provvedimento deve essere inserito, d’ufficio o su comune indicazione dei coniugi, il nominativo di un centro o di un esperto di mediazione familiare. Le parti hanno l’obbligo, prima di adire il giudice e salvo i casi di assoluta urgenza o di grave ed imminente pregiudizio per i minori, di rivolgersi, per la risoluzione dei conflitti insorti tra esse in ordine all’esercizio della potestà o alle modalità dell’affido condiviso, al centro o alla persona indicata. Ove la mediazione non produca risultati, le parti possono rivolgersi al giudice, come previsto dal successivo art. 709-ter”.311

presentato, dalla parte più diligente, al giudice per la relativa omologazione. Gli aspetti economici dell'accordo possono far parte del documento anche se concordati al di fuori dell'intervento di mediazione familiare. Possono svolgere le funzioni di mediatori familiari solo i soggetti in possesso di una specifica formazione compiuta presso strutture appositamente riconosciute in base ai criteri fissati dalla legge istitutiva dell'albo professionale dei mediatori familiari”. 311 F. OCCHIOGROSSO (nota di), Affidamento condiviso, in www.minoriefamiglia.it, consultato il 26/01/2012: “Il primo testo unificato Paniz prevedeva l’istituzione di centri familiari polifunzionali, chiamati a svolgere attività di mediazione ma anche a formulare un progetto educativo comune da presentare al giudice ed in generale un’attività di accompagnamento della famiglia nel corso del travaglio per la ricerca di nuovi equilibri. L’art. 709-bis c.p.c. proposto dal nuovo testo unificato non parla più di centri familiari polifunzionali, ma li sostituisce con la “camera di mediazione” e dice che le parti hanno

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L'obbligatorietà del procedimento, cosi come descritta dal testo, fu oggetto di forti critiche, in sede di discussione del provvedimento, così come lo era già stata in ambito dottrinale.312 Ne è nato un vivace dibattito, dal quale si è giunti all’approvazione della legge n. 54 dell’8 febbraio 2006, la quale ha introdotto l’istituto dell’affidamento condiviso e che, con particolare riferimento alla mediazione, ha inserito nel codice civile il nuovo articolo 155-sexies (rubricato “poteri del giudice e ascolto del minore”).313 Quest'ultimo, al secondo comma, prevede che “qualora ne

l’obbligo, prima di adire il giudice e salvo casi di assoluta urgenza o di grave ed imminente pregiudizio per i minori, di rivolgersi, per la risoluzione dei conflitti insorti tra esse in ordine all’esercizio della potestà o alle modalità dell’affido condiviso, al centro o alla persona indicata. La stessa disposizione precisa, al primo comma, che in tutti i casi in cui, pur nel dissenso di uno dei genitori, è disposto l’affidamento condiviso, nel relativo provvedimento deve essere inserito d’ufficio o su comune indicazione dei coniugi il nominativo di un centro o di un esperto di mediazione familiare. Si conclude infine affermando che, ove la mediazione non produca risultati, le parti possano rivolgersi al giudice”. 312 F. SCAPARRO, La forza di una mediazione non obbligatoria, in M. A. GUIDA (a cura di), I figli dei genitori separati. Ricerca e contributi sull'affidamento e la conflittualità, Franco Angeli Editore, Milano, 2006, p. 277: “Rendere la mediazione familiare obbligatoria snatura uno strumento che da secoli l'esperienza umana ha indicato come efficace se e quando le parti vi aderiscono volontariamente e nella fiducia che quanto negoziato in mediazione non potrà mai essere utilizzato a loro danno. Ma se un giudice obbliga le parti a mediare, come potranno le parti sentirsi libere di negoziare in un clima di assoluta riservatezza e di fiducia nell'indipendenza del mediatore?”. 313 L. BALESTRA, Commentario del Codice civile - Della Famiglia - Vol. IV, Utet, Torino, 2010, p. 717: “Nel parlare del procedimento di divorzio, […] si devono […] menzionare le novità introdotte dalla l. n. 54/2006 […]. Salvo rinviare, per un'analisi più approfondita, ai commenti specifici delle singole norme, vanno dunque menzionati: - art. 155 sexies, 2° co., c.c., alla cui stregua, il giudice (incluso, si ritiene, il presidente), con il consenso delle parti, può rinviare la decisione sull'affidamento e sul mantenimento della prole minorenne perché i coniugi tentino una mediazione per raggiungere un accordo [...]”.

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ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.314 Questo articolo introduce, per la prima volta, la mediazione familiare nelle controversie di separazione e divorzio315, ma non raccoglie, come è evidente, tutti gli spunti forniti dal lungo dibattito in merito alla disciplina.316 Il Legislatore, infatti, ha preferito valorizzare il consenso dei coniugi, che volontariamente si sottopongono alla mediazione, piuttosto che renderla obbligatoria: Il Giudice che si trova a confrontarsi con la crisi familiare, può soltanto “consigliare” alle

314 Art. 155-sexies, comma secondo, Codice Civile, cit. 3150 M. A. LUPOI, Separazione e divorzio. Attività e questioni processuali, Maggioli Editore, Sant'Arcangelo di Romagna, 2011, p. 151: “Il legislatore della legge sull'affidamento condiviso ha per la prima volta ufficializzato il ruolo della mediazione come strumento di deflazione del contenzioso genitoriale, essendo, per altro, evidente che tale contenzioso si presta ad essere affrontato e possibilmente risolto con gli strumenti del dialogo costruttivo, nell'interesse di tutte le parti coinvolte”. 316 E. URSO, La mediacion en Italia y en el panorama europeo a la luz de la Directiva CE/2008/52, in AA. VV. (a cura di), Mediacion, arbitraje y resolucion extrajudicial del conflictos en el siglo XXI. Mediacion, Reus, Madrid, 2010, p. 343 ss.: “La terza legge che si occupa, sebbene incidentalmente, della mediazione, riguarda le situazioni di crisi della coppia, coniugale o di fatto, e le misure per la protezione dei diritti dei figli. Si tratta della legge n. 54/2006, che, dopo un lungo periodo di attesa, oltre 10 anni, e un dibattito parlamentare troppo breve, fu approvata prima del termine della legislatura, l'8 febbraio 2006. La riforma, accogliendo solo una parte delle numerose proposte presentate, ha modificato il codice civile, in merito ad una norma di carattere processuale ( introducendo l'articolo 155-sexies), inerente alla disciplina della rottura dell'unione matrimoniale”.

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parti, laddove lo ritenga necessario ed opportuno, di intraprendere tale cammino.317 Il percorso mediativo si inserisce all’interno del procedimento civile e non ne costituisce né un precedente logico, né un’alternativa.318 Sebbene, al momento, quella descritta rappresenti la disposizione di maggior rilievo in materia, tuttavia mantiene un atteggiamento ambiguo nei confronti della mediazione familiare: né la vieta, né la promuove. Nel paragrafo successivo andrò ad esaminarne il contenuto, mettendo in risalto le lacune che la contraddistinguono.

5 La legge n. 54/2006 e il ricorso alla mediazione familiare Come ho più volte avuto modo di accennare, ad oggi non esiste, nel nostro ordinamento, una normativa generale della mediazione

familiare.

Di

questo

istituto

si

occupa,

seppur

317 AA. VV., La mediazione familiare e la soluzione delle controversie sorte tra genitori separati, op. cit., p. 90: “Esaminando il testo dell'art. 155-sexies c.c., è possibile scorgere determinati aspetti, tutti indistintamente rilevanti. Innanzitutto, la scelta del legislatore è stata quella di un ricorso alla mediazione familiare, in cui siano le parti a dover manifestare il proprio consenso e quindi aderire a un percorso di dialogo e confronto, a seguito dell'invito formulato dal giudice”. 318 F. SCAPARRO, La forza di una mediazione non obbligatoria, in M. A. GUIDA (a cura di), I figli dei genitori separati. Ricerca e contributi sull'affidamento e la conflittualità, op. cit., p. 277: “Ridurre la questione ha uno scontro tra chi vuole degiurisdizionalizzare del tutto il diritto di famiglia e che questa prospettiva rifiuta, non è convincente, tanto più quando in questo scontro finisce con l'andare di mezzo la mediazione familiare che gli uni vorrebbero sostitutiva dell'intervento legale e gli altri modesta ancella del sistema legale stesso. La mediazione familiare, almeno nelle convenzioni di molti mediatori, non sostituisce il sistema legale ne è a esso subordinata”.

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incidentalmente, la legge n. 54 del 2006319, la quale ha introdotto nel codice civile il nuovo articolo 155-sexies: la disciplina, per quanto scarna, permette di delineare un regime di procedura secondo il quale, in presenza di determinate condizioni, il Giudice ha facoltà di disporre il rinvio a nuova data dell'adozione dei provvedimenti di cui all’art. 155 c.c..320 Dalla lettura del testo, si può dedurre che i presupposti per l'operatività della mediazione sono previsti ex lege: il procedimento di mediazione può essere disposto se il Giudice ne ravvisa l'opportunità, se le parti sono state sentite e se hanno prestato il loro consenso. Quanto

al

primo

presupposto,

esso

è

basato

sulla

discrezionalità valutativa e insindacabile del giudicante. Su questo punto Giuseppe Spadaro chiarisce come “il concetto di opportunità,

319 S. PELLEGRINI, Il contenzioso giuridico in Italia tra mutamento e riforme, Giuffré, Milano, 2008, p. 191: “Con la riforma introdotta con la legge 54 del 2006, il nostro legislatore ha introdotto nel sistema processuale la previsione che il giudice, se ne ravvisa l'opportunità e con l'accordo delle parti, rinvii l'adozione dei provvedimenti provvisori permettendo ai coniugi di avvalersi di esperti per il tentativo di mediazione. Si tratta solo di un generico di ambiguo richiamo che però è in sintonia con l'esigenza dell'assoluta volontarietà della mediazione”. 320 Art. 155-sexies, Codice Civile - Poteri del Giudice e ascolto del minore: “Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.

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tuttavia, non [sia] legato ad una prognosi concernente le sorti della mediazione ma ad una valutazione approssimativa del livello di conflittualità tra le parti. E il giudice valuta l’opportunità del 'tentativo' e non 'dell’accordo'”. 321 Quanto al secondo requisito, esso ha una duplice valenza: in primo luogo, l'audizione delle parti è necessaria per porre in essere quel giudizio di opportunità di cui si è appena discusso; in secondo luogo, questo presupposto risulta fondamentale per il rispetto del principio del contraddittorio. Per questo motivo, il termine “parte” deve essere inteso in senso sostanziale: il difensore, infatti, non può sostituire l’assistito in questa attività.322 L’ultimo requisito è determinante poiché uno dei principi della mediazione è rappresentato proprio dal consenso delle parti, che deve essere presente in ogni momento del procedimento.323

321 G. SPADARO, G. BUFFONE, La mediazione familiare nel rito della separazione e del divorzio ovvero note a margine dell’art. 155-sexies, introdotto dalla legge 54/2006, 2009, n. 20, consultabile in www.neldiritto.it. 322 F. FANTETTI, Diritto di famiglia e diritti familiari, Maggioli Editore, Bologna, 2011, p. 162: “[Il Giudice], ascoltando direttamente le parti, potrà porre in essere quel giudizio di opportunità ed in tal senso il termine “parte” deve essere inteso nell'accezione sostanziale, ovvero che l'avvocato non potrà sostituire l'assistito in questa attività”. 323 Ibidem: “Essenziale requisito che rende possibile l'intervento di mediatori è quello del consenso, libero e meditato, sempre revocabile, dei coniugi ad intraprendere il percorso di mediazione”.

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Una volta sentite le parti ed accolto il loro consenso, se reputa opportuna la mediazione, il Giudice ne dà atto nel verbale di udienza in cui fissa la nuova comparizione delle parti dinnanzi a sé.324 In questa sede si possono configurare tre diverse situazioni: •

le parti raggiungono un accordo, che sarà pertanto

oggetto di omologazione da parte del Giudice; •

le parti non raggiungono un accordo (il Giudice provvede

ai sensi degli artt. 155 c.c. e ss.); •

il Giudice, rilevata la necessità di altro tempo per la

formazione dell’accordo, acquisisce il consenso delle parti e dispone un ultimo rinvio. La mancanza di chiarezza espositiva, ad opera dell'articolo 155-sexies, riguardo alla procedura di mediazione, si riscontra allo stesso modo in merito alla descrizione della qualifica del mediatore. E' assodato come questa figura debba avere una formazione completa di elementi giuridici e psicologici325, tuttavia il disposto normativo non fa

324 Ibidem: “Il giudice pertanto, sentite le parti ed accolto il loro consenso, se reputerà opportuna la mediazione, ne darà atto nel verbale di udienza in cui, in ogni caso, fisserà la nuova comparizione delle parti dinanzi a sé”. 325 G. AUTORINO STANZIONE, La separazione, il divorzio, l'affido condiviso, Giappichelli, Torino, 2011, p. 506: “Mediatori […] possono essere persone sia con attribuzioni propriamente

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riferimento a nessuno dei due ambiti, limitandosi a riportare la locuzione generica “esperti”326: da questa incertezza si può dedurre che il ruolo di mediatore possa essere svolto da professionisti di entrambi i settori, qualificabili, secondo la giurisprudenza prevalente, come ausiliari atipici del giudice ex art. 68 c.p.c..327 Lo stesso orientamento si riscontra nella sentenza del Tribunale di Bari del 21 novembre 2000328, la quale, prospettando la possibilità per le parti, qualora siano disponibili, di essere indirizzate verso un programma di mediazione, specifica che un procedimento di questo tipo non esclude che la decisione finale spetti al giudice, del

concernenti l'attività di consulenza psicologica sia con conoscenze a sfondo prettamente legale. È constatazione fin troppo agevole, del resto, come la mediazione familiare assorba in sé i due momenti (legale e psicologico, appunto) senza che, di regola, possa ravvisarsi la prevalenza dell'uno sull'altro”. 326 G. AUTORINO, C. TROISI, D. NOVIELLO, Mediazione e conciliazione nelle controversie civili e commerciali, op. cit., p. 88: “Alla legge va […] riconosciuto il merito di aver previsto, tramite l'introduzione dell'art. 155-sexies, per la prima volta nel nostro ordinamento, il possibile ricorso all'istituto nei procedimenti di separazione e divorzio. Tale disciplina rimane, tuttavia, alquanto vaga sotto diversi profili lasciando aperte numerose questioni, quali la qualificazione giuridica del mediatore familiare che, tra l'altro, viene definito genericamente 'esperto', e la possibilità dell'applicazione della mediazione al rito del divorzio. Su tali questioni è intervenuta, in un'opera di supplenza, la giurisprudenza che ricostruisce la figura del mediatore familiare in termini di ausiliario atipico del giudice ex art. 68 c.p.c., sottolineando, in tal modo, l'impossibilità di qualificarlo in termini di nuova figura processuale”. 327 Ibidem: “Né indicazioni differenti o più dettagliate si traggono dal dettato dell'art 155-sexies c.c., il quale al contrario si rivela incompleto in contenuti che consentano di identificare la persona del mediatore. La norma discorre genericamente di 'esperti', con la locuzione che, all'indomani della caducazione delle proposte di legge propense ad incardinare ogni competenza in capo agli avvocati, ben si presta ad essere riferita indistintamente (altresì) a sociologi, a centri di assistenza, a psichiatri e dunque, in senso lato, a persone estranee all'universo propriamente giudiziario o forense”. 328 Trib. Bari, 21 novembre 2000, in Dir. Famiglia, 2001, p. 1501 ss.

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quale i mediatori possono considerarsi ausiliari atipici, e non consulenti.329 Questo comporta l'autonomia di questa figura rispetto al circuito giudiziario, con conseguenze evidenti: il mediatore non ha l'obbligo di prestare giuramento e il suo compenso dev'essere liquidato direttamente dalle parti (o attraverso il pagamento di un ticket in caso di servizio pubblico). Inoltre, egli non è obbligato a presentare una relazione al giudice, ne a comunicargli il contenuto dell'eventuale accordo. 330

329 AA. VV., Manuale pratico di separazione e divorzio, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2009, p. 230: “Parte della dottrina ritiene opportuno considerare gli 'esperti' alla stregua di 'ausiliari del Giudice' di cui all'art. 68 c.p.c., ove si prevede che 'nei casi previsti dalla legge o quando ne sorga la necessità, il giudice, il cancelliere o l'ufficiale giudiziario si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che non è in grado di compiere da sé solo'. Tale posizione è stata ad esempio autorevolmente sostenuta nella decisione del Tribunale di Bari del 21 novembre 2000: 'E' assai opportuno e conforme a legge che il giudice, in caso di crisi del nucleo domestico, qualora accerti la disponibilità delle parti a partecipare attivamente ad un programma di mediazione tra le opposte esigenze e le corrispondenti pretese, rinvii gli interessati ad un organismo o centro qualificato di mediazione familiare, allo scopo di raggiungere (o di agevolare) la conclusione di un accordo e l'adesione consapevole ad una soluzione non imposta dall'alto, ma voluta dalle parti stesse; un rinvio siffatto, peraltro in armonia con i poteri/doveri conciliativi del giudice, nonché con la normativa, nazionale ed internazionale, auspicante l'intervento di un soggetto imparziale, diverso dal giudice, anche, e soprattutto, nei conflitti domestici, non esclude che il vaglio finale della soluzione concordata spetti, pur sempre, al giudice, del quale i mediatori possono considerarsi, ex art. 68 c.p.c., ausiliari atipici”. 330 I. BUZZI, ADR e mediazione familiare in Europa, in www.vertici.com, consultato il 24/01/2012: “Nel campo della mediazione in famiglia, l'unica cosa a cui i giuristi si possono appellare per confrontarsi e per capire bene quale sia la funzione del mediatore familiare, è una sentenza di Occhiogrosso (Sez. I, 21 novembre 2000, Tribunale di Bari), dove si specifica in modo preciso che il mediatore non è un consulente del giudice, quindi lavora autonomamente rispetto al circuito giudiziario: è un ausiliario, ciò vuol dire che non deve prestare giuramento, ciò vuol dire che il suo compenso viene liquidato, se deve essere liquidato, direttamente dalle parti: se è offerto presso un servizio pubblico, gli utenti pagheranno il ticket, se è offerto presso un servizio privato le parti liquideranno direttamente il compenso al mediatore. Non solo, ma va aggiunto che il mediatore non è assolutamente tenuto a presentare una relazione al giudice. Può semplicemente limitarsi a comunicare “si, abbiamo lavorato insieme” e “si, hanno raggiunto un accordo”, oppure “no, non hanno raggiunto un accordo”. Non è necessario che il

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Le associazioni di settore, al riguardo, hanno sollecitato gli operatori giuridici verso una interpretazione che qualifichi i mediatori in termini di nuova figura professionale, distinta dalla veste di ausiliario, al fine di garantire la loro naturale fisiologia, caratterizzata da complementarietà tra il percorso di mediazione e la fase processuale. Tuttavia, in mancanza di chiarezza legislativa, restano incerti, al momento, i canoni formativi a cui i mediatori debbano uniformarsi.331 Per questo motivo, i maggiori centri presenti in Italia hanno sopperito a questa lacuna attenendosi agli standard dettati dalla Charte Europeenne del 1992 e dallo statuto del Forum Europeo di formazione e ricerca in mediazione familiare332, un organismo costituito a

mediatore consegni al giudice il contenuto dell'accordo. Questo, è un precedente importante per l'Italia perché, mentre la Francia ha introdotto la mediazione familiare in quello che è il percorso regolare che le coppie devono affrontare al momento della separazione e del divorzio, e allo stesso modo è successo in Germania, in Norvegia, e in altri Stati del Nord Europa, tra cui anche in Inghilterra, Irlanda, ecc., in Italia siamo bloccati su qualsiasi riforma della legislazione in materia di famiglia, nonostante ci siano progetti di legge presentati da oltre dieci anni che purtroppo non maturano”. 331 C. BARALDI, G. MAGGIONI, La mediazione con bambini e adolescenti, Donzelli Editore, Roma, 2009, p. 223: “La mancata introduzione del termine 'mediazione familiare' al posto di 'esperto' è una questione non solo terminologica, ma sostanziale. In questo modo, infatti, il legislatore ha, di fatto, sancito la possibilità di effettuare un percorso di mediazione per tutte le figure professionali attualmente impegnate nell'iter relativo alla separazione”. 332 I. BUZZI, ADR e mediazione familiare in Europa, op. cit.: “Occorre ricordare che per quanto riguarda la formazione dei mediatori familiari in Europa, fin dai primi anni '90, c'era stato il tentativo di creare una certa uniformità di intenti. Era stata realizzata e rispettata la Charte

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Marsiglia nel 1997, con il fine di promuovere e definire i principi formativi e deontologici dei mediatori.333 Un' altra questione molto dibattuta, in dottrina e in giurisprudenza, concerne l'applicabilità della mediazione al rito del divorzio.

Europeenne del 1992 (una convenzione tra centri di formazione appartenenti a diversi stati europei, tra cui anche l'Italia) che tuttavia, essendo stata finanziata e patrocinata dalla Association pour la Promotion de la Mediation Familiale o APMF, restava legata a quella singola associazione privata francese. In seguito, gli stessi centri di formazione e organismi costituenti la Charte riuniti e, con una certa continuità rispetto al lavoro fatto nel '90 e nel '92, hanno formato il Forum Europeo Formazione e Ricerca in Mediazione Familiare con sede a Marsiglia in Francia, ma di carattere prettamente internazionale, un'associazione creata principalmente, se non quasi esclusivamente, da centri di formazione alla mediazione familiare. Il Forum Europeo si proponeva, in assenza di regolamentazioni nazionali specifiche, di promuovere una formazione valida ed efficace in tutta Europa, quindi l'intento non era quello di conferire il titolo di “eletti” ai centri che ne fanno parte e che ottenevano l'approvazione della loro formazione, ma quello di accogliere, se possibile, tutti i centri di formazione in mediazione familiare per uniformare e lentamente elevare gli standard della qualità formativa. In Italia si contavano nel 2003, 55 centri di formazione alla mediazione familiare, e nel Forum Europeo vi erano 12 paesi rappresentati, con evidenti difficoltà linguistiche e quindi di comunicazione, ma uniti dalla mediazione familiare. Per quanto riguarda la formazione in Italia, sono riscontrabili alcuni modelli formativi ben precisi. Uno è quello diffuso dall'AIMS, presente in tutta Italia con numerosi centri di formazione. C'è poi il modello SIMEF, anche il modello SIMEF è un modello molto diffuso, soprattutto, ma non esclusivamente, presso le ASL. Ci sono poi alcuni centri della scuola Morineau che, essendo mediazione a 360 gradi secondo la volontà della sua ideatrice e principale rappresentante, fanno formazione anche per mediatori familiari e hanno una caratteristica che è quella di essere molto attenti a eventuali situazioni di violenza intradomestica. Ci sono anche molte scuole di derivazione statunitense o più eclettiche, come ad esempio nel caso dell'autrice del presente contributo. Da puntualizzare: non tutte le scuole, o meglio non tutti i modelli presenti oggi in Italia affrontano, oltre alla conflittualità legata alla cura dei minori, anche la conflittualità legata alla gestione del denaro. Quindi, alcuni mediatori in Italia svolgono funzione di mediatori soprattutto per quanto riguarda situazioni di affido, altri mediatori affrontano situazioni di mediazione familiare anche per quanto riguarda il contenzioso legato alla gestione del denaro”. 333 E. ALLEGRI, P. DEFILIPPI, Mediazione familiare. Temi e ricerche, op. cit., p. 8: “Allo stato attuato esistono numerose associazioni, a livello italiano ed europeo, che si occupano della formazione alla mediazione familiare; va inoltre segnato il Forum europeo di formazione e ricerca, organismo che si è costituito nel 1997 a Marsiglia per definire gli standard formativi, i criteri di accesso alla formazione e il codice deontologico che i professionisti operanti in tale campo dovranno rispettare”.

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Il fine principale della mediazione familiare consiste nel far sì che i coniugi pervengano ad un accordo. Se questa ratio risulta funzionale al raggiungimento dell'omologa nel rito della separazione, altrettanto non può dirsi nella procedura di divorzio. Infatti, se gli accordi fra coniugi in vista della separazione sono pacificamente, ormai, reputati validi e ammissibili, gli accordi in vista del divorzio, invece, sono tuttora ritenuti improduttivi di effetti.334 Tuttavia, questa tesi si pone in contrasto con l'articolo 4 della legge n. 54/2006, il quale, al comma 2, dispone che “le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”.335

334 G. AUTORINO, C. TROISI, D. NOVIELLO, La mediazione delle controversie civili e commerciali, op. cit., p. 218: “Gli accordi in vista della separazione, al contrario degli accordi preventivi di divorzio, sono considerati meritevoli di tutela dalla dottrina e dalla giurisprudenza dominanti. La sentenza della Cassazione, sez. I, 12-02-2003, n. 2076 esprime, infatti, il principio secondo il quale gli accordi dei coniugi diretti a fissare, in sede di separazione, il regime giuridico del futuro ed eventuale divorzio, sono nulli per illiceità della causa, anche nella parte in cui concernono l'assegno divorzile – che per la sua natura assistenziale èè indisponibile – in quanto diretti, implicitamente o esplicitamente, a circoscrivere la libertà di difendersi nel giudizio di divorzio, trova fondamento nell'esigenza di tutela del coniuge economicamente più debole, la cui domanda di assegnazione dell'assegno divorzile potrebbe essere da detti accordi paralizzata o ridimensionata”. 335 Ivi, p. 94: “ […] A ridimensionare il dubbio circa l'applicabilità della disciplina in esame al rito del divorzio è l'art. 4, comma 2, legge 54/2006, il quale prevede che le disposizioni della normativa (quindi anche l'art. 155-sexies c.c.) si applichino anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché i procedimenti relativi ai figli

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Un aspetto di rilievo, che accomuna i riti di separazione e divorzio, è rappresentato dall'interesse preminente e primario alla tutela della prole, in particolare dei figli minori: in questo senso si è espresso il Tribunale di Lamezia Terme con l'ordinanza del 28 novembre 2007336, affermando che “laddove la mediazione sia deputata a realizzare siffatta tutela, escluderla, in siffatti casi, creerebbe un vulnus agli artt. 3, 30, 31 Cost.”.337 La particolare attenzione dedicata alla tutela della prole minorenne non va intesa come esclusiva. L'articolo 155-sexies c.c., infatti, non pone limitazioni in termini di età, citando testualmente la parola generica “figli”: ciò vuol dire che l’interesse che muove la mediazione può essere rinvenuto dal Giudice anche nella situazione giuridica soggettiva che fa capo ai figli maggiorenni, non ancora usciti dal nucleo familiare e bisognosi della genitorialità.

di genitori non coniugati”. 336 Ibidem: “La norma di cui all'art. 155-sexies, comma 2, c.c. sarebbe, secondo l'orientamento della presente ordinanza, comunque applicabile in via analogica nel procedimento divorzile, considerata, tra l'altro, la previsione del potere conferito al giudice di esperire anche nel rito del divorzio il tentativo di conciliazione corrispondente alle medesime ragioni giustificative dell'istituto nell'ambito del procedimento inteso a conseguire la separazione. Anche nel rito del divorzio permane, cioè, l'interesse preminente e primario alla tutela della prole, in particolare dei figli minori, cosicché, laddove la mediazione sia deputata a realizzare siffatta tutela, escluderla, in siffatti casi, creerebbe un vulnus agli artt. 3, 30, 31 Cost.”. 337 Trib. Lamezia Terme, (ord.) 28 novembre 2007, in F. FANTETTI, Diritto di famiglia e diritti familiari, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2011, p. 168, cit.

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Ed, infatti, la genitorialità è un concetto che non ha un “termine di durata” riferito all’età del figlio, ma involve, più propriamente, lo stato della prole, fintanto che questa abbia bisogno della propria famiglia e non abbia deciso di lasciare la stessa in quanto autosufficiente da un punto di vista economico e morale.338

6. Il percorso verso una legge statale La disciplina prevista dalla legge n. 54/2006 resta, tutt'oggi, l'unico riferimento normativo per la mediazione familiare in Italia. Tuttavia, non sono mancate, negli anni successivi alla sua approvazione, nuove proposte tese al perfezionamento dell'istituto trattato. Il 29 luglio del 2008 è stato presentato in Senato il disegno di legge n. 957, sul tema “Modifiche al codice civile e al codice di procedura civile in materia di affidamento condiviso”, che di recente è

338 G. CONTIERO, Il mantenimento dei figli maggiorenni nella separazione e nel divorzio, Giuffré, Milano, 2011, p. 67: “I presupposti del diritto al mantenimento della prole maggiorenne, allorché la coppia genitoriale sia in crisi, sono costituiti dal permanere, se vogliamo rafforzato, dei precetti scaturiti dagli artt. 147-148 c.c. e 30 Costituzione, integrati dai criteri stabiliti dall'articolo 155 c.c., nel testo riformato dalla legge n. 54/2006. In ogni caso la finalità primaria perseguita dal legislatore e più volte confermata dalla giurisprudenza, da ultimo con la sentenza n. 400/2010 , della Corte di Cassazione, è quella di garantire alla prole maggiorenne il mantenimento del tenore di vita della stessa goduto durante la convivenza con entrambi i coniugi”.

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stato virtualmente sostituito dal disegno di legge n. 2454, comunicato alla Presidenza il 16 novembre 2010, intitolato “Nuove norme sull’affidamento condiviso dei figli di genitori separati”. Entrambi i citati testi normativi, al momento in fase di discussione presso la Commissione Giustizia del Senato, prevedono l’abrogazione del secondo comma dell’attuale art. 155-sexies c.c., con uno spostamento delle norme sulla mediazione dal codice civile al codice di procedura civile. In concreto, il DDL n. 2454/2010339 prevede, all'articolo 8, l’inserimento nel Codice di Procedura Civile di un articolo 706-bis, rubricato “Mediazione familiare”340, che testualmente recita: “In tutti i casi di disaccordo nella fase di elaborazione di un affidamento condiviso le parti hanno l’obbligo, prima di adire il giudice e salvi i casi di assoluta urgenza o di grave ed imminente pregiudizio per i minori, di acquisire informazioni sulle potenzialità di un eventuale percorso di mediazione familiare,

339 Nella sostanza, il contenuto dei progetti di legge 957/2008 e 2454/2010 risulta equivalente, pertanto, al fine di evitare inutili ripetizioni, andrò ad esaminare solo il più recente dei due. 340 DDL n. 2454/2010, Parte preliminare: “L’articolo 8 restituisce alla mediazione familiare il riconoscimento pieno che aveva ricevuto nella penultima stesura della legge 8 febbraio 2006 n. 54, da parte della Commissione Giustizia della Camera. L’impoverimento di tale strumento è stato concordemente biasimato da tutti gli operatori del settore, che hanno reiteratamente segnalato i vantaggi di prevedere una informazione obbligatoria sulle potenzialità di un eventuale percorso di mediazione prima di qualsiasi contatto con la via giudiziale. L’articolo, formulato in modo da prevenire la possibilità di false dichiarazioni per evitare il passaggio informativo, colloca, inoltre, più appropriatamente la norma all’interno della fase pregiudiziale, dopo l’articolo 706 del codice di procedura civile.”

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rivolgendosi ad un centro pubblico o privato, i cui operatori abbiamo formazione specifica ed appartengano ad albi nazionali specifici pubblici o privarti registrati nell’apposito elenco del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Ove l’intervento che può essere interrotto in qualsiasi momento, si concluda positivamente, le parti presentano al presidente del tribunale il testo dell’accordo raggiunto. Gli aspetti economici della separazione possono far parte del documento finale, anche se concordati al di fuori del centro di cui al primo comma. In caso di insuccesso le parti possono rivolgersi al giudice, ai sensi dell’articolo 706. In ogni caso la parte ricorrente deve allegare al ricorso la certificazione della acquisizione di informazioni presso il centro di cui al primo comma o concorde dichiarazione in tal senso; analogo obbligo incombe sulla parte resistente. In caso di contrasti insorti successivamente, in ogni stato e grado del giudizio o anche dopo la sua conclusione, il giudice segnala alle parti l’opportunità di rivolgersi ad un centro di mediazione familiare, di cui al primo comma. Se la segnalazione trova il consenso delle parti, il giudice rinvia la causa ad altra data in attesa dell’espletamento dell’attività di mediazione”.341

Questa impostazione legislativa ha il vantaggio di favorire lo sviluppo della responsabilità genitoriale, lasciando ai genitori la scelta di avvalersi dell’istituto della mediazione, e questo senza ricorrere a

341 Art. 8, DDL n. 2454/2010, cit.

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strumenti coercitivi; l’informazione sulla mediazione viene resa direttamente dai professionisti del settore che metteranno a disposizioni delle parti informazioni dettagliate sulla procedura di mediazione e la sua finalità.342 Con l'attuale articolo 155-sexies c.c., introdotto dalla legge sull’affido condiviso n. 54/2006, il legislatore si è limitato a definire marginalmente l’istituto della mediazione familiare, senza tuttavia introdurre la figura professionale del mediatore, creando un vero e proprio vuoto normativo sui requisiti per l’esercizio dell’attività di mediazione. Al fine di colmare questo vuoto normativo, nel 2010 sono stati proposti in successione due disegni di legge: •

il disegno di legge n. 2203, intitolato “Istituzione e

regolamentazione della figura professionale del mediatore familiare”, presentato in Senato il 20 maggio 2010; •

il disegno di legge n. 3868, intitolato “Istituzione della

342 G. AUTORINO, C. TROISI, D. NOVIELLO, Mediazione e conciliazione nelle controversie civili e commerciali, op. cit., p. 89: “Uno degli elementi sui quali si è andata delineando una vasta concordanza è quello della necessità di rendere obbligatoria l'informativa sulla mediazione familiare da parte di un mediatore. Se è vero che il percorso di mediazione familiare necessità del carattere della volontarietà per poter essere perseguito con la necessaria efficacia, è pur vero che difficilmente la coppia accederà alla mediazione senza un'adeguata informazione sulla stessa”.

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figura professionale del mediatore familiare”, presentato alla Camera dei Deputati il 17 novembre 2010. Il DDL n. 2203, come si comprende dal titolo, “propone l’istituzione della figura professionale del mediatore familiare quale soggetto in grado di assistere i componenti di un nucleo familiare interessato da vicende di separazione e divorzio oppure di cessazione di una convivenza”343. Nei primi due degli otto articoli del disposto vengono delineati i principi generali e la definizione di mediazione familiare, descritta come il “percorso che sostiene e facilita la riorganizzazione delle relazioni familiari e, in particolare, la condivisione della responsabilità genitoriale in vista o in seguito alla separazione, al divorzio o all’interruzione di una convivenza”.344 Il soggetto preposto allo svolgimento della mediazione è indicato dall'articolo 3, il quale, esponendone le funzioni, sostiene che il mediatore345:

343 DDL n. 2203/2010, Istituzione e regolamentazione della figura professionale del mediatore familiare, Parte preliminare, cit. 344 Art. 2, DDL n. 2203/2010, (Definizione di mediazione familiare): “ Per mediazione familiare si intende il percorso che sostiene e facilita la riorganizzazione delle relazioni familiari e, in particolare, la condivisione della responsabilità genitoriale in vista o in seguito alla separazione, al divorzio o all’interruzione di una convivenza”. 345 Art. 3, DDL n. 2203/2010, Istituzione della professione di mediatore familiare, cit.

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“a) si adopera affinché i genitori elaborino in prima persona un accordo di separazione soddisfacente per sé e per i propri figli; b) promuove l’esercizio da parte dei soggetti coinvolti della comune responsabilità genitoriale; c) favorisce, in maniera neutrale e in completa autonomia dal procedimento giudiziario, la ricerca di un accordo in sede di separazione o di divorzio, supportando i soggetti interessati anche nella fase successiva alle decisioni di carattere giurisdizionale; d) sostiene le parti affinché si possa giungere ad un’intesa che sia frutto del libero consenso di entrambi i coniugi.”

L'articolo successivo indica i requisiti per l’esercizio dell’attività di mediatore: affinché un soggetto possa svolgere tale attività, dovrà aver conseguito una delle lauree che saranno indicate dal comma 4 dello stesso articolo, e successivamente avere acquisito una specifica formazione professionale, mediante corsi di formazione, addestramento e un tirocinio teorico-pratico in mediazione familiare, per un monte ore complessivo non inferiore a 240.346

346 Art. 4, DDL 2203/2010 , Requisiti per l’esercizio dell’attività di mediatore: “1. L’esercizio dell’attività di mediatore è subordinato a una specifica formazione professionale, da acquisire, dopo il conseguimento delle lauree di cui al comma 4, mediante corsi di formazione, addestramento e un tirocinio teorico-pratico in mediazione familiare, così come definita dall’articolo 2 della presente legge, attivati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti con le procedure di cui all’articolo 3 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 162 del 1982. 2. I corsi di specializzazione di cui al comma 1 prevedono un monte ore complessivo non

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Per esercitare la professione di mediatore, secondo l'articolo 5 sarà necessario aver conseguito l’abilitazione in mediazione familiare mediante l’esame di Stato ed essere iscritto nell’apposito albo professionale.347 Il secondo disegno di legge citato, il n. 3868/2010, riprende in parte quanto disposto dal n. 2203/2010, soprattutto per quanto concerne la definizione di mediazione familiare e le funzioni del mediatore. Tuttavia, in aggiunta al precedente, specifica un importante aspetto in tema di corsi di formazione, prevedendo testualmente che “l’organizzazione dei corsi di formazione e di specializzazione per

inferiore a 240. 3. Per esercitare la professione di mediatore è necessario aver conseguito l’abilitazione in mediazione familiare mediante l’esame di Stato ed essere iscritto nell’apposito albo professionale. 4. Con regolamento adottato con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti: a) i corsi di laurea il cui conseguimento costituisce requisito per l’ammissione ai corsi di specializzazione di cui al comma 1; b) le modalità di svolgimento e i contenuti dell’esame di Stato di cui al comma 3”. 347 Art. 5, DDL 2203/2010 ,Esercizio dell’attività di mediatore: “1. Nello svolgimento delle funzioni di cui all’articolo 3, al mediatore è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione forense e di quella psicoterapeutica. 2. Il processo di mediazione ha carattere facoltativo e può essere interrotto in qualsiasi momento da una delle parti o da entrambe. 3. Il mediatore non è tenuto ad alcun obbligo di relazione nei confronti del giudice competente, né può essere citato come testimone nel corso di procedimenti giudiziari. 4. Il mediatore, qualora reputi che le regole della mediazione non siano state rispettate o qualora non sia in grado di garantire la necessaria imparzialità e neutralità, ha la facoltà di interrompere il procedimento di mediazione familiare. 5. Al mediatore è vietato qualsiasi intervento a favore di una delle due parti impegnate nel percorso di mediazione familiare”.

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mediatore familiare è attribuita alle università, agli enti locali, nonché ad associazioni, società e de enti accreditati dall’associazione”.348 In attesa che questi o altri progetti di legge vengano approvati, andando così a colmare una lacuna importante, il ruolo del mediatore familiare continua ad essere indefinito e contraddistinto da una mancanza di certezze che, come vedremo nell'ultimo paragrafo, non può che essere sottolineata dal confronto con la disciplina della conciliazione in ambito civile e commerciale.

6.1 La legge Regione Lazio n. 26/2008: un caso isolato La mancanza di una legislazione statale che determini con chiarezza l'istituto della mediazione familiare, ha indotto la Regione Lazio a legiferare in materia, emanando il 24 dicembre del 2008 la legge regionale n. 26, denominata “Norme per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare”.

348 Art. 6, DDL n. 3868/2010, Istituzione della figura professionale del mediatore familiare Corsi di formazione e di specializzazione: “1. L'organizzazione dei corsi di formazione e di specializzazione per mediatore familiare è attribuita alle università, agli enti locali e alle aziende sanitarie locali, nonché ad associazioni, società ed enti accreditati dall'Associazione. 2. Ai fini del riconoscimento da parte dell'Associazione, i corsi di formazione e di specializzazione per mediatore familiare devono essere conformi ai parametri stabiliti dalla medesima Associazione ed essere coordinati da un mediatore familiare iscritto alla stessa Associazione, che riveste la qualifica di direttore didattico”.

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L'articolo 1 della citata fonte regionale riporta la definizione di mediazione, intesa come “un percorso che sostiene e facilita la riorganizzazione della relazione genitoriale nell’ambito di un procedimento di separazione della famiglia e della coppia alla quale può conseguire una modifica delle relazioni personali tra le parti”.349 Negli articoli successivi viene affrontato il tema degli obiettivi della legge e dei centri di mediazione familiare,350 e descritto il ruolo del coordinatore per la mediazione familiare, figura professionale avente la qualifica di mediatore familiare ed istituito presso ogni azienda unità sanitaria locale.351 Infine, l’articolo 6 ha istituito, presso “l’assessorato regionale competente in materia di politiche sociali per regione, l’elenco regionale dei mediatori familiari, al quale è previsto possano iscriversi coloro che sono in possesso di laurea specialistica

349 Art. 1, L.R. Lazio 24 dicembre 2008, n. 26, Norme per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare, cit. 350 Ivi, art. 2, Obiettivi: “1. La Regione tutela la famiglia e la coppia con prole come principale nucleo di socializzazione e promuove politiche idonee ad un loro effettivo sostegno volte a favorire l'assolvimento delle responsabilità parentali, a sostenere la genitorialità, a mantenere la continuità della funzione genitoriale, con particolare riferimento alla salvaguardia dell'equilibrio psico-fisico dei minori. 2. La Regione, ai sensi della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), favorisce il mantenimento dell'affidamento dei figli minori ad entrambi i genitori mediante l'assunzione di accordi liberamente sottoscritti dalle parti che tengano conto della necessità di tutelare l'interesse morale e materiale dei figli. 351 Ivi, art. 3, Coordinatore per la mediazione familiare: “1. Per il conseguimento degli obiettivi di cui alla presente legge è istituita, presso ogni azienda unità sanitaria locale, la figura del coordinatore per la mediazione familiare avente la qualifica di mediatore familiare. [...]”

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in discipline pedagogiche, psicologiche, sociali o giuridiche, nonché di idoneo titolo universitario, quale master, specializzazione o perfezionamento, di durata biennale, di mediatore familiare oppure di specializzazione

professionale

conseguita

a

seguito

della

partecipazione ad un corso, riconosciuto dalla Regione Lazio della durata minima di cinquecento ore”.352 Con la Sentenza n. 131, depositata il 12 aprile del 2010, la Corte

Costituzionale,

con

la

dichiarazione

di

illegittimità

costituzionale degli artt. 1, comma secondo, e artt. 3, 4, 6 della suddetta legge regionale, ha abrogato l’unica disposizione normativa che ad oggi regolamentava la professione di mediatore.353 Il giudizio di legittimità costituzionale è stato sollevato con ricorso notificato il 27 febbraio 2009, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, relativamente all'articolo 1, comma secondo, e agli articoli 3, 4, 6

352 Ivi, art. 6, Elenco regionale dei mediatori familiari, cit. 353 D. BOLOGNINO, G. DE MARTIN, Democrazia partecipativa e nuove prospettive della cittadinanza, Wolters Editore, 2010, p. 108: “Di recente la Corte costituzionale con la sentenza n. 131 del 15 aprile 2010 ha dichiarato incostituzionale la legge regionale del Lazio 24 dicembre 2008, n. 26 (Norme per la tutela dei minori e la diffusione della cultura della mediazione familiare) che ha disciplinato le figure del mediatore familiare e del coordinatore per la mediazione familiare”.

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della legge della Regione Lazio 24 dicembre 2008 n. 26 ( nonché alle disposizioni con essi inscindibilmente connessi o dipendenti354), affermandone il contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione. Riassumendo, la censura mossa alla legge Regione Lazio n. 26/2008 è quella di avere disciplinato la figura del mediatore e del coordinatore per la mediazione familiare, introducendo così una figura professionale non regolamentata dalla legge statale.355 Infatti, l’articolo 1, comma secondo, della legge Regione Lazio n. 26/2008 ha dettato una definizione generale del ruolo e della figura professionale del mediatore familiare; gli articoli 3 e 4 hanno disciplinato la figura di mediatore familiare costituita dal coordinatore

354 Rientra fra queste l’art. 1 della LR Lazio 24 dicembre 2008 n. 27 (Modifiche alla deliberazione legislativa approvata dal Consiglio regionale nella seduta del 10 dicembre 2008). 355 Corte cost., 15 aprile 2010, n. 131, in www.cortecostituzionale.it - Questioni di fatto: “Secondo l’Avvocatura, le norme denunciate sarebbero riconducibili alla materia delle “professioni”, appartenente alla competenza legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. Il ricorrente ricorda che, secondo la giurisprudenza costituzionale, spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente previste dall’art. 117, terzo comma, Cost., mentre la legislazione regionale deve svolgersi nel rispetto di quelli risultanti dalla normativa statale già in vigore; ed osserva che, in base all’art. 1, comma 3, del d. lgs. 2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’art. 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131), la potestà legislativa regionale si esercita relativamente alle professioni individuate e definite dalla normativa statale. […] L’art. 155-sexies cod. civ., introdotto dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli), ha soltanto previsto, ma non istituito, la figura professionale del mediatore familiare, che difatti non è definita né disciplinata in alcuna legge statale”.

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per la mediazione familiare (istituito presso ogni ASL), l’articolo 6, infine, ha istituito un elenco regionale presso l’assessorato regionale dei mediatori familiari ed indicato l’analitica disciplina dei requisiti per l’accesso all’elenco stesso. In risposta alla sollevata eccezione di incostituzionalità, la Regione Lazio ha impostato la sua difesa sulla differenza tra “figura professionale” e “professionista”. Secondo la tesi difensiva, il ricorso dell'Avvocatura si basava sul “falso presupposto che la legge regionale impugnata [avesse] introdotto e disciplinato una nuova professione: quella del “mediatore familiare” e del “coordinatore per la mediazione familiare”. In realtà, la legge regionale impugnata non avrebbe né introdotto né disciplinato una “professione”, ma avrebbe individuato una “figura professionale”, cioè dotata di particolari competenze, destinata ad essere impiegata nell’ambito

di

strutture

pubbliche

ed

esercitante

funzioni

pubblicistiche”.356 Pertanto, la ratio del provvedimento normativo era quella di delineare una “figura professionale”, non un “professionista”

356 Corte cost., 15 aprile 2010, n. 131, Questioni di fatto, cit.

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lavoratore autonomo, operante nell’ambito della mediazione familiare: l'aspetto pubblicistico dovrebbe desumersi dal dato letterale della norma che, all’articolo 1, comma secondo, prevede che il mediatore familiare venga “sollecitato dalle parti o su invito del giudice o dei servizi sociali comunali o dei consultori o del garante dell’infanzia e dell’adolescenza […]”.357 Nel momento in cui la L.R. n. 26/2008 ha previsto che l’attività del mediatore familiare non trovi la sua fonte in un contratto d’opera intellettuale, bensì in un sollecito da parte degli interessati, si andrebbe a configurare una situazione distinta dal conferimento di un mandato professionale di tipo privatistico, in quanto le finalità del mediatore familiare, di cui alla legge regionale citata, sarebbero ben lontane dall’esercizio di una professione, ai sensi dell’art. 117 Cost. Inoltre, secondo la tesi della Regione Lazio, anche la stessa previsione dell’elenco regionale dei mediatori, disposta dall'articolo 6, non è da intendersi come istitutiva di una professione: la sua funzione consiste semplicemente nel determinare una lista di soggetti, dotati di

357 Ibidem: “Tale locuzione verbale [sollecitato] – afferma la Regione – sarebbe indice del fatto che la legge prevede, non già il conferimento di un mandato professionale nell’ambito di un contratto di opera professionale, bensì che tale soggetto, il quale opera all’interno di una struttura sanitaria (come chiarito dal successivo art. 3), possa essere richiesto dalle parti di intervenire per “adoperarsi” nel senso indicato dalla norma”.

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particolare professionalità, alla quale poter attingere per il loro inserimento all'interno delle ASL o di altri enti regionali.358 In seguito alle valutazioni di eccezione e difesa, la Corte costituzionale ha ritenuto fondata la questione di illegittimità sollevata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ritenendo che “l’impianto complessivo, lo scopo ed il contenuto precipuo delle disposizioni impugnate rendono palese che l’oggetto di esse deve essere ricondotto propriamente alla materia concorrente delle “professioni” (art. 117, terzo comma, Cost.)”.359 La Corte ha dedotto che l’individuazione delle nuove figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, debba essere riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, mentre alla competenza delle Regioni spetterebbe la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale.360

358 Ibidem: “Quanto all’art. 6 della legge regionale, è bensì vero – osserva la Regione – che esso ha previsto un elenco regionale dei mediatori familiari, ma tale elenco non può considerarsi istitutivo di una professione operante a livello regionale, perché mancherebbero le caratteristiche proprie di un’attività professionale di lavoro autonomo”. 359 Corte cost., 15 aprile 2010, n. 131, Questioni di fatto, cit. 360 Corte cost., 15 aprile 2010, n. 131, Questioni di diritto: “Nello scrutinio di disposizioni legislative regionali aventi ad oggetto la regolamentazione di attività di tipo professionale, questa Corte ha ripetutamente affermato che «la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle “professioni” deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera di singoli precetti normativi, si configura infatti

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Di conseguenza, dato che l'articolo 155-sexies c.c., si limita ad accennare all’attività di mediazione familiare, senza prevedere alcuna specifica professione, e ad oggi non ha introdotto la figura professionale del mediatore familiare né stabilito i requisiti per l’esercizio dell’attività, nel momento in cui legge regionale si inserisce tra queste lacune, invade senza alcun dubbio una sfera di competenza statale.361

7. La mediazione familiare alla luce del d. lgs. 28/2010 Un aspetto su cui occorre far chiarezza riguarda il rapporto, nel nostro paese, tra la mediazione familiare, descritta dall'articolo 155

quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale» (sentenze n. 153 e n. 424 del 2006, n. 57 del 2007, n. 138 e n. 328 del 2009). Ha, altresì, precisato che la «istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per la iscrizione in esso hanno già, di per sé, una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale» (sentenze n. 93 del 2008, n. 138 e n. 328 del 2009)”. 361 Corte cost., 15 aprile 2010, n. 131, Questioni di diritto: “Ora, la legislazione statale, con l’art. 155-sexies del codice civile, aggiunto dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54, ha soltanto accennato alla attività di mediazione familiare, senza prevedere alcuna specifica professione, stabilendo che «qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli», ma, a tutt’oggi, non ha introdotto la figura professionale del mediatore familiare, né stabilito i requisiti per l’esercizio dell’attività. Le disposizioni denunciate danno una definizione della mediazione familiare, disciplinano le caratteristiche del mediatore familiare e stabiliscono gli specifici requisiti per l’esercizio dell’attività, con la previsione di un apposito elenco e delle condizioni per la iscrizione in esso. Ma, così facendo, invadono una competenza sicuramente statale”.

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sexies c.c., e la conciliazione civile e commerciale, prevista dal d. lgs. 28/2010. Si tratta di due istituti profondamente diversi tra loro, seppur i termini utilizzati per denominarli (mediazione e conciliazione) siano sinonimi. Non è dunque difficile che si generi confusione fra i non addetti ai lavori.362 La direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, in materia di mediazione civile e commerciale, è stata recepita nell'ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010: con quest'ultimo è stata istituita la figura del mediatore civile in Italia, descritto come “la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo

362 G. AUTORINO, C. TROISI, D. NOVIELLO, La mediazione delle controversie civili e commerciali, op. cit., p. 45: “Il termine conciliazione corrisponde alla traduzione del termine mediation americano, visto che inizialmente serviva distinguerlo dalla mediazione quale contratto ex art. 1754 c.c., ma spesso mediazione conciliazione sono usati come sinonimi. […] Secondo l'impostazione della nuova disciplina [d. lgs. 28/2010], la differenza sostanziale consiste nel fatto che la mediazione rappresenta l'intero iter del procedimento, mentre la conciliazione costituisce più propriamente il momento finale della mediazione, e il risultato (ma può non esserlo se non si raggiunge un accordo). In certi ambiti, invero, si discorre più propriamente di mediazione (per es. mediazione familiare, ambientale, internazionale) ed in altri si utilizza invece il termine conciliazione (per es. tentativo di conciliazione nell'ambito delle controversie di lavoro). Secondo alcuni, la conciliazione si fonda sulla convinzione che il conflitto in sé sia dannoso, e che vada eliminato sulla base degli elementi comuni delle parti. […] rispetto alla mediazione, la conciliazione, cioè, più orientata risultato, all'effetto; invece la mediazione più al mezzo, al procedimento comunicativo. Secondo un altro orientamento, sia la mediazione sia la conciliazione appartengono all'area della cultura della mediazione (condivisione di principi e realizzazione della giustizia di prossimità), ma hanno due ruoli diversi, poiché la conciliazione è un intervento previsto nel nostro ordinamento e del compito del giudice […], la mediazione implica una specifica formazione professionalità”.

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prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo”.363 Se in questa definizione, prevista dall'articolo 1 del suddetto decreto, non risulta alcuna incompatibilità per la mediazione familiare, un limite in tal senso sembra riscontrarsi nell'articolo successivo. Quest'ultimo, nel delineare l'ambito di applicazione dell'istituto, riporta che “chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili”364: dato che il contesto operativo della mediazione familiare è incentrato anche sui diritti indisponibili365, appare evidente la volontà del legislatore di escludere quest'ultima dall'ambito applicativo previsto dal decreto.366

363 Art. 1, lett. b, d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28, Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, cit. 364 Ivi, art. 2, comma primo, cit. 365 www.brocardi.it, consultato il 05/02/2011, definizione di Diritti indisponibili: “Diritti riconosciuti dalla legge ad un soggetto per soddisfare non solo un suo interesse,ma anche un interesse super-individuale; sono tali diritti personali attinenti alla vita ed allo status familiare (è nulla, per es., la transazione avente ad oggetto il riconoscimento della qualità di figlio naturale, o la validità di una adozione). Tra i (--) per volontà di legge, si è soliti far rientrare il diritto agli alimenti [v. 433 ss.]. 366 B. NIGRO, L. NIGRO, Formulario della nuova procedura civile dopo il decreto taglia-riti, Maggioli Editore, Sant'Arcangelo di Romagna, 2011, p. 1149: “Il decreto legislativo 28/2010 ha introdotto l'obbligatorietà della mediazione solo per le controversie civili e commerciali aventi ad oggetto diritti disponibili (art. 1 d. lgs. 28/2010); sono pertanto esclusi tutti i procedimenti aventi ad oggetto diritti indisponibili relativi allo status delle persone”.

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Tuttavia, non si è tenuto conto di una problematica importante: nell'ambito della separazione e del divorzio è possibile riscontrare sia questioni attinenti ai diritti disponibili (rapporti patrimoniali, divisione della casa), sia aspetti legati ai diritti indisponibili (rapporti personali, affidamento, educazione, mantenimento dei figli): da ciò parrebbe, in prima analisi, che la disciplina ex d. lgs. 28/2010 non sia applicabile a questo campo.367 La questione appare di difficile interpretazione, e l'incertezza non si affievolisce di certo con la lettura degli articoli successivi del provvedimento. L'articolo 5, comma primo, riporta, infatti, un elenco di materie oggetto dell'obbligo di mediazione preliminare al procedimento civile, fra le quali risaltano la divisione, le successioni ereditarie e i patti di famiglia, ossia discipline ontologicamente correlate con le relazioni familiari.368

367 M. SANTINI, Separazione e divorzio: questioni economiche e patrimoniali, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2012, p. 69: “Si tratta di capire fino a che punto si possa spingere all'autonomia negoziale delle parti e quali siano i diritti indisponibili sui quali non è ammesso incidere ad opera delle parti. […] Partiamo quindi dal presupposto che tutta la materia relativa all'affidamento dei figli, all'educazione al mantenimento degli stessi è completamente sottratta all'autonomia negoziale delle parti nel senso che, qualunque tipo di clausola che le parti intendessero inserire un contratto di convivenza, diretta a disciplinare tale materia, sarebbe priva di effetto o addirittura nulla, ove scaturisse da tale clausola un pregiudizio potenziale o effettivo per i figli o emergesse un contrasto con disposizioni dettate a tutela dei minori”. 368 Art. 5, comma primo, d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28: “Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con

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Ci si chiede, pertanto, se alla nuova normativa in tema di mediazione civile siano soggette le cause di separazione e divorzio e, in genere, quelle che attengono al diritto delle persone e della famiglia. Detto in parole semplici, può il mediatore civile dirimere una controversia relativa alla fase patologica del rapporto familiare? Su questo punto si è pronunciato il Tribunale di Varese, Sezione I Civile, che, con l'ordinanza del 9 aprile 2010, ha affermato l’estraneità al regime giuridico conciliativo delle “controversie aventi ad oggetto mere questioni non aventi substrato economico ed involgenti il diritto delle persone e della famiglia (come, ad esempio: la separazione personale tra i coniugi; lo scioglimento del matrimonio e la cessazione dei suoi effetti civili; i procedimenti ex artt. 709-ter e 710 c.p.c.; l’amministrazione di sostegno; etc.)” come confermato

il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, e' tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione e' già iniziata, ma non si e' conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non e' stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni”.

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dalla disciplina del d. lgs. n. 28/2010, che si riferisce alle sole “controversie civili e commerciali vertenti su diritti disponibili”.369 Infine, ha escluso l'applicabilità dell'obbligo di informativa previsto dall'articolo 4, comma terzo, del d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28 alle ipotesi di controversie vertenti in materia di diritto delle persone e della famiglia.370 In senso opposto, tuttavia, si pongono alcuni orientamenti recenti, che ritengono ammissibile l'intervento del mediatore civile come condizione di procedibilità, laddove non si discuta più sul vincolo matrimoniale in senso stretto ma, piuttosto, su aspetti connessi a diritti disponibili. Si può citare, in questo senso, il parere di Francesca Cuomo Ulloa371, la quale contesta la leggerezza con cui il Tribunale di Varese ha escluso in toto i conflitti familiari dall'ambito applicativo del decreto: secondo la sua tesi, le parti avrebbero un'ampia possibilità di

369 Trib. Varese, Sez. I Civile, (ord.) 6-9 aprile 2010, in www.altalex.it, cit. 370 Ibidem 371 Francesca Cuomo Ulloa è avvocato, con ruolo di ricercatrice a contratto di Diritto processuale civile presso l'Università di Pavia. Ricopre, inoltre, la cattedra di professore a contratto presso l'Università di Brescia e l'Università di Imperia. Svolge, infine, la mansione di conciliatrice del Servizio di Conciliazione della Camera di Commercio di Brescia.

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ricorrere alla conciliazione ex d. lgs. 28/2010, in temi quali l’assegnazione della casa coniugale, l’ammontare dei contributi al mantenimento, la collocazione dei figli, il tempo che i figli trascorreranno con i genitori, e in generale tutte quelle vicende che vedono normalmente impegnati il mediatore familiare e l’avvocato.372 L’accordo frutto della mediazione dovrebbe poi essere sottoposto al vaglio dell’omologazione da parte del Tribunale, né più né meno di come accade oggi, quando l’accordo trovato dai coniugi viene formalizzato in un ricorso per la separazione consensuale.373

372 F. CUOMO ULLOA, La mediazione nel processo civile riformato, Zanichelli, Torino, 2011, p. 69: “La soluzione al riguardo fornita dalla prima pronuncia sul tema (riferita peraltro al diverso profilo dell'obbligatorietà dell'informativa dovuta dal difensore ai sensi dell'art. 4, d. lgs 28/2010) [ossia l'ordinanza 09/04/2010 del Tribunale di Varese] pare, in effetti, tracciare una netta cesura tra i due ambiti (quello del d. lgs. 28/2010 e quello delle controversie in materia di separazione e divorzio), proprio in considerazione della natura indisponibile dei diritti oggetto del contenzioso familiare. Una simile soluzione tuttavia appare un po' troppo sbrigativa, ove si consideri che, nell'ambito dei diritti derivanti dal vincolo familiare, se è vero che esistono aree di assoluta indisponibilità, altrettanto vero è però che vi sono rapporti (di natura tipicamente patrimoniale: si pensi in particolare la determinazione dell'ammontare dell'assegno di mantenimento, ma anche alle liti che riguardano la divisione della comunione tra i coniugi) che rientrano nella piena disponibilità dei coniugi stessi e che anzi spesso vengono determinati mediante accordi; nulla ostando a che degli accordi possano essere stimolati raggiunti mediante il ricorso a procedure di mediazione disciplinate dal d. lgs. 28/2010”. 373 Ivi, p. 70: “In conclusione, mi pare dunque che la questione sia destinata a rimanere aperta: potendosi auspicare che […] vengano in futuro creati, all'interno degli organismi di mediazione ex d. lgs. 28/2010, elenchi di mediatori specializzati nella gestione dei conflitti familiari (anche sulla base di una specifica formazione corrispondente più elevati standard europei e nazionali in materia di mediazione familiare) competenti a svolgere procedure di mediazione delle controversie in materia di famiglia aventi ad oggetto diritti disponibili. Salvo ovviamente il ricorso dell'intervento del giudice ai fini della pronuncia della separazione del divorzio e l'eventuale omologazione degli accordi raggiunti in sede di mediazione, qualora si tratti di questioni che attengono l'interesse dei minori o comunque si riferiscano ai diritti non disponibili dei coniugi”.

220


Analizzando

la

situazione nell'ottica

della

mediazione

familiare, ai sensi dell'articolo 155-sexies c.c., questa può essere applicata sia a questioni attinenti ai diritti disponibili, sia a quelli indisponibili. Tuttavia, non essendo questa species di mediazione inclusa nella disciplina del d. lgs. 28/2010, essa si distingue dalla conciliazione civile e commerciale sotto molti aspetti:

La conciliazione in materia civile e commerciale ha natu-

ra obbligatoria ed è condizione di procedibilità per le materie individuate dall'articolo 5 del suddetto decreto: il non aver promosso il menzionato tentativo di conciliazione preclude la possibilità, alle parti in lite, di instaurare un’azione civile in sede giudiziale. Per contro, il ricorso alla mediazione familiare è del tutto volontario per le parti anche quando è il giudice a disporla374, in quanto è richiesto il consenso di entrambe: il percorso di mediazione, infatti, può essere intrapreso sia prima di un procedimento giudiziale, sia nel corso di esso;

La conciliazione in materia civile e commerciale può

374 Ivi, p. 288: “La mediazione in questo caso ha carattere doppiamente facoltativo, potendo il giudice discrezionalmente rinviare il processo, solo dopo aver raccolto il consenso delle parti”.

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essere promossa anche da una sola delle parti (quella che intende promuovere la causa civile)375, mentre alla mediazione familiare devono ricorrere entrambe; •

I conciliatori, per essere riconosciuti, devono essere

iscritti presso “il registro degli organismi istituito con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 16 del presente decreto, nonché, sino all'emanazione di tale decreto, [presso] il registro degli organismi istituito con il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222”376. Per il mediatore familiare, al contrario, non esiste un registro di appartenenza; •

Il mediatore familiare non fornisce alle parti la soluzione

al loro problema, ma si limita a favorire la comunicazione di modo che le stesse, gestendo il conflitto secondo nuove modalità, individuino un accordo comune.377 Diversamente, il conciliatore può

375 Art. 8, comma primo, d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28: “ All'atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell'organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l'organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari”. 376 Ivi, art. 1, lett. e, cit. 377 M. CORSI, C. SIRIGNANO, La mediazione familiare: problemi, prospettive, esperienze, op. cit., p. 68: “Il ruolo del mediatore è quello di portare i membri della coppia a trovare da sé le basi di un accordo durevole e mutualmente accettabile, tenendo conto dei bisogni di ciascun componente della famiglia e particolarmente di quelli dei figli, in uno spirito di corresponsabilità e di uguaglianza dei ruoli genitoriali”.

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proporre soluzioni alle parti in lite, sebbene nel solo caso in cui esse glielo chiedano espressamente378; •

La conciliazione deve esaurirsi in un tempo massimo di

quattro mesi379, mentre la mediazione familiare non impone il rispetto di un termine preciso (sebbene sia opportuno che si esaurisca nell’ambito di un ciclo di incontri che, di solito, si aggirano intorno alla decina); •

Mentre

commerciale

il

nella

conciliazione

mediatore

viene

in

scelto

materia

civile

dall'organismo

e di

mediazione380, nella mediazione familiare questa scelta viene intrapresa dalle parti, le quali possono rivolgersi ad una istituzione

378 Art. 11, comma primo, d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28: “Se e' raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale e' allegato il testo dell'accordo medesimo. Quando l'accordo non e' raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all'articolo 13”. 379 Ivi, art. 6, comma primo: “Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi”. 380 AA. VV., La mediazione nelle liti civili e commerciali. Metodo e regole, Giuffrè, Milano, 2011, p. 317: “La mediazione è svolta presso l'organismo predeterminato per accordo tra le parti e della condotta del mediatore nominato da detto organismo. In altre parole, v'è una scelta a priori, che può presentare vantaggi e svantaggi di questo genere di soluzioni: da un lato, l'esclusione di giochi nella scelta di organismi più o meno favorevoli a chi fa il primo passo, presentando la domanda di mediazione (e, dunque, beneficiando della previsione di cui all'articolo 4, comma 1, secondo periodo, decreto delegato); dall'altro, il rischio di trovarsi dinanzi ad un organismo non adeguato o non più adeguato a prestare il servizio di mediazione sufficientemente efficiente”.

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pubblica ovvero ad un mediatore libero professionista; •

Sul mediatore familiare vige l’obbligo assoluto di

riservatezza, salvo vi sia il consenso di tutte le parti ed una richiesta dell'autorità giudiziaria.381 Anche il conciliatore in materia civile e commerciale ha l’obbligo della riservatezza in merito a quanto acquisito nel corso degli incontri. Tuttavia, se viene avanzata una proposta dal conciliatore e tale proposta non è accolta, il processo verbale di rifiuto deve essere portato innanzi al giudice che segue il giudizio, comportando conseguenze rilevanti in materia di spese processuali.382

381 E. GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, Mediazione familiare e affido condiviso. Come separarsi insieme, op. cit., p. 87: “Altro tema fondamentale di etica e il dovere di riservatezza: il mediatore infatti è tenuto al segreto professionale e al rispetto delle norme sulla privacy. Il Segreto concerne non solo lo svolgimento e il contenuto dei colloqui e del contenuto degli accordi di mediazione familiare ma anche l'esistenza della prestazione stessa. La rivelazione del segreto professionale è infatti consentita solo con il consenso di tutte le parti e salvo se richiesta dall'autorità giudiziaria”. 382 Art. 13, d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28: “Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché' al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4. 2. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente”.

224


Concludendo, la mancanza di una legislazione completa, che definisca in Italia la figura del mediatore familiare implica oggi, con l’entrata in vigore del d. lgs. 28/2010, un potenziale giuridico di notevole pericolosità. In una situazione di tale incertezza legislativa, infatti, non ci si dovrà stupire se negli istituendi organismi di mediazione, di cui all’articolo 16 del d. lgs. 28/2010, si assisterà alla creazione e alla promozione di sezioni specializzate in mediazione familiare. Tuttavia, senza gli opportuni correttivi da parte del legislatore, la mediazione familiare correrà il rischio di essere trattata da mediatori privi della necessaria formazione, visto che la formazione del conciliatore civile e commerciale non rispetta i requisiti minimi di cui agli standard europei per la formazione del mediatore familiare383, ai

383 Il “Forum europeo di mediazione e ricerca in mediazione familiare” rappresenta un punto di riferimento per la maggior parte dei centri operativi in Italia ed Europa. Riporto di seguito uno stralcio dello statuto, consultato il 03/02/2012 presso il sito www.europeanforumfamilymediation.eu: “Training in family mediation principles, methods and skills must be provided by professionally qualified and practising mediators. The training must comply with the Code of Practice for Family Mediation in separation and divorce. The training programme may include sessions given by specialists in different fields - law, psychology, sociology etc. - but these sessions must be integrated within the training programme by the trainer responsible for the training as a whole. The minimum length is 30 days (180 hours, including 120 hrs on the process of mediation) during 12 months at least . The training should be structured over a period of time to enable mediators to integrate and apply the skills they acquire in training. The training should include formal teaching (presentations and lectures), practical exercises (role-plays), case analysis, use of different training resources (video) and also focus on the mediator’s self-development. There must be supervised practical training (min. 40 hrs) which complies with the Code of

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quali si conformano i piÚ seri corsi di formazione disponibili oggi in Italia. Sul punto non resta che attendere una pronuncia del Ministero della Giustizia a mezzo dei decreti di cui all’articolo 16 del d. lgs. 28/2010.

Practice for family mediation in separation and divorce. This practical training should include taking part in mediation sessions under the supervision of a recognised mediator-supervisor. Written records of these mediation sessions must be maintained for competence assessment by mediation trainers/assessors�.

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CONCLUSIONI

La mediazione familiare, intesa come istituto delineato e strutturato da una legislazione specifica, può considerarsi, ad oggi, una realtà incerta, sia nel nostro ordinamento, sia in quello spagnolo. L'assenza di punti di riferimento fissi, dovuta al mancato intervento del legislatore statale, non può essere bilanciata dagli sforzi, sebbene importanti, compiuti dagli addetti ai lavori, nella realizzazione di centri operativi in entrambi i territori nazionali. Si tratta, pertanto, di due contesti molto simili, nei quali, tuttavia, è possibile riscontrare approcci differenti all'inerzia dello Stato. In Spagna, l'attività normativa posta in essere dalle Comunità Autonome ha fatto si che, nei limiti degli ambiti regionali, si siano concretizzate diverse leggi di riferimento, grazie alle quali è possibile definire la figura del mediatore, la sua qualifica, la deontologia professionale e la struttura del procedimento di mediazione. Dall'analisi comparata delle tredici leggi regionali è risultata una netta somiglianza tra le disposizioni, a riprova che gli obiettivi,

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cui

il

legislatore

statale

è

invitato

ad

uniformarsi,

siano

sufficientemente delineati. Gli ultimi avvenimenti politici, concernenti la caduta del governo Zapatero e la nomina a premier di Rajoy, hanno comportato un ennesimo rallentamento dell'iter parlamentare, con la decadenza del progetto di legge presentato alle Cortes Generales. Tuttavia, l'orientamento indicato dal neo premier sembra diretto verso gli stessi obiettivi. In Italia, la situazione attuale parrebbe ancora più confusa. A differenza della Spagna, infatti, nel nostro paese non si è riscontrata un'attività normativa sul piano regionale. L'unico caso in tal senso, consistente nella legge Regione Lazio n. 26/2008, è stato oggetto di pronuncia di incostituzionalità da parte della Corte Costituzionale. Sul piano nazionale, invece, il solo riferimento incidentale dettato dalla legge n. 54/2006 non può in alcun modo essere sufficiente. Troppi i dubbi che ancora aleggiano sulla figura del mediatore familiare e sulla sua funzione: dalla definizione esatta della qualifica professionale alla sua formazione, dalla struttura del procedimento alla scelta del tipo di collegamento con l'apparato

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processuale (ricorso obbligatorio o volontario alla mediazione?). Dubbi che si sono enfatizzati nel momento in cui il legislatore statale, con il d. lgs. 28/2010, ha regolato la figura del mediatore civile e commerciale, escludendo la mediazione familiare dal suo dettato. Il risultato di queste lacune ed incoerenze favorisce il clima di scetticismo, percepibile più in Italia che in Spagna, che circonda questo istituto. Il nostro è un paese ancorato ad una concezione processuale dell'approccio al conflitto, che non può essere modificata con leggerezza, specie quando l'alternativa presenta ancora profonde incertezze. Tuttavia,

considerare

la

mediazione

familiare

come

un'alternativa potrebbe essere un errore. Dovrebbe intendersi, per altro verso, come uno strumento flessibile capace di adattarsi sia ad una funzione extraprocessuale (in vista di separazione e divorzio), sia endoprocessuale (quando il procedimento è iniziato). I disegni di legge al vaglio in Senato, per l'istituzione del mediatore familiare in Italia, si presume possano essere convertiti in legge in tempi relativamente brevi. Quando ciò accadrà, tuttavia, non si verificherà un cambio netto, come tra il giorno e la notte. La cultura

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del processo, a cui ho accennato prima, la concezione del win-to-lose, non è destinata a cambiare con un tratto di penna. A cambiare dovranno essere le persone, il loro modo di intendere il conflitto. Prima di tutto, bisognerà voler sognare uno scenario diverso, avere il coraggio di realizzarlo. Del resto, citando Scaparro, “la mediazione non è soltanto una tecnica né soltanto un'utopia. E' una tecnica fortemente carica di utopia”.

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