Per capire ciò che si legge, quali strategie adottare?

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A.D. MDLXII

U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ

DI

L ETTERE

E

F ILOSOFIA

___________________________

CORSO

DI

LAUREA

IN

S C I E N ZE

D E L L ’E D U C A ZI O N E E D E L L A

FORMAZIONE

PER CAPIRE CIÒ CHE SI LEGGE, QUALI STRATEGIE ADOTTARE?

Relatore: PROF. SANDRO MOCCI

Tesi di Laurea di: LAURA C ARBONI

ANNO ACCADEMICO 2010/2011


INDICE Introduzione

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1- L’avviamento del processo di lettura e l’indagine PISA 2009

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1.1 - Indagine PISA 2009 1.1.1 - Cosa misura PISA 1.1.2 - Il framework di lettura 1.1.3 - I risultati internazionali degli studenti in differenti livelli di competenza in lettura 1.1.4 - Gli atteggiamenti degli studenti italiani nei confronti della lettura 1.1.5 - Piacere personale per la lettura 1.1.6 - Strategie metacognitive di lettura 1.1.7 - Dati relativi al contesto scolastico 1.1.8 - Le risorse educative della scuola 1.1.9 - Contesto familiare e risultati degli studenti in lettura

8 10 11 15 18 19 20 21 23 23

2 - Elementi della comprensione della lettura

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2.1 - Percezione del linguaggio e lettura 2.2 - Caratteristiche e comprensione di un testo 2.3 - Cosa si intende per comprensione del testo? 2.4 - Il modello di Kintsch e Van Dijk 2.5 - Il modello di integrazione-costruzione di Kintsch 2.6 - L’importanza dei processi metacognitivi durante la lettura

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3- Le abilità specifiche

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3.1 - Le abilità metacognitive 3.2 - Lettori che non capiscono 3.3 - La coerenza testuale influenza l’attività metacognitiva?

47 53 55

4 - Le abilità possono essere raggruppate in Strategie di lettura

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4.1 - Il potenziamento della comprensione del testo

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5 - Strategie a confronto

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5.1 - L’importanza delle strategie 5.2 - Insegnare agli studenti ad utilizzare le strategie di lettura 5.3 - Una strategia per promuovere la conoscenza approfondita del testo “ASK to THINK-TEL WHY” 5.4 - Il metodo PQ4R

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Conclusioni

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Riferimenti bibliografici

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Introduzione Che cos’è un testo? Cosa significa capire un testo? Come avviene la comprensione di ciò che si legge e da cosa dipende? Un testo è un qualsiasi fatto comunicativo prodotto all’interno dell’interazione discorsiva. Il suo studio va affrontato secondo un approccio procedurale. Un testo o un brano è qualcosa di più che un insieme di frasi: è un unità di significato complessa, diversa dalla combinazione dei singoli significati delle frasi che lo compongono. In altri termini, è il risultato di collegamenti stabiliti dal lettore tra le sue varie frasi, e delle aggiunte da esso operate per colmare i vuoti di informazione di esso, ovvero le inferenze. Per comprensione di un testo si intende la ricostruzione mentale del significato di esso (Kintsch & van Dijk, 1978; Kintsch, 1988, 1998; Penna, Mocci, 2008). Il significato è una rappresentazione mentale che deriva dall’integrazione dell’informazione data dal testo, con le conoscenze e/o strutture di conoscenza del lettore. A partire dai primi studi sulla comprensione del testo, che risalgono agli anni ’30 (di cui parlerò nel capitolo 2), i concetti di comprensione e memoria sono stati apparentemente confusi, sia sul piano della definizione, che su quello metodologico della ricerca. Oggi definiamo la comprensione come la trasformazione e non la riproduzione mentale delle informazioni date dal testo. E definiamo la memoria del testo il risultato di questo processo in una rappresentazione mentale del suo significato. L’etimologia delle due parole chiave, lettura e testo, forniscono un’idea del significato di comprensione della lettura.

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Il presente lavoro spiega perché sia importante comprendere ciò che si legge, i processi che vi sono implicati e cosa sono le strategie di comprensione. Nella parte conclusiva di questo lavoro analizzerò qualche strategia in maniera dettagliata. Il primo capitolo spiega come prende avvio il processo di lettura e quali sono le abilità che lo permettono. Parlerò della literacy in lettura, all’interno

del

progetto

PISA,

prevalentemente

centrato

sul

monitoraggio della capacità di comprensione della lettura da parte degli studenti in uscita dalle scuole dell’obbligo (15-16 anni). Da tale progetto (www.invalsi.it) risulta, tra l’altro, che gli studenti italiani, nelle ricerche-monitoraggio del 2003 e 2006, hanno esibito performance davvero deludenti: 36esimi su un totale di 57 nazioni. In questo lavoro parlerò del progetto PISA 2009, in cui si registrano dei miglioramenti da parte degli studenti italiani. Nel secondo capitolo parlerò della comprensione come “ginnastica mentale”, quindi dal punto di vista linguistico e psicologico, considerando i vari modelli e teorie che si sono interessati a questo argomento e gli specifici modelli di Kintsch e Van Dijk del 1978 e di Kintsch del 1988. Parlerò anche delle caratteristiche che deve possedere un testo. Il terzo capitolo è centrato sulla metacognizione, inoltre si introdurrà il concetto di conoscenza. Nel quarto capitolo vengono introdotte nello specifico le strategie di lettura e la loro importanza. Analizzerò le più importanti. Nel quinto capitolo analizzerò e metterò a confronto tre importanti strategie di lettura: “ASK TO THINK-TEL WHY”, “SERT” e “PQ4R”.

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1- L’avviamento del processo di lettura e l’indagine PISA 2009 Imparare a leggere è un’attività molto complessa. Cosa significa saper leggere? In origine leggere significava raccogliere, radunare, riunificare parole, lettere, significati singoli. Da un lato saper leggere significa essere capaci di discriminare le lettere dell’alfabeto, ma dall’altro, significa anche comprendere il significato di un testo. Tra questi due estremi stanno moltissime abilità che, tutte insieme, permettono di acquisire padronanza della lettura. I punti di vista sulle vie per accedere alla padronanza del processo di lettura sono numerosi e complessi: riflettono la complessità della lettura stessa. Per imparare a leggere è necessario saper fare una grande quantità di cose. Il ruolo degli insegnanti è quello di verificare quali di queste abilità sono possedute dal bambino e insegnare quelle che non sono ancora possedute. Bisogna accontentarsi di procedimenti più empirici e meno sistematici. Con un bambino normodotato, motivato a imparare, e senza specifici problemi

di

ordine

affettivo,

familiare

o

sociale,

si

può

tranquillamente avviare il processo di insegnamento della lettura senza preoccuparsi troppo di analizzare abilità cognitive che probabilmente sono già possedute o che finiranno per svilupparsi comunque durante l’apprendimento del linguaggio scritto. Con bambini con ritardo mentale, o con disturbi specifici di apprendimento, o affettivi, invece, le osservazioni iniziali delle abilità, dei deficit e la programmazione di obiettivi, dovrebbero essere più attente. Le abilità necessarie per avviare il processo di lettura sono:

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1. La memoria. Molti processi mnestici, relativi alla memoria uditiva e visiva, a breve e a lungo termine, vengono messi in gioco nell’apprendimento della lettura. La memoria a lungo termine è fondamentale per il ricordo delle parole e del loro significato, la memoria a breve termine, soprattutto di tipo uditivo, è invece essenziale nel processo di fusione dei suoni. 2. Linguaggio. La lettura e la scrittura sono una forma particolare e particolarmente evoluta di linguaggio e che dove ci sono difficoltà di linguaggio è probabile che ci siano anche difficoltà di linguaggio scritto. Ai ritardi di linguaggio nei primi anni di vita fanno facilmente seguito ritardi di lettura e di scrittura. Buona padronanza del vocabolario favorisce la lettura, sia a livello di decodifica, che a livello di comprensione. 3. Percezione e analisi visiva. Per leggere è necessario analizzare, riconoscere e discriminare le lettere. I processi cognitivi indispensabili per questa attività sono la percezione e il riconoscimento di segni grafici elementari come le linee orizzontali, verticali, oblique e curve. Il bambino deve analizzare il segno grafico e arrivare alla discriminazione di un grafema dall’altro. 4. Lavoro da sinistra verso destra. La discriminazione dei grafemi deve necessariamente seguire questo ordine sequenziale. 5. Percezione e discriminazione uditiva. Per leggere è necessario anche analizzare, riconoscere e discriminare i suoni. 6. Sintesi uditiva. I fonemi che vengono presentati in forma separata devono essere sintetizzati in unità superiori come le sillabe e le parole. 7. Corrispondenza grafema-fonema. È un lavoro di traduzione del simbolo grafico nel suono corrispondente. 8. Sintesi visiva. È infine necessario sintetizzare i simboli grafici in modo da cogliere l’insieme della parola e, come ultimo passo, il suo significato.

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la decodifica, intesa come la capacità di tradurre il segno grafico in fonema, sillaba, parola e frase, non è la capacità di lettura. Leggere non significa discriminare i segni alfabetici, ne essere capaci di fondere insieme suoni per formare parole e neppure riconoscere frasi intere e saperle pronunciare a voce alta in modo fluente e sufficientemente veloce. Alla fine, dopo tutti i passaggi intermedi che saranno di volta in volta necessari, leggere significa comprendere il significato di un testo. Dimenticare che lo scopo ultimo della lettura è la capacità di comprendere il significato di un testo è un errore molto grave. Una eccessiva insistenza sugli aspetti tecnici della decodifica può infatti allontanare il bambino dalla consapevolezza del vero scopo di quello che sta facendo. È bene tenere presente che quello che quello che all’adulto dovrebbe sempre essere chiaro, al bambino diventa chiaro solo strada facendo: la consapevolezza degli scopi della lettura può essere un obiettivo didattico. Non tutti i bambini sanno cosa significhi leggere e a cosa serva o come possa essere bello e gratificante padroneggiare la lettura. Le tecniche di insegnamento del processo di decodifica non devono mai nascondere il vero scopo della lettura. Al contrario il vero scopo della lettura deve essere chiaro al bambino prima ancora che egli impari a riconoscere una G da una C.

1.1- Indagine PISA 2009 L’edizione 2009 di PISA (Program International for students assessment) inizia un nuovo ciclo di rilevazioni che riguardano le competenze degli studenti quindicenni, con particolare riferimento alla literacy in lettura.

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PISA realizza l’indagine nel nostro paese in collaborazione con il consorzio internazionale cui l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha affidato il coordinamento generale del progetto. In queste rilevazioni vi è stata un’ampia partecipazione delle scuole, degli studenti e delle loro famiglie. L’obiettivo principale dell’OCSE è quello di valutare in che misura gli studenti che si approssimano alla fine della scuola dell’obbligo abbiano acquisito alcune conoscenze e abilità ritenute essenziali per una consapevole partecipazione nella società. Le conoscenze e le abilità valutate sono riferite a tre ambiti disciplinari, lettura, matematica e scienze. Ciò che interessa non è soltanto valutare la capacità di riprodurre le conoscenze, quanto piuttosto esaminare se gli studenti sono in grado di utilizzare quanto appreso e di applicarlo a situazioni non familiari, ovvero diverse da quelle usualmente proposte a scuola. La literacy in lettura è considerata la competenza chiave per eccellenza,fondamentale anche per altre competenze chiave, in quanto costituisce la base sia per conseguire gli obiettivi di apprendimento in tutte le aree disciplinari, sia per acquisire informazioni in modo funzionale della piena partecipazione dell’individuo alla vita adulta. In particolare i testi scritti hanno consentito di superare i limiti di tempo e di spazio, nonché quelli della memoria individuale, e di condividere agevolmente conoscenze e informazioni. Imparare a leggere richiede un notevole sforzo in quanto, anche se il cervello umano è naturalmente predisposto all’uso del linguaggio, leggere e scrivere sono conquiste relativamente recenti nella storia del genere umano. Diventare un lettore competente richiede molta pratica e grande impegno. PISA 2009 valuta le competenze in lettura in modo rigoroso. Nella valutazione sono incluse non soltanto le abilità più strettamente legate alla lettura da un punto di vista cognitivo, ma anche i fattori motivazionali e comportamentali che influiscono sulle modalità di 9


affrontare le attività di lettura da parte degli studenti e le strategie meta cognitive che essi impiegano per leggere e comprendere un testo.

1.1.1- Cosa misura PISA Le rilevazioni di PISA si basano su un impianto teorico e concettuale (framework), che presenta il concetto di literacy in generale, che può essere definito come la capacità di attingere a ciò che si è appreso e applicarlo a situazioni di vita reale, nonché la padronanza nell’analizzare, ragionare e comunicare efficacemente nell’ambito del processo di individuazione, interpretazione e soluzione dei problemi in una varietà di situazioni. In PISA il concetto di literacy va oltre la considerazione della semplice abilità dio leggere e scrivere intese come decodifica e riproduzione di segni. La literacy è intesa non come una competenza presente o assente in un individuo, bensì come un continuum che consente di identificare un punto sotto il quale la competenza posseduta può essere considerata inadeguata. L’acquisizione della literacy è un processo che ha luogo durante tutta la vita e non avviene soltanto a scuola o negli altri contesti di istruzione formale, ma anche attraverso interazioni con i familiari, i pari, i colleghi e la comunità in generale. I quindicenni non hanno già appreso tutto ciò di cui hanno bisogno nella loro vita adulta, ma dovrebbero tuttavia avere una conoscenza abbastanza solida in aree quali la lettura, la matematica e le scienze. Essi hanno anche necessità di comprendere i processi meta cognitivi fondamentali per applicare tali conoscenze in modo flessibile nelle differenti situazioni. Un altro obiettivo di PISA è quello di esplorare le strategie di apprendimento degli studenti, la loro motivazione a studiare, i loro 10


interessi, atteggiamenti e convinzioni relativi a diversi argomenti, con particolare riferimento a quelli connessi all’ambito di indagine principale.

1.1.2- Il framework di lettura Sia la definizione di lettura sia quella di literacy in lettura sono mutate e continuano a mutare nel tempo, in riferimento ai cambiamenti stessi della società, dell’economia e della cultura. Literacy dunque non è intesa come alfabetizzazione,cioè come mera capacità di decodificare segni e come abilità che si acquisisce una volta per tutte durante i primi anni di scuola, ma piuttosto come insieme di conoscenze, abilità e strategie in divenire, che gli individui sviluppano nel corso della vita, attraverso le interazioni con i pari e con i gruppi più ampi di cui fanno parte. In virtù della stretta relazione fra comprensione della lettura e società, nel ciclo del 2009 si è avvertita la necessità di “rivisitare” il framework di lettura. Il framework di PISA 2009 conserva in larghissima parte il contenuto del quadro di riferimento del 2000, in modo da non venire meno a una delle funzioni costitutive di PISA, che è quella di raccogliere dati sulle prestazioni dei quindicenni scolarizzati in lettura, matematica e scienze, in una dimensione diacronica. Allo stesso tempo, in quanto documento in evoluzione, il framework rende conto dei nuovi sviluppi teorici e delle nuove pratiche e li fa propri. Due sono i cambiamenti più importanti, o per meglio dire gli arricchimenti, che caratterizzano la versione 2009 del framework di lettura: l’introduzione di una parte dedicata alla lettura dei testi in 11


formato

elettronico

e

l’elaborazione

di

costrutti

riguardanti

l’engagement, cioè l’impegno, e la metacognizione. La decisione di includere in PISA la lettura di testi in formato elettronico, ha determinato una parziale ridefinizione del framework tanto nelle parti dedicate al formato dei testi, quanto in quelle dedicate ai processi mentali impiegati dai lettori nel loro approccio al testo. Molti dei paesi che partecipano all’indagine – fra cui l’Italia – hanno scelto di non prendere parte all’opzione internazionale dedicata ai testi in formato elettronico, denominata Electronic Reading Assessment (ERA). Nel nostro paese la partecipazione ad ERA e il carico organizzativo che ne sarebbe derivato rischiavano di compromettere la possibilità di realizzare la stratificazione regionale del campione. Il termine engaging, costituisce un esplicito riferimento alla motivazione a leggere e rende conto della sempre maggiore importanza riconosciuta dalla attuale ricerca in ambito psico-educativo ai fattori affettivo-motivazionali

e

meta

cognitivi

nei

processi

di

apprendimento. L’engagement nei confronti della lettura implica la motivazione a leggere e racchiude un insieme di aspetti affettivi e di comportamento tra i quali il piacere e l’interesse per la lettura, la sensazione di avere il controllo su quanto si legge, il coinvolgimento nella dimensione sociale della lettura e un’attività di lettura assidua e diversificata. Studi recenti dimostrano che, nella lettura, l’engagement è associato in modo significativo con le misure cognitive. L’analisi dei risultati di PISA 2000, per rimanere nell’ambito del progetto, ha mostrato che la correlazione che esiste fra rendimento ed engagement (atteggiamenti, interesse e pratiche) in lettura è maggiore di quella rilevata fra competenza in lettura e status socioeconomico, mentre altri studi (Gutrhrie, J. T. and A. Wigfield, 2000) dimostrano che l’engagement e 12


i risultati ottenuti in precedenti rilevazioni sono i fattori che maggiormente spiegano la varianza nei risultati relativi alla comprensione della lettura. Allo stesso modo è lecito affermare che anche la metacognizione abbia un’influenza sul rendimento in lettura. Già presa in considerazione nel framework del 2000, l’inclusione della metacognizione nell’indagine 2009 è stata resa possibile dallo sviluppo di appositi strumenti. Tanto l’engagement quanto la metacognizione – ovvero la consapevolezza e la comprensione delle proprie strategie di pensiero e quindi la possibilità di dirigere i propri processi di apprendimento – sono considerati, nel quadro di riferimento per la lettura di PISA 2009, elementi capaci di fornire indicazioni utili a informare le politiche dell’istruzione. Evidenze scientifiche dimostrano che le abilità legate all’engagement e alla metacognizione possono essere insegnate in vista di livelli di rendimento più elevati nella comprensione della lettura. La dinamica fra lettore e testo è influenzata da molteplici fattori, come la situazione di lettura, la struttura stessa del tempo e i processi sollecitati dai compiti relativi al testo. Su alcuni di questi fattori le indagini su larga scala come PISA intervengono deliberatamente per ottenere risultati omogenei e calibrati. Ci sono tre categorie su cui poggia il framework di lettura: • La prima categoria è quella dei testi in cui rientrano i materiali sui quali si esercita la lettura nell’ambito dell’indagine. Tale categoria è suddivisa in sottocategorie che rendono conto di altrettante caratteristiche del testo: medium, ambiente, formato del testo e tipi di testo. Medium e formato del testo hanno lo scopo principale di assicurare che le prove riflettano in toto la definizione di literacy. La sottocategorizzazione per tipo di testo intende individuare categorie di 13


testo tradizionalmente usate in molti studi a livello nazionale o internazionale: testi narrativi, espositivi argomentativi etc. La sottocategorizzazione denominata ambiente, viceversa, si applica unicamente ai testi digitali e tiene conto della peculiarità di alcuni di essi, ovvero di quelli nei quali il lettore interviene direttamente nella costruzione del testo stesso, come ad esempio e-mail, blog e forum. Quest’ultimo tipo è denominato “testo sotto forma di messaggio”.

• La seconda categoria, ovvero quella degli aspetti, serve a definire l’approccio cognitivo con il quale i lettori si pongono di fronte al testo. Per “saper leggere” occorre saper accedere alle informazioni e individuare quelle pertinenti, saper interpretare il testo al livello delle parole, delle frasi e oltre e sapere integrare le informazioni presenti in parti diverse di un testo o ricavate da testi distinti. Per “saper leggere”, inoltre, occorre anche essere in grado di riflettere sul testo, sia per meglio comprendere e per ampliare le proprie esperienze e le proprie conoscenze, sia per valutarne la qualità, l’adeguatezza e l’utilità. Non è possibile integrare e interpretare le informazioni se prima non le si sono individuate, né riflettere su di esse se non si opera una interpretazione.

• La terza e ultima categorizzazione è la “situazione”. Il termine va inteso come una classificazione generale di testi fondata sul tipo di uso per il quale questi sono stati scritti, sulle relazioni con altre persone implicitamente o esplicitamente associate al testo e sul contenuto in generale.

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Nel 2009, PISA ha modificato il framework di lettura originario del 2000. Se PISA 2000 indagava su quanto i quindicenni fossero in grado di individuare informazioni all’interno di un testo, PISA 2009 indaga anche su quanto essi riescano ad avere accesso a quelle informazioni e su quanto essi riescano a integrarle fra loro e con le conoscenze pregresse al fine di riflettere e di valutare situazioni testuali ed extratestuali.

1.1.3- I risultati internazionali degli studenti in differenti livelli di competenza in lettura In PISA 2009 sono stati costruiti due livelli di rendimento in più rispetto alle precedenti edizioni sulle scale di lettura (sette in tutto), uno all’estremo inferiore e l’altro all’estremo superiore; ciò allo scopo di descrivere in modo più accurato le differenti gradazioni di competenza posseduta dagli studenti quindicenni e giungere a una conoscenza migliore di cosa sono in grado di fare da una parte gli studenti con competenze molto scarse (low performers), dall’altra quelli con competenze molto elevate (top performers) . Gli studenti al Livello 6 sono lettori molto abili, che hanno risposto correttamente a pressoché tutti i quesiti loro proposti. Essi sono pertanto capaci di analizzare in modo sofisticato testi anche complessi, di riflettere su ciò che leggono e valutarne criticamente i vari aspetti, di affrontare con efficacia la lettura di materiali molto diversi, anche poco familiari e, soprattutto, sono in grado di superare i preconcetti di fronte a informazioni nuove, anche quando tali informazioni sono diverse dall’atteso.

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Come si può vedere nella figura 1, la percentuale di studenti che raggiunge il livello 6 è in generale molto bassa, soltanto lo 0,8% nei paesi OCSE. Tra questi ultimi, solo Australia, Canada, Finlandia, Giappone e Nuova Zelanda e, tra i paesi partner, Singapore e la provincia cinese di Shanghai superano l 1,6%. L ’Italia presenta una percentuale di questi studenti significativamente sotto la media OCSE (0,4%) e, in generale, si caratterizza per una distribuzione delle percentuali di studenti ai vari livelli spostata verso il basso. Considerando i top performers, ovvero gli studenti ai livelli 5 e 6, la percentuale media dei paesi OCSE è pari all’ 8%. I paesi OCSE Nuova Zelanda, Finlandia, Giappone, Corea, Australia e Canada e i paesi partner Singapore e Hong Kong presentano percentuali di questi studenti superiori al 12%, con Shanghai che spicca fra essi (19%). Tutti questi paesi hanno anche un buon rendimento medio, mentre in generale i paesi con rendimento medio più basso tendono anche ad avere percentuali piuttosto basse di top performers; tra questi l’Italia, con solo il 5,8% di studenti ai livelli di eccellenza. Includendo in questa analisi anche gli studenti al livello 4, si ha una media OCSE del 28%, con l’Italia che presenta una percentuale leggermente inferiore (26%). Al livello 3, gli studenti sono in grado di svolgere compiti di complessità moderata. Si tratta di un livello molto importante, in quanto i compiti di lettura classificati a questo livello sono tra quelli più comuni che gli adulti, giovani e meno giovani, incontrano nella vita quotidiana. L’Italia presenta il 55% di studenti al livello 3 o superiore. Il Livello 2 può essere considerato un livello base, al quale gli studenti quindicenni iniziano a dimostrare quelle competenze che consentono loro di partecipare efficacemente e produttivamente al mondo reale. 16


Figura 1. Percentuale di studenti ai differenti livelli di rendimento nella scala complessiva di literacy in lettura

Fonte: elaborazioni OCSE su database OCSE PISA 2009 � OECD (2010), PISA 2009 Results � Vol. I

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1.1.4- Gli atteggiamenti degli studenti italiani nei confronti della lettura Le ricerche in campo educativo hanno evidenziato che uno dei requisiti fondamentali per la riuscita in un compito è la disposizione affettiva verso di esso. Ad esempio, l’interesse personale verso un determinato argomento, il coinvolgimento nelle attività ad esso collegate, la sensazione di piacere e di soddisfazione provata durante lo svolgimento del compito o delle attività sono variabili associate generalmente a buoni livelli di rendimento. È per questo che PISA ha individuato una serie di indicatori delle abitudini e delle strategie di lettura che caratterizzano gli studenti quindicenni, fra i quali: • Tipi di letture e attività di lettura per la scuola; • Frequenza con la quale gli studenti leggono per piacere personale; • Frequenza con la quale gli studenti leggono materiali editoriali diversi, sia cartacei che online; • Strategie metacognitive di lettura. Per quanto riguarda i tipi di testo, è stato chiesto agli studenti di indicare con quale frequenza, in cui essi potevano scegliere una delle seguenti alternative: “molte volte”, “due o tre volte”, “una volta”, “mai”, nell’ultimo mese prima della somministrazione, hanno letto testi letterari, testi tecnici, materiali giornalistici e pubblicitari. Per quanto riguarda le attività di lettura è stato chiesto agli studenti di indicare con quale frequenza, nell’ultimo mese prima della somministrazione, hanno dovuto, ad esempio, imparare a memoria 18


una poesia o un brano letterario; spiegare le cause di eventi descritti in un testo; spiegare le connessioni tra parti diverse di un testo; spiegare l’organizzazione dell’informazione in una tabella o in un grafico. Sulla base dei risultati, emerge che gli studenti italiani diversificano le loro letture in misura inferiore ai loro coetanei dei paesi OCSE, e ciò vale sia per i maschi sia per le femmine. In generale gli studenti più bravi diversificano di più le proprie letture e questo vale anche per i quindicenni italiani; i nostri studenti migliori, inoltre, leggono prevalentemente romanzi o altri testi di narrativa, anche se le ragazze che ottengono punteggi più elevati affiancano alla lettura di testi di narrativa quelli di fumetti.

1.1.5- Piacere personale per la lettura Il piacere che si prova durante un’attività può essere un indicatore importante del grado di motivazione intrinseca che si ha per quella determinata attività. Agli studenti è stato chiesto di indicare se leggere è uno dei loro hobby preferiti, se sono contenti quando ricevono in regalo un libro o, al contrario, se leggono solo se costretti, se pensano che leggere sia una perdita di tempo, se trovano difficile finire di leggere un libro. Dall’analisi delle risposte, in cui gli studenti potevano rispondere scegliendo le alternative “molto in disaccordo”, “in accordo”, “D’accordo”, è emerso che i nostri studenti quindicenni hanno un atteggiamento mediamente favorevole nei confronti della lettura.

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1.1.6- Strategie metacognitive di lettura Oltre agli aspetti legati alla motivazione, in PISA è stato esaminato il ruolo delle componenti strategiche nell’apprendimento e la loro relazione con il rendimento alle prove di lettura. Le componenti metacognitive e le strategie di studio sono importanti per un buon rendimento scolastico. Gli studenti efficaci sono anche più efficienti: sono cioè in grado di modulare il proprio apprendimento, scegliendo le strategie più opportune a seconda del compito e monitorando sia i loro processi di apprendimento, sia la loro performance.

Gi

dell’apprendimento

aspetti studiati

metacognitivi in

PISA

e

di

sono

autoregolazione i

seguenti:

a)

consapevolezza delle strategie più efficaci per comprendere e memorizzare le informazioni; b) consapevolezza delle strategie più efficaci per riassumere l’informazione; c) uso di strategie di controllo; d) uso di strategie di memorizzazione; e) uso di strategie di elaborazione. Per ciascuno di questi aspetti sono state poste agli studenti alcune domande con le quali si chiedeva loro di valutare l’efficacia di determinate strategie di lettura; sono stati poi costruiti alcuni indici – uno per ogni aspetto – confrontando i giudizi degli studenti con quelli di esperti di lettura e assegnando il valore dell’indice sulla base della concordanza fra i giudizi. La

consapevolezza

dell’efficacia

di alcune

strategie

per

la

comprensione e il ricordo delle informazioni è risultata positivamente associata al punteggio in lettura. Anche per l’indice relativo alle strategie per riassumere le informazioni di un testo, i risultati sono buoni, mentre per quanto riguarda le strategie di memorizzazione sono state registrate delle carenze, sia in Italia, che in altri paesi. L’ultima 20


dimensione relativa all’area metacognitiva è quella riguardante le strategie di elaborazione. A differenza della memorizzazione, l’elaborazione richiede che lo studente manipoli attivamente l’informazione, o connettendola a reti di conoscenze pregresse o cercando di capire come si può adattare a situazioni nuove. L’utilizzo di strategie di controllo durante l’apprendimento è uno degli indicatori più importanti della consapevolezza

metacognitiva.

Attraverso queste strategie, infatti, lo studente monitora e verifica il processo di apprendimento, apportando degli aggiustamenti dove necessario. In Italia le ragazze utilizzano tali strategie in misura maggiore dei ragazzi e la differenza di genere è maggiore rispetto a quanto si verifica in media nei paesi OCSE.

1.1.7- Dati relativi al contesto scolastico Viene considerato il clima disciplinare, il coinvolgimento dei genitori nelle attività scolastiche e le loro aspettative nei confronti della scuola, la qualità delle risorse didattiche disponibili a scuola. I dati delle precedenti edizioni PISA indicano che elevati livelli di performance degli studenti sono facilitati nei contesti caratterizzati da una percezione positiva del clima disciplinare da parte degli studenti. Agli studenti è stato chiesto di indicare con quale frequenza si verificano alcuni eventi che disturbano le lezioni di italiano: situazioni in cui c’è rumore o confusione, situazioni in cui l’insegnante deve aspettare a lungo prima che gli studenti facciano silenzio, situazioni in cui gli studenti non riescono a lavorare bene e in cui iniziano a lavorare molto tempo dopo l’inizio dell’ora. 21


Nella maggior parte dei paesi partecipanti si registra un’associazione positiva fra il clima disciplinare e il punteggio medio in lettura. Se invece si esaminano i risultati per tipo di scuola, l’associazione fra il clima disciplinare e il punteggio in lettura è molto più attenuata. Nel questionario riservato ai genitori, viene chiesto di indicare il loro coinvolgimento e la loro partecipazione ad alcune attività scolastiche, quali attività di tipo manuale, attività extracurriculari, attività della biblioteca o del centro multimediale, la conduzione di una lezione o di una presentazione a scuola, discussione con gli insegnanti sul comportamento o sui progressi del proprio figlio, partecipazione agli organi collegiali della scuola. Dai dati internazionali emerge che le modalità di coinvolgimento più frequenti sono, sia nei paesi OCSE in generale, sia in Italia, soprattutto quelle relative alla discussione con gli insegnanti sul comportamento o sui progressi del proprio figlio, sia su propria iniziativa, sia su iniziativa degli insegnanti. Il coinvolgimento dei genitori si concretizza con maggiore frequenza nella partecipazione alle riunioni fra genitori e insegnanti o ai colloqui dei docenti con i singoli genitori. Il rendimento degli studenti tende a migliorare se i genitori, gli insegnanti e la scuola hanno aspettative elevate nei loro confronti; le aspettative delle scuola dipendono anche dalla pressione dei genitori per ottenere elevati standard di rendimento. Nel questionario scuola viene chiesto ai dirigenti scolastici di indicare se è presente una pressione da parte dei genitori per ottenere elevati livelli di rendimento. In media il 19% dei dirigenti scolastici dei paesi OCSE dichiara che la maggior parte dei genitori esercita una pressione costante in questo senso; il 48% dichiara che questa pressione proviene solo da una minoranza di genitori; infine, il 33% afferma che quasi nessun genitore esercita questo genere di pressione. 22


In Italia, la maggior parte dei dirigenti scolastici (60%) dichiara che solo una minoranza di genitori esprime elevate aspettative sui livelli di rendimento.

1.1.8- Le risorse educative della scuola In PISA il termine “risorse educative” si riferisce al tempo dedicato all’apprendimento, alle dimensioni della classe, al rapporto studentiinsegnanti, alla preparazione del personale e alla qualità delle risorse didattiche e alle attività extra-curricolari offerte dalla scuola. Il Questionario scuola di PISA 2009 chiede ai dirigenti scolastici di indicare quanto incide l’eventuale carenza di determinate risorse (quali laboratori, computer, connessioni ad internet, risorse della biblioteca audiovisive) sulla qualità della didattica. A partire dalle risposte fornite dai dirigenti scolastici, questi ritengono che la qualità delle risorse educative sia adeguata. In generale si rileva un’associazione positiva fra i valori di questo indice e il punteggio in lettura.

1.1.9- Contesto familiare e risultati degli studenti in lettura Il contesto familiare di provenienza rappresenta uno dei fattori più importanti che incide sul rendimento degli studenti. Il contesto familiare è composto da diverse caratteristiche, tra le quali: a) status socio-economico e culturale (quali titolo di studio, lavoro e benessere economico); b) provenienza geografica, studenti nativi o immigrati; c) lingua parlata a casa; d) struttura familiare (presenza di entrambi i genitori o monoparentale); e) ubicazione della scuola (se piccolo 23


centro o grande città). In particolare, in Italia, le variabili che risultano più legate al livello di competenza degli studenti sono: il livello occupazionale dei genitori, le risorse educative a casa, il numero di libri, la lingua parlata a casa e l’essere nati all’estero. In tutte le regioni italiane il tipo di occupazione dei genitori risulta positivamente associato al rendimento degli studenti in lettura. Anche le risorse educative possedute a casa sono un indice di buon rendimento scolastico ( per esempio una scrivania per fare i compiti, un posto tranquillo per studiare, un computer da utilizzare per lo studio, un dizionario). Gli studenti nati all’estero o che hanno entrambi i genitori nati all’estero svolgono le prove di PISA insieme a tutti gli altri studenti. In tutti i paesi OCSE, più del 10% degli studenti che partecipano a PISA sono immigrati, ma questo gruppo rappresenta il 40% della popolazione in Lussemburgo, tra un quarto e un quinto in Canada, Nuova Zelanda e Svizzera ed è superiore al 15% in Israele, Stati Uniti, Australia, Germania e Austria. In Italia, la percentuale di studenti immigrati iscritti all’istruzione secondaria, soprattutto superiore, è ancora relativamente bassa anche se in crescita rispetto ai precedenti cicli di indagine. Nel questionario rivolto agli studenti è stato chiesto loro quale lingua parlassero a casa la maggior parte del tempo. Le possibilità di risposta erano: italiano, sloveno e tedesco (tre lingue nelle quali sono state somministrate le prove PISA nel nostro paese). Dalle risposte degli studenti, risulta che il 14% degli studenti in Italia parla a casa una lingua diversa da quella in cui ha svolto le prove PISA, ma nel Nord Est questa percentuale sale al 23%.

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Per l’edizione 2009 hanno partecipato al PISA 67 paesi. L’indagine ha coinvolto 30.905 studenti italiani e 1.097 scuole. PISA 2009 ha incentrato la sua indagine particolarmente sulla lettura (oltre che su matematica e scienze), come era avvenuto nella prima edizione del 2000. Il confronto su questa competenza ha evidenziato un sostanziale recupero rispetto alle indagini 2003 e 2006, in quanto si era registrata una preoccupante regressione dei livelli di competenza dei quindicenni italiani. Recupero che ha riguardato soprattutto le regioni meridionali. In classifica i ragazzi italiani sono 29esimi; nel 2006 erano 36esimi. Dal punto di vista dell’equità del sistema a livello internazionale si rileva generalmente una associazione positiva tra risultati in PISA e livello socioeconomico e culturale delle famiglie. In altre parole, gli studenti che provengono da famiglie avvantaggiate da un punto di vista culturale e sociale tendono a conseguire risultati migliori degli studenti svantaggiati. Anche in Italia l’indice di status socioeconomico e culturale ha un impatto significativo sui risultati in lettura, ma risulta più contenuto che in altri paesi.

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2- Elementi di comprensione della lettura La ricerca scientifica ha da sempre rivolto il proprio interesse allo studio delle produzioni linguistiche piuttosto che indirizzarsi agli aspetti della comprensione. Negli anni '30, i concetti di comprensione e memoria non erano ben chiari, sia sul piano della definizione, sia sul piano metodologico della ricerca. Solo a partire dagli anni ottanta si è cominciato a parlare di processi di comprensione come attività costruttiva del soggetto con una molteplicità di variabili implicate (Bruner, 1992; Levorato, 1988, 2000). Capire le parole dette o scritte non può essere un processo dato per scontato, ma è il risultato della combinazione di diversi processi. Capire non è una cosa automatica. Eppure il disinteresse per i processi di comprensione appare anche nei modelli linguistici e psicolinguistici dei primi decenni del Novecento. La schematizzazione del “circuito della parola” nella comunicazione tra due persone, proposto inizialmente da Saussure (1922) e ripreso da Shannon e Weaver (1949), metteva in evidenza che la comprensione fosse un’azione passiva del ricevente. Questo modello comunicativo era lineare: al ricevente spettava solo il compito di decodificare l’informazione e il ruolo che poteva esercitare sia sul messaggio che sulla situazione comunicativa era quasi nullo. Saussure ha contribuito a porre in evidenza la natura problematica della comprensione. Nel Cours de linguistique générale (1922) egli sosteneva che il significato di una parola è determinato dai rapporti della parola con quelle non presenti nella frase, quindi sia dai rapporti “sintagmatici” che da quelli “associativi”. Questi rapporti sono diversi per ogni persona e dipendono sia dalla conoscenza dell’individuo della lingua, che dalle sue esperienze passate.

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I motivi epistemologici che hanno determinato un radicale mutamento di tutti gli orizzonti teorici sono molteplici, associati a variabili storico-culturali. La nascita e la diffusione della psicoanalisi ha motivato per la prima volta una ricerca diversa del senso della parola: ad essa si è chiesto di essere capace di andare al di là del suo livello superficiale, strettamente semantico (Fornari, 1979). Chi ascolta deve trascendere il primo immediato significato, affinché il fine sia realmente quello di ricostruire il senso autentico del discorso. La parola allora deve essere integrata e compresa all’interno di quell’originale reticolo di associazioni mentali di cui l’enunciato è espressione. Oltre alla psicoanalisi, un secondo motivo è individuabile nello sviluppo delle società, iniziato negli anni venti-trenta del XX secolo, unito alla diffusione dei mezzi di comunicazione di massa (radio e televisione). Queste nuove tecnologie hanno mostrato che ci può essere una pluralità di attribuzioni di significati di fronte ad uno stesso messaggio. Il terzo motivo tratta dello sviluppo degli studi sulla percezione grafica e uditiva. Le ricerche su questi studi intendono dimostrare come le conoscenze verbali pregresse, le competenze socio-culturali e la valutazione del contesto possono orientare e influenzare la ricezione visiva o uditiva. La percezione linguistica è stata rivista nell’ambito dell’intero funzionamento della mente umana, non come un fattore passivo sensoriale. Un quarto elemento, che ha messo in discussione la visione più tradizionale della comprensione, si riferisce alla riflessione sulle ambiguità strutturali delle frasi, iniziata da Noam Chomsky (1957): tali ambiguità potevano essere risolte in modo automatico e formale. 27


Un quinto attacco alla teoria passiva della comprensione è stato mosso dallo sviluppo degli studi di linguistica testuale, di pragmatica e di psicologia cognitiva. Da questi studi è risultato che la comprensione di un testo deve tener conto del suo co-testo antecedente e seguente, del suo contesto situazionale, degli scopi per i quali esso è stato realizzato. L’attività della comprensione quindi non è solo linguistica ma ancor prima cognitiva, cioè esempio, mette in gioco tutte le abilità intellettuali del soggetto (si pensi, ad esempio, allo sviluppo delle strategie). Questo attacco ha avuto delle conseguenze radicali. Ultimo elemento di disturbo nell’orizzonte epistemologico dei molteplici universi teorici è stato l’insuccesso che hanno subito i molti tentativi di analisi automatica dei testi (i traduttori automatici). Le ricerche che miravano a produrre una scomposizione automatica del testo, al fine di ricavarne il significato, sono fallite e hanno mostrato che solo una piccola parte dei numerosi processi implicati può essere legata ad un’elaborazione automatica delle informazioni. Più di ogni altro segno le parole accompagnano ogni nostra esperienza (De Mauro, 2002). Ciò che conferisce senso e significato è soprattutto frutto dell’intelligenza umana, delle capacità cognitive e creative di ognuno. Sulla base di tutti questi elementi, gli studi di psicolinguistica, affiancati da quelli Di psicologia cognitiva, hanno riconosciuto che l’attività di comprensione del testo sia un’attività autonoma e complessa, una “ginnastica mentale”. Per quanto riguarda la comprensione si possono ipotizzare una serie di processi sia automatici che controllati attivamente dal soggetto; ad una messa in gioco di conoscenze linguistiche e concettuali progressivamente costruite dal lettore e accumulate in memoria e alla creazione (come in

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un processo di problem solving) di nuove conoscenze, nuove immagini, nuove situazioni di ciò che è detto nel testo. La sfida che ci si presenta nello studio dei processi di comprensione consiste nell’integrare tra loro approcci teorici e metodologici diversi al fine di far confluire i punti di forza di ciascuna disciplina in un universo epistemologico condiviso.

2.1- Percezione del linguaggio e lettura Noi umani abbiamo una padronanza straordinaria nel linguaggio. Sotto molti aspetti, non fa molta differenza se un messaggio viene presentato ai nostri orecchi o ai nostri occhi. Ciò nonostante ascoltare e leggere differiscono per molti aspetti importanti. Una differenza rilevante è che, nella lettura, ciascuna parola può essere può essere vista come un intero, mentre una parola pronunciata è diffusa nel tempo. I segnali forniti dall’ascolto sono più ambigui e meno chiari di quanto non siano in un testo stampato. Lo sforzo di memoria è più grande quando si ascolta il linguaggio parlato che quando si legge, perché le parole già pronunciate non sono più accessibili. Esiste però un caso in cui l’ascolto del linguaggio parlato risulta più semplice della lettura: il linguaggio di solito include molti indizi relativi alla struttura della frase ed al suo significato che sono veicolati dal timbro di voce, dall’intonazione, dall’accento e dalla cadenza di chi parla (ad esempio le domande che hanno un intonazione più marcata sull’ultima parola della frase). Tali indizi sono noti come indizi prosodici. Al contrario, i principali indizi specifici del testo scritto sono i segni di punteggiatura.

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2.2- Caratteristiche e comprensione di un testo Il testo è un’unità comunicativa e, come tale, deve soddisfare alcune condizioni,

avere

certe

proprietà,

quali

coesione,

coerenza,

informatività, intenzionalità, accettabilità. La coesione di un testo è data dai legami linguistici, ossia dalle funzioni grammaticali, sintattiche che vengono utilizzate per esprimere le relazioni tra gli elementi del testo. La sua coerenza è data, invece, dai legami logici, ossia dalle funzioni semantiche in base alle quali i concetti presenti nel testo sono in relazione tra loro. Perché un testo abbia coesione e coerenza occorre che le proposizioni che lo compongono siano in relazione ad un medesimo tema di base, che è appunto l’argomento del testo. Le relazioni tra i temi, che determinano l’organizzazione tematica di un testo, la sua struttura logica, possono essere di vario tipo. Tuttavia, una distinzione essenziale è quella tra tema principale e temi subordinati. Perché la comunicazione abbia successo occorre che le informazioni presupposte come note non includano informazioni che il lettore ignora; come pure, che le informazioni proposte come nuove contengano effettivamente informazioni che il lettore prima non possedeva. Questa è L’informatività del testo. L’intenzionalità si riferisce alle intenzioni, ai fini dell’autore del testo, ad esempio quello di comunicare certe conoscenze in un certo modo ad un certo tipo di lettore. L’accettabilità si riferisce alle intenzioni, ai fini del lettore del testo (aspettative, motivi, stati di conoscenza). 30


Perché, dunque, un testo sia un’unità comunicativa occorre una cooperazione tra autore e lettore. L’autore fa presupposizioni sul suo lettore ideale e su questa base organizza il proprio testo. Il lettore è chiamato a interpretare l’autore o meglio quell’intenzionalità che è contenuta nel testo.

2.3- Cosa si intende per comprensione del testo? Per comprensione si intende genericamente un processo finalizzato a cogliere il significato del testo, dato dalla costruzione di una rappresentazione mentale, che è frutto dell’integrazione di nuove informazioni ricavate dal testo, all’interno di una struttura conoscitiva pre-esistente nel lettore. Oggi definiamo la comprensione come la trasformazione e non la riproduzione mentale delle informazioni date dal testo. E definiamo la memoria del testo, il risultato di questo processo in una rappresentazione mentale del suo significato. Ci si è resi conto di questo solo negli anni ’80. La memoria ha un duplice ruolo, ed interviene in due momenti nel processo di comprensione: • In qualità di risultato: rappresenta la “traccia mentale” finale di questo processo (come rappresentazione del significato o riproduzione mnemonica di un testo); • In qualità di componente: nella qualità di “memoria di lavoro” limita le capacità di elaborazione di informazioni in parallelo (analogamente alla RAM di un computer). 31


I primi studi sulla comprensione del testo vengono fatti risalire all’uscita di un volume di uno psicologo inglese, Frederic Bartlett, il cui titolo è Remembering (1932). In quest’opera egli critica i metodi utilizzati dai suoi contemporanei per studiare la memoria e si propone di condurre degli studi sulla memorizzazione di materiali “naturali”, disegni, immagini, racconti. Gli studi di Bartlett rivolgono l’attenzione per la prima volta agli aspetti psico-sociali della memoria, introducendo una novità: lo studio della nozione di “schema”. Lo schema è una struttura cognitiva per l’interpretazione della realtà e la sua rappresentazione mentale. Riproduce in modo economico (schematico) e funzionale (proti tipicamente) gli elementi principali dell’evento che in esso è rappresentato. Uno schema si forma attraverso la presentazione ripetuta di esperienze simili dalle quali è possibile astrarre caratteristiche comuni. La sua “attivazione” resta in gran parte inconsapevole. Lo schema quindi consente di chiarire il modo in cui le conoscenze precedenti agiscono per migliorare la comprensione.

2.4- Il modello di Kintsch e Van Dijk Le ricerche sulla lettura hanno evidenziato come leggere un brano è diverso da leggere una serie di frasi: nella comprensione di un brano, oltre al collegamento semantico fra le frasi, per accedere ad un livello superiore di comprensione è necessario individuare la struttura e le caratteristiche stilistiche; l’organizzazione delle varie parti di un brano potrà, infatti, variare a seconda si tratti di una fiaba, di una lettera o di un articolo scientifico. L’analisi delle caratteristiche di vari tipi di testo in relazione con la sua comprensione, ha portato alla creazione di

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modelli con lo scopo di spiegare come le peculiarità del testo influiscano positivamente o negativamente sull’accesso al significato. Da questi studi la comprensione emerge come un processo attivo, nel corso del quale il lettore, utilizzando le informazioni provenienti dal testo e avvalendosi delle proprie conoscenze di ordine linguistico e semantico, costruisce il significato. Per raggiungere questo scopo vengono messi in atto i processi inferenziali, nel corso dei quali le conoscenze a disposizione del lettore sono integrate con quelle provenienti dal testo. Questi processi hanno diverse funzioni; innanzi tutto facilitano la creazione di un collegamento fra le diverse parti del brano: questo è un passaggio essenziale per arrivare ad avere una rappresentazione coerente del testo. Tramite i processi inferenziali il lettore può recuperare il significato di una parola sconosciuta o con diversi significati (parole polisemiche), basandosi sul contesto in cui è inserita. I processi inferenziali permettono anche di cogliere informazioni non espressamente chiarite nel testo; alcuni testi per essere compresi richiedono che si vada oltre a ciò che è scritto. Il testo è qualcosa di più di un insieme di frasi fra loro scollegate, e per essere compreso richiede un’elaborazione più complessa; è necessario infatti cogliere i collegamenti tra le frasi. Nel modello di comprensione di Kintsch e Van Dijk (1978), il punto di partenza per lo studio del processo di comprensione è la proposizione. Una proposizione consiste in una serie di parole e verbi sintatticamente legati e di uno o più argomenti. Le proposizioni rappresentano le unità significanti in cui il testo può essere diviso; esse sono raggruppate in base ai fatti che espongono. Le proposizioni di un testo sono organizzate gerarchicamente: le proposizioni più rilevanti per la corretta comprensione sono in alto 33


alla gerarchia, mentre le subordinate sono ai livelli successivi. Questa struttura gerarchica viene chiamata dagli autori macrostruttura. La macrostruttura del testo consiste in una serie di regole dette macrooperatori che indicano quali fatti sono più rilevanti, in funzione degli scopi del lettore. Gli scopi del lettore forniscono il criterio per decidere cosa è rilevante e cosa no, creando determinate aspettative e consentono di fare inferenze nel caso in cui certi fatti non siano riportati direttamente. Essi teorizzarono, inoltre, l’esistenza di un secondo livello di analisi del testo: quello della microstruttura, il livello al quale le proposizioni estrapolate dal testo vengono articolate in una struttura coerente. Le ricerche svolte da Kintsch (Van Dijk e Kintsch, 1983), hanno dimostrato che, nel ricordo di brani, le frasi più in alto nella gerarchia sono ricordate meglio di quelle più in basso. Partendo da queste premesse Kintsch ha proposto un modello di lettura e comprensione del testo che chiama di “CostruzioneIntegrazione”, in cui vengono esemplificati anche i processi attraverso cui si arriva a comprendere un brano e quindi a ricostruire la sua struttura gerarchica. La comprensione di un brano avviene, secondo gli autori, grazie all’avvicendarsi di una sequenza di cicli di elaborazione del testo. I cicli di elaborazione del testo avvengono attraverso un processo di costruzione e uno di integrazione: il risultato del loro avvicendarsi permette di integrare informazioni nuove con le informazioni ottenute dalle proposizioni precedenti. Durante il processo di costruzione vengono create delle reti di rappresentazioni, le quali si situano a differenti livello:

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1. Il primo livello è quello superficiale, in cui le informazioni utilizzate sono di tipo linguistico (vengono considerate le parole che costituiscono il testo); 2. Il secondo livello è quello proposizionale, ovvero considera l’aspetto legato ai concetti e al significato di ciò che contiene il brano; 3. Il terzo livello è chiamato modello situazionale, in cui è elaborata una rappresentazione delle situazioni raccontate nel testo. Questa rappresentazione del testo può non essere elaborata in modo proposizionale, può essere costruita come un’immagine mentale, come una procedura o uno schema. Il modello situazionale costruito dal lettore può differire dalla struttura del testo, ciò può accadere quando nel testo vengono inserite informazioni in contraddizione. Il compito del lettore è quello di mantenere attivo in memoria un modello coerente privo di informazioni sbagliate; o quando, ad esempio, ciò che leggiamo entra in conflitto con uno schema conoscitivo che noi possediamo già (Kintsch, 1994). Il terzo livello di elaborazione rappresenta il risultato del processo di comprensione: la formazione di un modello che rappresenti il testo, avviene grazie all’ausilio delle nostre conoscenze precedenti e di informazioni contenute nel testo. Per mantenere la coerenza del brano durante la lettura, le informazioni errate devono essere escluse. Durante il processo di costruzione la rete di significati può non essere del tutto precisa, quindi può contenere elementi in contraddizione o irrilevanti. Il processo di integrazione opera una selezione delle parti non importanti della rete. La riduzione delle informazioni contenute nel testo in unità significative è necessaria per le limitate risorse della 35


memoria di lavoro. Il ruolo della memoria di lavoro è quello di elaborare le informazioni, in modo da formare delle unità che racchiudano i contenuti più importanti nel minimo dello “spazio” e di immagazzinare i risultati intermedi delle elaborazioni; la memoria a lungo termine interviene nel processo di comprensione rendendo disponibili le conoscenze già acquisite d’ordine sintattico, semantico, linguistico e concettuale. Nel modello di Kintsch e Van Dijk emerge che il processo di comprensione del testo non avviene comprendendo le singole frasi e creando fra loro un collegamento. Il testo essendo organizzato in una macrostruttura, caratterizzata da un ordine gerarchico, in cui alcune informazioni sono più importanti di altre, richiede al lettore uno sforzo di elaborazione che gli consenta di crearsi una rappresentazione mentale di ciò che legge. Il testo, secondo questo modello, è costruito in modo strategico: in modo cioè da evidenziare proprio quello che deve essere colto per arrivare ad una corretta comprensione; sta quindi al lettore individuare le informazioni importanti in base ai suoi scopi e organizzarle in una rete coerente di significati. Kintsch (1974) ha distinto tra effetti della microstruttura ed effetti della macrostruttura sulla capacità di ricordare un testo usando un compito di verifica. I partecipanti dovevano stabilire se alcune inferenze – esplicite ed implicite – erano coerenti con un testo che avevano appena finito di leggere o che avevano letto 15 minuti prima. Kintsch osservò che le proposizioni formulate in modo esplicito venivano verificate più velocemente di quelle formulate in modo implicito nel test immediato, ma che non vi era alcuna differenza nel tempo nel tempo di verifica tra i due tipi di proposizioni dopo 15 minuti. Secondo la teoria, le proposizioni esplicite sono rappresentate in modo più soddisfacente dalle proposizioni implicite nella microstruttura,

ma

sono

entrambe

ben

rappresentate

nella 36


macrostruttura. Le informazioni contenute nella microstruttura sono più disponibili nell’immediato che dopo un certo lasso di tempo, e ciò spiega i diversi risultati nei due intervalli di tempo. Uno dei limiti principali del modello proposto da Kintsch e Van Dijk (1978) riguarda ciò che in esso viene omesso o non specificato. Ad esempio, non vengono spiegati i dettagli di come si formino le proposizioni, né viene indicato in modo preciso come si le inferenze di collegamento, o come la conoscenza schematica interagisca con le informazioni derivanti dal testo.

2.5- Il modello di integrazione-costruzione di Kintsch Kintsch (1988, 1992, 1994) ha proposto un modello di integrazionecostruzione che approfondisce il suo modello precedente. Questo modello fornisce un maggior numero di informazioni sul modo in cui si formano le inferenze e su come la conoscenza immagazzinata interagisce con le informazioni che derivano dal testo per formare la macrostruttura. Secondo il modello, durante il processo

di

comprensione si verificano le seguenti fasi: • Le frasi presenti nel testo vengono trasformate in proposizioni che rappresentano il significato del testo. • Queste proposizioni vengono poste in un magazzino di lavoro a breve termine e formano una rete proposizionale. • Ogni proposizione costruita dal testo recupera alcune proposizioni collegate in modo associativo (comprese le inferenze) dalla memoria a lungo termine.

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• Le proposizioni costruite dal testo, insieme a quelle recuperate dalla memoria a lungo termine, formano la rete proposizionale elaborata; questa rete contiene molte proposizioni non pertinenti. • Viene poi utilizzato un processo di diffusione dell’attivazione al fine di scegliere le proposizioni per la rappresentazione del testo; i gruppi di proposizioni hanno la maggiore probabilità di essere incluse nella rappresentazione del testo, mentre è probabile che vengano scartate le proposizioni non pertinenti: “ gli elementi che appartengono allo stesso contesto diventano più forti, mentre quelli che non appartengono allo stesso contesto muoiono” (Kintsch, 1994, p. 732): è il processo di integrazione. • La rappresentazione del testo è una struttura organizzata che viene immagazzinata nella memoria episodica del testo; le informazioni sulla relazione tra due proposizioni vengono incluse se le due proposizioni sono state elaborate insieme nel magazzino di lavoro a breve termine. • Come risultato di questi processi, vengono costruiti tre livelli di rappresentazione: la rappresentazione superficiale (il testo stesso); la rappresentazione proposizionale (le proposizioni che si formano dal testo) e la rappresentazione situazionale (un modello mentale che descrive la situazione riportata nel testo). Gli schemi possono essere usati come mattoni per la costruzione di rappresentazioni situazionali o modelli. Una delle caratteristiche particolari di questo modello è l’ipotesi secondo la quale i processi implicati nella costruzione della rete proposizionale elaborata siano relativamente inefficaci, dal momento che sono incluse numerose proposizioni non pertinenti. Si tratta di un approccio bottom-up, in quanto la rete proposizionale elaborata è costruita senza prendere in considerazione il contesto fornito dal tema globale del testo.

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Questo modello è stato applicato estensivamente alla comprensione della lettura. Esso spiega il processo di comprensione della lettura distinguendo le strutture proposizionali di un testo che è stato letto, dalla conoscenza precedente che il lettore sviluppa nel processo di lettura. Significativi risultati di comprensione emergono quando la struttura proposizionale del testo viene unita con la precedente conoscenza di colui che sta imparando. Se la struttura proposizionale del testo è altamente coesiva, allora ci saranno meno pressioni sulla conoscenza precedente del lettore è determinante per una coerente comprensione.

in

entrambi

i

casi

la

comprensione

deriva

dall’integrazione della struttura proposizionale del testo con la conoscenza precedente del lettore, ed è rappresentata semanticamente in forma proposizionale. Il punto focale del lavoro di Kintsch è direttamente collegabile non solo con il concetto generale di comprensione della lettura scientifica, ma anche con la comprensione in generale per casi in cui le esperienze di apprendimento sono altre piuttosto che quelle basate sul testo. Il modello è focalizzato sul ruolo delle conoscenze precedenti di colui che apprende.

2.6-L’importanza dei processi metacognitivi durante la lettura Il termine metacognizione (alla lettera significa “riflessione sui processi cognitivi), indica la conoscenza da parte del soggetto delle proprie attività cognitive e il controllo che è in grado di esercitare su di esse. Le prime ricerche nel settore furono inizialmente centrate sugli studi di memoria strategica, ma l’oggetto di studio si estese ben presto ad altre attività cognitive quali l’immaginazione, la comprensione, la scrittura, prendendo di volta in volta il nome di metamemoria, 39


metaimmaginazione e metacomprensione. Questo settore di ricerche ha conosciuto in pochi anni una notevole espansione. Tale successo è da attribuire ad una serie di fattori, tra i quali ricordiamo il fatto che la metacognizione sottolinea il ruolo attivo del lettore. I concetti che stanno alla base del programma metacognitivo per la comprensione del testo scritto trovano i loro riferimenti teorici più diretti negli studi di Flavell (1979, 1980) e della Brown (1980). Questi due autori sono stati i primi a distinguere nella metacognizione le due componenti della conoscenza e del controllo. Il lettore maturo deve essere in possesso di una serie di conoscenze metacognitive che riguardano: 1. Gli scopi della lettura; 2. Le strategie da porre in atto al fine di raggiungere una buona comprensione del testo; 3. Le caratteristiche del testo. Con il termine metacomprensione facciamo riferimento a quel settore della metacognizione che si riferisce alla comprensione linguistica e in particolare alla comprensione del testo scritto. Viene definita esperienza metacognitiva il basarsi del soggetto sulle proprie conoscenze quando si trova ad affrontare un compito di qualsiasi tipo, e pianifica l’esecuzione tenendo presente gli scopi da perseguire, riesce ad anticipare la qualità di una sua prestazione e anticipa la probabilità di successo. Il significato degli studi sulla metacognizione per la psicologia educativa è duplice. Innanzitutto, sottolineando il ruolo attivo che ha lo studente nel conoscere e comprendere, confermano e precisano una concezione costruttivista dell’apprendimento, inteso come attività 40


complessa riprendendo

di

elaborazione la

tematica

e

organizzazione

dell’imparare

ad

di

conoscenze,

imparare,

cioè

dell’acquisizione di abilità che mettono in grado di produrre conoscenze autonomamente. In secondo luogo provengono dati e indicazioni che aiutano a predisporre interventi nei confronti di quegli studenti che presentino difficoltà di apprendimento.

41


3- Le abilità specifiche Numerosi studi sono stati condotti sulla lettura intesa come insieme di processi. Questi processi coinvolgono non soltanto aspetti linguistici, ma anche aspetti di rapporto con l’attività cognitiva. La lettura può essere intesa come decodifica di materiale verbale indipendente dal significato di ciò che si legge o apprende, oppure viene intesa come comprensione del significato del testo, attraverso un gioco complesso di interazioni tra ciò che il lettore già conosce e il significato di ciò che legge e apprende. Cosa significa comprendere un testo? Cosa significa conoscere? La comprensione è un processo finalizzato a cogliere il significato del testo, è un’attività costruttiva, interattiva e attiva che richiede l’integrazione delle informazioni nuove, contenute nel testo, all’interno delle strutture di conoscenza possedute dal lettore o dall’ascoltatore (De Beni e Pazzaglia, 1995; De Beni, Cisotto e Carretti, 2001). La conoscenza ha un ruolo fondamentale nella comprensione e nell’apprendimento. Essa è la base con cui le nuove informazioni vengono apprese: per esempio, l’informazione che è più facilmente integrabile con la conoscenza è spesso ricordata meglio dell’altro materiale che è più difficile da integrare nella conoscenza esistente. La comprensione della lettura è, dunque, il primo e necessario atto di conoscenza, ma non è un’attività semplice; essa implica una serie di processi, anche molto differenti tra loro, che possono essere attivati, tutti o in parte, a seconda dei diversi scopi per cui si legge e del differente livello di comprensione che si vuole raggiungere.

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Dall’inizio della scuola elementare fino all’università, durante tutto il loro corso di studi, i ragazzi trascorrono la maggior parte del loro tempo leggendo e acquisendo informazioni da testi scritti. La lettura a scopo di apprendimento richiede che gli studenti comprendano e sappiano ricordare le idee e i tempi principali presenti nel testo (Bartlett, 1974; Kintsch e Van Dijk, 1978). Le ricerche nel campo della psicologia cognitiva hanno portato a capire meglio le strategie di comprensione del testo adottate dai buoni lettori e il modo in cui essi dirigono e controllano continuamente l’uso di queste strategie (McNamara, O’Reilly, 2006). Da qui si è giunti alla definizione di contenuti didattici più esplicitamente rivolti alle procedure da adottare per indirizzare i ragazzi alla lettura e per recuperare eventuali difficoltà di comprensione. Il punto di partenza di tutta l’attività di comprensione sta nell’avere ben presente che lo scopo fondamentale della lettura è capire quello che si sta leggendo. I lettori più giovani e quelli con maggiori difficoltà non sempre sono consci di leggere per cogliere il significato del testo, per operare un’attiva integrazione delle informazioni riportate dal testo all’interno delle conoscenze che loro già possiedono. Spesso questi bambini credono che la lettura sia un atto passivo di traduzione di simboli (i grafemi) in suoni (i fonemi) e che in questo si esaurisca la sua funzione. Se il lettore non è consapevole del fatto che leggere significa capire, non si preoccuperà neppure del fatto di controllare se capisce o meno. Si verifica così il caso di bambini che iniziano a leggere dalla prima parola della pagina, in alto a sinistra, procedendo fino all’ultima, in basso a destra, incuranti di aver perduto, se mai lo si fosse colto, il significato del testo. I bambini in questo caso sono protesi nello sforzo di tradurre i segni scritti in parole pronunciate. L’importanza che assumono le conoscenze sulla lettura e il controllo del processo di comprensione ci introduce direttamente all’approccio meta cognitivo ( già introdotto 43


nel capitolo precedente) , (De Beni, 2003) in cui si sottolinea il ruolo della conoscenza rispetto alla lettura in generale, ai suoi scopi e alle possibili strategie, e si evidenzia l’importanza di una costante attiva di controllo e di pianificazione dell’attività di comprensione. Le abilità di lettura corrispondono a processi e a sottoprocessi cognitivi che permettono di estrarre il significato dai testi. Le abilità principali di lettura sono quattro: 1. Ricavare informazioni e concetti esplicitamente espressi nel testo. Comprendere un testo implica l’abilità di individuare i luoghi nel testo che forniscono al lettore le informazioni e le idee significative del messaggio. 2. Fare inferenze. Per capire un testo, il lettore deve comprendere significati ed intenzioni non esplicitamente espressi, e tuttavia implicati, nel testo. Deve, cioè, saper colmare quei vuoti di informazione. 3. Interpretare ed integrare informazioni e concetti. Come per il processo inferenziale, il lettore deve saper individuare sia il significato di parti del testo, sia il suo significato globale. Questa abilità permette di interpretare i significati spesso non palesati apertamente dall’autore, le sue intenzioni comunicative, i suoi punti di vista, facendo ricorso non soltanto a quanto contenuto nel testo, ma anche all’esperienza personale del lettore e alla sua conoscenza del mondo. 4. Analizzare e valutare il contenuto, la lingua e gli elementi testuali. Saper leggere un testo significa saperne prendere le distanze e valutarne il significato, interpretandolo a vari livelli e in chiave critica. Il lettore deve saper interpretare il contenuto del testo, mettendolo in relazione con la propria visione del mondo. Il lettore deve saper valutare anche la lingua del testo, cioè capire il modo in cui il significato viene espresso e presentato. È inoltre importante saper distinguere gli elementi testuali del brano letto: lo scopo e il contenuto del messaggio, l’autore e il destinatario, il tipo particolare di testo – 44


narrativo, descrittivo o altro – e lo schema che sostiene la particolare struttura testuale. La classificazione delle abilità principali sopra esposta, costituisce un importante strumento di ricerca per verificare l’ampiezza e il livello della capacità di lettura. Una grossa parte della ricerca dedicata allo studio della lettura si pone come obiettivo quello di individuare quali abilità di base possono essere indicate come predittori, cioè abilità che favoriscono l’apprendimento e la comprensione della lingua scritta. Le persone non comprendono allo stesso modo un testo o un discorso ma alcune caratteristiche cognitive e testuali possono influenzare la loro comprensione. La comprensione di un testo può dipendere da diversi fattori quali: le caratteristiche delle parole, la loro familiarità, la complessità della struttura sintattica e semantica delle frasi. Comprendere

un

testo

implica

un

lavoro

di

elaborazione

dell’informazione su due livelli (Zanetti, 1999, p.140): il primo, analitico, <<rimanda alla scansione analitica delle singole unità di informazione>> ed è quindi relativo alla rappresentazione linguistica dei singoli elementi del testo, mentre ilo secondo, globale, <<si riferisce alla rappresentazione semantica del testo e/o delle situazioni evocate dal testo>>, cioè alla messa in relazione dei diversi elementi del testo con le altre conoscenze possedute. Per facilitare l’incontro fra lettore e testo ci sono due vie. La loro finalità comune è di incentivare il lettore nel controllo dell’estrazione e dell’integrazione delle informazioni presenti nel testo, ma mentre nel primo percorso è il testo ad andare incontro al lettore (il testo viene modificato in modo da risultare più accessibile), nel secondo è il lettore a dover mutare prospettiva (in questo caso l’intervento è centrato sul lettore e sulle sue competenze riguardo alla lettura e alla comprensione). 45


È possibile operare tre tipi di interventi per rendere il testo il più possibile alla portata del lettore:

Attirare l’attenzione del lettore su specifiche informazioni per facilitare l’individuazione e la selezione, spingendo il lettore a trattarle più approfonditamente. I metodi corrispondenti ( per esempio la sottolineatura)

effettuano

una

prima

gerarchizzazione

delle

informazioni ed evidenziano quelle che il lettore deve trattenere più a lungo e ricordare maggiormente. Questi metodi sono efficaci per testi che riguardano argomenti per i quali il lettore non ha alcuna competenza; ‐

Segmentare il testo (parsing) sistematicamente. Recenti ricerche sono orientate allo studio del rapporto tra segmentazione del testo (presentazione di un testo segmentato al computer) e livello di lettura, e hanno mostrato un’interazione sistematica tra i due elementi;

Migliorare la possibilità di integrazione delle informazioni. Per quanto concerne questo punto sono disponibili differenti alternative. Una consiste nel riordinare il testo in modo da facilitare la costruzione della base del testo da parte del lettore; si è cercato, ad esempio di diminuire il numero di inferenze che il lettore deve compiere e di stabilire una chiara continuità tra proposizioni successive. Una seconda possibilità è costituita dagli organizzatori anticipativi (advance organizers): essi consistono in brevi sommari collocati prima di un brano, che possono essere espressi in forma verbale o visiva; essi hanno lo scopo di anticipare al lettore le informazioni più importanti.

46


3.1- Le abilità metacognitive Quali conoscenze abbiamo sulla lettura, quali attività di controllo mettiamo in atto mentre leggiamo? In che modo conoscenze e controllo influiscono sulla comprensione? Ad esempio: per avere un’idea generale di un brano è possibile focalizzarsi sui punti principali con una lettura veloce; che talvolta è più conveniente procedere leggendo il brano non in modo continuo, ma a salti per poi approfondire solo ciò che interessa. È un’esperienza comune, probabilmente anche a molti lettori, di leggere un testo e scoprire, alla fine della pagina, di non avere capito nulla. Questo può succedere per vari motivi (il testo noioso, la mente distratta, ecc..). A partire dalle prime riflessioni di Flavell (1978; 1981), possiamo individuare alcune tappe concettuali sulla metacognizione. Stabilita la natura delle possibili componenti della metacognizione, gli studi hanno affrontato la questione del rapporto esistente tra competenza meta cognitiva e prestazione cognitiva. Quindi ci si è chiesti se l’insieme delle conoscenze sul funzionamento della nostra mente e il controllo

sull’esecuzione

del

compito

potesse

influire

sulla

comprensione, nel senso che una buona abilità metacognitiva facilitasse la comprensione. Questi studi sono raggruppati in tre filoni principali: 1. Ricerche che studiano il modificarsi delle abilità metacognitive e del rapporto tra queste; 2. Ricerche che studiano le differenze nelle abilità metacognitive tra lettori con diverso livello di comprensione della lettura; 3. Ricerche basate sull’utilizzo di trattamenti meta cognitivi specifici, con lo scopo di verificare se un miglioramento delle abilità

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metacognitive possa ripercuotersi positivamente sulla prestazione cognitiva. La ricerca nel settore della metacomprensione ha fornito molti approfondimenti riguardanti il rapporto tra metacognizione e lettura e l’incidenza dei singoli aspetti metacognitivi

sulla comprensione.

Queste ricerche sono collegate a due modelli fondamentali:

Modello di Paris e collaboratori (Paris, Cross e Lipson, 1984; Jacob e Paris, 1987);

Modello di Brown e collaboratori (Brown, Brandsford, Ferrara e Campione, 1983; Brown, Campione e Day, 1981; Baker e Brown, 1984; Brown, Armbruster e Baker, 1986). Questi modelli sono stati descritti in numerose pubblicazioni in lingua italiana (De Beni e Pazzaglia, 1995; De Beni e Pazzaglia, 1995a; Giasson, 1995; Cornoldi, 1995). Un elemento comune a entrambi i modelli è la distinzione tra conoscenza metacognitiva e attività di controllo (denominata da Paris “autogestione dei processi cognitivi”). Si tratta di due componenti fondamentali e distinte della metacognizione. La conoscenza fa riferimento all’insieme delle idee sulla lettura, come ad esempio la consapevolezza dell’esistenza di differenti modi di leggere, mentre il controllo concerne alle attività metacognitive messe in atto durante lo svolgimento del compito (come nel caso in cui si decide, nel corso della lettura, di cambiare strategia). Riguardo all’attività di controllo Brown (1978) individua alcune componenti: previsione, pianificazione, monitoraggio e valutazione. Gli aspetti del controllo sono stati studiati in relazione a diverse attività, in particolare la memoria e la comprensione del testo. 48


Come si sviluppano le abilità metacognitive? E in particolare come si modificano le conoscenze ed il controllo con il crescere dell’età e della scolarità dei soggetti? Studi condotti con soggetti in età prescolare (Ferreiro e Teberowsky, 1982) hanno mostrato che bambini così piccoli elaborano una serie di teorie ingenue sulla lettura, come ad esempio che il significato non deriva dal testo, ma dalle illustrazioni: le frasi scritte contengono solo il nome delle persone e degli oggetti. Un esercizio utile già nella scuola materna è quello di estrapolare le caratteristiche di una storia, di richiedere di completarla, passando poi ad altri testi familiari ai bambini: la letterina alla mamma e al papà, le filastrocche, i testi delle canzoncine. Altri studi effettuati sui lettori di prima e seconda elementare hanno evidenziato che i bambini tendono ad identificare la lettura con l’esercizio di lettura ad alta voce, sostenendo che leggere consista quasi esclusivamente nel pronunciare correttamente tutte le parole. Di fronte ad un bambino che faticosamente sta imparando a leggere, viene spontaneo attribuire al significato un ruolo di secondo ordine, quasi a voler eliminare una possibile fonte di complessità che potrà essere ripresa più avanti, quando il bambino avrà automatizzato pienamente il processo di lettura. Questo atteggiamento, frequente anche

in

ambito

scolastico,

rischia

però

di

trasmettere

inconsapevolmente un’idea distorta di lettura, in cui gli aspetti decifrativi prevalgono rispetto alla comprensione. A questo proposito, alcune ricerche (Gambrell e Palmer, 1992; Stewart, 1992), riportate da Giasson (1995), mostrano come il concetto di lettura nei lettori principianti dipenda anche dal metodo di apprendimento utilizzato. Sembra, infatti, che bambini che imparano a leggere con un programma che enfatizzi la comprensione pervengano 49


più precocemente a privilegiare nella lettura l’aspetto di ricerca di significato. Questo a sostegno del fatto che le idee del bambino sulla lettura vengono influenzate dai messaggi che vengono trasmessi dalla scuola e dalla famiglia. È giusto quindi richiedere al bambino di leggere bene (una corretta decodifica è sicuramente alla base di una lettura

matura),

ma

bisogna

anche

fornire

al

bambino

la

consapevolezza che la ricchezza e il piacere della lettura non si risolvono in questo , ma che risiedono principalmente nella possibilità di accedere a dei contenuti. Alcune ricerche hanno mostrato che, dopo qualche anno di esperienza scolastica, la maggior parte dei bambini afferma spontaneamente che lo scopo principale della lettura è la comprensione. Va comunque sottolineato che rimane un numero, seppur ridotto, di lettori che non raggiungono autonomamente tale acquisizione. Alcuni studiosi (Gambrell e Heathington, 1981; Gillespie, 1993) hanno mostrato che soggetti già adulti, con difficoltà di lettura, continuano ad enfatizzare gli aspetti decifrativi del compito a scapito della comprensione. A questo proposito sono state formulate ipotesi differenti sulla responsabilità della scuola. Una posizione più moderna è quella di Brown (1984), secondo cui la scuola, probabilmente, non sottolinea a sufficienza questi aspetti, che vengono raggiunti solo dagli alunni più dotati. Altri autori (Garner e Kraus, 1981, 1982), con un atteggiamento più drastico, sottolineano che il modo di insegnamento possa addirittura impedire il formarsi di conoscenze metacognitive corrette, a causa dell’eccessiva importanza attribuita agli aspetti di decodifica. Infatti, l’atteggiamento più adottato dagli insegnanti e dagli operatori psicopedagogici, di fronte a soggetti con vari disturbi di lettura, è quello di focalizzarsi sul recupero

delle

abilità

decifrative,

aspettandosi

che

con

50


l’automatizzazione di queste, spontaneamente migliori anche la comprensione. Questa concezione non è sostenuta dai dati di ricerca che mostrano come

i

processi

sottostanti

la

comprensione

siano

almeno

parzialmente indipendenti da quelli sottostanti la decodifica (De Beni, Pazzaglia,

1995;

Pazzaglia,

Cornoldi

e

Tressoldi,

1993).

L’atteggiamento degli insegnanti finirebbe comunque per confermare, proprio nei soggetti con maggiori difficoltà, l’idea che leggere consista soprattutto nel decifrare correttamente le parole. Anche le conoscenze relative al testo si arricchiscono con il variare dell’età. Ad esempio la capacità di stabilire se un testo sia facile o difficile (capacità per nulla scontata). Alla base di essa vi sono varie conoscenze metacognitive. Per svolgere questa capacità infatti bisogna sapere che:

I testi possono variare per difficoltà;

Sapere che la difficoltà di un testo dipende da un certo numero di fattori inerenti sia al testo che al lettore;

Essere in grado di cogliere gli indizi del testo e di valutare la propria comprensione, al fine di poter dare un giudizio sulla complessità o meno del testo. I bambini di seconda e quarta elementare sono in grado di valutare come più difficile un testo che contiene anomalie semantiche, ma non riescono a motivare il loro giudizio. Questo dato può essere interpretato nel senso che i soggetti hanno capacità di rilevare che qualcosa “non funziona” nella loro comprensione, ma non riescono a comprendere quale sia l’aspetto del testo che crea delle difficoltà. Questa spiegazione è sostenuta dalla constatazione che gli stessi bambini non sono in grado di individuare errori grammaticali nel testo. In modo analogo, la capacità di individuare le parti più 51


importanti del testo cresce con l’età. Per quanto riguarda la capacità di cogliere elementi particolari dei testi, osservazioni empiriche hanno rilevato che già all’età di sei anni i bambini sono in grado di indicare il personaggio principale. L’esperienza scolastica favorisce lo svilupparsi di una serie di idee metacognitive sulla lettura. Uno studio di Gordon (1990) ha individuato un miglioramento nel corso dello stesso anno scolastico (prima media) nella capacità di individuare la struttura del testo e nella consapevolezza di variare le strategie di lettura in funzione di questa. Differenze legate all’età sono state anche rinvenute nell’utilizzo di strategie. Ad esempio, Myers e Paris (1978) hanno trovato che solo a partire dalla prima media si acquisisce la consapevolezza di dare una lettura rapida al testo (leggere velocemente cogliendo le parti più importanti); alunni di seconda elementare invece sostengono che tale strategia consista nel leggere esclusivamente le parole più brevi o più familiari. Abbiamo visto come le abilità metacognitive di lettura siano legate, al punto che al crescere dell’una migliora anche la prestazione nell’altra. Queste ricerche sono utili al fine di dimostrare il legame esistente tra metacognizione e comprensione, ma hanno anche il limite di non definire la direzione di tale relazione: è il crescere delle abilità metacognitive che porta ad un miglioramento della lettura o, viceversa, l’acquisire una maggiore esperienza del compito di lettura porta a sviluppare un insieme di conoscenze su sé come lettori, sul compito e sulle strategie? Secondo Cornoldi (1995,cap. II) il rapporto tra questi due aspetti è essenzialmente circolare: ad aumentare

dell’expertise, ovvero

dell’arricchimento delle esperienze di lettura, nella lettura si ha un 52


arricchimento delle competenze metacognitive, che, a loro volta, contribuiscono a rendere sempre più complessa e matura l’attività di lettura.

3.2- Lettori che non capiscono La motivazione a comprendere in modo più approfondito il rapporto tra lettura e metacognizione ha spinto la ricerca a studiare gruppi contrapposti di buoni e cattivi lettori. Questa metodologia si è rivelata molto

utile

nell’individuare

quali possano

essere

le

abilità

(metacognitive e cognitive) implicate nella lettura normale. I cattivi lettori, o soggetti con disturbo specifico di comprensione, vengono definiti soggetti caratterizzati da un livello intellettivo normale (QI > 90), senza problemi di decodifica, senza gravi carenze a livello socioculturale, ma con problemi di comprensione nel testo scritto. In generale i lettori con difficoltà si dimostrano scarsamente consapevoli di dover cercare il senso di ciò che leggono, focalizzandosi sugli aspetti di decodifica piuttosto che su quelli di comprensione (Baker e Brown, 1984; Pazzaglia, Cornoldi, De Beni, 1995), e non si rendono conto di non capire. Per quanto riguarda il loro atteggiamento strategico nei confronti della lettura, raramente utilizzano delle strategie per comprendere meglio ciò che leggono,e non sono in grado di scegliere la strategia appropriata al tipo di compito. Essi non tengono conto delle proprie capacità-difficoltà. Molte ricerche si sono focalizzate sullo studio dell’abilità di comprensione del testo (De Beni e Pazzaglia, 1995; Garner, 1987) e hanno evidenziato numerosi aspetti del funzionamento cognitivo che significativamente differenziano i buoni dai cattivi lettori. Per quanto 53


riguarda le variabili metacognitive, i cattivi lettori dimostrano di possedere minori conoscenze relative agli scopi e alle strategie di lettura, minore sensibilità al testo e un meno efficace monitoraggio della comprensione. data la complessità del processo di comprensione è ragionevole attendersi che siano numerosi i processi e le conoscenze, cognitivi e metacognitivi implicati. sembra comunque che alcune variabili più di altre risultino determinanti e discriminino buoni e cattivi lettori. Yuill e Oakhill hanno confrontato bambini, buoni e cattivi lettori, in differenti processi e conoscenze. Le studiose hanno dimostrato che bambini con una difficoltà specifica di comprensione hanno problemi nella produzione di inferenze, nella memoria di lavoro ma non nella memoria a breve termine, nell’abilità di ricavare la struttura principale e le idee principali del testo e anche nell’abilità di monitorare la propria comprensione (Oakhill, 1993). Le loro ricerche hanno avuto il merito di mostrare con chiarezza che vi sono lettori che hanno difficoltà di comprensione pur non avendo ne problemi di decodifica (velocità

e

accuratezza),

di

vocabolario

e

velocità

di

riconoscimento di parole, giungendo così al fatto che decodifica e comprensione sono due abilità indipendenti e benché una adeguata decodifica sia necessaria per una buona comprensione non è comunque sufficiente. Molti studi hanno evidenziato come il patrimonio di conoscenze generali o specifiche sul testo, che il lettore possiede, influenza la comprensione del testo stesso. Un lettore riesce a comprendere e ricordare più facilmente testi che riguardano la disciplina in cui è esperto, a prescindere dalle caratteristiche del testo (McNamara et al. 1996). Il lettore esperto anche di fronte a testi poco coerenti, riesce a fronteggiare la scarsa trasparenza del testo, appoggiandosi al patrimonio di conoscenze che gli permette di compiere le adeguate 54


inferenze. Fare inferenze significa capire le cose non dette all’interno del test, fare collegamenti, comprendere il significato di una parola sulla base del contesto in cui è inserita o disambiguare il significato di una parola polisemica; tutte queste operazioni sono importantissime durante la comprensione del testo per creare una rappresentazione mentale coerente del testo. I cattivi lettori non differiscono dai buoni lettori soltanto nella quantità di conoscenze che possiedono, ma anche nella capacità di rendere disponibili queste conoscenze al momento giusto (De Beni e Pazzaglia, 1995a). l’importanza di quanto si conosce su un argomento è tale che la differenza fra buoni e cattivi lettori può essere talvolta spiegata dalla loro familiarità con l’argomento proposto nel testo, come è stato mostrato da Hayes e Tireney (1982); i due autori hanno predisposto un training per il miglioramento della comprensione del testo presentando, prima della lettura, l’argomento del testo; i ragazzi con difficoltà di comprensione dopo questo training avevano delle prestazioni migliori in prove di comprensione.

3.3- La coerenza testuale influenza l’attività metacognitiva? Uno degli ostacoli che rallentano la comprensione della lettura è la convinzione, molto spesso errata, di aver capito in modo adeguato ciò che si sta leggendo. Questa convinzione, vero e proprio bias, è chiamata ottimismo cognitivo, e causa una notevole riduzione della capacità di comprensione testuale anche in lettori esperti. Il lettore, nell’affrontare il testo, si impegna anche in una attività metacognitiva di monitoraggio e controllo. Il bias dell’ottimismo cognitivo è composto da due componenti: 55


1. Autoinganno costituito dalla presunzione di conoscenza: “so già abbastanza”; 2. Scelta minimalista di comprensione del materiale testuale. Il lettore sceglie parametri e obiettivi di comprensione bassi: “tutto chiaro”. Una precedente ricerca (Mocci, Sechi e Penna, 2010) sull’ottimismo cognitivo nella comprensione dei testi espositivi, ha confermato che il bias esiste ed è molto frequente. Esso è prodotto da una sovrastima della conoscenza posseduta dal lettore, ed interviene in tutte le tipologie di lettori più o meno abili. Il suo andamento non è lineare: interessa maggiormente la comprensione profonda ed i soggetti con poca conoscenza di dominio o basse dotazioni di reading skills. I classici studi di Kintsch e McNamara (1996; 2001, 2007) hanno mostrato che non sempre la coerenza testuale favorisce la comprensione, soprattutto negli abili lettori. Kintsch ritiene che la comprensione sia il prodotto finale della rappresentazione mentale del testo che il lettore si costruisce, ed è formata da due componenti: una basata sul testo ed una più profonda, che integra testo e conoscenza pregressa del lettore. La coerenza testuale aumenta l’illusione di conoscenza profonda rispetto ai testi meno coerenti e spinge ad una elaborazione minimalista del testo. Testi molto incoerenti, pur facilitando la comprensione profonda dei buoni lettori, possono diventare ostacoli insormontabili per i lettori meno abili.

56


4- Le abilità possono essere raggruppate in strategie di lettura La capacità di comprendere un testo scritto è la manifestazione più rappresentativa e complessa di tutti gli apprendimenti su base linguistica. Spesso i soggetti con problemi nella comprensione del testo scritto appartengono a tutti gli ordini di scuola. Questi studenti presentano difficoltà di comprensione sia di carattere generale, configurandosi come <<cattivi lettori>>, sia altamente specifico, dove si può parlare di <<disturbo specifico della comprensione del testo>>. Comprendere ciò che si legge non è solo indispensabile per tutto il processo di apprendimento, ma, anche in tutte le attività di vita quotidiana leggere è sempre un leggere per capire: noi dobbiamo capire tutto ciò che ci circonda, da un orario ferroviario, a un articolo di giornale. Molte sono le ricerche che si sono occupate di analizzare e studiare le funzioni cognitive e metacognitive coinvolte nella comprensione del testo scritto. L’attenzione alle componenti della metacognizione nella ricerca relativa alle funzioni cognitive e all’apprendimento, è piuttosto recente, ma ha ricevuto negli ultimi anni una forte spinta a causa delle ricadute positive che tale approccio sembra avere nella pratica clinica e nell’attività didattica. Per quanto riguarda l’abilità di comprensione del testo scritto i programmi metacognitivi più conosciuti e collaudati, come quello di De Beni e Pazzaglia (1991) al quale il nostro fa riferimento, si basano sulle ricerche di Flavell (1979, 1981) e di Brown (1981). In particolare il modello di Ann Brown, detto appunto tetraedrico, ipotizza quattro tipi di conoscenze metacognitive necessarie a una piena comprensione del testo: 1. Conoscenze relative al testo; 2. Conoscenze relative al compito; 57


3. Conoscenze relative alle strategie; 4. Conoscenze relative alle proprie caratteristiche di lettore e alle proprie conoscenze. Queste ricerche hanno avuto il merito di portare l’attenzione sull’importanza del ruolo attivo del lettore nel processo di comprensione del testo scritto, individuando due componenti meta cognitive indispensabili, quella della conoscenza e quella del controllo. Un buon lettore deve possedere almeno alcune conoscenze relative agli scopi della lettura, alle caratteristiche specifiche dei diversi tipi di testo e alle possibili strategie di lettura da adottare a seconda del tipo di testo e dello scopo, e deve essere in grado di controllare continuamente il proprio processo di lettura, valutando il grado di comprensione e modificando se necessario la strategia utilizzata. E’ stata soprattutto Ann Brown a condurre una serie di ricerche su training predisposti appositamente per promuovere la consapevolezza sugli elementi che influenzano la prestazione, per favorire la riflessione circa la necessità di controllare il processo cognitivo e valutare l’efficacia della strategia. Questi programmi di addestramento si sono dimostrati efficaci nell’innalzare il livello delle prestazioni immediate, ma non hanno assicurato il mantenimento nel tempo delle strategie insegnate e il loro trasferimento a nuove situazioni di apprendimento. Infatti è emerso che non sempre i soggetti utilizzano nella pratica le loro conoscenze. Ciò suggerisce che, oltre alla conoscenza, esistono altri svariati fattori che entrano in gioco quando un individuo di fronte a un compito intellettivo sceglie una procedura pur sapendo che non è sufficientemente produttiva o che on è adeguata allo scopo. Importanti elementi risultano essere: la motivazione, il tempo a disposizione, la stanchezza. La relazione tra metacognizione e prestazione non è quindi perfetta.

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In relazione alle conoscenze metacognitive Brown (1978; 1981) distingue delle conoscenze relative al testo, allo scopo della lettura, alle strategie e al soggetto come lettore. Gli studi che hanno confrontato buoni e cattivi lettori su questi quattro fattori hanno evidenziato delle differenze significative fra i due gruppi. Lettori con difficoltà si dimostrano meno consapevoli di dover cercare il significato di quello che leggono e più focalizzati sull’abilità di decodifica (Baker e Brown 1984; Pazzaglia, Cornoldi e De Beni 1995), mostrando di non conoscere lo scopo per cui si legge. Nello studio di De Beni e Pazzaglia (1995b) veniva proposto, ad un gruppo di cattivi lettori e uno di buoni lettori di scuola media, un questionario di metacomprensione (Pazzaglia, De Beni e Cristante 1994). Il questionario, costruito seguendo il modello meta cognitivo di Ann Brown, indaga quattro aree relative a: la consapevolezza circa gli scopi del compito, la conoscenza di strategie, il controllo durante la comprensione e la sensibilità al testo (la capacità di utilizzare gli indici compresi nel testo – genere letterario, titolo, difficoltà del testo – per migliorare la comprensione). I cattivi lettori del campione di De Beni e collaboratori (1998) alla domanda <<Perché è importante leggere?>> o <<quando si legge è importante…>>, danno risposte del tipo <<è importante leggere senza esitazione e con esattezza tutte le parole>>. Il buon lettore è più consapevole delle proprie abilità: per esempio, riesce a prevedere i tempi di studio in base alla difficoltà del compito e a concentrate la propria attenzione sulle parti più importanti del testo. Riguardo alla conoscenza e uso di strategie i cattivi lettori non sembrano differenziarsi tanto nella quantità di strategie che conoscono, quanto nell’abilità di applicarle in modo flessibile e adeguato considerando lo scopo che vogliono raggiungere. La metacognizione coinvolge non solo la conoscenza di ciò che una persona sa e non sa, ma anche il sapere come il rimediare ai fallimenti della comprensione in modo da incrementare l’apprendimento. I 59


ricercatori si sono focalizzati su due differenti tipi di strategie: le strategie del “riparare” per risolvere i fallimenti della comprensione, le strategie dello studio per aumentare l’immagazzinamento e il recupero delle informazioni. Quando la comprensione fallisce, il lettore deve prendere una serie di importanti decisioni strategiche. Prima di tutto il lettore deve decidere se prendere una decisione per rimediare, decisione che dipende largamente dallo scopo della lettura.

4.1- Il potenziamento della comprensione del testo Come ho già detto in precedenza, comprendere un testo significa costruire una rappresentazione coerente del significato del testo, chiamata

“modello

situazionale”

(Kintsch,

1983).

In

questa

rappresentazione sono coinvolti sia processi di natura cognitiva che metacognitiva. Le difficoltà di comprensione possono dipendere da molteplici fattori. Per esempio, la mancanza di adeguate competenze linguistiche può condurre ad una difficoltà di comprensione, quindi la conoscenza del significato di poche parole può ostacolare la creazione di una rappresentazione coerente del testo, oppure crearne una errata. “non avere una lettura fluente, quindi avere difficoltà a decifrare le parole, può portare a difficoltà nella comprensione del testo: pensate al bambino che impara a leggere, la sua iniziale lettura stentata non lascia risorse disponibili per capire ciò che legge” (Carretti, De Beni, 2011). I problemi di comprensione riguardano anche bambini che non presentano problemi nel vocabolario, nella lettura strumentale e così via. Questi bambini sono chiamati poor comprehenders, cioè cattivi lettori, che generalmente presentano problemi nella capacità di fare inferenze, non riescono ad individuare nel testo le informazioni 60


rilevanti e non utilizzano adeguate strategie di comprensione. Come si può migliorare la comprensione del testo? È possibile migliorare il livello di prestazione proponendo alcuni aspetti: potenziare l’abilità di fare inferenze nel testo, insegnare strategie di comprensione favorendo un approccio metacognitivo, incrementare le competenze legate al linguaggio orale. Le strategie di comprensione sono di varia natura (tabella 1). Durante i percorsi di potenziamento è utile fornire testi di generi diversi e rendere consapevoli gli studenti delle differenze esistenti fra di essi; quando si lavora sul testo è importante valorizzare la discussione, che deve essere guidata da obiettivi specifici; un buon programma di potenziamento deve includere testi adatti al livello di scolarità e agli interessi degli alunni, essi infatti non devono sperimentare situazioni o troppo semplici o troppo complicate per le loro capacità; è importante che ci sia un contesto stimolante e motivante.

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Tabella .1 Le strategie per la comprensione

Strategia Attivare conoscenze pregresse/fare predizioni

Farsi domande

Visualizzare

Monitorare, chiarire e ritornare a capire

Fare inferenze

Fare riassunti/raccontare di nuovo

Descrizione

Esempi di attività

Gli studenti pensano a quello che già conoscono basandosi su indizi provenienti dal testo e predicono il contenuto del testo che poi leggeranno.

Utilizzando l’idea principale del testo chiedere allo studente di fare dei collegamenti con la sua esperienza. A metà della storia chiedere allo studente di fare previsioni su come andrà a finire la storia.

Gli studenti si cimenteranno a rispondere a domande sugli elementi principali durante la lettura, interrogandosi ad esempio su dove e perché avviene la ricerca.

Durante la lettura fornire agli studenti delle carte dove sono riportate le domande. Dividere gli studenti in piccoli gruppi e chiedere di rispondere a queste domande

Gli studenti creano un’immagine mentale di quello che hanno letto. Spiegare che la creazione di un immagine aiuta il ricordo.

Far esercitare gli studenti nella visualizzazione utilizzando dapprima materiale pittorico. Leggere una frase e chiedere agli studenti di immaginarla. Fare lo stesso con un piccolo brano e poi discutere.

Gli studenti riflettono sul livello di comprensione raggiunto, se hanno capito o meno un testo, se hanno utilizzato strategie che aiutano la comprensione.

Collegare ogni strategia ai cartelli stradali (ad esempio. STOP – ferma la lettura e prova a dire con parole tue quello che hai letto; inversione di marcia – rileggi parte del testo) (De Beni e Pazzaglia, 1991). Far lavorare gli studenti in coppia sulle strategie.

Gli studenti generano per capire il testo informazioni importanti, che mancano o non sono esplicite nel testo.

Insegnare agli studenti a cercare le parole chiave che permettono di comprendere il testo, evidenziando come usarle per fare inferenze. Ad esempio, se in un testo si trovano parole come “pagliaccio” o “acrobata”, la vicenda potrebbe svolgersi in un circo. Identificare le parole chiave e discutere su cosa gli studenti potrebbero imparare dal testo in base a queste parole.

Gli studenti descrivono brevemente, oralmente o per iscritto, le idee principali.

Chiedere di raccontare il testo a un compagno o all’insegnante. Se lo studente ha problemi aiutarlo con domande del tipo : “Cosa succede poi”?, ecc.

Fonte: Carretti, De Beni, 2011, Psicologia e scuola

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5- Strategie a confronto 5.1- L’importanza delle strategie Gli studenti hanno bisogno di imparare ad apprendere, hanno anche bisogno di acquisire abilità che facilitino e migliorino la loro lettura, la loro comprensione e il loro studio. Le strategie possono aiutare gli studenti con scarse abilità a compensare le loro debolezze. Esse sono importanti sia per gli studenti con meno conoscenze e con bassa abilità di lettura, sia per quelli più capaci e con buone abilità. Molti studenti hanno bisogno di essere messi alla prova, con domande, problemi e compiti che mettano in una situazione cognitiva di disequilibrio o presentino importanti difficoltà. Queste situazioni incoraggiano ad aumentare gli standard di comprensione e apprendimento. McNamara e collaboratori (1996) hanno dimostrato che la coesione del testo può giocare un ruolo importante nell’inibire i processi attivi della lettura. Coesione si riferisce alla sovrapposizione delle idee tra frasi e paragrafi in un testo. Quando un lettore ha un basso contesto di conoscenza circa un testo, può essere disorientato dalla mancanza di suggerimenti coesivi. I lettori con bassa conoscenza non possono fare inferenze necessarie per capire un testo con bassa coesione. Al contrario, il testo con bassa coesione induce i lettori con alta conoscenza a generare inferenze connettono le idee del testo con le conoscenze pregresse.

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5.2- Insegnare agli studenti ad utilizzare le strategie di lettura McNamara (2004) sviluppa e testa un programma di lettura e auto spiegazione (SERT), che insegna agli studenti ad usare una combinazione di spiegazioni (attuate dagli stessi studenti) e strategie di comprensione della lettura mentre leggono un testo scientifico difficoltoso. Gli studenti riescono a darsi delle spiegazioni riguardo il testo utilizzando sei strategie di lettura: 1. Il monitoraggio della comprensione. Permette di riconoscere un fallimento nella comprensione e innesca l’uso di strategie di lettura attive; 2. La parafrasi. Aiuta a ricordare la struttura base del testo; 3. Fare ponti di inferenze tra la frase letta e il precedente testo. Migliora la comprensione collegando la frase che si sta leggendo con i materiale già letto in precedenza, formando una rappresentazione mentale coerente; 4. Fare previsioni. Anticipa il contenuto del testo; 5. Elaborare il testo con collegamenti a ciò che il lettore conosce già. I lettori sono incoraggiati a disegnare un senso logico associando ciò che leggono con le relative conoscenze precedenti, anche se non hanno sufficienti conoscenze circa il testo; 6. Usare la logica. È simile all’elaborazione, ma quando il lettore sta imparando ad usare la strategia, la logica o il senso comune possono aiutarlo ad usare qualsiasi conoscenza abbia a disposizione, poiché spesso i lettori non hanno abbastanza conoscenze sull’argomento. L’uso della logica è stato inserito nel SERT poiché aiuta i lettori a capire che è possibile dare un senso al testo e andare oltre il testo, pur non avendo conoscenze circa l’argomento del testo. Il suo scopo è di aiutare i lettori con bassa conoscenza a dare senso ai testi non familiari.

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Gli studenti che utilizzano questo metodo, hanno più successo nella risoluzione dei problemi (problem solving), generano più facilmente le inferenze, costruiscono modelli mentali più coerenti e sviluppano una comprensione più profonda dei concetti nascosti all’interno del testo. Tuttavia, senza questo metodo, solo gli studenti con alte abilità raggiungono l’auto spiegazione. Questo metodo è stato designato per aiutare gli studenti con meno abilità ad avere beneficio nell’imparare con l’auto spiegazione e per imparare effettive strategie di lettura. Per gli studenti più capaci la situazione è diversa; anche loro traggono beneficio dall’utilizzo di queste strategie, poiché imparano a costruire un modello situazionale più coerente e livelli di rappresentazione molto più profondi. Questi studenti arriverebbero comunque alla comprensione del testo, ma dopo l’utilizzo del SERT questi studenti mostrano significative acquisizioni in termini di più connessioni tra idee, testo e comprensione del testo a livelli più approfonditi. Ci sono due conseguenze di questa strategia: 1. Permette ai lettori con meno conoscenze circa l’argomento del testo di compensare le loro mancanze; 2. Induce i lettori più abili a generare molte più inferenze e costruire una profonda conoscenza del materiale. Gli studenti hanno bisogno di istruzioni su come e quando utilizzare queste strategie. Una parte cruciale di queste istruzioni è la pratica. Molte classi non forniscono sufficienti opportunità per gli studenti di osservare strategie di apprendimento, oppure non hanno il tempo necessario per esercitarsi. Così facendo non possono metterle in atto con la pratica, e questo costringe le classi ad avere strumenti automatizzati. Le tecnologie basate sul computer sono un modo per risolvere questo problema. Le tecnologie automatiche di tutoring

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possono incrementare la disponibilità di istruzioni richieste e permettere più opportunità per gli studenti di praticare le strategie. Una versione automatizzata del SERT è l’iSTART (McNamara, Boonthum e Levinstein, 2004) , che è un sistema di aiuto interattivo che utilizza agenti di conversazione animati per ricostruire l’apprendimento con le strategie di comprensione del SERT. Questi agenti animati forniscono tre fasi di esercizio: 1. Il modulo introduttivo fornisce istruzioni per arrivare all’auto spiegazione e per utilizzare le strategie di lettura. In questa fase gli agenti animati forniscono informazioni, pongono domande e danno delle spiegazioni; 2. Nel modulo di dimostrazione gli agenti animati dimostrano l’uso dell’auto spiegazione e lo studente identifica le strategie che sono state utilizzate; 3. Il terzo modulo concerne la pratica, in cui l’agente animato legge la frase del testo e chiede allo studente di digitare una spiegazione. In seguito l’agente fornisce una valutazione.

5.3- Una strategia per promuovere la conoscenza approfondita del testo “ASK to THINK-TEL WHY” La strategia “ASK to THINK-TELL WHY” è una strategia che richiede a coloro che apprendono di porsi delle domande che suscitino delle spiegazioni e delle inferenze circa il materiale che deve essere compreso. Questa strategia è designata in modo tale che la discussione strutturata che si ottiene dal suo uso in un contesto di apprendimento collaborativo sia volta a indurre in coloro che apprendono, una varietà di processi cognitivi e metacognitivi, che uno alla volta sono capaci di migliorare la comprensione del materiale discusso. In accordo con la 66


teoria di costruzione-integrazione di Kintsch, le domande e le loro rispettive spiegazioni sono la base per la costruzione del significato. Vediamo ora nello specifico in che cosa consiste questa strategia: T = Tell - raccontare ciò che conosci E = Explane – spiegare il perché e il come circa qualcosa, e non semplicemente

descrivere qualcosa

L = Link – connette ciò che si sta spiegando con qualcosa che si conosce già per essere sicuri di aver capito

W = Why – chiedere il perché H = How – chiedere il come Y = Your own words – utilizzare le stesse parole Lo scopo di questa strategia è quello di promuovere una conoscenza approfondita del materiale presentato. In un contesto di comprensione la strategia suscita una lettura intenzionalmente critica di coloro che apprendono. Induce il loro sforzo cognitivo e metacognitivo di elaborazione del testo. Questa strategia è utile anche nella collaborazione a coppia attraverso un processo di domande e risposte. Gli aspetti metacognitivi della strategia sono interiorizzati dai lettori per un successivo utilizzo indipendente per promuovere la loro comprensione approfondita. A coloro che devono imparare è stato insegnato come porre delle domande che suscitino spiegazioni e inferenze circa il materiale che deve essere capito, come rispondere alle domande con risposte 67


significative e rilevanti, come costruire le risposte e come monitorare la comprensione. Ask to T = THINKING – ABOUT – THINKING QUESTIONS ( chiedere a colui che deve imparare ad automonitorare la comprensione) H = HINT QUESTIONS (fornire degli indizi e delle risposte parzialmente frammentate, senza svelare la risposta. Così facendo il partner può costruire la risposta) I = INTELLIGENT THINKING QUESTIONS (si domanda per inferenze e spiegazioni indotte da entrambi i partner per risvegliare insieme un pensiero critico e di analisi, andando oltre i fatti e i concetti) N = NEED – TO – UNDERSTAND BETTER QUESTIONS (bisogna elaborare le domande per comprenderle meglio) K = KNOWLEDGE – REVIEW QUESTIONS (il partner pone delle domande al compagno per verificare la comprensione, questo per: attivare le conoscenze già possedute; leggendo fatti e concetti all’interno del brano, si verifica la conoscenza acquisita; consolidare la conoscenza di base; monitorare la comprensione. Questa componente (think) si legge dal basso verso l’alto per far capire la funzione delle domande e i processi cognitivi che queste promuovono. Il cuore di questa strategia è l’appropriato modo di porre le domande. Nel metodo si usano cinque tipi diversi di domande: revisione, riflessione, esaminazione, domande per accennare qualcosa e metacognitive. Queste domande attivano le conoscenze dei partner. Prima ci sono le domande di revisione, poi alla fine quelle di 68


ragionamento. La sequenza delle domande (dalle più semplici alle più difficili) serve per controllare i progressi di coloro che apprendono verso livelli di comprensione più profondi e monitorare lo spessore e l’estensività di questa comprensione.

5.4- Il metodo PQ4R Ogni studente quando deve imparare un testo si trova di fronte ad un insieme di compiti complessi e diversificati. L’apprendimento non riguarda l’intero testo parola per parola (a meno che non si tratti di una poesia da imparare a memoria); è necessaria l’individuazione di concetti, spesso in una particolare sequenza logica. Le strategie sono adottate dallo studente in maniera inconsapevole. La maggior parte delle volte ricordiamo meglio un testo che ci ricorda qualcosa, che ha delle relazioni con le nostre passate esperienze o i nostri interessi. Molti studenti adottano le strategie per utilizzare immagini mentali, fare schemi, prendere note e appunti. In tutti questi anni sono stati messi a punto alcuni programmi che si riferiscono

all’uso

di

specifiche

strategie

di

memoria

o

all’apprendimento delle modalità di studio, e che comprendono l’utilizzo di numerose tecniche quali lettura veloce, mnemotecniche, riassunto, formazione di schemi, ecc. Uno dei metodi strutturati più conosciuti è il PQ4R proposto da Thomas Robinson (1972), il cui nome ricorda le iniziali delle varie operazioni che sono richieste nell’applicare questo piano di studio. Il soggetto che studia dovrebbe compiere alcune operazioni:

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1. Preview. Questa prima fase permette di dare una scorsa preliminare a ciò che deve essere studiato. Lo scopo è quello di individuare gli argomenti principali e la loro suddivisione. Può consistere nello sfogliare il testo, consultare l’indice per farsi un’idea del materiale da apprendere e cercare di capire quali sono gli argomenti che verranno trattati. Questa scorsa veloce può riguardare una parte da studiare, ad esempio un capitolo ma può anche riferirsi all’intero testo. In tal caso la scorsa va fatta sull’indice nell’intento di considerare gli argomenti che verranno trattati, i loro collegamenti e la struttura del testo. 2. Questions. Si tratta di trasformare il titolo del testo in domande. Bisogna prima di tutto osservare ciò che il titolo chiede e cercare di rispondere. Ad esempio: Strategie di apprendimento – Che cos’è una strategia? Che cos’è l’apprendimento? Quali sono le strategie di apprendimento? In generale porsi domande del tipo cosa, come, quando, chi, quale, perché. Queste domande permettono di indirizzare le fasi successive di studio perché consentono di organizzare le conoscenze che verranno acquisite nelle successive fasi di lettura, studio e ripetizione secondo i quesiti iniziali. Ciò avviene attraverso due meccanismi. Un primo, più di tipo cognitivo, fa riferimento alle conoscenze precedenti della persona. Porsi delle domande prima di affrontare il testo, infatti, consente di richiamare conoscenze precedenti cui agganciare le nuove informazioni fornite dal testo. Il secondo, più di tipo motivazionale, richiama il concetto di curiosità. Le domande poste prima di iniziare a leggere stimolano la curiosità in quanto portano alla ricerca di risposte e quindi motivano a una prima lettura. 3. Read. Leggere attentamente il testo cercando di rispondere alle domande create nella fase precedente. La prima lettura andrebbe fatta senza sottolineare, senza fare schemi o altre forme di elaborazione allo scopo di visionare e capire il materiale. Lo scopo di questa strategia è 70


quello di individuare le parti più importanti per favorire una rielaborazione personale che richiami ciò che la persona già conosce. 4. Reflect. Riflettere su ciò che si sta leggendo e mettere in relazione i nuovi contenuti con le conoscenze già possedute. Questa operazione stimolerà la rielaborazione personale. In questa seconda lettura è importante utilizzare forme di elaborazione del materiale di studio volte a evidenziare i punti più importanti e i collegamenti tra questi. Dopo questa riflessione è possibile sottolineare, prendere appunti, fare schemi. Lo scopo è quello di poter considerare, nelle successive fasi di ripasso, solo il materiale sottolineato o lo schema fatto o il riassunto e non l’intero testo. 5. Recite. Questa fase ha lo scopo di riordinare le informazioni assunte e ripeterle senza guardare il testo. Se non si ricorda a sufficienza, si dovrebbero rileggere le parti in cui si sono incontrate difficoltà. Recite permette la creazione dell’abitudine al recupero delle informazioni e la loro fissazione. È un errore comune quello di ripetere ogni volta tutto dall’inizio. Se vengono individuate parti meno chiare vanno ripetute solo quelle. È importante ricordare che è più valida una buona ripetizione piuttosto che la rilettura del materiale. Questo vantaggio deriva dal fatto che ripetere implica un atteggiamento attivo e di rielaborazione che aiuta il ricordo e in genere rende più motivante lo studio. 6. Review. Dopo aver studiato i paragrafi, si passerà in rassegna l’intero capitolo, ricordando e ripassando i concetti principali espressi. Questa operazione rinforza quella precedente perché permette una visione globale di quanto

appreso.

È un’operazione particolarmente

importante soprattutto per le materie che procedono progressivamente, ad esempio la storia o la matematica. Questa fase può essere svolta individualmente oppure aiutandosi con un compagno. In tal caso uno 71


dei due può porre le domande e l’altro cercare di rispondervi, invertendo poi i ruoli. Oltre a queste fasi, altri elementi possono completare la buona riuscita dello studio. • Il tempo. Meglio suddividere l’impegno in periodi brevi, piuttosto che concentrare tutto in un unico sforzo: un’ora al giorno per sei giorni alla settimana produce migliori risultati rispetto a sei ore in un’unica soluzione, oppure studiare una parte di un capitolo, fare una pausa e poi riprenderne un’altra parte piuttosto che studiare il capitolo intero. • Pensare criticamente. Annotare idee, valutazioni, le affermazioni di chi scrive o di chi parla e domandarsi: cosa c’è sotto l’argomento. Discutere le conclusioni e cercare eventuali spiegazioni alternative. • Ascoltare attentamente. Quando si è in aula, ascoltare le idee principali, annotarle, porre delle domande e gestire le informazioni. • Ampliare lo studio. Molti di noi sopravvaluta le proprie conoscenze e capacità. Bisogna dedicare molto tempo a testare la conoscenza e a rivedere quello che si è letto, così facendo si ricorderà meglio. L’efficacia del metodo PQ4R si basa sull’applicazione ordinata e metodi cadi una serie di principi che favoriscono la memorizzazione. Primo fra tutti l’organizzazione. La scorsa preliminare, prima fase del metodo, ha infatti la funzione sia di rendere cosciente lo studente dell’organizzazione effettiva del testo (la sua struttura, l’ordine in cui sono esposti i concetti, ecc.), sia di permettergli di attivare le conoscenze già possedute che costituiscono la struttura entro cui inserire il contenuto del testo.

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Le domande, il formularle e il tentare di rispondervi, costituiscono il piano del metodo. vi sono molte ricerche sugli effetti delle domande nella memorizzazione: particolarmente efficaci si sono rivelate le domande inerenti ai concetti fondamentali, poste all’inizio del testo. Anche se poste alla fine del testo le domande rivelano una loro efficacia ai fini del ricordo, soprattutto quando riguardano elementi di carattere generale, piuttosto che dettagli, e permettono di ripassare il contenuto del testo. Il metodo suggerisce poi di leggere, riflettere e ripetere e non parla di sottolineare, abitudine molto diffusa tra chi studia. Essa permette di mantenere l’attenzione. Viene considerata inappropriata nei casi in cui chi si appresta a leggere un testo non abbia conoscenze sufficienti che gli permettano di capire cosa è importante e cosa non lo è. Sottolineare, allora, farebbe correre il rischio di focalizzarsi su parti poco importanti, tralasciandone alcune fondamentali. Il ripasso finale si rivela particolarmente utile quando viene effettuato sia immediatamente, alla fine di ogni singolo capitolo, sia qualche tempo più tardi, ad esempio qualche giorno dopo. Non è tuttavia sufficiente fornire una serie di strumenti, pur risultando molto utili. E’ infatti indispensabile tenere anche conto di alcune difficoltà che si incontrano in questo contesto. Solitamente quando si istruiscono i ragazzi ad utilizzare delle strategie può succedere di imbattersi in un grave problema: la scarsa propensione degli studenti ad usare un metodo di studio che si è appreso. Non basta essere a conoscenza di un metodo per utilizzarlo, dal momento che possono mancare una pratica sufficiente, la consapevolezza della sua utilità, al motivazione, la voglia di impegnarsi e il riconoscimento di quando e come utilizzare il metodo. Un altro problema da affrontare è lo sforzo aggiuntivo che comporta il fare riferimento continuamente al proprio metodo di studio. I metodo troppo complicati o strutturati o quelli per i quali lo studente non ha acquisito sufficiente pratica possono a volte diventare controproducenti. Esiste anche il pericolo che l’esecuzione 73


di tutte le operazioni del metodo risulti macchinosa. Infatti difficilmente un metodo è sufficientemente flessibile per essere utilmente applicato alla maggior parte dei materiali che si utilizzano nella scuola. Per di più esso ha un carattere generale e non può tener conto delle caratteristiche specifiche dei soggetti che apprendono. Queste strategie che ho analizzato hanno tutte lo stesso scopo, ovvero quello di arrivare alla comprensione del testo che si legge. Lo scopo però viene raggiunto in modi differenti: il SERT, con le sue componenti, permette di trovare i concetti nascosti che ci sono nel testo, facendo inferenze, previsioni, elaborando, ecc. l’iSTART è uguale al SERT, solo che questo metodo utilizza agenti di conversazione animati tramite l’uso del computer. L’ ASK to THINKTEL WHY è una strategia che si esegue in coppia (chiedendo al partner informazioni sul testo, dopo averlo letto). Il PQ4R è una strategia in cui chi studia deve compiere una serie di passaggi precisi e ordinati per comprendere ciò che sta studiando. Questa strategia è infatti adatta agli studenti che devono studiare un argomento.

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Conclusioni Esistono diversi modi per leggere: la lettura analitica, la lettura selettiva, la rilettura e la parafrasi. Il lettore può utilizzare diverse strategie, come una certa velocità in alcuni contesti, deve saper utilizzare quelle appropriate e adeguate allo scopo che intende raggiungere. Un’altra strategia utilizzata dal lettore può essere lo skimming, che consente di comprendere il contenuto generale di un testo: prevedere il contenuto del testo sulla base degli elementi contestuali e paratestuali. Leggere in un tempo limitato. Per alcune persone, questo diventa naturale ed è di solito visto più negli adulti che nei bambini. Anche lo scanning è una strategia cognitiva per comprendere particolari e specifiche informazioni presenti nel testo grazie alla comprensione profonda del lessico. Inoltre la lettura attenta è una strategia che serve a comprendere l’informazione oggettiva del testo, a saper distinguere le informazioni rilevanti da quelle non rilevanti, a comprendere l’organizzazione delle diverse parti del testo. La lettura critica è la strategia che permette di comprendere le informazioni implicite, prendere posizione ed esprimere e sostenere le proprie opinioni e comprendere le valutazioni soggettive. La “sensibilità del testo” è l’abilità di conoscere in modo generale le caratteristiche del testo e riguarda, ad esempio, la capacità di valutare la difficoltà di un brano negli aspetti grammaticali, sintattici e semantici, la capacità di distinguere le idee più importanti da quelle meno importanti, la capacità di individuare la struttura e cogliere il genere letterario. Poter far convergere più aspetti teorici nel processo di comprensione significa poter proporre e quindi utilizzare un paradigma di analisi di tipo multicomponenziale. Questo approccio ha il vantaggio di non dare conto solo dell’evoluzione del processo di comprensione, quale 75


risultato della maturazione di capacità cognitive, linguistiche, mnestiche, ma anche di poter condurre ricerche che diano importanza a più livelli di analisi: dalla struttura, alle modalità che ritroviamo nelle conversazioni, alle componenti semantiche, linguistiche, metacognitive. Perché ci sia la comprensione, prima la frase, e poi il testo devono essere decodificati linguisticamente. La decodifica può essere di vari tipi, cioè fonologica, ortografica o grafemica, in relazione alla modalità di presentazione. Nella fase successiva vi è la decodifica sintattico-semantica, che consente di individuare i significati effettuando un’analisi della struttura sintattica e quindi permettendo di interpretare in modo corretto le ambiguità. Queste fasi della decodifica interagiscono con le abilità di base, correlate all’età e con le variabili individuali: entrambe giocano un ruolo fondamentale nel processo di comprensione, influenzandosi e modificandosi a vicenda. Tra le abilità di base pensiamo alla memoria e a come si sviluppano le capacità ad essa correlate rispetto alla comprensione. tra le variabili individuali abbiamo la prontezza, la padronanza, il controllo emotivo. Queste sono solo alcune delle caratteristiche che intervengono nel processo di comprensione. Questa abilità però non si esaurisce solo con questi aspetti, ma va oltre il territorio cognitivo per completarsi con gli aspetti metacognitivi e di metacomprensione. Conoscenze e abilità di lettura sarebbero le componenti più importanti della comprensione, ma giocherebbero due ruoli diversi: la prima sembra influire sulla formazione di un ricco testo base (conoscenza superficiale) e la seconda pare invece favorire la formazione del modello situazionale, cioè la comprensione profonda. Dalle strategie che ho presentato, ho dedotto che quando si legge un testo non bisogna:

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1. Scorrere il testo senza prestarvi attenzione; 2. Al contrario non bisogna neanche imparare il testo a memoria; quello che dobbiamo imparare “alla lettera” sono solo alcuni nomi e formule; 3. Non si deve studiare in vista di un ricordo sequenziale, cioè seguendo l’esatta sequenza con cui si sono svolti gli avvenimenti. Invece bisogna: 1. Avere un rapporto attivo e non passivo con il testo; 2. Fare disegni, schemi e diagrammi riassuntivi; 3. Riformulare il contenuto sotto forma di domande ipotetiche e cercare di rispondere a queste domande. Nel processo di lettura entrano in gioco varie strategie. innanzi tutto, quando lo studente inizia a leggere un testo, egli applica strategie di decodifica. Accanto a queste il lettore più maturo ne possiede altre che gli permettono di leggere e capire nelle varie situazioni e di far fronti e a testi diversi e a differenti richieste.

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