Le opportunità offerte alle imprese dall'adozione di strumenti per la tutela dell'ambiente

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A.D. MDLXII

U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ

DI

E CONOMIA

___________________________

CORSO

DI

LAUREA

IN

E C O N OM I A

E

MANAGEMENT

LE OPPORTUNITÀ OFFERTE ALLE IMPRESE DALL’ADOZIONE DI STRUMENTI PER LA TUTELA DELL’AMBIENTE

Relatore: PROF.SSA GAVINA MANCA

Tesi di Laurea di: MARCO FIORINO

ANNO ACCADEMICO 2010/2011


INDICE INTRODUZIONE

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Cap. I IL PROBLEMA DEL VANTAGGIO ECONOMICO

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1.1 Invenzione e innovazione

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1.2 Caso: il valore degli ecosistemi intatti

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Cap. II MODALITÀ D’INTERVENTO

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2.1 …da parte dei governi

9

2.2 …e da parte dei privati

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Cap. III L’IMPEGNO DELLE AZIENDE

19 20

3.1 Casi aziendali

Cap. IV LA LEGISLAZIONE

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Cap. V LE CAUSE DEL MANCATO IMPEGNO

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Cap. VI L’IMPERATIVO DELLA SOSTENIBILITÀ

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6.1 Imparare dal passato: qualità e informatica

28

6.2 La giusta visione

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CONCLUSIONE

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NOTE

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BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE

Chiunque, ascoltando il telegiornale o parlando con conoscenti, prima o poi è costretto a prendere atto di un problema allo stesso tempo grave ed imponente per la sopravvivenza della specie umana: il degrado dell'ambiente. Attualmente, il problema dell'inquinamento ha assunto proporzioni drammatiche. Fino a 20 anni fa l'estensione delle zone contaminate era molto modesta rispetto alla superficie terrestre; ora coinvolge tutto il pianeta! Trattandosi di un problema di natura prettamente economica, il dibattito sul degrado ambientale merita di essere trattato in una tesi di economia. Non vi è dubbio, infatti, che il problema della sostenibilità ambientale ha ormai assunto tutti i connotati per essere definito una macrotendenza di business e, come tale, destinato ad influenzare inevitabilmente le scelte di ogni azienda e di ogni organizzazione presente nell’attuale paradigma. Vista l’ampiezza del problema, si cercherà di analizzare le ragioni che spesso ostacolano l’adozione di sistemi di gestione ambientale da parte delle aziende, nonché probabili modalità d’intervento. In particolare, si cercherà di evidenziare come i sistemi di gestione ambientale possano rappresentare uno strumento per creare un vantaggio economico e, al contempo, migliorare le performance ambientali.

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Capitolo I IL PROBLEMA DEL VANTAGGIO ECONOMICO

La vastità del problema dell’inquinamento indica quanto sia importante l’impegno verso la sostenibilità poiché da esso dipende la sopravvivenza del pianeta stesso. 1.1 Invenzione e innovazione In realtà, la ricerca e la scienza fanno passi da gigante nel trovare metodi e invenzioni che migliorino la vita e l’ambiente in ogni campo. Ma non sempre queste invenzioni trovano subito un’applicazione in un processo produttivo, ossia diventano innovazione. Dietro un’innovazione c’è tutta una serie di cambiamenti tecnologici. L’invenzione è il concetto, l’idea o percezione di nuove tecnologie utili ed, eventualmente, ecocompatibili. (1) L’innovazione consiste nell’applicazione dell’ idea ad un processo produttivo. Perché l’idea trovi applicazione, diventando innovazione, è necessario che ci sia un vantaggio economico. Il lasso di tempo che intercorre nel passaggio da un’invenzione a un’innovazione prende il nome di time to work ed è generalmente abbastanza lungo. (2) Il vantaggio economico, quindi, determina la durata del time to work. Questo è valido in tutti i settori e in tutti i campi. Si pensi all’ invenzione della mietitrebbia automatica del 1820. Tale invenzione rimase chiusa nel cassetto per 30 anni, fino al 1850, perchè la forza lavoro aveva un costo inferiore. Nessuno aveva interesse o, per meglio dire, vantaggio ad usarla. In seguito, gli scioperi del 1850 fecero aumentare vertiginosamente i salari e, pertanto, divenne economicamente più vantaggioso l’uso delle macchine che, quindi, andarono a sostituire la forza lavoro. Ma la mietitrebbia è solo uno dei tanti esempi che confermano questa tesi. Si pensi all’invenzione dei Treni ad alta velocità. La loro ideazione risale a circa 50 anni fa, ma soltanto di recente essa ha trovato applicazione in quanto

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all’epoca non si presentava la necessità di spostarsi così velocemente e quindi nessuno sarebbe stato disposto a pagare i costi, per giunta elevati, legati al loro utilizzo. Anche il settore automobilistico, seppur sempre più soggetto ad una rapida obsolescenza dei suoi prodotti , deve assoggettarsi a tempi di attuazione abbastanza lunghi. Il motore a idrogeno ne è un esempio. Tale invenzione esiste da 20 anni, eppure solo recentemente una nota casa automobilistica (Honda) ha avuto il “coraggio” di introdurre per prima nel mercato una vettura dotata di 2 motori, uno classico e uno a idrogeno. La spinta a tale innovazione è stata provocata dal sempre più cospicuo aumento del costo del carburante (in particolare la benzina) e dalle pressioni ambientali sempre più forti rispetto a 20 anni fa, nonché dalle reperibilità dell’idrogeno. La seguente tabella chiarisce ulteriormente quanto la presenza di un vantaggio economico abbia influenzato l’attuazione di importanti e numerose tecnologie.

(3)

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Mai come oggi, però, gli sforzi della scienza e della ricerca sono stati indirizzati verso la creazione di “invenzioni” a tutela e protezione dell’ambiente. Sono stati sviluppati, infatti, numerosi metodi di trattamento degli scarichi delle industrie. Tuttavia, in questo settore si parla sempre più di “invenzioni” che di innovazioni. Spesso, per quanto esistano numerose metodologie che potrebbero contribuire alla sicurezza e favorire una migliore qualità della salute e dell’ambiente, esse non vengono attuate dalle industrie. Infatti, i metodi più sicuri costano! Molte ditte preferiscono gli scarichi illegali perché sono a buon mercato: mentre una corretta eliminazione delle scorie richiederebbe un costo dai venti a centocinquantacinque euro a fusto, gli scarichi illegali si riducono a un euro e mezzo a fusto. (4) Alcune ditte, se eliminassero le scorie chimiche nel modo corretto, dovrebbero alzare i prezzi, o potrebbero anche fallire. Milioni di persone perderebbero il lavoro. Sarebbe la rovina del sistema economico. Perciò i governi e parte delle masse lavoratrici sono riluttanti a levare proteste troppo vigorose contro l’inquinamento prodotto dagli scarichi industriali. (5) Da questo quadro si potrebbe forse desumere che l’uomo sia vittima del suo sistema. Guardando il “bicchiere mezzo vuoto”, l’economia di mercato, ritenuta come la “migliore” nel perseguire gli interessi della collettività, risulta forse essere la “meno peggio”. Al suo incarico di allocare le risorse in maniera efficiente si affiancano sempre più numerosi fallimenti di mercato. Sembra quasi che “la mano invisibile” di Adam Smith sia talmente impegnata a guidare gli individui verso il perseguimento di massimizzazione del profitto, da non accorgersi che questo, in realtà, li sta stritolando in un circolo vizioso che li rende schiavi del vantaggio economico. Tale era, già nel lontano 1971, l’opinione del prof. Barry Commoner, docente di fisiologia vegetale alla Washington University e fondatore del Centro per la Biologia dei sistemi naturali per studiare "la scienza dell'ambiente totale”. Nel suo bestseller The closing circle, man and technology, avvertì: “Credo che il prolungato inquinamento della terra, se non verrà controllato, finirà

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per rendere questo pianeta inadeguato per la vita umana”. Ed aggiunge: “…il problema non sta nell’ignoranza ma nell’avidità premeditata”. (6) La veridicità di tale assunto trova riscontro in diversi casi empirci. Emblematico lo studio condotto dal prof. Andrew Balmford dell’Università di Cambridge, in Inghilterra, e pubblicato nella rivista Science del 9 agosto 2002.

1.2 Caso : il valore degli ecosistemi intatti Nel 2001 un team formato da scienziati ed economisti di Cambridge, Stanford, del Centro di monitoraggio mondiale della conservazione delle Nazioni Unite e di altre università e istituti statunitensi e britannici, ha studiato cinque ecosistemi naturali che sono stati convertiti per essere utilizzati dall’uomo e per trarne profitto commerciale. In Malaysia una foresta tropicale è stata completamente distrutta per ricavarne più legname possibile, in Camerun una foresta tropicale è stata convertita in piantagioni di palme da olio e alberi della gomma, in Thailandia una palude in cui crescevano mangrovie è stata trasformata in un allevamento di gamberetti, in Canada una palude di acqua dolce è stata prosciugata per coltivarvi prodotti agricoli e nelle Filippine una barriera corallina è stata distrutta dalla pratica della pesca con dinamite. In ciascuno di questi casi la perdita dei servizi "offerti" dall'ecosistema naturale come la protezione dalle tempeste e dalle inondazioni, l'assorbimento dell'anidride carbonica e la produzione di ossigeno, il mantenimento di una forma di caccia e pesca sostenibile, la possibilità di uno sfruttamento turistico dell'ambiente superano di gran lunga i benefici dello stesso territorio convertito agli usi precedentemente descritti. In particolare il valore economico totale dell'ecosistema intatto è superiore di una quota che varia dal 14% al 75% a seconda dei cinque casi considerati. Pubblicata dall'autorevole rivista scientifica «Science» in occasione del summit mondiale per lo sviluppo sostenibile che si è concluso nel 2002 a Johannesburg, in Sud Africa, la ricerca ha valutato che un network di «parchi mondiali» che copra il 15%

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dell'area terrestre e il 30% di quella marina di ogni Paese assicurerà ogni anno la produzione di beni e servizi per un valore di 4.400 miliardi di dollari superiore a quello proveniente dallo stesso territorio adibito allo sfruttamento umano. Il calcolo è al netto della spesa per mantenere questi parchi, valutata in 45 miliardi di dollari annui (lo studio è stato stimato su una valutazione del valore netto attuale in dollari Usa 2000 per ogni ettaro). In altri termini, secondo questi calcoli, mantenere la natura selvaggia ha un rapporto costi benefici - rispetto alla conversione a uso umano - di cento a uno. (7) Come dimostra lo studio condotto dal prof. Balmford ciò che muove le iniziative dell’uomo e in generale delle imprese è un vantaggio economico, ma spesso tale vantaggio è solo di breve periodo, ossia un cosiddetto guadagno “mordi e fuggi”. Anzi, per usare le parole del il prof. Keith Cole, segretario per gli affari esteri dell’Accademia delle Scienze australiana, “…tali iniziative rappresentano un vero e proprio delitto contro il futuro”, in quanto

depauperano

l’ambiente

delle

risorse

necessarie

alla

sua

sopravvivenza. (8) Tutto ciò concorda con i principi della finanza aziendale. Infatti, affinché si abbia “vera“ creazione di valore, “…sono necessari due caratteri essenziali: il processo di creazione del valore deve essere durevole e sostenibile. Durevole implica che la creazione di valore non deve essere occasionale, ma ripetuta nel tempo. Sostenibile significa che la creazione di valore non deve avvenire a danno delle risorse che rappresentano i fattori di sviluppo aziendale di lungo periodo, ma deve anzi preservarne la riproducibilità nel tempo rispettando l’ambiente, le generazioni future…” (9)

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Capitolo II MODALITÀ D’INTERVENTO Il contrasto è evidente: l’obiettivo di perseguire la tutela dell’ambiente trova difficile conciliarsi con la sopravvivenza stessa del sistema economico. Vari son stati nel tempo i tentativi di appianare tale difficoltà o perlomeno di attutirne gli attriti. Ha iniziato a diffondersi una cosiddetta “coscienza ambientale”, con conseguente creazione di gruppi ambientalisti, o “gruppi verdi”, sia a vantaggio degli individui che delle imprese le quali si sarebbero trovate senza risorse, dal momento che esse non sono tutte rinnovabili. Per questo motivo si è iniziato a parlare di “Sviluppo sostenibile”. Secondo il Rapporto Brundtland del 1987 con questo termine si intende “quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i loro propri bisogni”. Seguendo una definizione un po’ meno formale, con sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo che impone di considerare la terra non come un’eredità dei nostri genitori, ma come un prestito dei nostri figli e, come tale, va restituita nelle stesse condizioni in cui ci viene data. È ovvio che un obiettivo di tale portata riguarda problemi ambientali che possono essere affrontati solo a livello planetario. È ovvio anche che perseguire un modello di sviluppo che sia sostenibile presuppone degli sforzi sia a livello “macro” che a livello “micro”, vale a dire che ci dev’essere uno sforzo congiunto sia da parte dei governi che da parte dei privati e, quindi, anche delle imprese.

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2.1 …DA PARTE DEI GOVERNI A livello teorico, gli strumenti a disposizione dei governi per “internalizzare le esternalità negative, cioè indurre i soggetti economici a tener conto degli effetti esterni delle loro azioni, sono essenzialmente tre: 1) Regolamentazione attraverso strumenti di comando e controllo, che consiste nel vietare o rendere obbligatori specifici comportamenti. Le leggi a tutela dell’ambiente possono assumere molte forme: a volte lo Stato definisce il livello massimo consentito di emissioni (cosiddetto “standard”) di un impianto industriale; altre volte impone alle imprese l’adozione di tecnologie volte a ridurre le emissioni. In ogni caso, per formulare buone regole, lo Stato deve conoscere nei dettagli ogni singolo settore industriale, le tecnologie che adotta e le possibili alternative. Tali informazioni sono spesso difficili da ottenere. (10) Ma il limite più grande di questa tipologia di strumenti risiede nel fatto che non esistono incentivi ad adottare comportamenti virtuosi, cioè a scendere al di sotto di un determinato standard, perché con gli standard le imprese assumerebbero sempre un atteggiamento “al limite” (un po’ come il limite di velocità sulle strade). (11) Inoltre, imporre a tutti lo stesso tipo di comportamento risulta un problema perché non è detto che tutte le aziende abbiano gli stessi costi a ridurre le emissioni (cosiddetti “costi-opportunità”), e quindi non si arriva al costo minimo sociale. (12)

2) Tasse e Sussidi In genere, questi due strumenti vanno di pari passo e consistono nell’imporre tasse sulle attività che provocano esternalità negative e sussidiare quelle che ne generano di positive. (13) Le tasse, dette tasse correttive, sono lo strumento preferito dagli economisti perché non sono distorsive, cioè non generano risultati perversi (si veda il

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riquadro “esempio di risultati perversi”) e inoltre permettono al minimo costo sociale di ridurre l’inquinamento. Le tasse correttive anche

(14)

vengono

chiamate

“tasse

dal

nome

pigoviane”

dell’economista Arthur Pigou (1877-1959), uno dei primi sostenitori del loro uso che enunciò

il

principio

(“Pollut

Pays

PPP

Principle”),

UN ESEMPIO DI RISULTATI PERVERSI Diversi anni fa venne dato un sussidio (cosiddetti “eco-incentivi”) per sostituire la propria vecchia automobile, che consumava e inquinava molto, con una nuova dotata di marmitta catalitica che riduceva i consumi e l’inquinamento. I risultati furono sorprendentemente negativi! Infatti, non si era tenuto conto del fatto che le vecchie auto erano poco usate perché consumavano molto, mentre vennero usate molto di più le nuove auto perché consumavano molto meno. Ci fu anche chi con l’incentivo acquistò più di un’auto. Per cui facendo una stima dell’inquinamento prima del sussidio e dopo il sussidio, risultò una maggior presenza di co2 dopo.

meglio noto come il “Chi inquina paga”. I sussidi, invece, non sono uno strumento ben visto dagli economisti perché, per concedere i sussidi, è necessario comunque aumentare le tasse. (15) Per di più i sussidi a volte danno dei risultati perversi (v. riquadro Un esempio di risultati perversi).

3) I permessi di emissione negoziabili: assieme al provvedimento delle tasse e dei sussidi rientrano nella categoria dei provvedimenti di mercato. La creazione di questo strumento è nata dal tentativo di mettere insieme i lati positivi della regolamentazione con quelli delle tasse e sussidi. In breve, essi consistono nel creare un “mercato internazionale dei permessi di emissione dei gas serra”. Questo sistema di limitazione è del tipo “cap and trade”. Questo significa che: - viene definito in ciascun Paese un limite massimo assoluto complessivo per le emissioni (cap) relativo ad un determinato periodo (l’anno civile), attraverso l’allocazione delle quote di emissione, senza però imporre al

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singolo gestore degli impianti, soggetti alla direttiva, di rispettare un tetto di emissioni individuale o di ridurre le emissioni di una determinata percentuale; - ogni soggetto dovrà, alla fine dell’anno, restituire tante quote di emissione quante sono quelle effettivamente verificate: se le emissioni reali sono inferiori a quelle assegnate all’inizio dell’anno, si verifica un surplus di quote che potrà essere accantonato (qualora ne sia prevista la possibilità) o venduto; se invece le emissioni reali sono superiori, si avrà un deficit di quote, che dovrà essere coperto tramite l’acquisto di chi ne dispone in eccesso, o si incorrerà in sanzioni. Si crea così un mercato delle emissioni (trade). (16) Uno dei vantaggi dei permessi di emissione negoziabili è che l’allocazione iniziale dei permessi è ininfluente ai fini dell’efficienza. La logica che sta dietro è simile a quella che regge il teorema di Coase. (17) Le imprese che hanno maggiore facilità nel ridurre le proprie emissioni inquinanti saranno disposte a vendere tutti i permessi che detengono, mentre quelle che possono farlo solo a costi elevati sarebbero disposte ad acquistare tutti i permessi di cui hanno bisogno. (18) LE OBIEZIONI ALL’ANALISI ECONOMICA DELL’INQUINAMENTO “Non possiamo concedere a chiunque il diritto di inquinare in cambio di un prezzo”. Questa affermazione, che venne fatta dal senatore Edmund Musckie nel 1971, riflette perfettamente il punto di vista di alcuni ambientalisti. Come si può attribuire un prezzo all’aria pulita o all’acqua limpida? L’ambiente è talmente importante, affermano, che dobbiamo proteggerlo a qualunque costo. Gli economisti hanno scarsa simpatia per questo genere di argomentazioni. Per un economista, una buona politica ambientale incomincia dal riconoscimento del primo dei dieci principi dell’economia: “gli individui devono scegliere tra alternative”. Aria e acqua pulita hanno certamente un grande valore, ma questo deve essere messo a confronto con il relativo costo-opportunità, cioè con ciò a cui si deve rinunciare per ottenerle. Eliminare completamente l’inquinamento è impossibile; cercare di farlo significherebbe rinunciare a molti dei progressi tecnologici che ci permettono di godere di un tenore di vita elevato: poche persone sarebbero disposte ad accettare malnutrizione, assistenza sanitaria inadeguata e alloggi carenti in cambio di un ambiente immacolato. La conclusione? La mano invisibile può molto, ma non può tutto. (19)

11


Anche se tale strategia può sembrare molto diversa dall’imposizione di una tassa correttiva, esse hanno molto in comune. Infatti entrambe internalizzano l’esternalità causata dall’inquinamento trasferendone il costo sulle imprese inquinanti.

(20)

Quali sono a livello pratico le iniziative che son state prese a livello macro dai governi per tutelare e favorire l’igiene ambientale e ridurre quindi le esternalità? Diciamo subito che la maggior parte, se non la totalità di queste iniziative, appartengono alla prima categoria di strumenti utilizzata dai governi, cioè la regolamentazione. Tutte queste azioni sono volte ad adottare misure individuali e/o collettive di prevenzione nell’ottica di una abolizione o limitazione dei fattori di rischio ed agenti causali di malattia, e quindi alla promozione dell’igiene ambientale. In questo caso la prevenzione è principalmente di tipo terziario, cioè volta ad impedire la cronicizzazione ed il peggioramento dell’inquinamento, nonché avviare interventi di bonifica ambientale. Diverse sono le iniziative governative che vanno in queste direzioni. Ricordiamo: Le disposizioni comunali di limitazione del traffico nelle città nei giorni il cui la concentrazione atmosferica di ossido di carbonio e benzene supera i livelli di attenzione (DM 23 ottobre 1998). La modifica del sistema degli incentivi per la rottamazione, concessi dal governo italiano, per favorire l’acquisto di auto a basso consumo, a metano, a GPL, a trazione elettrica e con tecnologia Start/Stop. Il decreto Ronchi che impone a tutti i motorini, messi in commercio a partire da giugno 1999, il rispetto dei limiti di inquinamento, soprattutto da benzene, (direttiva Europea 97/24/CE denominata Euro 1). I Decreti Ministeriali che impongono il controllo annuale delle emissioni dei gas di scarico degli autoveicoli in circolazione e che dettano le norme

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per la revisione dei veicoli a motore (DM del 5 febbraio 1996, del 30 dicembre 1997 e del 22 aprile 1998). Altre iniziative mirano a potenziare il trasporto pubblico e a rivalutare i percorsi pedonali e ciclabili in modo da disincentivare l’uso dell’auto privata. Tra queste: i piani Urbani del Traffico (PUT) resi obbligatori per i comuni con più di 30.000 abitanti che hanno l’intento di migliorare la circolazione e la sicurezza stradale, ridurre i consumi energetici e le emissioni acustiche e di gas inquinanti; i fondi che le amministrazioni locali potranno utilizzare per finanziare progetti pilota di razionalizzazione della mobilità urbana che utilizzino mezzi di trasporto pubblici elettrici e veicoli a due ruote (Decreto 27 marzo 1998 “Mobilità sostenibile nelle aree urbane”); l’istituzione della figura del Mobility Manager, responsabile della mobilità aziendale per ottimizzare gli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti; la promozione di forme di uso multiplo delle autovetture, che prevedono il pagamento una quota proporzionale al tempo d’uso e ai chilometri percorsi (taxi collettivi, car sharing, car pooling); la Legge 615/66 riguardante l’inquinamento atmosferico; la Merli e la Merli bis e la recente 152/06 inerente anche alla protezione delle acque dall’inquinamento e la regolamentazione degli scarichi; la Legge 833/78 istitutiva del S.S.N.; il DPR 915/82, DL 397/88 (raccolta differenziata) e l’ultimo dal punto di vista temporale, la parte quarta del D.L.vo 152/06, riguardanti lo smaltimento dei rifiuti solidi; il DPR 515/82 inerente la qualità delle acque superficiali da sottoporre al trattamento di potabilizzazione;

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la Legge 348/86 che istituisce il Ministero dell’Ambiente, la 61/94 che istituisce le ANPA trasformate in Agenzie per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (APAT) con il recente decreto legge 300/99; infine, per quanto concerne il settore acqua, il DPR 236/88 recentemente sostituito dal D.L.vo 31/2001.

La consapevolezza della necessità di dover affrontare i problemi legati all’igiene ambientale, unitamente alla necessità di dover garantire un più equo sviluppo sociale ed economico, si è tradotta in un impegno politico anche a livello internazionale. (21) Le principali tappe verso uno sviluppo sostenibile si possono così riassumere: -1972: Conferenza di Stoccolma: ha riunito diversi stati del globo e per la prima volta si è parlato dei problemi ambientali. In tale occasione è stato firmato un accordo. -1979: a Ginevra viene firmata la convenzione sull’inquinamento atmosferico regionale, varata per affrontare i problemi legati all’acidificazione, eutrofizzazione e smog fotochimico. -1987: Commissione (o rapporto) Brundtland: ha introdotto per prima volta il concetto di “Sviluppo Sostenibile”. Sempre in questo anno si ha l’adozione del protocollo di Montreal, ratificato nel corso degli anni da oltre 160 paesi di tutto il mondo, che impegna i paese firmatari ad eliminare gradualmente l’utilizzo e la produzione delle sostanze che riducono lo strato di ozono stratosferico. -1992: A Rio de Janeiro si è tenuta la Conferenza Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo. Questa tappa si può ritenere fondamentale in quanto è la tappa in cui si è deciso cosa fare. È stato assunto il programma sostenibile, anche a livello governativo, come percorso obbligato per la sopravvivenza del pianeta. Infatti in quell’occasione è stata approvata la Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo, sono state firmate le Convenzioni sui Cambiamenti Climatici, con cui i paesi maggiormente industrializzati si sono

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impegnati a riportare le proprie emissioni di gas serra nel 2000 ai livelli del 1990, sulle Biodiversità e gettate le premesse per quella contro la Desertificazione. Tra i documenti prodotti a Rio, particolare importanza riveste l’Agenda 21, un ampio e articolato documento di intenti ed obiettivi programmatici su ambiente, economia e società sottoscritto da oltre 170 paesi di tutto il mondo per lo sviluppo sostenibile del pianeta da qui al 21° secolo. In particolare, il capitolo 28 “Agende 21 locali” riconosce un ruolo decisivo alle comunità locali nell’attuare le politiche di sviluppo sostenibile. Esse nascono dal fatto che la città consuma,spesso in modo inefficiente, grandi quantità di materie prime, energia e acqua che preleva in territori esterni. E proprio perché è una consumatrice inefficiente, la città produce emissioni e rifiuti che non è in grado di contenere o riutilizzare. In quest’ottica le Agende 21 locali diventano l’occasione per lanciare programmi di rinnovo edilizio nei centri e nelle periferie urbane, miranti a risparmiare e riciclare risorse naturali, garantire l’accessibilità con mezzi pubblici non inquinanti, migliorare la convivenza sociale e la qualità della vita di tutti. (22) -1997: alla conferenza di Kyoto i paesi firmatari della Convenzione di Rio sui Cambiamenti Climatici definiscono un protocollo (noto come “Protocollo di Kyoto”) col quale si impegnano a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra almeno del 5% rispetto ai livelli del 1990 (baseline). (23) Il problema sorse nel momento in cui il Protocollo, per essere ratificato, richiedeva l’accettazione da parte di un certo numero di Paesi con emissioni totali di gas serra non inferiori al 55% della quantità emessa nel 1990 dai Paesi industrializzati. USA e Cina rappresentavano il 45% delle emissioni totali. Gli USA dichiararono di non essere disposti a ratificare finché non lo avesse fatto la Cina, la quale, però, non era obbligata ad aderire in quanto Paese in via di sviluppo.

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La rinuncia alla ratifica degli USA, ufficialmente dichiarata dal Presidente Bush (senza negare la gravità del problema e dichiarando di volerlo affrontare in termini unilaterali), mise in forse la possibile applicazione dell’accordo. La relativamente recente ratifica (novembre 2004) da parte della Federazione Russa ha consentito il raggiungimento della quota minima per far partire il complesso meccanismo previsto dal Protocollo. I meccanismi predisposti per il conseguimento degli obiettivi del Protocollo sono sostanzialmente tre: - Emission Trading (ET): consiste nella creazione di un mercato internazionale dei permessi di emissione di gas serra(vedi strumenti dei governi per internalizzare le esternalità); - Joint Implementation (JI): permette alle imprese dei Paesi con vincoli di emissione di realizzare progetti che mirano alla riduzione delle emissioni in altri Paesi con vincoli di emissione; - Clean Development Mechanism (CDM): non è molto diverso dai JI; consente alle imprese dei Paesi con vincoli di emissione di realizzare progetti che mirano alla riduzione delle emissioni in Paesi (a differenza dei JI) in via di sviluppo, e quindi non soggetti a vincoli di emissione. (24) 2.2. ...E DA PARTE DEI PRIVATI Ma quali sono invece, sempre a livello teorico, le soluzioni di tipo privato alle esternalità, cioè le soluzioni che non presuppongono l’intervento dello Stato? Esse sono essenzialmente quattro: 1 codici etici o sanzioni sociali 2 beneficenza e attività di enti e fondazioni deputati a gestirla(esempio WWF) 3 fusione tra diversi tipi di attività 4 contratti (autoregolamentazione di alcune attività) Tutte queste iniziative sono riconducibili ad un teorema noto come “teorema di Coase”, dal nome dell’economista Ronald Coase che condusse la celebre ricerca sul problema del costo sociale(25). Secondo il teorema di Coase, se alle

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parti in causa viene concesso di negoziare senza costi l’allocazione delle risorse, esse riescono sempre a risolvere il problema delle esternalità e ad allocare le risorse in modo efficiente. Tuttavia non sempre le iniziative private danno esito positivo. A volte le trattative dirette a risolvere un problema di esternalità falliscono a causa dei costi di transazione, ovvero dei costi in cui le parti incorrono nel perseguire lo scopo di raggiungere un accordo e metterlo in atto. Quali sono a questo punto le iniziative attuabili da parte dei cittadini per contribuire al miglioramento dell’igiene ambientale? Diciamo subito che quasi tutte le iniziative attuate da parte dei cittadini appartengono alla prima categoria di strumenti per ridurre le esternalità in mano ai privati: codici etici e sanzioni sociali. Le famiglie italiane consumano annualmente il 60% circa della ricchezza nazionale, e più del 30% dei consumi energetici totali. Le famiglie sono anche responsabili di circa il 27% delle emissioni nazionali di gas inquinanti. I campi in cui si può migliorare riguardano ogni aspetto della vita quotidiana. Per ciò che riguarda l’edilizia, e in generale la pianificazione, esiste la possibilità di utilizzare materiali che contribuiscono alla prevenzione di tipo primario in quanto volti ad evitare il rilascio di sostanze tossiche. In generale, comunque, in questo campo esiste tutta una serie di metodologie di lavoro volte al rispetto dell’ambiente. L’utilizzo o meno di tali procedure e tali materiali è del tutto facoltativa. Tuttavia, chi decide di adottarle ha anche la possibilità di ottenere una certificazione ambientale rilasciata dal Politecnico di Milano. (26) Per ciò che afferisce all’efficienza energetica nelle abitazioni, alcuni anni fa la legge 10/91 ha dettato criteri per il contenimento dei consumi energetici delle nuove costruzioni e per la riqualificazione energetica delle abitazioni esistenti, e ha istituito la “certificazione energetica degli edifici”, un certificato che attesta la qualità energetica di un edificio o di un singolo alloggio.

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Sempre riguardo all’efficienza energetica è importante effettuare i dovuti controlli in merito all’isolamento termico degli edifici, alla regolazione dell’impianto di riscaldamento, alla gestione dell’illuminazione e sarebbe consigliabile prediligere l’uso di elettrodomestici di classe A, riconoscibile tramite l’”etichetta energetica”. Per quanto riguarda i trasporti, per esempio, si potrebbe tener conto dei seguenti comportamenti: • approfittare degli incentivi statali per l’acquisto di nuove macchine a basso consumo; • mettersi in regola con le direttive governative sul controllo degli scarichi e prendere in

considerazione l’utilizzo di mezzi collettivi di trasporto, quali

autobus, metropolitana e treno; • quando è possibile, fare una passeggiata anziché usare l’auto; • non superare i limiti di velocità consigliati visto che, oltre che incompatibile con la sicurezza, lo è anche con il consumo di carburante che può aumentare anche del 50%; • tenere conto che una periodica regolazione di accensione e carburazione può far risparmiare fino al 10% e che una leggera sgonfiatura dei pneumatici provoca un aumento del consumo di carburante del 2 o 3%; • ricordare che, contrariamente a quello che si crede, è importante evitare di fare girare molto il motore da fermo per riscaldarlo. (27)

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Capitolo III L’IMPEGNO DELLE AZIENDE Anche le aziende possono fare molto in questo senso adottando dei cosiddetti “Sistemi di Gestione Ambientale (SGA)”. Si tratta di vere e proprie tecniche di gestione che tendono a portare all’interno dell’azienda la tematica ambientale, intesa come parte integrante della produzione, favorendo

atteggiamenti

proattivi

basati

sulla

prevenzione e anticipazione dei problemi e sulla partecipazione di tutti i soggetti che con diversi ruoli intervengono nei processi produttivi. A questo riguardo sono attive già da qualche anno una serie di norme sia comunitarie che internazionali. Tra queste ricordiamo le norma UNI, EN, ISO 14001 e la certificazione EMAS. I documenti che derivano dall’adozione (del tutto spontanea nella quasi totalità dei casi) di queste norme rientrano in quella categoria di

documenti

Ambientale”,

cioè

denominata un

“Dichiarazione

documento

destinato

principalmente al pubblico, inteso nell’accezione più ampia del termine, vale a dire come l’insieme di tutti i soggetti (meglio noti come “stakeholders”= portatori di interessi) che hanno qualche interesse agli effetti che l’attività ha sull’ambiente. In questo questo senso la tutela ambientale gioca un ruolo importante nel creare un vantaggio economico in quanto essa diventa una variabile di marketing e quindi rappresenta uno dei fattori che contribuiscono a

LA COOP SEI TU. CHI PUÒ DARTI DI PIÙ? COOP sta per “Cooperativa di Consumatori” ed è, fra le altre cose, un’impresa della grande distribuzione. COOP Italia è il consorzio nazionale che svolge la funzione di centrale di marketing per l’intero sistema COOP. Essa è un’azienda particolarmente “etica”, cioè un’azienda che presta particolare attenzione all’ecologicità dei suoi prodotti ma, soprattutto ai suoi metodi di lavoro all’interno dell’organigramma aziendale. Per questa ragione ha scelto di servire maggiormente, come target di mercato, consumatori sensibili alle tematiche ambientali. Numerosi, infatti, sono anche diversi progetti portati avanti su questo binario, come “Verdavvero”, sostenuto da slogan del tipo “consumare correttamente per non essere consumati”. Ma ciò che la caratterizza maggiormente in questo senso è non solo il fatto di aver ottenuto certificazioni etiche ed ambientali come ISO 14000 ed SA 8000, ma anche di richiedere tassativamente che i fornitori, e in generale tutte le figure presenti lungo la filiera di distribuzione che avessero a che fare con lei, fossero dotate di tali certificazioni che ne documentassero l’eticità e l’ecocompatibilità.

creare un vantaggio competitivo per l’azienda all’interno del mercato alla luce

19


delle nuove “tendenze verdi” (v. riquadro la COOP sei tu chi può darti di più?). (28) Ma non solo: recenti studi accademici offrono nuovi dati che dimostrano una correlazione tra un’elevata performance in termini di ambiente o sostenibilità e ritorni finanziari superiori. In particolare, l’analisi di Julie Fox Gorte, (vice Presidente Senior per gli investimenti sostenibili al LLC Pax World Management), di una ricerca Mercer del 2009, che aveva esaminato varie decine di studi, ha rilevato che le aziende con una migliore performance sociale e ambientale tendono ad avere meno costi di capitale associati a minori rischi. Dunque ci sono sempre più prove a dimostrazione del fatto che migliorare il risk management ambientale aiuta le aziende a ridurre la volatilità nel valore per gli azionisti e nella performance degli utili. (29)

3.1 CASI AZIENDALI Esistono numerosi casi di aziende che dimostrano come l’implementazione di sistemi di gestione ambientale abbia portato a dei ritorni sia da un punto di vista strategico ma anche economico e finanziario.

Caso 1 : Copley Square Hotel Un albergo di rilievo, ha creato un aggressivo programma ambientale che fornisce una base per la registrazione ISO 14001. Si tratta di un hotel storico, con una clientela di alto livello. Il loro approccio aggressivo di ridurne l'impatto sull'ambiente li ha aiutati a identificare molti vantaggi in corso. Le aree di maggior beneficio sono: usare il riciclaggio, riduzione dell'uso di energia e dell’acqua. (30) Di seguito le principali azioni e i loro risultati:

20


RICICLAGGIO:

Materiale

Entrate dovute al

Costi netti risparmiati

riciclaggio in $

in $

Cartone Deposito containers

980 1,400

Rifiuti alimentari Bottiglie di vetro

56 1,050

350

Lattine in metallo

70

Carta mista d’ufficio

350

Giornale/Magazine

350

Rubriche

21

Totale annuo

$1,750

$2,877

(31)

RISPARMIO ENERGETICO: Nelle aree pubbliche è stata predisposta un’illuminazione a risparmio energetico. • Le plafoniere a incandescenza da 60watt dei corridoi sono state sostituite con 15 luci fluorescenti compatte: un risparmio pari a 3622 dollari all’anno. • Le lampade da tavolo a incandescenza da 90 watt posizionate negli sbarchi della hall e nell’ascensori sono stati sostituite con quelle da 22watt fluorescenti compatte: un riparmio pari a 1540 dollari l’anno. • Le illuminazione per le uscite da 30watt sono state sostituite con le indicazioni a LED da 1,8 watt: un risparmio pari a 1179 dollari all’anno.(32)

RIDUZIONE DELL’USO D’ACQUA: • I servizi igienici con capacità 3,5 litri sono stati sostituiti con quelli con capacità 1,5 litri: un risparmio di 3276 dollari e 430.000 litri all’anno. 21


• Le docce a maggiore efficienza fanno risparmiare 6546 dollari e 859 mila litri all’anno. • Inoltre è stata offerta la possibilità di riutilizzare gli asciugamani e le lenzuola di un soggiorno per più di una notte: il risparmio previsto è di 4000 dollari all’anno.(33)

Commenti: Questo caso include risparmi che sono ben noti e altri che sono innovativi. Alcuni dei motivi per cui il programma ha avuto successo sono: •

Tutti in hotel partecipano al programma. In tal modo, viene sfruttata la capacità di ogni individuo di contribuire in modo positivo.

I risparmi di piccola taglia sono importanti quanto quelle grandi. Questo perché i piccoli risparmi si sommano e creano una cultura che valorizza i contributi

a

tutti

i

livelli

dell'organizzazione

e

di

qualsiasi

dimensione. L'effetto cumulativo di tanti piccoli atti di riduzione dell'impatto ambientale può non essere quantificabile, ma può essere significativo. (34)

Caso 2 : Rockwell Automatization È un leader mondiale attivo nella produzione di componenti per uso industriale. L’impianto di Twinsburg (Ohio) è stato uno dei primi ad ottenere la ISO 14001 che ha contribuito ad una costante riduzione dei consumi energetici e produzione di rifiuti. Il riciclaggio riduce il materiale inviato in discarica di circa 150.000 sterline l’anno. (35) Caso 3 : Xerox È una delle più grandi aziende produttrici di stampanti e fotocopiatrici al mondo. Grazie ai programmi di riciclaggio, inclusa la conversione dei rifiuti solidi urbani in energia utilizzabile attraverso l’incenerimento, Xerox ha risparmiato oltre 12 milioni di dollari in un anno.(36)

22


Caso 4 : 3M È una multinazionale presente in tutto il mondo che produce più di 75000 prodotti, fra cui: dispositivi di protezione individuale, adesivi, abrasivi, laminati, protezioni antincendio, prodotti dentali, materiali elettrici, circuiti elettronici, pellicole ottiche e software per catene di montaggio. Grazie all’attività di riciclaggio ha recuperato e venduto l’equivalente di 156 milioni di dollari. Inoltre i tecnici 3M hanno ideato ed implementato 4590 soluzioni all’inquinamento nell’ambito del programma 3P. Ad esempio, una cabina di verniciatura in resina produceva annualmente circa 500000 libbre di overspray che richiedeva uno speciale smaltimento attraverso l’incenerimento. Con le nuove attrezzature è stato possibile ridurre la quantità di resina impiegata, risparmiando più di 125 mila dollari all’anno, su un investimento di 45 mila dollari in attrezzature. (37)

Caso 5 : IBM Grazie alle attività di conservazione dell’energia sono stati risparmiati 15,1 milioni di dollari, riducendo il consumo di elettricità di 226 milioni di chilowattora. Questi risultati sono stati raggiunti grazie a diversi sforzi come: risparmio energetico nei processi di produzione, installazione di un tubo del condensatore nel sistema di pulizia delle macchine per la refrigerazione e il potenziamento dell’HVAC, un sistema di acqua refrigerata e illuminazione con controlli e test sistematici di riparazione di un ampio sistema di scaricatore di condensa. In particolare si sono avuti particolari benefici finanziari nel sito IBM di Austin, in Texas dove è stato attuato un progetto che utilizza l’acqua alta come sistema di raffreddamento. Questo gli ha permesso di risparmiare 103 mila dollari. Nei siti di New York, New Jersey e Connecticut l’attività di riciclaggio ha permesso la conservazione di 28373 alberi, 4172 barili di petrolio, 6,8 milioni di kilowatt di energia elettrica, 11,6 milioni di galloni di acqua e di evitare l’accumulo di 17 mila tonnellate di rifiuti pericolosi dovuti ai processi di produzione.

23


Infine, un nuovo processo per la produzione di substrati ceramici ha permesso di sostituire il metanolo con acqua deionizzata. Il risparmio stimato è di 739 mila dollari per ogni 100 mila libbre di fritte di vetro, un materiale grezzo utilizzato nella produzione. (38)

Caso 6 : Google Stando alle ultime stime, complessivamente il settore dell'information technology è responsabile di circa il 2% delle emissioni globali di gas serra e di questo 2% una quota compresa tra il 14 e il 18% è dovuto all'enorme consumo di energia richiesto per far funzionare i centri elaborazione dati e tenerli al fresco, evitando che si surriscaldino. Questi enormi datacenter possono arrivare a consumare fino a 10 MW per gestire le richieste del motore di ricerca, del trading online o l'e-commerce e che generalmente hanno una PUE (power usage effectiveness) intorno a 2. Spiegato con questa speciale unità di misura, creata appositamente dal consorzio internazionale Green Grid per calcolare l'efficienza energetica dei data center, significa che circa il 20% di elettricità che assorbono dalla rete viene sprecata per utilizzi (raffreddamento e illuminazione dell'ambiente, ad esempio) che non hanno nulla a che fare con i loro compiti "istituzionali". I tecnici di Google avevano scoperto di essere ad una PUE di circa 2,4. Nel giro di pochi mesi, grazie ad investimenti di circa 25 mila dollari sono riusciti ad arrivare a 1,5 il che gli fa risparmiare circa 67 milioni di dollari all’anno. (39)

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Capitolo IV LA LEGISLAZIONE

Come dimostrano i casi suesposti, investire risorse per ridurre l’impatto ambientale può condurre a dei vantaggi sia da un punto di vista strategico che economico. Inoltre, esistono alcune normative nazionali inerenti alle agevolazioni finanziarie e amministrative previste dalla legislazione italiana per coloro che implementano dei sistemi di gestione ambientale. Di seguito sono riportate alcune di esse: Legge n. 70/94, all’art. 5, comma 5, dà al Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato la facoltà di promuovere accordi di programma con le organizzazioni di categoria interessate per l’applicazione del Regolamento EMAS presso le PMI, al fine di produrre semplificazioni procedurali ed agevolazioni finanziarie. Leggi nn. 341/95, 266/97, 133/99, contengono specifici incentivi per EMAS. I costi di consulenza per l’introduzione di EMAS, sostenuti dalle PMI, sono considerati ammissibili ai fini dell’ottenimento di finanziamenti. Legge n. 449/97 e il D.Lgs. n. 311/98 che prevedono l’incremento del credito d’imposta per le imprese che abbiano aderito ai sistemi di gestione ambientale. L’art. 2 bis, comma 3, dell’ AC 6316, "Definizione di rifiuto e altre modifiche al D.Lgs. N. 22 del 1997" (versione aggiornata al 23.05.00), prevede che per i siti e le attività registrate EMAS, che sono garanzia di una maggiore affidabilità e riduzione dei rischi, un abbassamento del 40 % dell’importoodellaogaranziaofinanziaria. D.Lgs. n. 152/99, e successivi aggiornamenti, prevede, nell’art. 23, comma secondo, priorità negli appalti pubblici, e che fra più domande concorrenti per derivazioni ad uso industriale, venga "preferita quella del richiedente che aderisce" ad un SGA secondo la norma ISO 14001 o secondo lo schema EMAS.

25


D.Lgs. 334/99 (Seveso II) nel documento di notifica, la certificazione di registrazione EMAS può essere allegata e tenuta in considerazione delle autoritàocompetenti. D.Lgs. 372/99 (IPPC) la normale autorizzazione IPPC ha una validità di cinque anni. Per le imprese registrate EMAS l’autorizzazione ha una validità dioottooanni. Legge 23 marzo 2001, n. 93 prevede, nell’art. 18, la semplificazione delle procedure amministrative con autocertificazione per il rinnovo delle autorizzazioni all’esercizio di un impianto gestione dei rifiuti, ovvero per la reiscrizione all’Albo. D.Dirett. 07/05/03: Decreto che prevede la promozione di sistemi di gestione ambientale nelle piccole e medie imprese attraverso la concessione di contributi a fondo perduto, ai sensi del Regolamento 69/2001/CE, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di importanza minore ("de minimis"), della Commissione UE (GUCE L 10 del 13/01/2001), per il rimborso delle spese sostenute per l’acquisizione di servizi reali di consulenza ed assistenza volti ad attivare Sistemi di Gestione Ambientale e registrarli e/o certificarli ai sensi del Regolamento 761/2001/CE (EMAS) e/o della norma internazionale UNI EN ISO 14001/96. (40)

26


Capitolo V LE CAUSE DEL MANCATO IMPEGNO Nonostante siano diversi gli incentivi ad implementare dei sistemi di gestione ambientale, spesso le imprese esitano ad adottarli. Le ragioni possono essere diverse. Una di queste può essere ricollegata ai costi che inizialmente è necessario sostenere al fine di migliorare le proprie performance ambientali. Analizzando i casi visti in precedenza alcune aziende ritengono di non avere né le risorse né le possibilità di utilizzare gli stessi criteri e le stesse procedure. Tuttavia va sottolineato che gli esempi visti in precedenza sono dei semplici “esempi”, e come tali costituiscono una semplice attività di benchmarcking generico. Come sottolineano David A. Lubin, cofondatore di Palladium Group e consulente senior per Esty Environmental Partners, e Daniel C. Esty, Professore di Diritto e politiche ambientali presso l’Università di di Yale, nonché presidente di Esty Environmental Partners, la strategia ambientale di ogni azienda va confezionata su misura. Non necessariamente un’iniziativa intrapresa da un’azienda risulterà conveniente o sostenibile in un’altra. Tuttavia, in molti casi, si è visto che l’organizzazione e l’implementazione di un Sistema di Gestione Ambientale non è una rivoluzione della struttura interna aziendale, ma consiste in una riorganizzazione più razionale di una serie di elementi già presenti in azienda che fino a quel momento si erano sviluppati in modo separato e disorganizzato. La sostenibilità deve far parte della strategia ambientale e per tale motivo l’impegno deve partire nel momento in cui si elabora il piano strategico. Ciò nonostante, sempre secondo Lubin e Esty, le ragioni più importanti del mancato impegno di molte aziende verso la componente verde sono da rinvenirsi non nella mancanza di risorse da investire, ma in un’errata concezione della sostenibilità: “Molti dirigenti non è che non percepiscano la sostenibilità come una questione strategica, ma piuttosto pensano di avere di fronte un percorso mai battuto, per il quale non è ancora stata tracciata una mappa”.

(41)

Tale percezione li porta quasi ad

aver timore circa le possibili mosse dei concorrenti.

27


Capitolo VI L’IMPERATIVO DELLA SOSTENIBILITÀ

In realtà una mappa c’è. Le ricerche di Lubin e Esty sulle forze che hanno plasmato il paesaggio competitivo negli ultimi decenni rivelano che tutte le “macrotendenze di business” hanno caratteristiche e traiettorie comuni. La sostenibilità è una macrotendenza emergente e per questo motivo la sua rotta è in qualche misura prevedibile. Comprendere in che modo altre aziende sono uscite vincitrici dalle macrotendenze precedenti può aiutare i dirigenti a perfezionare le strategie e i sistemi di cui avranno bisogno per ricavare un vantaggio in questo nuovo scenario, nonché a percepire quali saranno le possibili mosse future dei concorrenti in modo tale da non essere colti di sorpresa. (42) (Per un esempio in questo senso si v. riquadro “Il caso Pirelli” )

6.1 Imparare dal passato: qualità e informatica Le macrotendenze impongono alle aziende di adattarsi e innovare per non venire spazzate via. In tal senso, che cosa è possibile imparare dalle macrotendenze passate? Consideriamo il movimento della qualità. La rivoluzione della qualità ha comportato un rinnovamento dei principali strumenti e metodi usati per gestire gran parte delle attività aziendali. La qualità come elemento centrale della strategia, piuttosto che come semplice strumento tattico, ha abbattuto le precedenti barriere tra costo e idoneità all’uso, e questo ha significato che la posta in gioco si è alzata notevolmente per tutte le aziende. La rivoluzione informatica, invece, si è concretizzata in innovazioni tecnologiche che hanno cambiato radicalmente le capacità e ridefinito il modus operandi di quasi tutte le attività aziendali. Le tecnologie digitali hanno preso piede in azienda negli anni Ottanta e Novanta, e la tendenza si è accelerata quando l’informatica è entrata nella vita quotidiana di lavoratori e consumatori con l’avvento dei personal computer e di Internet. Tanto nella macrotendenza dell’informatica quanto in quella della qualità, così

28


come in altre da noi esaminate, i leader di mercato si sono evoluti attraverso quattro stadi di creazione del valore: innanzitutto, si sono concentrati sulla riduzione dei costi, dei rischi e degli sprechi per offrire valore tangibile. In secondo luogo, hanno riprogettato determinati prodotti, processi o funzioni di business per ottimizzarne la performance: in sostanza sono passati dal fare cose vecchie in modi nuovi al fare cose nuove in modi nuovi. Terzo, hanno perseguito la crescita del fatturato integrando gli approcci innovativi nelle strategie aziendali. Quarto, hanno differenziato la loro proposta di valore attraverso nuovi modelli di business che si avvalevano di queste innovazioni per migliorare la cultura aziendale, la leadership del brand e altri aspetti intangibili per garantirsi un vantaggio competitivo durevole. IL CASO PIRELLI Pirelli & C. S.p.A è una società per azioni attiva nella produzione di pneumatici, nel settore immobiliare e in diverse attività ad alto contenuto tecnologico. Dopo la Fiat, rappresenta la multinazionale privata più importante in Italia. L’impegno dell’azienda milanese verso la componente verde è apparso subito evidente nel 2005, con la costituzione di un’apposita società denominata “Pirelli Ambiente”, attiva nelle soluzioni per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile. Nel 2007, inoltre, il gruppo ha dato vita a “Solar Utility”, una joint venture tra Pirelli Ambiente e GCC, il cui obiettivo era quello di realizzare e vendere progetti fotovoltaici completi. Tale iniziativa ha permesso a Pirelli di ottenere ragguardevoli vantaggi finanziari e tuttora la colloca come leader nel settore. Partendo dai presupposti di Esty e Lubin, il comportamento dell’azienda verso la sostenibilità e le modalità d’impegno verso questa macrotendenza di business erano alquanto prevedibili. Infatti, verso la fine degli anni ’90, aveva già adottato una linea strategica del tutto simile di fronte all’emergente macrotendenza dell’informatica. L’azienda milanese aveva deciso di impegnarsi fortemente in questo ramo, dando vita a tutta una serie di brevetti che, intorno agli anni 2000, col boom dell’informatica, si rivelarono vincenti (ad esempio, la Pirelli fu la prima ad adottare la fibra ottica). La successiva vendita dei brevetti le permise di ottenere notevoli vantaggi sia da un punto di vista finanziario, che da un punto di vista strategico, in quanto le permise di posizionarsi come leader nel settore. Il caso Pirelli, quindi, mette in evidenza come, osservando il comportamento delle aziende di fronte alle macrotendenze passate, è possibile prevederne il comportamento verso le macrotendenze attuali, come la sostenibilità. (43) 29


6.2 La giusta visione Così come coloro che hanno prevalso nelle macrotendenze precedenti hanno battuto la concorrenza seguendo una strategia di evoluzione per gradi, lo stesso dovranno fare le aziende che sperano di diventare leader (o anche solo competere) nell’emergente ondata della sostenibilità. L’idea che per primeggiare nella sostenibilità occorra seguire un approccio a più stadi è già evidente. Come è accaduto per le macrotendenze dell’informatica e della qualità, le imprese all’avanguardia nella sostenibilità spesso iniziano concentrandosi sulla riduzione di rischi e costi, quindi con il tempo sviluppano delle strategie per incrementare la produzione di valore, e in ultima analisi si occupano di aspetti intangibili come brand e cultura. Esaminiamo le quattro fasi della creazione di valore. Fase 1: Fare le cose vecchie in modi nuovi. Le aziende mirano a superare la concorrenza nell’osservanza delle normative e nel gestire i costi e rischi legati all’ambiente. Nel farlo, forniscono delle prove a dimostrazione del valore dell’eco-efficienza. Quando fu avviata, 30 anni fa, Pollution Prevention Pays di 3M era proprio un’iniziativa di questo tipo. Nel 2005, la PPP aveva ridotto gli inquinanti di 3M di oltre un milione di tonnellate e fatto risparmiare all’azienda più di un miliardo di dollari. Inoltre aveva posto le basi per il programma Environmental Targets 2005-2010, ormai completato, che ha ridotto le spese relative all’uso dell’energia, le emissioni e gli sprechi di un ulteriore 20%. Fase 2: Fare le cose nuove in modi nuovi. Le aziende si impegnano in una riprogettazione completa di prodotti, processi e interi sistemi per ottimizzare l’uso efficiente delle risorse naturali e la gestione del rischio in tutta la catena del valore. L’impegno “zero sprechi” di Dupont, per esempio, ha aumentato la priorità dell’eco-efficienza in tutte le operations dell’azienda. La sua decisione di abbandonare i business con una pesante impronta ecologica, come le moquette e il nylon, si basava su un’analisi secondo cui i rischi commerciali e ambientali avrebbero superato il poten-ziale contributo per guadagni futuri. 30


Fase 3: Trasformare il core business. A mano a mano che la visione si espande, le innovazioni sostenibili diventano fonte di nuovi redditi e di crescita. Gli eterogenei obiettivi “2015 Sustainability Goals” di Dow, tesi a promuovere l’innovazione nelle numerose linee di business dell’azienda, hanno generato nuovi prodotti o tecnologie originali, dalle tegole per tetti fotovoltaici alle batterie ibride. Il core business, che è tradizionalmente basato su prodotti chimici di consumo, si è spostato verso i materiali avanzati e le opportunità energetiche hi-tech. Fase 4: Creazione e differenziazione di un nuovo modello di business. Al livello più alto, le aziende sfruttano la macrotendenza come fonte di differenziazione per quanto riguarda il modello di business, il brand, l’impegno dei dipendenti e altri aspetti intangibili, riposizionando in modo sostanziale l’azienda e ridefinendone la strategia per conquistare un vantaggio competitivo. L’iniziativa “Ecomagination” di GE, che nel 2010 ha fruttato 25 miliardi di dollari, ha permesso al CEO Jeff Immelt non solo di riposizionare l’azienda come fornitore di soluzioni per l’energia e l’ambiente, ma di creare un’aura “verde” intorno al marchio GE. (44)

31


CONCLUSIONE Quanto costa dunque salvare l’ambiente? Il vantaggio economico è senz’altro il fattore determinante nelle scelte di un’azienda. L’assunto fondamentale di questa tesi è che ciò che impedisce alle aziende di operare in vista della sostenibilità è la sostanziale imprescindibilità dalle valutazioni di natura economica. Questo induce i dirigenti ad adottare una mentalità da mero “contabile”, piuttosto che da economista, che li costringe a trascurare i vantaggi a lungo termine. Un buon contabile non mancherà di analizzare in maniera accurata tutti i costi diretti relativi a determinate scelte, ma tenderà a trascurare i costi indiretti, ovvero i costi-opportunità. Fra questi ci sono i mancati guadagni dovuti ad una miglior performance finanziaria che invece risulterebbero da un impegno in direzione della sostenibilità dell’ambiente. Una possibilità per uscire da questo circolo vizioso è rappresentata dai SGA. Essi permettono di ridurre l’impatto dell’inquinamento sull’ambiente, ma, al contempo, contribuiscono a creare un vantaggio competitivo per l’azienda all’interno del mercato in quanto la tutela ambientale diventa una variabile di marketing. Inoltre permettono di ridurre i costi garantendo una miglior gestione delle risorse e consentono di migliorare il risk management ambientale. In altre parole, la “linfa vitale” della sostenibilità dell’ambiente è una mentalità che si nutre dei principi dell’economia. Proprio questa mentalità riduce il divario tra aziendalisti ed economisti garantendo la sopravvivenza del pianeta.

32


Note (1)

(2) (3)

(4)

(5) (6)

(7)

(8) (9) (10) (11) (12) (13) (14) (15) (16) (17) (18) (19) (20) (21) (22) (23) (24) (25)

(26) (27) (28)

(29) (30) (31) (32) (33) (34) (35) (36) (37) (38) (39)

(40) (41)

J.A. Shumpeter, Teoria dello sviluppo economico. Ricerca sul profitto, il capitale, i crediti, l’interesse e il ciclo economico, in E. Chiacchierini, Tecnologia e Produzione, Edizioni Kappa 2003, p.27 Cfr. E.Chiacchierini, op. cit., p.27 Enos J. , The Rate and direction of Inventive Activity, Princeton : Princeton University Press, 1962, in E.Chiacchierini op. cit., p. 28 Svegliatevi! 22/03/1988, Come saranno eliminati i rifiuti chimici?, ed. Watch Tower Bible and Tract Society, p.14 Ibidem, p.14 Barry Commoner, The Closing Circle: Nature, Man and Technology, 1971 pubblicato da., Alfred Knopf, New York, 1971, in Svegliatevi 22/07/1988, ed. Watch Tower Bible and Tract Society, p.29 cfr. Andrew Balmford, Le ragioni economiche per la conservazione della natura selvaggia, in Science 9 agosto 2002, in http://www.sciencemag.org Svegliatevi 22/07/1988, ed. Watch Tower Bible and Tract Society, p.29 M. Dall’Occhio, A. Salvi, Finanza d’azienda, seconda edizione, Egea 2005, p.18 G.N. Mankiw, L’essenziale di economia,quarta edizione, Zanichelli 2007, p. 168 G.N. Mankiw, op. cit., p.168 G.N. Mankiw, op. cit., p.168 G.N. Mankiw, op. cit., p.168-169 G.N. Mankiw, op. cit., p.168-169 G.N. Mankiw, op. cit., p.168-169 R. Lazzarin, La rivoluzione elettrica, ed. Dario Flaccovio 2005, p. 147-148 G.N. Mankiw, op. cit., p.170 G.N. Mankiw, op. cit., p.170 G.N. Mankiw, op. cit., p.173 G.N. Mankiw, op. cit., p.172

Rapporto ENEA, Noi per lo sviluppo sostenibile n°18, p.26 Ibidem, p.27 Ibidem, p.26ù R. Lazzarin, op.cit., p.148 R. H. Coase, The problem of social cost, in Journal of Law and Economics, Ottobre 1960 cfr. Rapporto Enea, op. cit., p.5-9 cfr. Rapporto Enea, op. cit., p.5-9 www.arpa.veneto.it/eduamb/htm/SistemaANPA.asp, A proposito di Sistemi di Gestione Ambientale J. Fox, Green branding: are you ready?, ed Wipro 2010, p. 3-9 http://www.trst.com/iso3.htm Ibidem Ibidem Ibidem Ibidem Ibidem Ibidem Ibidem Ibidem http://www.article-marketing.eu/viaggi-e-vacanze/energia-lefficienza-conviene-googlefa-scuola-alle-aziende.html http://www.artaabruzzo.it/emas/pages/agevolazioni.htm David A. Lubin e Daniel C.Esty, L’imperativo della sostenibilità, in Harvard Business Review Italia, Maggio 2010 n°10, p. 15

33


(42) (43) (44)

D. Lubin e D. Esty, op. cit., p. 15 http://www.it.pirelliambiente.com/web/solar-utility/default.page D. Lubin e D. Esty, op. cit., p. 19

34


BIBLIOGRAFIA A.Balmford, Le ragioni economiche per la conservazione della natura selvaggia in Science 9 agosto 2002 E. Chiacchierini, Tecnologia e Produzione, Edizioni Kappa 2003 R. H. Coase, The problem of social cost, in Journal of Law and Economics, Ottobre 1960 B.Commoner, The Closing Circle: Nature, Man and Technology, 1971 pubblicato da., Alfred Knopf, New York, 1971

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R. Lazzarin, La rivoluzione elettrica, quinta edizione, Dario Flaccovio editore 2005 D.A. Lubin e D.C.Esty, L’imperativo della sostenibilità, in Harvard Business Review Italia, Maggio 2010 n°10 N. Gregory Mankiw, L’essenziale di economia,quarta edizione, Zanichelli 2007 Rapporto ENEA, Noi per lo sviluppo sostenibile J.A. Shumpeter, Teoria dello sviluppo economico. Ricerca sul profitto, il capitale, i crediti, l’interesse e il ciclo economico, 1912 Svegliatevi 22/07/1988, ed. Watch Tower Bible and Tract Society

Svegliatevi! 22/03/1988, Come saranno eliminati i rifiuti chimici?, ed. Watch Tower Bible and Tract Society www.arpa.veneto.it/eduamb/htm/SistemaANPA.asp, A proposito di Sistemi di Gestione Ambientale http://www.trst.com/iso3.htm http://www.article-marketing.eu/viaggi-e-vacanze/energia-lefficienza-conviene-googlefa-scuola-alle-aziende.html http://www.artaabruzzo.it/emas/pages/agevolazioni.htm http://www.it.pirelliambiente.com/web/solar-utility/default.page

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