Il beneficio della rilettura nella comprensione del testo

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A.D. MDLXII

U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ

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C O R S O D I L A U R E A I N S C I E N Z E D E L L ’E D U C A Z I O N E E D E L L A F O R M A Z I O N E

IL BENEFICIO DELLA RILETTURA NELLA COMPRENSIONE DEL TESTO

Relatore:

Tesi di Laurea di:

PROF. SANDRO MOCCI

MARIA P AOLA DELEDDA

ANNO ACCADEMICO 2010/2011



Indice Introduzione Parte Prima: Cosa significa capire un testo 1.0 La comprensione testuale in generale 1.1 La comprensione del testo dal punto di vista psicologico 1.2 Modelli teorici sulla comprensione del testo 1.4 Abilità di lettura e teorie sull’abilità di comprensione

Parte Seconda: Il Rereading benefit 2.- La rilettura come tecnica cognitiva e metacognitiva 2.1- Il punto di vista affermativo sul rereading benefit 2.2- Il punto di vista negativo sul rereading benefit

Parte terza: La ricerca Introduzione Ipotesi Metodo e procedure Materiali Risultati Discussione

Conclusioni Bibliografia Appendici

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Introduzione Cosa significa capire un testo, un brano, un racconto, un articolo di giornale, un resoconto scientifico? Come avviene e da cosa dipende la comprensione di ciò che si legge? Comprendiamo nello stesso modo ciò che leggiamo e ciò che ascoltiamo direttamente dalla viva voce di un interlocutore? E come facciamo a ricordare e ad assimilare ciò che abbiamo letto o sentito? Soprattutto, per assimilare e comprendere basta ricordare? Infine, come apprendiamo dalla lettura e per apprendere basta solo comprendere? Il fattore comune di tutte queste domande è il linguaggio, quella formidabile e strategica funzione che abbiamo acquisito nel tempo e che ci consente di parlare, di ascoltare i nostri consimili che parlano, di capire ciò che dicono e di trarre insegnamenti dalle cose che abbiamo ascoltato e capito. Da circa seimila anni, con la scrittura, la specie umana ha anche imparato a trasferire e conservare su un supporto stabile la sua produzione linguistica, superando l’assillo della necessità di capire quanto più possibile nel momento dell’ascolto. Tale contemporaneità dell’azione di produzione-comprensione, a cui fino ad allora si era costretti, assegnava un grande vantaggio alla memoria, ed era in passato testimoniata dai due aforismi latini “Scire est reminisci” e “Tantum scimus quantum memoria retinemus” che imperano tuttora. Tuttavia nel tempo sono apparse concettualizzazioni più avanzate su come si legge e come si capisce un testo. Una serie di modelli teorici spiega e predice ciò che succede nella nostra mente. Una questione che appare però ancora irrisolta e che sembra riportare alle vecchie concettualizzazioni è quella della tecnica ottimale per leggere un testo apparentemente non facile. È meglio rileggere più volte il testo, oppure è meglio leggerlo inizialmente, ma affrontarlo con tecniche più razionali ed efficienti?

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Il problema, apparentemente facile in realtà è molto complesso e il mio lavoro di tesi si è dedicato a fornire un piccolo contributo in vista dellasua soluzione. Nella prima parte della tesi mi occuperò di cosa significa capire un testo, dei modelli teorici della comprensione più moderni e dell’attività di controllo metacognitiva della lettura. Nella seconda parte mi occuperò del fenomeno del rereading come è descritto in letteratura e delle divisioni nella comunità scientifica al suo riguardo. Nella terza parte esporrò la mia ricerca e cercherò di illustrare i risultati raggiunti.

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Parte Prima Cosa significa capire un testo 1.0 La comprensione testuale Prima di entrare nel vivo del tema sulla comprensione della lettura, sembra opportuno analizzare un costrutto recente, di origine sociale, la reading literacy. La reading literacy, che possiamo tradurre con "competenza in lettura", o “letteralismo”, si riferisce generalmente alla comprensione, all’utilizzo e alla riflessione su testi scritti da parte di un qualsiasi lettore, il cui scopo è quello di raggiungere i propri obiettivi, di sviluppare le proprie conoscenze e le proprie potenzialità e di svolgere un ruolo attivo nella società (Gallina, 2000; Vertecchi, 2000). Possiamo affermare che la reading literacy non è un'abilità che si acquisisce nei primi anni di scuola, ma va considerata come quell'insieme di conoscenze e strategie che gli individui sviluppano nel corso della propria vita interagendo con gli altri; la reading literacy si basa fondamentalmente sulla comprensione della lettura. Saper leggere e comprendere un testo risulta una acquisizione fondamentale nella vita scolastica di ogni individuo; In una società alfabetizzata, quale è quella contemporanea, leggere riveste una grande importanza. Il termine lettura, in realtà, si riferisce almeno a due cose: 1. la lettura decifrativa, attraverso la quale i simboli stampati vengono trasformati in linguaggio attraverso la decodifica; ciò comporta la capacità di leggere un testo in maniera corretta e scorrevole; 2. la lettura come comprensione, intesa come la capacità di rappresentarsi mentalmente il contenuto di ciò che stiamo leggendo; questo processo implica il passaggio dal linguaggio al pensiero. 5


I due processi, decodifica e comprensione, sono distinti, anche se cooperano al fine di una buona lettura; per una lettura corretta è indispensabile l'integro funzionamento di entrambi in quanto problemi a livello percettivo portano ad una lettura lenta e con numerosi errori, mentre difficoltà a livello di comprensione comportano una lettura apparentemente corretta ma non significativa. E' anche vero che una lettura scorretta a livello decifrativo può portare a qualche fraintendimento nel significato e che, al contrario, la mancata comprensione può rallentare il ritmo di lettura, comunque, in fondo, le due abilità sono sostanzialmente indipendenti. Lo scopo principale della lettura non è quello di leggere correttamente e velocemente un testo, ma è quello di comprendere (De Beni, 2001). Dobbiamo inoltre badare bene alla distinzione tra comprensione e memorizzazione in quanto comprendere un testo non significa semplicemente memorizzarlo. La comprensione infatti “rappresenta il risultato della reciproca influenza e dell'integrazione ottimale del dato testuale con le conoscenze di cui dispone il soggetto” (Kintsch, 1988). Una concezione sbagliata della lettura considerava la comprensione come un semplice processo di astrazione del significato intrinsecamente posseduto dal brano, che veniva così considerato prioritario rispetto all'attività del lettore; l'approccio cognitivista, vede invece la comprensione come un processo dinamico di interazione tra le nuove informazioni che provengono dal testo e le conoscenze presenti nella mente del lettore. Di conseguenza, il processo di comprensione sarà il risultato dell'interazione tra le variabili del testo e quelle del lettore; in altre parole, dall'incontro tra le caratteristiche del testo e le caratteristiche del lettore ha origine la comprensione, che potrebbe essere definita come “la costruzione della rappresentazione mentale del testo, frutto dell'integrazione delle nuove informazioni, desunte dal testo, all'interno della struttura conoscitiva preesistente nel lettore; ciò significa che soggetti diversi

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possono avere rappresentazioni mentali diverse dello stesso brano” (De Beni, 2001). Ma cosa significa rappresentazione mentale? Filosofi, linguisti e psicologi hanno cercato per secoli di capire in che modo il mondo esterno viene rappresentato nella nostra mente. Una rappresentazione è “qualunque segno o notazione o insieme di simboli che ci “ri-presenta” qualche cosa, che sta al posto di un'entità che non è immediatamente presente; può essere sia un oggetto del mondo esterno sia un oggetto della nostra immaginazione (del nostro mondo interno) (Eysenck, Keane, 2006)”. Sostanzialmente, la rappresentazione della conoscenza comprende i diversi modi in cui la nostra mente crea e modifica le strutture mentali relative a ciò che conosciamo del mondo esterno; il problema è proprio quello di capire cosa e come viene costruita la rappresentazione mentale nella nostra mente. Le rappresentazioni esterne possono essere distinte in due principali categorie: le rappresentazioni linguistiche, che usano le parole e altre notazioni scritte, e le rappresentazioni pittoriche, come disegni o diagrammi. I diagrammi e le parole sono simili in quanto rappresentano solo alcuni aspetti della realtà, tuttavia queste due classi differiscono tra loro per un aspetto importante: i diagrammi sembrano catturare, in modo molto naturale, una maggior quantità di aspetti caratteristici del mondo, rispetto a quello che fanno le descrizioni linguistiche. I disegni e i diagrammi sono delle rappresentazioni analogiche, nel senso che la loro struttura mantiene la somiglianza con la struttura del mondo che rappresentano. Le rappresentazioni linguistiche, invece, non sono analogiche perché la relazione tra un segno linguistico e l'oggetto a cui si riferisce è arbitraria; per fare un esempio concreto, non c'è nessun motivo intrinseco per cui quel piccolo animale dal pelo morbido che vive nelle nostre case debba essere chiamato “gatto”.

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Quindi le rappresentazioni linguistiche sono discrete, in quanto le parole possono essere scisse in lettere, ma le lettere sono i componenti ultimi dei segni linguistici; sono esplicite, perché hanno bisogno di simboli per indicare le relazioni; sono grammaticali, nel senso che ci sono delle regole ben definite per combinare i diversi tipi di simboli fra loro; infine, sono astratte, perché l'informazione in esse contenuta non ha una relazione diretta con una specifica modalità sensoriale. Le rappresentazioni pittoriche, al contrario, non sono costituite da simboli discreti e possono essere suddivise in parti del tutto arbitrario, e ciascuna di queste parti può essere usata come simbolo; sono implicite, perché non hanno bisogno di simboli distinti per indicare la relazioni; non hanno una struttura basata su regole grammaticali, e se ci sono regole di combinazione queste sono molto meno vincolanti di quelle per le rappresentazioni linguistiche; infine, sono concrete, perché anche se informazioni che esse rappresentano derivano da diverse fonti sensoriali, sono strettamente collegate alla modalità visiva. Anche le rappresentazioni interne o mentali possono essere suddivise in due classi: le rappresentazioni proposizionali e le rappresentazioni analogiche. Le rappresentazioni proposizionali sono simili al linguaggio, e colgono il contenuto della mente in maniera indipendente dalla modalità sensoriale attraverso la quale le informazioni sono state raccolte originariamente. Le rappresentazioni analogiche invece, sono simili a quelle pittoriche perché tendono ad essere delle immagini. Di conseguenza le differenze tra le rappresentazioni linguistiche e le rappresentazioni pittoriche possono essere applicate alle rappresentazioni proposizionali e a quelle analogiche, quindi le rappresentazioni proposizionali sono discrete, esplicite, combinate secondo regole molto vincolanti e astratte; le rappresentazioni analogiche non sono discrete, sono implicite, combinate secondo regole poco vincolanti e sono legate ad una specifica modalità sensoriale.

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Le rappresentazioni proposizionali costituiscono un linguaggio universale, il mentalese, che viene utilizzato per rappresentare tutte le informazioni mentali; queste rappresentazioni solitamente sono espresse utilizzando un sistema logico, chiamato calcolo dei predicati. Possiamo immaginare i contenuti della mente come delle entità simili ad oggetti, legate tra loro tramite diversi tipi di relazioni concettuali. Il calcolo dei predicati dà corpo a questa intuizione; le relazioni concettuali sono rappresentate come predicati e gli oggetti-entità come argomenti di questi predicati, infatti un predicato è un qualcosa che può assumere un argomento o più argomenti. Una volta chiarito cosa si intende per rappresentazione mentale possiamo passare a ciò che a noi interessa in questo lavoro, ossia come il soggetto costruisce la rappresentazione mentale del testo che legge.Comprendere un testo più o meno efficacemente significa costruirne, e mantenere nella propria memoria, una copia più o meno fedele, quindi un modello o una rappresentazione mentale; comunque questa sfugge all'osservazione e può essere studiata solo indirettamente. Si tratta dunque, in base ai dati empirici disponibili, di determinare innanzitutto come essa sia organizzata e poi di interrogarsi sul modo in cui i soggetti la elaborano. La prima fase di ricerche, databile al decennio 1978-88, ha tratto una fondamentale conclusione: la rappresentazione mentale è una costruzione dovuta al lettore, che è diversa e va oltre l'informazione presente nel testo stesso (Van den Broek e Gustafson, 1999, p. 17). Il significato che il testo può assumere non può essere circoscritto dalle sole parole o frasi, ma viene costruito dal lettore intrecciando ciò che proviene dall'autore attraverso il testo con ciò che suggerisce l'ambiente esterno e ciò che proviene dal suo ambiente interno, ossia la sue conoscenze precedenti, la sua memoria, le sue intenzioni e le sue emozioni. Questo procedimento è dato dalle inferenze che, come già spiegato in precedenza, permettono di esplicitare 9


quanto l'autore ha lasciato implicito. La comprensione non implica il preciso ricordo del testo ma implica il ricordo del significato di quanto letto, attribuito e costruito dal lettore stesso; quindi per costruire una rappresentazione significativa il lettore deve saper collegare la sua conoscenza pregressa su ciò che sta leggendo con i nuovi contenuti che apprende nel corso della lettura. Abbiamo precedentemente visto come la distinzione tra memoria per la struttura superficiale e significato del testo è stata introdotta per la prima volta da Bartlett (1932), quando ha esaminato l'influenza dei fattori sociali nell'assimilazione di materiali testuali; i partecipanti al test, che erano inglesi, dopo aver letto una leggenda dai contenuti culturalmente distanti dal loro ambiente, anziché riprodurre semplicemente i materiali li rielaboravano in base alla loro passata esperienza. Bartlett, per spiegare questi risultati ricorse al concetto di schema, il quale oltre a costruire una generalizzazione dell'evento rappresenta un indizio di recupero, in quanto la memoria può riconoscersi in quella classe di eventi. Dal momento che il ricordo è schematico non è mai completo e non è mai fedele, perché può riflettere le aggiunte attivate dagli schemi e dalle inferenze. A Bartlett dobbiamo riconoscere di aver constatato che per costruire una rappresentazione mentale del testo bisogna formare nella memoria una raffigurazione schematica, utilizzando la struttura superficiale del testo, ma rielaborandola in base all'esperienza passata del lettore. La distinzione tra memoria per la struttura superficiale e significato del testo introdotta da Bartlett fu ripresa da Kintsch e van Dijk (1978) ed è rimasta una distinzione

fondamentale

anche

se

ha

portato

al

fraintendimento

dell'equivalenza tra rappresentazione mentale del significato di un testo e comprensione, quando invece la rappresentazione costituisce il risultato finale del processo di comprensione. Un'altra distinzione fondamentale è quella tra la rappresentazione che si basa esclusivamente sugli elementi testuali (text based) e quella che fornisce un'idea

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sintetica della situazione della situazione fornita nel testo, includendo elementi nuovi non testuali provenienti dalla conoscenza pregressa del lettore (situation model). Il testo di base ed il modello situazionale devono essere considerati come polarità di un'unica dimensione; il lettore si costruisce una sola rappresentazione mentale che conterrà gli elementi testuali acquisiti e una determinata porzione di conoscenza pregressa. Se la rappresentazione avrà una minima quantità di conoscenza pregressa sarà definita basata sul testo, se invece la quantità di conoscenza pregressa sarà maggiore si avrà un vero e proprio modello situazionale, e quindi un modello mentale che descrive la situazione riportata nel testo. In molti casi la rappresentazione del lettore di un determinato testo si colloca in una posizione intermedia tra il testo base e il modello situazionale; la sua posizione “dipenderà certamente dalla particolare conoscenza di base di chi legge, dalle sue motivazioni, dalla sua metacognizione ed ovviamente dalle caratteristiche intrinseche del testo medesimo (Van den Broek e Gustafson, 1999)”.

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1.1 La comprensione del testo dal punto di vista psicologico L'approccio psicologico alla comprensione del testo ha avuto caratteristiche diverse da quello linguistico, sia perché rispondeva a bisogni disciplinari diversi, sia perché ereditava diverse tradizioni di ricerca. I bisogni disciplinari avevano la necessità di studiare le funzioni linguistiche del parlante e del lettore per capire i meccanismi di produzione e di comprensione linguistica, che si erano rivelati molto più complessi della schematizzazione che vedeva la scrittura come produzione e la lettura come comprensione, in quanto lettura e scrittura hanno entrambi al loro interno processi di produzione e comprensione (Laudanna, 2004), e per capire meglio come si sviluppa la competenza sociale nell'uso del linguaggio. Inoltre vi era la necessità di capire i disturbi associati alle funzioni linguistiche, infine il linguaggio, e in particolare la scrittura, permettevano di studiare le altre funzioni cognitive, in quanto il linguaggio è apparentemente più accessibile degli altri processi. Per questi motivi l'approccio psicologico è stato influenzato dall'obbiettivo generale di perfezionamento della conoscenza dal punto di vista cognitivo ed è stato orientato all'interazione con altre discipline, come l'Intelligenza Artificiale e l'informatica Il fenomeno della comprensione testuale non è situabile, come abbiamo scritto, interamente all’interno delle scienze linguistiche, innanzitutto perché la comprensione vera e propria avviene nella mente del lettore e come vedremo più avanti, è la risultante di una coerente rappresentazione mentale del testo che si è letto. Infatti la psicologia, rispetto agli studi linguistici, è passata dallo studio del parlato allo studio del parlante per capire quali fossero i meccanismi alla base della comprensione e produzione linguistica, nonché alle alterazioni funzionali in seguito all’acquisizione del linguaggio e le funzioni cerebrali coinvolte. La comprensione è il prodotto finale di una serie di processi concatenati, sia linguistici che cognitivi, che in modo interattivo elaborano materiale testuale insieme ad altro materiale proveniente da fonti altrettanto 12


importanti. Tra questi il contesto letterario e psicologico, la conoscenza pregressa del lettore e non ultimi i processi motivazionali legati alla lettura e gli specifici interessi alla lettura, distinguendo appunto tra costrutti motivazionali, “la motivazione intrinseca ad apprendere, attraverso la lettura” (Deci & Ryan, 1985) dagli specifici, delimitati e circoscritti interessi situazionali alla lettura stessa (Hidi e Renninger, 1992), influenzati dalla coerenza testuale, tutti mediatori della comprensione finale. La comprensione testuale è un fenomeno cognitivo, psicologico, che utilizza stimoli linguistici ormai di tipo mentale, già elaborati dai processi cognitivi della sensazione, della percezione, attenzione e memoria. Tuttavia in tali elaborazioni la natura e la specificità linguistica non scompare, ma continua ad interagire e a creare diversità nell’articolarsi della catena di processi che culminerà nella rappresentazione mentale del testo che è sotto elaborazione. In sostanza lo stimolo testuale continua a mantenere caratteristiche di natura linguistica, che influenzano il dispiegarsi ed il risultato dei processi più propriamente cognitivi. Questo fa sì che la “comprensione del testo” diventi un oggetto epistemologicamente interdisciplinare, cioè che può essere visto attraverso il contributo essenziale di discipline spesso distanti fra loro, ma tutte essenziali per capirlo in profondità. La

comprensione

dei

testi

è

un

argomento

importantissimo

nella

psicolinguistica, ma non solo essa è fondamentale per tutta la psicologia cognitiva, in quanto la lettura non solo è un comportamento complesso della specie umana e importante nella vita, ma essa è utile per studiare come processi cognitivi quali la percezione, l’apprendimento e l’attenzione cooperano per realizzare un’efficace lettura e comprensione del testo. Cosa significa comprendere un testo dal punto di vista psicologico? Comprendere significava secondo una vecchia definizione psicologica, “completare il processo di astrazione dal testo dei significati e degli eventuali indizi per reperirli” (Penna e Mocci, 2008). Oggi nella comprensione del testo è 13


importante anche la conoscenza pregressa del lettore. La comprensione è il risultato della reciproca influenza e dell’integrazione tra il testo e le conoscenze che possiede il lettore (Kintsch, 1988). Comprendere un testo significa costruirsi una rappresentazione mentale del testo, non considerando semplicemente l’informazione contenuta nel testo, ma anche elementi extratestuali come la conoscenza pregressa, la sua metacognizione, il contesto del lettore, le sue motivazioni e le sue emozioni.

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1.2 Modelli teorici sulla comprensione del testo Frederic Bartlett fu il primo psicologo che si interessò allo studio della comprensione di lettura. Per Bartlett (1932) la comprensione di un testo è un processo ricostruttivo: chi legge un testo costruisce attivamente il significato del testo, sia attraverso i processi di elaborazione e le conoscenze lessicali ed enciclopediche necessarie, sia costruendo i legami e gli elementi non esplicitati nel testo. Chi legge rappresenta semanticamente il testo, ricostruisce nella memoria la narrazione, la trama, i personaggi, l’ambiente, sulla base di proprietà come la coerenza, l’organizzazione di relazioni temporali e casuali. Interessato allo studio della memoria, Bartlett, si serviva di testi naturalistici, tra cui uno dei più famosi è lo studio sul ricordo della leggenda indiana nordamericana “La guerra dei fantasmi”. In questi studi egli era interessato alle “trasformazioni cognitive”, cioè i lettori facevano queste trasformazioni sul contenuto dei testi e pensava fossero un esempio del funzionamento della memoria. Le ricerche di Bartlett, che diventarono un punto di riferimento per le altre che si occupavano di comprensione del testo. Successivamente somministrò la storia della leggenda indiana a lettori inglesi lontani dalla cultura del testo e trovò come il ricordo variava per effetto delle trasformazioni mentali dei lettori rispetto al contesto culturale in cui la storia era nata. I testi ricostruiti attraverso i ricordi, secondo Bartlett, seguivano delle categorie all’interno delle quali i soggetti organizzavano il testo: lo schema, script, frames e che egli chiamava “memoria schematica”. Ogni racconto si trova assimilato allo schema costruito dall’esperienza passata del soggetto. Le informazioni presenti in un racconto sarebbero, quindi, filtrate, selezionate, in funzione delle conoscenze precedenti e organizzate gerarchicamente. Negli anni ’70 P.W. Thorndyke (1977), e successivamente R.C. Schank e R.P. Abelson (1977) spiegarono meglio le intuizioni di Bartlett. Gli schemi, strutture di natura prototipica e generalizzabile, secondo Bartlett, erano alla base della 15


comprensione, alcuni decenni dopo i due studiosi sostennero che gli schemi erano gli organizzatori dei contenitori della nostra conoscenza pregressa, quindi l’utilizzo di questi avrebbe facilitato la comprensione di un testo. Fino agli anni ’80,dunque, in psicologia lo studio della comprensione del linguaggio e della lettura, mutuata anche dalla linguistica, considerava il fenomeno come un’attività di acquisizione del dato informativo in entrata, di confronto e filtraggio con strutture pregresse e schematiche di conoscenza, di selezione di opzioni attraverso un processo di attivazione di schemi, script o frames. Più il lettore possedeva schemi coerenti col testo appena letto, più capiva. Tale impostazione, assegnava alla matrice schematica la funzione risolutiva della comprensione e lasciava poco spazio all’informazione in ingresso, alla sua elaborazione iniziale e all’importanza del contesto. 1.3.1 Modelli interattivi di comprensione del testo: il modello di Kinsch e van Dijk Le teorie appena descritte non erano soddisfacenti, in quanto la comprensione non poteva essere spigata come la semplice interazione tra l'informazione in entrata e uno schema preesistente, e l'attribuzione del significato non poteva essere ridotta al riconoscimento di una qualche coerenza con un significato precedentemente elaborato. Le teorie top-down non spiegano come i nuovi dati costruiscono una nuova struttura schematica da conservare nella memoria a lungo termine. Inoltre, l'approccio linguistico, lasciava aperto il problema delle unità di espressione del linguaggio, che non coincidono con le unità mentali di comprensione. A partire dai primi anni '70 del secolo scorso, in particolare negli Stati Uniti, si è progressivamente formato un altro filone di ricerche sulla comprensione del testo che ha cercato di unificare le teoria precedenti.

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In sintesi: le teorie che si sono interessate alla comprensione testuale sono due: quelle modulari, che sono influenzate dalla linguistica di Chomsky, ritengono che l’analisi sintattica sia preminente, prioritaria e che non utilizzi indizi contestuali; quelle interattive, che sostengono che la comprensione sia il prodotto simultaneo dell’elaborazione lessicale, sintattica e semantica, utilizzando anche gli indizi contestuali (Pickering,1999; Crocker, 1999). Entrambe le teorie non spiegano come avviene la comprensione dalle frasi all’intero testo, ciò porta a non capire il contenuto generale del testo se si supera l’ordine di grandezza della frase. Questo tipo di comprensione, quindi, incentrata sulle frasi non permette di capire i processi cognitivi coinvolti, la rappresentazione mentale e l’acquisizione del significato, in quanto non colgono l’importanza che la comprensione e quindi anche la sua rappresentazione del lettore varia a seconda della struttura e delle caratteristiche testuali. Il modello di Kintsch e van Dijk si colloca come capostipite tra i modelli interattivi di comprensione del testo. L’interattività riguarda il fatto che vi è un’interazione tra il testo e il lettore con le sue abilità e il processo di lettura. Altri modelli interattivi sono quelli di Gernsbacher (1999), Goldman e Varma (1995), Just e Carpenter (1992), van den Broek (1990). Verso la fine degli anni ’70 si fece un passo avanti nello studio della comprensione testuale, quando si affermò che le unità di rappresentazione mentale del discorso non necessariamente coincidevano con le strutture superficiali del discorso parlato e scritto. Questo passo avanti avvenne grazie ai lavori di Kinsch nel 1974 all’Università del Colorado e successivamente anche grazie a van Dijk. Prima di tutto Kinsch aveva sostenuto che la proposizione e non la parola e la frase, poteva rappresentare il significato della porzione di testo che rappresenta. Successivamente, nel 1978, grazie alla collaborazione con

Teun

van

Dijk,

Kinsch

elaborò

un

modello

teorico

completo

dell’elaborazione dei testi, chiamato modello semantico-proposizionale (1978). 17


Questo modello spostava l’attenzione dall’elaborazione del significato delle singole frasi all’elaborazione della proposizione, che a differenza dell’enunciato, è la più piccola unità discorsiva dalla quale si può constatare il suo valore di verità. Ciò comporta che il lettore non deve capire il testo a seconda di quale schema si adatta, come in Schank e Abelson, ma deve predicarne il valore di verità, cioè deve capirlo, elaborarlo e valutarlo. Fu proprio Kintsch a parlare di interattività , che nel suo primo modello mise la comprensione nel quadro dell'interazione tra il testo, il lettore e il processo di lettura, nonostante in questa prima versione del modello mise ancora da parte la realtà psicologica del processo di comprensione. Un'importante caratteristica comune a tutti i modelli interattivi è che la comprensione avviene contemporaneamente all'elaborazione dell'elemento testuale e utilizzando questo materiale. In generale questi modelli ipotizzano “ un trattamento del testo a cicli sequenziali nei quali il lettore elabora un piccolo gruppo di proposizioni in ciascun ciclo, pressapoco tante quante possono essere conservate nella memoria di lavoro, stabilendo connessioni tra il nuovo input e le proposizioni dei cicli precedenti, pur differenziandosi nei dettagli della dinamica del ciclo elaborativo (Penna-Mocci, 2008)”. Kintsch, successivamente, in autonomia da van Dijk, ha modificato il significato operativo

delle

proposizioni,

passando

da

una

loro

considerazione

sostanzialmente di tipo logico-booleano (valore di verità) ad una forma più debole, considerando la proposizione come una relazione tra concetti espressa nella notazione predicato [argomento1, argomento2]. La proposizione è la più piccola unità discorsiva della quale si può, in modo indipendente dal resto del discorso, constatare il suo valore di verità, cioè la sua verità o falsità (Penna, Mocci, 2008)”. Le proposizioni, all’interno del testo, sarebbero organizzate gerarchicamente, più in alto si trovano quelle fondamentali, per una corretta comprensione del testo, in basso ci sarebbero quelle secondarie. Kintsch e van 18


Dijk definiscono questa struttura gerarchica come macrostruttura (Zanetti e Miazza, 2004). La microstruttura dipenderebbe dai macro-operatori (particolari regole di condensazione semantica): la soppressione, la generalizzazione, la sostituzione e la regola zero, che indicano quali fatti siano più importanti per il lettore. In questo senso la macrostruttura è intesa come unità di significati e relazioni che contribuiscono a conferire significato al contenuto del testo (Zanetti, 1999). Kinsch e van Dijk ipotizzarono anche l’esistenza di un altro livello di analisi del testo, la microstruttura, che permette l’integrazione intrafrasica, permettendo la costruzione di una base del testo o text base. La macrostruttura è essenzialmente la struttura proposizionale semplice costituita appunto da proposizioni singole o concatenate. L’elaborazione testuale, quindi, grazie a questi due livelli di analisi, può raggiungere la struttura più superficiale, la microstruttura o la struttura più profonda o macrostruttura. Quindi la rappresentazione mentale del contenuto del testo avverrebbe in questo modo: le macrostrutture che si trovano ad un livello più profondo avranno una maggiore possibilità di ricordo e quindi di comprensione. Il modello semantico proposizionale non è esente da critiche, esso non prende in considerazione il ruolo svolto dalle inferenze e dalle conoscenze precedenti. Kintsch e van Dijk cercarono di superare queste lacune proponendo un modello procedurale di lettura e comprensione del testo, che chiamarono di costruzione-integrazione approfondendo i processi implicati nella lettura. Tale modello, come già detto fu successivamente perfezionato da Kintsch nel 1988 e nel 1998 venne alla luce la redazione definitiva. Secondo Kintsch comprendere un testo significa “costruire un modello mentale in cui le idee espresse nel testo siano interconnesse con la conoscenza a priori e formino con essa un insieme coerente di tipo gestaltico, diverso cioè dalla semplice somma degli elementi percettivi e delle caratteristiche semantiche” (Kintsch, Comprehension, a paradigm for cognition, 1998, p. 93). 19


Come abbiamo già affermato precedentemente, il processo di comprensione è stato spiegato tradizionalmente attraverso la teoria degli schemi; sappiamo che il processo di comprensione non è così strettamente top-down come la teoria degli schemi vorrebbe. Kintsch propone una teoria alternativa a quella degli schemi per spiegare il processo di comprensione e afferma che “un modello coerente è certamente il risultato della comprensione, ma non c'è motivo di credere che esso sia generato dall'intervento di uno schema precostituito. E' possibile concepire la comprensione come un processo bottom-up molto sensibile al contesto e che si adatta ai cambiamenti dell'ambiente. In tale ottica la comprensione può essere assai caotica nei suoi primi stadi e diventare ordinata e ben strutturata solo quando raggiunge la coscienza. Tale processo avviene attraverso un processo di costruzione che è solo parzialmente consapevole e procede in maniera associativa, bottom-up, seguito da un processo di integrazione che produce l'ordine e la coerenza percepita coscientemente. Ho chiamato questo modello Modello della CostruzioneIntegrazione” (Kintsch, Comprehension, a paradigm for cognition, 1998, p. 94). In sostanza, secondo il modello di Kintsch, il processo di comprensione avviene in due fasi, la costruzione:questa è la prima fase, in cui i concetti presenti nel testo vengono attivati isolatamente; il risultato di ciò è una rappresentazione mentale incoerente e approssimativa perché è creata di volta in volta a partire dalla piccola porzione di testo presente nella memoria di lavoro;l'integrazione è la seconda fase del processo di comprensione, durante la quale ogni proposizione costruita dal testo recupera alcune proposizioni collegate in modo associativo dalla memoria a lungo termine, dando origine alla rete proposizionale elaborata; questa rete contiene molte proposizioni non pertinenti. A questo punto viene utilizzato un processo di diffusione dell'attivazione per scegliere le proposizioni che sono compatibili con il resto del contesto e scartare quelle non pertinenti; in questa fase la rappresentazione mentale del testo diviene coerente e completa. 20


In altri termini, la comprensione deriva dall'interazione tra l'informazione presente nel testo e le conoscenze, ossia l'insieme dei concetti, presenti nella memoria a lungo termine. Il prodotto finale di questo processo viene definito come rappresentazione mentale o memoria episodica che il soggetto ricava dal testo. Questa rappresentazione è una struttura unitaria, ma Kintsch distingue due componenti: 1.

l'elaborazione superficiale, chiamata text based (basata sul testo), che

consiste nell'assimilare il materiale testuale, in sostanza nell'imparare a memoria ciò che si legge; questa modalità di elaborazione è rischiosa perché, essendo a base di memoria a lungo termine, è soggetta all'oblio. 2.

l'elaborazione profonda, detta situation model (modello situazionale),

che consiste nel creare un collegamento con la conoscenza pregressa, quindi si riconosce, tramite le inferenze, che possediamo già una determinata conoscenza. Queste due differenti profondità di elaborazione non si escludono a vicenda, però è possibile che ci siano delle situazioni estreme in cui l'una o l'altra prevale. Il modello basato sul testo prevale quando un soggetto ricorda molto bene il contenuto del testo che ha letto nonostante non abbia realmente compreso il tema trattato; questa situazione si presenta nel caso in cui il lettore si confronta con un tema di cui non ha conoscenze precedenti che lo aiutino a costruire un modello situazionale adeguato. Il modello situazionale, invece, prevale quando un soggetto riesce a fare delle inferenze riguardanti il contenuto del testo, anche se non ricorda il testo stesso; questa situazione si presenta nel caso in cui il lettore conosce talmente bene il tema trattato che, anche se non memorizza il testo che ha letto, riesce a formare un modello situazionale adeguato. Queste situazioni dimostrano che lettori diversi, che di conseguenza hanno conoscenze pregresse, interessi ed esperienze diverse, di fronte allo stesso testo

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costruiscono una mescolanza personale di questi due aspetti diversi della rappresentazione mentale del testo. Possiamo concludere dicendo che il processo di comprensione non può avvenire con l'elaborazione superficiale, la quale consiste nella sola memorizzazione del testo letto, ma avviene con l'elaborazione profonda. Il processo di costruzione permette la creazione di livelli successivi di rappresentazione via via sempre più profondi, il livello superficiale che utilizza informazioni di tipo linguistico, un secondo livello proposizionale che riguarda i concetti espressi nel testo, e il terzo livello che corrisponde alla rappresentazione della situazione narrata nel testo, chiamato modello situazionale. La comprensione avverrebbe, quindi, in quest’ultimo livello di elaborazione, permettendo la costruzione di un’immagine mentale coerente e corrispondente al significato del testo (Kintsch, 1994). Van Dijk e Kintsch(1983) definiscono il modello situazionale come una rappresentazione cognitiva degli avvenimenti, azioni, individui e della situazione generale evocata dal testo. Il processo di integrazione utilizza le conoscenze generali del lettore, gli schemi relativi all’organizzazione del mondo e del testo selezionando le informazioni irrilevanti. Nel processo di comprensione del testo è necessario un comportamento strategico da parte del lettore, affinché possa capire le informazioni importanti per i suoi scopi e organizzarle in una rete di significati (Zanetti, Maina, 2004) Un altro modello interattivo di comprensione del testo è quello di De Beni e Pazzaglia (1995) che sottolineano l’importanza dei processi che il lettore mette in atto in base alle sue conoscenze pregresse. Esso tiene conto dei processi dal basso, che avvengono durante la lettura e di quelli dall’alto, considerando l’informazione non solamente dal testo al lettore ma anche il contrario e prevede l’utilizzo di informazioni sintattiche, semantiche, sensoriali in modo simultaneo. Questo processo dipenderà da diversi motivi, quali il contenuto del 22


testo (familiare o estraneo al lettore), le capacità del lettore (se ad esempio il lettore ha una difficoltà a livello di decodifica oppure quest’ultima è automatizzata). Il modello prototipico della lettura come processo interattivo è quello proposto da Rumelhart (1975) che sostiene che la lettura è un’attività simultanea di assemblaggio di conoscenze organizzate in diversi livelli (Zanetti, 2004). Il processo di lettura inizia con il riconoscimento del grafema, l’input che attiva le conoscenze ortografiche, lessicali, sintattiche e semantiche. Tali conoscenze convergono nel “sintetizzatore di configurazioni” che consente l’interpretazione più probabile dell’input. Poiché si tratta di un modello interattivo ogni tipo di conoscenza utilizza le informazioni delle altre anche quando deve supplire ad un deficit delle altre. Esso è attivo fin dalle prime fasi di apprendimento della lettura.

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1.4 Abilità di lettura e teorie sull’abilità di comprensione Una grossa parte della ricerca dedicata allo studio della lettura si pone come obiettivo quello di individuare quali abilità di base possono essere indicate come predittori, cioè abilità che favoriscono l’apprendimento e la comprensione della lingua scritta. Le persone non comprendono allo stesso modo un testo o un discorso ma alcune caratteristiche cognitive e testuali possono influenzare la loro comprensione. Cosa può rendere difficile o facile la comprensione di un testo? Essa può dipendere da diversi fattori quali: le caratteristiche delle parole , la loro familiarità, la complessità della struttura sintattica e semantica, delle frasi, come ad esempio la coerenza e l’uso del passivo, inoltre le conoscenze richieste dal testo o la competenza di chi legge, la condivisione o meno di una base comune di conoscenze che derivano dal fatto di appartenere ad una stessa comunità culturale, dall’abitare in stesso luogo, ecc. Per abilità di lettura si intende la capacità di capire testi scritti in maniera diversa dalla loro formulazione originaria, intenzioni e strutture formali e riordinare in una correlazione più ampia. Un importante domanda nelle ricerche sulla lettura riguarda ciò che differenzia i buoni o cattivi lettori o meno abili e abili (McNamara & O’Reilly, 2009). Perché alcune persone capiscono facilmente un testo e altre si sforzano a capire un informazione testuale di base? Esistono dei meccanismi o delle caratteristiche che differenziano questi due tipi di lettori? Uno studio della National Assessment Of Educational Progress (NAEP) degli USA, mostra che molti studenti si sforzano di capire anche un testo facile e il loro rendimento a scuola risulta scarso. Inizialmente le ricerche si sono interessate alle fasi della lettura, ossia come il lettore acquisisce le abilità di decodifica lessicale e sintattica, ma successivamente hanno stabilito che il processo di decodifica delle parole non è un processo bottom-up, dalle lettere alle parole. 24


La decodifica di una parola comporta una serie di fonti di informazione in parallelo, informazione dalla parola, la frase e la consapevolezza del lettore (Reicher,1969; Carr, 1986). Questo processo però implica a sua volta processi di comprensione di frasi e di testi. La comprensione di un testo si riferisce alla costruzione di un significato di parole e frasi in un testo scritto, è l’interazione tra testo, con le sue parole e frasi e il lettore, cosa lui conosce. Infatti tra le caratteristiche più importanti che influenzano la comprensione vi è la conoscenza pregressa posseduta dal lettore (Bransford & Johnson, 1972; Winston, 1984; Kintsch, 1974, 1977, 1988;Kamalski, J., Sanders, T., & Lenz, L. (2008). L'uso di questa conoscenza al di là delle parole del testo è spesso indicato come fare inferenze. Fare queste inferenze elaborative è difficile se non impossibile, se il lettore non è in grado di decodificare o non conosce le parole del testo. Come tali processi, la decodifica e la comprensione sono strettamente intrecciati ma sono separabili. Ad esempio un lettore definito hyperlexic può essere in grado di decodificare, ma non di comprendere, e un lettore dislessico può comprendere, ma non decodificare. Infatti, i “poveri conoscitori” che non hanno deficit a livello di decodifica della parola o della scomposizione sintattica non sono rari (Caino, 1996; Hoover e Gough, 1990; Stothard e Hulm, 1996; Cornoldi, De Beni, e Pazzaglia, 1996). Questi lettori leggono in modo scorrevole e con apparente facilità, eppure hanno uno scarso rendimento quando rispondono alle domande, in particolare quelle che valutano il livello di comprensione profonda del testo. Una grande quantità di ricerche ha indicato che i lettori meno abili fanno meno inferenze che vanno al di là del significato esplicito del testo durante la lettura, mentre i lettori abili hanno maggiori probabilità di generare inferenze per riparare le lacune concettuali tra le preposizioni, frasi e paragrafi, mentre i lettori meno esperti tendono ad ignorare le lacune o non riescono (Garnham, Oakhill, e Johnson- Laird, 1982; Long, Oppy, e Seely, 1994; Magliano e Millis, 2003; Magliano, Wiemer-Hastings, Millis,

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Muñoz, e McNamara, 2002; Oakhill, 1984; Oakhill e Yuill, 1996; Oakhill, Yuill, e Donaldson , 1990; Yuill, Oakhill, e Parkin, 1989). Quale meccanismo permette agli abili lettori di avere una comprensione di successo? Queste abilità si dividono in processi di alto e basso livello: i processi di alto livello sono: la velocità di lettura (speed reading), la memoria di lavoro.(working memory), abilità metacognitive (la metacomprensione), abilità specificatamente cognitive come la competenza lessicale e le strategie di lettura tra cui lo skimming, lo scanning, la lettura attenta e critica, la sensibilità al testo, bridging inferences ed elaborative inferences e logic, la soppressione e inibizione, conoscenza pregressa, strategie di lettura, motivazione, coerenza e coesione. Per quanto riguarda queste ultime caratteristiche rimando la definizione ai capitoli successivi.. Brevemente spiegherò le abilità che ho precedentemente elencato: la working memory non è proprio un’abilità ma essa è necessaria affinché le abilità appena elencate siano possibili. Infatti se il valore dello span è, ad esempio, basso tutte le altre abilità possono essere compromesse dalla scarsa capacità di memoria di lavoro (Just & Carpenter, 1992). Questo termine fu utilizzato dagli psicologi inglesi Baddeley e Hitch nel 1974 indicando quel sistema che contiene ed elabora le informazioni solo temporaneamente e che partecipa ad altri compiti cognitivi essenziali come il ragionamento, la comprensione, l’apprendimento e la consapevolezza (Aglioti, Fabbro, 2008, pag 57). Numerose ricerche mostrano che i migliori lettori hanno prestazione migliori in compiti come il compito doppio, tra cui un compito "trattamento" e un compito "stoccaggio". Il compito di stoccaggio è di solito un compito di memoria a breve termine in cui viene presentato al partecipante che richiama immediatamente un elenco di parole. Gli studi correlazionali relativi a misure di capacità WM e delle misure di abilità verbale (ad esempio, Nelson Denny Reading Test, nella prova di comprensione, i 26


punteggi SAT, risoluzione pronome, la capacità di rispondere a quesiti concreti) hanno indicato che i lettori esperti ricordano più parole in compiti di working memory di quanto non facciano i lettori meno esperti. Inoltre i lettori più abili che hanno un’alta capacità di memoria di lavoro fanno più inferenze rispetto ai meno abili. Daneman and Carpenter, 1980; Oakhill, Yuill, and Parkin 1986; Yuill and Oakhill, 1991). Yuill e Oakhill (1991) hanno dimostrato che gli abili lettori hanno più successo e riscontrano discordanze in un testo quando sono più distanti nel testo, il che implica che i lettori meno esperti non hanno una sufficiente capacità di mantenere contemporaneamente in memoria (o recuperare) le due parti del testo (Oakhill et al., 1986). Nel 1995 Ericsson e Kintsch hanno sostenuto che le alte prestazioni, come la capacità di lettura o prestazioni superiori in un compito span di lettura, è dovuta a un più efficiente accesso alle informazioni nella MLT attraverso l'uso di memoria a lungo termine di lavoro (LTWM). Kintsch ed Ericcson (1995) ipotizzano che gli esperti sappiano usare parte della memoria a lungo termine come memoria di lavoro a lungo termine. Sulla base dalle conoscenze e dell'esperienza personale i soggetti possono sviluppare delle strategie di codifica efficienti, rapide ed automatizzate, grazie alle quali possono utilizzare strutture di recupero tali da rendere disponibile l'uso della memoria di lavoro a lungo termine. Questo tipo di memoria aumenta la velocità e l'accuratezza dei processi cognitivi; riferendoci alla comprensione dei testi, l'esperienza nel campo della comprensione del parlato e dello scritto rende automatiche ed efficienti le strategie di codifica che utilizziamo per la comprensione dei testi. Nel caso in cui un lettore sia impreparato in un determinato campo la memoria di lavoro a lungo termine verrà a mancare, ad esempio, mentre le storie toccano dei temi familiari a tutti, un testo scientifico richiede un tipo di conoscenza che non tutti possiedono.

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Per quanto riguarda il modello di Kintsch e van Dijk e i suoi sucessivi approfondimenti spiegano la formazione della macrostruttura testuale nella memoria di lavoro del lettore e il suo successivo trasferimento nella memoria episodica a lungo termine del testo, con la creazione della rappresentazione mentale del testo letto. L'ultimo modello di Kintsch, quello della CostrizioneIntegrazione (1998), precisa che il prodotto della comprensione, ovvero la rappresentazione mentale del testo, è conservata nella memoria di lavoro a lungo termine; le proposizioni del testo si collegano a varie strutture nella memoria a lungo termine, come gli schemi e le associazioni semantiche tra concetti, formando nella memoria di lavoro a lungo termine una rappresentazione gerarchica del testo, che Kintsch chiama memoria episodica del testo o struttura di recupero del testo. Nel modello della CostruzioneIntegrazione infatti, considera la rappresentazione mentale del testo equivalente all'organizzazione degli elementi all0interno della memoria di lavoro a lungo termine; i processi di memorizzazione e comprensione del testo sono mediati dalla struttura di recupero, che Kintsch suddivide in due componenti: una superficiale (modello basato sul testo) e una profonda (modello situazionale). La comprensione di un tasto si valuta stimando il peso di queste due componenti e qual'è il loro rapporto reciproco. Alcuni esperimenti evidenziano le differenze tra memoria di lavoro a breve e a lungo termine. La predizione più importante riguarda gli effetti dell'interruzione della lettura sul processo di comprensione; si è riscontrato che, interrompendo la lettura di un testo ad ogni frase con diverse attività e diversi intervalli temporali, non ci sono effetti sul processo di comprensione. La classica teoria della memoria di lavoro non può interpretare questi risultati, in quanto secondo questa teoria per comprendere una frase durante la lettura è necessario eliminare dalla memoria a breve termine la frase precedente. La teoria della memoria a lungo termine può spiegare questo risultato dicendo che la memoria

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di lavoro a lungo termine consente al lettore di accedere alla traccia del testo letto in precedenza attraverso un'operazione di recupero. Altri esperimenti come quelli di Chase ed Ericsson (1982) hanno dimostrato che uno studente di college con un digit span normale con 7 ± 2 cifre aveva aumentato il suo span a 80 cifre, utilizzando un gioco mnemonico legato al suo passatempo preferito. Il gran numero di cifre era ricordato con spunti che erano gerarchicamente correlate a tempi di esecuzione, le gare, le date delle gare, e così via. La lista (non tutti e 80 cifre!) è stata mantenuta nella memoria di lavoro, che ha contribuito allo studente di recuperare i numeri nella Long-Term Working Memory. Altri ricercatori hanno proposto allo stesso modo che i limiti nella WM non sono causati da limiti nella sua quantità di attivazione, ma da quanto efficientemente viene utilizzata la capacità o l'attivazione (Kurland, e Goldberg, 1982; Cowan, 1988; Daneman e Carpenter , 1980; Engle e Marshall, 1983; Shiffrin e Schneider, 1977). La

metacomprensione

riguarda

le

conoscenze

sulla

lettura,

ossia

l’individuazione e la ricerca del significato del testo. e la consapevolezza dello scopo della lettura, cioè l’essere consapevoli è fondamentale affinché la lettura risulti significativa e ci sia anche un processo di comprensione. La metacognizione che riguarda la consapevolezza che il lettore possiede circa le proprie conoscenze sulla lettura e come intervenire su di esse con delle strategie adeguate. Quindi il lettore, per poter raggiungere la comprensione deve innanzitutto saper controllare il proprio processo di comprensione e sospendere l'attività di lettura nel caso in cui non ci sia comprensione; in secondo luogo deve attivare strategie più adeguate per poter tornare a capire; infine deve saper utilizzare le potenzialità offerte dal testo per poter favorire la comprensione. Della metacomprensione fa parte anche il controllo durante la lettura o monitoring comprehension, la capacità di modificare le strategie di lettura se 29


risultano inefficaci. Un ruolo importante è determinato anche da caratteristiche individuali come la stima che il lettore ha di sé, infatti i lettori migliori sono quelli che hanno una stima realistica delle proprie capacità quando affrontano un testo scritto. Tra le abilità specificatamente cognitive vi è la competenza lessicale, come la conoscenza di parole, non-parole e anche l’indovinare il significato delle parole da indizi testuali o contestuali (guessing). Esistono diversi modi per leggere: la lettura analitica, la lettura selettiva, la rilettura e la parafrasi. Il lettore, ad esempio, può utilizzare diverse strategie, come una certa velocità in alcuni contesti, deve saper utilizzare quelle appropriate e adeguate allo scopo che intende raggiungere. Un’altra strategia utilizzata dal lettore può essere lo skimming che consente di comprendere il contenuto generale di un testo: prevedere il contenuto del testo sulla base degli elementi contestuali e paratestuali. Leggere in un tempo limitato. Per alcune persone , questo diventa naturale e di solito non può essere acquisito dalla pratica ed è di solito visto più negli adulti che nei bambini. Essa è condotta ad una velocità superiore (700 parole o più al minuto) a quella normale di lettura (intorno a 200-230 parole al minuto) per la comprensione e si traduce in tassi più bassi di comprensione, soprattutto quando il materiale di lettura è ricco di informazioni. Anche lo scanning è una strategia cognitiva per comprendere particolari e specifiche informazioni presenti nel testo grazie alla comprensione profonda del lessico. Inoltre la lettura attenta è una strategia che serve a comprendere l’informazione oggettiva del testo, saper distinguere le informazioni rilevanti da quelle non rilevanti, comprendere lì organizzazione delle diverse parti del testo . La lettura critica è la strategia che permette di comprendere le informazioni implicite, prendere posizione ed esprimere e sostenere le proprie opinioni , comprendere le valutazioni soggettive.

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La “sensibilità al testo” è l’abilità di conoscere in modo generale le caratteristiche del testo e riguarda, ad esempio, la capacità di valutare le difficoltà di un brano negli aspetti grammaticali, sintattici e semantici, la capacità di distinguere le idee più importanti da quelle meno importanti, la capacità di individuare la struttura e cogliere il genere letterario. Altre abilità di lettura fondamentali nella comprensione di un testo sono le bridging inferences o capacità di trarre inferenze di collegamento che uniscono idee separate nel testo ed elaborative inferences o capacità di trarre inferenze di elaborazione che uniscono idee nel testo con la conoscenza pregressa del lettore e infine la capacità di sistemare in un quadro logico i contenuti letti. Per quanto riguarda le caratteristiche del lettore che influenzano la comprensione, come abbiamo detto all’inizio del paragrafo, è rappresentata dalle conoscenze precedenti, non solo lessicali, ma anche sull'argomento trattato nel brano; coloro che conoscono il contenuto del brano che stanno leggendo saranno avvantaggiati rispetto a chi non possiede queste conoscenze. Un esempio tratto dalle ricerche di psicologia cognitiva può chiarire meglio il ruolo delle conoscenze precedenti nella comprensione del testo: Il procedimento è di fatto semplicissimo. In primo luogo le cose vengono collocate in diversi gruppi . Naturalmente ogni pila dipende da quanto c'è da fare. Se occorre andare altrove per mancanza di mezzi, si passa alla prossima fase, altrimenti la situazione in cui si è va benissimo. L'importante è non esagerare. E' meglio, in altri termini, far poche cose alla volta che troppe. Nel breve periodo questo può non sembrare importante, ma è facile che sorgano delle complicazioni. E un errore si può pagare altrettanto caro. All'inizio il procedimento può sembrare complicato, ma ben presto, comunque, non sarà che un altro aspetto della vita. E' difficile prevedere una fine delle necessità di questo compito nel futuro immediato, ma non può dirsi. Una volta completato il

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procedimento, il materiale viene ancora diviso in gruppi diversi. Le cose possono allora essere collocate al proprio posto giusto. Alla fine si possono riprendere ancora una volta, e l'intero ciclo dovrà essere ripetuto.

Peraltro, fa tutto parte

della vita. Questo brano è stato inventato appositamente da Bransford e Johnson (1973); non presenta difficoltà a livello sintattico ma è evidente all'interno del testo la mancanza di quegli elementi che permettono al lettore di attivare uno schema di conoscenze adeguate per comprenderlo. Se dovessimo rileggere questo brano sapendo che si tratta del procedimento per lavare i panni in lavatrice il suo contenuto assumerà un significato, in quanto questa informazione attiverà lo schema di conoscenze che ne rendono significativo il contenuto. A questo punto è utile richiamare il concetto di Bartlett (1932) di “schema”. Secondo Bartlett le informazioni riguardanti il mondo, eventi, persone e azioni sono sottoposte ad una rielaborazione, che le organizza appunto negli schemi. Gli schemi organizzano e mettono in relazione fra loro conoscenze che hanno caratteristiche comuni, l'attivazione di uno schema avviene in maniera per lo più inconsapevole. Da queste affermazioni possiamo dedurre che “la comprensione può essere definita come la costruzione o l'attivazione di schemi adeguati; ciò implica che un deficit di comprensione può essere imputato alla mancanza di schemi adeguati, all'impossibilità di attivare gli schemi utili o all'attivazione di uno schema errato” (De Beni e Pazzaglia, 1995). Bartlett è stato il primo psicologo ad affermare in modo convincente che gli schemi svolgono un ruolo fondamentale nel determinare ciò che ricordiamo; sostanzialmente egli ha affermato che la memoria è influenzata non solo dalla storia che viene presentata ma anche dalle precedenti conoscenze rilevanti, ossia dagli schemi (Eysenck, Keane, 2006).

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Altri ricercatori, dopo Bartlett, hanno approfondito il ruolo degli schemi per la comprensione del testo; i loro contributi possono essere sintetizzati dicendo che: • in base alle informazioni contenute negli schemi possiamo fare una distinzioni tra quelle rilevanti e quelle meno importanti; • gli schemi forniscono una struttura ordinata in cui immagazzinare le nuove informazioni; • gli schemi permettono di trarre inferenze dal testo; • gli schemi facilitano la memorizzazione del contenuto del testo, proprio perché le informazioni vengono raccolte all'interno di una struttura ordinata (De Beni 2001). Diversi studiosi si sono interessati a studiare gli schemi, sostenendo che essi influenzano la comprensione del testo (Bransford, Johnson, 1972). Bransford e Johnson attraverso delle ricerche sperimentali cercarono di provare questa tesi somministrando un brano in cui era difficile individuare quali schemi fossero rilevanti , il risultato fù che i soggetti che lessero il brano senza saper quale fosse il titolo lo definirono incomprensibile e furono in grado di ricordare poche parole, mentre le persone a cui fu dato il titolo lo trovarono comprensibile e furono in grado di ricordare più parole. Uno dei primi psicologi che sostenne che gli schemi svolgono un ruolo importante nella comprensione di un testo fù Bartlett (1932). Inoltre, Come sostiene Rumelhart, “uno schema e una struttura di dati per la rappresentazione di concetti generici depositati nella memoria. Uno schema contiene in se la rete di interrelazioni che si pensa esista normalmente fra i costituenti del concetto in questione (1980). Un’altra abilità è la velocità di lettura. La società moderna richiede ai singoli di leggere una crescente quantità di informazioni scritte su base giornaliera, leggere libri, articoli e documenti spesso inducono le persone a rivolgersi verso i 33


corsi disponibili in commercio che pretendono di aumentare radicalmente la velocità di lettura. Un tipico allenamento per la velocità di lettura richiede ai lettori di concentrarsi su un minor numero di sezioni del materiale stampato, ad astenersi da rileggere le parole e dal movimento delle labbra o linguaggio interno, per tentare di percepire significati a colpo d'occhio, e semplicemente per concentrarsi sulla lettura veloce. Mentre c’è un ampio numero di individui che riferiscono che sono in grado di leggere a velocità incredibili, le prove scientifiche non è così convincente. La ricerca empirica a sostegno della velocità di lettura tende ad essere piena di debolezze metodologiche, in genere per quanto riguarda la misura di comprensione durante i test di velocità di lettura. Inoltre viene indicato che la velocità dei lettori di fare inferenze tra le parti del testo utilizza la conoscenza pregressa (Carver 1983). Cioè, la conoscenza permette al lettore di sviluppare una comprensione del testo, pur non avendo letto tutte le parole. Questo processo è più efficace quando i lettori hanno conoscenza del testo, ma praticamente impossibile senza una conoscenza pertinente. Infatti, la maggior parte dei corsi di velocità di lettura è a conoscenza che la velocità di lettura è efficace solo per il materiale familiare. Le ricerche disponibili portano a concludere che la velocità di lettura non permette al lettore di comprendere adeguatamente il materiale di lettura. Una distinzione deve essere fatta tra velocità di lettura, il che presuppone che la comprensione normale è mantenuta, e la scansione e la scrematura, che accettano una considerevole diminuzione dei livelli di comprensione. Molti ricercatori sostengono che la velocità di lettura è essenzialmente scrematura. Tuttavia, i sostenitori sulla velocità di lettura restano fermi nel sostenere che la velocità di lettura è efficace. Un’ultima caratteristica del lettore, ma non per importanza, che influisce sulla comprensione è il suo atteggiamento più o meno passivo nei confronti del testo; il testo scritto è sempre a disposizione del lettore, il quale può soffermarsi su alcune parti, rileggerne altre che risultano poco chiare, scorrere velocemente il 34


testo. Quindi il lettore deve essere in grado di variare il ritmo della lettura a seconda degli scopi per cui legge, operare delle inferenze e focalizzare l'attenzione su alcune parti piuttosto che altre in base all'importanza che gli attribuisce.

1.4.1 Processi inferenziali Per quanto riguarda le caratteristiche del lettore nella comprensione della lettura è utile approfondire il ruolo dei processi inferenziali attivati dal soggetto. In generale l'inferenza è “una conclusione tratta da un insieme di fatti o circostanze e forma l'ossatura del ragionamento condizionale” (Penna, Mocci, 2008); normalmente questo ragionamento avviene in maniera consapevole. Le inferenze vengono utilizzate anche nell'interazione linguistica, ma in maniera meno consapevole di quelle del ragionamento logico, tuttavia sono fondamentali per la comprensione del linguaggio. Sull'utilizzo delle inferenze per una coerente rappresentazione mentale del testo vi è un generale accordo, ma nel lungo dibattito degli anni '80 ci si interrogava sul perché si formulassero determinate inferenze, sul loro numero e sulla loro tipologia (Davoudi, 2005). Si è giunti alla conclusione che le inferenze più importanti sono quelle di connessione, che stabiliscono la coerenza tra parti differenti di testo. Altra inferenze importanti sono quelle che danno significato al terso e che aggiungono dei particolari non fondamentali per la comprensione, ossia quelle di elaborazione e quelle tematiche. La caratteristica principale delle inferenze è infatti quella di permettere il perfezionamento della conoscenza già posseduta con la nuova informazione. Dunque la comprensione è il risultato dell'integrazione tra le conoscenze linguistiche e semantiche del lettore e quelle provenienti dal testo, appunto detti processi inferenziali. Le funzioni di tali processi sono svariate: prima di tutto facilitano la creazione di un collegamento 35


tra le diverse parti del brano; in secondo luogo tramite le inferenze il lettore può giungere al significato di parole che non conosce o di parole polisemiche, ossia con più significati, in base al contesto in cui è inserita; un terzo processo inferenziale consente di cogliere informazioni o creare connessioni tra frasi anche quando non sono rese esplicite nel testo. Le connessioni tra frasi normalmente sono rese esplicite dai connettivi, ad esempio nella frase: La giornata era piovosa. Di conseguenza il picnic venne rinviato. il legame tra le due frasi è reso esplicito dal connettivo “di conseguenza”. Se invece scriviamo: La giornata era piovosa. Il picnic venne rinviato la connessione tra le due frasi è implicita in quanto non vi è un connettivo che ne espliciti il legame; in questo caso il lettore dovrebbe attivare le inferenze che gli permettono di creare tra le due frasi una relazione di causa-effetto. La produzione di inferenze non avviene solo al livello delle frasi ma anche in modo molto più ampio nella comprensione del testo, ad esempio per stabilire che due espressioni diverse si riferiscono allo stesso personaggio, e in questo caso si parla di inferenza a livello di referente, oppure per inserire un nuovo concetto in uno schema di conoscenze precedentemente formato, in questo caso parliamo di inferenza a livello di schema. Un ulteriore classificazione è quella che distingue i processi inferenziali in “inferenze prospettiche” e “inferenze retrospettive”. Le inferenze all'indietro (retrospettive) permettono di capire una frase facendo riferimento a ciò che la precede. Ad esempio nella frase: La tempesta infuriò per tutta la notte. Al mattino la spiaggia era allagata fino alle prime case. per comprendere la seconda parte del testo, il lettore deve utilizzare un'inferenza che gli permetta di capire che la spiaggia era allagata a causa della tempesta. Le inferenze in avanti (prospettiche) permettono di completare la 36


formazione del significato della parte di testo appena letta , con informazioni che si ricavano dal testo stesso. Nella frase: Quando incominciò a piovere si accorse di aver lasciato a casa l'ombrello. il lettore può inferire che il protagonista cercherà un riparo, si bagnerà, ecc. Questa tipologia di inferenze, al contrario di quelle retrospettive, non è necessaria al fine della comprensione ed è più rara. Comunque anche le inferenze prospettiche sono importanti nello studio, in quanto per inferire le possibili conseguenze di un enunciato o di un'argomentazione è necessario che questi vengano compresi a fondo. Prevedere la frequenza e la collocazione delle inferenze all'interno di un testo è difficile, in quanto il numero delle inferenze realmente compiute tra quelle possibili dipende dal lettore e dal tipo di compito. Comunque sappiamo che durante una lettura rapida e superficiale il numero delle inferenze attivate è ridotto, mentre se un testo viene analizzato in modo approfondito il numero delle inferenze aumenta notevolmente. Anche individuare il momento esatto in cui viene compiuta l'inferenza è piuttosto complicato, comunque anche in questo caso sappiamo che le inferenze retrospettive vengono attivate immediatamente dopo aver letto la parola o la frase in quanto sono indispensabili per la comprensione; le inferenze prospettiche, al contrario, possono attivarsi anche molto tempo dopo la lettura del testo, dopo che il lettore ha riflettuto sulle possibili implicazioni del contenuto

1.4.2 Processi metacognitivi Fino a non tanto tempo fa si è assegnata molta importanza alla comprensione letterale del testo, ponendo in secondo piano le abilità riguardanti la comprensione non letterale del testo. Le ricerche che sono state effettuate nel campo della psicologia cognitiva hanno portato a capire meglio come i buoni 37


lettori dirigono e controllano continuamente queste strategie di comprensione della lettura (McNamara, O' Reilly, 2006). I lettori più giovani e quelli che incontrano maggiori difficoltà non sempre sono consapevoli del fatto che lo scopo principale della lettura è quello di cogliere il significato di ciò che si legge, ossia di comprendere. Questi lettori credono che il compito di lettura si esaurisca con la traduzione di grafemi, ossia simboli, in fonemi, ossia suoni. Fino a che il lettore non è conscio del fatto che leggere significa comprendere, non si metterà neppure il problema di controllare se capisce o meno. Questo controllo del processo di comprensione ci porta all'approccio metacognitivo (De Beni, 2003), che evidenzia il ruolo della conoscenza rispetto alla lettura in generale e l'importanza di una costante attività di controllo dei processi di comprensione. La metacognizione, che significa “riflessione sui processi mentali”, indica la conoscenza e il controllo che è in grado di esercitare il soggetto sui propri processi cognitivi; di conseguenza la metacognizione sottolinea il ruolo centrale e attivo del lettore (Zanetti, Miazza, 2004). Il settore della metacognizione che riguarda la comprensione linguistica, e in particolare quella del testo scritto, è la “metacomprensione”. Due modelli classici sullo studio della metacognizione sono quello di Flavell (1981), che è applicabile a qualsiasi tipo di attività cognitiva, e quello proposto da Jacobs e Paris (1987), focalizzato solamente sulla metacomprensione. Secondo il modello proposto da Flavell la metacognizione è composta da conoscenze, esperienze e strategie. Le conoscenze si suddividono in: conoscenze dichiarative; ossia conoscenze “di qualche cosa”, e conoscenze procedurali, cioè conoscenze su “come fare qualcosa”. Le esperienze sono determinate dall'insieme di diverse situazioni in cui si deve affrontare un compito; infine, le strategie, fanno riferimento alla capacità di scegliere la strategia più adatta ad affrontare un determinato compito. Secondo il modello di Jacobs e Paris all'interno della metacognizione si distinguono due macrocategorie: l'autovalutazione della conoscenza, che consiste nella capacità di un soggetto di giudicare se le conoscenze che possiede 38


sono adeguate o meno al compito che deve affrontare, e l'autogestione del pensiero, in base alla quale il soggetto analizza le proprie conoscenze e sceglie le strategie piĂš adeguate per affrontare il compito. Vorrei citare brevemente un altro modello di metacomprensione, quello proposto da Anne Brown. Questo modello focalizza l'attenzione sul tipo di testo, il tipo di compito, le strategie applicabili alla lettura e le caratteristiche individuali. Il tipo di testo si riferisce alle diverse tipologie testuali, le quali influiscono sulla comprensione; il compito si riferisce al motivo per cui si legge, di conseguenza si riferisce alla capacitĂ di adattare il tipo di lettura allo scopo; le strategie sono le conoscenze sulle diverse modalitĂ di lettura che permettono di migliorare la comprensione; le caratteristiche individuali si riferiscono sostanzialmente all'essere buoni o cattivi lettori, e quindi riguardano la consapevolezza della propria motivazione, delle proprie capacitĂ ecc. In sostanza questi autori sostengono che il lettore maturo deve essere in possesso di una seria di conoscenze metacognitive che riguardano gli scopi della lettura, le strategie da mettere in atto per raggiungere una buona comprensione del testo e le caratteristiche del testo

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2.- La rilettura come tecnica cognitiva e metacognitiva

Nell’apprendimento come in tutte le attività sociali la lettura dei testi è un procrsso importantissimo. Una affermazione frequente è quella che quando leggiamo un testo, usiamo la tecnica di ripetere la lettura per capirlo meglio (Stine Morrow, Gagne, Morrow & DeWall, 2004) e generalente si pensa anche che rileggere potenzi anche il ricordo per l’informazione che si trova nel testo (Mayer, 1983; Haenngy & Perfetti, 1995; Millis & King, 2001, Rawson & Kintsch, 2005). Tuttavia la rilettura massiva, cioè quella effettata ripetutamente, senza utilizzare altre tecniche, come quella di riassumere o prendere appunti, almeno due letture consecutive, sembra apparentemente essere la tecnica di accoglimento dei dati testuali. Tuttavia da tempo viene messa in forse questa tecnica basilare di elaborazione testuale: da più parti viene messo in dubbio che la seconda lettura effettivamente produca un guadagno particolare rispetto alla prima lettura e potenzi in modo decisivo la memoria e la comprensione testuale. È chiaro che questo problema ha un forte impatto nell’ambito delle scienze dell’apprendimento e dell’educazione, ma esso è anche importante per le implicazioni che ha nella vita di tutti i giorni. Tuttavia rimanendo nel campo dell’educazione, l’opinione prevalente di generazioni di studenti è quella che il più comune ed usato metodo di studio è appunto quello di rileggere più volte per imparare meglio il testo, il brano il capitolo di un libro o giornal qualsiasi testo scritto in modo convenzionale (Carrier, 2003; Goetz & Palmer, 1991). Una ricerca negli Stati Uniti del 2007 ha stabilito che l’84% degli studenti intervistati usa la lettura ripetuta come metodo prevalente di studio, mentre il 40


55% la usa come strategia unica (Karpikte &Butler, 2008). Ma anche i ricercatori di psicologia cognitiva e psicolinguistica indicano tale metodo come quello ottimale per potenziare la comprensione (Amlund & al. 1986, Howe & Singer, 1975; Kryug & al. 1990). Secondo il modello di comprensione del testo di Kintsch (1988, 19998), ormai accettato universalmente, che abbiamo discusso nella prima parte di questo lavoro, la comprensione ottimale è dunque la creazione di una rappresentazione mentale profonda ottenuta integrando il materiale testuale con a propria conoscenza pregressa, il cosiddetto modello situazionale. Ora la questione centrale da risolvere è se la rilettura supporta e favorisce tale ricca rappresentazione situazionale, migliore di una rappresentazione costruita col solo ausilio di una singola lettura del testo, per quanto attenta e motivata. Allo stato la comunità scientifica è divisa nel rispondere a questo quesito: in sostanza una lettura basta, oppure occorre rileggere più volte, ma almeno due, per formarsi una ricca rappresentazione della conoscenza profonda? Una prima posizione è quella che la seconda lettura possa contribuire a creare una più ricca e più facilmente ricordabile comprensione testuale. Un’altra posizione, contrapposta invece sostiene che la seconda lettura non cambi significativamente la comprensione. Noi ora illustreremo in dettagli le due posizioni e successivamente delineeremo il nostro obiettivo di ricerca.

41


2.1- Il punto di vista affermativo sul rereading benefit Tale posizione argomenta le sue ragioni in questo modo: la prima lettura del testo è utilizzata per elaborarne la struttura di superficie e le relazioni proposizionali del testo base. Solo la seconda lettura può dedicarsi alla costruzione della rappresentazione situazionale, cioè profonda.(Millis et al, 1998; Stine Morrow et. Al, 2004).Secondo questi autori il lettore ha poche risorse attentive e cognitive da dedicare alla lettura. I differenti processi di base, attentivi, percettivi, di elaborazione sintattica e semantica locale, il parsing, il riconoscimento di parole , sillabe ed unità minori assorbono energie cognitive ed elaborative in relazione alla costruzione della comprensione superficiale. In pratica gran parte delle energie vanno spese nella elaborazione dei processi linguistici di basso livello che si effettuano nella prima lettura. Perciò nella seconda lettura tutte queste attività sono espletate e non occorre più spendere energie cognitive al riguardo. E pertanto il lettore utilizza l’energia localmente ricostituita per risolvere con la seconda lettura il compito di costruire il modello situazionale .(Millis et al, 1998; Rawson et al. , 2000; Stine Morrow et. Al, 2004). Peraltro un processo cognitivo collegato all’articolazione della lettura, suggerisce

che

nella

seconda

lettura

si

possono

svolgere

processi

complementari che nella prima erano bloccati per l’esaurimento di risorse. È questa la “Deactivation Hypotesis (Krug et al. 1998). Essa stabilisce che l’elaborazione testuale piena si può solo tenere quando la memoria di lavoro è libera e non impegnata in processi lessicali. Tutte queste considerazioni portano questi autori a sostenere che il rereading potenzia la comprensione profonda e l’apprendimento conseguente. In tale caso si parla di effetto Shift del rereading dalla prima alla seconda lettura: in sostanza la prima crea il testo base e la seconda crea il modello situazionale.

42


Qualche critica piuttosto viene mossa al tipo di prove sperimentali che devono accertare se il lettore ha una comprensione di tipo testuale o di tipo profonda. Infatti Millis (1998) in particolare denuncia che le prove classiche di comprensione non sono adatte (test a scelta multipla, vero-falso ecc.) perchĂŠ non sono particolarmente sensibili a rilevare il modello situazionale.

43


2.2- Il punto di vista negativo sul rereading benefit La seconda possibilità menzionata in precedenza è che durante l’immediata rilettura si verifichino pochi e ininfluenti cambiamenti sulla comprensione e la rappresentazione provvisoria fatta con la prima lettura cambi di poco proseguendo a leggere. Naturalmente ciò è fortemente dipendente dal fattore età del lettore e dal tipo di testo. Per esempio Dunlowski e Rawson (2005) hanno sottoposto a test di comprensione diversi studenti laureandi statunitensi ed è risultato che l’effetto shift non si sia manifestato. Una delle ipotesi a sostegni del mancato shift è quella che il lettore sulla base della prima lettura si costruisce una rappresentazione approssimativa, ma rigida e poco suscettibile di cambiamenti nel breve, se non dopo ripetute espetrinze cognitive. Fritz & Morris (2000) fecero leggere un testo tre volte a cadenza di una settimana ( una lettura a settimana) e trovarono nel test finale che le rappresentazioni cambiavano in modo impercettibile. A conferma di ciò Mannes (1994, 2002) ha proposto che quando un testo è letto più volte la rappresentazione iniziale tende ad irrigidirsi. Non solo, ma WIley, Griffin & Thiede hanno trovato che la ripetizione massiva invece di tradursi in una rappresentazione più ricca si risolve soltanto nell’accelerazione della lettura, la cosiddetta fluencye che erroneamente gli studenti scambiano questa fluenza maggiore per effettiva comprensione. Ciò determina una stima grossolana della comprensione stessa e il lettore nel mentre che procede a leggere, valutando in modo eccessivamente ottimista la propria comprensione, non mette in campo le risorse cognitive a sostegno, come fermarsi,riflettere, riassumere, consultare altri testi (Mocci et al. 2010, 2011). La posizione è riassunta nell’acronimo MAD (material appropriate difficulty) Einstein et al. 1990; McDaniel & Einstein, 2005). Il lettore confida solo su fonti 44


interne e informazione interna al testo, senza accedere e fare riferimento a fonti alternative esogene, cioè conoscenza pregressa, indizi contestuali, fonti esterne e materiale esterno di conoscenza. Il lettre si poggerebbe solo sul materiale testuale. Infine la seconda lettura favorirebbe un approccio minimalista, creato dalla stessa facilità nella seconda lettura di elaborazione delle parti già elaborate, i processi di basso livello, equivocando e sottostimando il lavoro ancora da riprodurre di alto livello stesso (Flechter & Bloom, 1988).

45


La ricerca Introduzione Dunque il rereading benefit è sostanzialmente un effetto controverso. Una sola lettura non sembra sufficiente per risolvere i process cognitivi di alto livello legati alla lettura, ma due letture non sarebbero meglio. Con tre letture i processi collassano. Allora ci si chiede: come mai, comunque la lettura produce in qualche modo comprensione? C’è qualche modalità di efficientare la lettura stessa? Sulla base delle ricerche emerse sul fenomeno e con l’intento di contribuire all’avanzamento delle conoscenze in materia di rereading benefit abbiamo progettato un esperimento da cui ci aspettiamo indicazioni operative sul tipo di beneficio e sulle modalità ottimali di lettura per potenziare tale beneficio. Come già visto infatti il problema non è tanto quello di stabilire se rileggere un testo più volte sia in qualche modo utile. Abbiamo già visto come la reiterazione degli stimoli sia una modalità ed una tecnica di potenziamento nel trattenimento e nella memoria del dato. A noi interessa capire se la rilettura massiva del testo porti benefici effettivi e se questa tecnica possa anche essere affiancata da tecniche di lettura complementari al fine di migliorare la comprensione testuale. Abbiamo anche visto che il rereading può essere parte di una strategia diretta di potenziamento della comprensione testuale, ma abbiamo anche visto che può essere una skill meta cognitiva, cioè essere utilizzata nella continua attività di meta comprensione sottostante alla lettura. In particolare si rilegge quando nel corso della lettura continua stimiamo che non stiamo comprendendo a sufficienza e ci sembra utile sospendere l’immissione dei dati per mettere in campo strategie a sostegno della bassa comprensione (Mocci et. Al. 2010, 2011). 46


Dunque il rereading porta vantaggi cognitivi e metacognitivi. Il vero problema del rereading è che esso spesso viene utilizzato come unica risorsa meta cognitiva e come fattore di approfondimento della elaborazione. Viene, cioè, utilizzato come tecnica di base per l’acquisizione del dato testuale e spesso rimane come unica tecnica. Di norma i lettori sanno bene che una sola lettura non basta e che bisogna leggere più volte il testo. Ma questa rilettura viene fatta in modo ossessivo e ripetitivo e provoca spesso semplicemente un aumento della fluenza della lettura. La nostra ricerca dunque tenta di capire innanzitutto se strategie massive di rilettura possono essere accostate a strategie cognitive e metacognitive che possano in qualche modo potenziare la comprensione, a parità ovviamente di sforzo cognitivo. Un altro obiettivo della nostra ricerca è capire meglio se la tecnica della rilettura debba comunque essere esercitata con particolari accorgimenti per evitare che i benefici della rielaborazione possano condensarsi solo nell’aumento della velocità e della fluenza di lettura che non producono un vero e proprio beneficio in termini di comprensione. D’altra parte il fenomeno della rilettura e dei suoi benefici è fortemente dipendente dal modello teorico sottostante ai processi di lettura che si sceglie per spiegare il fenomeno. Ci sono modelli monofattoriali che spiegano la lettura solo in termini di memoria testuale, mentre ci sono altri modelli che spiegano la comprensione in maniera multidimensionale, come il modello di Kintsch (1988, 1998) e di suoi derivati. Per alcuni modelli la rilettura conviene sempre, per altri modelli la rilettura spiega e potenzia solo alcuni tipi di comprensione, come la comprensione testuale, ma non potenzia la comprensione profonda, o meglio il suo beneficio è controverso, ovvero è presente a patto che la rilettura sia 47


effettuata con determinate caratteristiche di distanziamento, di inclusione di altre strategie di lettura e di modulazione della profondità di elaborazione. Ecco perché una delle questioni che abbiamo messo sotto controllo è un prodotto derivato della sperimentazione, cioè approfondire la relazione fra rilettura e tempi di lettura in funzione della comprensione finale. Poiché sulla base del modello di Kintsch ci sono ricerche (Mocci et Al., 2009) mettono in dubbio il fatto che la rilettura potenzi tutti gli assi della comprensione, ma che invece potenzi solo la comprensione testuale, è opportuno che si approfondisca questa particolarità, in modo da ottimizzare la rlettura in relazione al tipo di testo ed al risultato che il lettore si propone (lettura intensa, svago, ripasso, lettura per apprendimento). È evidente che i tempi di lettura sono fortemente correlati al tipo di testo e alle caratteristiche cognitive del lettore, come la sua conoscenza del dominio cognitivo testuale, o dell’argomento, le sue reading skills, le sue strategie complessive sia cognitive che metacognitive. La ricerca al riguardo cercherà di evidenziare se ci sono patterns usuali nella lettura, stili di velocità di lettura, e se questi in qualche modo possono influenzare la comprensione finale.

48


Ipotesi Al fine di analizzare le dinamiche della rilettura precedentemente illustrate abbiamo progettato un esperimento che mettesse in luce le eventuali differenze nel rendimento di tipologie diverse di rilettura e di diverse modalità e gradi nel numero e nella tecnica di rilettura stessa. 1- La prima ipotesi che formuliamo è che il maggior numero di letture del testo potenzi generalmente la comprensione sia superficiale che profonda. Cioè tre letture producono più comprensione testuale di due letture (a), tre letture producono più comprensione profonda (inferenziale) di due (b). 2- La seconda ipotesi è che la sola rilettura è meno efficace della lettura massiva abbinata ad altre tecniche di elaborazione più approfondita, a parità di tempo dedicato per la singola sessione di lettura. Cioè la lettura intervallata da riflessione su concetti, ricerca di nessi causali, attività di sintesi e di ricerca di salienza concettuale, può determinare il vantaggio nella comprensione ottimale. 3- La terza ipotesi è che la rilettura è più efficace quando è intervallata, rispetto che quando è continua. Infatti il beneficio della rilettura dovrebbe presentarsi quando l’acquisizione dei materiali è seguita da una loro sistemazione ed integrazione nel patrimonio di conoscenze e permette quindi una rilettura più attenta e selettiva. La quarta ipotesi è che la maggior rilettura massiva (tre letture) provochi una diminuzione progressiva dei tempi di lettura, mentre la lettura massiva intervallata da riflessione provochi un aumento della lettura nella seconda sessione, a motivo della maggiore attenzione innescata e dell’attivazione concettuale conseguita, in sostanza dall’interesse.

49


Metodo Partecipanti (campione) e disegno sperimentale All’esperimento, realizzato individualmente, ha partecipato un campione di 54 soggetti di età media 23.5 anni, studenti di istituti di secondo grado, universitari, neolaureati di materie umanistiche e scientifiche, di lingua italiana (25 f, 29 m) assegnati casualmente alle condizioni sperimentali. Gli studenti sono stati reclutati nella provincia di Sassari, Olbia-Tempio, Oristano e Cagliari. Le aree disciplinari di provenienza erano: Frequentanti istituti scientifici 8 soggetti Diplomati Istituti di area umanistica: 19 soggetti Diplomati Istituti di area umanistica: 22 soggetti Da Facoltà umanistiche 1 soggetto Da Facoltà scientifiche 3 soggetti.

50


Procedura e condizioni sperimentali: L’esperimento si è svolto presso gli istituti scolastici degli studenti delle superiori e presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Sassari per gli studenti universitari. La sessione di testing ha richiesto mediamente 45’. Dopo le operazioni preliminari al soggetto veniva consegnato il fascicolo stampato del test e procedeva alla sua compilazione secondo le istruzioni dello sperimentatore. Le condizioni sperimentali a cui i soggetti erano assegnati casualmente erano le seguenti: A- Lettura doppia in successione del testo sperimentale, risposte ai vari questionari B- Lettura tripla in successione del testo sperimentale, risposte ai vari questionari C- Lettura, riflessione su 10 concetti presenti nel testo e presentati al soggetto in un foglio separato subitro dopo la prima lettura; nuova lettura. C- Doppia lettura seguita da riflessione su 10 concetti presenti nel testo e presentati al soggetto in un foglio separato subito dopo la seconda lettura

Materiali L’apparato sperimentale consegnato al soggetto, stampato in unica edizione, presentava in sequenza: 1- Il Digit-span test di Wechsler (1945, 1955,1981, 1987), nell’edizione forward e backward.Nella versione ridotta a 4,5,6 prove in avanti e 4,5 prove all’indietro. 2- Un primo questionario di autovalutazione in 6 domande sulla comprensione globale del materiale sia da leggere che appena letto (scale auto-ancoranti da 1

51


a 10), secondo il paradigma della “calibration of performance, COP” di Glenberg & Epstein (1985, 1987). 3-il compito di lettura (testo scientifico sulla Luna, da leggere secondo le condizioni sperimentali, a distanza di 10 secondi l’una dall’altra); 4- il questionario riguardante il testo composto da 20 item, presentati in modo sequenziale in ordine variato rispetto alle tipologie di item per prevenire l’effetto di sequenza.Ogni argomento disponeva del suo set di domande secondo il modello di Kintsch e McNamara rivisto, closer to text-base, e closer to situation model.

5- il questionario sulla Reading e Scientific literacy RSL, sulla conoscenza pregressa del soggetto, adattato dal Questionario per valutare le abilità di lettura e le conoscenze di dominio in lettori di testi espositivi, realizzato da Spiga, Mocci, Sechi, Penna, (2009). Tale questionario, composto da 30 item, 15 sulla reading literacy e 15 sulla scientific literacy valuta la conoscenza scientifica e la conoscenza generale letteraria del lettore, nonché le sue capacità di comprensione del testo (reading skills). L’adattamento a 30 domande ha conseguito un’α di Cronbach pari a 0,820. 6- Un secondo questionario di autovalutazione in 7 domande sulla comprensione globale del materiale appena letto (scale auto-ancoranti da 1 a 10), secondo il paradigma della “calibration of performance, COP” di Glenberg & Epstein (1985, 1987).

Testo e questionari erano presentati su supporto cartaceo, prevalentemente nella seconda parte della mattinata dei giorni feriali. I compiti sperimentali erano sei: 1)-Il digit-span test sulla memoria di lavoro del soggetto. 52


2) le risposte alle prime domande di autovalutazione, 3) la lettura del testo 4) le risposte al questionario sul testo; 8) le risposte al RSL, questionario sulle reading e scientific literacy 7) le risposte al questionario di autovalutazione sulla comprensione, prestazione e sulle difficoltà del testo.

Il testo somministrato erano di natura scientifico-espositiva, con argomento di astrofisica, in particolare concerneva la Luna. Il testo descriveva alcuni fenomeni di astrofisica relativi alla Luna. Era composto nell’edizione coerente da 591 parole e 3489 caratteri, spazi inclusi. L’indice di leggibilità Gulpease per il testo coerente è pari a 54 corrispondente ad un requisito di leggibilità media.

FATTORI INDIPENDENTI A - Genere del soggetto; B – Età del soggetto; C – Scuola frequentata o Titolo di studio superiore conseguito e tipo di studi universitari. Prestazione ad Digit-span test il loro totale.

53


FATTORI Sezione questionari Ad ogni soggetto viene somministrato il test nella successione di prove e di questionari

già

indicata,

assegnandolo

casualmente

ad

una

delle

quattrocondizioni, in relazione alla sequenza e numero di compiti di lettura o riflessione: A – Fattore indipendente Sequenza di rilettura, semplice o intervallata da riflessione C - Fattore MISURATO: sezione di risposte al questionario con domande closer to text sul testo Luna. D - Fattore MISURATO: sezione di risposte al questionario con domande closer to situation sul testo Luna (locali-globali-elaborative). Si controllano i fattori: genere ed età del soggetto. Fattori misurati sullo screening preliminare dei soggetti: G -Risposte al questionario di conoscenza reading literacy H - Risposte al questionario di conoscenza scientific literacy

54


Risultati Analisi generale ipotesi 1: - il maggior numero di letture del testo potenzia generalmente la comprensione sia superficiale che profonda. L’analisi si fonda su un gruppo di Anova a disegno fattoriale (1x4) riguardante il fattore indipendente numero di letture testo (4 livelli). I fattori misurati (variabili dipendenti) sono le percentuali di risposte testuali e inferenziali esatte al test sulle letture.

A) - Analisi comprensione testuale Variabile dipendente: Somma delle Risposte testuali (closer to text) Non risultano differenze statisticamente significative nella comprensione superficiale (closer to text), confrontando le medie globali delle prestazioni sui diversi abbinamenti dei testi letti in merito alla coerenza: F(3,53)= 1.315, p = n.s. con Îą=0.05. Leggere due o tre volte i sequenza, con o senza riflessione non modifica le rese medie di entrambe le risposte ai test di comprensione superficiale sulle letture. Anche ai confronti analitici la non si rilevano effetti significativi. Vedi grafico.

Fattori tra soggetti Etichetta di valore cond_sper

N

2

due letture

21

3

tre letture

13

4

lett-rifless-lett

11

5

lett-let-rifless

9

55


Statistiche descrittive Variabile dipendente:txt Deviazione standard cond_sper

Media

Variabile

N

due letture

5,38

1,658

21

tre letture

5,15

1,772

13

lett-rifless-lett

6,27

1,348

11

lett-let-rifless

6,00

1,414

9

Totale

5,61

1,607

54

Test degli effetti fra soggetti Variabile dipendente:txt Somma dei Sorgente

Media dei

quadrati Tipo III

df

quadrati

F

Sig.

a

3

3,336

1,315

,280

1592,906

1

1592,906

627,986

,000

10,007

3

3,336

1,315

,280

Errore

126,827

50

2,537

Totale

1837,000

54

136,833

53

Modello corretto Intercetta

10,007

cond_sper

Totale corretto

a. R quadrato = ,073 (R quadrato corretto = ,018)

B) - Analisi comprensione profonda Variabile dipendente: Somma delle Risposte inferenziali (closer to situation model) Risulta una differenza statisticamente significativa nella comprensione profonda (closer to situation model), confrontando le medie globali delle prestazioni sui diversi abbinamenti del numero di letture e delle fasi di riflessione dopo o durante la lettura: F(3,53)= 7.473, p = .000. con α=0.05. La produzione di inferenze, cioè la comprensione profonda è influenzata dalla modalità di lettura, rispetto al numero e alle fasi riflessive. 56


Ai confronti analitici le due letture differiscono dalla lettura inframmezzata da riflessione e da quella seguita da riflessione. 2L versus LRL p= .002, 2L versus LLR p= .025. Anche la tripla lettura differisce significativamente: 3L versus LRL p= .00, 3L versus LLR p= .002. Fra di loro le letture con riflessione non differiscono in modo significativo. Vedi grafico

Statistiche descrittive Variabile dipendente:tinf Deviazione standard cond_sper

Media

Variabile

N

due letture

5,1952

2,03482

21

tre letture

4,3385

1,93414

13

lett-rifless-lett

7,4455

1,44524

11

lett-let-rifless

6,8778

1,56507

9

Totale

5,7278

2,14383

54

Test degli effetti fra soggetti Variabile dipendente:tinf Somma dei Sorgente

Media dei

quadrati Tipo III

df

quadrati

F

Sig.

a

3

25,135

7,473

,000

1742,862

1

1742,862

518,144

,000

75,405

3

25,135

7,473

,000

Errore

168,183

50

3,364

Totale

2015,190

54

243,588

53

Modello corretto Intercetta cond_sper

Totale corretto

75,405

a. R quadrato = ,310 (R quadrato corretto = ,268)

57


Confronti a coppie Variabile dipendente:tinf

(I) cond_sper due letture

tre letture

(J) cond_sper

Differenza media (I-J)

Deviazione standard Errore

Sig.a

Limite inferiore

Limite superiore

tre letture

,857

,647

,192

-,443

2,157

lett-rifless-lett

*

-2,250

,683

,002

-3,621

-,879

lett-let-rifless

-1,683*

,731

,025

-3,150

-,215

due letture

-,857

lett-rifless-lett

lett-let-rifless

,647

,192

-2,157

,443

*

,751

,000

-4,616

-1,598

*

-2,539

,795

,002

-4,137

-,942

*

,683

,002

,879

3,621

*

-3,107

lett-let-rifless lett-riflesslett

Intervallo di confidenza per la differenza al 95%a

due letture

2,250

tre letture

3,107

,751

,000

1,598

4,616

lett-let-rifless

,568

due letture

,824

,494

-1,088

2,223

*

,731

,025

,215

3,150

*

1,683

tre letture

2,539

,795

,002

,942

4,137

lett-rifless-lett

-,568

,824

,494

-2,223

1,088

Basato sulle medie marginali stimate a. Correzione per confronti multipli: Differenza meno significativa (equivalente a nessuna correzione).

*. La differenza media è significativa al livello ,05.

Analisi generale ipotesi 2: - è che la sola rilettura è meno efficace della lettura massiva abbinata ad altre tecniche di elaborazione più approfondita, a parità di tempo dedicato per la singola sessione di lettura.. L’analisi si fonda su un gruppo di Anova a disegno fattoriale (1x2) riguardante il fattore indipendente modalità di letture testo (2 livelli). I fattori misurati (variabili dipendenti) sono le percentuali di risposte testuali e inferenziali esatte al test sulle letture.

A) - Analisi comprensione testuale Variabile dipendente: Somma delle Risposte testuali (closer to text) Non risultano differenze statisticamente significative nella comprensione superficiale (closer to text), confrontando le medie globali delle 58


prestazioni sui diversi abbinamenti dei testi letti in merito alla modalità massiva o riflessiva F(3,53)= 3.7595, p = n.s. con α=0.05. La lettura riflessiva non ha un vantaggio decisivo. Comunque il p. value prossimo a lla significatività (.058) indic la tendenza alla superiorità della lettura riflessiva sulla componente testuale.

Fattori tra soggetti Etichetta di valore modalità

N

1

lettura massiva

34

2

lettura riflessiva

20

Statistiche descrittive Variabile dipendente:txt Deviazione standard modalità

Media

Variabile

N

lettura massiva

5,29

1,679

34

lettura riflessiva

6,15

1,348

20

Totale

5,61

1,607

54

Test degli effetti fra soggetti Variabile dipendente:txt Somma dei Sorgente

Media dei

quadrati Tipo III

df

quadrati

F

Sig.

a

1

9,225

3,759

,058

1649,225

1

1649,225

672,051

,000

9,225

1

9,225

3,759

,058

Errore

127,609

52

2,454

Totale

1837,000

54

136,833

53

Modello corretto Intercetta modalità

Totale corretto

9,225

a. R quadrato = ,067 (R quadrato corretto = ,049)

59


B) - Analisi comprensione profonda Variabile dipendente: Somma delle Risposte inferenziali (closer to situation model) Risulta una differenza statisticamente significativa nella comprensione profonda (closer to situation model), confrontando le medie globali delle prestazioni sulle diverse modalità di letture e di riflessione dopo o durante la lettura: F(3,53)= 20.103, p = .000. con α=0.05. La produzione di inferenze, cioè la comprensione profonda è influenzata dalla modalità di lettura, rispetto alla posizione delle fasi riflessive.

Statistiche descrittive Variabile dipendente:tinf Deviazione standard modalità

Media

Variabile

N

lettura massiva

4,8676

2,01204

34

lettura riflessiva

7,1900

1,48816

20

Totale

5,7278

2,14383

54

Test degli effetti fra soggetti Variabile dipendente:tinf Somma dei Sorgente

Media dei

quadrati Tipo III

df

quadrati

F

Sig.

a

1

67,916

20,103

,000

1830,797

1

1830,797

541,926

,000

67,916

1

67,916

20,103

,000

Errore

175,672

52

3,378

Totale

2015,190

54

243,588

53

Modello corretto Intercetta modalità

Totale corretto

67,916

a. R quadrato = ,279 (R quadrato corretto = ,265)

60


Analisi generale ipotesi 3influenza del fattore riflessione nella sequenza delle letture. Il fattore è descritto nelle analisi dell’ipotesi n.1.

61


Analisi generale ipotesi 4: -La quarta ipotesi, è confermato che la maggior rilettura massiva (tre letture) provoca una diminuzione progressiva dei tempi di lettura, mentre la lettura massiva intervallata da riflessione provochi un aumento della lettura nella seconda sessione, a motivo della maggiore attenzione ttenzione innescata e dell’attivazione concettuale conseguita, in sostanza dall’interesseè che la sola rilettura è meno efficace della lettura massiva abbinata. La tabella dei tempi di lettura indica tali tendenze Numero di letture Modalità

1 Lett

2 Lett

LL

243

230

LLL

216

207

LRL

187

214

LLR

236

249

3 Lett

172

Tendenze della velocità di lettura 250 200 150 1 Lett

100

2 Lett 50

3 Lett

0

LL

LLL

LRL

LLR

Modalità di lettura

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Discussione Le varie ipotesi formulate trovano una serie di conferme, ma emergono anche dati nuovi su cui riflettere sia in termini metodologici, come cioè pensare ad esperimenti più selettivi che riescano ad evidenziare le tendenze accennate in questo esperimento, sia in termini teorici per consentire alla ricerca sulla comprensione testuale di capire meglio questo fenomeno, cioè l’effetto del beneficio della rilettura, per delineare strategie di apprendimento e di studio più efficaci per tutte le varietà di soggetti che attraverso il canale testuale ricevono stimolazioni cognitive. Rispetto alla prima ipotesi, cioè se il maggior numero di letture del testo potenzi generalmente la comprensione sia superficiale che profonda, si è visto che la comprensione superficiale, cioè la comprensione del materiale espressamente presente nel testo e nelle stesse forme proposizionali testuali, non è influenzato in maniera significativa dalla modalità di lettura. I soggetti che leggono due o tre volte in modo consecutivo senza ulteriori operazioni sul testo, producono un numero di risposte esatte leggermente minore dei soggetti che leggono due volte aggiungendo un’operazione di riflessione concettuale sull’argomento. I concetti della riflessione appartenevano al materiale testuale, ma erano presentati senza alcuna struttura proposizionale, erano solo nomi. Ciò ha influito moderatamente, aumentando leggermente le medie, ma senza superare la soglia di significatività. La comprensione superficiale è in sostanza la memoria del testo: leggere una volta di più oltre le due, se queste sono letture attente, non modifica di molto la rappresentazione mentale del testo, anche se di superficie. Leggere e riflettere consolida il ricordo, probabilmente dei concetti evocati. Occorrerebbe mettere sotto controllo questa condizione, se cioè il leggero incremento dovuto alla riflessione sia il risultato di un’operazione di priming sui concetti evidenziati al soggetto. 63


Per quanto riguarda la seconda subordinata della prima ipotesi, se cioè se il maggior numero di letture del testo potenzi generalmente la comprensione profonda, si è invece notato con maggiore evidenza che la modalità di lettura influenza significativamente il rendimento del soggetto nel rispondere alle domande che vertono sul modello situazionale del testo, cioè tutte quelle domande che necessitano di trarre inferenze da parti contigue o distanti di testo ovvero di legare parti di testo a conoscenza pregressa del soggetto. Nella modalità base (due letture) il soggetto ha una produzione di risposte esatte di circa il 43% delle domande. Nella modalità a 3 letture scende al 36%. Nelle modalità con riflessione centrale sale al 62% e in quella con riflessione finale si attesta oltre il 57%. Entrambi i valori differiscono significativamente dalle letture massive. Il vantaggio di tale modalità è evidente: l’attivazione concettuale attiva quella porzione di conoscenza posseduta che permette una migliore inferenziazione. Riflettere subito dopo una prima lettura pare ancora più vantaggioso che riflettere dopo molte letture. Si può pensare che la prima lettura fornisca il materiale e la riflessione renda disponibile la conoscenza pregressa. La successiva lettura ottimizza il processo rendendo perspicui quei legami e quei dettagli sfuggiti la prima volta. Tutti i valori di significatività sono mantenuti elaborando i dati tenendo conto del fattore di reading e scientific literacy posseduto dal soggetto. Cioè dalla varianza generale viene esclusa la varianza intersoggettiva costituità dalla capacità di base del soggetto di comprendere i testi (reading literacy,) e di manipolare conoscenza scientifica (scientific literacy). Quindi soggetti che partono con differenti skills e che padroneggiano diversamente i domini di conoscenza evocati, comunque hanno prestazioni diverse in relazione alla modalità di trattamento del testo.

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Rispetto alla seconda, che metteva a confronto le due modalità direttamente, non come fattori singoli, ma come fattori di contrasto, ha fornito egualmente differenza significative tra le modalità. La modalità che prevede la lettura massiva produce meno risposte della modalità abbinata ad altre tecniche di elaborazione più approfondita, a parità di tempo dedicato per la singola sessione di lettura. Il valore di significatività non è raggiunto. Si ferma a p.058. Ciò significa che c’è una tendenza e pertanto occorre potenziare la campionatura per capire meglio se tale dato è da comprendere nell’arco della pura casualità, ovvero se tale tendenza può essere confermata aumentandola potenza e la selettività del test. Invece il vantaggio della tecnica riflessiva è marcato e ben evidente nella comprensione profonda. La riflessione produce un vantaggio decisivo nella comprensione. Riguardo alla terza ipotesi, cioè il vantaggio della lettura intervallata, rispetto alla riflessione finale, non emergono dati significativi. Esiste una lieve tendenza per l’ipotesi intervallata, ma questa è per ora espressa nell’ambito della pura casualità e quindi l’ipotesi va respinta. Infine la quarta ipotesi, quella che indaga la relazione tra tempi di lettura e comprensione, che la maggior rilettura massiva (tre letture) provochi una diminuzione progressiva dei tempi di lettura, mentre la lettura massiva intervallata da riflessione provochi un aumento della lettura nella seconda sessione, è risultata confermata. La lettura massiva, senza altre operazioni di approfondimento, provoca soltanto una maggiore fluenza nella lettura, come si è visto dalle precedenti ricerche presentate. Il testo, anche a motivo del risparmio in sforzo cognitivo già operato nelle letture precedenti, viene letto solo più velocemente e superficialmente. Le operazioni di comprensione di basso livello, più costose cognitivamente sono già state svolte, il risarmio in 65


cognizione, che potrebbe essere destinato all’approfondimento, viene utilizzato per le stesse operazioni di basso livello. Ciò provoca un’accelerazione nella lettura ed una elaborazione minimalista del testo. La conoscenza testuale maggiormente e prontamente disponibile blocca l’elaborazione profonda. Invece chi si ferma a riflettere, successivamente aumenta i tempi di lettura, proprio elaborando maggiormente e risolvendo i problemi testuali in modo più efficiente. In definitiva il vantaggio offerto dalla tecnica della riflessione incrementa la comprensione abbinato ad un numero di letture ottimale che pare configurarsi in due letture.

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Conclusioni Abbiamo dunque visto come abitudini antiche apparentemente consolidate e delle quali si è sempre riconosciuta la validità, non sempre all’esame obiettivo della prova sperimentale reggono e mantengono le loro caratteristiche supposte. Il “repetita iuvant” dei latini non sempre è applicabile ai processi cognitivi, apparentemente semplici,ma in realtà ancora largamente sconosciuti. Il linguaggio è un fenomeno semplice, ma complesso allo stesso tempo. Per capirlo in profondità non serve un atteggiamento riduzionista, ma occorre sperimentare tutte le possibilità che nuove e più moderne concettualizzazioni offrono. La lettura, in particolare, che abbiamo visto essere un processo critico, data la sua faticosità, la sua variabilità e la sua importanza, è appunto uno di quei fenomeni linguistici dove , più che in altri, ciò che conosciamo non spiega il complesso di problemi che vi ruotano attorno. Capire un testo non è semplicemente memorizzarlo. Per capire meglio un testo non occorre rileggerlo ossessivamente. Gli studenti che leggono in modo massivo, perché relativamente meno faticoso, rischiano di perdere tempo, ricordare meno e capire in profondità meno ancora. La lettura ripetuta è senz’altro la modalità principale di approfondimento, ma deve essere unita ad altre modalità che la integrano. Non bisogna leggere molte volte per andare più veloci, bisogna leggere e approfondire, anche rallentando, per capire in modo più efficace e approfondito. La rilettura, come tecnica in sé, è naturalmente fondamentale sia dal punto di vista cognitivo che da quello metacognitivo. Usando la metafora del martello e del chiodo, forse occorre dare un colpo, poi controllare se il chiodo è dritto, poi ripetere il colpo. Dare colpi a ripetizione può far piantare il chiodo sempre più storto. C’è comunque una misura ottimale per la rilettura massiva, cioè

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consecutiva, al di sotto della quale è difficile ottenere risultati apprezzabili nella comprensione. Certo questa tecnica è più utile e meglio si adatta ai testi espositivi e scientifici, quelli per i quali occorre uno sforzo continuo e costante di elaborazione, di incorporazione e trasformazione della conoscenza. Non è certo il caso dei testi letterari, dove altri fattori sono maggiormente utili. La velocità di lettura, ad esempio, pur testimoniando della dimestichezza e padronanza del compito non sempre è vantaggiosa, anche nel testo narrativo. I divoratori di pagine, i pattinatori del testo, non sempre gustano ciò che stanno fagocitando. Anche in questo caso la rilettura moderata e lenta permette di assorbire e gustare tutti quegli elementi, come i dettagli seduttivi, che del testo narrativo sono forse la componente principale. Forse questa ricerca potrà fornire utili indicazioni sia sul piano scientifico che didattico. Nelle tecniche di insegnamento spesso viene sottovalutata, a tutti i livelli, la funzione della metacognizione e della riflessione sui propri processi cognitivi in azione. I lettori accorti, che stimano continuamente la comprensione del testo che affrontano, riflettono sui propri processi e usano in modo più efficiente queste tecniche di rafforzamento della comprensione. Ma anche i cittadini comuni, quelli che leggono testi informativi, manuali operativi, manuali di istruzioni, disposizioni, comandi, possono beneficiare, nel caso di difficoltà di comprensione, del rereading intervallato, che permetterà loro di dominare il testo e piegarlo alle loro esigenze di vita.

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Appendice 1

La Luna Caratteristiche La Luna è il satellite più interno del Sistema Solare, cioè il primo che si incontra procedendo dal Sole verso l’esterno. La Luna non ha atmosfera né acque circolanti. Pressoché sferica, è fatta di materiali rocciosi allo stato solido e conserva intatta la sua forma da miliardi di anni. La sua massa totale è pari a 1/81 di quella della Terra e poco meno di 1/4 della massa di Mercurio, il pianeta più piccolo. La sua densità, cioè il rapporto tra la massa e il suo volume, è di circa 3,3 unità: essa è senz’altro inferiore alla densità media della Terra, che è di 5,5 unità e perciò la gravità sulla superficie lunare è circa 1/6 di quella terrestre. La Luna non possiede una atmosfera gassosa perché la sua debole gravità non ha permesso di trattenere gli eventuali gas atmosferici. Sembra mancare anche l’acqua, evaporata nel tempo per l’intenso riscaldamento superficiale e sfuggita per la bassa gravità. I movimenti della Luna Osservata dalla Terra, la Luna si muove nel cielo come il Sole: sorge a est e tramonta a ovest. La Luna ruota intorno al proprio asse, come la Terra, ma al contrario di questa ci impiega molto più di un giorno. La durata di una rotazione completa della Luna è di circa 27 giorni, 7 ore e 43 minuti. Per questo motivo ci presenta sempre la stessa faccia. Anche La Luna compie una rivoluzione intorno al proprio pianeta, con un moto ellittico e antiorario. La Terra occupa uno dei due fuochi dell’ellisse, ma il piano su cui giace l’orbita lunare non coincide col piano dell’orbita terrestre intorno al Sole (l’eclittica). Se osserviamo questa rivoluzione basandoci sulle stelle fisse, il moto dura 27 giorni, 7 ore e 43 minuti (mese sidereo). Se invece consideriamo l’allineamento Sole-Terra, il moto dura 29 giorni, 12 ore e 44 minuti (mese sinodico o lunazione). Le fasi lunari A seconda della posizione lungo la propria orbita, dalla Terra vediamo la Luna con angolazioni diverse e così la sua superficie appare completamente, parzialmente o per niente illuminata dalla luce solare. Quando si trova “in congiunzione”, ossia dalla stessa parte del Sole rispetto alla Terra, l’emisfero che essa rivolge verso di noi non viene colpito dai raggi solari quindi risulta oscuro: è questa la fase di “novilunio”. Quando si trova “in opposizione”, cioè dalla parte opposta del Sole, ci rivolge la sua metà illuminata e la fase è quella del “plenilunio”. Infine, quando Sole Terra e Luna occupano i vertici di un ideale triangolo retto, con la Terra che occupa l’angolo retto, si trova in “quadratura”. Allora vedremo solo la metà rivolta a noi e le fasi relative si chiamano “primo” e “ultimo quarto”.

Le Eclissi Eclissi significa “nascondersi dietro”. Tra Terra, Sole e Luna ciò capita spesso. Ce ne sono di due tipi: quelle di Sole e quelle di Luna. L’inclinazione del piano orbitale della Luna rispetto al piano dell’eclittica evita però che ogni 15 giorni circa ce ne sia una. L’eclissi di Luna avviene perché questa attraversa il cono d’ombra creato dalla Terra. Quando la Luna transita completamente nella zona d’ombra si verifica l’eclissi totale di Luna. Se la Luna entra solo in parte nella zona d’ombra, l’eclissi è parziale. L’eclissi di Sole, al contrario, si ha quando la Luna si trova tra la Terra ed il Sole. Dalla Terra si vedono più eclissi di Luna perché possono essere osservate da tutto l’emisfero del 86


globo terrestre che sta in ombra, mentre un’eclissi totale di Solepuò essere osservata in porzioni molto piĂš ridotte di territorio.

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Appendice 2 Esempio di domande sul testo 1T- DOMANDA: Mercurio, il pianeta più piccolo del sistema solare è anche leggermente più piccolo della Luna. Vero/falso? RISPOSTA: __________________________________________ 2T-

D: L’atmosfera della luna R.__________________________

è

piuttosto

rarefatta.

Vero/Falso?

3L- D:Mercurio è il pianeta più piccolo e interno del sistema solare, ma è anche quello più denso, perché il peso specifico del mercurio è molto alto: circa 13,6 kg/dm3, spiegando così la sua maggior gravità rispetto alla Luna.

Vero/Falso? R. ___________ 4G- D: Perché le eclissi totali di Sole sono così rare?1- perché la Luna è piccola e distante e non copre bene il Sole; 2- perché la luce del Sole è così forte che quasi sempre oscura comunque la Luna; 3- Perché le orbite di Terra e Luna non sono complanari; 4- perché l’eclittica è ellittica e la traiettoria della Luna non lo è; 5- perché la Luna deve essere al novilunio, ma anche perfettamente allineata con Sole e Terra. R:__________________________________________ 5E- D: Perché non c’è eclissi di Luna ad ogni plenilunio? R:_________________ _________________________________________________________________

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