Sintesi di materiali mesoporosi a base di TiO2 in processi di fotoelettrocatalisi

Page 1

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Dipartimento di Chimica e Farmacia Corso di Laurea in Chimica

Sintesi e caratterizzazione di materiali mesoporosi a base di TiO2 e loro applicazioni in processi di fotoelettrocatalisi.

Relatore: Dott. MARIA I. PILO Tesi di Laurea di: NINA SENES Correlatore: Dott. GABRIELE MULAS Dott. SEBASTIANO GARRONI

ANNO ACCADEMICO 2010-2011



Ad una persona speciale, a mio padre Antonio che di sicuro oggi sarĂ fiero di me.

i



INDICE INTRODUZIONE

1

CAPITOLO 1- STATO DELL’ ARTE

9

1.1

Materiali mesoporosi

9

1.2

Strutture e proprietĂ della titania

11

1.3

Metodi di sintesi di sistemi nanometrici di TiO2

15

1.3.1

Metodo sol gel

15

1.3.2

Metodo idrotermico

22

1.3.3

Metodo solvometrico

24

1.3.4

Metodo di precipitazione

25

1.3.5

Metodi elettrochimici o di ossidazione diretta

26

1.3.6

Metodi di sintesi per deposizione in fase vapore

27

1.4

Modifica della TiO2 nanometrica

28

1.5

Applicazioni della TiO2 nanometrica

33

1.5.1

Applicazioni fotovoltaiche

37

1.5.2

Applicazione fotoelettrochimica: produzione di idrogeno attraverso water splitting

40

CAPITOLO 2- PARTE SPERIMENTALE

45

2.1

Sintesi di TiO2 mesoporosa

45

2.2

Caratterizzazione delle matrici mesoporose

47

2.3

Preparazione dei vetrini

50

2.4

Procedura operativa per la registrazione degli spettri UV-Vis

51

2.5

Procedura operativa degli esperimenti di voltammetria ciclica, voltammetria a scansione lineare del potenziale e di elettrolisi a potenziale controllato

52

CAPITOLO 3- RISULTATI E DISCUSSIONI

55

3.1

Analisi strutturale e morfologica

55

3.2

Caratterizzazione UV-Vis delle polveri di TiO2 sintetizzate

65

ii


3.3

Caratterizzazione elettrochimica dei film ottenuti da soluzioni 69

colloidali di TiO2 3.4

Caratterizzazione fotoelettrochimica e misure di evoluzione di idrogeno

73

CONCLUSIONI

81

iii



INTRODUZIONE I combustibili fossili, quali carbone, petrolio e gas naturale, rappresentano le principali fonti energetiche del pianeta e dell’industria di diversi Paesi. Oggi giorno si è presa coscienza che l’avanzare dell’industrializzazione nei Paesi in via di sviluppo, caratterizzati da una elevata densità demografica, ha portato ad un aumento vertiginoso del fabbisogno energetico globale, non più sostenibile a causa della sempre più scarsa reperibilità di combustibili di natura fossile. Si è stimato, infatti, che le riserve di petrolio potrebbero durare ancora 40 anni, quelle di gas naturale intorno a 60 anni, mentre il carbone, la fonte più abbondante in questo momento, circa 200 anni. Un altro problema è rappresentato dalla elevata immissione di CO2 in atmosfera legata alla combustione delle succitate fonti energetiche. Recenti studi1 hanno dimostrato che la concentrazione di CO2 è cresciuta esponenzialmente negli ultimi 150 anni insieme ad altri gas, come NOx e SOx, responsabili del così detto Effetto Serra e quindi causa principale dei cambiamenti climatici registrati negli ultimi decenni nel nostro Globo. E’ stato osservato come la temperatura media globale sia cresciuta con l’aumento di CO2 nell’atmosfera terrestre, fenomeno strettamente correlato con l’innalzamento del livello medio dei mari e in parte dello scioglimento dei ghiacciai. I numerosi danni prodotti dall’uso sconsiderato dei combustibili fossili ha quindi portato la comunità scientifica a spostare

1

Michael Bowker , Green Chem. 2011, 13, 2235-2246.

1


l’attenzione su fonti energetiche alternative a quelle di natura fossile2

3 4

. Le

fonti di energia rinnovabile (solare, eolica e geotermica) sono quelle su cui si punta maggiormente, essendo per loro natura virtualmente sfruttabili all’infinito. L’auspicata transizione verso un utilizzo esteso delle fonti rinnovabili sembra però non essere imminente, soprattutto a causa della discontinuità di tali fonti nella produzione di energia, il cui approvvigionamento richiede la messa a punto di opportuni vettori energetici. Considerando che lo sviluppo del vettore energetico utilizzato negli anni va man mano muovendosi verso composti sempre più ricchi in idrogeno, possiamo ritenere che proprio l’idrogeno in forma molecolare possa rappresentare il vettore ideale del futuro. Tra i numerosi vantaggi, vanno sicuramente menzionati la non tossicità, l’alta densità energetica (pari tre volte quella della benzina) e l’impatto positivo sull’ambiente (“free carbon”). L’idrogeno potrebbe quindi rappresentare un’ottima risposta all’esigenza di accumulare e riutilizzare in modo efficiente l’energia prodotta da fonti rinnovabili mediante un ciclo ad emissioni zero, denominato “ciclo dell’idrogeno” (figura 1). Tale ciclo consiste nel produrre idrogeno mediante processi quali l’elettrolisi dell’acqua attivata mediante l’energia elettrica prodotta direttamente da fonti rinnovabili. L’idrogeno così prodotto viene poi immagazzinato e trasportato, e successivamente riconvertito in energia elettrica attraverso la reazione con 2

International Energy Agency, data services, 2010. Viebahn, P., Y. Lechon, and F. Trieb Energy Policy. 2010. 4 Summary for the polymakers, (pdf) http://www.ipcc-wg1.unibe.ch/publications/wg1-ar4/ar4-wg1-spm.pdf, Intergovernmental panel on climate change (IPCC). 3

2


l’ossigeno per mezzo di celle a combustibile, come ad esempio le PEM (Polymer-Electrode-Membrane) fuel cell. Tutto il ciclo non comporta la produzione di agenti inquinanti e si autosostiene grazie all’utilizzo di fonti non limitate 5.

Figura 1: Rappresentazione schematica del “ciclo dell’ idrogeno”.

Al momento, le energie rinnovabili contribuiscono alla produzione commerciale di idrogeno solo per il 5% con costi molto elevati. Il restante 95% della produzione deriva principalmente dalla combustione delle fonti di natura fossile6, contribuendo all’aumento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera e rendendo l’intero processo difficilmente sostenibile da un punto di vista ambientale. La sua produzione su larga scala da fonti rinnovabili rappresenta quindi una delle sfide scientifiche e tecnologiche prioritarie che oggi abbiamo davanti. Il processo di produzione di idrogeno a partire dall’acqua tramite

5

A. Zuttel, A. Borgschulte, L. Schlapbach, Hydrogen as a Future Energy Carrier, 1st edition, WILEY-VCH, Weinheim, 2007. 6 Ni M, Leung MKH, Sumathy K, Leung DYC, 2004, 25-28, 1.

3


attivazione con radiazione solare (Photocatalytic water splitting) costituisce una delle vie più efficaci e promettenti in questo contesto e di fondamentale importanza nel ciclo virtuoso dell’idrogeno. Il fenomeno del water splitting fu scoperto da Fujishima e Honda7 nel lontano 1972, e da allora lo studio della produzione di idrogeno attraverso questo processo è stato ampiamente descritto su diverse reviews, insieme allo studio sui semiconduttori fotocatalitici utilizzabili a questo scopo 8 9 10 11. La fotocatalisi è un metodo catalitico applicato a reazioni fotochimiche, condotto mediante l'ausilio di un catalizzatore che esplica la sua azione quando irradiato con luce di opportuna lunghezza d'onda. Il fenomeno (figura 2) consiste nello sfruttare la radiazione solare tramite un materiale semiconduttore immerso in una soluzione elettrolitica acquosa, con conseguente conversione dell’energia solare in energia elettrica tramite splitting dell’acqua nei suoi elementi e conseguente produzione di idrogeno.

7

Fujishima A, Honda K, Nature 1972, 37-38, 238. Khaselev O, Turner JA, Science 1998, 425-7. 9 Zou ZG, Ye JH, Salama K, Arakawa H, Nature 2001, 625-7, 414. 10 Khau SUM, Al-Shahry Jr M, Ingler WB, Science 2002, 2243-5, 297. 11 Jing LQ, Sun XJ, Shang J, Cai WM, Xu ZL, Du YG, et al., Sol Mater Sol Cells 2003, 133-51,79. 8

4


Figura2: Water splitting

Tra i materiali più largamente utilizzati nella fotocatalisi12 si inserisce il biossido di titanio (o titania, TiO2), che è un materiale economico, non tossico, resistente alla foto-corrosione, dotato di buona capacità ossidante, con grande efficienza ed applicabilità nei processi non solo fotocatalitici ma anche fotoelettrochimici e fotovoltaici13 14. Un limite nell’utilizzo della titania pura è dovuto al valore di band gap relativamente elevato, intorno a 3.0 – 3.2 eV, che determina un assorbimento nella zona della radiazione solare inferiore a 380 nm, corrispondente alla regione dell’ultravioletto. Per ovviare a questo limite, la titania è stata sottoposta a drogaggio con metalli di transizione (Cu, Ag, Au)15 16

12

17 18

A. Fujishima, T. N. Rao, D. A. Tryk, J. Photochem. Photobiol. C 2000, 1,1. B. O′ Regan, M. Grätzel, Nature 1991, 353, 737. 14 M. Grätzel, Nature 2001, 414, 338. 15 Wu NL, Lee MS, 2004, 29 , 1601-5. 16 Tseng IH, Wu JCS, Chou HY, J. Catal. 2004,221, 423-40. 17 Jakob M, Levanon H, Kamat PV, Nano Lett. 2003, 3, 353-8. 18 Subramanian V, Wolf EE, Kamat P, J. Am. Chem. Soc. 2004, 126, 4943-50. 13

5

e non metalli (azoto,


iodio, zolfo)19

20 21

in modo da ridurre il valore di energia del band gap e

ampliare di conseguenza la foto-reattività della titania nella regione del visibile. Un incremento di efficienza della scissione catalitica dell’acqua sembra essere possibile grazie all’uso di materiali nanometrici22. Lo studio di questi materiali è favorito anche dallo sviluppo di nuove tecniche di analisi sempre più specifiche, che permettono di esaminare la struttura dei materiali con una risoluzione vicina a quella dei singoli atomi. I nano-materiali hanno caratteristiche chimiche e fisiche specifiche legate alle dimensioni delle particelle. Della classe dei nanomateriali fanno parte i materiali porosi che, secondo le specifiche IUPAC, sono suddivisi in tre sottoclassi: i) materiali microporosi, con dimensione dei pori inferiore ai 2 nm; ii) materiali mesoporosi, con dimensione dei pori compresa tra i 2 e i 50 nm; iii) materiali macroporosi, con dimensioni dei pori maggiore di 50 nm. In questo lavoro di tesi l’attenzione è stata focalizzata sulla sintesi e la caratterizzazione della titania mesoporosa, TiO2, quale semiconduttore per la produzione fotocatalitica di idrogeno dall’acqua. Il materiale è stato sintetizzato con il metodo sol-gel, modulando specifici parametri in grado di regolare la formazione della mesostruttura. La variazione della morfologia e della composizione è stata quindi messa in relazione con l’attività catalitica del materiale. La caratterizzazione di queste matrici è stata effettuata mediante 19

Xu AW, Gao Y, Liu HQ, J. Catal. 2002, 207, 151-7. Hameed A, Gondal MA, Yamani ZH, Catal. Commun. 2004, 5, 715-9. 21 Wu XS, Ma Z, Qin YN, Liang ZC, 2004, 20, 138-43. 22 Meng Ni, Michael K.H. Leung, Tennis Y.C. Leung, K. Sumathy, Renewable and Sustainable Energy Reviews 2007, 11, 401-425. 20

6


diffrattometria a raggi X a basso e alto angolo, microscopia elettronica a trasmissione, fisisorbimento di N2, verificando infine la loro applicabilità come fotoanodo per la produzione di idrogeno nello splitting dell’acqua.

7



CAPITOLO 1 - STATO DELL’ ARTE

Negli ultimi anni sono emersi nuovi settori di ricerca nell’ambito delle nanoscienze, al fine di realizzare e manipolare strutture artificiali con dimensioni dell’ordine dei nanometri. Quando le dimensioni dei cristalli che compongono un solido sono così ridotte, le proprietà termodinamiche, ottiche, elettriche e magnetiche diventano fortemente dipendenti dalla forma e dalle dimensioni. Questo ha portato i ricercatori a focalizzare l’attenzione sulle proprietà di semiconduttori nanometrici utilizzati in fotocatalisi e in fotoelettrochimica. Tra questi, un ampio interesse è stato dato alla titania, un composto che viene ampiamente utilizzato nelle vernici e nelle plastiche, e ora sempre più impiegato nelle green technologies in quanto esibisce proprietà uniche quando si presenta in condizioni nanostrutturate.

1.1 MATERIALI MESOPOROSI Le nanoparticelle sono definite come aggregati atomici o molecolari con diametro compreso tra 1 e 100 nm. L’uso di tali materiali risale al IX secolo da parte di artigiani della Mesopotamia. Più recentemente, nel 1857 Michael Faraday in un suo saggio23 introduce la prima descrizione scientifica del termine, riferito a proprietà ottiche.

23

Michael Faraday, Phil. Trans. R. Soc. Lond. 1857, 147, 145-181

9


La matrice porosa, in chimica e in fisica, è definita come un materiale cristallino o amorfo contenente all’interno della propria struttura dei pori con cavità o canali tali da permettere il passaggio reversibile di molecole di dimensioni confrontabili. Questi materiali sono stati largamente sviluppati nell’ultimo decennio, dopo la scoperta di nuove tecniche di analisi come l’adsorbimento di gas, la diffrazione ai raggi X e la microscopia elettronica di trasmissione (TEM), capaci di indagare in maniera dettagliata l’area superficiale e la struttura atomica di tali materiali. Come accennato nella parte introduttiva di questo lavoro di tesi, per i materiali nanoporosi il sistema IUPAC definisce tre differenti sottoclassi a seconda delle dimensioni dei pori. Nella prima sottoclasse rientrano i materiali microporosi, che hanno un diametro inferiore a 2 nm: la loro applicabilità è limitata a pochi sistemi a causa delle dimensioni estremamente piccole dei pori; un classico esempio di materiali microporosi sono le zeoliti. Nella seconda classe rientrano i sistemi mesoporosi, con dimensione dei pori comprese tra i 2 e i 50 nm. Tali materiali vengono largamente utilizzati in diversi campi, dalla catalisi alla elettronica, come setacci molecolari, elettrodi o catalizzatori, sensori, e altro. Nella terza sottoclasse rientrano le matrici macroporose con un diametro maggiore dei 50 nm. La formazione e il controllo delle proprietà di questi materiali è fortemente condizionato dalle procedure adottate nella sintesi. In particolare, la struttura microporosa viene influenzata in misura preponderante dal tipo di materiale 10


utilizzato come precursore. Tra i primi materiali mesoporosi sintetizzati rientrano i silicati della famiglia delle Mobil Composition of Matter, MCM, e le rispettive strutture grafitiche24. Successivamente lo studio è stato largamente rivolto alla sintesi di materiali mesoporosi di ossidi di metalli di transizione a singolo atomo come titanio, ferro, nichel, cobalto etc. e a strutture composite di miscele metalliche che conferiscono differenti proprietà alle matrici22. Inoltre, le superfici di tali matrici possono essere opportunamente funzionalizzate in modo da contenere siti di ancoraggio per specie da confinare all’interno dei pori o per creare siti attivi all’interno dei quali far avvenire specifiche reazioni25. Possiamo notare che vengono influenzati dalla funzionalizzazione anche la disposizione dei pori, a lungo raggio, il tipo di struttura (cristallina o amorfa) e la regolarità nello spazio, a corto raggio. Le strutture lamellari possono seguire una disposizione regolare, in cui i pori vanno a generare veri e propri canali paralleli o interconnessi nelle diverse direzioni, utilizzate soprattutto per il confinamento di vari composti, oppure possono generare canali con un andamento casuale, detto “wormhole” utilizzati principalmente come catalizzatori ed elettrodi26.

1.2 STRUTTURE E PROPRIETA’ DELLA TITANIA L’interesse nei confronti della TiO2, opportunamente modificata, è legato ai diversi vantaggi che caratterizzano tale materiale: alta stabilità chimica se 24

U. Ciesla, F. Schüth, Microporous and Mesoporous Materials 1999, 27, 131-149. N. Gargiulo, Sintesi, funzionalizzazione e caratterizzazione di materiali mesostrutturati atti ad adsorbire anidride carbonica, PhD tesi. 26 M. Beretta, Nanostructured mesoporous materials obtained by template synthesis and controlled shape replica 2009. 25

11


esposto a composti acidi o basici, bassa tossicità ed elevata velocità dei processi di ossidazione a cui partecipa. In particolare quest’ultimo aspetto rende la titania un eccellente fotocatalizzatore, e un candidato competitivo per molte applicazioni27

28

in elettrochimica, nel settore del fotovoltaico o nei materiali da

costruzione. Le strutture cristalline della TiO2 che si trovano in natura sono sostanzialmente tre: anatasio, rutilo e brookite. Un’altra struttura, la cotunnite29, è stata ottenuta ad elevate pressioni, e corrisponde al materiale policristallino più resistente che si conosca (tabella 1.1 ).

Tabella 1.1: Parametri caratteristici del biossido di titanio.

In generale, l’attenzione è rivolta soprattutto a due strutture polimorfe della TiO2, ovvero anatasio e rutilo, poiché giocano un ruolo importante in numerose applicazioni tecnologiche. Entrambe le strutture hanno un’unità di base costituita da un atomo di titanio circondato da sei atomi di ossigeno in una configurazione ottaedrica (TiO6)2- La differenza tra le due forme consiste nel grado di distorsione della configurazione ottaedrica, cioè nel modo in cui gli 27

Cassar L. MRS Bull 2004, 29, 328-331. Serpone N., Pelizzetti E., Wiley-Interscience 1989. 29 B. A. Goodman, J. B. Raynor, Advances in Inorganic Chemistry and Radiochemistry 1970. 28

12


ottaedri sono legati tra loro: nell’anatasio ciascun ottaedro, fortemente distorto, è vicino ad altri otto ottaedri, di cui quattro hanno in comune gli spigoli mentre gli altri quattro hanno in comune i vertici. Nel rutilo, invece, gli ottaedri sono meno distorti rispetto all’anatasio, e ciascuno di essi è vicino ad altri dieci ottaedri, due dei quali hanno in comune uno spigolo mentre gli altri otto condividono gli ossigeni che si trovano nei vertici (figura 1.1). Le differenze strutturali sono alla base delle differenze elettroniche ed emergono quando teniamo conto della densità delle due strutture.

Figura 1.1: Strutture del rutilo e dell’anatasio.

Per sistemi macrocristallini a temperatura e pressione atmosferica, il rutilo è la struttura termodinamicamente più stabile mentre l’anatasio (temperatura di transizione polimorfica anatasio-rutilo 600-1100°C) e la brookite (temperatura 13


di transizione polimorfica brookite-rutilo 500-600°C), sottoposte ad un trattamento ad elevata temperatura, tendono a trasformarsi in rutilo. La stabilità è legata alle dimensioni delle particelle. Se consideriamo le tre fasi polimorfe dal punto di vista dell’energia superficiale, si nota che le differenze sono molto basse e che le fasi anatasio e brookite sono stabili quanto il rutilo. In base a studi sulla struttura cristallina delle nanoparticelle di biossido di titanio30, la struttura dipende dal metodo di preparazione: per piccole particelle inferiori ai 50 nm l’anatasio sembra più stabile e si trasforma in rutilo a temperature superiori a 700 °C. Zhang e Banfield31 riportano che la trasformazione e la stabilità termodinamica dipendono dalle dimensioni iniziali delle particelle di anatasio e brookite, con l’anatasio che risulta termodinamicamente stabile per dimensioni < 11 nm, la brookite per dimensioni comprese tra 11 e 35 nm e il rutilo per particelle di dimensioni > 35 nm. Queste considerazioni suggeriscono che la struttura del TiO2 policristallino ottenuto per sintesi sol-gel sia principalmente quella dell’anatasio. Più recentemente, è emerso che un equilibrio della fase anatasio e rutilo nella stessa matrice32 contribuisce a migliorare l’attività catalitica del sistema sintetizzato.

30

Y. Hwu, Y. D. Yao, N. F. Cheng, C. Y. Tung, H. M. Lin, Nanostruct. Mater. 1997, 110, 211. H. Z. Zhang, J. F. Banfield, J. Mater. Res. 2000, 15, 437. 32 Y. K. Kho, A. Iwase, W. Y. Teoh, L. Madler, A. Kudo, R. Amal, J. Phys. Chem. C 2010, 114, 2821. 31

14


1.3 METODI DI SINTESI DI SISTEMI NANOMETRICI DI TiO2 Le tecniche e le procedure maggiormente impiegate nella sintesi di polveri, soluzioni e film di TiO2 nanometriche sono: 1. Metodo sol-gel 2. Metodo idrotermico 3. Metodo solvotermico 4. Metodo di precipitazione 5. Metodi elettrochimici o di ossidazione diretta 6. Metodi di sintesi per deposizione in fase vapore.

1.3.1 METODO SOL-GEL Il processo sol-gel33

34 35

rappresenta una delle tecniche più studiate e utilizzate

per ottenere materiali ceramici e vetrosi. Rispetto ai metodi tradizionali, ha il vantaggio di essere facilmente riproducibile e altamente controllabile con una struttura regolare dei pori del tipo aperta36. In particolare il processo soft-template può essere suddiviso in tre stadi fondamentali: 1) preparazione della soluzione di un opportuno precursore di Ti (cloruro o alcossido) con l’inizio dell’idrolisi e della condensazione, in presenza di un surfattante; 33

H. Yang, N. Coombs, I. Sokolov, G. A. Ozin, Nature 1996, 381, 589. C. J. Brinker, Y. Lu, A. Sellinger, H. Fan, Adv. Mater. 1999, 11, 579. 35 Y. Lu, H. Fan, A. Stump, T. L. Ward, T. Rieker, C. J. Brinker, Nature 1999, 398, 223. 36 Yang P., Zhao D., Margolese D. I., Chmelka B. F., Stucky G. D., Nature 1998, 396, 152. 34

15


2) essiccamento del sol: trasformazione della fase sol (soluzione colloidale) in gel, dipendente dall’evaporazione del solvente, e proseguimento della reazione di condensazione. Questo è uno dei processi fondamentali che caratterizza fortemente la morfologia del sistema finale; 3) calcinazione del gel: eliminazione definitiva del solvente, del surfattante e dell’eventuale precursore non reagito, in modo da ottenere la cristallizzazione del sistema, con l’irrigidimento della struttura reticolare. Un metodo sol-gel recentemente applicato alla sintesi dei sistemi mesoporosi è il processo EISA (Evaporation-Induced Self-Assembly)

37

38

(figura 1.2). I

materiali vengono preparati tramite idrolisi con metodo sol-gel, con una “tessitura” determinata dalle proprietà chimico-fisiche del surfattante utilizzato, e successivamente depositati come film sottili.

Figura 1.2: Schema generale del metodo EISA.

37 38

C. J. Brinke$r, Y. Lu, A. Sellinger and H. Fan, Adv. Mater. 1999, 11, 579. Y. Lu, H. Fan, A. Stump, T. L. Ward, T. Rieker and C. J. Brinker, Nature 1999, 398, 223.

16


La tecnica EISA è stata inizialmente utilizzata per la sintesi dei sistemi a base di silicio, e più recentemente per materiali a base di ossidi di metalli di transizione. Tutte le procedure sono accomunate dal fatto che nella preparazione, insieme alle fonti inorganiche, viene utilizzato un surfattante39 40 come agente templante. In questo contesto, un notevole interesse è rivolto alla comprensione del meccanismo di auto-assemblaggio, che spinge le fasi organiche ed inorganiche alla coesistenza in un'architettura ordinata dei pori a lungo raggio41. In un primo meccanismo proposto, detto LCT 42 43 (Liquid-Crystal Template), la fase inorganica condensa intorno alla mesofase stabilizzata da un tensioattivo. Spesso tale meccanismo è proposto quando si utilizzano surfattanti non-ionici. Un secondo meccanismo prevede una ‘cooperazione’ di auto-assemblaggio (CSA)44 45: in questo caso le molecole di surfattante si combinano in un primo stadio con le specie inorganiche, dando origine a delle entità ibride che si comportano come tensioattivi indipendenti, risultando i mattoni della struttura ibrida. E’ più probabile che un effetto combinato di entrambe i meccanismi regoli la sintesi di tali materiali in base ai parametri chimici e di trasformazione che influiscono sulla velocità di evaporazione delle specie inorganiche. 39

Raman N. K., Anderson M. T., Brinker C., J. Chem Mater 1996, 8, 1682. Sayari A., Liu P., Microporous Mater. 1997, 12, 149. 41 (a) G. J. de A. A. Soler-Illia, C. Sanchez, B. Lebeau, J. Patarin, Chem. Rev. 2002, 12 4093. (b) G. J. de A. A. Soler-Illia, E. L. Crepaldi, D. Grosso, C. Sanchez, Curr. Opin. Colloid Interface Sci. 2003, 8, 109. 42 C. T. Kresge, M. E. Leonowicz, W. J. Roth, J. C. Vartuli, J. S. Beck, Nature 1992, 359, 710. 43 J. S. Beck, J. C. Vartuli, W. J. Roth, M. E. Leonowicz, C. T. Kresge, K. D. Schmitt, C. T. W. Chu, D. H. Olson, E. W. Sheppard, S. B. McCullen, J. B. Higgins, J. L. Schlenker, J. Am. Chem. Soc. 1992, 114, 10834. 44 (a) A. Galarneau, D. Lerner, M. F. Ottaviani, F. Di Renzo, F. Fajula, Stud. Surf. Sci. Catal. 1998, 117, 405. (b) J. Frasch, B. Lebeau, M. Soulard, J. Patarin, Langmuir 2000, 16, 9049. 45 (a) C.C. Landry, S. H. Tolbert, K. W. Gallis, A. Monnier, G. D. Stucky, P. Norby, J. C. Hanson, Chem. Mater. 2001, 13, 1600. (b) J. Patarin, B. Lebeau, R. Zana, Curr. Opin. Colloid Interface Sci 2002, 7, 107. 40

17


La struttura finale viene formata e stabilizzata dopo l’evaporazione delle specie volatili, quando la struttura minerale non è troppo condensata e l’acqua e il solvente contenuti nella soluzione sono in equilibrio con l’ambiente: questo fase del processo è nota come MSS46 (Stato Stazionario Modulabile, o sistema liquido-cristallo). Tuttavia i processi sono molto difficili da tenere sotto controllo ed è difficile predire in quale momento avvengano. Questo processo inoltre è influenzato da un gran numero di parametri, che vengono suddivisi in due famiglie. Il primo gruppo è costituito dai fattori chimici, ovvero le quantità relative di surfattante e precursori inorganici che governano le reazioni di idrolisi e di condensazione classiche del metodo sol-gel. Il secondo gruppo di parametri comprende le condizioni di lavoro che governano la diffusione delle specie inorganiche (HCl, H2O, EtOH) aggiunte o generate dal film. Il tensioattivo23 24 (o surfattante) è un composto anfifilico, in genere poli(etileneossido)–poli(propilene-ossido)–poli(etilene-ossido) (PEO–PPO–PEO), cioè un triblocco di copolimeri, tra cui i più comuni sono Pluronic P123 (PEO20PPO70PEO20, AMW = 5800) e F127 (PEO106PPO70PEO106, AMW = 12.600), ampiamente utilizzati come agenti strutturanti per la costruzione di una struttura mesoporosa a base di TiO2, altamente organizzata, dove P e F indicano la forma fisica16b che assumono rispettivamente, generando in soluzione strutture regolari dette micelle. Tra il surfattante e le fonti inorganiche si instaurano diverse interazioni elettrostatiche (tabella 1.2) che possono essere : 46

D. Grosso, F. Cagnol, J. de A. A. Soler-Illia, E. L. Crepaldi, H. Amethisch, A. Brunet- Bruneau, A. Burgeois and C. Sanchez, Adv. Funct. Mater. 2004, 14.

18


• di tipo elettrostatico, quando surfattante e precursore presentano una carica. L’interazione può essere diretta se le cariche sono di segno opposto, oppure indiretta nel caso in cui le cariche siano dello stesso segno ma mediate da uno ione; • di tipo elettrostatico con legami a idrogeno. In questo caso il surfattante non possiede carica ma interagisce con il materiale precursore attraverso legami a ponte di idrogeno; • di tipo covalente, quando si verifica la formazione di un legame covalente tra surfattante e materiale precursore. Tali legami sono abbastanza deboli, in modo da essere facilmente rotti dopo la sintesi. Il surfattante viene eliminato solo nella fase finale, quando si sottopone il gel a calcinazione. Il trattamento termico ad elevata temperatura (circa 300° - 450° C) permette di eliminare il templante e lasciare l’impalcatura che viene a formarsi durante lo stadio di essiccamento. La temperatura di calcinazione del campione è un fattore critico, in quanto una temperatura troppo elevata può al determinare il collasso della morfologia delle polveri, causando la totale assenza di una struttura ordinata.

19


Tabella 1.2: Principali tipi di interazione tra surfattante e precursore e rispettive condizioni di reazione .

Nel caso specifico della titania, a seconda del precursore inorganico utilizzato il metodo si distingue in processi idrolitici e non idrolitici. I processi idrolitici utilizzano come precursore un alcossido di Ti (Ti(OBu)4 , Ti(OPr)4), mentre quelli non idrolitici utilizzano sali inorganici di Ti (cloruri, nitrati, etc.) in assenza di alcossido. Nel 2003 è stato sviluppato un nuovo metodo, detto “coppia acido-base”47, in cui vengono utilizzati contemporaneamente precursori alcossidi e non, come ad esempio TiCl4 e Ti(OBu)4. Con questo metodo si esaltano le proprietà dei due reagenti in soluzione, il cui rapporto molare è determinante nella struttura cristallina finale. Il Ti(OBu)4 viene utilizzato come vero e proprio precursore che interagisce con il surfattante e con il solvente, mentre il TiCl4 ha un duplice compito: è un precursore e quindi reagisce con solvente e surfattante, ma è anche un regolatore di pH. Infatti, per effetto del processo di idrolisi del TiCl4 (presente in eccesso nella miscela di reazione) si forma HCl, che rende

47

Tian B. Z., Liu X., Tu B., Yu C., Farm J., Wang L., Xie S. H., Stucky G., Zhao D., Nat. Mater. 2003, 2, 159.

20


l’ambiente di reazione acido-catalizzante48

49 50

, favorendo il controllo dei

processi di idrolisi e di condensazione in soluzione. L’ordine della struttura è quindi condizionato anche dal rapporto dei reagenti di partenza 51. Un’altra variabile importante da tenere in considerazione è la concentrazione di acqua52 aggiunta all’inizio della preparazione, in quanto anche piccole concentrazioni di acqua condizionano la struttura del sistema. Il suo compito è quello di influenzare la formazione di micelle del templante, favorire l’idrolisi dei precursori e controllare la velocità di gelazione. Quanto più questo processo è lento, tanto più la struttura finale è tridimensionale, in quanto viene favorito l’impaccamento di catene Ti-O-Ti. Se in soluzione è presente un alcossido come Ti(OBu)4, in presenza di acqua è favorito un ambiente più basico; viceversa, se è presente una maggiore concentrazione di TiCl4 è favorito un ambiente acido. È stato verificato53 54 che la catalisi acida aumenta la velocità di idrolisi e che le polveri cristalline ottenute sono costituite dal precursore completamente idrolizzato. La catalisi basica promuove invece la condensazione, con il risultato che le polveri amorfe ottenute contengono tracce di alcossido non idrolizzato.

48

Yan M., Chen F., Zhang J., Anpo M., J. Phys. Chem. B 2005, 109, 8673. Zhang Q., Gao L., Langmuir 2003, 19, 967. 50 Anderson M., Osterlund L., Ljungstrom S., Palmqvist A., J. Phys. Chem. B 2002, 106, 10674. 51 Creapaldi E. L., Soler-Illia G. J. A. A., Grosso D., Cagnol F., Ribot F., Sanchez C. J., Am. Chem. Soc. 2003, 125, 9770. 52 Tokumitsu K., Dailing Lu, Junko N., Kondo, Kazunari D., J. Mater Chem. 2002, 12, 1480-3. 49

53 54

J. Livage, M. Henry, C. Sanchez, Prog. Solid State Chem. 1988, 18, 259. E. A. Barringer, H. K. Bowen, Langmuir 1985, 1, 420.

21


Anche l’umidità dell’ambiente di reazione deve essere monitorata 55, in quanto un elevato valore di umidità (70% circa) nella fase MSS (stato stazionario modulabile) favorisce una struttura discontinua cubica, mentre un valore troppo basso di umidità (20% circa) promuove una mesostruttura bidimensionale. In genere si lavora con valori di umidità intermedi (40% - 60%). Generalmente viene utilizzato un solvente organico polare, come metanolo o etanolo56. Il solvente, la cui elevata volatilità rappresenta un punto chiave nel processo MSS, permette di donare facilmente ossigeno favorendo la condensazione e aiuta il trasferimento dei protoni nel sistema sintetico57. A seconda delle procedure di sintesi adottate e delle condizioni operative, si possono ottenere materiali mesoporosi con varie strutture: disordinate (D), lamellari (L), 2D-esagonali (P6m), 3D-esagonale (P63/mmc) e cubica (Pm3n)58 59 60 61

.

1.3.2 METODO IDROTERMICO Un altro processo di sintesi della TiO2 nanometrica già ampiamente utilizzato per la preparazione di particelle di piccole dimensioni nell’industria della ceramica62 è il metodo idrotermico.

55

F. Cagnol, D. Grosso, G. J. de A. A. Soller-Illia, E. L. Crepaldi, F. Babboneau, H. Amenitsch and C. Sanchez, J. Mater. Chem. 2003, 13, 61-66. 56 K. Fontell, A. Khan, B. Lindstrom, D. Maciejweska, S. P. Puang-Ngern, Colloid Polym. Sci. 1991, 269,7. 57 B. Tian, X. Liu, C. Yu, J. Fan, L. Wang, S. Xie, G. D. Stucky, D. Zhao, Nature Materials, 2003, 2, 159-163 58 H. Yang, A. Kuperman, N. Coombs, S. Mamiche Afara and G. A. Ozin, Nature 1996, 379, 703. 59 D. Y. Zhao, P. Yang, D. I. Margolese, B. F. Chmelka and G. D. Stucky, Chem . Commun. 1998, 2499. 60 D. Grosso, A. R. Balkenende, P. A. Albouy, M. Lavergne and F. Babboneau, J. Mater. Chem. 2000, 10, 2085. 61 D. Grosso, A. R. Balkenende, P. A. Albouy, A. Ayral, H. Amenitsch and F. Babboneau, Chem. Mater. 2001, 13, 1848. 62 X. Chen, S. Mao, Chem. Rev. 2007, 107,2891.

22


La sintesi viene condotta, in soluzione acquosa, all’interno di un recipiente in acciaio (autoclave), a temperatura e pressione controllate. Per ottenere un materiale cristallino, è richiesto un successivo trattamento termico. Le temperature possono essere talvolta superiori al punto di ebollizione dell’acqua, raggiungendo la pressione di saturazione di vapore, mentre la pressione prodotta all’interno dell’autoclave stessa è influenzata dalla temperatura e dal volume di soluzione acquosa63. I precursori più comunemente utilizzati in questo tipo di sintesi sono TiCl4 in soluzione acida64 e polvere di titanio metallico65. A seconda della composizione del sistema e della concentrazione dei reagenti, le particelle hanno dimensioni comprese tra i 7 e i 25 nm, con la presenza predominante della fase più stabile anatasio. Oltre a nanoparticelle di TiO2, sono stati sintetizzati in questo modo anche nanotubi TiO2 utilizzando sorgenti idrotermali (metodo Zhang). Sono stati ottenuti anche nanotubi di TiO2 trattando una soluzione diluita di TiCl4 a 333423 K per 12 ore in presenza di sali o acidi inorganici66

67 68 69 70

. I nanotubi si

formano durante il trattamento di TiO2 in una soluzione acquosa di NaOH71. Per

63

M. Paulose, K. Shankar, S. Yoriya, J. Phys. Chem. B 2006, 10, 16179. D. N. Furlong, C. D. Parfitt, J. Colloid Interface Sci. 1978, 65, 548. 65 Y. Qian, Q. Chen, C. Fan, G. Zhou, J. Mater. Chem. 1993, 3, 203. 66 Zhang, Q.; Gao, L. Langmuir 2003, 19, 967. 67 Feng, X.; Zhai, J.; Jiang, L. Angew. Chem., Int. Ed. 2005, 44, 5115. 68 Huang, Q.; Gao, L. Chem. Lett. 2003, 32, 638. 69 Yang, S.; Gao, L. Chem. Lett. 2005, 34, 972. 70 (a) Yang, S.; Gao, L. Chem. Lett. 2005, 34, 1044. (b) L. Chem. Lett. 2005, 34, 964. 71 Du, G. H.; Chen, Q.; Che, R. C.; Yuan, Z. Y.; Peng, L. M. Appl.Phys. Lett. 2001, 79, 3702. 64

23


la formazione di nano tubi di TiO2 è stato proposto un meccanismo di formazione 3D → 1D → 2D72. Il metodo idrotermico è stato utilizzato con successo anche nella sintesi di nanofili di TiO2. I nanofili vengo ottenuti in genere mediante trattamento di polveri di TiO2 in soluzione acquosa 10-15 M in NaOH, a 150-200 ° C per 2472 h senza agitazione all'interno di un'autoclave.

1.3.3 METODO SOLVOTERMICO Il metodo solvotermico è analogo al metodo idrotermico, ma utilizza un solvente organico, che può essere metanolo73, toluene74 o 1,4 butandiolo75. Con questo metodo si raggiungono temperature di reazione molto più alte rispetto al metodo idrotermico, grazie all’ampia scelta di solventi organici alto bollenti a disposizione. La tecnica permette inoltre di controllare meglio le dimensioni dei grani, la morfologia delle particelle, la fase cristallina e la chimica di superficie del materiale, attraverso la regolazione della composizione del solvente, della temperatura di reazione, delle caratteristiche del solvente e della tipologia di surfattante utilizzato. Rispetto al metodo idrotermico, la tecnica è estremamente versatile per la sintesi di una grande varietà di nanoparticelle con una limitata distribuzione delle dimensioni e della dispersività 76 77.

72

Wang, Y. Q.; Hu, G. Q.; Duan, X. F.; Sun, H. L.; Xue, Q. K. Chem.Phys. Lett. 2002, 365, 427. S. Yin, Y. Fujishiro, J. Wu, M. Aki, T. Sato, J. Mater. Proc. Tech. 2003, 137,45. 74 C. S. Kim, B. K. Moon, J. H. Park, S. M. Son, J. Cryst. Growth 2003, 254, 405. 75 M. Kang, J. Mol. Catal. A. Chem 2003, 97, 173. 76 X. L. Li, Q. Peng, J. X. Yi, X. Wang, Y. D. Li, Chem. Eur. J. 2006, 12, 2383. 73

24


Il metodo solvotermico consente anche di ottenere TiO2 sotto forma di nanoparticelle e di nanorods con o senza l’aiuto di surfattanti78. La concentrazione dei nanorods nelle particelle è fortemente influenzata dal rapporto precursore-surfattante ed è tanto maggiore quanto maggiore è la concentrazione di precursore utilizzato. Si è inoltre verificato che le dimensioni medie delle particelle sintetizzate con questo processo risultano inferiori a quelle ottenute senza l’impiego del surfattante. Solventi con proprietà chimiche e fisiche diverse possono influenzare il comportamento di solubilità, reattività e diffusione dei reagenti: in particolare la polarità può influenzare la morfologia ed il comportamento di cristallizzazione dei prodotti finali. La presenza di etanolo ha effetto sui valori di potenziali dei reagente e aumenta la viscosità della soluzione. Ad esempio, in assenza di etanolo, si ottengono strutture corte e larghe di TiO2 invece di nanofili. Quando si utilizza cloroformio, si ottengono in genere nanotubi79.

1.3.4 METODO DI PRECIPITAZIONE Questa tecnica comporta la precipitazione di idrossidi per addizione di una soluzione alcalina (NaOH, NH4OH, urea) ad un sale di titanio (TiCl380 o TiCl481 82

) e successiva calcinazione con conseguente formazione dell’ossido cristallino.

Solitamente la TiO2 viene ottenuta sotto forma di anatasio, anche se in casi 77

J. Xu, J. P. Ge, Y. D. Li, J. Phys. Chem. B 2006, 110,2497. X. Chen, S. Mao, Chem. Rev. 2007, 107, 2891. 79 Wen, B.; Liu, C.; Liu, Y. New J. Chem. 2005, 29, 969. 80 F. Pedraza, A. Vasquez, J. Phys. Chem. Solids 1999, 60, 445. 81 Y. Xie, C. Yuan, Mater. Res. Bull. 2004, 39, 533. 82 S. K. Poznyak, A. I. Kokorin, A. I. Kulak, J. Electroanal Chem. 1998, 442, 99. 78

25


particolari è possibile ottenere anche rutilo39. Lo svantaggio del metodo è legato al difficile controllo della velocità della reazione di precipitazione, che non permette un controllo adeguato dello spessore delle pareti della matrice, con formazione di particelle di dimensioni non nanometriche.

1.3.5 METODI ELETTROCHIMICI O DI OSSIDAZIONE DIRETTA Un metodo alternativo per la sintesi di materiali nanometrici è quello elettrochimico (o metodo di ossidazione diretta), in cui la TiO2 viene ottenuta per ossidazione di una lamina sottile di titanio metallico per mezzo di agenti ossidanti come perossido di idrogeno o acetone, oppure per anodizzazione della stessa lamina. Nella tecnica per anodizzazione le caratteristiche del film nanocristallino

possono

essere

variate

controllando

alcuni

parametri

sperimentali, come l’elettrolita di supporto, la densità di corrente, il potenziale applicato, il pH e la temperatura della soluzione. Si possono ottenere con questo metodo nanofili di TiO2 cristallini, depositati direttamente sulla superficie della lamina di titanio metallico. L’aggiunta in soluzione di diversi sali inorganici, come NaCl, NaF e Na2SO4, permette di controllare la crescita della fase cristallina principale mediante gli anioni agendo sulla velocità di precipitazione. Ad esempio l’aggiunta di ioni fluoruro e di ioni solfato favorisce la formazione di anatasio, mentre la presenza di cloruro in soluzione porta principalmente alla formazione di rutilo.

26


Anche l’utilizzo di temperature di reazione elevate influenza la crescita di nanofili cristallini se si utilizza acetone come agente ossidante 83. Nanotubi di biossido di titanio sono stati ottenuti per anodizzazione di una lamina di Ti metallico ad un potenziale di 10-20 V, per circa 30 minuti, in una soluzione elettrolitica contenente HF e come contro-elettrodo un filo di Pt. Il film ottenuto è stato sottoposto a calcinazione a 500°C per 6 h in presenza di atmosfera di ossigeno

84

. Il valore di potenziale applicato e la composizione

della soluzione elettrolitica sono due parametri fondamentali che bisogna tenere in considerazione perché influenzano il diametro e la lunghezza dei nanotubi ottenuti. Per esempio, applicando un potenziale compreso tra 1 e 25 V e utilizzando come elettrolita una soluzione H3PO4/HF, è possibile ottenere nanotubi di lunghezza compresa tra i 20 nm e 10 mm e diametro di 15-120 nm 85

.

1.3.6 METODI DI SINTESI PER DEPOSIZIONE IN FASE VAPORE Le tecniche di deposizione in fase vapore vengono suddivise in: 1.

deposizione chimica in fase vapore (CVD)

2.

deposizione fisica in fase vapore (PVD).

La differenza tra le due consiste nel fatto che il processo CVD è regolata da una reazione chimica in cui uno o più precursori, presenti in fase gassosa, reagiscono chimicamente su una superficie, portando alla formazione di un film solido. Il 83

X. Peng, A. Chen, J. Mater. Chem. 2004, 14, 2542. O. K. Varghese, D. Gong, M. Paulose, C. A. Grimes, E. C. Dickey, J. Mater. Res.2003, 18, 156. 85 S. Bauer, S. Kleber, P. Schmuki, Electrochem. Commun. 2006, 8, 1321. 84

27


processo PVD segue invece una reazione fisica, in cui i precursori vengono inizialmente evaporati per poi essere condensati in fase solida, senza l’intervento di reazioni chimiche. Comunemente questo tipo di processi viene impiegato per formare rivestimenti e per favorire la resistenza meccanica, elettrica, termica ed ottica dei materiali. Le tecniche CDV includono la spray pyrolysis 86, la thermal plasma pyrolysis87, la ultrasonic spray pyrolysis88 e la laser-induced pyrolysis89. Tra le tecniche PDV vi sono la deposizione termica, la vaporizzazione laser, la ion plating, la ion implantation90 e lo sputtering 91. Recentemente si è registrato un forte incremento nell’utilizzo di queste tecniche anche nella messa a punto di film nanometrici inferiori ai 30 nm e nella sintesi di nanoparticelle con dimensioni inferiori ai 10 nm. I nanorods di diametro compreso tra 0.5 e 2 mm sono stati sintetizzati su substrati di silice fusa utilizzando un metodo CDV organometallico o MOCDV92, mentre i nanofili di TiO2 sono stati ottenuti attraverso deposizione termica o PDV.

1.4 MODIFICA DELLA TiO2 NANOMETRICA La risposta ottica di un materiale è in gran parte determinata dalla sua struttura elettronica. Le proprietà elettroniche di un materiale sono strettamente correlate

86

I. M. Arabatzis, S. Antonaraki, T. Stergiopoulos, A. Hiskia, E. Papaconstantinou, M. C. Bernard, J Photochem. Photobiol. A: Chem. 2002, 149, 237. 87 H. Okudera, Y. Yokogawa, Thin Solid Films 2003, 423, 119. 88 X. Chen, S. Mao, Chem. Rev. 2007, 107, 2891. 89 S. Doeuff, Y. Dromzee, F. Taulelle, Inorg. Chem. 1989, 28, 4439. 90 C. Legrand-Buscema, C. Malibert, S. Bach, Thin Solid Films 2002, 418, 79. 91 J. Livage, M. Henry, C. Sanchez, Prog. Solid State Chem. 1988, 18, 259. 92 J. J. Wu, C. C. Yu, J. Phys. Chem. B 2004, 108, 3377.

28


alla sua composizione chimica (natura chimica dei legami tra gli atomi o ioni), alla sua disposizione atomica e alla relativa dimensione fisica (confinamento dei vettori) per materiali di dimensioni nanometriche. La composizione chimica della TiO2 può essere alterata tramite processi di doping. In particolare, il metallo (titanio) o il metalloide (ossigeno) possono essere sostituiti da altri elementi in modo da alterare le proprietà ottiche del materiale. È opportuno mantenere l'integrità della struttura cristallina del materiale ospitante per produrre cambiamenti favorevoli nella struttura elettronica. Appare più facile da sostituire il Ti4+ in TiO2 con altri metalli di transizione, mentre risulta più difficile sostituire O2- con altri anioni a causa di differenze nella carica e nei raggi ionici. Le dimensioni ridotte delle nanoparticelle permettono di modificare in maniera efficace la composizione chimica della matrice grazie ad una maggiore tolleranza della TiO2 alla distorsione strutturale rispetto a materiali alla rinfusa inerente dal reticolo nei nanomateriali93 94. La modifica della componente inorganica è particolarmente utile per migliorare le caratteristiche dei film mesoporosi ed estendere le loro applicazioni. Lo sviluppo di materiali di titania pura ha un problema fondamentale dovuto al valore di band-gap relativamente elevato (3.2 eV per l’anatasio puro e 3.0 per il rutilo) che non permette alla titania di utilizzare l'energia solare in modo efficiente: la TiO2 può assorbire solo la radiazione UV per lunghezze d’onda inferiori a 380 nm, come si può facilmente ricavare dalla relazione di Planck (E 93 94

Burda, C.; Lou, Y.; Chen, X.; Samia, A. C. S.; Stout, J.; Gole, J. L.Nano Lett. 2003, 3, 1049. Chen, X.; Lou, Y.; Samia, A. C.; Burda, C. Nano Lett. 2003, 3, 799.

29


= hc/λ) che rappresenta meno del 5% dello spettro solare terrestre. Per estendere la banda di assorbimento della TiO2 alla luce visibile, e abbassare quindi il valore del band gap, sono state messe a punto diverse strategie, come il doping con cationi metallici (es. Fe3+ , Cr3+) o con anioni (ad esempio N, F, C, S, B), l’accoppiamento con metalli (ad es. Pt, Au, Ag) o con semiconduttori (WO3, SiO2, SnO2, CdS), o ancora la funzionalizzazione della superficie95 96 97 98. Tra i vari agenti droganti finora utilizzati, l'azoto è risultato il più efficace in quanto porta l’assorbimento di TiO2 al di sopra di 400 nm. Sanchez99 ha introdotto l’azoto nella struttura di anatasio per trattamento termico (500– 700°C) sotto flusso di NH3 gassosa. Si è notato che una temperatura di calcinazione di 500°C sembra portare ad un sistema N-dopato con la massima attività fotocatalitica alla luce visibile. L’accoppiamento di TiO2 con semiconduttori con un divario della banda stretta (ad esempio CdS, eV 2,5; e CdSe, 1,7 eV) è una strategia alternativa per la messa a punto di sistemi fotocatalitici alla radiazione visibile. Stucky e coll. hanno sintetizzato sottili pellicole di CdS/TiO2 e CdSe/TiO2100

101

da post

trattamenti termici. e i film risultanti hanno mostrato una maggiore sensibilità alla luce visibile.

95

M.R. Hoffmann, S.T. Martin, W. Choi, Chem. Rev. 1995, 95, 69–96. A.L. Linsebigler, G. Lu, J.T. Yates Jr., Chem. Rev. 1995, 95, 735–758. 97 W. Choi, A. Termin, M.R. Hoffmann, J. Phys. Chem. 1994, 98, 13669–13679. 98 S. Sakthivel, H. Kisch, Angew. Chem. Int. Ed. 2003, 42 4908–4911. 99 E. MartínezFerrero,Y. Sakatani, C. Boissière, D. Grosso, A. Fuertes, J. Fraxedas, C. Sanchez, Adv. Funct. Mater. 2007, 173348–3354. 100 M.H. Bartl, S.W. Boettcher, K.L. Frindell, G.D. Stucky, 3D, Acc. Chem. Res. 2005, 38 263–271. 101 M.H. Bartl, S.P. Puls, J. Tang, H.C. Lichtenegger, G.D. Stucky, Angew. Chem. Int. 2004, 43, 3037–3040. 96

30


Il processo di doping può essere effettuato dopo la sintesi (metodi postsynthesis) oppure durante la sintesi (metodi one-pot). Nel primo caso l’agente drogante (molecole organiche, ioni, nanoparticelle inorganiche) viene introdotto nei canali dei pori della struttura mesoporosa di TiO2, mentre nel secondo caso si utilizzano precursori gli agenti droganti direttamente come reagenti (figura 1.3).

Figura 1.3: Diagramma schematico dei metodi di doping post-synthesis e one-pot.

In genere, il metodo d'innesto è uno dei più importanti metodi post-synthesis per ancorare molecole organiche o gruppi ionici sulla superficie della TiO2: in questo modo si possono ottenere dispositivi fotoelettrochimici, celle solari (DSSC) e dispositivi foto/elettrocromici. La forza motrice per il processo di impregnazione alla base di questo metodo è l'effetto capillare. Tuttavia, un'interazione chimica debole tra la TiO2 e l’agente modificante può diminuire l’efficacia dell’effetto capillare e provocare l’assorbimento dell’agente 31


modificante sulla superficie esterna, soprattutto quando tali agenti sono nanoparticelle di ossidi di metallo. Per accelerare il processo di diffusione nei canali dei pori, sono state messe a punto tecniche di elettrodeposizione102 e metodi idrocarburici103. La tecnica post-synthesis non permette di controllare facilmente le quantità reali di agente drogante, ma rende comunque la sua distribuzione uniforme in film mesoporosi. Inoltre, le specie droganti presenti nei canali dei pori spesso bloccano i mesopori diminuendo l’estensione della superficie accessibile. Un metodo sol-gel avanzato come il processo EISA consente invece una facile manipolazione della composizione del materiale per semplice miscelazione dei precursori inorganici con i tensioattivi in un opportuno solvente. In questo modo si ottiene una elevata dispersione di ioni metallici o ossidi metallici all’interno della struttura, purchè venga controllata con attenzione la fase di idrolisi e di policondensazione. La compatibilità tra i precursori metallici nella transizione di fase e la crescita del cristallo giocano un ruolo importante nell'evitare la separazione di fase e la formazione di coagulazioni durante la calcinazione. Una strategia di sintesi one-pot è stata anche sviluppata per la reazione di sostituzione104

105

con ioni metallici nella struttura mesoporosa tramite

102

M.N. Patel, R.D. Williams, R.A. May, H. Uchida, K.J. Stevenson, K.P. Johnston, Chem. Mater. 2008, 20 6029– 6040. 103 J.C. Yu, X.C. Wang, L. Wu, W.K. Ho, L.Z. Zhang, G.T. Zhou, Adv. Funct. Mater. 2004, 14 1178–1183. 104 J. Fan, S.W. Boettcher, G.D. Stucky,Chem. Mater. 2006, 18, 6391–6396. 105 M.H. Bartl, S.W. Boettcher, K.L. Frindell, G.D. Stucky, Acc. Chem. Res. 2005, 38 263–271.

32


introduzione di colloidi stabilizzati di nanoparticelle metalliche in una iniziale soluzione sol106 107.

1.5 APPLICAZIONI DELLA TiO2 NANOMETRICA Un fotocatalizzatore è una sostanza semiconduttiva che può essere attivata chimicamente dalla radiazione luminosa che provoca la reazione di ossidoriduzione con conseguenti effetti di fotocatalisi o fotoattività 108. Il meccanismo della fotocatalisi è simile al meccanismo della fotosintesi nelle piante, nel quale la clorofilla agisce come catalizzatore per produrre ossigeno dall'anidride carbonica e dall’acqua. La clorofilla è un fotocatalizzatore molto potente, dove ogni singolo elemento del processo è stato ottimizzato fino a raggiungere un grado di complessità e di efficienza ancora lontano per la nostra tecnologia. Ciononostante, è possibile ricavare diversi suggerimenti dal meccanismo della fotosintesi. Finora, sono state condotti molti studi per individuare fotocatalizzatori efficienti. Sinora l’ossido di titanio risulta essere il fotocatalizzatore più efficace, utilizzabile anche in ambito industriale. I meccanismi della reazione fotocatalitica sono stati ampiamente studiati. Il principio d’azione del semiconduttore nella reazione è molto semplice: l’illuminazione della superficie di TiO2 induce la separazione di due tipi di cariche, ovvero un elettrone (e-) e una lacuna (h+). Per la produzione di queste 106

L.N. Protasova, E.V. Rebrov, T.S. Glazneva, A. BerenguerMurcia, Z.R. Ismagilov, J.C. Schouten, J. Catal. 2010, 271, 161–169. 107 O. Muraza, E.V. Rebrov, A. BerenguerMurcia, M.H.J.M. de Croon, J.C. Schouten, Appl. Catal. A: Gen. 2009, 368, 87–96. 108 A. Heller, Acc. Chem. Res. 1981,14, 154.

33


due cariche è necessaria un’energia sufficiente a promuovere un elettrone dalla banda di valenza alla banda di conduzione del semiconduttore, lasciando una lacuna nella banda di valenza. La ricombinazione dell’elettrone con la lacuna è relativamente lenta rispetto a quello che avviene nei conduttori, dove la ricombinazione si verifica immediatamente.

h + + e-

TiO2 + hν

L’energia richiesta per la promozione degli elettroni alla banda di conduzione deve essere fornita dai fotoni e dipende dal valore di band gap, caratteristico di ogni materiale. Il band gap è la differenza di energia tra l’HOMO (Highest Occupied Molecular Orbital) per l’elettrone nella banda di valenza e il LUMO (Lowest Occupied Molecular Orbital) nella banda di conduzione, e corrisponde alla minima energia necessaria per rendere il materiale elettricamente conduttivo109. L’energia del band gap della titania come anatasio puro è di 3.2 eV, che corrisponde ad una lunghezza d’onda di 388 nm110. La lacuna foto indotta (h+) può ossidare una molecola donatrice (D) assorbita sulla superficie della TiO2

D + h+

· D+

mentre l’elettrone nella banda di conduzione può ridurre una molecola accettrice (A). 109 110

Benedix R., Dehn F., Quass J., Orgass 2000, 157-167. Fujishima A., Hashimoto K., Watanabe T., BCW 1999.

34


A + e-

· A-

La forza ossidativa delle lacune consente l’ossidazione dell’acqua a formare un radicale ossidrile (·OH). H2O + h+

· OH + H+

D’altra parte l’ossigeno può agire come accettare di un elettrone, ed essere ridotto dalla promozione dell’elettrone nella banda di conduzione per formare un radicale-ione superossido (·O-).

O2 + e-

2 O-

Il radicale-ione superossido è una particella molto reattiva in grado di ossidare altre molecole organiche (figura 1.4).

Figura 1.4: Principio di fotocatalisi della TiO2 .

L’attività fotocatalitica di un semiconduttore è controllata in gran parta da:

35


(i) le proprietà di assorbimento della luce, ovvero l’ampiezza dello spettro di assorbimento e l’assorbività molare; (ii) il grado di ossidazione e riduzione sulla superficie; (iii) il tasso di ricombinazione elettrone-lacuna. Un’area superficiale con una costante di densità superficiale adsorbente elevata porta ad una maggiore velocità di reazione fotocatalitica. In questo senso, più grande è la superficie specifica, più alta è l’attività fotocatalitica. D'altra parte, la superficie è del semiconduttore è in genere ricca di difetti, e una superficie più grande favorisce velocemente la ricombinazione degli elettroni con le lacune. Inoltre, più è alto il grado di cristallinità, minori sono i difetti, e maggiore è l'attività fotocatalitica. Le alte temperature migliorano la cristallinità dei nanomateriali, che a loro volta possono indurre l'aggregazione delle piccole nanoparticelle e la diminuzione della superficie. Il rapporto tra le proprietà fisiche e l’attività fotocatalitica è comunque piuttosto complicato,e le condizioni ottimali vanno cercate caso per caso. Il cosiddetto “livello di repellenza” sulla superficie di uno specifico materiale può essere misurato dall’angolo di contatto con l’acqua, con una superficie idrofobica che ha un valore dell’angolo di contatto più alto rispetto ad una superficie idrofilica. Il cosiddetto effetto superidrofilico della TiO2 si presenta quando, dopo un periodo di moderata illuminazione

36

della superficie con


radiazione UV, l’angolo di contatto diventa approssimativamente 0° 111. Quando l’illuminazione viene bloccata, l’effetto scompare. Se la superficie è preparata con un materiale in grado di trattenere l’acqua, come il silicone o il gel di silice, l’effetto idrofilico può essere mantenuto anche dopo che il materiale si trova al buio. Questo effetto è anche dovuto alla produzione di lacune perché gli elettroni tendono a ridurre il catione Ti(IV) a Ti(III). Questo processo determina l’espulsione di atomi di ossigeno con la formazione di lacune che vengono coperte da molecole di acqua formando gruppi –OH sulla superficie di TiO2. Tali proprietà dei film di TiO2, hanno portato ad impiegare i sistemi nanometrici in varie applicazioni come sensori per gas, occhiali da sole e vetri112

113

poiché

conferiscono funzione antinebbia a substrati vetrosi, per la purificazione delle acque ma soprattutto hanno un ampio impiego nell’ambito energetico come produttori di energia elettrica e produttori di idrogeno in dispositivi fotovoltaici e fotoelettrochimici.

1.5.1 APPLICAZIONI FOTOVOLTAICHE Le celle solari convenzionali, costituite da silicio cristallino114 115 116, convertono la luce in energia elettrica tramite l’effetto fotoelettrico che avviene all’interfaccia di semiconduttori in sistemi detti wafer.

111

Fujishima A., Rao TN, Tryck DA, Photochem. Rev. 2000. Z. Z. Gu, A. Fujishima, O. Sato, Angew. Chem. Int. Ed. 2002, 41, 2067. 113 L. Sirghi, T. Aoki, Y. Hatanaka, Surf. ReV. Lett. 2003, 10, 345. 114 M. Gratzel, Nature 2001, 414, 338. 115 M. Gratzel, Prog. PhotoVolt. 2000, 8, 171. 116 M. Gratzel, J. Sol-Gel Sci. Technol. 2001, 22, 7. 112

37


Il processo fotovoltaico alternativo della DSSC117 (Dye Sensitized Solar Cell o cella di Gräztel, figura 1.5), basato su elettrodi di TiO2, è ampiamente studiato. Il cuore del sistema è costituito da film nanocristallini di TiO2 con un monostrato di colorante organico chimicamente legato alla sua superficie. Possono essere utilizzati tutti quei coloranti che posseggono gruppi chimici adatti per legarsi alla TiO2, come complessi di metalli di transizione o coloranti organici quali porfirine118

119

, curarine120 e ftalocianine121

122

. Il film viene

inserito nella cella a contatto con un vetro trasparente e conduttore insieme ad un elettrolita redox.

Figura 1.5: Cella di Grätzel.

Le reazioni coinvolte nel processo complessivo sono le seguenti: 117

M. Gratzel, J. Photochem. Photobiol. A 2004, 164, 3. A. Kay, M. Gratzel, J. Phys. Chem. 1993, 97, 6272. 119 H. Mao, H. Deng, H. Li, Y. Shen, Z. Lu, H. Xu, J. Photochem. Photobiol. A. Chem. 1998, 114, 209. 120 J. M. Rehm, G. L. McLendon, Y. Nagasawa, K. Yoshihara, J. Moser, M. Gratzel, J. Phys. Chem. 1996, 100, 9577. 121 J. Fang, J. Wu, X. Lu, Y. Shen, Z. Lu, Chem. Phys. Lett. 1997, 270, 145. 122 M. K. Nazeeruddin, R. Humphry Baker, M. Gratzel, D. Wohrle, G. Schneider, A. Hirth, N. Trombach, J. Porphyr. Phthalocya. 1999, 3, 230. 118

38


1. colorante + luce → colorante eccitato 2. colorante eccitato + TiO2

→ e- (TiO2) + colorante ossidato

3. colorante ossidato + 3/2 I- → colorante + ½ I34. ½ I3- + e- (contro-elettrodo) → 3/2 I-. La foto-eccitazione del sensibilizzante prodotta dall’illuminazione porta un elettrone nella banda di conduzione della TiO2. Lo stato originale del colorante viene successivamente ripristinato dalla donazione di elettroni da parte dell'elettrolita, solitamente un sistema redox, come la coppia ioduro/triioduro, solubilizzato in un solvente organico. La rigenerazione del sensibilizzante da parte dello ioduro impedisce che l'elettrone venga catturato dalla banda di conduzione del colorante ossidato. Lo ioduro viene rigenerato a sua volta dalla riduzione dello triioduro al controelettrodo, e il circuito

viene completato

tramite migrazione degli elettroni attraverso il circuito esterno. Le particelle di biossido di titanio agiscono da accettori di elettroni, lo ioduro agisce da donatore di elettroni e il colorante funziona come una “pompa” fotochimica. Il valore massimo di fotovoltaggio è dato dalla differenza dell’energia degli elettroni tra il potenziale redox dell’elettrolita e la banda di conduzione del conduttore. La separazione di carica si verifica a causa delle forze trainanti dell'entalpia e dell’entropia tra colorante ed elettrone. Attualmente la ricerca è volta a rendere le celle solari più economiche e/o più efficienti, in modo da poter competere più efficacemente con le altre fonti di energia. 39


1.5.2 APPLICAZIONE FOTOELETTROCHIMICA: PRODUZIONE DI IDROGENO ATTRAVERSO WATER SPLITTING

La prima cella foto elettrochimica, PEC, fu costruita nel 1972 da Fujishima ed Honda123. Il principio base della decomposizione fotoelettrochimica dell’acqua consiste nella conversione dell’energia radiante del sole in energia elettrica, all’interno di una cella che contiene due elettrodi, uno dei quali è costituito da un ossido semiconduttore capace di assorbire la radiazione luminosa, immersi in una soluzione acquosa di un elettrolita inerte. La reazione complessiva 2hν + H2O(l) → ½O2(g) + H2(g) può essere suddivisa in tre semireazioni:

1. 2hν → 2e- + h+ 2. 2h+ + H2O(l) → ½O2(g) + 2 H+ 3. 2 H+ + 2e- → H2(g)

dove h è la costante di Planck, ν la frequenza della radiazione incidente, el’elettrone e h+ le lacune. Il semiconduttore TiO2 assorbe fotoni con energia superiore al suo valore di band gap, mentre elettroni e lacune vengono formati rispettivamente nella banda di conduzione e nella banda di valenza. I trasportatori di carica fotogenerati sono a questo punto in grado di dar luogo a reazioni redox in soluzione acquosa, portando allo splitting dell’acqua. Le lacune elettroniche ossidano infatti le molecole di acqua al fotoanodo, 123

T. Bak, J. Nowotny, M. Rekas, C.C. Sorrell, International J. Of Hydrogen Energy 2002, 27, 991.

40


producendo ossigeno gassoso4. Contemporaneamente gli ioni H+ migrano, attraverso la soluzione, verso il catodo dove vengono ridotti ad idrogeno molecolare. Perché il processo avvenga sono importanti sia l’ampiezza del band gap che l’energia della banda di conduzione e della banda di valenza. Il livello inferiore della banda di conduzione, LUMO, deve essere più negativo del potenziale di riduzione di H+/H2 (0 V vs NHE), mentre il livello superiore della banda di valenza, HOMO, deve essere più positivo del potenziale di ossidazione di O2/H2O (1,23 V) (figura 1.6). Il potenziale è legato sia alle proprietà termodinamiche del sistema che ad altri fattori, come la separazione di carica all’interfaccia e la mobilità degli elettroni e delle lacune fotogenerati che influenzano le proprietà fotocatalitiche della matrice. Questi fattori sono dipendenti dalle proprietà dei materiali come la cristallinità, ’l'estensione dell’area superficiale, la presenza di gruppi funzionali e i siti di reazione attivi sulla superficie.

Figura 1.6: Bande di TiO2 interessate allo water splitting

41


Le celle fotoelettrochimiche per la produzione di idrogeno dall’acqua sono celle in quarzo a due o, più comunemente, a tre elettrodi. Una tipica PEC (figura 1.7) a tre elettrodi è costituita da: - un elettrodo lavorante (WE), generalmente un film semiconduttore depositato su un substrato di vetro conduttivo (ITO), che funge da fotoanodo; - contro-elettrodo (CE ), di solito un filo di Pt metallico, che funge da catodo; - un elettrodo di riferimento (RE), Ag/AgCl o SCE; - infine una soluzione di elettrolita di supporto (KOH 1M o NaOH 1M acquoso).

Figura 1.7: Cella elettrochimica per lo splitting dell’acqua con fotoanodo di TiO2.

Le produzione misure di sviluppo di idrogeno vengono effettuate sottoponendo la PEC alla radiazione solare, e imponendo per un determinato intervallo di tempo una differenza di potenziale tra l’elettrodo di lavoro e l’elettrodo di riferimento, il cui valore è ricavato dalla curva di densità di fotocorrente o di efficienza di conversione in funzione del potenziale (figura 1.8). La velocità di

42


evoluzione di idrogeno durante l’elettrolisi viene determinata mediante tecniche a potenziale controllato o, piÚ comunemente, per via gascromatografica.

Figura 1.8: Variazione della densitĂ di foto corrente (curva rossa) e di efficienza di foto conversione (curva nera) in funzione della variazione di potenziale. 124

124

K. Shankar, J. I. Basham, N. K. Allam, O. K. Varghese, G. K. Mor, X. Feng, M. Paulose, J. A. Seabold, K. S. Choi, C. A. Grimes, J. Phys. Chem. C 2009, 113, 6327.

43


44


CAPITOLO 2 – PARTE SPERIMENTALE Tutti i reattivi utilizzati per la sintesi e per la preparazione e caratterizzazione dei materiali sono forniti da Sigma-Aldrich. 2.1. SINTESI DI TiO2 MESOPOROSA La sintesi è stata effettuata prendendo spunto dalle metodiche di Ozin e coll.125 e di Sanchez e coll.126, successivamente modificate da L. Chen e coll.127 La reazione generale che avviene inizialmente è l’idrolisi dei precursori acido – base nel solvente:

TiCl4 + Ti(OBu) 4

P123

TiOX ClY(OH)Z

(X /2 + Y + Z = 4)

EtOH

In un becker da 50 ml è stato dissolto circa 1 g di P123 in 20 ml di etanolo, sono stati aggiunti 1,0 ml di TiCl4 (9,1 * 10-3 mol) e 0,78 ml di Ti(OBu)4 (2,3 * 10-3 mol), e la soluzione è stata lasciata sotto agitazione per due ore a temperatura ambiente. In alcuni casi (vedi tabella 2.1) è stato aggiunto un volume di acqua compreso tra 0,3 e 1,3 mL e la soluzione è stata lasciata sotto agitazione per altri 5 minuti. La miscela di reazione è stata quindi trasferita in una capsula di Petri e messa in stufa per 24 ore a 40 °C con un tenore di umidità compreso tra il 40 e 60%. Per tenere costante il valore dell’umidità si è utilizzata una soluzione

125

Choi S. Y., Mamak M., Coombs Neil, Chopra N., Ozin G. A., Adv. Funct. Mater. 2004, 14, 335. Crepaldi E. L., Soler-Illia G. J. A. A., Grosso D., Cagnol F., Ribot F., Sanchez C. J., Am. Chem. Soc. 2003, 125, 9770. 127 L. Chen, B. Yao, Y. Cao, K. Fan, J. Phys. Chem. Soc. 2007, 111, 11849-11857. 126

45


acquosa di Mg(NO3)2

128

. Il gel così ottenuto è stato trasferito in muffola e

sottoposto al trattamento finale di calcinazione all’aria a 350°C per due giorni, secondo lo schema sotto riportato (tabella 2.1).

Temperatura

Tempo

Velocità

°C

ore

°C/min

1a rampa

350

48

1

2a rampa

100

____

20

Tabella 2.1: Trattamento di calcinazione.

Sono stati preparati in questo modo otto campioni (tabella 2.2), che differivano tra loro per uno dei seguenti parametri: • quantità dei reagenti precursori; • tensioattivo utilizzato inizialmente; • quantità di acqua distillata aggiunta dopo la prima fase di agitazione per due ore; • tempo di permanenza in stufa.

128

CRC Handbook of Chemistry and Physics - 87th ed [2006-2007]

46


Camp.

I II III IV V VI VII VIII

Quantità di reagenti (ml)

TiCl4 Ti(OBu)4 TiCl4 Ti(OBu)4 TiCl4 Ti(OBu)4 TiCl4 Ti(OBu)4 TiCl4 Ti(OBu)4 TiCl4 Ti(OBu)4 TiCl4 Ti(OBu)4 TiCl4 Ti(OBu)4

1,00 0,78 1,00 0,78 1,00 0,78 1,00 0,78 1,00 0,78 1,00 0,78 2,00 0,78 0,50 0,78

Quantità di acqua (ml)

Tensioattiv o

Tempo di essiccazione (giorni)

____

P123

1

1,1

P123

1

1,3

P123

1

0,3

P123

1

0,5

P123

30

_____

F127

1

0,3

P123

1

0,3

P123

1

Tabella 2.2: Variazioni sulla preparazione dei campioni.

2.2 CARATTERIZZAZIONE DELLE MATRICI MESOPOROSE I materiali sintetizzati sono stati caratterizzati mediante diffrattometria ai raggi X a basso e ad alto angolo, utilizzando un diffrattometro Rigaku DMax 500 (figura 2.1) in geometria Bragg-Brentano equipaggiato con un tubo per emissione di radiazione X Cu Kα e monocromatore di grafite sul raggio diffratto. Le scansioni sono state effettuate ad intervalli angolari selezionati in condizioni di alta risoluzione. I campioni in polvere sono stati preparati depositando il materiale da analizzare su un portacampioni in vetro, che permette di collocare un quantitativo di polvere ideale tale da ottimizzare la qualità dei diffrattogrammi. I campioni sottoposti a TG-DTA sono stati analizzati ai raggi X depositando la polvere su un nastro adesivo, che veniva poi 47


fissato su un portacampioni in alluminio. I profili XRD ottenuti sono stati analizzati mediante il metodo di Rietveld129, utilizzando il codice di simulazione numerica MAUD130.

Figura 2.1: Diffrattometro Rigaku DMax

La caratterizzazione morfologica delle polveri è stata effettuata mediante microscopia elettronica a trasmissione (TEM), in cui l’informazione è portata dagli elettroni trasmessi in modo da formare un immagine ad alta risoluzione. La porzione del campione studiata è uniformemente irradiata da un raggio elettronico parallelo con un energia di 200 keV. I campioni sono stati preparati mediante dispersione di una piccola quantità di polvere in etanolo e la sospensione è stata poi depositata in una griglia in holey-carbon utilizzata come supporto nella misura.

129

The Rietveld Method, R.A. Young ed., Oxford Science Publications 1992. W.I.F. David, K. Shankland, L.B. McCusker, and Ch. Baerlocher ed.Structure Determination from Powder Diffraction Data, , Oxford Science Pubblication 2002. 130

48


L’analisi termica è stata effettuata tramite termogravimetria accoppiata ad analisi termica differenziale (TG-DTA). Questa tecnica permette di valutare la stabilità termica della matrice, la temperatura di transizione vetrosa (Tg) di materiali amorfi e semicristallini, la purezza del materiale e l’identificazione di materiali incogniti. Nel corso dell’esperimento TG-DTA si misura la differenza di temperatura tra il campione in esame e un campione di riferimento al variare della temperatura in funzione del tempo. Le determinazioni TG-DTA sono state effettuate in atmosfera inerte (Ar) nell’intervallo 30-1300°C, con una velocità di scansione pari a 5°C/min. La caratterizzazione calorimetrica è stata condotta con un DSC 7 Perkin Elmer a compensazione di potenza e ad un’apparecchiatura Labsys Setaram. La valutazione dell’area superficiale è stata effettuata tramite la tecnica BET, mentre le dimensioni dei pori dei singoli campioni sono state valutate applicando il metodo BJH131. Le matrici sono state sottoposte ad adsorbimento e desorbimento di azoto alla temperatura di 77 K, corrispondente alla temperatura dell’azoto liquido, utilizzando un’apparecchiatura Sorptomatic 1990 Fisons (figura 2.2).

131

P.A. Webb, C. Orr., Analytical methods in fine particles technology 1997, Norcross, Ga: Micromeritics Instrument Corp.

49


Figura 2.2: Sorptomatic 1990 Fisons per la B.E.T.

2.3 PREPARAZIONE DEI VETRINI La matrice, ottenuta con il processo di sintesi sopra descritto, viene depositata su un vetro ITO (ossido di indio e stagno) che costituirà il fotoanodo nelle prove di elettrochimica. Prima di effettuare la deposizione, il vetro ITO viene lasciato in una soluzione di EtOH per qualche minuto, in modo da ripulire la superficie del vetrino da eventuali contaminazioni esterne e favorire la deposizione di TiO2. Il materiale da depositare viene preparato a partire da circa 0,1 g di TiO2 , che vengono macinati in un mortaio per alcuni minuti. Si aggiungono quindi 1,60 mL di EtOH e 0,06 g di PEG (polietilene glicole) 20.000, che agiscono da collanti, continuando a macinare per qualche minuto. La miscela viene quindi trasferita in un becker e lasciata in sonicatore per 5 minuti a 60 °C. Con un pezzo di nastro adesivo si delimita una parte del vetrino e con un pennello si distribuisce uniformemente la miscela di TiO2, ottenendo un film di spessore 50


corrispondente allo spessore del nastro adesivo. Successivamente il film depositato sul vetro ITO viene trasferito in muffola, alle condizioni riportate in tabella 2.3, in modo da allontanare PEG e EtOH.

Temperatura

Velocità

tempo

(°C)

(°C/min)

(ore)

1a rampa

450

1

1

2a rampa

25

20

3

Tabella 2.3: Trattamento di calcinazione dei depositi.

2.4 PROCEDURA OPERATIVA PER LA REGISTRAZIONE DEGLI SPETTRI UV-Vis Gli spettri UV-Vis sono stati registrati su soluzioni in concentrazione 10-5 o 10-4 M di TiO2 in H2O distillata, preparate a partire da soluzioni 10-2 M. In un primo set di misure i campioni in concentrazione 10-2 M sono stati lasciati sotto agitazione a temperatura ambiente per 24 h, in seguito sono stati diluiti ad una concentrazione 10-3 M e lasciati ancora un’ora sotto agitazione; lo stesso procedimento è stato ripetuto successivamente, fino ad ottenere soluzioni in concentrazione 10-5 M, lasciate sotto agitazione per un’ora prima della registrazione dello spettro. In un secondo set di misure i campioni di TiO2 sono stati dispersi in H2O distillata in quantità tali da ottenere concentrazioni di campione 10-2 M: le sospensioni sono state lasciate sotto agitazione a temperatura ambiente per 24 h e successivamente sottoposte a sonicazione a 60°C per 10 minuti. Le soluzioni così ottenute sono state diluite gradualmente, al fine di favorire una migliore 51


distribuzione della sospensione di titania, e tutte le soluzioni, sia quelle intermedie (10-3 M) che quelle finali (10-4 M), sono state sonicate a 60°C per 10 minuti. Il valore di band-gap ottico (Eg,opt) è stato calcolato in base al valore della λ di onset (cioè la lunghezza d’onda corrispondente all’intersezione della retta tangente al picco di assorbimento della titania con la linea di base), secondo l’equazione E=hc/λ, dove h è la costante di Planck (6.626 10-34 J·s) e c è la velocità della luce (2.998 108 m·s-1). Considerando il fattore di conversione da J a eV (1 J = 6.242·1018 eV) si ottiene l’espressione E=1239,81/ λ (eV). 2.5

PROCEDURA

VOLTAMMETRIA

OPERATIVA CICLICA,

NEGLI

ESPERIMENTI

VOLTAMMETRIA

A

DI

SCANSIONE

LINEARE DEL POTENZIALE E DI ELETTROLISI A POTENZIALE CONTROLLATO Tutte le caratterizzazioni elettrochimiche e fotoelettrochimiche sono state effettuate su sistema computerizzato AUTOLAB PGSTAT 12 (Ecochemie, The Netherlands) interfacciato con Personal Computer in ambiente Windows 98, usando il software di gestione GPES. Le prove voltammetriche e di sviluppo di idrogeno sono state effettuate su una soluzione acquosa di NaOH 1 M in una cella costituita da un bicchiere in quarzo dotato di tappo con 4 alloggiamenti, tre per gli elettrodi e uno per il sistema di gorgogliamento del gas inerte (Ar). Gli elettrodi utilizzati nel corso della caratterizzazione elettrochimica sono: • elettrodo di lavoro: film di ossido di titanio depositato su un vetro conduttivo otticamente trasparente a base di ossidi di indio e stagno (ITO); 52


• elettrodo di riferimento: Ag/AgCl acquoso; • contro-elettrodo: filo di platino (Pt). Prima di ciascuna caratterizzazione, nella cella è stato fatto gorgogliare Ar anidro per circa 30 minuti. Allo scopo di valutare la finestra catoanodica disponibile, è stato inizialmente registrato il responso voltammetrico del sistema solvente (fondo), utilizzando come elettrodo di lavoro un vetro ITO quale senza alcun deposito di titania. Il vetro ITO è stato quindi sostituito con un analogo supporto modificato con il deposito di ossido di titanio come elettrodo lavorante, si è fatta degasare la soluzione con Ar per altri 10 minuti, ed infine è stato registrato il responso voltammetrico. La caratterizzazione fotoelettrochimica dei supporti di TiO2 è stata effettuata registrando dapprima una voltommetria a scansione lineare del potenziale (LSV, velocità di scansione 5 mV/s) in assenza di luce, avendo l’accortezza di avviare la scansione una volta che il potenzionale di circuito aperto si fosse stabilizzato. Successivamente gli stessi film sono stati sottoposti ad illuminazione mediante simulatore solare e, una volta raggiunto un valore stabile di potenziale di circuito aperto, è stata registrata la curva corrente-tensione corrispondente. A seguire, nella stessa cella sono state effettuate le prove di evoluzione di idrogeno, applicando un potenziale costante, scelto in base alle misure di fotocorrente ottenute tramite LSV, per un tempo di 30 min, sotto irraggiamento con simulatore solare. Dai responsi carica/tempo registrati viene infine ricavata la quantità di idrogeno sviluppata, espressa in μmoli H2/ora. I film di titania 53


sono

stati

sottoposti

alla

radiazione

solare

del

60%

con

ABET

TECHNOLOGIES Sun 2000 Solar Simulator, dotato di lampada allo xenon, avente una potenza di 150 W.

54


CAPITOLO 3 – RISULTATI E DISCUSSIONE 3.1 ANALISI STRUTTURALE E MORFOLOGICA È noto dalla letteratura scientifica che un aspetto cruciale nello studio dei materiali prevede la messa a punto di un opportuno protocollo in grado di mettere in relazione le condizioni di sintesi e le caratteristiche microstrutturali dei materiali stessi. Per questo motivo, nella prima parte del lavoro si è cercato di variare le condizioni di sintesi in modo da valutare la relazione delle caratteristiche cristallografiche delle polveri ottenute con le quantità di precursore utilizzate e con il tempo di permanenza in stufa. Come già riportato nel capitolo 2, sono stati preparati otto campioni. Il primo campione non ha subito nessuna variazione rispetto alla metodica

di

letteratura132. Nel secondo, terzo e quarto campione è stata aggiunta un’aliquota di acqua distillata, rispettivamente di 1,1 ml, 1,3 ml e 0,3 ml. Nel quinto campione, oltre all’aggiunta di 0,5 ml di acqua, è stato anche aumentato il tempo di essiccamento a 30 giorni. In tutti i casi il surfattante utilizzato è stato il P123, sesto con l’eccezione del campione VI per il quale è stato impiegato l’F127. Infine, per la sintesi dei campioni VII e VIII sono stati aggiunti circa 0,3 ml di acqua ed è stata variata la concentrazione del precursore acido. La caratterizzazione strutturale e cristallografica delle polveri di TiO2 sintetizzate è stata effettuata mediante Diffrazione dei Raggi X per polveri 132

L. Chen, B. Yao, Y. Cao, K. Fan, J. Phys. Chem. Soc. 2007, 111, 11849-11857.

55


(XRPD), condotta in differenti regioni angolari per avere informazioni proprie su eventuali fenomeni di ordine reticolare locale e a lungo raggio. In figura 3.1 è riportato un pattern XRD a bassi angoli per il campione TiO2 IV, nell’intervallo angolare compreso tra 0,5 e 6 gradi in 2θ. Come si evince dal diffrattogramma, l’assenza di picchi di Bragg è facilmente associabile ad una mancanza di ordine nella distribuzione dei pori. Tale caratteristica è stato riscontrata con piccole differenze nei pattern (non riportati) corrispondenti alle analisi XRPD effettuate sugli altri sistemi preparati.

Figura 3.1: Sequenza di pattern XRD CuKα relativi ai campioni di TiO2 a bassi angoli (a titolo di esempio si mostra il campione IV).

La natura cristallina delle polveri sintetizzate è evidente dall’analisi dei diffrattogrammi XRPD ad alto angolo riportati in figura 3.2.

56


Experimental Fit

Anatase Rutile

Intensity (a.u.)

1 5

4 8 7

20 30 40

50 60

70 80 90 100 110 120

Scattering angle, 2θ Figura 3.2: Sequenza di pattern XRD CuKα relativi ai campioni di TiO2. ad alti angoli. Nella figura sono riportati i pattern dei campioni I,IV,V,VII,VIII.

L’interpolazione dei profili diffrattometrici ha permesso di identificare e quantificare le fasi presenti nelle polveri preparate. I campioni che hanno mostrato un'unica fase, ovvero quella dell’anatasio puro, sono i campioni I, II, III e VI, perciò per questi campioni è riportato in figura 3.2 un unico pattern. La valutazione dei dati diffrattometrici suggerisce che le condizioni iniziali, quali surfattante e quantità d’acqua (0, 1,1 e 1,3 ml), non abbiano influito sulla struttura cristallina formatasi nella fase di gelazione. Al contrario, nei restanti campioni (IV, V, VII e VIII) è rilevabile la presenza di entrambe le strutture polimorfe, anatasio e rutilo. Per rendere più semplice il confronto, i diffratogrammi in figura 3.2 sono riportati in ordine crescente

57


rispetto alla quantità di fase rutilo presente nelle matrici. In tabella 3.1 sono riportate le percentuali relative delle due fasi in ciascun campione. campione

% anatasio

% rutilo

I, II, III, VI

100

_________

V

98,3

1,7

VIII

91,5

8,5

IV

87,8

12,2

VII

74,0

26,0

Tabella 3.1: Percentuali in peso delle fasi presenti all’interno del materiale sintetizzato.

Nel pattern del campione VII si evidenzia una maggiore percentuale in peso di Rutilo, dovuta presumibilmente alla maggiore concentrazione del precursore inorganico acido, come riportato anche in letteratura127. Infine, dai nostri dati si può riscontrare che l’aggiunta di una minima quantità di acqua pari a 0,3 ml e 0,5 ml ha favorito la crescita della fase mista cristallina Anatasio/Rutilo. Per i campioni in cui non è stata aggiunta nessuna aliquota di acqua (I e VI), si è osservata invece la fase Anatasio pura così come per i campioni (II e III) dove la quantità di acqua aggiunta è stata superiore a 1,0 ml. Un aspetto interessante da sottolineare riguarda il campione VII, dove le quantità relative di Anatasio e Rutilo presenti nel campione sono molto simili a quelle della Titania commerciale P25 (Anatasio 80%, Rutilo 20%), conosciuta per le sua attività fotocatalitica altamente performante. I campioni così come preparati, sono stati in seguito trattati a due differenti temperature (800°C e 1300°C) mediante un apparato termogravimetrico così da 58


investigare la stabilità termica. I materiali trattati sono stati sucessivamente analizzati mediante XRPD per valutare le fasi presenti dopo il trattamento termico. In figura 3.3 sono presenti i tre pattern relativi al campione I a due diverse T oltre a quella di calcinazione. Attraverso questa serie di diffrattogrammi è possibile evidenziare che le polveri trattate a 800°C sono costituite dal 100% di Anatasio. Rispetto al campione di partenza il profilo dei picchi rimane molto più stretto a causa di un aumento del grado di cristallinità del campione dovuto al processo di sinterizzazione a cui sono state sottoposte le polveri. A 1300°C invece avviene la completa transizione policristallina Anatasio-Rutilo, in accordo con quanto pubblicato da Hwa e al.2, e descritto nello stato dell’arte di questo lavoro tesi.

Intensity (a.u.)

Anatase Rutile

20

1300°C

800°C

350°C

30

40

50

60

70

80

Scattering angle, 2θ Figura 3.3: Sequenza di pattern XRD CuKα relativi ai campioni di TiO2 I dopo Tg a 800°C e 1300°C.

Al fine di valutare il grado di ordine delle matrici preparate e le dimensioni delle particelle, l’indagine diffrattometrica è stata affiancata da analisi di microscopia elettronica a trasmissione, TEM. Le seguenti immagini in figura 3.4, mostrano 59


rispettivamente le immagini del campione VII prima (A) e dopo (B) la calcinazione.

Figura 3.4: Immagini TEM della TiO2 VII prima (A) e dopo (B) la calcinazione. Nei riquadri in alto a sinistra sono state inserite le immagini di diffrazione elettronica.

Come primo aspetto possiamo evidenziare la differenze tra i due campioni: nella figura 3.4 (A) si nota come gran parte della matrice è caratterizzata dal presenza del composito surfattante/TiO2. Inoltre, l’immagine di diffrazione elettronica prova la natura amorfa del materiale prima di essere calcinato (assenza dei cerchi nel pattern di diffrazione elettronica). Al contrario, una volta che il surfattante è stato eliminato mediante trattamento termico, figura 3.4 B, il materiale cristallizza come miscela Anatasio/Rutilo (dati presenti in tabella 3.1) e la sua morfologia non cambia rispetto al materiale pre-calcinato. Il campione si presenta come una agglomerato molto compatto di particelle di dimensioni inferiori ai 10 nm e con una distribuzione dei pori chiaramente non omogenea. La maggior parte dei campioni che sono stati preparati hanno riportato quest’ 60


ultima morfologia, da cui si deduce che per poter arrivare ad ottenere una struttura perfettamente ordinata, molto probabilmente è necessario un tempo più prolungato, circa 2 o 3 mesi in stufa.

Fig. 3.5: Immagini TEM della TiO2 I (A) e VI (B). Nei riquadri in alto a sinistra sono state inserite le immagini di diffrazione elettronica.

Nelle immagini TEM in figura 3.5 sono rappresentati i due campioni I (A) e VI (B) in cui è presente la fase pura Anatasio. Nonostante i pattern XRD presentassero profili simili, come si può evincere dalle immagini la morfologia delle particelle cambia sostanzialmente. Nel caso del campione I abbiamo un agglomerato di particelle di dimensioni inferiori ai 10 nm uniformemente distribuite. Nella immagine del campione VI invece possiamo vedere come le particelle presentino dimensioni maggiori (<50) e delimitino dei pori molto più grandi rispetto al caso precedente. In particolare molte particelle presentano una morfologia tipo “ciambella”: la singola particella infatti mostra un poro al suo interno. Da notare che la preparazione dei due set di polveri differiva 61


esclusivamente per il surfattante utilizzato, che chiaramente influenza la microstruttura delle polveri. Inoltre, dalle immagini di diffrazione elettronica si vede chiaramente come il campione VI mostri un tenore di cristallinità superiore rispetto al campione I e che la fase presente sia riconducibile all’anatasio come già appurato mediante XRPD. Un certo grado di ordine è stato invece messo in evidenza dalla indagine al TEM del campione IV e mostrato in figura 3.6.

Figura 3.6: Immagini TEM e della TiO2 IV.

Tale matrice presenta chiaramente dei canali regolari di dimensioni vicine ai 56 nm, relativi ai pori visti longitudinalmente. Comunque, solo una piccola porzione del materiale risultava presentare un certo grado di ordine. Probabilmente la struttura mesoporosa altamente ordinata collassa durante la calcinazione (come probabilmente in questo caso) e in alcuni casi non si forma durante il periodo in stufa per motivi che sono tutt’ora argomento di indagine 62


che possono essere in parte legati ai tempi di stretti di gelazione e il rapporto di acqua-precursore non ideali. Dai dati in letteratura possiamo dire che col metodo EISA si ottengono delle matrici mesoporose contraddistinte da un elevato ordine impartito dai pori. Le polveri sintetizzate in questo lavoro sono di natura mesoporosa ma anche cristalline con un limitato grado dell’ ordine nella struttura. L’area superficiale, le dimensioni e il volume totale dei pori dei diversi campioni preparati sono stati determinati mediante fisisorbimento di N2. A titolo di esempio, in figura 3.7 si riporta l’isoterma di adsorbimento/desorbimento del campione IV: la curva di andata (cerchi bianchi) mostra l’adsorbimento e la curva di ritorno (cerchi blu) identifica il desorbimento fisico dell’azoto gassoso sul solido. Il tratto iniziale dell’isoterma di adsorbimento permette di valutare mediante metodo BET l’area superficiale specifica, mentre dalla forma della curva di isteresi è possibile ricavare informazioni sulla forma e sulle dimensione dei pori in accordo con il metodo BHJ.

63


Figura 3.7: Isoterma di adsorbimento-desorbimento di N2 del campione IV. Nel riquadro in alto la distribuzione della dimensione dei pori.

L’isoterma di adsorbimento-desorbimento di N2 del campione IV calcinato a 350°C mostra una tipica tipologia di isoterma di adsorbimento di tipo IV con una ripida ascesa nella regione compresa tra p/p° 0,60 e 0,95 tipica di materiali mesoporosi. Tale andamento è stato riscontrato per tutti i campioni analizzati. Nel caso specifico dell’analisi riportata in figura 3.7, il materiale presenta un’area superficiale di 105,38 m2 come indicato in tabella 3.2. Il riquadro in alto in fig. 3.4 mostra una distribuzione non perfettamente unimodale dei pori centrata su 7 nm. I dati presenti in tabella 3.2 indicano i valori di area superficiale, volume e dimensione dei pori per i campioni sintetizzati.

64


BET campioni

area

Volume

Dimensione

superficiale

dei pori

(m2g-1)

(cm3g-1)

nm

I

70,24

0,302

15,15

100:0

II

170,11

0,699

13,60

100:0

III

76,63

0,264

10,31

100:0

IV

196,37

0,449

7,10

87,8:12,2

V

149,73

0,643

15,15

98,3: 1,7

VI

105,38

0,435

21,15

100:0

VII

73,13

0,301

13,60

74,0:26,0

VIII

91,87

0,264

7,87

91,5: 8,5

pori

Anatasio/Rutilo

Tabella 3.2: Area superficiale, volume e dimensione dei pori dei campioni preparati

3.2 CARATTERIZZAZIONE UV-Vis DELLE POLVERI DI TiO2 SINTETIZZATE I campioni di titania sintetizzati sono stati sottoposti ad analisi UV-Vis al fine di valutarne il valore del band-gap ottico. A titolo di esempio, in figura 3.8 è riportato lo spettro UV-Vis registrato su una soluzione a concentrazione 10-4 del campione IV dopo sonicazione: si nota la presenza di un massimo di assorbimento (a circa 260 nm) preceduto da una spalla (intorno a 316 nm) probabilmente associabili alla presenza, confermata anche dall’analisi strutturale precedentemente descritta, di due fasi cristalline, ovvero anatasio e rutilo, nel campione. La stessa morfologia si evidenzia anche negli spettri dei campioni I e VIII e della titania commerciale, P25.

65


Figura 3.8: Spettro UV-vis del campione 4 dopo sonicazione

Come riportato anche nella parte sperimentale, gli spettri UV-Vis sono stati effettuati sia sui campioni sottoposti a sonicazione che su campioni sottoposti solo ad agitazione. In figura 3.9 è riportato lo spettro dello stesso campione IV registrato su una sospensione a concentrazione 10-5 ottenuta solo con l’ ausilio dell’agitazione.

Figura 3.9: Spettro UV-vis del campione 4 sottoposto solo ad agitazione.

Come si può notare, i campioni sottoposti solo ad agitazione prima dell’analisi mostrano una diversa morfologia rispetto ai campioni sonicati: infatti i primi presentano un picco stretto e ben definito, mentre i secondi presentano spesso 66


una spalla centrata su valori di energia vicini al visibile. Come riportato in letteratura133, la presenza di due distinti segnali di assorbimento nello spettro è indicativa della presenza di due possibili composizioni del campione, che nel nostro caso sono ragionevolmente attribuibili alla due fasi della TiO2, anatasio e rutilo. Le analisi spettrofotometriche sono confermate dalle analisi strutturali, che indicano la presenza di due fasi cristalline della titania in alcuni dei campioni valutati: per questo motivo si ritiene che gli spettri maggiormente rappresentativi siano quelli registrati sui campioni sottoposti a sonicazione (figura 3.10), che sono quindi stati utilizzati per la valutazione dei valori di band-gap.

Figura 3.10: Sovrapposizione degli spettri UV-Vis dei campioni I-VIII e di un campione di TiO2 commercilae (P25) sottoposti a sonicazione.

Il valore di band-gap di ciascun campione è stato ottenuto utilizzando il valore di lunghezza d’onda di onset, identificato tramite il metodo delle tangenti (figura 3.11).

133

S. U. M. Khan, M. Al-Shahry, W. B. Ingler Jr,, Science 2002, 297, 2243. 67


Figura 3.11: Individuazione della lunghezza d’onda di onset con il metodo delle tangenti.

I valori di λonset e i valori di band-gap corrispondenti per ciascuno dei camponi analizzati sono riportati in tabella 3.3.

I

λonset (nm) (dopo sonicazione) 434

2,86

II

371

3,34

III

389

3,18

IV

410

3,02

V

400

3,10

VI

380

3,26

VII

403

3,07

VIII

390

3,18

P25

420

2,95

campione

Band (eV)

Tabella 3.3 : Valori della lunghezza d’onda di onset e dei band gap

68

gap


Il confronto tra i dati spettroscopici e i dati diffrattometrici sembra indicare l’assenza di correlazione tra la composizione di TiO2 nelle due fasi polimorfe, anatasio e rutilo, e il valore di band-gap. Infatti ai due estremi della scala di band gap si pongono due campioni, I e II, caratterizzati entrambi da una composizione al 100% in anatasio. Il campione VII invece, caratterizzato dalla maggiore % in rutilo, si colloca nella zona centrale della scala di band gap calcolati. Per quanto riguarda la relazione tra parametri sintetici (quantità di reagenti e di acqua, natura del surfattante, tempo di essiccamento) e valori di band gap, sembra che, a parità di tutti gli altri fattori, una variazione nel rapporto TiCl4/Ti(OBu)4 (campioni VII e VIII vs campione IV) rispetto alle indicazioni di letteratura, o una maggiore quantità di acqua (campione III vs campione IV) comportino un aumento di Eg. Allo stesso modo sembra che l’uso del surfattante F127 determini un sensibile peggioramento di Eg rispetto a P123.

3.3

CARATTERIZZAZIONE

ELETTROCHIMICA

DEI

FILM

OTTENUTI DA SOLUZIONI COLLOIDALI DI TiO2 La caratterizzazione elettrochimica dei film di titania sintetizzati è stata effettuata tramite voltammetria ciclica. Questa tecnica permette di valutare i processi redox che avvengono, all’interfaccia di una superficie elettrodica, a carico dei sistemi o in soluzione o sulla superficie elettrodica stessa. Dalla valutazione del voltammogramma è possibile ricavare i valori degli orbitali di frontiera e, dalla loro differenza, il valore di band gap, secondo la formula:

HOMO: - e (4.71 V + Eons-an) LUMO: -e (4.71 V + Eons-cat) dove Eons indica il valore di onset che viene ricavato dal punto di incontro della tangente al picco relativo al processo di interesse, rispettivamente anodico o catodico, con la linea di base (figura 3.12), mentre 4.71 V è il valore di 69


potenziale dell’elettrodo di riferimento ad Ag/AgCl rispetto all’elettrodo standard ad idrogeno (SHE)134,135 nel vuoto.

Figura 3.12: Valutazione del potenziale di onset catodico.

Le caratterizzazioni voltammetriche dei sistemi studiati in questo lavoro di Tesi sono state effettuate in una soluzione acquosa 1M in NaOH, utilizzando come elettrodo lavorante (WE) un vetro ITO su cui sono state depositate le matrici di TiO2 semiconduttive, alla velocità di scansione del potenziale di 100 mV/s. I film di TiO2 sono stati ottenuti dalle polveri disperse in EtOH con PEG e depositate su vetro ITO (per i dettagli si veda la parte sperimentale). Nella figura 3.13 è riportata la sovrapposizione dei responsi voltammetrici relativi a tutti i depositi analizzati, registrati a 100 mV/s, in un intervallo di potenziali compreso tra 0.7 e -1.3 V.

134

135

T. Johansson, W. Mammo, M. Svensson, M.R. Andersson, O. Inganas,J. Mater. Chem 2003, 13, 1316. J. Hou, L. Huo, C. He, C. Yang, Y. Li, Macromolecules 2006, 39, 594.

70


Figura 3.13: Sovrapposizione dei responsi voltammetrici dei depositi di TiO2 analizzati: WE=TiO2/ITO; RE: Ag/AgCl; CE: filo di Pt; v: 100 mV/s.

I responsi catodici, dall’aspetto piuttosto “sdraiato” tipico dei film di ossidi metallici e ascrivibili alla riduzione da Ti(IV) a Ti(III), permettono di ricavare valori di energia del LUMO che, per i campioni considerati, sono compresi tra 3,74 e -3,90 eV. Tali valori risultano più elevati rispetto al valore della TiO2 riportato in letteratura, pari a -4,20 eV136,137, ma confrontabili con il valore ottenuto nelle stesse condizioni per la P25. Nella tabella 3.4 sono riportati i valori dei potenziali di onset catodico relativi a tutti i campioni, valutati come media su tre caratterizzazioni.

136 137

M.N. Shan, S.S. Wang, Z.Q. Brian, J.P. Liu, Y.L. Zhao, Sol En Mat & Sol Cells2009, 93, 1613. W.H. Baek, I. Seo, T.S. Yoon, H.H. Lee, C.M. Yun, Y.S. Kim, Sol En Mat & Sol Cells2009, 93, 1587.

71


Campione

Eonset (V)

Energia del LUMO (eV)

I

-0,966

-3,74

II

-0,807

-3,90

III

-0,930

-3,78

IV

-0,814

-3,89

V

-0,879

-3,83

VI

-0,871

-3,84

VII

-0,861

-3,85

VIII

-0,842

-3,87

P25

-0,769

-3,94

Tabella 3.4: valori di onset e di LUMO per i depositi analizzati.

I risultati riportati in tabella 3.4 indicano che il valore di LUMO più alto è stato ottenuto per il campione I, ottenuto secondo i dati di letteratura128, seguito dal campione III, ottenuto utilizzando la maggiore quantità di acqua (1,3 ml). In accordo con i valori di energia del LUMO, i valori di potenziale di onset per i campioni I e III risultano i più bassi (circa -0,9 V). Viceversa, per i campioni II e IV (in cui le quantità di acqua utilizzate nella sintesi erano rispettivamente di 1,1 ml e 0,3 ml) si registrano i valori più bassi di LUMO. I campioni rimanenti, ottenuti con modifiche sintetiche che riguardano la concentrazione dei reagenti, non presentano sostanziali variazioni nei valori di LUMO calcolati. Da queste prime valutazioni sembra che il valore di energia del LUMO sia influenzato dalle strategie di sintesi utilizzate, con una combinazione di fattori legata alle concentrazioni dei reagenti, ai tempi di essiccamento e al tipo di tensioattivo, che necessita di ulteriori prove per essere meglio compresa.

72


3.4 CARATTERIZZAZIONE FOTOELETTROCHIMICA E MISURE DI EVOLUZIONE DI IDROGENO I film nanometrici di TiO2 sono stati sottoposti a caratterizzazione fotoelettrochimica per valutarne l’applicabilità come fotoanodi in processi fotoelettrochimici, quale la produzione di idrogeno mediante splitting dell’acqua. Le misure di fotocorrente sono state seguite in una soluzione acquosa di NaOH 1M, applicando una rampa di potenziale a velocità costante pari a 5 mV/s, a partire dal potenziale di circuito aperto sino a 1.2 V e irraggiando a intervalli regolari i film nanocristallini con una radiazione avente una densità di potenza di 60 W/cm2. La differenza tra il valore registrato in presenza di luce e quello in assenza di luce è stata utilizzata per determinare il valore di potenziale al quale effettuare l’elettrolisi a potenziale controllato al fine di verificare l’efficienza del sistema nanometrico in esame come fotoanodo nella produzione di idrogeno. La quantità di idrogeno sviluppatasi al catodo nel corso della fotoelettrolisi viene ricavata dal valore della carica finale (in Coulomb), tramite la Legge di Faraday

dove: •

m è la massa della sostanza depositata sul catodo;

M è la massa molare della sostanza;

Q è la carica elettrica totale associata ai portatori di carica che

attraversano la soluzione; •

z è il numero di valenza degli ioni della sostanza (cariche trasferite per

ione); •

F = è la costante di Faraday (pari a 96 485 C/mol).

73


In Figura 3.14 è riportato, a titolo di esempio, il grafico della densità di corrente (J, mA cm-2) in funzione del potenziale applicato (V) relativo al sistema di TiO2 del campione III registrato sotto illuminazione intermittente in NaOH 1M, in un intervallo di potenziali compreso tra il valore di potenziale di circuito aperto e 1.2 V alla velocità di scansione di 5 mV/s.

Figura 3.14: Curva J(A/cm2)/E(V) di un film di TiO2, depositato su ITO (campione III), registrata alternando buio e luce alla velocità di scansione di 5 mV/s in NaOHaq 1M.

Per ciascun deposito sono state registrate le relative curve J–V sia in presenza che in assenza di luce. La Figura 3.15 mostra come

la corrente anodica

registrata esponendo il film alla radiazione solare (curva verde) sia nettamente superiore alla corrente ottenuta al buio (curva blu), e come il responso registrato sotto luce intermittente (curva rossa) coincida alternativamente con le singole curve luce e buio.

74


Figura 3.15: Confronto curve densitĂ di fotocorrente/potenziale applicato relative al sistema nanometrico di TiO2

(campione III) registrate al buio (linea blu), sotto radiazione

intermittente (linea rossa) e alla luce (linea verde) in NaOH 1M.

Nella figura 3.16 viene riportata la sovrapposizione delle curve di risposta alla radiazione solare dei campioni I-VIII e del campione commerciale.

Figura 3.16: Sovrapposizione delle curve LSV sotto irraggiamento dei campioni analizzati.

Nella tabella 3.5 sono riportati i valori di densitĂ di fotocorrente dei depositi di TiO2 sintetizzati e della TiO2 commerciale (P25) valutati in corrispondenza del valore di potenziale dove la corrente aumenta bruscamente.

75


Campione

E(V)

J(A/cm2)

I

0,70

4,01*10-5

II

0,72

8,93*10-5

III

0,74

6,27* 10-5

IV

0,73

3,49*10-5

V

0,69

3,55*10-5

VI

0,66

1,04*10-4

VII

0,72

2,77*10-5

VIII

0,72

2,93*10-5

P25

0,72

2,15*10-5

Tabella 3.5: Valori di densità di fotocorrente per i campioni sintetizzati e per il campione commerciale P25.

Dalla figura 3.16 e dalla tabella 3.5 si può notare che le minori densità di fotocorrente si registrano per il campione commerciale, mentre il valore più elevato si registra per il campione VI, l’unico in cui è stato utilizzato come tensioattivo F127. Allo scopo di confrontare i dati di velocità di sviluppo di idrogeno ottenuti con i diversi campioni di TiO2, si è scelto di effettuare tutte le prove di elettrolisi in corrispondenza dello stesso valore di potenziale (0,90 V), dove i valori di fotocorrente dei diversi campioni (tabella 3.6) seguono lo stesso andamento di quelli riportati in tabella 3.5.

76


campione

J(A/cm2)

I

6,68*10-5

II

8,64*10-5

III

6,42* 10-5

IV

3,67*10-5

V

3,07*10-5

VI

1,37*10-4

VII

3,03*10-5

VIII

3,39*10-5

P25

8,47*10-5

Tabella 3.6: Valori di densitĂ di fotocorrente a 0,90 V per i campioni sintetizzati e per il campione commerciale P25

Gli esperimenti di fotoelettrolisi sono stati effettuati utilizzando il film di titania come fotoanodo, un filo di Pt come catodo e un riferimento ad Ag/AgCl, registrando le curve carica-tempo ad un valore di potenziale controllato di 0,90 V per 30 minuti, e calcolando la velocitĂ di sviluppo di idrogeno in Âľmoli di H2 per ora (tabella 3.7).

77


Campione

Velocità di evoluzione di H2 (μmol/h)

I

10,7

II

10,0

III

14,8

IV

10,9

V

10,7

VI

13,5

VII

6,9

VIII

6,4

P 25

24,0

Tabella 3.7: Velocità di sviluppo di H2 in µmol/h dei campioni sintetizzati

I dati riportati in tabella 3.7 indicano

che la titania commerciale P25 è

caratterizzata da un’elevata attività fotocatalitica, confermando i dati di letteratura138. Se, invece, si confrontano i dati riportati tra le diverse matrici sintetizzate, quelle che hanno riportato una maggiore attività sono quelle in cui l’unica fase presente nel sistema è anatasio puro (campioni I, II, III e VI). In particolare il campione III, che mostra i valori più elevati di fotoattività, è stato preparato con l’aggiunta della quantità di acqua più elevata (1,3 ml), mentre per il campione VI, secondo in ordine di moli di H2 ottenute, è l’unico nella cui sintesi è stato utilizzato come surfattante F127 al posto di P123 (utilizzato in letteratura). I valori più bassi in tabella 3.7 si riferiscono ai campioni VII e VIII per i quali, nella fase di sintesi, era stata tenuta costante la quantità di acqua (0,3 ml) ma era stata variata la concentrazione del reagente acido TiCl4: si ipotizza perciò che tali variazioni abbiano apportato delle modifiche alla struttura cristallina dei campioni, che presentano sia la fase anatasio che rutilo, causando una perdita di fotoattività. 138

A. Bojinova, R. Kralchevska, I. Poulios, C. Dushkin, Mater. Chem. Phys., 2007, 106, 187.

78


L’analisi dei dati di fotoattività riportati nella tabella 3.7 indica che, tra i campioni analizzati, il più efficiente sembra essere il III, caratterizzato da una composizione al 100% in anatasio e per la cui sintesi è stata utilizzata la quantità di acqua maggiore (1,3 mL), mentre il meno efficiente risulta il campione VIII, a basso contenuto di acqua (0,3 mL) ma con il più basso rapporto TiCl4/Ti(OBu)4 (0,5/0,78), e con un rapporto anatasio/rutilo pari a 91,5/8,5.

79



CONCLUSIONI Nel corso di questo lavoro di Tesi è stata sintetizzata una serie di materiali a base di TiO2 mesoporosa, che differivano tra loro per le condizioni di sintesi utilizzate, con lo scopo ultimo di valutarne il possibile utilizzo come fotoanodi in processi fotoelettrochimici. Tutte le sintesi sono state condotte con il metodo sol-gel a partire da una coppia di precursori acido-base costituita da TiCl4 e Ti(OBu)4, variando di volta il rapporto cloruro/alcossido, la quantità di acqua utilizzata, il tipo di surfattante o il tempo di essiccamento nell’ultima fase del processo sintetico. I materiali così ottenuti sono stati sottoposti a caratterizzazione strutturale e morfologica tramite diffrattometria ai raggi X, microscopia di trasmissione elettronica e analisi termica differenziale. I risultati di queste caratterizzazioni suggeriscono che le condizioni di sintesi, in particolare la quantità di acqua utilizzata e la natura del surfattante, influenzano la composizione finale del materiale in termini di percentuale relativa di anatase e rutilo. La caratterizzazione cristallografica delle polveri sottoposte a trattamento termico sino a 1300°C ha evidenziato che, mentre sino a 800°C la fase prevalente è l’anatasio, a 1300°C avviene la completa transizione policristallina alla fase rutilo. Tutti i campioni sintetizzati risultano caratterizzati da un elevato grado di disordine, per ragioni che meritano più approfondite indagini e che sono probabilmente legati a tempi non idonei delle varie fasi di sintesi o ad un rapporto acqua-precursore non ideale. Nella seconda fase del lavoro i campioni sintetizzati sono stati sottoposti a caratterizzazione spettrofotometrica nell’UV-Vis, allo scopo di valutarne il valore 81


di band-gap (Eg). In particolare si è cercato di mettere in relazione il valore di Eg con i dati strutturali ottenuti nella fase precedente. Anche in questo caso si nota un’influenza delle condizioni di sintesi, che però non è immediatamente correlabile con i dati morfologici e strutturali e richiederà analisi più approfondite, possibilmente su un numero maggiore di campioni; si può comunque osservare che il valore di Eg minore è attribuibile al campione IV, che presenta sia le minori dimensioni dei pori che la più elevata area superficiale. I valori di band-gap, per quanto compresi tra 2,86 e 3,34 eV e non ottimali per l’utilizzo della titania come materiale fotocatalitico per la reazione di splitting dell’acqua, risultano sensibilmente inferiori rispetto ai materiali a base di titania ottenuti in precedenza da questo gruppo di ricerca, che avevano fornito valori di Eg pari a 3,57 eV139. Anche la valutazione dei valori di energia del LUMO, ottenuti tramite caratterizzazione voltammetrica, non permette di stabilire delle relazioni evidenti poiché probabilmente le condizioni di sintesi influenzano in maniera non banale anche il valore dell’HOMO, non determinabile tramite voltammetria ciclica nelle nostre condizioni sperimentali. L’ultima fase del lavoro è stata rivolta alla caratterizzazione fotoelettrochimica, volta a verificare la possibilità di applicare tali materiali come fotoanodi in processi fotocatalitici quali il processo di scissione dell’acqua con formazione di idrogeno

molecolare.

Ancora

una

volta

i

dati

delle

caratterizzazioni

fotoelettrochimiche non sembrano facilmente correlabili con i dati strutturali e 139

R. Sanna, Sintesi e caratterizzazione di sistemi nanometrici a base di TiO2 e loro applicazione nello studio di processi foto elettrochimici, Tesi di Laurea, A.A. 2009-2010.

82


saranno perciò oggetto di indagini ulteriori. Si può comunque mettere in evidenza che, rispetto ai materiali sintetizzati in precedenza dallo stesso gruppo di ricerca in cui è stata svolta questa Tesi, i materiali qui riportati mostrano valori di fotocorrente e di velocità di produzione di idrogeno sensibilmente superiori (valore medio nell’ordine dei 60 µA cm-2 contro i circa 5 µA cm-2 e circa 10 µmol H2/h contro circa 0,5 µmol H2/h, rispettivamente).

83



Ringraziamenti: Desidero ringraziare la Dott.ssa Maria Pilo per la fiducia che ha riposto affidandomi questo lavoro, per avermi dato l’ opportunità di lavorare nel suo gruppo di ricerca e per la sua grande disponibilità.

Ringrazio il Dott. Gabriele Mulas per avermi ospitato nel suo gruppo di lavoro durante un periodo della tesi e per i consigli e i supporti dati.

Ringrazio Dott. Sebastiano Garroni per avermi seguito in tutto il periodo di tesi, per le sue idee, le sue revisioni e i suoi incoraggiamenti.

Ringrazio la Dott.ssa Elisabetta Masolo per avermi affiancato nella seconda parte del lavoro, per le sue correzioni e per la sua grande pazienza.

In particolare ringrazio mia madre per avermi dato la possibilità di arrivare sin qui, per i suoi grandi sacrifici e la sua determinazione, per i suoi insegnamenti, per i buoni consigli e per il sostegno che mi ha sempre dato e che continuerà a darmi.

Ringrazio Alessio che mi ha sostenuta e sopportata nei miei sbalzi di umore con tanta pazienza e ha saputo comprendermi in qualunque circostanza.

Un grande ringraziamento a mio nonno, mia nonna, mia zia Tetta e zio Franco per avermi incoraggiata a realizzare i nei miei sogni.

Ringrazio di cuore mio padrino Mario, mia madrina M. Francesca e mia madrina Lucia che in questi anni mi sono stati vicini e hanno condiviso con me tutti i momenti della mia vita.

85


Ringrazio con tanto affetto tutti i miei figliocci e tutti i miei compari e comari, per avermi riposto tanta fiducia, stima e aver creduto in me.

Ringrazio tutti gli amici di AlĂ e di Sassari perchĂŠ si rompono le scatole ad organizzare cose a cui vado una volta su dieci, ma che restano sempre dei grandi e comprensivi amici.

Ringrazio le colleghe e i colleghi per aver condiviso con me questo percorso di studi, per gli appunti ma soprattutto per i bei momenti passati nelle ore di lezione, di studio e di laboratorio.

Infine, ringrazio tutte le persone che mi vogliono bene e sono presenti oggi a festeggiare con me.

86


iskire.net


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.