Gertrude Bell viaggiatrice nel deserto mediorientale. Traduzione di "the desert and the sown"

A.D. MDLXII

U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ

DI

L INGUE

E

L ETTERATURE S TRANIERE

___________________________

CORSO DI LAUREA IN M EDIAZIONE LINGUISTICA E CULTURALE PER IL TURISMO

GERTRUDE BELL VIAGGIATRICE NEL DESERTO MEDIORIENTALE TRADUZIONE E NOTE DI ALCUNI BRANI DA THE DESERT AND THE SOWN

Relatore: PROF.SSA STEFANIA GANDIN

Correlatore: PROF. GIUSEPPE CONTU

Tesi di Laurea di: RITA S ALARIS

ANNO ACCADEMICO 2010/2011

SOMMARIO INTRODUZIONE

CAPITOLO 1 LA LETTERATURA DI VIAGGIO 1.1 - Viaggio e racconto 1.2 - La letteratura di viaggio nell’Inghilterra del ‘900 1.3 – Il viaggio al femminile 1.4 – Il linguaggio dei libri di viaggio 1.5 – Il linguaggio del turismo 1.5.1 – Convergent Properties 1.5.2 – Dirvergent Properties 1.5.3 – Le tecniche del linguaggio del Turismo

pagina pagina pagina pagina pagina pagina pagina pagina

6 9 11 13 14 15 18 19

CAPITOLO 2 L’ESPERIENZA DI GERTRUDE BELL 2.1 – Biografia 2.2 – Caratteristiche e connotazioni dello “sguardo” orientalista 2.3 – Il viaggio in Siria e The Desert and the Queen

pagina 22 pagina 26 pagina 28

CAPITOLO 3 ANALISI DELL’OPERA 3.1 – Aspetti preliminari 3.2 – Aspetto religioso 3.3 – Aspetto femminile 3.4 – Aspetto paesaggistico e naturalistico 3.5 – Aspetto storico-archeologico 3.6 – La tecnica del languaging

pagina pagina pagina pagina pagina pagina

CONCLUSIONI APPENDICE BIBLIOGRAFIA

pagina 57 pagina 62 pagina 86

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38 40 45 49 52 54

INTRODUZIONE

“… Non vogliate negar l’esperienza Di retro al sol, del mondo senza gente.

Considerate la vostra semenza Fatti non foste a viver come bruti Ma per seguir virtute e canoscenza.”

Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto XXVI, 116 – 120

Dante offre uno dei motivi che originano la ricerca del sapere attraverso sempre nuove strade che portano a ciò che è ancora sconosciuto.

Il forte impulso a viaggiare attutisce, tuttavia, il forte senso del pericolo che la ricerca di nuove mete può suscitare E’ un impulso irresistibile che è insito nell’uomo ed è parte integrante della sua natura: è come una passione che divora ed alla quale non è possibile sottrarsi nella scoperta di grandi ricchezze.

Sono numerosissimi gli scopi che originano un viaggio e spesso neppure chi parte alla ricerca del nuovo conosce perfettamente quale obiettivo raggiungerà e quale nuovo insegnamento apprenderà. E’ certo che c’è il bisogno di conoscere, la voglia di scoprire ed imparare.

Ciò che è lontano è spesso più interessante probabilmente perché nel viaggiare verso quell’altro io lontano riscopriamo noi stessi, nel conoscere l’altro si conosce meglio sé stessi in una realtà alternativa libera dai modelli e dalle barriere sociali conosciuti. Ciò perché l’umanità è molteplice e varia e perché certamente rende più liberi uscire dal proprio sistema sociale e tentare di capire le altre culture La molla che fa scattare l’inizio di un viaggio è spesso un’immagine: la visione del mare, delle montagne, del deserto…

4

La letteratura di viaggio offre la possibilità di guardare a sè stessi e contemporaneamente a quel mondo che si è solo immaginato.

L’obbiettivo di questa tesi sarà quello di analizzare appunto la letteratura di viaggio rappresentata dall’opera di un’autrice inglese vissuta a cavallo fra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo, Gertrude Bell.

Gertrude Bell nei suoi testi di viaggio permette di analizzare l’immagine dell’Oriente nell’epoca tardo-vittoriana anche se talvolta sono immagini costruite dalla vita dell’autrice nello spirito dall’Impero Coloniale Inglese del tempo.

L’analisi si articolerà in tre parti principali: il linguaggio turistico dei primi viaggiatori; la realtà sociale e politica in cui ha vissuto l’autrice; l’analisi di alcuni passaggi di uno dei libri scritti dalla Bell, The Desert and the Sown.

Si cercherà di approfondire quale era la percezione dell’Oriente in un periodo in cui l’egemonia britannica condizionava molte popolazioni suscitando nei sudditi interessi coloniali, fascino della diversità ed esotismo e la mai soddisfatta sete di conoscenza.

Sarà inoltre esaltata la particolare prospettiva femminile di chi scrive e delle donne orientali descritte nell’opera.

Nell’analisi dei brani esaminati inoltre si collocherà geograficamente il testo del viaggio del 1905 della Bell in territori oggi appartenenti ad Israele, Giordania, Siria, Libano e Turchia, attualmente teatro di grandi mutamenti politici e sociali non di rado sfociati in rivolte sanguinose.

Gertrude Bell ha tentato di armonizzare ed equilibrare aspetti antropologici apparentemente agli antipodi con una puntigliosa ricerca di collegamenti fra civiltà e culture; ricerca che le ha permesso di trasmettere alla società occidentale dell’epoca una testimonianza autobiografica di aspetti per la maggior parte ignorati o quanto meno poco accessibili ai più.

Si tenterà di accostarsi all’analisi del testo con lo sguardo disincantato ma ancora curioso dello spettatore contemporaneo.

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CAPITOLO 1 LA LETTERATURA DI VIAGGIO 1. Viaggio e racconto Viaggio e racconto sono percorsi paralleli e danno origine alla letteratura di viaggio che ha certamente origine con la corrispondenza dei primi viaggiatori con la terra natia o coi diari di bordo dei navigatori. Vita Sackville-West1 scriveva a Virginia Woolf: “I must write about all these things” quasi per rievocare le esperienze vissute condividendole con un testimone.

“Il viaggiatore infatti, per definizione, è colui che costituisce, spostandosi, una distanza. Dando per assodato che egli abbia una dimora, un luogo di stato abituale, egli se ne allontana,

si

pone in

uno

stato

distante da quello

di

partenza.

La costituzione di questa distanza spaziale ha inoltre una sua durata (e postula un'attesa di riavvicinamento). Il viaggio è lontananza anche nel tempo (passato e futuro) dal proprio, dal noto, dal familiare.”2 Il viaggiatore, quindi, si allontana dal conosciuto per esplorare lo sconosciuto e se anche l’allontanamento è permeato da una sensazione di dolore, di distacco, la sete di novità, la ricerca dell’altro, rende meno acuto tale dolore.

Raccontare le proprie esperienze e quanto si è conosciuto, stimola lo scrittore a raccontare quanto ha vissuto se non altro per narrare ad altri un ricordo, un’esperienza, una testimonianza di luoghi, persone o fatti, e questa narrazione quanto meno prova che quel viaggio è stato compiuto.

La stessa sete di conoscenza alimentò l’Ulisse di Omero il quale rappresenta anche l’evidenza di una meta che può sfuggire e che viene a lungo vagamente inseguita.

I molteplici aspetti del sentimento che anima i viaggiatori vede proprio in Ulisse la personificazione della duplicità della metafora del viaggio: se in Omero Ulisse è mitizzato quale viaggiatore primitivo alla ricerca di nuovi mondi e di sé stesso, Dante 1

Vita Victoria Mary Sackville-West (Knole House, 9 marzo 1892 – Castello di Sissinghurst, 2 giugno 1962) è stata una poetessa e scrittrice inglese.

2

Fasano, P. , Letteratura e viaggio - Laterza ed. 1999.

6

punisce la medesima sete di conoscenza di Ulisse, inserendolo fra i dannati, poiché tale sfrenata ricerca del diverso è considerato dal Divino Poeta, un peccato di superbia verso la grandezza di Dio (canto 26° dell’Inferno)3.

Persino nell’antica Roma i viaggi assumono connotazioni diverse nel corso del tempo. Dai viaggi alla ricerca di serenità e tranquillità i Romani inizieranno a spingersi fino alle ville al mare e alle terme per provare quel divertimento sfrenato che ha caratterizzato la parabola discendente dell’Impero. Il senso del sacro ha caratterizzato i viaggi del Medio Evo, che videro spingersi i viaggiatori fino alle mete di pellegrinaggio quali le città di Roma, Gerusalemme, Santiago di Compostela.4 Proprio dall’analisi di tali esperienze, nei suoi studi del 1976, MacCannel individuerà nel viaggiatore una sorta di pellegrino alla ricerca di una meta sacra da raggiungere con un particolare interesse per the real life of the others.5 Ma l’aspetto meramente sacro verrà ben presto soprafatto dall’ importanza che i viaggi assumono dal punto di vista delle scoperte geografiche. Tale fu l’esperienza di Marco Polo che partì dall’Occidente all’Oriente per moltiplicare le vie commerciali e scoprire nuove rotte marittime. Esperienze queste, che furono interrotte sia dalle gravi pestilenze susseguitesi fino alla seconda metà del quindicesimo secolo ma anche dalle conquiste dei Turchi ottomani che posero rigide barriere territoriali ai viaggi e alle scoperte geografiche. Si arrivò così al 1492 col viaggio di Cristoforo Colombo fino alla Nuova Terra, l’America. E’ di questo periodo lo studio che diede espressione reale alla etimologia della parola viaggio, traente origine dal latino via, o spostamento lungo una direttrice, interpretandolo quindi come un tragitto diritto verso una meta prefissata.

Dell’epoca anche la traduzione dal francese travail, che individua nel significato il viaggio come una sofferenza, un travaglio appunto.

Solo nel diciottesimo secolo vede la luce il termine tour, dal francese tourner, a sua volta originato dal latino tornare, lavorare al tornio, un vocabolo che offre l’idea non più di un tragitto che segue una direttrice in linea retta che dà quindi un valore

3

Nigro, M.G., Il Linguaggio Specialistico del Turismo, 2006, pag. 13.

4

Nigro, M.G., op. cit., pagg.14 e 15

5

MacCannel, D., The Tourist: A New Theory of the Leisure Class, 1976, pag. 91

7

secondario alla fase del ritorno, ma un termine circolare che ha un senso forte del ritorno6.

Vari generi confluiscono successivamente nella particolare tipologia di scrittura che nel Settecento, periodo del Gran Tour, vede fiorire numerosi testi di viaggio soprattutto per raccontare mete esotiche. Il Gran Tour è soprattutto un fenomeno per aristocratici visto anche come strumento di formazione a arricchimento culturale dal confronto con altre culture. All’epoca, infatti, vengono scelte dalla gioventù borghese non solo mete lontane e sconosciute, ma anche località d’arte e storia in Italia, Francia, Svizzera e Grecia.

Verso la metà del diciannovesimo secolo aumentano i grand-turisti della borghesia

britannica

e

con

l’imperialismo

dell’Ottocento

i

testi

diventano

propagandistici e ricchi di introspezione ed individualismo dell’autore mentre il Novecento è ritenuto unanimemente la golden age del turismo con le attrazioni offerte soprattutto dall’immaginario mondo mediorientale.

La società inglese definì quei primi testi di viaggio travel log, che significherebbe libri di bordo, anche se successivamente tale definizione viene sostituita nell’uso corrente dal termine libro di viaggio.

I testi sono prevalentemente autobiografici poiché soddisfano in primo luogo un’esigenza personale del viaggiatore ed hanno una conformazione narrativa avvicinandosi alla tipologia del romanzo.

Contrariamente al romanzo hanno riferimenti costanti all’attualità con citazioni di luoghi, persone, fatti storici reali a sostegno della veridicità di quanto narrato e, non di rado, accompagnano altri viaggiatori quasi alla stregua di guide così come accadde, appunto, a Gertrude Bell che fu guidata nel viaggio che 1905 la portò per la prima volta nel Medio Oriente, dal libro Arabia Deserta di Doughty7.

Tali testi forniscono strumenti di conoscenza e informazioni alla politica espansionistica

offrendo

testimonianza

delle

realtà

da

colonizzare.

Offrono

l’opportunità di conoscere in maniera più approfondita gli elementi essenziali di quei luoghi: le opere d’arte, la storia, la geografia, la cultura e la società.

6

Nigro, M. G., op.cit., pagg. 17 e 18

7

Charles Montagu Doughty (Theberton Hall, Saxmundham, Suffolk, 19-8-1943 – Sissinghurst, 20-11926 ) è noto per il suo libro edito nel 1888 dal titolo Travels in Arabia Deserta, pietra miliare della narrativa di viaggio.

8

Dal punto di vista letterario le descrizioni particolareggiate appaiono come affreschi letterari della geografia dei luoghi, impronta post-romantica che si esprime attraverso la sublimazione e il rimpianto di una vicinanza alla natura incontaminata non più tale con l’avvento dell’Industrializzazione.

Il viaggio è reso ancor più romantico dall’ambientazione lontana ed esotica che rappresenta una sorta di ritorno all’epico prestato all’epoca moderna. Il viaggiatore abbandona la famiglia per provare una nuova avventura ma alla fine ritorna per raccontare delle sue gesta e reintegrarsi nella società.

Da sempre il viaggio è stato paragonato al percorso della vita umana: nell’adolescenza è viva l’esigenza di allontanarsi dal sicuro nido per fare nuove esperienze, da adulti si vive la difficoltà della quotidianità con ostacoli da superare e, quando ci si inoltra nella vecchiaia, vi è un ritorno alla vita semplice, alla casa.

Non sono state riservate particolari analisi a riguardo della letteratura di viaggio, nonostante essa abbia avuto il suo periodo d’oro a partire dal Romanticismo fino alla Seconda Guerra Mondiale ma, nonostante ciò, la divulgazione di informazioni geografiche, storiche, culturali, hanno fatto sì che tale genere letterario arricchisse lo scenario di conoscenza che ha animato numerosi scrittori-viaggiatori soprattutto anglosassoni.

2. La letteratura di viaggio nell’Inghilterra del ‘900 Per i giovani inglesi appartenenti alla nobiltà ed alla borghesia dell’epoca, il viaggiare ha rappresentato la possibilità di conoscere altre realtà differenti da quella circoscritta all’Isola di origine. Lo sviluppo poi, dei mezzi di trasporto, il treno prima, successivamente le navi, ha incrementato la sete di conoscenza ma soprattutto l’esigenza

di

trasferire

la

potenza

politico-economica

inglese

nel

periodo

dell’imperialismo, pur tuttavia non disdegnando il miraggio esotico e la curiosità verso culture diverse dalla propria.

9

Il fascino del Vicino e Medio Oriente ha ispirato numerosi scrittori: il già citato Charles Montagu Doughty, Freya Stark, Vita Sackville West8 e la protagonista di questo elaborato, Gertrude Bell, viaggiatrice fin dall’adolescenza, nella cui personalità si incontrano tutti i tratti essenziali della scrittrice-viaggiatrice appassionata di archeologia, fotografia, ma con un alta caratura politica che le ha permesso di attuare una proficua mediazione fra Occidente ed Oriente, rappresentando il primo e raccontando il secondo.

Gli scrittori di travel books del periodo avevano conoscenze approfondite in vari campi:, storico, linguistico, archeologico e letterario. Alcuni erano giornalisti che inviavano reportages alla Nazione di origine, altri erano missionari laici o religiosi.

Seppure

la corrente vittoriana ponesse dei legami classici all’evoluzione

culturale, la letteratura di viaggio ha dato, proprio in quel periodo, un forte contributo e impulso all’evoluzione di discipline come la geografia, la botanica, la biologia, proprio grazie alle testimonianze provenienti dai luoghi e dalle realtà visitate. Addirittura alcune società scientifiche come la Royal Geographical Society finanziava la maggior parte dei viaggi ritenuti utili per aggiornare nuove mappe da pubblicare, testimoniando l’importanza di tale società nella divulgazione di documenti scientifici specialistici e, dopo accese discordie interne alla medesima società, nella discussione sull’ammissione delle donne al fenomeno del viaggio inteso non solo come avventura ma come contributo alla scienza ed alla conoscenza .

Lowther Lodge, Royal Geographical Society (with IBG) headquarters 8

Vita Victoria Mary Sackville-West (Knole House, 9 marzo 1892 – Castello di Sissinghurst, 2 giugno 1962) è stata una poetessa e scrittrice inglese.

10

Ciò avveniva sebbene neppure le scrittrici-viaggiatrici vedessero lo scopo delle loro opere come strumenti scientifici od ordinati in tal senso.

Lo stesso testo analizzato nel presente elaborato, The Desert and the Sown, testimonia la non-volontà, da parte dell’autrice, di dare una valenza scientifica alla sua opera: Those who venture to add a new volume to the vast literature of travel, unless they be men of learning or politicians, must be prepared with an excuse9 [Coloro che tentano di aggiungere un nuovo volume alla tanta letteratura di viaggio, a meno che non si tratti di uomini di cultura o politici, devono prepararsi una giustificazione in tal senso]

3. Il viaggio al femminile Nonostante il vasto contributo femminile alla letteratura di viaggio dell’epoca, la comunità anglo-sassone dell’epoca vittoriana era ancora lontana dall’accettare che una vera lady potesse essere adatta a viaggi ed esperienze spesso ritenute disdicevoli alla condizione femminile trattandosi di esperienze “caratterizzate da coraggio e fiducia in sé stessi, risaputamente qualità maschili”.10 Era inspiegabile per la società del tempo cosa spingesse tante donne vittoriane ad abbandonare la sicurezza delle loro case dell’alta borghesia per intraprendere viaggi in terre lontane migliaia di chilometri, accampandosi addirittura nel deserto, viaggiando liberamente in terre selvagge mentre nella loro terra di origine l’indipendenza veniva spesso negata. Eppure non ritenevano di essere insoddisfatte della vita angusta che conducevano ma era forte in loro il desiderio di osservare e vivere l’inimmaginabile in luoghi distanti.

Nelle donne-viaggiatrici dell’epoca non è tanto forte l’attrazione per nuove scoperte geografiche quanto la sete di conoscere ed imparare nuove nozioni per esperienza diretta: Gertrude Bell era una delle pochissime donne che aveva conseguito il

9

Bell, G., The Desert and the Sown, 1907, prefazione, pag. IX

10

Birkett, D., (nata nel 1958) è una scrittrice britannica, giornalista Nel 1989 ha pubblicato il libro Spinsters abroad: Victorian lady explorers.

11

Diploma di Laurea presso una delle più prestigiose Università del Regno, lusso negato a molte, eppure riteneva di aver appreso molto di più durante i suoi viaggi, toccando luoghi di cui aveva letto nei libri di storia ed archeologia.

Nell’epoca vittoriana, alle donne era chiesto di essere giovani e belle o vecchie scienziate, e venivano ritenute inadatte per l’esplorazione quale genere professionale e per tali motivi le istituzioni neppure finanziavano i loro viaggi, tanto che le donneviaggiatrici dell’epoca vittoriana, esploravano a loro spese attingendo alle doti riservate loro dalla famiglia. I nomi delle donne-viaggiatrici del ‘900 non sopravvivono nei percorsi evolutivi della geografia: le loro testimonianze sopravvivono però nei loro scritti che hanno ricevuto nel tempo scarsi contributi di stima se non nell’evidenziare le loro caratteristiche e gli aspetti maschili delle loro esperienze, così come accadde per Isabella Bird11, della quale un giornalista dell’epoca scrisse che “portava nel petto il cuore di un uomo” e di Gertrude Bell che “aveva un vigore tutto maschile”12.

Eppure la Bell non trascurava la sua femminilità neppure nel Deserto Siriano, ospite delle tende beduine. Non rinunciava ai vezzosi completi con gonne e strascico; oppure a portar con sé servitori che preparassero prelibatezze con servizi d’argento e tovaglioli e trasportassero una speciale vasca da bagno in tela che potesse offrire un bagno ristoratore dopo i lunghi trasferimenti13.

Figura 1 -Uno dei cammelli della carovana di Gertrude Bell nel suo viaggio in Siria (da The Desert and the Sown, pagina 77)

11

Isabella Lucy Bird (Boroughbridge, 15 ottobre 1831 – Edimburgo, 7 ottobre 1904) è stata una scrittrice inglese. Iniziò a viaggiare a quarant’anni e fu la prima donna ammessa nel 1892, alla Royal Geographical Society. Visitò Stati Uniti, Canada, Australia (Montagne Rocciose), Giappone, Persia, Tibet e, per ultimo, il Marocco nel 1901.

12

Birkett D., Spinsters abroad: Victorian lady explorers, 1989, pag. 192.

13

Wallach, J., Desert Queen, 1966, pag. 129

12

Sono state donne che talvolta hanno esplorato luoghi pericolosi e poco conosciuti riportando informazioni preziose dal punto di vista geografico, storico e politico, come nel caso della Bell.

Lo sguardo al femminile delle viaggiatrici è contraddistinto dall’attenzione al dettaglio, dalle descrizioni delle donne incontrate, dal coinvolgimento emotivo a quanto vissuto, dall’introspezione che spesso ha portato coloro che in patria vivevano lo svantaggio di non aver un uomo al loro fianco, a vivere tale stato di donne sole come scelta di libertà alla ricerca di sé stesse e degli altri.

Il viaggio di Gertrude Bell ha, suo malgrado, rilevanza scientifica per quanto riguarda la sua puntigliosa elaborazione della cartografia delle zone da lei visitate; ha lo scopo politico di accreditare la colonialista Inghilterra in zone desertiche contese fra grandi tribù beduine; è la ricerca del diverso da raccontare agli altri offrendo loro le stesse sue emozioni.

4. Il linguaggio dei libri di viaggio Se solo negli anni ’70 si è tentato di analizzare e codificare quello che viene denominato il linguaggio del turismo, non di meno si può rilevare nella letteratura di viaggio del ‘900 un linguaggio che è senza dubbio un mezzo per raccontare le esperienze vissute e che ha impatto nella società del tempo rivestendo aspetti socioculturali trasmessi a coloro che rileggono nelle testimonianze quanto vissuto da chi racconta quei viaggi con l’intento di condividerne le sensazioni.

Il genere letterario, quello di viaggio, è stato spesso sottostimato, tuttavia racchiude tutte le caratteristiche che lo possono identificare quale letteratura.

La stessa Gertrude Bell lascia trasparire l’aspetto letterario della sua opera, perfettamente integrata nel romance dell’Epoca Vittoriana, con descrizioni appassionate della natura dei luoghi visitati in Medio Oriente; evoca la sua preparazione storicoarcheologica nella puntigliosa disamina delle rovine archeologiche che incontra durante il suo viaggio; è autocelebrativa nel riconoscere a sé stessa indubbie doti da mediatrice e politica; non a caso, poi, cita spesso nel libro The Desert and the Sown i più grandi autori della letteratura pre-islamica che per gli arabi illetterati si identificano tutti nel

13

grande Imru ‘l Qais14, sicuramente massimo esponente della Jahiliyya (“ignoranza”, periodo preislamico), ma non unico testimone di un periodo letterario prolifico di liriche ineffabili.

Riportare nella medesima opera differenti periodi culturali, storici e sociali rende gli elaborati di viaggio preziosi mosaici multidisciplinari.

Le differenti e complementari discipline ne arricchiscono, pertanto, il valore, rendendo tali elaborati terreno fertile per l’analisi, resa ancor più stimolante dall’esame di un testo quale The Desert and the Sown che vede la luce in un periodo blindato da canoni letterari che, di certo, sono ben lontani dallo studio socio-linguistico relativo al linguaggio del turismo ma che tuttavia possono essere assimilabili alla lingua utilizzata per i racconti di viaggio.

5. Il linguaggio del turismo Se è vero che l’esperienza di viaggio è legata alla scrittura, di conseguenza essa è senza dubbio legata anche alla lingua15 quale discorso turistico.

Non appare pertanto anacronistico, individuare in alcuni passaggi delle teorie di Dann16 quanto può trasparire da testi di viaggio del ‘900 se letti quali, appunto, elaborati multidisciplinari, così come emerge dall’analisi socio-linguistica ripresa da John Urry nel suo testo The Tourist Gaze, del 1990, che sviluppa uno studio su diversi livelli espressivi: storico, economico e culturale17.

Tutti i viaggiatori vanno alla ricerca di esperienze autentiche, ricche di significati quasi come un interesse universale verso il sacro, quali moderni pellegrini. Il vero, il reale, l’autentico si troveranno nel backstage of the lives of others18.

14

Bell, G., The Desert and the Sown, 1907 , pag. 49

15

Buzard, J., The Beaten Track: European Tourism, Literature, and the Ways to "Culture" 1800-1918, 1993, pag. 180

16

Dann, G., The Language of Tourism. A Sociolinguistic Perspective, 1996, pag. 8.

17

Nigro, M. G., Il Linguaggio Specialistico del Turismo – 2006, p.26

18

Dann G., The Language of Tourism. A Sociolinguistic Perspective,, 1996, pag. 8

14

In questo concetto Graham Dann riassume quanto asserito da MacCannell19 rispetto alla Authenticity Perspective oggetto delle linee teoriche sul turismo nella sua opera “The Tourist: A New Theory of the Leisure Class” del 1976. Concetto successivamente contestato dal Cohen20 che sostiene che non tutti i viaggiatori sono tali perché alla ricerca del sacro, ma lo sono poiché, secondo la sua indagine sociologica, tendono a provare l’esperienza del diverso e del nuovo (strangeness and novelty).

La strangeness perspective non è altro che il continuo paragone fra il luogo visitato ed il luogo dove il viaggiatore abitualmente risiede, il primo sconosciuto e il secondo noto e familiare. E’ proprio questo concetto di strano e nuovo che attrae il lettore dei travel books, nei quali, dal punto di vista linguistico frequentemente vengono adottati termini quali: different, exotic, unspoilt, new, termini mirati che trasformano un luogo non-conosciuto in accattivante e attraente.

Viene spesso creato nel contesto del racconto uno scenario di opposizioni o posizioni conflittuali, tra il familiare e l’estraneo, il nostro territorio ed il loro e dal punto di vista lessicale tale racconto diventa uno strumento che mira a informare, convincere e

sedurre attraverso l’uso di superlativi e del tempo verbale presente

semplice che sembra fermare e rendere eterno il periodo del viaggio.

Si tratta di un linguaggio che può essere comparato ad altri linguaggi attraverso quelle che Dann21, nella sua analisi, individua in convergent properties e divergent properties.

5.1 Convergent properties Attraverso studi effettuati su precedenti modelli di comunicazione orale approfonditi da linguisti quali Buhler nel 1934 e Roman Jakobson nel 196022, Graham Dann individua sei principali funzioni linguistiche che, rispetto al mittente

19

MacCannell, D, 1976. The Tourist: A New Theory of the Leisure Class, op. cit in Dann, G., The Language of Tourism. A Sociolinguistic Perspective,1996, pag. 6

20

Cohen, E., Towards a sociology of international tourism, 1972, cit in Dann, G., The Language of Tourism. A Sociolinguistic Perspective,1996, pag. 12

21

Dann, G., 1996. op.cit pagg., 34-67

22

Dann, G., 1996. op.cit pag. 34

15

dell’informazione, al ricevente, al codice utilizzato o al contesto, possono corrispondere ad altri linguaggi.

Rispetto al mittente, ad esempio, un punto di contatto è senza dubbio la funzione espressiva o emotiva che è pregnante dei

sentimenti di chi trasmette, esternati

attraverso espressioni di condanna, apologia, approvazione e qualsiasi tipo di coinvolgimento emotivo personale.

Indirizzando l’attenzione al ricevente del messaggio linguistico, invece, il narratore fa leva sulle attitudini e il comportamento di colui che leggerà il testo, utilizzando verbi quali vocativo o imperativo per persuadere, raccomandare, ordinare o avvertire, attraverso la funzione conativa o direttiva.

Mittente e ricevente condizionano, poi, la funzione referenziale o informativa relativa al contesto ed al significato del messaggio.

Il canale di comunicazione è controllato, invece, dalla funzione fàtica o interattiva attraverso cui il narratore si accerta che il canale fra mittente e ricevente sia attivo (ad es. potreste crederci?) e l’attenzione sia mantenuta viva.

La funzione metalinguistica attiene evidentemente all’abilità di trasmissione, attraverso il linguaggio auto-referenziale, del messaggio comprensibile agli altri, a chi legge, nel caso di questa analisi, il testo di viaggio.

Non meno importante è la funzione poetica che attiene all’uso di rime e/o metafore per trasmettere significati che in altro modo non potrebbero essere comunicate adeguatamente.

Dall’esame delle proprietà convergenti fra linguaggio del turismo ed altri linguaggi, assume una grande importanza il tipo di struttura semantica della narrazione23 che utilizza nei testi di viaggio, dal quale non esula il libro analizzato, il sistema binario degli opposti. Il luogo visitato

è un mondo delle meraviglie, un

percorso nel tempo, un mondo perduto, che tuttavia suscita in chi scrive la sensazione di calorosa accoglienza che quasi fanno sentire a casa in un continuo viaggio metaforico dentro il proprio mondo e fuori, in un mondo che rende liberi. Nel racconto di viaggio la tecnica del discorso binario è arricchita dalle foto e dalle immagini che rafforzano il messaggio identificando meglio luoghi, persone e contesti sociali, fornendo fattori motivazionali all’esperienza di viaggio e dando pertanto anche al rapporto fra testo e immagini, un doppio senso. Le immagini diventano simboli significativi che si

23

Dann, G., 1996, op.cit, pagg. 44-48

16

combinano coi testi per offrire un’ulteriore componente avventurosa e romantica a quanto raccontato.

Citando ancora l’antropologo John Urry nella sua opera The Tourist Gaze del 2002 è necessario sottolineare come il termine gaze/sguardo è intesto come modello di percezione che il viaggiatore attua mentre visita un luogo. Percezione fissata nei confini della rappresentazione visiva oltre che dalla visualizzazione, anche da testi precedentemente consultati, immagini o dipinti dei luoghi, delle persone e delle costruzioni viste prima del viaggio. La metafora dello sguardo si riferisce alle implicazioni connotative del processo di visualizzazione che implica differenti conoscenze obiettive e scientifiche.24 E’ necessario alla percezione la connessione fra luoghi e foto/immagini per costruire visione e ricordo. La visione è autonoma, libera e il ricordo può essere costruito attraverso le immagini che spesso danno prosecuzione a ciò che si è visto e visitato. Lo sguardo/gaze del visitatore porta con sé il contesto socioantropologico di origine che differisce da un’epoca storica all’altra.

I figli del Grand Tour britannico condizionarono lo sguardo del fenomeno Grand Tour del ‘900, dando ai loro viaggi il senso della ricerca di cultura, fascino ed arte lontani dal paese di origine diretti a luoghi

immaginati da sguardi a loro volta

precedenti.

L’elemento temporale è un’ulteriore caratteristica convergente fra linguaggio del turismo e altri linguaggi: il viaggio è rappresentato come un trasferimento dal presente al passato ma anche al futuro.

In The Desert and the Sown attraverso il deserto, le oasi, i rari giardini attraversati, il tempo non esiste, pare si sia fermato. Quanto tramandato dal passato, gli usi, le consuetudini, le norme comportamentali non scritte, tradotte quasi come mito, suscitano nostalgia nella viaggiatrice che, spesso, ha la sensazione che i valori del passato siano superiori a quelli del presente. Gertrude Bell, che non riesce a riscoprirsi nei periodi trascorsi a casa, a Londra, ritrova sé stessa in Medio Oriente e nell’approccio al passato che di per sé è un viaggio: “the past is a foreign country”25. Spesso, tuttavia, il testo ci proietta verso il futuro, il futuro agognato di un Mondo Arabo unito nel nome

24

Francesconi, S., English for Tourism Promotion,2007, pagg. 47,49 e 55.

25

Lowenthal, 1993 -., The Language of Tourism. A Sociolinguistic Perspective, cit in Dann, G. (1996) pag. 52

17

della stessa antica religione, di una lingua comune e di un’unica terra, anche se l’Arabo è linuga usata da ebrei e cristiani che vivoo in territori arabofoni.

Il linguaggio del turismo trasmette sensazioni che permettono all’immaginazione di chi legge di configurare i luoghi rappresentati anche attraverso l’uso di strategie di magia. Ad esempio, anche solo l’uso di termini arcaici, utilizzati spesso nel testo analizzato in lingua araba, distorce il tempo: il cavallo diventa l’antico destriero, le rovine del castello riportano alla nobile magione, quanto descritto è incantevole e magico e la viaggiatrice diventa, nel corso dei suoi innumerevoli viaggi nell’Arabia, La Regina del Deserto26. Soprattutto le citazioni dei luoghi nel racconto della Bell, riportano ad un passato intraducibile che non ritorna ma rievoca al lettore epoche lontane. La cisterna d’acqua Birket Umm el 'Amud

27

in territorio siriano e musulmano,

rimanda al periodo romanico-cristiano rappresentato dalla figura della Madonna.

E’ nell’elenco dei siti visitati, i cui nomi vengono quasi sempre riportati in lingua originale, che il lettore viene trasferito tra le radici profonde di un misterioso passato popolato da antiche e sconosciute popolazioni.

5.2 Divergent properties Tali proprietà fin qui enunciate trovano certamente corrispondenza fra i linguaggi multidisciplinari strumento di comunicazione.

Ma Graham Dann approfondisce l’analisi linguistica individuando soprattutto le proprietà divergenti da altri linguaggi, proprietà che tipicizzano, seppure non rendendolo specialistico, il linguaggio del turismo.

Nella maggior parte delle forme di comunicazione il mittente del messaggio è identificabile e distinguibile dal ricevente, spesso invece, nei testi di viaggio non si sa chi parla (mancanza di identificazione del mittente)28. In particolare, nel testo analizzato non è la sola viaggiatrice a parlare: attraverso lei parlano i beduini, i pellegrini russi29,

26

Wallach, J., Desert Queen,1966, pag. 22

27

Trad. La Cisterna della Madonna del Pilastro - da The Desert and the Sown, 1907, pag. 25

28

Dann, G., The Language of Tourism. A Sociolinguistic Perspective, 1996 , pag. 62

29

Bell G. The Desert and the Sown, 1907, pag. 7

18

ma hanno voce anche i cammelli30 e, in senso metaforico, la vegetazione che, nel percorso del viaggio della Bell, è mutevole come i dialetti parlati dalle differenti tribù.

Un'altra proprietà divergente del linguaggio del turismo è il monologo. Nel testo preso in esame non vi è un vero e proprio monologo ma una molteplicità di voci caratterizzata tuttavia da una forma unidirezionale del discorso che porta con sé entusiasmo e sensazioni personali della viaggiatrice.

I testi di viaggio così come quelli del turismo portano nel loro lessico, altre due proprietà di linguaggio divergenti da qualsiasi altro linguaggio: l’euforia e la tautologia.

Spesso il viaggiatore è talmente motivato e gratificato da ciò che ha visto, che ha provato, che ha raggiunto, che narra l’esperienza solo in termini positivi e stimolanti.

Soprattutto le località esotiche vengono enfatizzate fino a dare immagini paradisiache nella loro semplicità e accostamento alla vita umile e genuina dei beduini, omettendo di tali esperienze di vita, gli aspetti scomodi riservati a quei popoli ancora oggi falcidiati da lotte e guerre intestine che di poetico e romantico hanno ben poco e le narrazioni ricche di enfasi quasi ignorano le pieghe tragiche dell’esistenza di quelle società tribali.

Infine, la descrizione del viaggio vede nel linguaggio del turismo un’altra proprietà che lo tipicizza e lo differenzia da altri. Il racconto pregnante di enfasi, di desiderio di trasmettere sensazioni positive, avvalla quanto il viaggiatore o la viaggiatrice si aspettavano di trovare inseguendo la loro meta.

5.3 Le tecniche del linguaggio del turismo Le tecniche adottate nel linguaggio del turismo, diventano quindi lo strumento indispensabile per trasmettere l’esperienza provata: il linguaggio prepara la strada per il corso del viaggio31. Per tale motivo, l’uso del linguaggio del luogo visitato e della cultura a cui ci si accosta, rende il linguaggio del turismo quale elemento complementare delle varietà linguistiche specialistiche ovvero un sottosistema della lingua comune.

30

Bell, G., op. Cit., 1907, pag. 41

31

Nigro, M.G., Il Linguaggio Specialistico del Turismo, 2006, pag.41

19

Caratteristica delle tecniche del lessico specialistico del turismo e’ il dominio che esso rappresenta32. E’ indispensabile stabilire la connotazione che il linguaggio assume ed i suoi aspetti testuali, nonostante ciò sia reso molto complesso dalla sua multidisciplinarità (geografia, economia, sociologia, psicologia)33.

Nel lessico specialistico del linguaggio del turismo, inoltre, ha un’importanza basilare l’uso di vocaboli stranieri, così come accade anche nell’opera in esame, l’adozione cioè della tecnica verbale del languaging. I termini di lingua straniera, spesso fanno sentire il lettore inadeguato ma contemporaneamente lo condizionano e influenzano nella lettura. Se, tuttavia, non venisse rispettata la semplicità, la precisione e la correttezza del linguaggio, il messaggio potrebbe apparire poco comprensibile e destabilizzare l’approccio con la narrazione.

Altra tecnica che rende specialistico il linguaggio del turismo è la spersonalizzazione ed oggettivazione del discorso con l’uso della forma passiva dei verbi rispetto alle forme attive.

I verbi modali, poi, quali nell’inglese can, will, would, should, may nel loro uso esprimono il giudizio del mittente della comunicazione rispetto al messaggio trasmesso.

La tecnica verbale della struttura binaria degli opposti rappresenta un’altra caratteristica del linguaggio specialistico di cui si tratta. Tale struttura binaria viene spesso esplicitata con coppie contrastanti di sostantivi o aggettivi: il familiare verso lo sconosciuto, la routine quotidiana verso il nuovo e sorprendente, il passato noioso verso il futuro eccitante.

Tecnica tipica del linguaggio del turismo è quella dell’ego-targeting 34 attraverso l’uso di pronomi alla prima persona singolare e plurale (I e we) per il narratore e l’uso del pronome you che fa sentire il ricevente/lettore l’unico soggetto da raggiungere col racconto che appare sorprendentemente indirizzato direttamente ed esclusivamente a lui.

Nelle tecniche di trasmissione del messaggio contenuto nel racconto di viaggio, assumono un ruolo primario le immagini. Le foto sono le icone della realtà, seppure evidentemente soggette a eventuale manipolazione o a differenti percezioni da parte di chi le osserva, determinate e condizionate dal backstage culturale e sociale del

32

Nigro, M.G., – op.cit., 2006, pag.50

33

Nigro, M.G., op. cit., 2006, pag. 51

34

Dann, G., The Language of Tourism. A Sociolinguistic Perspective, 1996, pag. 185

20

ricevente. Le immagini hanno un valore persuasivo di conferma se non addirittura di arricchimento del racconto35 e la loro qualità o le caratteristiche visive possono rendere maggiormente coinvolgente l’esperienza che lo scrittore-viaggiatore vuole trasmettere.

Nei racconto di viaggio, diventano di primaria importanza i colori se l’immagine vuole trasmettere mare, cielo, natura e vegetazione, ma assume un valore romantico permeato da un’atmosfera di sogno l’uso del bianco e nero.

I travel books sono ricchi di immagini, mappe, disegni, la maggior parte dei quali hanno dato un contributo importantissimo alla rielaborazione della cartografia che dai primi anni del ‘900 ha subito un’evoluzione rilevante. Non avrebbero inciso con la medesima forza su quella rivoluzione geografica se non fossero state accompagnate dai testi che hanno avuto una complementarietà nel messaggio trasmesso.

Gertrude Bell ha espresso nell’opera analizzata la perfetta armonizzazione fra tecniche verbali e visive e dopo i due anni di lavorazione al libro, quando finalmente The Desert and the Sown fu pubblicato nel 1907, i commenti dei massimi esperti, diedero atto della specificità del genere letterario adottato dalla scrittrice-viaggiatrice attraverso le recensioni del libro:

La sua prosa scoppiettante, le analisi approfondite, l’abbondanza di fotografie, la copertina a colori… lo rese un successo immediato. Venne subito giudicato tra i migliori dodici libri di viaggi in Oriente… Il Times lo definì brillante e affascinante36.

35

Dann, G., op.cit.,1996, pag. 189

36

Wallach, J., Desert Queen, 1966, pagg. 137-138

21

CAPITOLO 2 L’ESPERIENZA DI GERTRUDE BELL 6. Biografia

Fig. 1 Gertrude Bell37.

Gertrude Margaret Lowthian Bell nacque il 14 luglio 1868 a Washington Hall, contea inglese di County Durham, da una ricca famiglia.

Suo nonno, sir Isaac Lowthian Bell, era primo baronetto e proprietario di importanti industrie siderurgiche.

Perse sua madre all’età di tre anni, quando nacque suo fratello Maurice e suo padre si risposò con Florence Olliffe, presenza importante per la giovane Gertrude, poiché Florence era cognata di Sir Frank Cavendish Lascelles, diplomatico inglese con incarico dapprima a Bucarest e successivamente a Teheran. Lo zio Frank ospiterà Gertrude Bell in Persia e quel soggiorno alimenterà nella scrittrice la passione per il Medio Oriente.

Gertrude Bell fu la prima donna iscritta all’Università di Oxford dove si laureò in soli due anni ed all’età di vent’anni, in Storia Moderna.

Proprio dopo la lauera ebbero inizio i suoi viaggi, dapprima come già accennato, in Persia, dove imparò il persiano curando inoltre la traduzione dei versi dell’autore classico Hafiz38. Testimonianza di quegli anni fu il suo primo affascinante libro Persian

37

Foto tratta da http://www.bbc.co.uk/programmes/b00xhh2q

38

Pseudonimo di Muhammad Shams ad-Din nato a Shiraz nel 1325, poeta persiano e mistico sufi.

22

Pictures che rappresenta la trasposizione in parole della sua passione per l’archeologia e la storia.

Successivamente si stabilì a Gerusalemme, incantata dai quei luoghi e dalle genti che vi abitavano, studiandone usi, costumi e soprattutto la lingua araba.

Gerusalemme che

Per i Cristiani era il cammino verso Dio, luogo della Crocifissione e dell’Ascensione, lo scenario dell’Ultima Cena, della Via dolorosa e delle stazioni della Croce, vicina a Betlemme, il luogo dove Cristo era nato.

Per i Musulmani era la via di accesso ad Allah, la terza città Santa dell’Islam, il luogo da dove Maometto fu portato alla Mecca sul suo leggendario stallone e da dove egli si innalzò misticamente al cielo.

Per gli Ebrei era il simbolo della loro patria, la capitale dell’antica Israel, creata da Re David quando unì le tribù bibliche ed il luogo dove riposa l’Arca della Legge, il loro patto con Dio39

La vicinanza empatica con le genti mediorientali la portò a visitare Palestina e Siria Ottomane, addentrandosi nel deserto al fine di entrare in contatto con le numerose tribù beduine.

La vera chiamata ad Est avvenne nel 1905, quando, nel mese di gennaio, intraprese un viaggio attraverso la Siria, girando in lungo e largo quei territori, studiandone le rovine archeologiche, spesso ospite di Drusi e amica dei Beni Sakhr, loro acerrimi nemici.

Il lungo viaggio attraverso il deserto è testimoniato nell’opera analizzata, The Desert and The Sown, pubblicata nel 1907; una raccolta di osservazioni, fotografie e descrizioni delle maggiori città della grande Siria: Damasco, Gerusalemme, Beirut, Antiochia e Alessandretta.

Con le sue descrizioni Gertrude Bell fece conoscere il deserto arabo al mondo occidentale che fino ad allora aveva una cognizione fantastica e esotica di quei luoghi e di quelle genti. Lei stessa affermò di aver imparato l’archeologia molto più con l’apprendistato sul campo che non sui libri.

Per altri dieci anni viaggiò nel deserto e continuò a pubblicare i resoconti dei suoi viaggi arricchendo spesso i reportages con le sue impressioni e facendo nuove conoscenze fra i notabili arabi.

39

Wallach, J., Desert Queen, 1991, pag. 83

23

Nessun timore la fermò nel viaggio all’interno dell’Arabia, verso Ha’yl, tappa principale per chi affrontava il pellegrinaggio verso la Mecca, visitata fino ad allora da un’altra sola donna, Lady Anne Blunt40. Fu proprio durante questo viaggio che Gertrude Bell conobbe Fahad Bey Ibn Hadhdhal, capo supremo della tribù degli Anazeh che divenne suo amico e che diede un importante contributo all’opera di mediazione politica che la Bell, dopo la Prima Guerra Mondiale, pose in essere per delineare i confini del nuovo Iraq.

Quando scoppiò la Prima guerra mondiale la Bell si trovava a Londra, di ritorno dal Golfo Arabico e con un forte richiamo verso il Vicino Oriente poiché sentiva di poter essere utile alla sua Patria, recandosi in quegli scenari di guerra e mettendo a frutto le informazioni geografiche, storiche e politiche attinte durante i suoi viaggi. Ma la sua richiesta fu considerata rischiosa e così, pur di contribuire personalmente ed attivamente al conflitto, si arruolò come crocerossina in Francia.

Ben presto, però, il suo contributo fu richiesto in Egitto ove venne convocata e dove collaborò con Terence Edward Lawrence (Lawrence d’Arabia) precedentemente incontrato durante gli scavi archeologici nel 1911 a Carchemish, in Mesopotamia.

Insieme furono destinati all’intelligence inglese fornendo mappe e rapporti geografici.

In particolare, Gertrude Bell fu inviata a Bassora in qualità di Funzionario politico delle Forze armate britanniche quale Ufficiale di collegamento con l’incarico di disegnare linee ferroviarie, pozzi, siti da lei visitati nel tempo. La conoscenza diretta e i rapporti amichevoli con Sheik e notabili arabi, la misero nella condizione di aggiornare carte geografiche che avrebbero permesso alla potenza imperialista britannica di arrivare a Baghdad.

Nel 1917 fu assegnata proprio a quella sede col titolo di Oriental Secretary e là venne a conoscenza del patto Sykes-Picot, firmato un anno prima, col quale l’ormai decaduto Impero Ottomano veniva suddiviso fra il controllo francese e quello britannico.

Si occupò con dedizione all’istituzione dei nuovi paesi Arabi e al loro riconoscimento da parte della Lega delle Nazioni.

Nel 1921 Winston Churchill convocò un ristretto numero di orientalisti alla Conferenza del Cairo, al fine di trovare il modo di ridurre le spese di stazionamento delle truppe britanniche nei paesi oggetto di mandato dopo la Prima Guerra Mondiale.

40

Wallach, J., op.cit., pag.80

24

Gertrude Bell fu ancora l’unica donna convocata e caldeggiò l’affidamento dei territori conquistati nella Rivolta Araba contro gli Ottomani guidata dallo Sharif di Mecca, Husayn ibn Ali, ai suoi due figli Abd Allah e Faysal. Faysal fu successivamente incoronato Re dell’Iraq grazie alla sua influenza e quando questo accadde per gli Iracheni Gertrude Bell divenne la khatun (dama di corte) per lo spessore politico che rivestiva, mentre molti sussurravano che lei fosse “la Regina senza corona dell’Iraq”41.

Gertrude Bell riteneva che Faysal rappresentasse la garanzia dell’unità delle tribù irachene sotto un’unica corona riunendo soprattutto le anime ebree, musulmane e cristiane nate tutte come discendenti di Sem. In effetti si divise per lunghi anni fra le confidenze di Re Faysal e la fiducia del Governo inglese, ma quando il suo amore per l’Iraq si scontrò col suo orgoglio per l’Impero, ella rimase dalla parte della sua Patria, l’Inghilterra. Fu molto contrariata dall’irrigidimento da parte di Faysal nei confronti dell’Inghilterra a causa del mancato appoggio del Governo Britannico rispetto all’Iraq nella Lega degli Stati Arabi, ma comprese le motivazioni che il Re addusse quando questi le spiegò che dopo 600 anni di schiavitù il controllo straniero era visto con diffidenza dalle genti che popolavano il neonato Stato. Ma finalmente nel 1922 il trattato Iraq - Inghilterra fu firmata nonostante gli attriti per i confini tra Iraq e Kuwait continuarono poi fino a sfociare nella Guerra del Golfo del 1990.

Quando l’attività di rappresentante del Governo Britannico scemò di intensità, il Sovrano sostenne la Bell nella fondazione del Museo di Archeologia Iracheno a Baghdad “così l’Iraq sarebbe stato protetto dai furti delle sue antiche ricchezze”42.

Anche questa attività la vide dedicarsi anima e corpo alla ricerca, alla pubblicazione di saggi e lavori scientifici mentre la salute era sempre più minata dalla fatica e dalle bronchiti ricorrenti.

Nel 1925 ritornò a Londra per un breve soggiorno presso la sua famiglia e scoprì che questa attraversava una pessima situazione economica, ma ciò non bastò a trattenerla in Inghilterra lontana dall’amata Baghdad. Fu qui che nella primavera dello stesso anno apprese della morte di suo fratello Hugo col quale aveva mantenuto uno stretto e continuo rapporto epistolare. Questa notizia non fece che peggiorare il suo già

41

Wallach, J., op. cit. pag. 502

42

Wallach, J., op. cit. pag. 539

25

cagionevole stato di salute psico-fisico. La scrittrice Vita Sackville West43 le fece visita un anno dopo e, nonostante riferisse di averla trovata entusiasta e di ottimo umore per il suo lavoro al Museo Archeologico, la definì come colpita “da una sfrenata vitalità senza controllo”44.

Nel giugno del 1926 Gertrude Bell scriveva alla sua famiglia di vivere nel grigiore e nella solitudine, con il solo scopo del Museo, unica “cosa ancora da fare per l’Iraq”45, ma l’11 luglio 1926 stanca e depressa si preparò per la notte prendendo una dose extra di sonnifero, non risvegliandosi più. Non si seppe mai se l’overdose fu assunta volontariamente o per errore, tuttavia riuscì nell’intento “di far riposare le sue ossa là dove ella aveva desiderato riposassero, nella terra dell’Iraq”46.

Ancora oggi a Baghdad quando gli anziani parlano di lei, i loro occhi si illuminano: per molti era l’incarnazione dell’Impero Britannico, la personificazione del potere Inglese ma per tanti era una di loro: “anti Irakyyat, anti badawiyah” [Sei un’irachena, sei una beduina] 47 come una volta le disse Faysal.

7. Caratteristiche e connotazioni dello “sguardo” orientalista La figura di Gertrude Bell non si discosta e non è particolarmente dissimile dal contesto culturale e sociale da cui nasce. Nell’Inghilterra del ‘900 i giovani dell’aristocrazia borghese agognavano viaggiare verso l’Oriente esotico immaginato secondo il messaggio costruito dall’Impero coloniale, e gli elementi narrati dalla Bell sono comuni nella descrizione dell’Oriente che emerge dalla letteratura di viaggio dell’epoca.

Lo stimolo al viaggio vede mescolarsi interessi coloniali e ambizioni personali, distacco dalla rigidità e dal moralismo in patria per accedere alla libertà in altre terre, fascino verso l’altro e il diverso al quale, per dovere morale, trasferire il proprio senso di civiltà

5

Vita Victoria Mary Sackville-West (Knole House, 9 marzo 1892 – Castello di Sissinghurst, 2 giugno 1962) è stata una poetessa e scrittrice inglese.

44

Wallach, J., op. cit., pag. 567

45

Wallach, J., op. cit., pag. 572

46

Wallach, J., op. cit., pag. 575

47

Wallach, J., op. cit., pag. 576

26

svolgendo un ruolo di rappresentanza dell’Occidente non richiesta. Inoltre, nell’analisi della personalità della Bell assume grande importanza la prospettiva femminile all’interno della discussione femminista molto vivace in quell’epoca. L’osservazione di questo particolare aspetto fa emergere una connotazione maschile nella letteratura di viaggio alla quale approda Gertrude Bell, forse motivata dalla ricerca personale di successo, al tempo peculiarità tradizionalmente maschile.

E’ questo stesso aspetto una delle tante contraddizioni che si possono cogliere nelle opere della Bell e in particolare nel testo analizzato, The Desert and The Sown, nel quale si coglie la continua ricerca di equilibrio fra il forte senso patriottico verso la sua terra di origine e l’amore per i luoghi del Medio Oriente e i suoi abitanti, gli Orientali, parlando dei quali la scrittrice afferma che “l’orientale è come un vecchio bambino”48, e come tale lei non avrebbe mai potuto abbandonarlo a sé stesso, lei che rappresenta la forte potenza Imperialista Britannica chiamata a proteggere territori e popoli ritenuti deboli da anni di dominazione Ottomana.

Lo sguardo imperialista di Gertrude Bell fu, come detto, originato inizialmente dalla sua visita in Persia e dall’accostamento a ciò che riteneva diverso dal contesto sociale al quale lei apparteneva. Abbandonare l’accogliente Londra, la comoda tenuta di famiglia, il conosciuto per il nuovo fu per la scrittrice un traguardo ambito che non aveva presupposti scientifici nonostante la particolare influenza vittoriana nella ricerca dell’ordine e le idee positiviste. Gertrude Bell probabilmente, come molti a quel tempo, non conosceva lei stessa le motivazioni che la spingevano ad allargare i confini della sua conoscenza. Infatti, sebbene non avesse una formazione specifica riguardo all’archeologia, ne fece uno dei campi un cui maggiormente si specializzò. Ebbe, in tal senso, una grande illuminazione: nonostante la sua ricerca e la raccolta di reperti antichi, la Bell non tentò di sottrarli da quelle terre visitate per farle finire in collezioni privare nel Regno Unito, ma lavorò con passione affinché esse venissero conservate presso il nuovo Museo Archeologico di Baghdad perché nessuno, animato dalla presunzione che le genti native fossero indegne delle ricchezze che avevano, le estirpasse dai luoghi in cui venivano rinvenute.

Allo sguardo imperialista, perciò, contrappose durante tutta la sua esistenza, lo sguardo orientalista, spesso critico nei confronti di quel mondo, ma sempre affettuoso e coinvolgente.

48

Bell, G., The Desert and the Sown, 1907, Prefazione.

27

L’inclinazione personale verso la società Medio Orientale, lo studio e la condivisione degli usi e costumi furono spesso oggetto di critica nei suoi confronti, sia da parte dell’Occidente che dall’Oriente. Il viaggio femminile, non inteso come grand tour a fini culturali, ma come viaggio avventuroso, sebbene fenomeno accettato all’inizio del Novecento, non era passivamente accettato dalla società del tempo. I connazionali biasimavano Gertrude Bell: a Londra l’aristocratica società britannica trovava disdicevole che una donna sola affrontasse territori pericolosi, selvaggi e sconosciuti e la comunità britannica a Baghdad non vide mai di buon grado il suo ruolo politico all’interno di una ristretta cerchia di esperti orientalisti (unica donna fra un team di uomini) chiamati dall’Impero a compiere una sorta di missione civilizzatrice che aveva l’obiettivo di fissare i confini di una terra che garantisse scorte di petrolio a Londra.Fu contrastata, inoltre, dagli uomini che, come spesso anche lei sosteneva, “si occupavano di rendere grande l’Impero”49, e lo fu anche dalle donne che “erano guardiane e sostegno della razza inglese”50.

D’altro canto, seppure possa apparire contradditorio, fu storica, archeologa, diplomatica, esploratrice e scrittrice ma fu lei stessa una persona fortemente conservatrice fino al punto di essere antifemminista, battendosi contro il voto alle donne quale attivista della Lega del movimento anti-suffragio nel 1907, al suo rientro dal viaggio in Siria.

8.

Il viaggio in Siria e The Desert and the Sown

Gertrude Bell aveva indubbiamente un talento per il viaggio. Amava sicuramente la sua Patria

di quell’amore nazionalista che le ispirava un enorme senso di

appartenenza ma, dopo le sue prime esperienze di viaggio, il quotidiano la annoiava.

Trovava i suoi connazionali prevedibili come accade fra coniugi in un lungo matrimonio, e riteneva gli Arabi “stimolanti per la sua fantasia, romantici esotici, misteriosi e inesplorati”51. Sentiva forte dentro di sé il richiamo di un nuovo viaggio in Oriente con l’entusiasmante obiettivo dello studio di quelle civiltà antiche e

49

Wallach, J., op. cit., pag. 143

50

Wallach, J., op. cit., pag. 143 Wallach, J., op. cit., pag. 120

51

28

dell’archeologia. A tal fine studiò e si preparò alla sua prossima missione grazie agli insegnamenti dello studioso e storico francese Salomon Reinach52, direttore della prestigiosa rivista Revue Archeologique, al quale Gertrude Bell invierà numerosi articoli letterari e altrettante immagini fotografiche a testimonianza di quanto vissuto durante il suo viaggio in Siria. La pubblicazione poi del libro pubblicato da David Hogart, La penetrazione dell’Arabia, in cui egli descriveva il grande deserto, per la maggior parte ancora sconosciuto agli occidentali, alimentava il desiderio di avventura verso l’Oriente “in quella deliziosa regione cantata da Omar Khayyàm53, la striscia di terreno coperta d’erba che divide il deserto dal seminato”54.

Finalmente nel gennaio del 1905 Gertrude Bell partì per l’Oriente decisa a visitare le rovine romano-bizantine e conoscere soprattutto i Drusi

le popolazioni di quei territori,

e i Beduini. Nei suoi intendimenti vi era una raccolta

multidisciplinare: antropologica, sociale e culturale relativa non solo al presente ma anche al passato, arricchendo il suo reportage con il maggior numero di fotografie. Ciò avrebbe finalmente fatto conoscere agli Inglesi l’Oriente, il mondo arabo, la sua cultura e la sua gente, quella delle città e quella delle tribù beduine, la lingua complessa e variegata, la letteratura e la storia, la religione e la musica. Ne avrebbe raccontato la vita di tutti i giorni, il commercio, il cibo, l’agricoltura. Avrebbe descritto il deserto sconfinato ma anche il terreno fertile.

In compagnia dei due testi che l’avevano ispirata, L’Arabia Deserta di Charles Doughty (con importanti informazioni sulle tribù beduine) e Penetrazione dell’Arabia di David Hogart, Gertrude Bell iniziò così il suo viaggio da Beirut (all’epoca in territorio Siriano, n.d.r.).

Fin dall’inizio il viaggio ebbe il sapore dell’avventura già ai controlli doganali, poiché la viaggiatrice portava con sé valigie e bauli contenenti non solo carte geografiche, attrezzatura da campo e ogni sorta di utensili, ma, sotto abiti di pizzo e trine, erano celati anche pistole e fucili. Non era certamente un bagaglio gradito ai controlli turchi. Tuttavia, fra salaam e Y’allah, si riuscì a scongiurare il ritrovamento delle armi e proseguire attraverso le strade di Beirut, la medina, il suq, la gente, così da

52

Reinach, Salomon. - Archeologo e storico delle religioni (Saint-Germain-en-Laye 1858 - Parigi 1932)

53

Omar Khayyām (Nīshāpūr, 31 maggio 1048 – 4 dicembre 1131) fu un matematico, astronomo, poeta e filosofo persiano.

54

Bell, G., op. cit., pag. 23

29

carpire le prime informazioni relative alla disputa più accesa in quel momento nei territori del deserto, quella fra Ibn Rashid, che aveva dalla sua le truppe turche, e Ibn Saud appoggiato dagli inglesi e dallo Shaik del Kuwait, entrambi col medesimo obiettivo di unificare le tribù beduine sotto un unico Re e in un’unica terra: L’Arabia Unita.

A questo proposito si ritiene opportuno un breve excursus relativo alle tribù più potenti che, nel periodo in cui Gertrude Bell attraversava la Siria, si contendevano il controllo della vallata del Neg’d e soprattutto come erano organizzate socialmente le tribù beduine.

Il sistema tribale, fin dall’Arabia Preislamica, è sempre stato fondato sulla solidarietà di sangue [‘sabiyat ad-samm] che con l’avvento dell’Islam sarà sostituita dalla solidarietà di religione [‘sabiyat ad-din] implicando il fatto che l’individuo fuori dalla tribù di appartenenza religiosa, non avrebbe avuto protezione Chi non aveva legami di sangue raramente poteva far parte della tribù se non per alleanza [hilf], per buon vicinato [giwar] o per clientela [mawla].

La tribù veniva regolata da un’assemblea di tutti i membri [maglis] a capo della quale era il sayyd eletto durante l’assemblea.

La figura dell’hakam fungeva da arbitro laddove i negoziati fra persone o differenti tribù non sortissero l’effetto di una soluzione.55 Emerge da ciò la difficoltà, da parte di chiunque, ma soprattutto da parte di una donna, di inserirsi in una realtà chiusa seppure votata all’ospitalità.

I beduini [badawy] o abitanti del deserto erano e lo sono tuttora, nomadi, liberi, nel periodo preislamico erano gli emarginati, i poveri, quelli che venivano cacciati dalle oasi e ai quali non rimaneva che il deserto per il quale erravano alla ricerca di foraggio poer i loro cammelli e punti d’acqua per insediarvisi.

La vita del deserto aveva fortificato il loro carattere e costituito un codice d’onore e lealtà che, ancora oggi, ha forti valori come l’obbedienza, la generosità e l’ospitalità, appunto.

Uomini e donne vivevano separati in diverse tende [beit] fatte di pelli e lana di capra con arredamento di tappeti, cuscini e, importantissimo, il focolare intorno al quale si svolgevano i colloqui, spesso prolissi, ai quali Gertrude Bell partecipò e grazie ai

55

Contu, G. L’Arabia Preislamica, 1998.

30

quali apprese notizie e particolari utili al prosieguo del suo viaggio verso i luoghi per i quali le tribù dei Beni Sa’ud e Beni Rashid lottavano da anni.

Sono stati citati nel corso di questo lavoro anche i Drusi, un ‘enclave culturale con un sottile confine tra politica e religione che durante la dominazione dei crociati in Siria (1099-1291) assunsero grande importanza nella storia al servizio dei musulmani contro i crociati.

Quando i Turchi ottomani conquistarono la Siria i drusi vennero perseguitati e la loro repressione fu violenta e sanguinosa ma, nonostante ciò il governo ottomano dovette accettare un accordo secondo il quale gli emiri drusi dovevano ricevere una concessione fiscale [iltizam] sui vari distretti.

Dopo il 1860 i Drusi si allearono con la Gran Bretagna per ottenere la concessione dei territori nella zona del Monte Libano ove erano stanziali i Cristiani Maroniti protetti dai francesi.

Pertanto la presenza drusa lungo il percorso di Gertrude Bell era per la scrittrice preziosa per l’incolumità della carovana verso la piana del Neg’d e verso gli accampamenti di Ibn ar-Rashid capo della Tribù dei Shammar .

La tribù Al Rashid, collaborazionista dell’Impero Ottomano, era una dinastia storica e i suoi componenti da sempre i più acerrimi nemici della tribù dei Sa’ud, appoggiata dal Governo Britannico. Il loro più importante accampamento era a Ha’il, città ricchissima poiché tappa obbligata per chi compiva il pellegrinaggio verso la Mecca.

Fu nella città di Riyad che la tribù Al Sa’ud, in un attacco a sorpresa, sconfisse quella dei Rashid nel 1902 e vi si stabilì. Neel 1915 Col controllo prudente degli Inglesi i Sa’ud arrivarono fino ai deserti del nord (attuale Siria e Giordania) conquistando il Hijaz senza, però, estendere l’influenza in quei territori ove gli Inglesi avevano stabilito protettorati con altre dinastie regnanti Nel corso del suo viaggio, soprattutto durante

le varie cene in suo onore,

Gertrude Bell apprese che Ibn Rashid difendeva strenuamente la piana del Neged minacciando chiunque tentasse di introdurvisi di non lasciarlo mai più uscire. Questa fu la sfida che la scrittrice accettò e per la quale organizzò in alcuni giorni la carovana che doveva portarla alla ricerca di Ibn Rashid. Comprò muli, cavalli e ingaggiò il personale necessario e, una volta partiti da Beirut, arrivarono a Gerusalemme, prima tappa del viaggio: era il 5 febbraio 1905.

31

Fig. 2: La Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme56

La carovana era formata dal fedele cuoco cristiano Mickail, tre mulattieri, Ibrahim, un anziano cristiano maronita, suo figlio Habib e Muhammad, un druso possente e pigro.

Il primo obiettivo era andare vesto est verso la valle del Giordano verso la via che portava a Gerico attraverso l’alto ponte di legno che la viaggiatrice denominò la porta del deserto57.

Fig. 3: Primo tratto del viaggio di Gertrude Bell da Gerusalemme a Gerico

Ogni tratto di strada, ogni rovina, ogni persona incontrata furono oggetto di annotazione nel suo libro di viaggio. Quanto trascritto non ha solo un mero valore

56

Bell, G., op. cit., pag. 2

57

Bell, G., op. cit., pag. 4

32

letterario, ma all’epoca fu preziosissimo per il Governo Inglese grazie alle informazioni che Gertrude Bell coglieva aguzzando la vista e tendendo l’orecchio.

Descrisse la triste situazione dell’Impero Ottomano, il sogno di qualsiasi abitante siriano di partire per l’America, fare un po’ di fortuna e tornare poi in Oriente. Gli avidi turchi avevano arraffato quanto potevano sottrarre ai popoli arabi, senza mai pensare davvero di amministrarli. Gli Inglesi erano visti dai Drusi come i migliori alleati per cacciare i turchi dalle loro terre e Gertrude Bell si era ripromessa di raccogliere il loro malcontento e di verificarne la consistenza militare,

pur essendo consapevole di

accostarsi a dei crudeli e sanguinari assassini.

Nel prosieguo del viaggio, si aggiunse alla carovana la guida araba cristiana, Namrud che conosceva alcuni notabili shaik della regione e che avrebbe potuto proteggerli dalla crudeltà drusa.

Attraversarono i territori dei peggiori nemici dei drusi, i Beni Sakhr che però Gertrude aveva già conosciuto e dei quali era stata ospite, durante un viaggio precedente: furono loro a soprannominarla “ figlia del deserto”58 .

Anche durante questo viaggio fu accolta in una delle tende della tribù, le fu servito un ottimo pranzo su fini porcellane, bevve il vino e fumò le sigarette con uno dei più illustri componenti della famiglia Beni Sakhr, trattamento solitamente riservato a uomini di alta considerazione agli occhi delle tribù beduine.

Gertrude non disdegnava la compagnia dei beduini poiché li riteneva guidati da tradizioni di moralità risalenti agli inizi della civiltà, tradizioni mai mutate, di amicizia e ospitalità. Fu qui, che per la prima volta fu introdotta all’harem beduino dove venne ospitata per la notte e fu qui che conobbe la moglie dello Shaik.59 Di tutte le pagine dell’opera in cui si coglie la puntigliosità descrittiva dei luoghi, della natura, delle persone, forse queste in cui appare la donna beduina, sono quelle più ricche di enfasi e circondate da un alone di esotismo.

Analizzandola in maniera approfondita si coglie l’atteggiamento orientalista della scrittrice nell’osservare questa donna silenziosa, coperta dalle tipiche vesti arabe, squisitamente ospitale ma contemporaneamente lontana. Ciò che colpisce nel racconto della Bell, tuttavia, è una caratterizzazione quasi maschile, certamente conservatrice,

58

Bell, G., op. cit., pag. 25

59

Bell, G., op. cit., pag. 20

33

nel giudizio espresso: “nessuno vede la moglie di Yusef. Il Cristiano (Yusef n.d.r.) pensa di tenerla relegata più di quanto si faccia con una donna musulmana e forse dopo tutto, lui ha ragione”60.Quella notte, avvolta dalle trapunte morbide e dalle pellicce, Gertrude Bell sentiva battere contro i vetri la pioggia e all’esterno della tenda, ululare il vento, ma si sentiva, mashallah, molto fortunata61.

Volle inoltre partecipare a un assalto druso sentendosi coinvolta dall’esultanza per la battaglia e dalla passione per la guerra, rendendosi conto, infine, che doveva tenersi imparziale rispetto alle lotte intestine se voleva portare avanti l’azione di mediazione politica di cui si sentiva investita dalla sua Nazione.

La carovana si spostò ancora verso le città di Salt e Madaba (attualmente geograficamente situate in Giordania, all’epoca territori Siriani, n.d.r.)

Dopo alcuni giorni, usciti dalla regione dei Drusi arrivarono a Damasco, capitale del deserto. Allora la città contava trecentomila abitanti era lussureggiante, circondata da montagne per tre lati mentre il quarto era coperto da orti e ricco di corsi d’acqua.

Gertrude Bell alloggiò finalmente in albergo, dopo aver vissuto negli accampamenti con i componenti della sua carovana e, durante il suo soggiorno in città fu ospite del Governatore turco con il quale ogni pomeriggio organizzava ricevimenti allo scopo di incontrare più persone possibili che le fornissero informazioni riguardo Ibn Rashid ed il suo accampamento ad Hayl.

La scrittrice arricchì l’esperienza del suo viaggio visitando siti archeologici ed annotando ogni dettaglio sull’architettura e sulle testimonianze storiche, fotografando quanto recuperato in quei luoghi. I suoi appunti e le sue fotografie sarebbero state materiale per una serie di articoli pubblicati sulla Revue Archèologique. Durante il viaggio arruolò quello che sarebbe stato il suo fedele servitore per tanti anni, il cristiano Fattuh, prezioso collaboratore in grado di preparare ottimi pasti, preparare il carico dei muli, estrarre delicatamente reperti archeologici dai luoghi visitati.

60

Bell, G. op. cit., pag. 21

61

Bell, G., op. cit., pag. 21

34

Fig. 4: Prosecuzione del tragitto della carovana di Gertrude Bell fino a Damasco

Nella prosecuzione dell’avventuroso tragitto, dopo aver toccato Alessandretta (odierna Ischenderun, in Turchia, n.d.r.) Gertrude Bell fece tappa a Konya, in Turchia, ove collaborò ai lavori di una spedizione archeologica che incontrò in loco.

Infine, a Costantinopoli (odierna Istanbul, n.d.r.) incontrò alcuni ufficiali inglesi di stanza in Turchia, intervenendo nel dibattito sull’ingerenza Tedesca in quel paese che faceva presagire a un’alleanza contro gli Inglesi che avevano sempre avuto cari quei territori: era il preludio degli schieramenti della sanguinosa guerra che avrebbe interessato da lì a poco l’area Medio Orientale.

35

Fig. 5: Tragitto finale da Damasco a Costantinopoli (odierna Istambul)

Il viaggio di Gertrude Bell in Siria si concluse lì e all’inizio della primavera la scrittrice era in Inghilterra a iniziare la stesura del libro The Desert and the Sown che terminerà di scrivere nel dicembre del 1906 e che la renderà famosa non solo in Oriente, nei paesi visitati e citati nell’opera, ma anche nella sua Patria, l’Inghilterra.

Tornò da quell’esperienza con un concetto profondo sull’Oriente:

“L’Islam è il legame che unisce la parte occidentale con la parte centrale del continente… Un Turco o un Persiano non parla, o non pensa, in termini di “la mia patria” come parla o pensa un Inglese o un Francese; il suo patriottismo rimane confinato al paese dove è nato o al massimo alla regione alla quale quel paese appartiene. Se gli si chiede di quale nazionalità è, egli risponderà “sono di Isfahan”, oppure “sono di Konya” a seconda del caso, così come un Siriano risponderebbe che è di Damasco o di Aleppo… Siria è semplicemente un termine geografico e non corrisponde ad un sentimento nazionale nel cuore dei suoi abitanti.”62

62

Wallach, J., op. cit., pagg. 134-135

36

Gertrude Bell ripartì per l’Asia Minore nel mese di marzo 1907 lasciando alle sue spalle le recensioni sul suo libro appena pubblicato, ritenuto scoppiettante per la sua prosa, importantissimo per le analisi approfondite sulle genti, gli usi e i costumi, ricchissimo di fotografie e meritevole del successo che ottenne in breve tempo.

Il Times ammise: forse le donne sono dei viaggiatori migliori, perché, se hanno lo spirito giusto, sono più resistenti e, strano a dirsi, più indifferenti degli uomini alle asprezze e alle scomodità. Sono, senza dubbio, più attente ai dettagli e più rapide nel cogliere le impressioni. La loro sensibilità sociale è più sviluppata e sono più pronte ad entrare in contatto con gli stranieri.

Il New York Times, riportò: Il modo di fare delle donne inglesi è strano. Sono forse, al mondo, le più schiave delle convenzioni, ma quando decidono di rompere con esse, lo fanno fino in fondo, quasi con spirito di vendetta63.

Ancora oggi, The Desert and the Sown è ritenuto fra i dieci più importanti testi sul Medio Oriente, e dall’analisi che si vuole approfondire su di esso, si potranno cogliere vari aspetti letterari attuali che attengono a stili e contesti assolutamente non anacronistici.

63

Wallach, J., op. cit., pag. 136

37

CAPITOLO 3 ANALISI DELL’OPERA 9.

Aspetti preliminari

Dall'analisi del testo, emerge innanzitutto il concetto di differenza ed opposizione tra le lingue (Inglese e Arabo); i comportamenti sociali; i ruoli femminile e maschile; l’amore per i luoghi e gli abitanti e l’istinto imperialista.

Gertrude Bell condivide con altri viaggiatori, donne soprattutto, il genere e il tema della narrazione del viaggio colonialista.

Poco spazio è lasciato alle emozioni ma, anzi, si può cogliere nello scorrere delle pagine, talvolta prolisse e fin troppo ricche di particolari, un distacco fin troppo oggettivo e un tono spesso ironico che lascia cogliere la posizione di supremazia in cui la scrittrice si pone rispetto alle persone alle quali si accosta.

E’ particolarmente curioso e suggestivo l’atteggiamento verso il suo stesso genere, le donne che spesso appaiono nel racconto, alle quali riserva un’attenzione quasi “maschile” osservando la loro bellezza o la loro appartenenza sociale, quasi come se lei stessa si fosse trasferita nel mondo maschile segregazionista rispetto alla donna.

Gertrude Bell scrive dettagliatamente ed esaurientemente su tutte le sfaccettature del suo viaggio: non solo con le immagini, ma soprattutto con le parole raffigura ogni reperto archeologico osservato, tombe, costruzioni, tempi e sarcofagi, annotando origini e date.

Descrive quasi ieraticamente paesaggi, flora, fauna ed esseri umani che incontra.

Offre di tutto ciò vividi affreschi che consentono di inquadrare la scrittrice-viaggiatrice come un’attenta osservatrice con una vivida volontà di trasferire all’occidente quanto vissuto.

Narra disincantata di faide, di intrighi politici, di usi e costumi arabi e ottomani, così come descrive ogni tenda, grotta, albergo o oasi in cui è stata ospite.

Dai ritratti da lei riportati si coglie il fascino che l’elemento umano le suscita, siano essi nobili, funzionari arabi o ottomani, persone umili, prigionieri o schiavi.

38

Come si osserverà dell’analisi di alcune pagine del libro, la conclusione della sua esperienza umana porterà alla certezza da parte dell’autrice che tutti i personaggi conosciuti, di qualsiasi ceto sociale, sono stati generosi con lei: ha sempre ricevuto asilo, pasti, ripari, e trattamenti da ospite d’onore.

E’ palesemente dalla parte degli arabi che lei ammira e dei quali ammira storia e cultura, anche se usa toni di imperialismo e accondiscendenza.

Tutti questi sentimenti trovano una meritoria rappresentazione letteraria e visiva attraverso le pagine del libro The Desert and The Sown, dal quale sono stati estrapolati alcuni passaggi che si è ritenuto possano essere maggiormente rappresentativi della testimonianza di letteratura di viaggio multidisciplinare della quale fin qui si è trattato.

Questo libro, a differenza di altri testi scritti successivamente da Gertrude Bell, non vuole essere, come lei stessa afferma, una testimonianza politica o la ricerca di un ruolo nella diatriba ottomano-araba. E’ un resoconto importante per geografi o storici grazie alla documentazione dei paesaggi della Siria fissati anche nelle numerose foto molto interessanti seppure la loro qualità è quella che ci si può aspettare dalla tecnologia dell’epoca.

Dalla lettura emerge che le faide delle varie sette tribali descritte, sono ancora attuali dopo un centinaio di anni dal momento in cui è stato scritto questo libro. Faide alimentate da rivalità religiose o politiche, che nel corso degli anni hanno portato distruzione e povertà. Molti dei reperti storici che Gertrude Bell ha fotografato nel suo viaggio, sono stati distrutti e non esistono più, altri sono stati portati via pietra dopo pietra per costruire case, moschee, edifici pubblici o alimentare Musei stranieri.

Il testo rimane, tuttavia, uno dei più particolareggiati reportage sul Medio Oriente, sulla Siria di allora ed è la viva testimonianza di un testo multidisciplinare interessante poiché offre l’opportunità di approfondire lo stile, il linguaggio, spesso ricco di termini arabi traslitterati.

Come precedentemente affrontato, i modelli socio-linguistici contemporanei facilmente possono aiutare ad accostarsi all’opera in argomento, da ritenersi, senza dubbio, un vero e proprio testo di viaggio.

Dall’analisi approfondita delle pagine tradotte e raccolte in appendice, sono emersi alcuni aspetti prevalenti sulle mille sfaccettature che il testo ha assunto sotto la magistrale costruzione operata dall’autrice.

Sono da ritenersi particolarmente rilevanti gli aspetti relativi al concetto religioso, alla figura femminile nella concezione vittoriana di Gertrude Bell, 39

all’inclinazione naturalistica che si evince dalle descrizioni paesaggistiche dei luoghi visitati e, infine, l’adozione di un linguaggio specialistico relativamente ai siti archeologici incontrati durante il viaggio.

Nella traslitterazione si è lasciata la terminologia usata nei testi citati.

10.

Aspetto religioso

I concetti che sono alla base degli studi sociolinguistici relativamente al linguaggio del turismo, appaiono straordinariamente antesignani nel libro The Desert and the Sown rispetto alle teorie di Dann.

Ciò emerge dall’affermarsi di quanto teorizzato da McCannell solo nel 1976 riguardo alla Authenticity Perspective64 secondo cui colui che viaggia è alla ricerca di esperienze autentiche quasi come una versione moderna dell’interesse universale verso il sacro.

Fin dalle prime pagine del libro emerge la vivida presenza dei luoghi sacri che Gertrude Bell visita nel suo viaggio. Già la scelta della città dalla quale l’esperienza ha inizio è di per sé il simbolo per eccellenza della religione, ma lo è ancor di più poiché fulcro delle tre più importanti religioni monoteiste.

Gerusalemme, come già accennato, rappresenta il luogo di culto di Cristiani, Ebrei e Musulmani e l’autrice coglie e trasmette la sacralità dei siti citati nei Vangeli: il Giardino dell’Agonia e il Monte degli Ulivi sono speranza e desiderio inestinguibile di generazioni di pellegrini65 e riportano alla religione Cristiana.

… garden of the Agony and up on to the Mount of Olives. Here I paused to recapture the impression, which no familiarity can blunt, of the walled city on the hill, grey in a grey and stony landscape under the heavy sky, but illumined by the hope and the inquenchable longing of generations of pilgrims. [... il giardino dell’Agonia e fino al Monte degli Ulivi. Qui una pausa per ritrovare l’impressione che nessuna familiarità può stemperare, della città murata sulla collina, grigia in un grigio e pietroso paesaggio sotto il cielo pesante, ma illuminata dalla speranza e il desiderio inestinguibile di generazioni di pellegrini.]

64

Maccannel, D., The Tourist: A New Theory of the Leisure Class, 1976, op.cit. in Dann G., The Language of Tourism, 1996, pag. 6.

65

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, - riportato in appendice, p.VII.

40

Con la tecnica della binary opposition, enunciata decenni dopo da Dann, ecco che nella medesima pagina la stessa sorgente origina due denominazioni, con l’adozione, ripetuta nella stesura dell’intero libro, della struttura semantica del languaging , Ain Esh-Shams per gli Arabi e Bene degli Apostoli per i Cristiani.

At the foot of the first descent there is a spring, ‘Ain esh Shems, the Arabs call it, the Fountain of the Sun, but the Christian pilgrims have named it the Apostles’ Well.

[Ai piedi della prima discesa si trova una sorgente, ‘Ain esh Shems, la chiamano gli Arabi, la Fontana del Sole, ma i pellegrini Cristiani l’hanno denominata Il Bene degli Apostoli.]

Da sottolineare in questa come nelle altre pagine prese in esame, la descrizione particolareggiata dei personaggi, dei luoghi e del contesto in cui le scene si svolgono.

L’uso combinato delle verbal and visual techniques regala al lettore il ritratto di gruppi di pellegrini russi – diecimila ogni anno - che, appiedati, arrivano al Mar Nero, si imbarcano su sporche navi mercantili, sopportano in preghiera mare e cielo minacciosi, per sbarcare e raggiungere le rive del Giordano, il fiume dove Gesù fu battezzato, e qui riposano, prima tappa del percorso che da Natale a Pasqua, giorno della Resurrezione, li vedrà calpestare lo stesso suolo in cui camminò Gesù.66

From the furthest ends of Russian Empire they come on foot to the Black Sea, where they take ship as deck passengers on board a dirty little Russian boat. I have travelled with 300 of them from Smyrna to Jaffa, myself the only passenger lodged in a cabin. It was mid-winter, stormy and cold for those who sleep on deck, even if they be clothed in sheepskin coats and wadded top-boots. My shipmates had brought their own provisions with them for economy’s sake – a hunch of bread, a few olives, a raw onion, of such was their daily meal. Morning and evening they gathered in prayer before an icon hanging on the cook’s galley, and the sound of their litanies went to Heaven mingled with the throb of the screw and the splash of the spray. The pilgrims reach Jerusalem before Christmas and stay till after Easter that they may light their tapers at the sacred fire that breaks out from the Sepulchre on the morning of the Resurrection. They wander on foot throught all the holy places...

[Dalle estremità più lontane dell’Impero Russo arrivano a piedi fino al Mar Nero, dove prendono navi come passeggeri sul ponte su barche russe abbastanza sporche. Ho viaggiato con 300 di loro provenienti da Smirne e diretti a Jaffa, io unica passeggera alloggiata in una cabina. Era pieno inverno, tempestoso e freddo per coloro che dormono sul ponte, anche se vestiti di giacche di pelle di pecora e con stivali imbottiti. I miei compagni di viaggio avevano portato con loro provviste nazionali per risparmiare

66

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, riportato in appendice, pp. VII e VIII.

41

un po’ di pane, qualche oliva, una cipolla cruda, questo era il loro pasto quotidiano.

Mattina e sera si riunivano in preghiera davanti a un’icona appesa alla cucina, e il suono delle loro litanie andava in Cielo mescolato col palpitare delle eliche e gli spruzzi delle onde. I pellegrini raggiungono Gerusalemme prima di Natale e rimangono fino a dopo Pasqua perché devono accendere i loro lumini col fuoco sacro che arde nel Sepolcro il mattino della Risurrezione. Vagano a piedi attraverso tutti i luoghi santi…]

Quella descritta non è solo la Terra Promessa dove vivere nell’aurea mistica dei luoghi Santi, è la terra della redenzione così come viene narrato alla scrittrice che a sua volta lo racconta ai lettori.

La storia ci regala l’immagine di un ladro russo67 che dopo aver scontato la sua giusta prigionia in Siberia, si reca, pentito del suo passato, in pellegrinaggio in Terra Santa pronto a perdonare colui che, nel tentativo di rapinarlo, quasi lo uccide. Questa pagina è uno dei tanti esempi della funzione espressiva o emotiva condizionata dal background dell’emittente – la scrittrice – che rivendica la potenza della religione cristiana e sfiora soltanto la religione diversa/dell’altro, quella musulmana.

I heard in Jerusalem a story which is a better illustration of their temper than pages of description. It was of a man who had been a housebreaker and had been caught in the act and sent to Siberia, where hedid many years of penal servitude. But when his time was up he came home to his old mother with a changed heart, and they two set out together for the Holy Land that he might make expiation for his sins. Now at the season when the pilgrims are in Jerusalem, the riff-raff of Syria congregates there to cheat their simplicity and pester them for alms, and one of these vagabonds came and begged of the Russian penitent at a time when he had nothing to give. The Syrian, enraged at his refusal, struck the other to the earth and injured him so severely that he was in hospital for three months. When he recovered his consul came to him and said, " We have got the man who nearly killed you ; before you leave you must give evidence against him." But the pilgrim answered, " No, let him go. I too am a criminal."

[Ho sentito una storia a Gerusalemme che è una spiegazione migliore sul loro temperamento più di pagine e pagine di descrizione. C’era un uomo che era stato un ladro ed era stato colto sul fatto e mandato in Siberia, dove aveva scontato molti anni di lavori forzati. Ma quando terminò la sua condanna tornò a casa dalla sua vecchia madre col cuore cambiato, e i due insieme partirono per la Terra Santa per poter espiare, il figlio, i suoi peccati. Era la stagione in cui i pellegrini a Gerusalemme venivano assaliti dalla marmaglia di delinquenti Siriani lì per ingannare la loro semplicità e per chiedere loro l'elemosina, e uno di questi vagabondi si avvicinò e chiese l’elemosina al russopenitente in un momento in cui lui non aveva nulla da dare. Il siriano si adirò per il suo rifiuto, lo colpi’ facendolo finire in terra e lo feri’ così gravemente che il russo rimase in ospedale per tre mesi. Quando fu visitato dal suo console questi gli disse: "Noi abbiamo preso l'uomo che per poco non ti ha ucciso, prima di partire è necessario che tu testimoni contro di lui." Ma il pellegrino rispose: "No, lasciatelo andare. anch'io sono un criminale."]

67

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, riportato in appendice, pp. VIII e IX

42

Ciò che non è rappresentato e viene tralasciato, ha sul lettore la stessa influenza di ciò che viene espressamente narrato. Emerge, pertanto, il concetto di Dann della significant omission

68

relativamente al quale l’argomento religioso è spesso solo

sfiorato nei racconti dell’autrice, quasi avesse timore di trasferire ai lettori Inglesi del tempo la sua simpatia per una professione ritenuta ecumenica e non èlitaria. Concetto questo complesso da affermare in un’Inghilterra non solo conservatrice ma che, in nome dell’imperialismo sfrenato, non poteva permettere alcuna scalfittura alla supremazia assoluta dell’occidente rispetto all’oriente, tanto meno per quanto attinente all’aspetto religioso.

Secondo la teoria della strangehood perspective di Cohen69, Gertrude Bell trasmette ciò che non è cristiano e perciò nuovo, attraverso similitudini, mètafore o discorsi riportati,

per ridurre la sensazione di estraneità che il resoconto poteva

suscitare nei lettori e avvicinarli ad un mondo quasi fantastico e fatato.

Pertanto, pare quasi incidentale, nel discorso del soldato incaricato di proteggere il viaggio di Gertrude Bell fino a Tripoli (nel Libano)70, il disprezzo nei confronti dei due prigionieri da scortare fino al carcere, poiché i due adorano una divinità femminile, della terra di Hind71, diversi fra i diversi, perchè politeisti fra musulmani.

One of the Kurds interrupted with the explanation: “They are deserters from the Sultan’s army: Moreover, they are Ismailis from Selemiyyeh, and they worship a strange god who lives in the land of Hind. And some say she is a woman e for that reason they worship her.

[Uno dei curdi interruppe la spiegazione: “Sono disertori dall’esercito del Sultano: può Dio dare una ricompensa per le loro opera! Inoltre, essi sono Ismailiti provenienti da Selemiyyeh, ed essi adorano uno strano dio che vive nella terra di Hind. Alcuni dicono che lei è una donna e per questo motivo che la adorano”.]

68

Dann G, The Language of Tourism, 1996, pag. 209.

69

Cohen, E. (1972). Towards a sociology of international tourism. cit in Dann, G (1996) , The Language of Tourism. A Sociolinguistic Perspective, pag. 7 70

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, - riportato in appendice, p.CXCV

71

La citazione della dea adorata dai due Ismailiti, fa riferimento alla triade Al-Uzza, Al-lat e Manat, definite le tre figlie di Allah (il cui nome è appunto originato da quello di Al-lat che significa semplicemente Dea) nel periodo pre-islamico, prima cioè che Maometto diffondesse la parola di Allah attraverso l’Arcangelo Gabriele A quel tempo, ancor prima dell’affermazione del monoteismo Musulmano, ogni tribù Araba adorava un dio pagano rappresentato da una pietra che veniva custodita nella Qa’aba. Si pensi che prima della predicazione di Maometto la Qa’aba conteneva circa 300 pietre).

Bausani, A. Il Corano, 2007 [1988], pag. VIII (Corano LIII, pagg. 19-20). I prigionieri Ismailiti custoditi dai militari della scorta della Bell adoravano quasi sicuramente la dea Al-Uzza (per i Greci, Venere) adorata nella zona citata dai militari. da http/sakina-ka’ba.com

43

Il positivismo inglese dell’epoca, ha lasciato spazio al fatalismo arabo e ciò che è scritto accade, Inshallah. Il suo devoto compagno di viaggio rafforza in lei questa convinzione:72

" It is as God will," said Mikhail. " Without doubt," said I. " But consider, now, those whom we have met upon our journey, and think how all were glad to help us, and how well they used us. At the outset there was Najib Faris, who started us upon our way, and Namrud and Gablan" " Masha'llah ! " interrupted Mikhail. " Gablan was an excellent man. Never have I seen an Arab so little grasping, for he would scarcely eat of the food that I prepared for him." " And Sheikh Muhammad en Nassar," I pursued, " and his nephew Faiz, and the Kaimakam of Kal'at el Husn, who lodged us for two nights and fed us all, and the Kaimakam of Drekish, who made a great reception for us, and the zaptieh Mahmud " (Mikhail gave a grunt here, for he had been at daggers drawn with Mahmud.) " And Sheikh Yunis," I went on hastily, " and Musa the Kurd, who was the best of all." " He was an honest man," observed Mikhail, " and served your Excellency well." " And even Reshid Agha," I continued, " who was a rogue, treated us with hospitality." " Listen, oh lady," said Mikhail, " and I will make it clear to you. Men are short of vision, and they see but that for which they look. Some look for evil and they find evil ; some look for good and it is good that they find, and moreover some are fortunate and these find always what they want. Praise be to God ! to that number you belong. And, please God ! you shall journey in peace and return in safety to your own land, and there you shall meet his Excellency your father, and your mother and all your brothers and sisters in health and in happiness, and all your relations and friends, “added Mikhail comprehensively, “and again may times shall you travel in Syria with peace and safety and prosperity, please God!” " Please God ! " said I. [“E’ come Dio vuole”, disse Mikhail. “Senza dubbio” dissi “ma consideriamo, ora, quelli che abbiamo incontrato sul nostro cammino, e pensiamo a come tutti erano contenti di aiutarci e come sono stati con noi. Prima Najib Faris, che ci avviò verso la nostra strada e Namrud e Gablan”. “Masha’llah!” mi interruppe Mikhail “Gablan era un uomo eccellente. Non ho mai visto un arabo così poco avaro nel voler mangiare il cibo che preparavo per lui”. “E lo sceicco Muhammad en-Nassar” proseguii “e suo nipote Faiz e il Governatore Hal’at el Husn che ci ospitò per due notti e diede da mangiare a tutti noi e il Governatore di Drekish, che ci ha riservato una grande accoglienza e il militare turco Mahmud (Mikhail emise un grugnito, perché era ai ferri cor-ti con Mahmud). “E lo sceicco Yunis” andavo avanti in fretta “e Musa il Curdo, che era il migliore di tutti”. “Era un uomo onesto “ osservò Mikhail e ha servito bene Sua Eccellenza”. “E anche Rashid Agha” continuai “che era un ladro, ci ha trattato con ospitalità”.

“Ascoltate, signora” disse Mikhail “sarò chiaro con Voi. Gli uomini non vedono al di là e vedono ciò che essi guardano. Alcuni guardano male e trovano male; alcuni guardano bene ed è bene ciò che trovano, per di più alcuni sono fortunati e questi trovano sempre ciò che vogliono. E a Dio piacendo, voi appartenete a quel numero. E, a Dio piacendo, voi viaggerete in pace e ritornerete salva alla vostra terra, e là incontrerete Sua

72

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, - riportato in appendice, pp. CCCXXXIX - CCCXL

44

eccellenza vostro padre e vostra madre e tutti i vostri fratelli e sorelle in salute e felicità e tutti i vostri parenti e amici” aggiunse Mikhail comprensivo “e viaggerete ancora molte volte in Siria con pace e sicurezza e prosperità, se Dio lo vorrà!”

“Se Dio lo vorrà!” Dissi.]

La tecnica della Binary Opposition è applicata all’aspetto religioso anche da quanto emerge dalla descrizione della signora anziana descritta accanto al braciere73.

When dinner was over we returned to my room, a brazier full of charcoal was brought in, together with hubble-bubbles for the ladies, and we settled ourselves to an evening’s talk. The old woman refused to sit on the divan, saying that she was more accustomed to the floor, and disposed herself neatly as close as possible to the brazier, holding out her wrinkled hands over the glowing coals. She was clad in black, and her head was covered by a thick white linen cloth, which was bound closely above her brow and enveloped her chin, giving her the air of some aged prioress of a religious order.

[Quando la cena finì tornammo alla mia stanza un braciere pieno di carbone fu portato dentro insieme ad un narghilè per le signore, e ci sistemammo per una chiacchierata serale. La donna anziana rifiutò di sedersi sul divano dicendo che lei era abituata al pavimento e si dispose ordinata il più vicino possibile al braciere, tenendo fuori le mani rugose sopra i carboni incandescenti. Era vestita di nero e la testa era coperta da uno spesso panno di lino bianco, che era legato stretto sopra alla sua fronte e avvolgeva il mento, dandole l’aria che hanno alcune vecchie suore di un ordine religioso.]

Si ripete il fascino dell’opposizione delle due religioni

e si ribadisce il

parallelismo fra due realtà, quella conosciuta e quella nuova e attraente, in questo esempio rappresentate dalla figura femminile che ci introduce alla successiva analisi.

11.

Aspetto femminile

Appare necessario ridisegnare i contorni della figura femminile di fine Ottocento nell’Inghilterra Vittoriana, per addentrarsi nell’analisi che la scrittrice offre rispetto alle donne incontrate.

All’epoca non era sicuramente un titolo di merito essere intellettuale e colta e Gertrude Bell rappresentava l’eccezione fra le donne inglesi e, eccezione nell’eccezione, era una donna viaggiatrice non al seguito della propria famiglia o del proprio marito, neppure per motivi di salute, ma viaggiava, da sola, per conoscere, sperimentare e trasferire nel testo.

73

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, - riportato in appendice, p. CCIII.

45

Lo studio e la conoscenza la rendevano incline a una visione critica della società e questo contribuiva alla sua predisposizione al giudizio del prossimo e sopratutto delle donne, nel contesto prettamente maschilista del suo mondo e del mondo Medio Orientale.

La tecnica narrativa dell’autrice era permeata dal Romanticismo che aveva, indubbiamente, diffuso idee contraddittorie: se da un canto le donne rivendicavano autonomia di giudizio e indipendenza, dall’altro cedevano alle emozioni e alle sensazioni anche in quell’epoca che era passivamente

rispettosa dell’etichetta e

risentiva dei principi vittoriani.

L’affermazione della libertà, simboleggiata dalla vita in Medio Oriente si contrappone così alle convenzioni e ai

pregiudizi della conformistica Inghilterra,

antitesi riflessa anche a livello strutturale nei vari passaggi di binary oppositions, nella diacronicità spesso rilevata nel testo, ma soprattutto nelle descrizioni al femminile delle figure di donna.

Non sempre Gertrude Bell ottiene l’effetto della iconizing function74 dando un’immagine neutra e priva di emozione nel descrivere quanto osserva, come nell’esempio della descrizione della moglie del cristiano Yusef Sukkar che la ospita nel suo accampamento nel deserto; il suo sembra quasi uno sguardo maschile alla padrona di casa che prepara per la viaggiatrice l’ambiente per trascorrere la notte75. …and Yusef began spreading quilts for my bed. Then and not till then did I see my hostess. She was a woman of exceptional beauty, tall and pale, her face a full oval, her great eyes like stars. She wore Arab dress, a narrow dark blue robe that caught round her bare ankles as she walked, a dark blue cotton veil bound about her forehead with a red handkerchief and falling down her back almost to the ground. Her chin and neck were tattooed in delicate patterns with indigo after the manner of the Bedouin women.

She brought me water, which she poured over my hands, moved about the room silently, a dark and stately figure, and having finished her ministrations she disappeared as silently as she had come, and I saw her no more. “She came in and saluted me” said the poet, he who lay in durance at Mecca76, “then she rose and took her leave, and when she departed, my soul went out after her”. No one sees Yusef wife. Christian though he be, he keeps her more strictly cloistered than any Moslem woman; and perhaps after all he is right.

74

Francesconi, S. 2007, English for Tourism Promotion, pag. 6

75

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, - riportato in appendice, p. XXI

76

Probabilmente la Bell fa riferimento a un verso del poema di Hafiz (pseudonimo di Shams ad-Din Muhamad) mistico e poeta persiano che nacque fra il 1310 e il 1337 a Shirāz, le cui opere furono tradotte dalla scrittrice. Da alcune ricerche effettuate, Hafiz,il cui nome significa memorizzatore del Corano, appartenente alla corrente Sufista Islamica, è sepolto in un mausoleo nella città natale, che riproduce le sembianze della Qa’aba alla Mecca. (traslitterazione e riferimento da http://www.iran.it/informazioni-sull-iran/profili-storici/hafez-shirazi.html)

46

[... e Yusef iniziò a stendere trapunte sul mio letto. Fu solo allora che vidi la padrona di casa. Era una donna di bellezza eccezionale, alta e diafana, il volto di un ovale pieno, i suoi occhi grandi come stelle. Indossava tipici abiti arabi, un vestito blu scuro stretto che strusciava intorno alle caviglie nude mentre camminava, un velo scuro di cotone blu legato sulla sua fronte con un fazzoletto rosso che cadeva lungo la schiena q1uasi fino a terra. Il suo mento ed il suo collo erano tatuati con disegni delicati di colore indaco, alla maniera delle donne beduine Mi portò dell’acqua, che versò sulle mie mani, si muoveva nella stanza in silenzio, figura scura e solenne, e dopo aver portato a termine il suo compito scomparve silenziosamente come era venuta, e non l’ho più vista. “Lei entrò e mi salutò” disse il poeta, egli che giaceva in adorazione alla Mecca “poi si alzò e si congedò, e quando lei partì la mia anima uscì dopo di lei. Nessuno vede la moglie di Yusef. Anche se lui è cristiano, la tiene nella più stretta clausura più di ogni donna musulmana; e forse, dopo tutto, fa bene.]

Si tratta di un passaggio ricco di spunti da analizzare secondo lo studio sociolinguistico di Dann. Molte funzioni delle convergent properties sono presenti in questo brano: la funzione emotiva che, con grande capacità metalinguistica, condiziona l’immagine descritta; la funzione informativa che pone la donna araba-beduina nel contesto del mondo cristiano per trasmettere al lettore l’ennesima situazione di opposition e su tutte emerge la funzione poetica che attinge dall’antica poesia persiana del ‘300 con un verso che fa fermare il tempo: pare quasi di essere al cospetto del poeta medioevale che sente uscire da sé la propria anima che insegue la figura dell’amata.

Gertrude Bell cede alle emozioni, trasmette sensazioni romantiche che talvolta sembrano assumere le tipiche connotazioni maschili di ammirazione verso una donna. È curioso l’atteggiamento verso il genere femminile o i compagni delle donne che incontra, poiché la Bell fa osservazioni sulla bellezza o sull’assenza di bellezza, come se appartenesse ad un genere diverso dal proprio: non di rado, infatti ironia e oggettività di osservazione traspaiono da alcune descrizioni femminili, lasciando spazio, inoltre, a un omesso messaggio di autoreferenzialità. Perciò la sorpresa di un’altra ospite nello scoprire che la viaggiatrice parla perfettamente l’Arabo, altro non è che una trasmissione al lettore delle capacità intellettive della Bell. Lei non ha necessità di un’interprete per comunicare con le donne Siriane, perché da tempo ha studiato quella lingua che ama, che le consente di guardare quasi con superiorità le donne incontrate.77

“Praise be to God! Your Excellency speaks Arabic. We had feared that we should not be able to talk with you, and I had already invited a Syrian lady who knows the English tongue to spend the evening to purpose of interpreting”…

77

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, - riportato in appendice, p. CCII

47

…I had barely had time to change my wet clothes before a discreet knocking at the inner door announced the presence of the womenfolk. I opened at once and admitted a maid servant, and the wife of the Kaimakam, and a genteel lady who greeted me in English of the most florid kind. This last was the Sitt Ferideh, the Christian wife of the Government land surveyor, who is also a Christian. She had been educated at a missionary school in Tripoli and I was not long left in ignorance of the fact that she was an authoress, and that her greatest work was the translation of the “Last Days of Pompei” into Arabic. The Kaimakam’s wife was a young woman with apple cheeks who would have been pretty if she had not been inordinately fat. She was his second wife; he had married her only a month or two before on the death of his first, the mother of his children. She was so shy that it was some time before she ventured to open her lips in my presence… [“Sia lode a Dio! Sua Eccellenza parla Arabo. Avevamo temuto che non saremmo stati in grado di parlare con voi e avevamo già invitato una signora siriana che conosce l’inglese per trascorrere con noi la serata allo scopo di fare da interprete”… … Avevo appena avuto il tempo per cambiare i miei vestiti bagnati, prima che un discreto bussare alla porta interna annunciasse la presenza delle donne del posto: aprii e feci entrare una serva e la moglie del Governatore e una signora dall’aspetto distinto che mi salutò in un Inglese colto. Era la signora (sitt,signora, titolo in lingua araba per denominare la padrona di casa, n.d.t.) la moglie cristiana dell’ingegnere, anche lui cristiano. Era stata educata in una scuola missionaria a Tripoli e non rimasi per molto all’oscuro del fatto che era una scrittrice e che il suo più importante lavoro era stato la traduzione de “Gli Ultimi Giorni di Pompei” in Arabo. La moglie del Governatore era una donna giovane, con le guance di mela che sarebbe stata graziosa se non fosse stata straordinariamente grassa. Era la sua seconda moglie, l’aveva sposata solo un mese o due prima, alla morte della sua prima moglie, la madre dei suoi figli. Era così timida che passò un po’ di tempo prima che lei si avventurasse ad aprir bocca in mia presenza…]

L’ironia e il distacco scompaiono nella pagina successiva (già tradotta e analizzata in precedenza) con la descrizione, quasi mistica, della donna beduina seduta a terra accanto al braciere a fumare il narghilè, paragonata a una monaca cattolica.78 Gertrude Bell attua relativamente alla presentazione delle figure femminili, la teoria di Dann relativa al linguaggio di appropriazione79 affermando il principio secondo il quale il libro è scritto in un linguaggio etnografico che deriva dall’antropologia britannica che l’autrice ha fatto propria, affinchè il messaggio comunicativo fosse più accessibile in Patria. Proprio per questo motivo la Bell sperimentò differenti canali di trasmissione nella sua opera, quali ad esempio l’esaltazione della natura, illustrata nel seguente paragrafo.

78

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, - riportato in appendice, p. CCIII.

79

Dann G., The Language of Tourism, 1996, pag. 29.

48

12.

Aspetto paesaggistico e naturalistico

Contrariamente a quello che può apparire al lettore un viaggio che sembra non seguire alcun percorso predeterminato poiché nessuna mappa del tragitto è pubblicata nel libro, Gertrude Bell visita villaggi, città, siti archeologici, accampamenti beduini che descrive dettagliatamente.

L’opera è destinata a differenti generi di pubblico e pertanto deve attrarre sotto diversi punti di vista.

E’ da ribadire il tentativo di oggettività che la scrittrice attua spesso nella stesura del rèportage, ma il distacco non si coglie certo nelle descrizioni vivide della natura che l’autrice offre quale ennesima applicazione della binary structure narrando un passaggio che alterna immagini di zone desertiche a quelle di oasi verdeggianti e viceversa.

D’altro canto l’ispirazione al Romanticismo Inglese emerge chiaramente nella contemplazione idilliaca della natura da parte della viaggiatrice, che assume talvolta i contorni di una testimonianza quasi religiosa. E’ tale l’amore per quei luoghi che anche le zone apparentemente brulle appaiono agli occhi della Bell paesaggi che se non ora, in futuro, diventeranno località amene.

E’ proprio uno di questi paesaggi a dare il titolo al libro, la Valle di Wady Sir.80

There would be trees on the hills too if the charcoal burners would let them grow – we passed by many dwarf thickets of oak and thorn – but I would have nothing changed in the delicious land east of Jordan. A generation or two hence it will be deep in corn and scattered over with villages, the waters of the Wady Sir will turn mill-wheels, and perhaps there will even be roads: praise be to God! I shall not be there to see. In my time the uplands will still continue to be that delectable region of which Omar Khayyam sings: “The strip of herbage strown that just divides the desert from the sown” they will still be empty save for a stray shepherd standing over his flock with a longbarrelled rifle.

[Ci sarebbero alberi sulle colline se i fabbricanti di carbone da legna li lasciassero crescere – passammo da boschetti di querce nane e rovi – ma non avrei cambiato niente di quella terra deliziosa ad est della Giordania. Una generazione o due e sarà pieno di grano e di villaggi, le acque del Wady Sir faranno girare le ruote dei mulini, e forse ci saranno anche le strade, sia lode a Dio! Non sarò lì per vedere. In questi anni, l’altipiano continuerà ad essere quella regione deliziosa di cui Omar Khayyam canta: “La striscia di erba che divide proprio il deserto dal Seminato” e Wady Sir81 sarà ancora salva e vuota per i pastori erranti e i loro greggi che stanno lungo lo sbarramento di fucili.]

80

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, - riportato in appendice, p. XXIII.

49

Queste poche righe racchiudono importanti funzioni teorizzate da Graham Dann e sono da ritenersi pertanto particolarmente rappresentative delle tecniche espressive della letteratura di viaggio: per tradurre dall’arabo la frase di Omar Khayyam che origina il titolo del libro, the strip of herbage strown that just divides the desert from the sown, Gertrude Bell si avvale di una rima che afferma la funzione poetica riscontrabile in parallelo nella precedente citazione praise be to God; inoltre, la presenza di espressioni come there would be trees, o ancora l’uso di verbi ausiliari come shall, richiamano quasi il linguaggio Biblico.

Tecniche verbali e visive vengono utilizzate in parallelo e seppure il bianco e nero delle fotografie, unico sistema fotografico del tempo, può indurre a pensare a immagini poco vivide, al contrario esso rappresenta i colori del viaggio eterno nel tempo anche nei clichè rappresentati dai paesaggi desertici o della vegetazione tipica del luogo.

Fig. 6 Una processione Musulmana attraversa il Giardino degli Ulivi

Tutti i colori che mancano nelle fotografie pubblicate sono trasmessi attraverso il linguaggio adottato ricorrendo soprattutto alle divergent properties quali euphoria e tautology.

81

Trad. Valle, conosciuto nel Giordano come Wadi es-Ser o Sir Wadi’, è un comune a circa 12 chilometri a nord-ovest dal Centro della capitale Giordana, Amman.

50

Infatti, tutti coloro e tutto ciò che Gertrude Bell incontra sul suo cammino rappresentano qualcosa di positivo; anche il deserto è ospitale e quanto sperimentato nel suo viaggio è esattamente ciò che si aspettava di trovare e che aveva già conosciuto attraverso i testi di letteratura di viaggio nel Medio Oriente dei suoi connazionali che l’avevano preceduta in quei territori esotici.

E ora è lei a raccontare paesaggi a colori.82

When we passed in March there was a good deal of standing water in the plain, and grass and flowers grew between the stones ; and as we journeyed westward, over ground that rose gradually towards the hills, we came into country that was like an exquisite garden of flowers. Pale blue hyacinths lifted their clustered bells above the tufa blocks, irises and red anemones and a yellow hawksweed and a beautiful purple hellebore dotted the grass all the bounties of the Syrian Spring were scattered on that day beneath our happy feet. For the first five hours we followed the carriage road that leads to Tripoli, passing the khan that marks the final stage before the town of Horns, and the boundary line between the vilayets of Damascus and of Beyrout ; then we turned to the right and entered a bridle-path that lay over a land of rolling grass, partly cultivated and fuller of flowers than the edges of the road had been. The anemones were of every shade of white and purple, small blue irises clustered by the path and yellow crocuses by the banks of the stream. In the eyes of one who had recently crossed southern Syria the grass was even more admirable than the flowers.

[Quando passammo là in marzo, c'era un bel po’di acqua stagnante in pianura ed erba e fiori erano cresciuti tra le pietre; e mentre viaggiavamo verso ovest, oltre la terra che diventa rosa gradualmente verso le colline, arrivammo in un paese che era come uno squisito giardino di fiori. Pallidi giacinti blu ergevano le loro campane raggruppate sopra i blocchi di tufo, iris e anemoni rossi e piloselle gialle e belle ellebore viola che punteggiavano l'erba - tutti i regali della primavera siriana erano sparsi quel giorno sotto i nostri piedi felici. Per le prime cinque ore seguimmo la strada-mercantile che porta a Tripoli83 , passando il khan - bazar che segna la parte finale prima della città di Homs e la linea di confine tra il vilayet – provincia - di Damasco e di Beirut; poi svoltammo a destra ed entrammo in una mulattiera che attraversava una distesa verdeggiante in parte coltivata e più piena di fiori rispetto ai bordi della strada. Gli anemoni erano di ogni tonalità di bianco e viola, piccoli iris blu segnalavano con le loro campanule il percorso e fiori di giallo zafferano erano sulle sponde del torrente. Agli occhi di chi da poco tempo aveva attraversato la Siria meridionale l'erba era ancora più ammirevole rispetto ai fiori.]

La natura e il destino rappresentano la forza propulsiva che ha animato Gertrude Bell durante l’intero viaggio attraverso la Siria. E’ sua convinzione che il deserto siriano, immagine retorica dell’inospitalità, si sia sempre trasformato in seminato per lei, per accoglierla con calore fra i suoi fiori, le acque, le tende ricche di trapunte e cuscini, l’offerta del caffè arabo e gli onori e il rispetto dovuto alle personalità.

82

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, riportato in appendice, p. CXCVIII

83

Porto Marittimo in Libano

51

L'uso della tecnica della descrizione dei paesaggi è un elemento importante e utile per introdurre il lettore nella profondità dell'anima dei personaggi, dando contestualmente una collocazione in spazi aperti a tutta la narrazione. Talvolta il campo aperto si contrappone al campo chiuso rappresentato da una casa, una stanza d’albergo, una tenda beduina, e questi ambienti sono descritti sempre con molta sobrietà.

I personaggi citati nei passaggi precedentemente analizzati, rappresentano lo specchio dello stato d'animo dell’autrice lungo le tappe del suo viaggio e gli spazi che inquadrano la sua avventura sono circondati da un alone di poesia.

L’alternanza poi, dei periodi storici riportati nel corpo del rèportage, testimonia l’uso perfetto della tecnica della manipolazione del tempo.

Per tale motivo l’opera racchiude, fra tutte le altre discipline, un eccellente documento archeologico sapientemente rispettoso della storia.

13.

Aspetto storico-archeologico

Gertrude Bell è stata tra i primi viaggiatori stranieri a porsi come obiettivo da visitare la città di Ha’il, oggi in Arabia Saudita, allo scopo di disegnare la mappatura delle locali appartenenze tribali e delle faide, notizie che successivamente sarebbero state sfruttate per la diffusione del controllo britannico nel Medio Oriente.

A tal fine studiò la lingua araba sotto gli insegnamenti di Khalil Dughan per imparare anche i differenti dialetti, così da poter incontrare personaggi di qualsiasi estrazione sociale e di qualsiasi appartenenza territoriale.

Fra gli scopi più o meno palesi del viaggio della scrittrice, non vi era sicuramente la produzione di un reportage di archeologia, tuttavia The Desert and the Sown, così come altri travel books dell’epoca, rappresenta un importante documento storico, frutto della scintilla per l’esplorazione e della capacità di appropriarsi emotivamente di quanto osservato, trasferendo l’amore per quella terra oltre i confini.

Gli studi di storia condotti a Oxford hanno certamente contribuito ad arricchire la storiografia geografica che emerge dal testo e denotano una preparazione di base che rende più accessibile il rapporto fra il lettore e i siti illustrati.

Il tempo e lo spazio trasferiscono i connazionali britannici del tempo in terre quasi inesplorate, esotiche e poco conosciute.

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Gertrude Bell apprende la scienza dell’archeologia sul campo e le sue testimonianze sono preziose per riscoprire epoche e tracce storiche non ancora sperimentate.84 By the time coffee drinking was over the sun had come out and with Gablan and Namrud I rode up the hills north of the camp to inspect some ruins reported by the Arabs. The Jebel el 'Alya proved to be a rolling upland that extended for many miles, sloping gradually away to the north and north-east. The general trend of the range is from west to south-east; it rises abruptly out of the plains and carries upon its crest a series of ruins out of which I saw two. They seem to have been a line of forts guarding a frontier that, in the absence of inscriptions, may be conjectured to have been Ghassanid. The first of the ruined sites lay immediately above Fellah ul 'Isa's camp I surmise it to have been the Kasr-el Ahla (a name unknown to the Da'ja) marked on the Palestine Exploration map close to the Hajj road. If this be so, it lies four or five miles further east than the map makers have placed it, and its name should be written Kasr el 'Alya. It was a small tell, ringed round with the foundations of walls that enclosed an indistinguishable mass of ruins. We rode forward some three or four miles to the east, and at the head of a shallow valley on the northern side of the Jebel el 'Alya we found a large tank, about 120 feet by 150 feet, carefully built of dressed stones and half full of earth. Above it, nearer the top of the hill, there was a group of ruins called by the Arabs El Muwaggar.* It must have been a military post, for there seemed to be few remains of small dwellings such as would point to the existence of a town. To the east lay a building that the Arabs maintain to have been a stable. It was planned like a church, in three parallel chambers, the nave being divided from the aisles by arcades of which six arches on either side were standing, round aiches .. * El Muwakka. it is written, but the Bedouin change the hard k into a hard g. The site has been described in " Die Provincia Arabia," vol II.85 [Durante il tempo che impiegammo per bere il caffè era spuntato il sole e con Gablan e Namrud mi diressi sulle colline a nord del campo per ispezionare alcune rovine segnalate dagli arabi. Il Gebel el ' Alya sembrava essere un altipiano ondulato che si estende per molte miglia, degradando verso nord e nord-est. La direzione dell’estensione parte da ovest verso sud-est; si eleva bruscamente fuori dalla pianura e trasporta sulla sua cresta una serie di rovine delle quali io ne vidi due. Sembravano essere state una linea di fortificazione di un confine di guardia che, in assenza di iscrizioni, potrebbe essere stata dell’epoca GHASSANIDE. Il primo dei siti con le rovine si trova immediatamente sopra il campo di FELLAH UL ISA, e si puo’ pensare che sia stato il KASR EL AHLA (un nome sconosciuto agli Da'ja) contrassegnato sulla cartina di Palestine Exploration vicino alla strada per Hajj. Se fosse così, si trova a quattro o cinque miglia più a est di dove i responsabili della cartina lo collocavano, e il suo nome dovrebbe essere scritto Kasr el ' Alya. Era un piccolo tell, circondato dalle fondamenta delle pareti racchiuse tra una massa indistinguibile di rovine. Andammo avanti circa tre o quattro chilometri a est e all’inizio di una valle poco profonda sul lato settentrionale del Jebel El ' Alya trovammo una grande cisterna, fra i 120/150 piedi, accuratamente rivestita di pietre e

84

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, - riportato in appendice, pag. LII

85

Si noti come la scrittrice conosce perfettamente la differenza di pronuncia nell’ambito della medesima lingua araba riconoscendo un sito che non era stato rappresentato correttamente sulla cartina stampata per segnare il tragitto della ferrovia dell’Hajj, mentre la località era già conosciuta e citata nel documento della Cancelleria dell’Impero Romano relativo alle colonie Romane dell’Impero d’Oriente.

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mezzo piena di terra. Sopra di essa, più vicino alla cima della collina, c'era un gruppo di rovine chiamato dagli arabi El Muwaggar.* Deve essere stata una postazione militare perchè lì sembravano esserci pochi resti di piccole abitazioni, come a testimoniare l'esistenza di una città. Ad est giaceva un edificio che gli arabi sostenevano fosse stata una stalla. Era progettata come una chiesa, a tre camere parallele, divisa dalle navate laterali da portici della navata centrale di cui stavano sei archi su entrambi i lati i resti degli archi erano… * El Muwakkar, è scritto, ma i beduini cambiano le K dure in G dure. Il sito è stato descritto nel libro “”Il giorno della provincia di Arabia”” vol. II]

Gertrude Bell è andata sul campo e ha documentato fedelmente ciò che ha visto e il suo interesse per i luoghi santi è stato quello dell’archeologo e non anche quello del credente, proprio come lo scienziato si avvicina con oggettività alle proprie ricerche. Le città e le fortezze a cui fa riferimento sono state per anni, e lo sono ancora, mète prescelte di scavi e studi archeologici e sotto questo punto di vista, il testo è quasi un catalogo dei vari siti e luoghi che l’autrice descrive perseguendo una prevalente funzione referenziale ma anche rendendoli affascinanti per i viaggiatori e interessanti per geografi o storici.

14.

La tecnica del languaging

Le pagine analizzate rappresentano un estratto dell’intera opera della quale si è tentato di evidenziare punti comuni alle teorie del linguaggio del turismo elaborate dal sociologo Graham Dann nel suo testo The Language of Tourism del 1996.

Si ritiene di dedicare uno spazio particolare alla tecnica del languaging di cui il libro The Desert and the Sown è impregnato. D’altro canto non sarebbe potuto essere altrimenti, poiché l’uso di vocaboli della lingua Araba accresce l’esotismo di persone e luoghi trasferendo al lettore la sensazione di non-appartenenza al mondo narrato. È da sottolineare il perfetto equilibrio che Gertrude Bell è stata in grado di mantenere lungo la sottile linea che scorre fra la sensazione di estraneità e quella dell’attrazione.

In genere i termini arabi sono utilizzati per denominare località geografiche o siti, pur con la precisazione – necessaria per i neofiti – che gli Arabi-Beduini riconoscono i luoghi dalle caratteristiche del territorio ad esempio le rovine storiche là esistenti, un pozzo, una grossa pietra. Ad ogni luogo attribuiscono un nome, ma appare

54

inutile cercare questi nomi su una mappa perché lo stesso nome può essere attribuito più volte e a posti diversi in cui le tribù si accampano86.

La poesia pre-islamica di cui Imru ‘l Qais è il più significativo esponente della Jahiliyya87,

è colma di versi di rimpianto delle rovine di un accampamento

abbandonato il cui nome viene ripetuto in altre zone in cui vengono piantate le tende.

Nella pagina in appendice88 sono citati diversi siti coi termini Arabi coi quali sono conosciuti dagli abitanti locali: Gebel el’Aya, Fellahu- del contadino ‘l Isa, KasrCastello el Ahla, El Muwaggar, Abu-padre Sa’ad Alcuni vocaboli si sono modificati nel tempo e la stessa scrittrice, rievoca insieme ai termini della lingua amata, quelli dell’antico gergo Ottomano, soprattutto per ciò che riguarda i Governatori – kaymakan e la suddivisione politico-amministrativa retaggio del dominio Turco89.

The owner of the camels comes to the nearest konak and lays his complaint, and a zaptieh rides out alone through the desert till he reaches the robber's tent. Then he throws the salaam and enters. What does the lord of the tent do ? he makes coffee and tries to treat the zaptieh as a guest. But when the soldier has drunk the coffee he places money by the hearth, saying, “ Take this piastre,” and so he pays for all he eats and drinks and accepts nothing. And in the morning he departs, leaving orders that in so many days the camels must be at the konak.

[Il proprietario dei cammelli va alla più vicina konak – sede Governativa Turca durante l’Impero Ottomano -, e sporge la sua denuncia, e uno zaptieh – gendarme dell’esercito turco- cavalca da solo attraverso il deserto fino a raggiungere la tenda del ladro. Poi annuncia il saluto di pace ed entra. Che cosa fa il Signore della tenda? Prepara il caffè e cerca di trattare il militare come ospite. Ma quando il soldato ha bevuto il caffè pone dei soldi nel focolare, dicendo: “Prendi questa piastra,” e così paga per tutto ciò che ha mangiato e bevuto e non accetta nulla. E la mattina della partenza lascia l’ordine che entro un certo numero di giorni i cammelli devono ritornare al konak.]

I termini arabi utilizzati da Gertrude Bell sono riportati traslitterati per renderli quanto meno leggibili dai suoi connazionali, anche se il loro significato non viene riportato dall’autrice, come nella citazione del khan, il tipico mercato turco o del vilayet,

86

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, pag. 49

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Jahiliyya significa ignoranza e non ha alcun significato dispregiativo. Al contrario si riferisce ad un periodo letterario preislamico ricco di produzione poetica e identifica il periodo precedente la discesa del Corano.

88

89

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, riportato in appendice, pag. LII Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, riportato in appendice, pag. LVII

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le province fondate dagli Ottomani90. Ma non per questo perdono fascino e attrazione e conferiscono un’aurea di esoticità e mistero al testo.

Come già accennato la lingua disegna i contorni del contesto a cui la scrittrice fa riferimento, lo spazio in cui lei si muove ed è lo strumento che le permette di raccordare i due mondi ai quali sente di appartenere.

Le citazioni in Arabo sono talvolta una scelta obbligata, e nella traduzione oggetto del presente lavoro di ricerca sono stati ritenuti intraducibili e riportati in arabo per evitarne la perdita di musicalità ed espressività. Rientrano in questi casi ad esempio i titoli attribuiti alle persone: Kaymakan, come era chiamato il Governatore fin dagli albori del dominio Ottomano; la Kattun, la signora, simbolo di grande rispetto, titolo attribuito alla stessa Gertrude Bell; lo Shayk, il signore della tribù.

La saggezza araba può essere riporta soltanto nella lingua originale, così c’è un proverbio Arabo che dice: Hayyeh rubda wa la daif mudha [né serpente grigio né ospite a mezzogiorno]91.

Alcune espressioni sono tipiche del lessico locale e si ripete spesso nell’opera l’esclamazione Masha’llah!, che racchiude in una sola parola sorpresa, condivisione, complicità, simile all’occidentale: “Ma guarda!” anche se letteralmente il suo significato è con Dio. Con l’adozione della terminologia araba, Gertrude Bell professando l’amore per il Medio Oriente, ha esaltato le principali componenti che uniscono fra loro gli Arabi: la terra, la religione e la lingua. Un concetto di nazionalismo che va oltre i confini geografici e le mappe cartacee che contraddistinguono gli occidentali ma sono lontane dall’idea di appartenenza dei veri Arabi.

90

91

Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, - riportato in appendice, p. CXCVIII Bell, G., The Desert and The Sown, 1905, pag 64

56

CONCLUSIONI L’analisi del testo di viaggio ha consentito di dimostrare che il linguaggio del turismo e della promozione di luoghi diversi contiene, nella sua multidisciplinarità, proprietà e tecniche che possono essere riferite, per alcuni punti, allo schema del sociologo Graham Dann.

Fra le proprietà convergenti emerge sicuramente nel testo analizzato la funzione interattiva: la scrittrice attraverso il suo metodo di espressione mantiene un contatto vivo col lettore per tutta la durata dell’opera, utilizzando spesso domande dirette al lettore, riflessioni ironiche sui personaggi e gli ambienti citati, talvolta addirittura osando riportare gossip del tempo.

Non meno importante la funzione poetica che, applicata al valore fine a sé stesso delle parole, vede spesso l’uso di espedienti come metafore o racconti “ passati di bocca in bocca attorno al fuoco dell’accampamento, della tenda nera degli arabi”92.

Della funzione comunicativa si è già fatto cenno relativamente all’importanza promozionale che il veicolo di un testo di viaggio può assumere in termini di comunicazione e stimolo tale che chi legge può trarre dell’esperienza vissuta dall’autrice sentendosene immancabilmente attratto.

Fra le proprietà affini ad altri linguaggi, un ruolo importantissimo è quello della dimensione del tempo: nell’opera analizzata riappare un passato che è ancora vivo e pulsante.

Un passato che racchiude usi, consuetudini e costumi che si tramandano da generazioni e che la stessa Gertrude Bell definisce riconducibili agli albori della civiltà.93 Una vena nostalgica traspare dai racconti che la Bell raccoglie dai suoi accompagnatori, dai beduini che la ospitano nelle loro tende, dalle abitudini così distanti da quelle anglosassoni ma che hanno un sapore di magia evocata anche grazie all’uso di termini antichi o dalle descrizioni delle rovine archeologiche di cui i siti toccati dalla viaggiatrice sono ricchi.

92

Bell, G. The Desert and The Sown, Prefazione, pag. IX.

93

Bell, G., The Desert and The Sown, Prefazione, pag. X.

57

Dall’analisi del libro The Desert and the Sown si può affermare che il linguaggio adottato può maggiormente evidenziare quelle che sono le proprietà divergenti da altri linguaggi individuabili prevalentemente nei tratti di euphoria e tautology.

L’enfasi che Gertrude Bell adotta nelle descrizioni di fatti e personaggi, l’uso di superlativi e la trasposizione in parole di un paesaggio ricco di beatitudini, non può che trasmettere, attraverso tale tipo di narrazione, il desiderio di ripercorrere quanto vissuto dall’autrice sognando di provarne le medesime emozioni e sensazioni.

In quanto alle tecniche adottate, la Bell ha perfettamente armonizzato fra loro quelle verbali e quelle visive.

Le parole-chiave dell’opera analizzata ruotano fra avventura, sogno, immaginazione, scoperta e danno immediatamente la sensazione di una promessa di romanticismo, eccitazione e avventura e la comparazione fra quanto è conosciuto e ciò che è nuovo riduce l’effetto della stranezza attraverso metafore e similitudini.

Ma la parte più interessante nell’analizzare il testo de quo è l’uso continuato di termini arabi che rievocano l’esotismo e l’originalità degli ambienti visitati e delle persone conosciute durante quel viaggio.

Gertrude Bell ha approfondito lo studio della lingua araba perché consapevole che sarebbe stato lo strumento principale che le avrebbe permesso di accostarsi ad una società diversa dalla propria iniziando, appunto, da una lingua semitica con origini nell’epoca pre-islamica e che è la lingua usata per trascrivere la parola di Allah attraverso il messaggio dell’Arcangelo Gabriele a Maometto “la lingua che i vostri padri, prima di voi, hanno parlato”.94 Le forme lessicali della lingua araba riportate dall’autrice integrano assieme alla religione Islamica ed alla Terra Araba il concetto di nazionalismo che il Medio Oriente - Siria, Palestina, Iraq - sente in maniera di gran lunga diversa dal concetto occidentale di Nazione, concetto che in quel momento storico soprattutto, è intorpidito dalle politiche espansionistiche ed imperialiste.

Politiche peraltro condivise ampiamente dalla Bell, profondamente convinta che l’Inghilterra da grande potenza quale era, poteva essere la sola a riuscire nel tentativo di riunire in unico Stato il popolo Arabo. Non era certo l’Impero Ottomano che poteva, secondo l’autrice, raggiungere un tale obiettivo.

94

Bell, G., The Desert and the Sown, pag. 59

58

E’ auto-referenziale, la Bell, e ciò è attestato anche da quella che, secondo lo schema di Dann, può essere individuata nel testo, come la tecnica dell’ego-targeting che, attraverso l’uso di we e you e del tempo verbale dell’imperativo, trasmette al lettore la viva sensazione che il racconto dell’autrice racchiuda in sé un messaggio indirizzato direttamente ed esclusivamente a lui: So you leave the sheltered close, and, like the man in the fairy story, you feel the bands break that were riveted about your heart as you enter the path that stratches across the rounded shoulder of the earth95 [Lascia, quindi, il comodo rifugio e come l’uomo nelle fiabe, senti le inclinazioni del tuo cuore,cosa che accadrà nel momento in cui percorrerai i sentieri che abbracciano la terra]

Quasi anticipando i tempi degli studi socio-linguistici di Graham Dann, le immagini assumono nel testo analizzato non solo un’importanza complementare alla tecnica verbale, ma arricchiscono il valore dell’opera affinché questa mostri un quadro completo di mete fino ad allora solo immaginate, talvolta descritte in articoli di viaggio, in pubblicazioni geografiche, in mappe, mai fissate, come nel caso del testo analizzato, in foto personalmente riprese dalla scrittrice che studia i luoghi, le tribù, la vegetazione, i particolari del territorio per produrre nuova cartografia.

Il valore di tale attività non ha un gusto meramente integrativo alla narrazione, ma nell’evoluzione del ruolo politico della Bell, tali nuove carte geografiche serviranno alla natia Inghilterra per uno studio approfondito di territori che dovranno confluire negli Stati controllati, al cui Governatorato verranno preposti Sheyk Arabi graditi al Regno d’Inghilterra.

Le foto di cui The Desert and The Sown è ricco sono icone della realtà vissuta dalla Bell che hanno una forza persuasiva che si insinua nel lettore rendendo credibile e tangibile quanto raccontato.

Non sono soltanto immagini di luoghi moderni ed antichi, ma sono anche immagini di donne, uomini, animali, vegetazione, che hanno il compito di offrire una visione totale della Siria visitata, realtà sociale composita e dedita in quel periodo soprattutto ad attività agro-pastorali e nomadismo, organizzata in tribù più o meno potenti, spesso in lotta fra loro.

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Bell, G., The Desert and the Sown, pag. 1

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Gertrude Bell attraversò quei territori Medio Orientali, animata da un forte spirito di mediazione dato l’amore per il popolo arabo e la condivisione dell’obiettivo di una nazione comune.

Tentò di evitare di schierarsi per l’una o per l’altra tribù sebbene sentisse forte l’appartenenza al progetto colonialista inglese nel quale intravvedeva l’unica strada possibile per scacciare il dominio ottomano che aveva causato povertà e distruzione in terre che erano state culle di storia e cultura violentemente depredate.

I suoi ritratti dei personaggi includono sia notabili che persone umili, compresi prigionieri e schiavi.

Tutti hanno in comune una qualità sorprendente: la loro generosità verso di lei.

La scrittrice non doveva mai comprare cibo per sé, ovunque viaggiasse gli era fornito insieme al riparo, come è d’obbligo comportarsi nei confronti di un ospite onorato.

Come più volte detto, dal punto di vista letterario emerge dal libro un amore profondo per il popolo e la cultura araba, anche se spesso emergono condiscendenza e istinto imperialista.

D’altro canto non si può sottacere che la letteratura di viaggio femminile è spesso da ritenersi particolare rispetto a quella maschile per la sua attenzione agli usi e costumi del popolo visitato, unita a fresche descrizioni e vivaci considerazioni personali, che arricchiscono i freddi resoconti più tipicamente maschili.

Le scrittrici-viaggiatrici si raccontano quasi come eroine di un romanzo, e il diario non è mai una trascrizione tout-court, ma una rielaborazione che deve tener conto di alcune convenzioni proprie della letteratura di viaggio e della letteratura femminile Nello specifico, per quanto attiene Gertrude Bell, per una donna di fine Ottocento non era certamente un titolo di merito essere intellettuale e colta, e, anzi, la cosa deponeva negativamente nell’opinione comune che la società dell’epoca aveva di una fanciulla che doveva sposarsi e divenire madre di famiglia.

La cultura rappresentava infatti un pericolo per le donne, perché la conoscenza le rendeva inclini a una visione critica della società e questo faceva di loro esseri inquieti

pronti a giudicare il prossimo e sopratutto gli uomini, denunciandone i

discutibili comportamenti.

Ma la fine dell’Ottocento era, nonostante tutto, un periodo in cui il Romanticismo aveva diffuso idee contraddittorie: se da un canto le donne rivendicavano autonomia di giudizio e indipendenza nelle decisioni, dall’altro erano vinte dall’amore a

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cui riservavano la parte migliore di sé in un’epoca che era pedissequamente rispettosa dell’etichetta e risentiva dei principi vittoriani.

In Gertrude Bell, e in genere nelle donne viaggiatrici, l’affermazione della libertà, simboleggiata dal vivido splendore della Siria, si contrappone al resistere delle convenzioni e dei pregiudizi incarnati dalla grigia e conformistica Inghilterra, antitesi chiaramente riflessa anche a livello strutturale nella netta dicotomia della storia in due sezioni temporali distinte, ossia gli accadimenti Arabi da una parte, quelli inglesi dall’altra.

Alla luce di quanto analizzato Gertrude Bell è in definitiva un personaggio affascinante ma sfuggente. Pur essendo partigiana degli Arabi che ammira e per i quali dimostra condiscendenza, la sua è una partecipazione limitata dal suo essere un’impenitente imperialista.

Anche se col suo libro non andava alla ricerca di un ruolo grandioso, il suo testo arricchisce la ricerca geografica, storica e archeologica dei paesi visitati trasformando l’autrice, suo malgrado, nella statista che, dopo la Prima Guerra Mondiale contribuirà a disegnare i confini dell’Iraq proprio grazie ai numerosi viaggi nelle terre Mediorientali rilevando mappe, fotografando siti e raccogliendo testimonianze in loco.

The Desert and the Sown è da ritenersi indiscutibilmente un vero e proprio travel book col quale Gertrude Bell con entusiasmo e passione, ha tentato, riuscendo nell’impresa, di armonizzare scienza e sentimento al fine di stimolare i lettori dell’epoca, ma anche il pubblico contemporaneo, al desiderio di viaggiare verso quelle mète magiche, esotiche e ricche di storia e umanità, seppure attualmente attraversate da movimenti rivoluzionari che, spesso, sono sfociati in sanguinose guerre intestine.

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APPENDICE

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Pagina 7 [giardino dell'Agonia e fino al Monte degli Ulivi. Qui una pausa per ritrovare l'impressione, che nessuna familiarità può stemperare, della città murata sulla collina, grigia in un grigio e pietroso paesaggio sotto il cielo pesante, ma illuminata dalla speranza e il desiderio inestinguibile di generazioni di pellegrini. Umana aspirazione, il cieco che raggiunge l’incatenato spirito verso un obiettivo in cui ogni desiderio deve essere soddisfatto e l'anima trova la pace, queste cose circondano la città come un alone, metà gloriosa, metà pietosa, splendente di lacrime e offuscata da molte disillusioni. Il vento occidentale fece voltare il mio cavallo lo fece andare al galoppo oltre la cima della collina e giù per la strada che si snoda attraverso il deserto della Giudea.

Ai piedi della prima discesa si trova una sorgente, 'Ain esh Shems, gli arabi la chiamano, la Fontana del Sole, ma i Pellegrini cristiani hanno l’hanno chiamata “Il Bene degli Apostoli”.

In inverno raramente si passa lì senza vedere alcuni contadini russi riposarsi nel loro cammino faticoso fino al Giordano.

Diecimila di loro si riversano ogni anno nella Terra Santa, uomini, vecchi e donne, per la maggior parte, che hanno risparmiato e conservato danaro tutta la loro vita per mettere insieme le 30 sterline o giù di lì che servono per portarli a Gerusalemme.

Dagli estremi confini dello]

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Pagina 8 [Impero russo arrivano a piedi fino al Mar Nero, dove prendono navi come passeggeriponte su barche russe abbastanza sporche. Ho viaggiato con 300 di loro provenienti da Smirne e diretti a Jaffa, io unica passeggera alloggiata in una cabina.

Era pieno inverno, tempestoso e freddo per coloro che dormono sul ponte, anche se vestiti in giacca di pelle di pecora e con stivali imbottiti. I miei compagni avevano portato le loro provviste nazionali per risparmiare - un po’ di pane, qualche oliva, una cipolla cruda, questo

era il loro pasto quotidiano. Mattina e sera si riunivano in

preghiera davanti a un'icona appesa alla cucina, e il suono delle loro litanie andava in Cielo mescolato con il palpitare delle eliche e gli spruzzi delle onde.

I pellegrini raggiungono Gerusalemme prima di Natale e rimangono fino a dopo Pasqua perché devono accendere i loro lumini col il fuoco sacro che arde nel Sepolcro il mattino della Risurrezione.

Vagano a piedi attraverso tutti i luoghi santi, alloggiano

in grandi ostelli

costruiti per loro dal governo russo. Molti muoiono di stenti, fatica e per il clima insolito, ma

morire in Palestina è il migliore dei favori che la mano divina può

concedere, così le loro ossa possono riposare dolcemente nella Terra Promessa e le loro anime volare dritte in Paradiso. Incontrerete questi viaggiatori per la maggior parte non raffinati, su ogni strada principale,

arrancare pazientemente sotto il sole caldo o

attraverso le piogge invernali, vestiti sempre della pelliccia del loro paese, e tenendo nelle loro mani un bastone per poggiarsi, tagliato dai canneti del Giordano.

Essi aggiungono un forte sapore di pathos ad un paesaggio che tocca tanti temi della poesia lugubre. Ho sentito una storia a Gerusalemme che è

la spiegazione

migliore del loro temperamento piu’ di pagine di descrizione.

C’era un uomo che era stato un ladro ed era stato colto sul fatto e mandato in Siberia, dove aveva scontato molti anni di lavori forzati. Ma quando finì

la sua

condanna tornò a casa dalla sua vecchia madre con un cuore cambiato, e loro due insieme partirono per la Terra Santa per poter espiare i peccati. Era la stagione in cui i pellegrini a Gerusalemme, venivano avvicinati da bande di delinquenti Siriani lì per ingannare la loro semplicità e per chiedere loro l'elemosina, e uno di questi vagabondi venne e chiese l’elemosina al russo penitente in un momento in cui lui non aveva nulla da dare. I Siriani]

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Pagina 20 [Habib Faris riflettè e finalmente concordammo un piano tra di noi. Lui mi avrebbe mandato il giorno successivo a Tneib, la sua piantagione di grano ai margini del deserto; là avrei dovuto trovare Namrud che avrebbe parlato con una delle grande tribù, e con una loro scorta avrei potuto cavalcare in sicurezza per le colline.

I due figli piccoli di Yusef sedevano ad ascoltare ad occhi aperti ed alla fine del discorso, uno di loro mi portò un pezzo di una pubblicità con la mappa dell'America su di essa.

Mostrai loro le mie mappe, e spiegai loro quanto grande fosse il mondo e come fosse bello un luogo, finchè alle dieci il gruppo si sciolse.]

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Pagina 21 […e Yusef iniziò a stendere trapunte per il mio letto. Fu solo allora che vidi la padrona di casa. Era una donna di bellezza eccezionale, alta e diafana, il volto di un ovale pieno, i suoi occhi grandi come stelle. Indossava tipici abiti arabi, un vestito blu scuro stretto che strusciava intorno alle caviglie nude mentre camminava, un velo scuro di cotone blu legato sulla sua fronte con un fazzoletto rosso che cadeva lungo la schiena quasi fino a terra. Il suo mento ed il suo collo erano tatuati con disegni delicati di colore indaco, alla maniera delle donne beduine.

Mi portò dell’acqua, che versò sopra le mie mani, si muoveva nella stanza in silenzio, figura scura e solenne, e dopo aver portato a termine il suo compito scomparve silenziosamente come era venuta, e non l'ho più vista.

"Lei entrò e mi salutò", disse il poeta, egli che giaceva in adorazione alla Mecca , “poi si alzò e si congedò, e quando lei partì la mia anima uscì dopo di lei."

Nessuno vede la moglie di Yusef. Anche se lui e’ cristiano, la tiene nella più stretta clausura più di ogni donna musulmana; e forse, dopo tutto, fa bene.]

La pioggia batteva contro le finestre, e mi sdraiai sulle trapunte con l’esclamazione di Mikhail nelle mie orecchie: "" Masha'llah! Vostra Eccellenza è fortunata."

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Pagina 23 [Dopo un’ora da Salt, Habi mi lasciò, affidandomi alle cure del suo servo, Yusef, un uomo coraggioso, che si pose al mio fianco con la sua mazza di legno (Gunwa, gli arabi lo chiamano) sopra la sua spalla. Viaggiammo attraverso ampie vallate, senza alberi, disabitate, e quasi incolte, intorno al capo della pianura Belka, e passammo l'ingresso del Wady Sir, lungo il quale si può cavalcare attraverso boschi di querce lungo tutta la strada per Ghor.

Ci sarebbero alberi sulle colline se i fabbricanti di carbone da legna li lasciassero crescere – passammo da boschetti di querce nane e rovi - ma non avrei cambiato nulla di quella terra deliziosa ad est della Giordania. Una generazione o due e sarà pieno di grano e di villaggi, le acque del Wady Sir faranno girare le ruote dei mulini , e forse ci saranno anche strade, sia lode a Dio! Non sarò lì per vedere.

A quel tempo, l’altipiano continuerà ad essere quella regione deliziosa di cui Omar Khayyam canta: "La striscia di erba che divide proprio il deserto dal seminato sarà ancora salva e

vuota per i pastori erranti ed

i loro greggi che stanno lungo lo

sbarramento di fucili, e quando incontrerò il cavaliere solitario che cavalca su quelle colline e gli chiederò da dove viene, lui ancora mi rispondera’ : "Possa il mondo essere grande per voi, dagli Arabi”” Quello era il luogo dove stavamo andando: dagli Arabi Nel deserto non ci sono beduini, gli abitanti delle tende sono tutti arabi (con un sottile suono gutturale iniziale), così come non ci sono le tende ma case, beit "case di pelli", dicono a volte se e’ necessaria una specificazione, ma di solito solo "case" con un supremo disprezzo per qualsiasi altro significato della parola, salvo che un tetto di pelo di capra nera. Si può essere arabo in qualsiasi modo, anche se si vive tra le mura. Gli uomini di Salt sono classificati tra le tribù dei Belka, con gli Abadeh e gli Da’ja e gli Hassaniyyeh.

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pagina 52 [il migliore dei consulenti riguardo al mio viaggio. Ci obbligò a sederci nella sua tenda fino a quando il caffè non fu pronto, cerimonia che impegnò un'ora intera.

Tutto si svolse in un silenzio dignitoso rotto solo dal suono del pestello che schiacciava i chicchi di caffè

nel mortaio, una musica cara per le orecchie del deserto e

un’operazione non facile da compiere. Durante il tempo che impiegammo per bere il caffè era spuntato il sole e con Gablan e Namrud mi diressi sulle colline a nord del campo per ispezionare alcune rovine segnalate dagli arabi.

Il Gebel el ' Alya sembrava essere un altopiano ondulato che si estende per molte miglia, degradando verso nord e nord-est.

La direzione dell’estensione è da ovest a sud-est; si eleva bruscamente fuori dalla pianura e trasporta sulla sua cresta una serie di rovine di cui io ne vidi due.

Sembravano essere state una linea di fortificazione di un confine di guardia che, in assenza di iscrizioni, potrebbe essere stata dell’epoca Ghassanide.

Il primo dei siti con le rovine si trova immediatamente sopra il campo di Fellah Ul Isa, e si può pensare che sia stato il Kasr El Ahla (nome sconosciuto agli Da'ja) contrassegnato sulla cartina di Palestine Exploration vicino alla strada per Hajj.

Se fosse così, si trova a quattro o cinque miglia più a est di dove i responsabili della cartina lo collocavano, e il suo nome dovrebbe essere scritto Kasr el ' Alya.

Era un piccolo tell, circondato dalle fondamenta delle pareti racchiuse tra una massa indistinguibile di rovine.

Andammo avanti circa tre o quattro km a est e all’inizio di una valle poco profonda sul lato settentrionale del Jebel El ' Alya trovammo una grande cisterna, fra i 120/150 piedi, accuratamente rivestita di pietre e mezzo piena di terra.

Sopra di essa, più vicino alla cima della collina, c'era un gruppo di rovine chiamato dagli arabi El Muwaggar.* e deve essere stata una postazione militare perchè lì sembravano esserci pochi resti di piccole abitazioni, come a testimoniare l'esistenza di una città. Ad est giaceva un edificio che gli arabi sostenevano fosse stata una stalla. Era pianificata come una chiesa, a tre camere parallele, divisa dalle navate laterali da portici della navata centrale di cui stavano sei archi su entrambi i lati i resti degli archi erano (* El Muwakkar, è scritto, ma i beduini cambiano le K dure in G dure. Il sito è stato descritto nel libro “”Il giorno della provincia di Arabia”” vol. II)

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[stabilire una popolazione stanziale in tutto il loro territorio ed essi dovranno scegliere di costruire villaggi e coltivare la terra o di ritirarsi verso est dove l'acqua è quasi introvabile in estate e il calore di gran lunga maggiore di quello che temono di affrontare.

Namrud trasformò questi dubbi contrastanti in esaltazione del dominio inglese in Egitto.

Egli non era mai stato lì, ma aveva sentito racconti da uno dei suoi cugini, che era un impiegato ad Alessandria; Egli sapeva che il fellahm (contadino) era diventato ricco e che il deserto era tranquillo come lo erano le città.

"La faida sanguinosa e’ cessata” disse. “ed anche le razzie; quando un uomo ruba i cammelli di un altro, guardate cosa succede.

Il proprietario dei cammelli va alla più vicina konak e sporge la sua denuncia e un zaptieh cavalca da solo attraverso il deserto fino a raggiungere la tenda del ladro.

Poi annuncia la pace ed entra. Che cosa fa il Signore della tenda? Prepara il caffè e cerca di trattare il militare come ospite. Ma quando il soldato ha bevuto il caffè pone dei soldi nel focolare, dicendo: ' Prendi questa piastra,” e così paga per tutto ciò che ha mangiato e bevuto e non accetta nulla. E la mattina della partenza lascia l’ordine che in un certo numero di giorni i cammelli devono ritornare al konak.

Poi il rapinatore, che ha paura, raccoglie insieme i cammelli e li restituisce, e può essere che uno si perda, così che il numero è inferiore.

E il giudice dice al padrone dei cammelli, “sono tutte qui le bestie? “ e lui risponde, "Se ne è perso uno". E lui dice, “ quale e’ il suo valore? "e lui risponde “Otto lire.” Poi il giudice dice all’ altro, “pagagli otto lire.” Wallah! Egli paga."]

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Pagina 195 CAPITOLO IX [Partimmo il giorno successivo al mattino presto, ma la gente di HOMS non ci vide andar via.

Niente salvo

la determinazione di non farli divertire oltre, mi tenne

estremamente calma. In un quarto d'ora avevamo superato La Porta di Tripoli e le mura romane ed oltre l’orizzonte visivo più lontano avvistai dei ragazzi; la pacifica bellezza della mattina invase i nostri sensi, e mi girai per fare la conoscenza dei compagni che il Kaimakam (Governatore) mi aveva fornito. Erano quattro , e due di loro erano liberi e due erano legati. I primi due erano curdi della tribù zaptiehs; uno era stato incaricato di mostrarmi la via per per Kal'at el Husn e l'altro di far la guardia al secondo paio di miei compagni di viaggio, un paio di prigionieri che erano stati catturati dal Governatore alcuni giorni prima, e si era atteso fino ad un'occasione adatta, come ad esempio il mio viaggio protetto, per spedirli nella fortezza nel Jebel Nosairiyyeh e poi alla grande prigione a Tripoli. Essi erano vestiti, poveri disgraziati, con vestiti di cotone stracciati ed erano ammanettati insieme. Siccome essi faticavano lungo il percorso attraverso la polvere e il fango, rivolsi loro una parola di compassione, alla quale risposero che speravano che Dio potesse prolungare la mia vita, ma come per loro era la volontà del loro signore,

il Sultano, che essi dovevano trascinarsi in catene. Uno dei curdi

interruppe la spiegazione: "Sono disertori dall'esercito del sultano: può Dio dare una ricompensa per le loro opere! Inoltre, essi sono Ismailiti da Selemiyyeh, ed essi adorano uno strano Dio che vive nella terra di Hind. E alcuni dicono che lei è una donna, e per questo motivo che la adorano. E ogni anno lei invia un ambasciatore in questo paese per raccogliere i soldi che gli sono dovuti, e anche i più poveri tra gli Ismailiti provvedono a lei con pochi…]

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Pagina 198 [come il salmone in un flusso di trote e dal mare aperto che fanno i prepotenti con i pesciolini appena nati. Quando passammo là in marzo, c'era un bel po’di acqua stagnante in pianura ed erba e fiori erano cresciuti tra le pietre; e mentre viaggiavamo verso ovest, oltre la terra che diventa rosa gradualmente verso le colline, arrivammo in un paese che era come uno squisito giardino di fiori. Pallidi giacinti blu ergevano le loro campane raggruppate sopra i blocchi di tufo, iris e anemoni rossi e piloselle gialle e belle ellebore viola che punteggiavano l'erba - tutti i regali della primavera siriana erano sparsi quel giorno sotto i nostri piedi felici. Per le prime cinque ore seguimmo la strada-mercantile che porta a Tripoli , passando il khan che segna la parte finale prima della città di Homs e la linea di confine tra il vilayet di Damasco e di Beirut; poi svoltammo a destra ed entrammo in una mulattiera che attraversava una distesa verdeggiante in parte coltivata e più piena di fiori rispetto ai bordi della strada. Gli anemoni erano di ogni tonalità di bianco e viola, piccoli iris blu segnalavano con le loro campanule il percorso e fiori di giallo zafferano erano sulle sponde del torrente. Agli occhi di chi da poco tempo aveva attraversato la Siria meridionale l'erba era ancora più ammirevole rispetto i fiori. Le vette più alte del Nosairiyyeh Jebel sono rivestite di una vegetazione che non può vantare nessun fertile pendio in Samaria o Giudea. Il percorso saliva su una piccola cresta ed andava poi giù verso un villaggio curdo , mezzo accampamento arabo e metà muro costruito di fango. Gli abitanti dovevano essere stati a lungo in Siria, poiché avevano dimenticato la propria lingua e non la parlavano per niente ma parlavano arabo, però, come i due zaptiehs, parlavano con accento simile ai curdi. Oltre il paese c’era una pianura di circa tre km di larghezza, il Bkei'a, si estendeva ai piedi della ripida contrafforte delle colline di Nosairiyyeh e dalla cima

della

montagna svettava la grande fortezza dei crociati verso cui eravamo diretti. Il sole splendeva sulle sue torrette, ma una tempesta nera stava arrivando dietro di essa; sentimmo il brontolio del tuono nelle colline, e fulmini frastagliati brillarono attraverso le nuvole alle spalle del castello. La strada dritta attraverso il Bkei'a era impraticabile per i cavalieri a causa di paludi allagate, che erano abbastanza profonde, dissero gli abitanti del villaggio, da inghiottire un mulo e il suo carico; voltammo pertanto con riluttanza a destra e tagliammo intorno ai piedi…]

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Pagina 203 [era stata bandita. Qui siamo stati raggiunti da una signora anziana che mi fu presentata come “un’amica che è venuta a conoscere (dare uno sguardo, n.d.t.) Vostra eccellenza” e noi tutti ci sedemmo alla migliore delle cene mangiate da almeno uno del gruppo con le migliori salse. Una zuppa densa e quattro enormi piatti di verdure sormontate da un budino di riso, componevano il pasto.

Quanto la cena finì tornammo alla mia stanza, un braciere pieno di carbone fu portato dentro un narghilè per le signore e ci sistemammo per una chiacchierata serale.

La donna anziana rifiutò di sedersi sul divano dicendo che lei era abituata al pavimento e si dispose ordinata il più vicino possibile al braciere, tenendo fuori le mani rugose sopra i carboni incandescenti. Era vestita di nero, e la testa era coperta da un spesso panno di lino bianco, che era legato stretto sopra alla sua fronte e avvolgeva il mento, dandole l'aria che hanno alcune vecchie suore di un ordine religioso. Fuori dalla torretta il vento ululava; la pioggia batteva contro l'unica finestra e il discorso voltò naturalmente alle stordie di orrore e questi racconti sussurrati di assassinii e di morte, come devono aver spaventato le ombre…] .

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Pagina 339 [“E’ come Dio vuole” disse Mikhail.

“Senza dubbio” dissi “ma consideriamo, ora, quelli che abbiamo incontrato sul nostro cammino, e pensiamo a come tutti erano contenti di aiutarci e come sono stati con noi. Prima Najib Faris, che ci avviò verso la nostra strada, e Namrud e Gablan” “Masha’llah!” mi interruppe Mikhail “Gablan era un uomo eccellente Non ho mai visto un arabo così poco avaro nel voler mangiare il cibo che preparavo per lui” “E lo Sceicco Muhammad en-Nassar” proseguii “e suo nipote Faiz e il Governatore di Hal’at el Husn, che ci ospitò per due notti e diede da mangiare a tutti noi e il Governatore di Drekish, che ci ha riservato una grande accoglienza e il militare turco Mahmud (Mikhail emise un grugnito, perché era ai ferri corti con Mahmud) “E lo Sceicco Yunis” andavo avanti in fretta “e Musa il Curdo, che era il migliore di tutti” “Era un uomo onesto” osservò Mikhail “ e ha servito Sua Eccellenza bene” “E anche Reshid Agha “coninuai “che era un ladro, ci ha trattato con ospitalità”]

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Pagina 340 [“Ascoltate, Signora” disse Mikhail “sarò chiaro con Voi. Gli uomini non vedono al di là e vedono ciò che essi guardano.

Alcuni guardano male e trovano male; alcuni guardano bene ed è bene ciò che trovano, per per di più alcuni sono fortunati e questi trovano sempre ciò che vogliono. E a Dio piacendo, voi appartenete a quel numero.

E, a Dio piacendo, voi viaggerete in pace e ritornerete salva alla vostra terra, e là incontrerete Sua eccellenza vostro padre e vostra madre e tutti i vostri fratelli e sorelle in salute e felicità e tutti i vostri parenti e amici” aggiunse Mikhail comprensivo “e viaggerete ancora molte volte in Siria con pace e sicurezza e prosperità, a Dio piacendo!”

“A Dio piacendo!” Dissi.]

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