La teoria del potere nella filosofia di Michel Foucault

Page 1

A.D. MDLXII

U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI S ASSARI F ACOLTÀ

DI

L ETTERE

E

F ILOSOFIA

___________________________

CORSO

DI

LAUREA

IN

F I L O S OFI A

E

S C I E N ZE

D E L L ’E D U C A ZI O N E

LA TEORIA DEL POTERE NELLA FILOSOFIA DI MICHEL FOUCAULT

Relatore: PROF. SEBASTIANO GHISU

Tesi di Laurea di: ROSALINDA MELIS

ANNO ACCADEMICO 2011/2012



Indice

Introduzione ................................................................................. 3

I.

«Dal corpo all'anima»: la nascita della prigione ................... 9 1.1 Il corpo e i supplizi ............................................................... 12 1.2 Il potere disciplinare ............................................................. 17 1.3 Il panoptismo e la nascita della prigione .............................. 24

II. L'analitica del potere ................................................................ 35 2.1 Sovranità e potere: la «riforma» del pensiero hobbesiano ... 37 2.2 Le relazioni di potere ............................................................ 45 2.3 Il potere e la vita: la biopolitica ............................................ 52

III. La volontà di sapere e il dispositivo di sessualità ................... 61 3.1 La relazione potere-sessualità .............................................. 62 3.2 Il dispositivo di sessualità e il problema della verità ........... 68

Riferimenti bibliografici ............................................................... 77



Introduzione Il pensiero di Michel Foucault può essere collocato in quel contesto intellettuale, filosofico e politico che si è delineato in Europa già dalla prima metà del Novecento, per poi proseguire nei decenni successivi. Si tratta di un'epoca in cui gli avvenimenti storici, soprattutto gli effetti causati dalla Prima e dalla Seconda Guerra Mondiale, si intersecano inevitabilmente con la riflessione sulla società, sui fenomeni sociali, sulle diverse dimensioni della vita politica e sull'esercizio del potere. Questi decenni sono, dunque, caratterizzati dall'intensificarsi del dibattito marxista e dalla rilettura di quest'ultimo, dall'emergere di nuove proposte filosofiche nell'ambito etico e sociale, fino al superamento della concezione classica di soggettività. E' in quest'ultimo contesto, infatti, che si inserisce la riflessione foucaultiana sul potere, sviluppata durante gli anni Settanta. L'obiettivo principale di questo lavoro è proprio quello di sottolineare come le teorie sviluppate da Foucault riguardino direttamente il nostro presente e la società alla quale apparteniamo. Egli, infatti, ha avuto il merito di descrivere quell'intreccio di relazioni di potere, istituzioni economiche e organismi politici che configura il modello di società capitalista. Le sue opere e la sua ricerca teorica sono espressione, pertanto, di un'approfondita analisi della realtà e della storia. Tale punto di vista tende a studiare in profondità l'ambito storico nel quale si vive, evidenziandone gli aspetti negativi o limitanti, affinché vengano poste le basi per una proposta filosofica capace di elaborare prospettive di cambiamento e di miglioramento.

3


Foucault sviluppa un pensiero concretamente critico, in quanto rappresenta un invito a conoscere la storia e a conoscere il proprio sé, nel suo ruolo di soggetto immerso nel campo dell'esperienza storica e oggetto di una specifica forma di conoscenza. La soggettività, sottomessa alle relazioni di potere, si caratterizza a partire dalle forme di sapere1, così come l'oggettività e il sapere si costituiscono a partire da una determinata concezione e problematizzazione della realtà da parte del soggetto. Foucault utilizza, quindi, un metodo di analisi che supera il tradizionale metodo critico2, sostituendolo con un metodo «archeologico» e «genealogico». Archeologico, in quanto il suo intento non è quello di cogliere le strutture universali che permettono all'individuo di conoscere la realtà e di sviluppare un pensiero morale, ma quello di analizzare ogni singolo evento storico. «Con il termine archeologia si intende designare un campo di ricerca il cui oggetto è costituito dal sapere implicito che rende possibile la comparsa delle teorie, delle opinioni e delle pratiche all'interno di una determinata società in una data epoca.»3 Genealogico, in quanto non vuole cogliere la forma di ciò che possiamo conoscere o fare, ma cogliere tutti quegli elementi contingenti che ci permettono di essere (o di non essere), di fare (o di non fare) o di cambiare. La genealogia cerca di capire, quindi, quali siano le condizioni storiche e concrete che rendono possibile la produzione di discorsi e di esperienze, per poi collocarli nel procedere della Storia. «La storia è il corpo stesso del divenire4»: è necessario conoscere ogni meticolosità del divenire storico, compresi 1 Foucault sottolinea il nesso tra l'archeologia del sapere e la genealogia del potere, affinché venga mostrata la connessione tra il sapere e il potere all'interno delle società contemporanee. 2 Non più una filosofia che si interroga sul fondamento dell'esperienza umana per determinarne la validità e i limiti, ma un pensiero filosofico che riconosca l'influenza che i processi storici esercitano sui soggetti e la loro capacità di modificare la realtà. 3 M.Foucault, Antologia – L'impazienza della libertà, Saggi Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2005, p. XIV 4 M.Foucault, Microfisica del potere – Interventi politici, Einaudi Editore, Torino, 1977, p.34

4


gli errori e le deviazioni, mantenendo la dispersione che lo caratterizza. Foucault ritiene necessario, per capire l'attualità nella quale viviamo, rilevare quelle forme discorsive che ci permettono di pensare e comunicare, le quali sono anche oggetto di relazioni di potere. L'attualità può essere compresa sviluppando un pensiero analitico degli elementi che la costituiscono, in primo luogo i rapporti di potere. Proprio attraverso una nuova concezione di questi ultimi si può superare la concezione giuridica del potere e ridisegnare la nostra storia, in una prospettiva aperta al mutamento. A tal proposito Foucault ribadisce la sua attenzione nei confronti del presente, in quanto esso costituisce uno dei problemi filosofici più urgenti da affrontare. La comprensione delle diverse dimensioni che costituiscono il reale ci offre la possibilità di acquisire una nuova consapevolezza delle nostre condizioni di soggetti storici. Questa condizione umana appare come una sorta di «compito» che ciascun individuo dovrebbe assolvere sentendosi responsabile nei confronti del proprio tempo e della propria libertà5. La riflessione foucaultiana si presenta, quindi, come un pensiero complesso e dinamico e come un vero e proprio punto di incontro tra l'analisi del potere, del sapere e dell'etica. Un altro aspetto che vorrei sottolineare, in costante riferimento agli scritti foucaultiani, riguarda il contributo delle teorie di Foucault alla comprensione di alcuni importanti aspetti delle società moderne. Attraverso la sua analisi sui sistemi di sorveglianza e di punizione, si può comprendere il funzionamento delle relazioni di potere e il costante controllo a cui siamo continuamente sottomessi; attraverso il 5 S.Catucci, Introduzione a Foucault, Editori Laterza, Roma, 2010, p. 6

5


concetto di bio-potere si evidenzia la capacità di gestire la vita degli individui o delle popolazioni, e, infine, attraverso i suoi studi sulle pratiche e sugli strumenti di potere, si può rilevare la struttura reticolare che collega istituzioni centrali e poteri locali. Nel primo capitolo si è cercato di considerare il tema del potere in relazione al tema della prigione e alla nascita di quella che Foucault definisce società disciplinare. Entrambi questi aspetti sono stati oggetto di studio durante i primi anni Settanta, per poi consolidarsi nell'opera intitolata Sorvegliare e punire. E' stato evidenziato come la nascita delle prigioni, verificatasi a partire dal XVIII secolo, sia direttamente connessa alla sparizione dei supplizi corporali e della spettacolarità della pena, per divenire un centro di esercizio del potere nella successiva epoca di sobrietà punitiva. In questi decenni si verifica il passaggio da un'epoca in cui il corpo costituiva il bersaglio diretto del potere del sovrano a un'epoca in cui il corpo continua ancora ad assumere un ruolo centrale, ma presentandosi come strumento e intermediario della legalità. La nuova giustizia si fonda, non più sul dolore fisico o sulla pena capitale, ma su un controllo incessante operato nei confronti di chi commette un reato. E' proprio questo controllo, infatti, che caratterizza la società disciplinare: la disciplina come strumento che permette di applicare un potere continuo, parcellizzato e plasmante sull'individuo. L'espressione più diretta e concreta del potere disciplinare viene individuata da Foucault nella struttura del Panopticon di Bentham, in quanto essa esemplifica le diverse strategie e soluzioni adottate dalle discipline sull'individuo. Quest'ultimo diventa, quindi, un corpo docile, in quanto il suo corpo diviene maneggevole, completamente assoggettato al potere, trasformabile e normalizzabile.

6


Nel secondo capitolo ho evidenziato come la tesi di Foucault sul potere possa essere considerata innovativa e radicale rispetto alle riflessioni precedenti, in particolar modo facendo riferimento al superamento del concetto classico di sovranità. Egli, infatti, afferma che bisognerebbe superare la concezione giuridica del potere e il modello hobbesiano del Leviatano, in favore di una concezione che analizzi le strutture reticolari e multiformi che costituiscono il potere. La stessa nascita e applicazione delle discipline ha reso il potere un fenomeno sempre più multidimensionale e costantemente produttivo. Inoltre, un concetto che appare fondamentale nella tesi di Foucault sul potere è il termine di bio-potere o biopolitica, con il quale si designa la presa in carico da parte del potere della vita dell'individuo, o meglio della popolazione. Esso è un potere esercitato positivamente sulla vita e permette, dunque, di tenere sotto controllo tutto quell'insieme di fenomeni, riguardanti la vita come la morte, che caratterizzano una società nella sua totalità. Nell'ultima parte, infine, si affronta la relazione tra il potere e la sessualità. A tal proposito Foucault si pone, ancora una volta, in opposizione con la tesi tradizionale, per la quale la relazione sesso-potere è sempre stata designata da un un rapporto di repressione. Al contrario, l'obiettivo di Foucault è quello di riconoscere i legami tra la dimensione sessuale e i discorsi di verità per individuare in quale modo il potere potesse riuscire ad invadere anche i comportamenti più intimi di ogni individuo. I discorsi sulla sessualità si sarebbero, infatti, sviluppati all'interno dell'ambito del potere, rendendo il sesso un problema pubblico e un nuovo oggetto di sapere. La famiglia rappresenterebbe, nelle società occidentali, uno dei veicoli più importanti di

7


proliferazione dei discorsi di verità sulla sessualità. Essa costituirebbe quel dispositivo di sessualità che regola le relazioni sociali e che permette al potere di presentare la sessualità come parametro di comprensione della soggettività umana.

8


Capitolo I «Dal corpo all'anima»: la nascita della prigione Foucault è stato spesso denominato un «filosofo dell'internamento», come Deleuze ricorda nell'opera a lui dedicata, nonostante il suo pensiero possa essere considerato più come un pensiero del di fuori, come un pensiero che esamina l'esteriorità collegandola poi all'interiorità, in particolare per quanto riguarda la sua analisi del potere e delle società moderne6. E' lo stesso Deleuze che propone questa interpretazione, scavando a fondo ciascuna opera e ciascun ambito che costituiscono il corpus del pensiero foucaultiano. Il tema dell'internamento è senz'altro presente nella filosofia di Foucault fin dalle opere iniziali, dalla Storia della follia nell'età classica alla successiva Nascita della clinica fino a Sorvegliare e punire, che costituisce uno studio approfondito sulla nascita della prigione e sullo sviluppo dei metodi di detenzione utilizzati nelle varie epoche storiche con particolare riferimento alla società francese. Nonostante questo, l'internamento rimane comunque un fattore secondario rispetto ad una funzione e ad un obiettivo primari, come la punizione, la correzione, la normalizzazione, il controllo, che costituiscono il punto centrale dei suoi studi. Il pensiero di Foucault può essere definito un pensiero analitico, critico e complesso che, d'altronde, rispecchia la complessità dei temi trattati, mettendo in evidenza le articolazioni strategiche e le reti semantiche, politiche, economiche che costituiscono le società moderne e contemporanee occidentali. Ciò che contraddistingue la filosofia 6 G.Deleuze, Foucault, Saggi Feltrinelli, Milano, 1987, pp.49-50

9


di Foucault, e che può essere considerato un ottimo motivo per approfondire i suoi studi e riconoscerne l'importanza, è la sua particolare attenzione al presente, ad un pensiero dell'oggi, anche nel momento in cui sviluppa il suo metodo archeologico e genealogico finalizzato prevalentemente allo studio del passato. La stessa archeologia non deve necessariamente rinviare al passato, ma può essere considerata come un metodo epistemologico, uno strumento per mettere a fuoco ciò che, anche nel presente, non è reso direttamente visibile dalle stratificazioni di sapere che costituiscono una determinata formazione storica. In questo consiste la pragmaticità, l'attualità dei suoi studi e la sua novità, data dal fatto che tende a distaccarsi dalle concezioni tradizionali di concetti come quello di «storia», «verità» o «metafisica» e che determina una rottura con l'approccio giuridico-legislativo con il quale è stato studiato il potere fin dal XVII secolo. Foucault ribadisce più volte, nelle sue opere e nelle sue interviste, la necessità di abbandonare la concezione classica del potere introdotta nella cultura europea fin dall'epoca medievale per spostarsi verso un'analisi più fisica, dettagliata e strutturale delle relazioni di potere e poter cogliere la reticolarità di quella che viene definita «società disciplinare». Sorvegliare e punire, pubblicata da Foucault nel 1975, costituisce una delle opere principali relative allo sviluppo del suo concetto di potere. Essa si contraddistingue per la particolare attenzione nei confronti di quei fenomeni che contribuirono alla nascita delle prigioni. Foucault espone in maniera attenta e precisa il mondo della prigione fin dal suo esordio nel XVI secolo per poi affrontare e approfondire le tematiche connesse alle pratiche di detenzione e punizione. Il tema concettuale che sottende quest'opera foucaultiana è sicuramente il dispositivo disciplinare, termine

10


introdotto dallo stesso Foucault nella sua riflessione, che contrassegna una precisa epoca storica e di cui si possono trovare tracce sia nel tempo-soglia del presente sia nello stile di dominio occidentale che si fonda su specifici rapporti di potere. La sua riflessione sulle prigioni, inoltre, si fonde con un impegno attivo e militante per la salvaguardia delle carceri francesi attraverso il Gip (Gruppo di informazione sulle prigioni), organismo fondato nei primi anni Settanta con la collaborazione di altri intellettuali francesi con lo scopo di migliorare le condizioni di vita dei detenuti considerando necessaria una riforma del sistema penale. Impegno politico, militanza e ricerca teorica si configurano, quindi, come punti di riferimento essenziali nel definire i contorni di quel concetto centrale nell'analitica del potere di Foucault, quale il concetto di disciplina. L'origine della società disciplinare risale, secondo Foucault, al periodo successivo alla Rivoluzione Francese e al conseguente stravolgimento dell'apparato sociale da essa prodotto. Proprio in tale periodo emerge una nuova tipologia di società, in cui la disciplina diviene un innovativo ed efficace strumento di dominio. Quest'ultima, infatti, permette la realizzazione concreta di istanze di controllo e di ordine nelle diverse sfere del vivere sociale. La disciplina può essere, pertanto, applicata a differenti apparati di potere: la fabbrica, la prigione, l'ospedale, l'esercito, la scuola e il manicomio; tutte queste strutture, oltre a produrre saperi diversi, competono tra di loro con il fine di assicurarsi una posizione di egemonia nella gerarchia del potere7. Il modulo disciplinare diviene nel corso dei secoli un'ottima strategia per determinare l'assoggettamento di ogni singolo componente della società, in modo tale che esso divenga quello che Foucault definisce «corpo 7 M.Foucault, La società disciplinare, a cura di Salvo Vaccaro, Mimesis Edizioni, Milano, 2010, pp.10-11

11


docile».

1.1 Il corpo e i supplizi In Sorvegliare e punire Foucault sottolinea il ruolo ricoperto dal corpo nell'esecuzione delle condanne giudiziarie precedenti il XVIII secolo, le quali, nella maggior parte delle occasioni, erano costituite da pratiche di supplizio nei confronti del condannato. Per esemplificare la portata di questo fenomeno Foucault introduce nella sua analisi una testimonianza datata 1757 relativa all'esecuzione della condanna di Damiens riportata nella Gazzetta di Amsterdam nel mese successivo all'avvenimento8. Dalla descrizione cruenta e dettagliata di tale episodio si coglie l'importanza, per l'esecuzione della condanna, della necessità di rendere il più visibile possibile il dolore e la reale sofferenza del condannato. Questo episodio può rappresentare un'intera tradizione di punizioni corporali, sevizie e uccisioni che hanno

caratterizzato

il

sistema

penale

europeo

dall'epoca

medievale

e

dell'Inquisizione fino alla nascita degli Stati moderni. La spettacolarità dell'evento, oltre ad essere un esempio di violenza e simbolo del potere delle istituzioni, costituiva la prova inconfutabile dell'avvenuta condanna e la conclusione del crimine commesso. Eppure, tra il XVIII e il XIX secolo, si verifica un cambiamento radicale: in tutta l'Europa e negli Stati Uniti compaiono i primi progetti di riforma del sistema giudiziario ed emergono i primi codici penali «moderni» (ad esempio in Francia nel 1791). «Una nuova era, per la giustizia penale» 9, come afferma Foucault nel suo scritto. 8 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, Einaudi Edizioni, Torino, 2005, p.5 9 Ivi, p. 9

12


L'obiettivo principale di Foucault è proprio quello di mettere in evidenza un aspetto determinante di questo cambiamento: la scomparsa dei supplizi 10. Mentre precedentemente essi costituivano la prova certa della pena e un passaggio fondamentale nel processo giudiziario, nel XIX secolo divengono oggetto di disprezzo e indice di negatività e di crudeltà, in quelle società ormai profondamente modificate dalle rivoluzioni Americana e Francese e nelle quali iniziava ad emergere una nuova consapevolezza rispetto ai diritti inalienabili dell'individuo. La punizione cessa di essere uno spettacolo pubblico visibile da chiunque e si trasforma, al contrario, nella pratica più nascosta e sottile del nuovo codice penale. Il corpo non può essere più riconosciuto come il bersaglio principale nell'esecuzione della condanna; esso continua ad avere una grande importanza ma in maniera differente. Il cambiamento della pena consiste in una restrizione della libertà o nella limitazione di altri diritti fondamentali: il corpo diventa strumento e intermediario della legalità 11. Si fonda una giustizia che limita il dolore fisico e che elimina la sua esibizione agendo

sui

comportamenti

dell'individuo,

condizionandone

i

pensieri

e

rappresentando un'istanza di controllo che tende ad assicurare ordine e a ridurre la possibilità di reiterazione del crimine commesso. Si genera una disciplina infinita e ininterrotta: nel detenuto dovrebbe avvenire una trasformazione profonda, un radicamento profondo del senso della legge e del suo rispetto prima evidentemente carente o assente. Come scrive Foucault: «La certezza di essere puniti: questo, e non più l'obbrobriosa rappresentazione, deve tener lontani dal delitto»12. La certezza della pena appare, già nei primi decenni di formazione della penalità moderna, un 10 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit. p 10 11 Ivi, p.13 12 Ivi, p.11

13


elemento fortemente significativo e l'emblema del sistema di correzione e normalizzazione a cui ognuno di noi sarebbe sottoposto, secondo l'interpretazione foucaultiana, e che ancora oggi costituisce un obiettivo da perseguire per mantenere l'equilibrio statale e sociale. Da questo momento in poi la giustizia si scarica da quell'immagine di violenza e sopraffazione che l'avevano sempre contraddistinta, per cui la forza, che continua comunque ad essere esercitata, giunge ad essere poco tollerata divenendo sempre più sottile e meno spettacolarizzata. «E' la condanna a marchiare il delinquente del segno negativo ed univoco: pubblicità, quindi, dei dibattiti e della sentenza; quanto all'esecuzione, essa è come una vergogna supplementare che la giustizia si vergogna ad imporre al condannato»13, come Foucault ci ricorda. Diffusione e visibilità divengono caratteri del processo e dell'apparato burocratico rispetto al crimine commesso. L'ambito di esecuzione della pena, invece, viene investito da tutta una serie di trasformazioni che condurranno all'emergere di un settore autonomo di potere e sapere. La giustizia moderna nasce a partire da una sobrietà nel punire, che continuerà a crescere nei decenni successivi configurando l'attuale sistema giudiziario e penale europeo14. Una nuova morale si interseca tra le reti dell'apparato giuridico trasformando la pena capitale tradizionale, quella delle «mille morti» descritta da Foucault15, in una procedura istantanea e priva di dolore in cui sembra prevalere l'aspetto spirituale più che la corporeità. La sparizione definitiva dei supplizi in Europa viene datata da Foucault intorno al 1830-48, periodo in cui si entra definitivamente «nell'età della sobrietà punitiva» 16. Il 13 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit p.12 14 Ibidem 15 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit p.15 16 Ivi, p. 17

14


filosofo sottolinea, secondo la precisione e l'attenzione che contraddistinguono il suo linguaggio, il fatto che questo processo, come d'altronde tutti i processi storici, non debba essere considerato né come un evento unitario né come uno sviluppo territorialmente omogeneo, nonostante esso rappresenti un profondo cambiamento nella storia delle istituzioni nelle maggiori potenze mondiali dell'epoca. Non si può neanche affermare che sia stata raggiunta definitivamente la sua conclusione poiché Foucault riconosce, nelle società contemporanee, la presenza di certe pratiche di supplizio che ancora continuano ad ossessionare la penalità e l'evento della morte penale. La stessa struttura detentiva, sia essa prigione o bagno penale, ha sempre beneficiato dell'utilizzo della sofferenza fisica che, insieme alla limitazione della libertà, costituisce uno strumento efficace nel processo di correzione del detenuto. Razionamento alimentare, isolamento, percosse e privazione sessuale sono elementi tutt'ora presenti che testimoniano come la presa sul corpo si sia fortemente attenuata ed anche come essa non sia totalmente scomparsa17. Meno incidenza sul corpo ma maggiori effetti a lungo termine: la formula che si delinea come nuovo principio della giurisprudenza mondiale. L'intensità della pena non diminuisce in maniera significativa ma sicuramente ciò che si modifica sono gli obiettivi da conseguire; non più condanne a morte, frustate o barbarie fisiche ma controllo, normalizzazione e classificazione seguiti da un reinserimento all'interno della società. Questo aspetto della riforma è illustrato da Foucault in termini molto esaustivi: «Non è il corpo, è l'anima. Alla espiazione che strazia il corpo, deve succedere un castigo che agisca in profondità sul cuore, il pensiero, la volontà, la

17 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit.18

15


disponibilità»18. Ormai è il crimine commesso a marchiare un individuo come «delinquente» e non più la pena subita come se fosse uno spettacolo pubblico. La nuova modalità con la quale i giudici ottocenteschi si approcciano al giudizio dà luogo a nuove tecniche per stabilire la pena; ciò che viene giudicato non è più solamente il presunto reato, ma il delinquente viene identificato, nella sua totalità, come un autentico oggetto di analisi. Nelle parole di Foucault: «Da quando, centocinquanta o duecento anni fa, i giudici, a poco a poco, ma con un processo che risale a molto lontano, si sono messi a giudicare qualcosa di diverso dai reati: l'”anima dei criminali»19. L'anima del criminale viene giudicata e sottoposta a esami approfonditi producendo l'apparizione di nuovi ordini di sapere che iniziano ad accompagnare il rituale specificatamente giuridico, come ad esempio la criminologia o l'antropologia criminale. Nell'epoca medievale il giudizio da emettere riguardava il reato in sé e per sé, di conseguenza esso non valutava le possibili implicazione psicologiche o psichiatriche che avrebbero potuto influenzare l'esecuzione del crimine, in quanto il suo obiettivo primario consisteva nell'accertarsi del luogo, dell'autore e del movente del reato commesso. Mentre, a partire dal XIX secolo, con la nascita della psicologia e della psichiatria, si introducono nuove problematiche relative alle cause, anormali o meno, che hanno determinato l'atto commesso, a quale livello di realtà esso possa essere inscritto o, nel caso si siano riscontrate anomalie, prevedere l'evoluzione della psicologia del soggetto20. L'inchiesta si trasforma in un processo molto più complesso rispetto al suo antenato medievale, traducendosi in un ambito nel quale si intersecano 18 Ivi, p.19 19 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit, p.22 20 Ibidem

16


differenti saperi, dalla giurisprudenza al diritto e dalla medicina alla psichiatria. In questo modo, l'intero apparato penale ha assistito ad una significativa trasformazione e alla comparsa di professioni, tradizionalmente estranee all'ambito giuridico, che cominciano a concorrere alla costruzione di una nuova figura di giudice, il quale tenta di liberarsi dal peso del giudizio. L'intento di Sorvegliare e punire non si riduce, lo stesso Foucault lo spiega esplicitamente nel testo, alla ricostruzione di quel processo storico che ha determinato la nascita della prigione. Esso consiste nel descrivere la rete di potere in cui l'individuo è costantemente immerso ed evidenziare le conseguenze che tale assoggettamento provoca nell'utilizzo politico del corpo, il quale appare soltanto mascherato dalla contemporanea «tecnologia dell'anima» 21. Il corpo si proclama come la costante finalità del potere.

1.2 Il potere disciplinare A partire dalla seconda metà del XVIII secolo si sviluppa in tutta Europa un vero e proprio movimento di protesta contro la crudeltà e l'ormai acquisita intollerabilità nei confronti dei supplizi che, fino ad allora, avevano rappresentato una delle pratiche di punizione utilizzate dalla giustizia, anche se non la più frequente, e, soprattutto, simboleggiavano il potere assoluto esercitato dal monarca. Nella giustizia tradizionale di stampo monarchico, infatti, qualunque tipo di reato veniva considerato un affronto personale nei confronti del sovrano e, di conseguenza, la pena consisteva in uno scontro diretto tra l'incriminato e la persona del Re. Questo particolare aspetto viene contestato da tutta una serie di filosofi, intellettuali e teorici 21 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit, p.34

17


del diritto che imposero la necessità di una riforma penale con lo scopo di realizzare le tesi dei «grandi riformatori», come Beccaria, Duport o Pastoret, sulla dolcezza dell'apparato giudiziario. L'«umanità» dell'imputato sarebbe dovuta essere rispettata; essa, pertanto, veniva innalzata ad essere il limite del potere dispotico 22. Il movimento riformatore si inserisce in un clima economico e sociale diverso rispetto a quello dell'età precedente: si verifica la trasformazione della natura dei crimini commessi, non più crimini di sangue e contro la persona, ma crimini contro i beni e le proprietà, a causa delle precarie condizioni in cui il popolo era costretto a vivere e a discapito delle classi privilegiate, a cui si unisce una frammentazione nella loro esecuzione. La riforma costituì un fenomeno che non trovò la propria origine soltanto in una regione esterna al sistema giudiziario ma essa si sviluppò in primo luogo dall'interno, a partire dall'operato di tutto un insieme di magistrati i quali cooperarono, nonostante i conflitti, per il miglioramento dell'apparato. Il progetto riformatore mirava, oltre che alla diminuzione dell'asprezza della pena, alla riduzione di quei privilegi di classe che avevano ormai reso infinitamente frammentario il potere penale impedendone il regolare funzionamento, a causa dei continui scontri tra queste istanze multiple, e limitando il suo raggio di estensione nel corpo sociale. Foucault riconosce che il vero obiettivo della riforma consiste nello stabilire una nuova economia del potere di castigare e in una sua migliore distribuzione e omogeneità, piuttosto che nel garantire una giustizia più equa. Il potere di punire si sarebbe dovuto radicare in profondità nel tessuto sociale, sarebbe dovuto essere un potere economico sia dal punto di vista finanziario sia dal punto di vista politico, avrebbe 22 Ivi, p.81

18


dovuto fare della repressione degli illegalismi una funzione regolare e avrebbe dovuto punire, forse, meno severamente ma con maggiore universalità a causa dell'aumento dei piccoli reati all'interno del reticolato della società. Successivamente allo smantellamento della struttura monarchica e del cosiddetto «superpotere del sovrano», l'apparato giuridico e penale trova nella teoria del contratto il suo principio fondante. In questa nuova prospettiva il criminale smette di essere colui che ha colpito personalmente il sovrano e diventa un vero e proprio «nemico» interno alla società. Egli, accettando di sottostare alle leggi, accetta anche di essere punito in caso di violazione, per cui il reato si trasforma in un evento che colpisce ciascun membro della comunità. Il reato provoca un certo disordine nel corpo sociale. Il castigo, per essere efficace, deve essere adeguato rispetto al torto da esso provocato e deve essere calcolato non in funzione della crudeltà del crimine, ma secondo la sua possibile ripetizione e diffusione. La prevenzione diventa il principio di economia e la misura delle giuste proporzioni dei castighi23. L'attenzione relativa agli effetti dei reati e la preoccupazione relativa alla proporzionalità tra reato e pena rappresentano il punto di partenza verso una sistematica classificazione, divisione e organizzazione dei crimini che costituisce il corpus dei nuovi codici penali. Nella struttura che si forma in questi decenni è la criminalità e non più il crimine ad essere oggetto dell'intervento penale insieme all'apparizione di nuovi concetti giuridici come quello di «recidiva» o di «delitto passionale». Si verifica, inoltre, l'oggettivazione sia del criminale che del crimine: il criminale inizia ad acquisire la figura dell'«anormale» poiché viola il contratto 23 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit., pp.86-89

19


legislativo con gli altri membri della società dalla quale viene escluso e il crimine diviene oggetto di un sapere calcolato che dà luogo a un nuovo orizzonte di verità e di certezza24. Nel corso di questi decenni, dunque, inizia a svilupparsi un nuovo apparato, molto più tecnico del precedente, che può essere considerato come la prima manifestazione di quella nuova tipologia di società che è la società disciplinare. In essa si abbandonano le angherie e le sopraffazioni e le si sostituiscono con un'organizzazione meticolosa della vita, sia sociale che individuale, e una nuova tecnologia del corpo. A questi cambiamenti seguono, inoltre, l'apparizione di specifici apparati capaci di controllare e razionalizzare specifici ambiti di potere: la polizia, la gerarchia amministrativa e la piramide burocratica dello Stato. L'esercizio del potere si affina e diventa sempre più presente ma in maniera meno invasiva e visibile costruendo un tessuto politico il più efficace e continuo possibile. Foucault, infatti, sottolinea la correlazione tra la nascita dei nuovi sistemi penali e gli stravolgimenti operati sia dalle modificazioni del sistema economico sia dalla Rivoluzione Francese che avrebbero impedito l'esercizio di un potere così forte, come quello monarchico, su di un popolo non più disposto a sottostare passivamente ad esso25. Se si può assistere ad un indebolimento dei supplizi è perché, secondo Foucault, questo corrisponde ad una specifica strategia di potere: acquisire un più stretto controllo di polizia nel corpo sociale26. Nelle sue innovative tesi sul potere, Foucault introduce il concetto di «disciplina» 24 Ivi, pp.110-111 25 M.Foucault, La società disciplinare, a cura di Salvo Vaccaro, Mimesis Edizioni, Milano, 2010, p.79 26 S.Catucci, Introduzione a Foucault, Editori Laterza, Roma, 2010, p 96

20


che rappresenterebbe, nel corso del XVII e XVIII secolo, la formula generale di dominazione da parte dello Stato di ogni individuo. La disciplina può essere descritta come una reale «arte del corpo»: il corpo conserva ancora la centralità acquisita fin dall'età classica declinandosi in un oggetto sia di sapere sia di potere. Esso, nella società disciplinare, viene fortemente oggettivizzato divenendo il luogo di applicazione del nuovo potere parcellizzato, modesto e sospettoso. Il potere disciplinare funziona attraverso un meccanismo economico calcolato nei minimi dettagli che, in cambio di reprimere e sottrarre, ha come obiettivo primario quello di «addestrare» e di assicurare continuità e unità all'interno della società. Lo stesso modello illuministico dell'Uomo-Macchina di La Mettrie, come ci ricorda Foucault, ribadisce il grande privilegio che viene conferito al corpo e alle sue due dimensioni: una anatomico-metafisica, ripresa dalla filosofia cartesiana, e una tecnico-politica che si riferisce a quell'insieme di norme volte al suo corretto funzionamento 27. Il modulo disciplinare non costituisce solamente un campo di potere, ma anche un campo di sapere; è un modello che produce regole, classificazioni e ripartizioni e diffonde una certa sfera di verità. Il corpo a cui fa riferito Foucault è un corpo docile; esso ha la particolarità di essere estremamente maneggevole e asservibile, di poter essere oggetto di controllo e di correzione e di poter essere costantemente modificato e trasformato: un corpo mai completamente formato nella sua totalità. Questo modello costituisce, quindi, il bersaglio perfetto per un potere formato da ingranaggi meticolosi e spietate strategie che richiedono un continuo aggiornamento affinché venga tenuta sotto sorveglianza la complessità del sistema sociale. Foucault ci fornisce una definizione esaustiva 27 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit, pp. 148-149

21


della disciplina: «un metodo che permette il controllo minuzioso delle operazioni del corpo, che assicurano l'assoggettamento costante delle sue forze ed impongono loro un rapporto di utilità-docilità28». Il corpo assoggettato è, inoltre, caratterizzato da un particolare equilibrio tra la sua sfruttabilità in termini di forza-lavoro e la capacità di sottomettersi al potere; la disciplina ha il compito di rendere il corpo quanto più utile, per il mercato economico e del lavoro, quanto meno è autonomo e libero dalle costrizioni. L'individualità del soggetto sembra debba essere sempre ricondotta ad una certa divisione operata all'interno del corpo sociale secondo determinate regole che producono classificazioni arbitrarie, ad esempio tra ciò che è lecito e ciò che è illecito, tra ciò che è normale o anormale o tra ciò che può essere considerato punibile o meno, permettendo una definita collocazione di ciascun membro in uno dei due ambiti. Le discipline, nell'analisi foucaultiana, ricoprono un ruolo centrale anche nella formazione del nuovo regime punitivo poiché introducono un nuovo organico di astuzie che permette di scomporre, disarticolare e ricombinare l'anatomia del soggetto. Ciò che contraddistingue il sistema disciplinare è, inoltre, la particolare attenzione nei confronti della quotidianità; il controllo non è saltuario o discontinuo, ma si infiltra nella quotidianità di ciascuno, in ogni singola azione o comportamento, plasmando la soggettività a piccole dosi, ma in maniera mirata, tanto che Foucault in Sorvegliare e Punire lo denomina «il sistema del dettaglio». La disciplina, come sistema organizzatore, può essere ed è stato applicato in contesti differenti e con finalità specifiche; apparati come la scuola, la caserma, la fabbrica, la prigione e l'ospedale hanno adottato, a partire dalla fine del Settecento, il metodo disciplinare 28 Ibidem

22


sottoponendo ogni membro ad un controllo estenuante e ad una precisa regolamentazione sia del corpo che dello spirito. Le discipline, affinché si verifichi il complessivo funzionamento del dispositivo, necessitano anche di una ripartizione millimetrica e funzionale del luogo fisico in cui il potere viene esercitato. Ciascun individuo occupa una precisa posizione all'interno della serie per cui ogni soggetto è intercambiabile e inserito in una relazione di tipo circolare, in quanto ciò che lo determina è il posto da lui ricoperto all'interno della classificazione. L'incasellamento è, inoltre, funzionale; esso non è casuale e deve permettere, non solo l'osservazione, ma anche l'incremento delle forze e delle capacità dell'individuo all'interno del sistema, soprattutto nel caso della fabbrica o della scuola, e il rapido conseguimento delle finalità. La ripartizione viene impiegata anche per la temporalità. Infatti, anche il tempo deve essere scandito e suddiviso in precisi intervalli a cui corrisponde lo svolgimento di un definito compito da parte dell'individuo: il tempo disciplinare è esatto, regolare e deve consentire una totale applicazione del corpo rispetto all'azione eseguita29. Il potere disciplinare si diffonde così rapidamente grazie all'utilizzo di strumenti semplici che consentono la formazione di un sistema allo stesso tempo ordinato e produttivo: esso utilizza il controllo gerarchico e la sanzione normalizzatrice che trovano la loro combinazione in una procedura specifica, l'esame. Questi strumenti presuppongono un'osservazione costante costituita da una struttura uniformata e uniformante che, nel caso di trasgressione del regolamento, comportano una sanzione specifica. Attraverso l'attuazione della pena si determina l'affermazione del potere della norma che da una parte costringe all'omogeneità, ma dall'altra individualizza 29 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit, pp. 154-170

23


permettendo di eliminare gli scarti, mantenere differenze utili ed eliminare le specificità superflue per il corretto funzionamento della struttura 30. Nell'esame esse vengono combinate tra di loro componendo un potere sia in grado di esercitare un controllo adeguato sia in grado di classificare, suddividere, premiare o punire. Con la procedura dell'esame si acquisisce una piena oggettivizzazione dell'individuo che, inserito in una struttura gerarchica, non è solo «fabbricato», ma è anche attivo nei confronti del potere, dando luogo ad una rete di relazioni in cui ognuno è sia fautore sia oggetto di un potere diffuso e continuamente operativo.

1.3 Il panoptismo e la nascita della prigione Foucault, in Sorvegliare e punire, introduce l'analisi di due strategie differenti per fronteggiare un evento catastrofico, come quello dell'epidemia: il modello della città colpita dalla lebbra e il modello della città colpita dalla peste. Entrambi i moduli ricondurrebbero a due trasformazioni sociali radicali: il primo a quel fenomeno che Foucault definisce «il grande internamento» e il secondo alla nascita del dispositivo disciplinare. Il modello di società che cerca di combattere la diffusione della lebbra impone tattiche di reclusione e di isolamento dei malati, i quali vengono totalmente esclusi e esiliati dal resto del corpo sociale e separati in una massa che non è necessario differenziare, perseguendo quindi lo scopo di creare una società pura. La società appestata, invece, classifica, divide rigorosamente, inquadra ogni singolo individuo che la compone; essa istituisce un apparato organizzato in cui ciascuno, grazie anche al lavoro della polizia e di altre figure professionali, viene assegnato ad un preciso spazio chiuso, sorvegliato e in cui si registra ogni tipo di informazioni, 30 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit, p.202

24


costituendo una specifica ripartizione tra i vivi, gli ammalati e i morti. La città «appestata» diviene il nuovo ideale del potere e l'esempio più significativo di una società punitiva. In questo caso, il potere esercitato dalla città, per determinarne la salvaguardia, è un potere diffuso e continuo che non lascia spazio a nessuna mancanza, proprio come il potere delle discipline. Quindi, da una parte l'esclusione e dall'altra la solerte ripartizione. Foucault individua, certamente, la differenza tra questi due schemi sociali, ma sottolinea come, a partire dal XIX secolo, essi si siano avvicinati reciprocamente unendosi nel modulo disciplinare. Quest'ultimo, in qualunque forma si presenti, risulta sempre formato da due istanze: una che presuppone una divisione binaria (ad esempio tra il normale e l'anormale, tra il pazzo e non il pazzo) e una che impone coercitivamente la ripartizione e le norme che la regolano31. Foucault individua nella prigione l'esempio più significativo del modello disciplinare e la sua realizzazione più estrema. Nonostante esso si applichi ad una molteplicità di dispositivi

di

potere,

il

sistema

carcerario

costituisce

la

sua

massima

rappresentazione. La prigione non nasce, storicamente, all'inizio del XIX secolo in quanto essa era già presente anche nei decenni precedenti, fin dal XVI secolo. Essa non costituiva un metodo punitivo molto diffuso inserendosi in un ambito totalmente marginale tra i diversi mezzi di espiazione utilizzabili, sia perché esso era incapace di soddisfare l'ampiezza e la disparità dei crimini commessi avendo come unico criterio di punizione la durata nel tempo, sia perché era un metodo molto costoso e sia perché non permetteva la spettacolarità e l'esibizione pubblica della condanna. Nel XIX secolo si verifica, inaspettatamente, un cambiamento radicale: la prigione diviene, 31 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit, pp. 215-217

25


con l'apparizione dei nuovi codici penali, uno strumento di punizione generalizzata ricoprendo con le sue regole ogni singolo ambito di infrazioni, escludendo i crimini particolarmente gravi per i quali continuava ad essere prevista la pena di morte32. Tuttavia la stessa struttura detentiva non compare dal nulla, Foucault sostiene che la forma-prigione sia preesistente alla sua utilizzazione sistematica nell'apparato penale. Lo sviluppo di un apparato che tende ad agire sul corpo, che tende a formare individui docili, sottomessi e produttivi, ha costituito il presupposto per la nascita della prigione prima ancora rispetto all'apparato legislativo. Essa, di conseguenza, non può essere considerata né come un elemento che deriva dal diritto né come una conseguenza del diritto penale poiché non trova la propria origine nelle strutture giuridico-politiche della società: è una struttura autonoma, che eccede gli apparati dello Stato e costituisce una sorta di «supplemento disciplinare»33. Foucault riconosce nella casa di detenzione fondata ad Amsterdam nel 1596 e nel carcere di Walnut Street aperto a Filadelfia nel 1790 i due antecedenti più eminenti alla formazione del sistema penitenziario moderno poiché in entrambi si manifesta il potere coercitivo della norma: gli internati e i prigionieri sono costretti a lavorare, sono sottoposti ad una sorveglianza ininterrotta e a un regolamento preciso e, infine, si cerca di reinstaurare nei reclusi le qualità morali perse o indebolite attraverso il crimine commesso per poi riconsegnarli alla vita sociale 34. Tutti questi elementi, d'altronde, costituiranno il fondamento del sistema penale moderno e la massima applicazione del potere disciplinare. La prigione rappresenta il luogo in cui il potere 32 E.De Cristofaro, Sovranità in frammenti – La semantica del potere in Michel Foucault e Niklas Luhmann, Ombre corte, Verona, 2007, p.42 33 G. Deleuze, Foucault, Saggi Feltrinelli, Milano, 1987, pp.34-35 34 E.De Cristofaro, Sovranità in frammenti – La semantica del potere in Michel Foucault e Niklas Luhmann, cit, p.42

26


di punire si esercita non più a viso aperto, come nei supplizi, ma in maniera silenziosa e maggiormente efficace producendo sia un individuo rispettoso nei confronti dei canoni imposti dalla società sia un nuovo discorso del sapere. Il sistema penitenziario è l'ultima figura dell'epoca delle discipline e il completamento di quel processo di controllo e di quadrillage che, a partire dal Cinquecento, si era già consolidato nell'esercito, nelle scuole, nelle officine e negli ospedali35. La prigione è sempre stata considerata e si è affermata come un «castigo egalitario» poiché, a differenza dell'ammenda ad esempio, fornisce la stessa modalità di punizione per tutti, indipendentemente dal reato commesso, fondandosi su un principio di privazione della libertà. Nonostante questa affermazione così decisa e dirompente del sistema carcerario esso non è certo stato immune ad una serie di critiche che lo hanno accompagnato fin dalla sua nascita proseguendo fino alle società contemporanee. Lo stesso Foucault, in una conferenza che diede all'Università di Montreal nel 1976, riconobbe come sia difficile scardinare la prigione dalla forte influenza e dal lungo predominio che l'hanno sempre caratterizzata e come le diverse strutture che hanno cercato di rimpiazzarla non siano, in realtà delle alternative, ma solo delle varianti in cui continuerebbe a ripetersi il paradigma carcerario36. Nell'apparato detentivo si possono riscontrare più variabili che fondendosi tra di loro formano un sistema efficiente e molto complesso: in primo luogo la variabile del tempo acquista un'importanza particolare poiché permette di quantificare esattamente la pena in termini temporali; in secondo luogo si inserisce la variabile della forma35 M.Foucault, La società disciplinare, a cura di Salvo Vaccaro, cit, p.80 36 M.Foucault, La società disciplinare, a cura di Salvo Vaccaro, cit, pp.103-120

27


salario che costituisce, nella società capitalistica, la sua «evidenza economica» permettendogli di apparire come una riparazione e, infine, la variabile disciplinare che si riferisce alla sua presunta capacità di trasformare e modificare l'individuo. Ciò che ha permesso un'enorme diffusione e consolidamento della prigione è, quindi, la sua pretesa di essere un supplemento correttivo attraverso l'utilizzo di un metodo che priva l'individuo della propria libertà, una sorta di «detenzione legale» che ha subito reso possibile il proliferare di nuove tecnologie punitive37. Essa, come spiega Foucault, non deve essere considerata come un'istituzione inattiva e chiusa in se stessa ma come un apparato vivo, ricco di progetti, in continua trasformazione e, soprattutto, inserito in un complesso articolato di connessioni. Inoltre, la caratteristica più importante della prigione, e ciò che la contraddistingue dalle altre strutture disciplinari, è la sua «onnidisciplinarità»: essa riunisce tutte le qualità delle altre discipline consacrandosi come l'apparato disciplinare più esaustivo e completo. La prigione costituisce, in primo luogo, una disciplina incessante: la sua azione è ininterrotta, tranne quando il suo compito è terminato; in secondo luogo, è dispotica: esercita un potere assoluto sui detenuti attraverso meccanismi di castigo e, infine, ricostruisce e ricodifica l'esistenza dell'individuo con una rieducazione totale. Questi compiti vengono assolti principalmente attraverso tre supporti: l'isolamento, il lavoro e la modulazione della pena. L'isolamento è necessario sia nei confronti del mondo esterno sia nei confronti degli altri detenuti poiché la pena deve essere, non solo individuale, ma anche individualizzante. Solo così il detenuto potrà, in piena solitudine, ripensare al crimine commesso e raggiungere la possibilità di una redenzione: più è stato colpevole più dovrà riflettere sul suo errore. La solitudine 37 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit, p.253

28


implica, quindi, un colloquio diretto tra l'individuo e il potere a cui egli è sottomesso. Anche il lavoro rappresenta un meccanismo di trasformazione carceraria: esso è un accompagnatore obbligato della pena poiché, in questo contesto, funge da strumento di trasformazione di un uomo violento, agitato e irriflessivo in un lavoratore docile che considera il salario la condizione fondamentale della propria esistenza. Il lavoro appare il rappresentante di un rapporto di potere e di uno schema di sottomissione dell'individuo. La prigione, inoltre, eccede la semplice privazione della libertà poiché tende, attraverso l'applicazione della sentenza, ad assumere come proprio il principio che fonda la penalità. Questa appropriazione è stata, fin da subito, reclamata dai professionisti carcerari per permettere un miglior funzionamento e una maggiore efficacia della prigione; la durata del castigo non deve essere, di conseguenza, un semplice tempo-misura, ma un tempo finalizzato che può subire modificazioni a seconda del caso specifico. Il sistema carcerario assume, quindi, una certa porzione del potere di sovranità punitiva: è necessario distinguere tra un livello legislativo e un livello di giudizio dando autonomia al «giudizio penitenziario». I tre fattori che determinano la prigione moderna rinviano a tre tipologie di schemi differenti: uno politico-morale, uno economico e uno tecnico-medico (normalizzazione); si verifica l'emergere di un nuovo apparato che unisce i compiti della cella, della fabbrica e dell'ospedale, denominato «penitenziario»38. Il penitenziario si identifica, quindi, per il suo «eccesso» rispetto alla detenzione ma questo non ha impedito la sua imposizione all'interno delle società, dando luogo a tutto un nuovo insieme di saperi e creando relazioni infinitesimali tra di essi. Foucault nella sua analisi sulla prigione riprende, dalla filosofia inglese 38 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit, pp. 257-271

29


settecentesca, il tema del Panopticon riconoscendo in esso il modello privilegiato del sistema detentivo. Il dispositivo del Panopticon è stato ideato intorno al 1794 da Jeremy Bentham, il quale introdusse nella filosofia politica del tempo il principio secondo il quale il potere sarebbe dovuto essere invisibile ed inverificabile. Questa figura architettonica potrebbe essere applicata, come lo stesso autore suggerisce, a qualsiasi tipo di apparato che voglia esercitare un potere ininterrotto e globale su un certo numero di individui, mantenendo una sorveglianza efficace ma non visibile. Il Panopticon è regolato da un principio ben preciso: è una costruzione costituita da una torre centrale con larghe finestre che si aprono verso delle celle poste in maniera circolare e periferica rispetto alla torre; ciascuna cella è dotata di due finestre, una volta verso l'interno e quindi verso la torre ed una volta verso l'esterno, che permette alla luce di attraversare la cella da parte a parte. Se viene posizionato un sorvegliante nella torre centrale e un detenuto (o un pazzo, un ammalato,ecc.) in ciascuna cella, per effetto della contro-luce, il sorvegliante potrà controllare ogni cosa e qualsiasi movimento, all'interno delle celle, senza essere visto. E' come se il potere sparisse, diventasse invisibile, anche se in realtà esso esiste e persiste nella sua attività costituita da molteplici sguardi silenziosi. Colui che è rinchiuso nella cella è visto ma non vede, rappresenta un oggetto di informazione ma non di comunicazione. L'effetto principale del Panopticon è quello, dunque, di indurre nel detenuto la consapevolezza di essere visto senza mai avere la certezza reale che questo accada, permettendo un funzionamento automatico e costante del potere. Questo dispositivo assume una grande importanza, riconosciuta da Foucault, poiché, grazie al suo meccanismo, migliora l'efficacia e la capacità di penetrazione del potere nel

30


comportamento degli individui e permette una maggiore conoscenza delle relazioni di potere. Il panoptismo costituisce il nuovo principio di una nuova «anatomia politica» in cui l'oggetto e il fine non sono il rapporto di sovranità ma le relazioni disciplinari39. Le prigioni moderne, quindi, si basano sul principio del Panopticon con la loro divisione spaziale e temporale, la continua sorveglianza e la completa sottomissione del detenuto alle norme che regolano la struttura carceraria. Ciò che è importante sottolineare è il fatto che, secondo Bentham, questo dispositivo non fosse pensato in relazione ad un'applicazione specifica ma che esso possa avere un utilizzo universale, possa essere impiegato in qualsiasi struttura della nuova società40. Esso, nonostante la sua enorme diffusione, ha trovato la sua realizzazione più concreta nelle istituzioni penitenziarie, in quanto costituiva il modo più diretto di rendere pratico il principio che regola le discipline; nel periodo 1830-40 il Panopticon diviene il modello architettonico di riferimento per la maggior parte delle istituzioni detentive. Nel sistema penitenziario, esso non costituisce un modello esclusivamente per la struttura che lo caratterizza, ma anche per i nuovi ambiti di sapere che è capace di causare. Attraverso una sorveglianza incessante e incisiva, si sviluppa anche un nuovo sistema di documentazione che riguarda ciascun individuo e che permette una conoscenza profonda delle sue condizioni e dei suoi eventuali miglioramenti. Vengono creati registri individuali, i quali vengono utilizzati come linee guida per l'esercizio della pratica penitenziaria e per aumentare l'utilità della pena. In questo modo, nasce una nuova figura: il delinquente. Egli diventa un individuo da 39 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit, pp. 218-227 40 M.Foucault, La società disciplinare, a cura di Salvo Vaccaro, cit, p.94

31


conoscere, da analizzare e da correggere. Il condannato costituisce, quindi, un nuovo oggetto di possibile sapere. Questa comprensione è finalizzata, in particolar modo, ad assicurare una maggiore incisività dell'azione di normalizzazione e di formazione dell'individuo: più egli è conosciuto, più si apprendono i dettagli della sua esistenza, più si capiscono le cause che lo hanno spinto a commettere un errore, tanto più la pena sarà adattata alla sua situazione e si sapranno mettere in pratica strumenti adeguati di rieducazione. Lo stesso Foucault afferma: «Dietro colui che ha commesso un'infrazione, si profila il carattere delinquenziale, di cui una investigazione biografica mostra la lenta formazione»41. La formazione della figura del delinquente è decisiva all'interno della storia del sistema penale, poiché determina il criminale prima del crimine e anche al di là di questo. Il delinquente, quindi, si distingue dall'autore di un'infrazione, in quanto non è solo autore di un atto ma è collegato ad esso attraverso una rete intricata di pulsioni e tendenze. La nuova oggettivazione pone i presupposti per la nascita di una scienza criminologica che si affiancherà ad ambiti di sapere tradizionali come la giurisprudenza, il diritto e la medicina. Una delle conseguenze principali della prigione, riconosciuta da Foucault nella maggior parte dei suoi scritti, riguarda la formazione di una «società di delinquenti». Questo non sarebbe da considerare un fallimento ma una vittoria: egli ha più volte sottolineato l'esigenza, da parte delle classi privilegiate, di gestire gli illegalismi presenti all'interno della società attraverso la formazione di un nemico che fosse comune a tutti i membri della collettività ed interno ad essa. Il delinquente assume 41 M.Foucault, Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, cit, p.276

32


questa funzione fin dal XVIII-XIX secolo, nonostante questa esigenza si sia attenuata nelle società contemporanee con un relativo ridimensionamento del ruolo della prigione. Mentre in passato era presente la necessità di terrorizzare la gente per ogni piccolo reato, oggi invece si è in grado di esercitare un potere molto più complesso e di raggiungere un punto ottimale di controllo delle illegalità minori in modo tale che esse, da una parte, non oltrepassino la soglia consentita e, dall'altra, non impediscano la nascita di effetti che sarebbero vantaggiosi dal punto di vista economico, morale e politico. La delinquenza e gli illegalismi si determinano, quindi, come un elemento integrante delle società moderne e contemporanee e un abile strumento utilizzato da chi detiene il potere per ottenere un controllo sempre maggiore su ogni singolo individuo42.

42 M.Foucualt, La società disciplinare, a cura di Salvo Vaccaro, cit., pp. 114-116

33



Capitolo II L'analitica del potere La teoria analitica e genealogica che Michel Foucault sviluppa intorno al tema del potere costituisce un'importante novità nell'ambito della filosofia politica e delle teorie giuridiche. Il discorso tradizionale riguardante la sovranità viene abbandonato in favore di una concezione strategica e reticolare delle relazioni di potere. La formula, di cui Foucault fa spesso uso, che esprime il «bisogno di tagliare la testa al re»43 è il simbolo principale e la sintesi più rappresentativa di questa esigenza di rinnovamento. Inoltre, ciò che contraddistingue il pensiero foucaultiano è una concezione aperta e indefinita del potere: esso non può essere sintetizzato in un semplice concetto o in un'idea prestabilita poiché fa riferimento ad una struttura in continua espansione e regolata da un mutamento incessante. La sua teoria può essere, quindi, denominata come analitica del potere in quanto cerca di fornire gli strumenti metodologici, una sorta di «cassetta degli attrezzi» da utilizzare per promuovere un'attenta e mirata ricerca sugli apparati di potere che fondano le società contemporanee44. L'attenzione di Foucault al potere, tema a cui egli dedicherà tutta una serie di corsi al Collège de France durante gli anni Settanta, descrive la particolare trasformazione che, in quel periodo, ha caratterizzato il suo pensiero. Si verifica il passaggio da un metodo «archeologico» del sapere a un metodo «genealogico», indirizzato verso lo 43 M.Foucault, Microfisica del potere - Interventi politici, Einaudi Editore, Torino, 1977, p.15 44 S.Catucci, Introduzione a Foucault, Editori Laterza, Roma, 2010, p.88

35


studio non tanto dei discorsi o degli enunciati nella loro specificità ma dei loro effetti, i quali si inseriscono in un reticolato di pratiche e di comportamenti concreti. Nonostante

ciò,

l'archeologia

e

la

genealogia

costituiscono

due

metodi

complementari e inseparabili, in quanto la differenza che sussiste tra di essi non riguarda gli oggetti presi in esame, ma la prospettiva attraverso la quale essi vengono analizzati. L'archeologia studia i discorsi collegandoli agli ambiti di senso e di verità, mentre la genealogia studia la collocazione storica dei discorsi e il loro essere totalmente immersi in un contesto storico e culturale specifico focalizzandosi sul loro «potere di affermazione». Il potere si presenta, pertanto, come una tematica aperta; esso deve necessariamente essere analizzato e spiegato in una prospettiva storica che, quindi, consideri il movimento contraddittorio e discontinuo che la caratterizza. Lo stesso Foucault, infatti, accetta l'idea di discontinuità del movimento storico, concezione

che

risale

a

Bachelard,

uno

degli

autori

più

significativi

dell'epistemologia francese della prima metà del Novecento, ma accolta dal nostro autore attraverso l'amicizia con Canguilhem. Tale concetto si fonda sul principio secondo il quale il processo storico progredirebbe attraverso delle «rotture epistemologiche» che costituirebbero delle interruzioni nel campo del sapere portando alla nascita di nuovi paradigmi conoscitivi. La storia viene indicata, da molti epistemologi dell'epoca, come il luogo più adatto per affrontare la domanda filosofica sulla razionalità, decostruendo il paradigma tradizionale di una ragione unitaria e sempre identica a se stessa. Foucault inoltre, al contrario degli epistemologi suoi contemporanei, cerca di liberare l'analisi storica dall'idea di progresso. Qualsiasi tipo di esperienza e in particolare quella storica, non può essere

36


considerata né come progresso né come ritardo rispetto ad un'altra esperienza poiché possiede una struttura propria specifica45. In tale prospettiva emerge la forte correlazione tra tre livelli differenti di indagine: quello del sapere, quello del potere e quello della soggettività. Ciò che contraddistingue la prospettiva foucaultiana, anche in relazione alla nozione di potere, è la flessibilità con la quale il filosofo francese affronta le differenti tematiche. Una flessibilità che permette di superare una rigida separazione cronologica e concettuale. L'attenzione nei confronti dei mutamenti della realtà e la capacità di riprendere, nel corso dei suoi studi, temi già trattati precedentemente, per approfondirli e consolidarli, mettono in rilievo la capacità di sviluppare un pensiero filosofico complesso ma allo stesso tempo lineare e compatto.

2.1 Sovranità e potere: la «riforma» del pensiero hobbesiano Foucault, come detto sopra, nella sua analitica del potere abbandona la concezione classica di potere e di sovranità superando, in particolar modo, la dottrina introdotta da Machiavelli e da Hobbes nel XVI e XVII secolo. Questo cambiamento è causato dall'allontanamento dalla prospettiva giuridico-filosofica del potere a favore di un'interpretazione politica che pone come argomento centrale il «come» del potere, i suoi effetti e le tecnologie da esso utilizzate per assoggettare gli individui. Questa ricerca, come affermato dal nostro autore in Bisogna difendere la società, viene condotta ponendo il concetto di potere fra due concetti limite: quello di diritto e quello di verità. La correlazione tra queste nozioni è tipica della filosofia giuridica poiché non è possibile una qualunque relazione di potere senza la produzione di 45 S.Catucci, Introduzione a Foucault, Editori Laterza, Roma, 2010, pp.7-8

37


discorsi di verità, in quanto esso non cessa mai né di interrogarsi sulla verità né di indirizzare gli individui verso la produzione di quest'ultima. L'individuo, infatti, non è solo immerso all'interno di relazioni di forza ben specifiche, ma è costantemente sottoposto ad un controllo serrato e sottomesso a quelle che Foucault definisce «pratiche di dominazione». Lo stesso diritto, inteso come quell'insieme di istituzioni che applicano il diritto, si fonda su un determinato principio di verità volto alla salvaguardia della sicurezza e dell'ordine sociale. Il potere stesso per poter garantire il proprio funzionamento esige la circolazione della verità tra gli individui: siamo costretti a produrla o a ricercarla, senza scusa alcuna. Si stabilisce, di conseguenza, un legame indissolubile tra le pratiche di potere, la regolamentazione prodotta dal diritto e il discorso di verità. Foucault sottolinea la correlazione tradizionale tra la produzione di un discorso sul potere e la figura del re, connessa all'esercizio di un potere sovrano. Nel pensiero classico la nozione di sovranità si definisce essenzialmente attraverso tre proprietà: in primo luogo il potere sovrano è esercitato a partire da un centro propulsivo da cui deriva la direzione data alle istanze di dominazione; in secondo luogo il potere possiede sempre uno scopo, è sempre diretto verso il raggiungimento di determinati obiettivi e, infine, la sovranità è caratterizzata da una vocazione repressiva: essa, nel corso dei secoli, ha costantemente applicato istanze di controllo, divieti e forme diverse di censura46. Foucault, basandosi sullo studio del pensiero giuridicofilosofico occidentale, critica il concetto tradizionale di sovranità in quanto esso viene concepito come una struttura fittizia per nascondere le reali pratiche di 46 E.De Cristofaro, Sovranità in frammenti – La semantica del potere in Michel Foucault e Niklas Luhmann, Ombre corte, Verona, 2007, pp. 9-10

38


dominazione e di controllo imposte dal sovrano. La stessa concezione del potere foucaultiana, secondo la quale il potere non sarebbe costituito da un'istanza centrale ma sarebbe composto da un'infinità di relazioni e «operatori di dominazione» capaci di sottomettere al proprio controllo qualsiasi interstizio della società, contraddice la definizione di sovranità proposta dalle teorie classiche. Il cosiddetto «dispositivo di sovranità» sarebbe, quindi, una modalità di mascheramento della violenza e dell'irruenza con le quali il potere si intrometterebbe nella sfera privata di ciascun individuo, ammortizzandole con il rispettivo vantaggio relativo al mantenimento della pace sociale e garantendo la sicurezza nazionale e individuale. Le teorie seicentesche e settecentesche che affrontano il problema teorico della sovranità vennero successivamente impiegate essenzialmente in due modalità distinte: da una parte come strumento per legittimare il potere del monarca riconoscendolo nella sua veste di garante della pace e della giustizia sociale e dall'altra parte, al contrario, per delegittimare e limitare questo stesso potere denunciando l'oppressione del suo operato47. Foucault, inoltre, illustra come queste stesse teorie siano state utilizzate nel corso del XIX secolo non solo per minare il potere reale alla sua base, ma anche per criticare la struttura monarchica poiché essa appariva un ostacolo per lo sviluppo della società disciplinare. Nonostante le continue critiche, la teoria della sovranità ha continuato a rappresentare un punto di riferimento e ad esercitare la sua influenza per i due secoli successivi, organizzando e ordinando i codici giuridici europei del XIX secolo. Nell'opera Bisogna difendere la società, nella quale sono state incluse le lezioni del corso tenuto al Collège de France nel 1976, Foucault espone la tesi secondo la quale 47 M.Foucault, Bisogna difendere la società, Feltrinelli Editore, Milano, 1998, p. 30

39


per sviluppare un'adeguata analisi sulle forme di potere si rende necessario abbandonare il modello hobbesiano del Leviatano, andare oltre la prospettiva strettamente giuridica e istituzionale della sovranità per analizzarlo attraverso le tecniche di dominazione48. Il modello del Leviatano viene rifiutato, in quanto esso si occupa di un potere colto soltanto nel suo centro di irradiazione e soltanto in riferimento al modo in cui esso si esercita sugli individui. L'esistenza dei sudditi e del sovrano viene accolta in maniera a-problematica poiché essi vengono considerati come meri punti di raccordo utilizzati dal potere nel suo costituirsi. La dottrina introdotta da Thomas Hobbes intorno al 1650 deve la sua importanza al fatto di avere, per la prima volta, liberato la legittimità del potere sovrano da qualsiasi tipo di fondamento trascendentale in quanto il potere del sovrano deriva dalla superiorità della sua forza rispetto a quella degli altri membri della società. La finalità intrinseca al potere monarchico risiede nella sua capacità di evitare le conflittualità interne e di mantenere ordine ed equilibrio tra gli individui. E' proprio la paura rappresentata dalla minaccia di violenze sulla propria persona o sui propri beni da parte degli altri, situazione che costituisce lo «stato di natura», a spingere gli individui verso la stipulazione di un contratto e ad affidarsi al potere di un'unica persona o di un'assemblea dimostratesi capaci di possedere maggiore forza e fermezza. Nella teoria hobbesiana colui o coloro che detengono il potere devono poterlo esercitare attraverso l'impiego di qualsiasi tipo di facoltà e attraverso l'uso di qualsiasi tipo di metodo e strumento poiché l'obiettivo da perseguire coinvolge ogni singolo membro della comunità, in quanto facente parte del contratto sociale. Lo stato rappresenta la figura unificatrice dei singoli: è regolatore della volontà individuale e, in caso di 48 M.Foucault, Bisogna difendere la società, Feltrinelli Editore, Milano, 1998, p. 37

40


infrazione, punitore del singolo trasgressore49. Lo stesso Foucault, come spiegato nel capitolo precedente, nella sua opera Sorvegliare e punire, nel momento in cui si focalizza sul tema dei supplizi nell'età moderna sottolinea il principio regolatore di tale punizione: qualsiasi tipo di crimine si configura come un'offesa alla persona del re, in quanto rappresentante del potere centrale. La nascita e la diffusione della società disciplinare rappresenta, nell'ipotesi di Foucault, il progressivo allontanamento delle società occidentali da qual principio di sovranità che le aveva sempre contraddistinte. Essa risulta essere totalmente estranea al concetto tradizionale di sovranità, in quanto quest'ultimo si riferisce ad una tipologia di potere esercitato principalmente sui beni e sulle ricchezze, mentre, al contrario, il potere reticolare delle discipline è indirizzato verso l'asservimento e l'assoggettamento dei corpi, causando effetti diretti sulla corporeità e suoi comportamenti dei singoli. Con la nascita della società borghese e capitalista si riscopre la centralità del corpo, già presente nelle società dell'antichità, per cui esso si presenta come obiettivo del potere provocando lo sviluppo di una struttura sempre più ascendente del potere stesso: si sviluppano meccanismi sempre più infinitesimali per poi essere estesi a forme di dominazione sempre più globali. E' utile notare che la teoria della sovranità fa riferimento al modello di società feudale per cui, tale dottrina, appare sufficiente a spiegare la totalità di tale corpo sociale mentre non lo sarebbe nel caso in cui venisse applicata alla società borghese. Nel XVII e XVIII secolo si verificarono importanti trasformazioni nella società europea, trasformazioni che producono una meccanica di potere differente rispetto 49 E.De Cristofaro, Sovranità in frammenti – La semantica del potere in Michel Foucault e Niklas Luhmann, cit, pp. 17-20

41


alla precedente, il potere disciplinare. Nelle parole di Foucault: «La teoria della sovranità è ciò che permette di fondare il potere assoluto nel dispendio assoluto del potere, e non di calcolare il potere con minimo di dispendio e il massimo di efficacia»50. Si può affermare, dunque, che il dispositivo disciplinare garantisce un meccanismo di funzionamento del potere diverso rispetto a quello garantito dalla teoria della sovranità. Si istituisce una nuova forma di potere in cui il potere è diffuso piuttosto che centralizzato e concentrato; è un potere che viene esercitato in senso orizzontale e non in senso verticale; è un meccanismo rivolto al singolo individuo piuttosto che al popolo nel suo insieme e, inoltre, è orientato verso la correzione e la normalizzazione, abbandonando le precedenti forme di repressione51. L'eterogeneità che risulta evidente tra la teoria della sovranità ed il modello disciplinare non impedisce, però, la loro coesistenza all'interno delle società moderne e contemporanee: essi costituiscono, come detto precedentemente, i due limiti per l'esercizio del potere all'interno dello Stato. Entrambi gli elementi appaiono, nel discorso di Foucault, necessari per il funzionamento del potere; da una parte si assiste, a partire dal XVII secolo, ad una «democratizzazione» del diritto sovrano, il quale si estende e inizia ad essere riconosciuto a tutti gli individui adulti appartenenti alla società per cui si verifica l'emergere di un apparato di diritto pubblico incentrato sul concetto tradizionale di sovranità e, dall'altra parte, si verifica la costituzione, con la società borghese, di tutto un apparato coercitivo, normalizzante e punitivo che esercita ininterrottamente il proprio controllo sulla popolazione. La teoria della sovranità, disperdendo il proprio potere ad ogni membro della comunità, si può 50 M.Foucault, Bisogna difendere la società, cit, p. 39 51 E.De Cristofaro, Sovranità in frammenti – La semantica del potere in Michel Foucault e Niklas Luhmann, cit, p. 53

42


identificare con una sovrastruttura che nasconde il reale esercizio del potere e il reticolato disciplinare in cui ognuno è inserito ma che permette il mantenimento della coesione del corpo sociale. L'apparato delle discipline non deve essere considerato come un potere «oscuro e muto che lavorerebbe in profondità» 52, come afferma Foucault in una delle sue lezioni al Collège de France, ma come un potere che, come tutte le altre modalità, favorisce lo sviluppo di una specifica tipologia di sapere. Il sapere disciplinare è estraneo al diritto, inteso nella sua accezione giuridica, appartenendo ad un ambito differente, quello della norma e della regola naturale, in quanto il suo obiettivo è quello di includere ciascun individuo in un preciso e definito terreno di normalità. In particolar modo, la medicina propone la possibilità, sia alle discipline che alla teoria della sovranità, di scontrarsi e di scambiarsi continuamente informazioni, in quanto, nel corso dei secoli, inizia a emergere sempre più intensamente l'incompatibilità tra i due ambiti: solo in un impianto di medicalizzazione e in un sapere di tipo clinico può essere ritrovato un punto di incontro-scontro tra di essi. Foucault auspica, quindi, per superare l'attuale struttura disciplinare e giuridica, il rinnovamento dell'ambito del diritto, così come esso appare attualmente, in favore di un diritto liberato dalla concezione classica di sovranità e dal peso delle discipline. A seguito di queste considerazioni può essere, certamente, riconosciuta l'attualità e l'importanza del pensiero foucaultiano nelle teorie politiche contemporanee. La sua attenzione nei confronti del tema della sovranità non può essere giustificata 52 «Il che non vuol dire che da un lato ci sia un sistema di diritto loquace ed esplicito che sarebbe quello della sovranità e, dall'altro, delle discipline oscure e mute che lavorerebbero in profondità, nell'ombra e che costituirebbero il sottosuolo silenzioso della grande meccanica del potere.» M.Foucault, Bisogna difendere la società, cit, p. 40

43


esclusivamente in un interesse verso lo studio delle società moderne ma come uno studio rivolto essenzialmente al presente: una chiara consapevolezza del nostro ruolo e della porzione di sovranità che ci è conferita risulta indispensabile per approfondire e capire i meccanismi di potere in cui siamo inseriti. Uno degli intenti del nostro autore è quello di fornire strumenti teorici utili che possano essere utilizzati, in maniera concreta, per migliorare la nostra condizione di individui detentori di diritti e per favorire lo sviluppo di una società più legittima. Lo stesso Carl Schmitt, nella sua opera Teologia politica del 1922, denuncia la necessità di approfondire lo studio del concetto di sovranità che, tra i concetti giuridici, appare come il più attuale. Foucault, nei suoi studi sul potere degli anni Settanta, si dimostra un «filosofo del presente», in quanto il presente costituisce la dimensione attuale di ciascun individuo, il nostro qui e il nostro ora, e uno dei problemi filosofici più urgenti da affrontare. In fondo, come si potrebbe costruire un futuro migliore senza un'adeguata conoscenza del nostro presente? Tale considerazione dovrebbe essere applicata anche alla teoria della sovranità e dovrebbe spingere ciascuno di noi verso una conoscenza più critica di tale nozione, sia nella sua caratterizzazione classica che contemporanea, per renderci un po' più consapevoli nei confronti del nostro potenziale e agire politico. Sovranità, quindi, come problema odierno, da esplorare per prospettare la costruzione di una società in cui ogni cittadino sia protagonista della comunità, ormai divenuta globale, alla quale appartiene. Si dovrebbero porre nuovi interrogativi che dovrebbero tentare di non limitare tale riflessione ad un ambito strettamente politico e di legittimazione della sovranità, in quanto l'esercizio del potere è divenuto sempre più complesso, abbracciando ambiti di sapere prima estranei alle teorie giuridiche, come l'ambito

44


medico o bioetico.

2.2 Le relazioni di potere La riflessione foucaultiana sul potere si sviluppa principalmente nelle opere composte durante gli anni Settanta e nei numerosi corsi al Collège de France relativamente alla sua cattedra dell'insegnamento denominato «Storia dei sistemi di pensiero». Alla sua attività accademica si integrano le varie interviste rilasciate da Foucault, in particolar modo in riferimento ai temi della prigione e della sessualità, alle quali si affianca un forte impegno politico e militante in una Francia sconvolta sia dalle vicende algerine del quindicennio precedente sia dalle contestazioni sessantottine53. Mi sembra importante ribadire che quella di Foucault può essere considerata più un'analitica del potere piuttosto che una teoria, a cui segue sia un interessante dibattito critico sviluppato da altri filosofi, come Deleuze e Habermars, rispetto all'interpretazione proposta da Foucault, sia un'analisi delle relazioni di potere non conclusiva, ma aperta ad eventuali spostamenti teorici e tematici. Una delle condizioni preliminari, affinché si possa approfondire il problema delle relazioni di potere (o di forza, come vengono a volte chiamate da Foucault), è costituita dall'abbandono, per un lavoro di tipo critico, di quegli elementi che nella tradizione filosofica venivano considerati attributi fondamentali del potere e che farebbero tuttavia riferimento ad esperienze storiche arcaiche. Le concezioni dalle quali ci si dovrebbe allontanare appartengono a tre ambiti di sapere differenti: la 53 Foucault non vive in prima persona le contestazioni francesi del 1968 in quanto trascorre gran parte del periodo «caldo» della primavera del '68 a Tunisi, dalla quale fa ritorno in patria subito dopo la fine della guerra d'Algeria.

45


prima ad un ambito storico, la seconda ad un ambito punitivo e la terza ad un ambito economico. Il potere, in primo luogo, è sempre stato rappresentato come un apparato di repressione: esso, secondo questa interpretazione, opera attraverso la limitazione del naturale sviluppo dell'individuo. In secondo luogo, il potere non è mai stato riconosciuto come una struttura produttiva, ma come un apparato che trasferisce, attraverso modalità coercitive, le ricchezze prodotte dal lavoro degli operai o dei contadini nelle mani delle classi privilegiate. In terzo luogo, infine, il potere sarebbe una sovrastruttura: una struttura giuridica costruita intorno a rapporti di produzione già prestabiliti dall'economia reale54. Sostanzialmente ci si dovrebbe liberare, secondo Foucault, dalla concezione strettamente giuridico-istituzionale del potere: esso potrebbe essere studiato meglio se venisse riconosciuto come quella rete di strategie di funzionamento che è realmente, rompendo appunto con le rappresentazioni tradizionali. Foucault scrive: «Una simile analisi del potere potrebbe essere un inizio di teoria, che non riguarda l'essenza del potere ma il potere, se con questo termine intendiamo non una sostanza, un fluido, una realtà che deriverebbe da questo o quel principio, bensì un insieme di meccanismi e procedure il cui ruolo o funzione e tema sarebbe proprio di garantire il potere, anche quando falliscono.»55. Foucault, infatti, considera inconcepibile il fatto che le varie teorie rivoluzionarie non abbiano mai agito con la finalità di sovvertire le interpretazioni giuridiche del potere e, da cui si può desumere la difficoltà, in Occidente, di distaccarsi dal modello di relazioni di potere connesse storicamente al modello della monarchia amministrativa. E' proprio attraverso il modello monarchico che il potere, 54 S.Catucci, Introduzione a Foucault, cit, p. 89 55 M.Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione - Corso al Collège de France (1977-1978), Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pp. 13-14

46


fin dall'epoca medievale, ha costruito la propria immagine e ha fatto in modo che venisse accettato, continuando a fondare e a giustificare la propria presenza in termini di diritto. Nonostante tutto, però, questa dimensione giuridico-politica non appare adeguata per rappresentare il modo in cui il potere si esercita e viene esercitato, ma essa rappresenta il codice con cui lo si presenta e con cui si ordina che lo si pensi. Foucault riconosce56 che, ormai da diversi secoli, si è verificata un'incredibile trasformazione nelle società occidentali, nelle quali questo tipo di interpretazione giuridica del potere sembra sempre più inadeguato, per cui appare necessario elaborare un'immagine del potere che non sia fondata né sull'economia né sul diritto, in favore di un'immagine del potere che rispecchi la reale complessità e struttura operativa che ne determina il corretto funzionamento. L'apparato del potere, infatti, ha subito, nel corso dei secoli, importanti mutamenti accompagnati dalla comparsa di nuove «tecnologie», le discipline, che permettono la diffusione del controllo in ogni aspetto della vita quotidiana dell'individuo. Foucault, nella costruzione della propria analitica del potere, considera errata la concezione secondo la quale il potere sarebbe un qualcosa che si possiede, un qualcosa che una parte della società possiede per poi essere utilizzato con il fine di sottomettere coloro che non lo posseggono. Tale descrizione appare inadatta, in quanto il potere non costituisce un oggetto, ma si identifica con un sistema di connessioni e di distribuzioni che viene esercitato su tutta la superficie del corpo sociale. La classe dominante non è detentrice di un potere specifico, in quanto non ci si deve riferisce ad esso in termini di proprietà, ma considerarlo la manifestazione di 56 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, Saggi Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2009, pp.79-80

47


precise strategie di dominio. Esso agisce attraverso istituzioni sociali molto significative, come la famiglia e l'apparato scolastico, in quanto ciò permette a chi lo esercita di infiltrarsi e di circolare più agevolmente tra i singoli individui. Il sistema di potere si caratterizza attraverso un insieme di dispositivi di strategie diverse che rappresentano la conseguenza di specifiche tattiche, manovre e disposizioni. Tali dispositivi impediscono, inoltre, al potere di essere omogeneo; esso può essere definito in base alle singolarità attraverso le quali passa e non attraverso una localizzazione specifica nell'apparato sociale. E' proprio tale diffusione capillare che non permette di considerarlo né come una struttura univoca, né omogenea né analoga, ma come un sistema strategico e discontinuo57. Il potere deve essere colto a partire dalle estremità, dalle terminazioni e dal momento in cui diventa capillare: l'obiettivo, secondo Foucault, è quello di coglierlo nelle sue forme più regionali e locali per desumere le differenti istanze che lo compongono. Esso, quindi, non può essere inserito in uno schema statico che contrappone una parte attiva e una passiva, poiché non esiste una contrapposizione tra coloro che «hanno» il potere e quelli che «non ce l'hanno». Per Foucault è necessario considerare il potere come un rapporto e non come un attributo, in quanto costituisce un insieme di rapporti di forza. Il potere va costantemente alimentato, è fortemente soggetto alle trasformazioni, necessita di continue azioni di perfezionamento che tengano sempre presente lo sfondo sociale a cui esso si applica. Nella filosofia di Foucault si percepisce, inoltre, una forte differenziazione tra le strategie e le sottili operazioni che costituiscono le relazioni di forza e tra l'apparato politico e dello Stato. Mentre nelle dottrine politiche classiche, il potere tendeva ad 57 G.Deleuze, Foucault, Saggi Feltrinelli, Milano, 1987, pp. 34-36

48


essere identificato con lo Stato e con gli apparati ad esso connessi, nel pensiero foucaultiano

questa

concezione

viene

abbandonata

per

prediligere

una

interpretazione più ampia delle relazioni di potere. Anche lo Stato, inoltre, risulta un effetto d'insieme e il prodotto di tutta una serie di scontri, conflitti e ingranaggi che Foucault definisce «microfisica del potere». Lo Stato continua, certo, a rappresentare un esempio di applicazione ed esercizio del potere ma esso si riduce ad una «struttura d'appoggio», in quanto il potere va al di là di esso e l'istituzione statale non sembra sufficientemente capace di rivoluzionare la struttura di potere vigente nella società. Foucault introduce, come sottolinea Deleuze nella sua opera 58, una nuova e moderna topologia del potere, la quale supera la concezione in cui lo Stato rappresenterebbe la fonte e il centro propulsore del potere sostituendola con una teoria in cui appare ben evidente sia la distinzione tra i sistemi di potere e lo Stato sia quella tra i sistemi di potere e le strutture politiche. Un ulteriore punto di approfondimento dell'analisi di Foucault sul potere è la relazione tra le strategie di potere e l'economia, in particolar modo in riferimento ai rapporti di produzione. Nella concezione tradizionale, infatti, il potere statuale veniva considerato come estraneo ed esterno rispetto all'ambito economico, subordinato ad un determinato modo di produzione o ad una precisa struttura economica. Secondo la dottrina tradizionale era, dunque, l'economia ad influenzare il funzionamento dello Stato e dei suoi apparati piuttosto che il potere a dominare il mercato e l'economia. Foucault si discosta, anche in questo caso, dalle teorie precedenti: il potere e le interconnessioni che lo compongono non sono né esterne né tantomeno subordinate alla struttura economica, in quanto sono uno degli elementi costitutivi del modo di produzione e cuore pulsante dell'apparato produttivo. 58 G.Deleuze, Foucault, Saggi Feltrinelli, Milano, 1987, pp.

49


Un esempio che mi sembra significativo è rappresentato dalla società capitalistica: a un apparato di produzione che tenta di trasformare il tempo degli individui in forzalavoro equivale, infatti, una specifica struttura di potere che prende la forma della cattura (dei poveri, dei mendicanti o dei disoccupati) con la finalità di accumulare sempre maggiore capitale economico. La cattura risulta essere, dunque, l'equivalente, in termini di potere, dell'economia del capitale59. Il potere, inoltre, non si muoverebbe tra la concezione di ideologia e quella di repressione. Entrambe appaiono, agli occhi di Foucault, insufficienti e inadatte a descrivere le relazioni di forza: da una parte, il concetto di ideologia sarebbe inutilizzabile senza precauzioni poiché si pone sempre in contrapposizione a qualcosa che rappresenta la verità, è un concetto che fa riferimento a qualcosa come ad un soggetto. Essa, inoltre, si trova sempre in una posizione di subordinazione rispetto ad un altro elemento che ne rappresenterebbe la struttura o sovrastruttura. Dall'altra parte, invece, la nozione di repressione non appare sufficiente a racchiudere la complessità dell'apparato di potere. Se il potere funzionasse solo attraverso divieti e interdizioni, come potrebbe farsi accettare da tutti senza problemi?60 Il potere, infatti, è stato accettato e continua ancora, nell'epoca contemporanea, ad essere accettato grazie al fatto di reggersi, non solo su «una potenza che dice no» ma anche su di un apparato produttivo: il potere produce e lo fa continuamente, produce sapere, discorsi e cose. Con la produzione attraversa i corpi costruendo una rete produttiva che si diffonde in tutto il corpo sociale. E' solo a 59 M.Foucault, La società disciplinare, a cura di Salvo Vaccaro, Mimesis Edizioni, Milano, 2010, p. 53 60 Foucault ripete più volte e in più occasioni, in La volontà di sapere o in Microfisica del potere ad esempio,che il potere non solo non impedisce la produzione di sapere ma anzi la sorregge e la rafforza. La relazione potere-sapere è essenziale, in quanto l'applicazione di una forma di potere porta alla produzione di sapere e, viceversa, la produzione di sapere equivale all'applicazione di un potere specifico.

50


partire dal potere che si esercita sul corpo che è possibile un sapere organico. E' attraverso il costante investimento che il potere ha perpetrato sul corpo che ognuno di noi ha acquisito una certa padronanza e una certa coscienza della propria fisicità e della propria salute, soprattutto attraverso il complesso di esercizi, di norme e di tattiche sviluppatesi con la società disciplinare. Foucault nota come il corpo non diviene solo uno strumento attraverso il quale il potere viene esercitato ma diviene un vero e proprio luogo di esposizione del potere stesso. L'integrità e la salute del corpo inizia ad essere rivendicata contro il potere, contro l'economia e contro le norme morali della sessualità61. Dall'analisi del pensiero foucaultiano si rileva la sua insistenza sulla dimensione «fisica» delle pratiche di potere. Se, quindi, il potere deve il suo funzionamento alla sua incisività sul corpo, allora anche la stessa critica del potere è costretta a passare attraverso i corpi. La figura che rappresenta questa attività critica è quella dell'intellettuale: l'impegno critico e «fisico» non si limita alla lotta per, ma alla lotta con le persone e contro quei rapporti di potere di cui i singoli sono il bersaglio. La critica risulta, quindi, efficace solo se si mette in gioco l'esistenza stessa degli individui.

2.3 Il potere e la vita: la biopolitica Uno dei tratti caratterizzanti l'analitica foucaultiana del potere è la sua attenzione nei confronti della dimensione della vita degli individui che prende il nome di biopolitica. La nascita di tale fenomeno viene indicata da Foucault intorno alla fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, nel momento in cui si verificano importanti 61 M.Foucault, Microfisica del potere - Interventi politici, pp. 138-139

51


mutamenti delle relazioni di potere. Il bio-potere si viene ad identificare con un apparato e una tecnologia non disciplinare che ai meccanismi di sorveglianza e alle tecniche di addestramento individuale associa un nuovo principio di regolazione dei fenomeni di massa62. Esso è definito «non disciplinare» non perché esclude l'utilizzo delle discipline, ma in quanto queste ultime vengono rielaborate per essere applicate ad una nuova finalità: agire sui processi specifici della vita dell'individuo, come la nascita, la morte o la malattia. Questa nuova tecnica di potere, infatti, non investe più l'uomo, inteso come uomo-corpo, ma lo investe in quanto uomo-specie ed essere vivente. La presa in carico della vita del singolo da parte dello Stato produce un preciso processo che condurrà, nelle società contemporanee, ad una sempre maggiore statalizzazione del biologico. Questa attenzione nei confronti della vita non è, di certo, da considerarsi un'innovazione, in quanto la troviamo presente già nelle monarchie medievali, seppur in maniera differente. Nell'età medievale e moderna il monarca era investito dal cosiddetto «diritto di vita e di morte» dei propri sudditi e questo potere corrispondeva alla possibilità da parte del sovrano di far morire o di lasciar vivere un individuo. Bisogna evidenziare, lo stesso Foucault ci avverte, il fatto che, quindi, la vita e la morte non debbano essere considerati solamente come dei fenomeni naturali, ma anche come degli elementi significativi nell'ambito del potere politico. In questa prospettiva il diritto di vivere o di morire del soggetto è fortemente connesso alla volontà sovrana poiché l'effetto del potere si avverte nel momento in cui il sovrano può uccidere. Si è creata, nel corso dei secoli, una pericolosa dissimmetria tra la possibilità di vivere da parte

62 S.Catucci, Introduzione a Foucault, cit, p.117

52


dell'individuo e la possibilità di farlo uccidere da parte di chi detiene il potere 63. Inoltre, tale diritto poteva essere esercitato anche in forma indiretta attraverso l'esposizione della vita dell'individuo al pericolo di morte che si presentava in caso di guerra, occasione per la quale ognuno veniva sollecitato dal sovrano a prendere parte alla difesa dello Stato. Foucault riconduce, quindi, questa forma di diritto ad una precisa struttura delle relazioni di potere. Essa veniva esercitata in una società in cui il potere si identificava, nella maggior parte dei casi, con un'istanza di prelievo e di appropriazione: dei beni, delle ricchezze, del lavoro e anche della vita. Come detto precedentemente, questa impostazione delle società occidentali subisce importanti modificazioni nel corso dei secoli. Il prelievo tende a scomparire nel suo ruolo di struttura di potere predominante per arrivare a costituire soltanto una fra le tante tecniche di assoggettamento, di sorveglianza e di normalizzazione imposte a ciascun componente della società. Si istituisce un potere destinato a produrre sempre più forza-lavoro, ad accrescere e ad ordinare le forze degli individui per cui appare necessario un controllo sempre più minuzioso sia dei comportamenti sia dell'aspetto specificatamente biologico della vita dei singoli64. Il precedente diritto di «far morire e di lasciar vivere» viene convertito con un nuovo diritto che non elimina il primo, ma lo completa, lo attraversa e lo modifica. Si introduce il potere di «far vivere e di lasciar morire» che acquisterà sempre più importanza, contribuendo a garantire il funzionamento delle società odierne. Il passaggio dalla prima forma di diritto alla seconda non si è verificato in maniera automatica, ma attraverso tutta una serie di lente modificazioni politiche che hanno trovato riscontro anche nelle teorie del diritto 63 M.Foucault, Bisogna difendere la società, cit, p. 207 64 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, p. 120

53


del XVII e XVIII secolo. Il problema della vita, nel campo del pensiero politico, inizia ad essere messo in discussione dai filosofi e dai giuristi; essi si domandano: se il motivo primario che spinge l'individuo a stipulare un contratto sociale con altri individui è la propria sopravvivenza, come mai il sovrano può comunque esercitare su di essi un diritto di vita e di morte? Si pone, quindi, una nuova problematica giuridica e filosofica che verrà sviluppata ulteriormente nei secoli a venire. La biopolitica, intesa come nuova struttura di potere che si è delineata nel corso degli ultimi tre secoli, ha introdotto una nuova nozione che risultava sconosciuta alle teorie politiche precedenti. Si tratta della nozione di popolazione. La teoria del diritto, infatti, si muoveva principalmente tra il concetto di individuo e quello di società: da una parte si faceva riferimento ad un individuo contraente e, dall'altra, ad un corpo sociale costituito attraverso il contratto volontario dei singoli. Allo stesso modo, la società disciplinare si riferiva all'individuo nella sua singolarità, in quanto l'applicazione delle discipline aveva a che fare solo con l'individuo e con il suo corpo. Invece, questa nuova forma di potere-sapere non prende come punto di riferimento né il corpo sociale come definito dai giuristi settecenteschi né la corporeità dell'individuo. Essa ha a che fare con la popolazione: un corpo molteplice, un corpo che possiede una quantità, che è comunque costituita da una pluralità di teste65. La popolazione viene assunta sia come un problema scientifico e biologico sia come problema politico e, quindi, connesso alla tematica del potere. Il potere di «far vivere e lasciar morire» si presenta come un potere che viene esercitato positivamente sulla vita; esso fa ricorso a determinate tecnologie che 65 M.Foucault, Bisogna difendere la società, cit, pp. 211-212

54


gestiscono, moltiplicano e potenziano la vita di ogni singolo individuo. Tale impostazione è finalizzata, infatti, come le discipline, ad intensificare le forze dei singoli ma utilizzando tecniche differenti. Non si tratta di disciplinare ogni singolo individuo e normalizzarlo secondo determinati canoni prefissati, ma di agire attraverso metodi globali che permettano il mantenimento di equilibrio e regolarità della popolazione. Esso viene definito da Foucault, appunto, un «potere di regolazione», il quale corrisponde ad un potere continuo e scientifico di «far vivere». Questo tentativo di sfuggire alla morte dipende dal fatto che il potere stabilisce la sua presa sulla vita e sulla sua durata, per cui la morte viene considerata, non solo come punto di arresto dell'esistenza dell'individuo, ma anche come quel punto in cui il potere perde la propria legittimità. Dal momento in cui il potere si preoccupa di intervenire per potenziare la vita e per diminuirne i rischi, la morte viene, di conseguenza, situata in una posizione di esteriorità rispetto al potere. Il momento della morte diviene il punto più segreto e privato dell'esistenza, esente da qualsiasi pratica di potere. Se nelle teorie della sovranità la morte rappresentava il punto massimo di applicazione del potere del monarca, invece nell'era della biopolitica essa costituisce una dimensione di fuga, per cui il potere è costretto ad abbandonarla. Il biopotere, focalizzando la propria attenzione sullo studio della popolazione, si occupa di conoscere e di studiare tutta quella serie di fenomeni che caratterizzano una società nella sua totalità. Si definiscono nuovi campi di sapere in cui si definirà il corrispondente meccanismo di intervento del potere. Il tasso di natalità e di mortalità, il tasso di riproduzione o il tasso di fecondità, divengono oggetto di conoscenza per la biopolitica e oggetto dei primi studi statistici. Tutto ciò ha permesso di sviluppare

55


una più approfondita analisi dei processi sociali, connessi a processi economici e politici, che ha reso possibile una prima manifestazione di una pratica politica attenta all'incremento demografico nella comunità sociale. Problemi come quello della nascita, della morte o della malattia divengono, inoltre, oggetto di un sapere squisitamente scientifico e medico: proprio a partire dal XVIII secolo appare un nuovo ambito del conoscere, quello dell'igiene pubblica. I governi europei dell'epoca istituiscono nuovi organismi con la finalità di coordinare le cure mediche, di diffondere nuove informazioni sulle malattie o sui possibili rischi per la salute e di medicalizzare il più possibile ogni singolo componente della popolazione. La malattia, in particolare, si rivela una parte integrante della società, un fenomeno che può attaccarla in qualsiasi momento e indebolirla. Un altro ambito su cui la biopolitica si concentra è quello relativo ai fenomeni degli infortuni, delle inabilità, delle infermità e della vecchiaia che possono causare l'esclusione e l'emarginazione di alcune categorie di individui dal corpo sociale. E' da questo momento che vengono poste le basi per la futura nascita del modello di Stato assistenziale, in cui agisce un apparato di sottili meccanismi di assistenza sociale, economica e giuridica. Il biopotere, infatti, viene considerato come uno degli elementi indispensabili per lo sviluppo del capitalismo, in quanto quest'ultimo ha potuto consolidarsi solo grazie ad un inserimento controllato dei corpi nell'apparato di produzione e grazie all'adattamento dei fenomeni di popolazione ai processi economici. Inoltre, anche il rapporto tra l'essere umano e l'ambiente geografico in cui esso vive, divengono un importante ambito di sapere: si introduce il problema delle città, delle paludi e del clima. Migliorare la salute dell'ambiente diviene un obiettivo da perseguire per

56


migliorare la salute della specie umana stessa66. Il potere bio-politico riprende, secondo Foucault, uno degli aspetti più significativi della conflittualità sociale: il tema della razza. Ciò che ha permesso, nelle società contemporanee, di considerare il razzismo un meccanismo di potere è proprio la nascita e l'intensificazione del potere sulla vita. Da questa analisi, si può dedurre che ciascuna delle società moderne ha agito attraverso pratiche riconducibili al razzismo. Esso rappresenta la condizione fondamentale per la quale viene legittimato il diritto di uccidere da parte di chi detiene il potere. Il razzismo si identifica, in primo luogo, con una pratica che introduce una netta separazione tra ciò che deve vivere e ciò che deve morire, spezzando il continuum biologico della specie umana. Si stabilisce una cesura, di carattere biologico, che permette al potere di frammentare l'ambito della vita umana, di cui si è fatto carico. La società viene considerata come suddivisa in determinati gruppi e categorie biologiche, una superiore e dominante e una o più inferiori, assicurando una certa stabilità al potere e uno squilibrio tra i vari gruppi che costituiscono la popolazione. In secondo luogo, il razzismo si basa su di un principio già presente nel conflitto di tipo guerriero :«per vivere occorre che tu massacri i tuoi nemici» 67. Esso viene reinterpretato in chiave biologica per cui si sostiene che la morte dell'altro, del nemico e della razza inferiore, coincide con il miglioramento della vita della mia razza, che diventerà più sana e pura. In questo caso, l'altro non rappresenta soltanto un nemico, ma un vero e proprio pericolo per la popolazione. La morte, nel sistema del bio-potere, si giustifica con l'esigenza di eliminare un possibile pericolo biologico 66 M.Foucault, Bisogna difendere la società, cit, pp. 209-211 67 Ibid, p. 221

57


e, di conseguenza, con il rafforzamento della mia razza. Foucault precisa come, nella sua analisi, il termine «morte» non implica soltanto l'eliminazione fisica dell'altro, ma anche la sua esposizione ad un probabile rischio di morte, all'esclusione, alla morte politica e all'isolamento68. Questa interpretazione spiega, infatti, anche la forte correlazione che si viene a creare nelle società europee del XIX secolo tra le teorie biologiche e il discorso-sapere del potere. Questa accezione biologica del razzismo si differenzia in modo significativo sia rispetto alla sua accezione classica, di disprezzo o di odio nei confronti di altre razze considerate inferiori e/o pericolose, sia rispetto alla sua accezione ideologica, per cui lo stato si assume il potere di difendere il corpo sociale da un avversario mitico che potrebbe perturbarlo. Il razzismo moderno è legato al funzionamento del bio-potere e al funzionamento di uno Stato che, per purificare la sua razza, è costretto a servirsi delle pratiche razziste per legittimare il proprio potere sovrano di uccidere. E' proprio per tale ragione che Foucault riconosce come le società più omicide siano anche quelle più razziste, riferendosi in particolare alla società nazista e alla società socialista sovietica. La società nazista, in particolare, viene vista da Foucault come quel modello di società in cui il potere disciplinare e il bio-potere hanno sperimentato la loro massima espansione e realizzazione. Foucault si interessa particolarmente alla comprensione dei meccanismi sottesi al regime nazista, in quanto, durante la sua infanzia, ne ha avuto un'esperienza indiretta. Lui stesso afferma: «Penso che a costituire la sostanza della nostra memoria, ben più che le scene della vita familiare, sono invece gli avvenimenti relativi al mondo. E se parlo della «nostra memoria» è 68 «Sia ben chiaro che quando parlo di messa a morte non intendo semplicemente l'uccisione diretta, ma anche tutto ciò che può essere morte indiretta: il fatto di esporre alla morte o di moltiplicare per certuni il rischio di morte, o più semplicemente la morte politica, l'espulsione, il rigetto». Ibid, p.222

58


perché sono quasi sicuro che la maggior parte dei giovani francesi di quell'epoca ha vissuto la stessa esperienza. Sulla nostra vita privata gravava una vera minaccia. E' forse questa la ragione per cui sono così affascinato dalla storia e dal rapporto tra l'esperienza personale e gli avvenimenti entro i quali ci inscriviamo»69.

69 M.Foucault, Bisogna difendere la società, cit, p. 253

59



Capitolo III La volontà di sapere e il dispositivo di sessualità La Volontà di sapere è un'opera pubblicata da Foucault nel 1976 che affronta e sviluppa la tematica della sessualità nella società occidentale. Essa si presenta come il primo volume di una serie di opere riguardanti una Storia della sessualità, ciò viene infatti sottolineato dall'autore nel sottotitolo dell'opera, che proseguirà con la pubblicazione del 1984 de L'uso dei piaceri e de La cura di sé. Questo progetto è caratterizzato, fin dal principio, da profondi spostamenti teorici che porteranno Foucault ad apportare continue modifiche ai suoi scritti. Foucault tende, nelle opere successive a La volontà di sapere, ad abbandonare la prospettiva anonima di analisi del potere, tentando di focalizzare la propria attenzione sul problema della soggettività e della costituzione del sé. Tale opera continua comunque ad essere considerata da Foucault un importante punto di riferimento teorico, in quanto essa rappresenta un quadro introduttivo e generale sulla tematica sessuale e soggettiva. Egli, inoltre, considera indispensabile, per affrontare temi di carattere etico, un lavoro sulle strategie e le strutture del potere70. In questa prima opera sulla sessualità si può notare come Foucault riprenda tutta una serie di argomenti già presenti in Sorvegliare e punire. Il tema della disciplina viene approfondito e ampliato in relazione alla dimensione sessuale, insieme al tema del potere come rete che sovrasta ed include il singolo individuo tra i suoi meccanismi. 70 S.Catucci, Introduzione a Foucault, Editori Laterza, Roma, 2010, p.112

61


La relazione sapere-potere costituisce un elemento centrale di questo studio, come affermato da Foucault nella Prefazione dell'opera: « Non ho voluto fare una storia dei comportamenti sessuali nelle società occidentali, ma trattare un problema molto più austero e circoscritto: in che modo questi comportamenti sono diventati oggetti di sapere?»71. Si presenta, quindi, come uno studio sulla genesi di un campo di sapere, la sessualità appunto, affinché possano essere individuate sia le sue radici sia gli effetti di coercizione che esso ha potuto mettere in atto sugli individui. Foucault sottolinea come il concetto di sessualità possa essere considerato come un esempio tra i tanti che si sarebbero potuti utilizzare per capire in che modo, nelle società occidentali, la produzione di discorsi di verità sia legata al funzionamento dei meccanismi di potere. E', dunque, un'analisi aperta, proprio come quella del potere, da tenere presente sia come un ulteriore passo in avanti rispetto agli studi precedenti, sia come un punto di partenza per approfondimenti futuri.

3.1 La relazione potere-sessualità Foucault, nelle sue opere degli anni Settanta, si propone di analizzare anche il rapporto tra i meccanismi del potere e la sessualità. Egli sottolinea come, nell'interpretazione tradizionale, tale rapporto sia quasi sempre stato considerato in termini di repressione. Il potere sarebbe stato identificato con un'istanza di proibizione e di divieto nei confronti di tutte quelle attività legate alla sfera del corpo e del sesso. Il XVII secolo verrebbe considerato come il punto di partenza di questa «epoca di repressione», in opposizione alle centinaia di anni precedenti in cui 71 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, Saggi Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2009, p.7

62


avrebbe regnato la piena libertà di espressione. Perciò, questa interpretazione individua nella società borghese e nell'avvento dei metodi di produzione capitalistici le cause che hanno spinto la società a reprimere rigidamente i comportamenti sessuali. Foucault si chiede: la società borghese è realmente da considerarsi come l'emblema di questa repressione? E, soprattutto, si possono trovare riscontri storici dell' «ipotesi repressiva»? Tale idea di proibizione non può essere, infatti, considerata solo un aspetto teorico, ma è connessa a tutto un apparato di pratiche concrete e individuabili all'interno del corpo sociale. Essa è talmente tanto radicata nelle società moderne e contemporanee da far apparire le teorie che la contraddicono come dei paradossi; sembra quasi impossibile concepire il rapporto tra il sesso e il potere al di fuori di una relazione di repressione-divieto. Non significherebbe soltanto andare contro una tesi ben accettata, ma andare contro tutta una serie di «interessi» discorsivi ben definiti72. L'intenzione di Foucault, in La volontà di sapere, è quella di interrogarsi sui discorsi della sessualità e delle motivazioni che hanno spinto la società occidentali a produrre discorsi sull'ambito sessuale. Perché ci sentiamo repressi? Perché affermiamo che il sesso è oggetto di divieti? Perché mostriamo costantemente di nasconderlo, quando invece lo affermiamo nella sua nudità e dei suoi effetti più immediati? Perché ci sentiamo colpevoli di un peccato originario che avrebbe macchiato per sempre la specie umana? L'analisi foucaultiana tenta di rispondere a questi interrogativi attraverso un profondo studio storico e genealogico delle società a partire dal XVII secolo. Si tratta di determinare il funzionamento e le cause del regime di potere-sapere-piacere sul quale si fonda il nostro discorso sulla 72 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, Saggi Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2009, p.14

63


sessualità umana. Egli ha voluto capire quale legame ha legato insieme, nelle nostre società, il sesso e la ricerca della verità 73. Il fulcro centrale dello studio di Foucault è il tentativo di capire attraverso quali discorsi, quali forme di sapere e quali canali il potere riesce ad insinuarsi nei comportamenti più intimi degli individui e controllare le forme individuali di piacere e desiderio. Contro l'ipotesi repressiva Foucault afferma che, se si prendono in esame gli ultimi tre secoli di storia occidentale, non si è assistito ad una limitazione del discorso sul sesso, ma ad una sua proliferazione e diffusione. Si diffondono nuove regole di decenza che tentano di filtrare le parole e gli enunciati, ma questo non corrisponde necessariamente ad un divieto dei discorsi sulla sessualità. In questo modo si definisce esplicitamente in quali occasioni e in quali contesti è possibile parlare del sesso, secondo quali modalità e limiti, determinando regioni, come quella tra genitori e figli, influenzate da una certa discrezione sull'argomento. Il sesso diviene un problema pubblico: diviene oggetto di studio di medici, pedagoghi e psichiatri, i quali contribuiscono alla nascita di un nuovo ambito scientifico, quello della sessualità appunto. Ciò si è verificato in quanto, in Occidente, si è diffusa una pratica secondo la quale, per capire chi si è veramente, è necessario conoscere ed esplorare il proprio sesso. Esso rappresenterebbe la nostra «verità» di soggetto umano 74. E' importante sottolineare come i discorsi sul sesso non si siano diffusi al di fuori delle strutture di potere, ma proprio in quei settori in cui esso veniva esercitato fondendosi con le sue strategie di esecuzione. La sessualità viene obbligata, anche da chi esercita 73 M.Foucault, La società disciplinare, a cura di Salvo Vaccaro, Mimesis Edizioni, Milano, 2010, p.125 74 M.Foucault, La società disciplinare, a cura di Salvo Vaccaro, Mimesis Edizioni, Milano, 2010, p.125

64


il potere, ad esibirsi in una forma discorsiva, ad istituzionalizzarsi e ad organizzarsi secondo precisi dispositivi. Foucault mostra come non si possa parlare di un solo discorso sul sesso, ma di una molteplicità di discorsi prodotti da una varietà di istituzioni differenti a seconda delle varie epoche75. Nell'epoca medievale, ad esempio, si sviluppò un discorso decisamente unitario intorno al problema della carne e delle annesse pratiche di penitenza, mentre le società contemporanee tendono a costituire un discorso più scomposto. Il sesso non è più oggetto di un'unica materia, ma interessa una molteplicità di ambiti di studio: dalla biologia alla demografia, alla psicologia e alla morale. Nelle parole di Foucault: «Quel che è caratteristico delle società moderne non è che abbiano condannato il sesso a restare nell'ombra, ma che siano condannate a parlarne sempre, facendolo passare per il segreto.76» Foucault afferma che la nostra epoca può essere considerata un'iniziatrice di eterogeneità sessuali. Fino al XVIII secolo, infatti, i codici che regolavano le pratiche sessuali erano essenzialmente rivolti alle relazioni matrimoniali e, di conseguenza, la vita sessuale dei coniugi era totalmente codificata da regole e raccomandazioni. Le infrazioni riguardanti l'ambito del matrimonio e le pratiche sessuali considerate «contronatura» si riferivano ad un ambito di proibizioni di natura giuridica. Successivamente, attraverso lenti cambiamenti, le leggi matrimoniali e le regole della sessualità iniziano ad iscriversi in ambiti diversi. Per quanto riguarda la sessualità, si viene a formare un mondo di perversione sessuale diverso dai comportamenti, considerati «libertini» rispetto alle relazioni di parentela, dei secoli precedenti. Il 75 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, p. 34 76 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, p. 36

65


nuovo popolo di pervertiti, come denominato dal nostro autore, abita le case di correzione, i tribunali, i manicomi e le colonie penitenziarie: «E' l'innumerevole famiglia dei perversi, che sono vicini ai delinquenti e si apparentano ai pazzi»77. Foucault, a partire da queste considerazioni, si interroga sulla causa di questa apparizione e di un tale interesse verso le sessualità periferiche. Questo è sintomo di una norma che diventa meno rigida o, al contrario, è sintomo di un regime più severo e di un controllo più rigoroso? Sicuramente il problema riguarda più la forma di potere che viene esercitata, piuttosto che l'indulgenza o le tecniche di repressione applicate. Bisognerà partire, ancora una volta, dall'analisi delle relazioni di potere per capire la comparsa di queste nuove figure della sessualità. L'analisi del rapporto tra il potere ed il sesso conduce Foucault verso un ulteriore approfondimento nella comprensione dei meccanismi di funzionamento del potere. In primo luogo, egli nota come, a partire dal XVIII secolo, si sia verificato un avanzamento delle connessioni e una moltiplicazione degli effetti del potere, il quale si ramifica sempre di più raggiungendo ogni singola dimensione della realtà. In particolare, per quanto riguarda la sessualità del bambino, si delineano linee di penetrazione che cercano di mobilitare l'attenzione degli adulti verso il sesso dei bambini per capirne le origini, gli effetti e imporre regole di normalizzazione e correzione. E' importante sottolineare questo fenomeno poiché, da una parte, si verifica una diffusione del potere stesso e, dall'altra, si verifica una diffusione anche dell'oggetto sul quale esso si esercita. Non una tattica di divieto, quindi, ma di 77 Foucault offre questa interessante definizione dei cosiddetti «perversi», sottolineando la nascita di un nuovo sottogruppo sociale che, insieme ai delinquenti e ai malati mentali, costituisce quell'ambito di anormalità delle società borghesi. - M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, p. 40

66


proliferazione della sessualità infantile. In secondo luogo, si assiste ad un nuovo interesse nei confronti delle sessualità periferiche che comporta sia un'incorporazione delle perversioni nella realtà sociale sia una nuova specificazione degli individui. L'omosessuale, nel XIX secolo, non è semplicemente l'esempio di un soggetto giuridico che compie un atto illecito, come veniva considerato nei decenni precedenti, ma diviene un vero e proprio personaggio. Diviene oggetto di conoscenza medica e psichiatrica, è necessario conoscerne la sua vita e la sua infanzia poiché tutto ciò che appartiene al suo essere è collegato alla sfera della sua sessualità. Anche in questo caso, quindi, il potere non cerca di sopprimere questa nuova categoria ma, anzi, la fa insinuare nei corpi e nei comportamenti costituendo un nuovo principio di classificazione e di specificazione degli individui. In terzo luogo, Foucault sottolinea come tali strategie di esecuzione del potere si inseriscano in un meccanismo che connette continuamente il potere con il piacere. Ciò è dato dal fatto che per funzionare tale potere richiede un approccio fisico ed una prossimità ai corpi che coinvolge tutte le dimensione del soggetto, inclusa quella sessuale. Il potere funziona attraverso organismi capaci di sorvegliare e di estrarre le stranezze degli individui e il piacere viene fissato e catturato da queste stesse strategie di potere. Il piacere, di conseguenza, cerca di sottrarsi e di sfuggire ad un controllo costante e incessante ma, allo stesso tempo, lo invade diventando una modalità di rappresentazione del potere. Il piacere ed il potere non si annullano l'uno con l'altro ma si inseguono e si connettono secondo meccanismi molto complessi: si instaurano sempre più centri di potere e una sempre maggiore attenzione si manifesta verso i piaceri. Infine, anche l'istituzione della famiglia, nel XIX secolo, si identifica con una rete di poteri-piaceri

67


articolati, una rete satura di sessualità multiformi e frammentarie, che si discosta dal modello di famiglia costituita esclusivamente da una coppia eterosessuale e monogamica dei secoli precedenti78. La società borghese, dunque, è costituita da un fenomeno di perversione diffusa. Essa è il simbolo di nuove forme di potere che concentrano il proprio funzionamento sul corpo e sul sesso: una società in cui si assiste ad una proliferazione di inedite, insolite e multiformi sessualità. L'affermazione della perversione sessuale rappresenta, nella visione foucaultiana, un effetto-strumento del potere. Il controllo sulla dimensione sessuale (dei bambini, degli omosessuali, delle donne) si rivela una modalità di esercizio del potere, in quanto esso colpisce una regione molto vulnerabile della soggettività umana per cui è capace di fissare regole di comportamento, di discorsività e di verità.

3.2 Il dispositivo di sessualità e il problema della verità Il tema che sottende La volontà di sapere è certamente il tema della verità. Come afferma lo stesso Foucault, il problema fondamentale è quello di studiare la sessualità in rapporto alla verità. «Si tratta di riafferrare la volontà di sapere nel momento in cui il potere si è dedicato al sesso. Io non voglio fare la sociologia della storia di un divieto ma la storia politica di una produzione di verità. 79» Egli sostiene che la storia delle società occidentali è fortemente intrecciata con la produzione della verità e con gli effetti che questa produce. Noi viviamo in una società che genera e mette in circolazione discorsi che hanno una funzione di verità e proprio da tale caratteristica ricavano il loro potere sui soggetti. Foucault riconosce l'urgenza di costituire una 78 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, pp. 41-48 79 M.Foucault, La società disciplinare, a cura di Salvo Vaccaro, Mimesis Edizioni, Milano, 2010, p.126

68


«storia della verità» e dichiara, seguendo questa logica, di voler studiare tutti quei meccanismi che invitano e costringono gli individui a parlare del sesso. Nella società occidentale, fin dalla nascita del Cristianesimo, ciascun individuo è costretto a cercare un rapporto con la propria verità di essere umano e tale rapporto andrebbe ricercato attraverso un esame introspettivo, un esame di noi stessi e del nostro essere più profondo. Foucault sottolinea come, tale pratica abbia avuto, in particolar modo dopo il Concilio di Trento, il proprio punto di riferimento nella confessione. Essa, infatti, figura tra i riti più importanti da cui si attende la produzione della verità: «la confessione si è iscritta nel seno delle procedure d'individualizzazione da parte del potere80». La confessione, nata in ambito monastico e ascetico, nel corso del XVII secolo viene trasformata in una pratica valida per tutti e si tramuta in un progetto teso a verbalizzare le pulsioni più nascoste degli individui81. Non si può riconoscere, però, soltanto l'importanza della confessione nell'ambito religioso e specificatamente cattolico, ma anche gli effetti che essa produce in una grande varietà di dimensioni differenti, come nei rapporti familiari, nella medicina, nella giustizia o nella realtà quotidiana. L'insediamento di tale pratica, in noi e nelle nostre comunità, ha fatto sì che essa non ci appaia più come un obbligo e come l'effetto di un potere che ci costringe, ma come una liberazione. Sembra quasi che «la verità non chieda che di farsi luce» 82; ci appare come se avesse un rapporto originario con la libertà, nascondendoci il suo legame intrinseco con i meccanismi del potere. La confessione appare come l'esempio più eclatante del rapporto tra la produzione della verità e le strategie messe in atto dal 80 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, p. 54 81 S.Catucci, Introduzione a Foucault, Editori Laterza, Roma, 2010, pp. 114-115 82 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, pp. 55-56

69


potere. In relazione all'ambito della sessualità, infatti, per noi il sesso e la verità si espongono a vicenda nella confessione, mentre è proprio la verità che serve da supporto al sesso e al potere. La verità del discorso sul sesso si caratterizza per il legame che unisce colui che parla con ciò di cui si parla, facendo trasparire i lati più profondi della propria intimità. Gli effetti, infine, vengono prodotti non in chi ascolta, ma in chi confessa o è costretto alla confessione. Apparteniamo, quindi, ad una società in cui il sapere del sesso non si identifica con un tabù e con un segreto, ma si presenta come il protagonista di intime confidenze. Nella storia dell'Occidente, il sesso sembra essere la chiave per accedere e capire noi stessi. Contrariamente alla teoria della repressione, esso non sarebbe un segreto ma verrebbe messo in evidenza in qualsiasi momento della vita dell'individuo. L'Occidente è riuscito ad annettere il sesso a un campo di razionalità e a far passare il soggetto come totalmente immerso in una logica fatta di desideri e piaceri. Secondo Foucault la domanda da porsi dovrebbe essere: perché è emersa una sempre maggiore ricerca della verità del sesso? Per capire ciò è necessario analizzare la relazione che intercorre tra la sessualità ed il potere, abbandonando, come detto precedentemente, l'ipotesi della repressione. Quest'ultima è strutturata in una maniera tale da considerare il legame potere-sesso solo in termini negativi: il potere eserciterebbe solo istanze di repressione, divieto e negazione del sesso; il potere detterebbe incondizionatamente la propria legge ed il proprio ordine al sesso; il potere eserciterebbe solo una legge di proibizione sul sesso utilizzando come strumento di minaccia un castigo e, inoltre, il potere sul sesso si eserciterebbe nello stesso modo a tutti i livelli sotto forma di diritto. Tale prospettiva offre un'analisi

70


limitata di un fenomeno, invece, molto complesso. Come mostra Foucault, sotto l'ipotesi del meccanismo di repressione della sessualità si cela la struttura stessa di funzionamento del potere. Il sesso è stato per secoli interpretato come quel segreto che circolava incessantemente nella società e tra gli individui, in quanto il segreto è inerente ed indispensabile ai meccanismi di potere. Esso non sarebbe mai accettato se si mostrasse nella sua totalità, quindi deve necessariamente dissimulare una parte di sé. Foucault, come esposto nel capitolo precedente, afferma che il potere non può essere ricondotto ad un'unica istanza centrale di controllo, ma ad una rete di strategie e tecniche diffuse che gli permettono di invadere ogni ambito della società. Quindi, anche nel caso in cui si vogliano studiare le relazioni tra il potere e la sessualità e i meccanismi di produzione dei discorsi sul sesso, bisogna prendere in considerazione le relazioni multiformi che costituiscono il potere83. La sessualità, secondo l'analisi di Foucault, appare come un punto di passaggio e uno strumento particolarmente importante per le relazioni di potere. Essa interessa una grande varietà di ambiti relazionali: fra i bambini e i genitori, fra l'uomo e la donna, fra gli educatori e gli alunni e fra i sacerdoti e i laici. La dimensione sessuale non si presenta in un'unica forma, ma interessa una grande varietà di ambiti, per cui risulta essere uno strumento di potere piuttosto flessibile e adattabile a situazioni differenti. A partire dal XVII secolo, Foucault individua quattro grandi settori strategici in cui, a proposito del sesso, si sviluppano specifici dispositivi di sapere e di potere. Certamente, essi non hanno fatto la loro comparsa improvvisamente, ma a partire da quel momento acquistano piena autonomia ed una importante pervasività all'interno delle società 83 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, p. 87

71


occidentali. Il primo fenomeno preso in considerazione nell'analisi foucaultiana è quello dell'isterizzazione del corpo della donna. Esso può essere definito come l'intreccio di processi differenti attraverso i quali il corpo della donna viene analizzato come un corpo saturo di sessualità. Tale fenomeno diviene oggetto di sapere medico e in particolar modo oggetto di studio della psichiatria, per poi essere connesso ad una dimensione più ampia, come quella sociale. Vengono studiati gli effetti di questa nuova figura della «donna nervosa» rispetto al corpo sociale, di cui deve garantire la proliferazione, rispetto al legame familiare, di cui deve rappresentare un elemento fondante, e rispetto al legame con i propri figli, di cui deve essere il punto di riferimento e per cui deve assicurare loro protezione ed educazione. Il secondo fenomeno è quello della pedagogizzazione del sesso del bambino. Attraverso di esso si riconosce come anche il bambino possa essere protagonista e/o ricettore di attività sessuali e come queste attività possano portare con sé effetti fisici e morali negativi. Il bambino inizia ad essere definito come un essere sessuale «al limite» per cui necessita di un costante controllo, sia da parte della famiglia che degli educatori, in modo tale che tali pericoli possano essere limitati nella maniera più efficace possibile. Il terzo fenomeno è quello della socializzazione delle condotte procreatrici. Esso emerge con la nascita del bio-potere e del controllo della vita da parte di chi detiene il potere, per cui la procreazione assume una valenza sociale, politica e medica in modo da poter controllare i tassi di natalità e di fecondità con il fine di garantire un migliore sviluppo dell'intera popolazione. Il quarto, e ultimo, fenomeno analizzato da Foucault è quello della psichiatrizzazione del piacere perverso.

72


L'istinto sessuale diviene, quindi, oggetto di sapere biologico e medico per cui si cerca di determinarne le caratteristiche e le anomalie per poi, eventualmente, istituire tecnologie di correzione e di normalizzazione per tutti quei comportamenti considerati al di fuori della norma84. La sessualità, in questa prospettiva, non si delinea come un fattore naturale, ma come un dispositivo storico: è considerata una grande trama in cui l'intensificazione dei piaceri, l'incitazione al discorso e il rafforzamento dei controlli sul sesso, si intersecano l'uno con l'altro provocando lo sviluppo di nuove strutture di potere e di sapere. Foucault sostiene che, all'interno delle diverse tipologie di società, la sessualità si è tradizionalmente affermata come un

dispositivo di alleanza.

Quest'ultimo avrebbe definito per secoli le relazioni matrimoniali, i rapporti di parentela e i meccanismi di ereditarietà. Ma, a partire dal XVIII secolo, questo dispositivo, a causa delle trasformazioni sociali ed economiche, risulta non essere più sufficientemente capace di gestire la moltitudine di nuovi rapporti che iniziarono ad emergere. Esso fu affiancato da un ulteriore dispositivo, il dispositivo di sessualità, che non ha provocato la sua eliminazione totale, ma ha comunque contribuito a ridurne l'importanza senza cancellarlo né renderlo inutile. Si può affermare, dunque, che il dispositivo di sessualità è essenzialmente legato a sistemi di potere piuttosto recenti e che, a partire dal XVII secolo, è stata caratterizzata da una sempre maggiore espansione. La sessualità non è indirizzata esclusivamente a controllare il processo di riproduzione, ma a produrre un'intensificazione dell'assoggettamento del potere sui corpi.

84 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, pp. 92-94

73


Dal punto di vista storico, il dispositivo di sessualità si è sviluppato a partire dal dispositivo di alleanza, nonostante che differenze che sussistono tra di essi85. In primo luogo, il dispositivo di sessualità agisce attraverso tecniche multiple e flessibili di potere, mentre il dispositivo di alleanza è costituito da un insieme di regole che per mette di distinguere ciò che è lecito da ciò che è illecito. In secondo luogo, il dispositivo di sessualità produce un'estensione permanente delle istanze di controllo, mentre il dispositivo di alleanza ha l'obiettivo di mantenere in vigore le leggi che regolano la società. In terzo luogo, il dispositivo di sessualità prende in esame le sensazioni del corpo e la natura dei piaceri, mentre il dispositivo di alleanza si riferisce a relazioni sessuali stabili e definite. Infine, il dispositivo di sessualità è legato all'economia attraverso molteplici punti di scambio, di cui il più importante è il corpo, mentre il dispositivo di alleanza è legato all'economia in quanto questa svolge un ruolo fondamentale nella trasmissione delle ricchezze e della forza-lavoro. In definitiva il dispositivo di sessualità opera con l'intento di innovare e far proliferare sempre maggiori tattiche di potere e normalizzazione sui corpi per raggiungere un controllo minuzioso e globale della popolazione. Il dispositivo di alleanza, invece, ha l'obiettivo di mantenere l'equilibrio all'interno del corpo sociale, facendo sì che si instauri un forte legame tra tale dispositivo e il diritto86. Foucault, nel primo volume di una Storia della sessualità, mette in evidenza il legame indissolubile tra il potere da una parte e la nascita e lo sviluppo della sessualità dall'altra. Quest'ultima nasce da una specifica tecnica di potere che, nelle sue fasi iniziali, si concentrava sul controllo delle relazioni matrimoniali e familiari. 85 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, p. 96 86 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, p. 95

74


Da quel momento in poi, il potere trova nel dispositivo di alleanza un supporto fondamentale per gestire la problematica della sessualità in riferimento alle relazioni affettive, a cui verrà poi affiancato il dispositivo di sessualità. La famiglia, dunque, non dovrebbe essere considerata come quell'ambito in cui la sessualità viene negata e si dissolve, ma, al contrario, come quella struttura in cui la sessualità si riflette e si moltiplica. A partire dalla relazione marito-moglie e dalla relazione genitori-figli, il sesso costituisce un elemento costituivo delle relazioni familiari, per cui entrambi gli elementi non possono essere privati l'uno dell'altro. La famiglia rappresenta la base permanente e l'origine degli impulsi sessuali e dei piaceri, sia per quanto riguarda i genitori sia per quanto riguarda i figli. Non a caso, i quattro fenomeni messi in evidenza dal dispositivo di sessualità (la donna isterica, la sessualità infantile, la regolazione delle nascite e la specificazione dei perversi) trovano la propria esemplificazione più esplicita e il proprio punto di riferimento nella struttura familiare, la quale diviene oggetto di studio di molteplici ambiti di sapere87. La famiglia costituisce, nelle società moderne e contemporanee, il punto di incontro/scontro tra il dispositivo di alleanza e il dispositivo di sessualità: la dimensione giuridica, tipica dell'alleanza, viene integrata nel dispositivo di sessualità, mentre la dimensione dei piaceri, tipica della sessualità, si integra con il dispositivo di alleanza. Foucault descrive in maniera piuttosto chiara il legame tra questi due dispositivi: «Il dispositivo di sessualità, che si era sviluppato inizialmente al margine delle istituzioni familiari, viene a poco a poco a centrarsi di nuovo sulla famiglia: quel che poteva comportare di estraneo, di irriducibile, di rischioso forse, per il dispositivo d'alleanza è ora assunto dalla famiglia – una famiglia riorganizzata, 87 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, p. 96

75


ristretta probabilmente, certamente intensificata rispetto alle vecchie funzioni che esercitava nel dispositivo di alleanza.88» La famiglia si pone in una posizione centrale rispetto a tutto un sistema di istituzioni e organismi che, a partire dal XVII secolo, si sviluppano intorno al problema del sesso. Il dispositivo di sessualità e di alleanza iniziano ad essere controllati sia a partire da una dimensione interna alla famiglia, rappresentata dai genitori stessi, sia da una dimensione esterna, costituita da medici, pedagoghi e psicanalisti. Tali figure professionali aiutano la famiglia ad affrontare la proliferazione e la moltiplicazione della dimensione sessuale dei propri figli all'interno della struttura di alleanza in cui essi si inseriscono. In particolar modo, la psicanalisi costituisce, nel XIX secolo, un significativo campo di indagine teorica sul sesso. Essa rappresenta il progetto di una tecnologia medica dell'istinto sessuale, cercando di liberare quest'ultimo dalle sue correlazioni con le teorie dell'ereditarietà e con le teorie eugenetiche89. La famiglia può essere considerata, dunque, come «il cristallo del dispositivo di sessualità90». Essa costituisce il fulcro tattico principale della sessualità, in quanto si presenta come un'istituzione penetrabile e in continua comunicazione con organismi esterni.

88 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, p. 98 89 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, p. 106 90 M.Foucault, La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, cit, p. 99

76


Bibliografia Catucci, S., Introduzione a Foucault, Editori Laterza, Roma, 2010 De Cristofaro, E., Sovranità in frammenti – La semantica del potere in Michel Foucault e Niklas Luhmann, Ombre Corte, Verona, 2007 Deleuze, G., Foucault, Saggi Feltrinelli, Milano, 1987 M.Foucault, Antologia – L'impazienza della libertà, Saggi Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2005 Foucault, M., Microfisica del potere – Interventi politici, Einaudi Editore, Torino, 1977 Foucault, M., La società disciplinare, a cura di Salvo Vaccaro, Mimesis Edizioni, Milano, 2010 Foucault, M., Sorvegliare e punire – Nascita della prigione, Einaudi Edizioni, Torino, 2005 Foucault M., Bisogna difendere la società, Feltrinelli Editore, Milano, 1998 Foucault, M., Sicurezza, territorio, popolazione – Corso al Collège de France (19771978), Feltrinelli Editore, Milano, 2005 Foucault, M., La volontà di sapere – Storia della sessualità 1, Saggi Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2009

77



iskire.net


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.