Allenaza contro la povertà 20 maggio 2015 roma, intervento di marco filippeschi (1)

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LEGAUTONOMIE NELL’ALLEANZA CONTRO LA POVERTA’: “IL REDDITO D’INSERIMENTO SOCIALE E’ UNA RISPOSTA DI FORTE CAMBIAMENTO E REALISTICA”

I Sindaci prima di tutti hanno colto il fenomeno dell’aumento della povertà assoluta fin dal suo nascere. Prima ancora dei dati risultanti dalle analisi e dalle statistiche il fenomeno si è imposto all’attenzione degli amministratori locali nella sua drammatica evidenza empirica, attraverso l’esperienza quotidiana delle persone che ai Comuni si rivolgono per avere aiuto perché nel Comune vedono l’interlocutore a loro più vicino. Abbiamo assistito a un vero e proprio timelapse dell’aumento della povertà nel nostro paese. Del fenomeno che oggi ci appare chiaro in tutta la sua estensione: più grave là dove era già acuto, come nel Sud o presso le aree di marginalità, presente anche al Nord e in categorie per così dire nuove – abbiamo colto anche gli aspetti inediti. Cioè, per dire in sintesi, un aspetto di ascensore sociale al contrario, che ha funzionato verso il basso, che interessa persone che sono senza lavoro, ma anche persone che lavoro ne hanno poco. Persone che il lavoro lo hanno perso ad un’età in cui è difficile ricollocarsi. Famiglie che – ad esempio - per la perdita di un componente attivo sono sprofondate dalla dignità all’indigenza nel giro di poco tempo. Persone che magari non sono completamente prive di reddito, o dispongono anche di qualche modesto asset patrimoniale, comunque insufficienti ad affrontare la loro situazione (possiamo provare a fare un esempio: una donna di 60 rimasta vedova, con una pensione minima e una figlia disoccupata, una piccola casa in periferia tramandata di padre in figlio, quand’anche provasse a vendere la nuda proprietà di quei 50 mq, per quanti anni, col ricavato, farebbe fronte alle proprie necessità? Sei anni, sette anni?


E poi?) Ecco che allora inizia la serie delle rinunce a beni indispensabili, come il riscaldamento, ecc. Contemporaneamente ci siamo resi conto di altri aspetti legati all’aumento della povertà assoluta. Ci siamo resi conto degli aspetti extra economici del problema. Chi è salito, suo malgrado, sull’ascensore verso il basso, spesso è una persona che ha perso la fiducia, le cui competenze sociali si sono annebbiate, oscurate da un sentimento di vergogna e di profondo disagio anche morale. È una persona che ha bisogno di essere reintegrata nelle proprie motivazioni e nella propria capacità di relazionarsi. Spesso è una persona che ha bisogno di essere riqualificata professionalmente. Spesso si tratta di persone che devono essere responsabilizzate, restituite ad un atteggiamento attivo. Ci siamo, in questi anni, resi conto delle insufficienze del sistema, considerato nel suo complesso, legato a una definizione di povertà che non è quella reale, non è quella che emerge dall’esperienza, ma è quella di un paese fotografato prima della crisi. Un sistema che, tralasciando il fatto che non esiste una legge nazionale che molti altri paesi hanno fatto moltissimi anni fa, è frammentario e settoriale, insufficiente e discontinuo ( il contributo all’affitto, i buoni spesa, i bonus per le bollette, i bandi per accedere a tutto ciò, le graduatorie, le attese, l’inevitabile burocrazia). Questo malgrado gli sforzi che gli enti locali hanno indubbiamente compiuto per rendere organico e non dispersivo un intervento che comunque mostra i limiti delle risorse e della normativa vigenti. Le proposte dell’Alleanza contro la povertà costituiscono, in questo senso un grande elemento di novità, soprattutto per l’organicità della proposta, l’articolazione, il realismo. E, soprattutto per il deciso cambio di prospettiva. Diciamo intanto che la stessa costituzione dell’Alleanza contro la povertà è un fatto di inestimabile valore. Enti locali, sindacati, terzo settore, associazionismo insieme per una seria battaglia contro la povertà possono diventare la lobby a


favore della povera gente, la lobby della giustizia e dell’inclusione sociale. Il cambio di prospettiva insito nella proposta del Reddito di inclusione sociale(REIS) sta nella quantificazione di quanto sia necessario per un livello di vita minimamente accettabile e nell’integrazione tra il reddito percepito con quello necessario a raggiungere, appunto, quel livello di vita minimo. Tutte le persone che si trovano in una condizione accertata ricevono un’integrazione al reddito e la ricevono sempre, tutti i mesi, senza aspettare il bando per i buoni spesa o quello per i bonus bolletta e la relativa trafila. (poi ci possono essere singoli casi in cui sia necessario, per particolari ragioni, dare contributi non finanziari, ma parliamo dell’eccezione).Ma l’universalità rimane comunque il tratto saliente della proposta L’articolazione e la pluralità dei soggetti coinvolti nell’Alleanza è predittiva di come potrà funzionare il nuovo sistema: una rete di terminali sul territorio ( i CAF, le associazioni, le sedi sindacali,..) insieme ai Comuni e allo Stato, dove lo stato deve dare il quadro di fondo e l’uniformità dell’impostazione, i Comuni devono, necessariamente, fare la regia, e tutti essere coinvolti e protagonisti di un circolo virtuoso tra istituzioni pubbliche e sussidiarietà. La proposta è stata articolata dall’Alleanza nei suoi dettagli operativi, nei suoi aspetti economici, nell’individuazione della platea a cui il REIS si rivolge. Non ha i caratteri dell’astrattezza ma è calata nella dimensione effettiva del paese, anche dal punto di vista della quantificazione economica e della sua sostenibilità. È una proposta che deve puntare alle responsabilizzazione di chi riceve il sostegno, perché è evidente che se si supera la varietà degli interventi e si va verso l’integrazione del reddito, bisognerà anche evitarne un uso improprio e, appunto, deresponsabilizzante.


La proposta, se realizzata, avrà delle implicazioni di carattere più generale, muoverà un po’ tutto il sistema del Welfare: in un periodo storico in cui il sistema del welfare è sottoposto ad attacchi di varia natura (neo liberista, xenofoba ) ragionare del REIS significa anche ragionare di altri interventi che il REIS richiama (sulla scuola, sulla sanità, ecc) ed è anche l’occasione, per chi abbia una impostazione, diciamo così, RIFORMISTA, per ripensare il sistema nel suo complesso, anche per sottrarlo agli attacchi distruttivi. C’è al fondo della proposta del REIS una ispirazione ottimista. Non l’ottimismo astratto della velleità, né l’ottimismo della disperazione, ma un ragionevole ottimismo. Perché è chiaro che se riusciamo a rimettere in circolo una fetta così importante della società diamo carburante alla ripresa. Il problema ora, è far diventare la proposta di REIS il centro di un dibattito diffuso nella società, capace di spostare il dibattito politico dalla tifoseria alle cose da fare , alle policies. Un’occasione di esercizio della democrazia intesa come governo attraverso il dialogo, un’occasione per rilanciare il ruolo di partiti e associazioni come protagonisti della costruzione del consenso attorno a una politica di equità e giustizia. Un’occasione anche per mettere i puntini sulle i, rispetto a altre proposte che circolano con grande clamore di media, ma che sono demagogiche, insostenibili, e forse anche controproducenti.


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