Dalla Chiesa: intervento integrale del sindaco Filippeschi

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RICORDO DI CARLO ALBERTO DALLA CHIESA Intitolazione del Piazzale-Termina bus di “Sesta Porta” – Pisa, 28 novembre 2015 Intervento del Sindaco Marco Filippeschi Il 12 settembre dell’anno scorso, quando la città di Pisa conferì la cittadinanza onoraria all’Arma dei Carabinieri, in una bellissima e toccante cerimonia fatta nel Teatro Verdi, prendemmo impegno ad onorare il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa come esempio e simbolo di tutti i carabinieri, per il contributo che ha dato al nostro paese, fino al sacrificio della sua vita e di quella della moglie Emanuela Setti Carraro, trucidati a Palermo insieme all’agente di scorta Domenico Russo. Ringrazio la presidente Rosi Bindi d’essere con noi. Ringrazio il Prefetto Achille Visconti, il Comandante provinciale dei Carabinieri Andrea Brancadoro e tutte le autorità presenti. Saluto i ragazzi e le ragazze che sono con noi. “Un servitore dello Stato”. Così il Procuratore Antimafia definisce il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nel filmato che abbiamo appena visto. Un’espressione certamente non nuova, sentita molte volte. Ci sono però occasioni in cui le parole risuonano nel cuore e nella mente di ognuno di noi con tutta la forza del loro significato profondo, come se ne sentissimo davvero il senso originario, la semplice e grande verità che ci propongono. Questa è una di quelle occasioni. Carlo Alberto Dalla Chiesa fu un autentico servitore dello Stato, mosso da una convinzione forte, da un radicato senso etico, da un sentimento altissimo del proprio dovere e del proprio ruolo. 1


Il percorso del Generale Dalla Chiesa comincia negli anni della Seconda Guerra mondiale come carabiniere che rifiuta di collaborare alla repressione del movimento partigiano, di cui diventa egli stesso organizzatore dopo l’armistizio del ‘43. Dopo la guerra la sua milizia di carabiniere lo porta ad essere impegnato a più riprese nella lotta alla mafia, fenomeno criminale che penetra e che combatte con intelligenza e fermezza, di cui avrebbe intuito, precocemente, la cultura radicata, i cambiamenti nelle tattiche di confronto con lo Stato, negli interessi, negli obiettivi, nel raggio d’azione. Negli anni ‘70, al culmine della strategia della tensione, lo Stato subisce l’attacco delle Brigate Rosse e del terrorismo che si richiama a quella matrice politica – che non fu l’unica, poiché vi furono anche stragismo e terrorismo di destra –. Il Generale Dalla Chiesa fu protagonista della lotta a quel terrorismo la cui sconfitta è trai suoi meriti più importanti. Fu esempio di un rigore inflessibile, come per la lotta alla mafia, di un impegno e di una mentalità nuova, di straordinarie capacità d’indagine, di autorevolezza e affidabilità per l’impegno comune con la Magistratura e con gli apparati dello Stato: tutto ciò che permise di affrontare quel pericolo con l’azione più efficace, vincente. Dopo la lotta al terrorismo Carlo Alberto Dalla Chiesa diventa Vice Comandante generale dell’Arma, secondo la norma allora in vigore per cui il Comandante Generale non poteva provenire dai ranghi dell’Arma. Poi ancora in prima linea nella lotta alla mafia, come Prefetto a Palermo, dove va da testimone di rilevantissimi segreti di Stato – che riguardavano anche il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro –, con l’esito tragico che conosciamo della sua ultima missione. 2


Il filmato che abbiamo visto ci restituisce non solo le tappe della vita di Carlo Alberto Dalla Chiesa: è la storia travagliata dell’Italia, di un paese che ha tardato ad uscire dalla guerra fredda, che ha dovuto subire i ricatti di poteri occulti, di una sorta di “stato parallelo”, che ha vissuto contiguità fra le mafie e rappresentanti delle istituzioni, della politica. Insieme a figure esemplari ed eroiche come quella del Generale Dalla Chiesa o di Pio La Torre o di Piersanti Mattarella – politici che hanno combattuto la mafia, che non si sono piegati ai poteri criminali (le leggi e i provvedimenti antimafia che hanno proposto spesso si sono varate come risposta ad un martirio annunciato). Dalla nostra storia emergono infedeltà allo Stato, colpevoli omissioni, stragi e delitti irrisolti, scomode verità. Niente dev’essere dimenticato. E dobbiamo essere capaci di raccontare questa storia ai giovani, con gesti simbolici – come quello di stamani – o con bellissimi e sentiti racconti come quello che abbiamo visto in sintesi – trasmesso per intero da Rai Storia, un canale della Rai prezioso, che dice come la televisione pubblica può avere un fondamentale compito educativo –. Filmato che invierò alle scuole pisane, medie e superiori, perché possano utilizzarlo come strumento didattico. La solitudine in cui fu costretto ed esposto Carlo Alberto Dalla Chiesa fu la rinuncia a combattere fino in fondo la mafia. La stessa insidiosa esposizione con cui si decretò la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi nelle stragi di Capaci e via D’Amelio da criminali che avevano portato i loro tentacoli nello Stato o che erano consapevoli della forza e della debolezza dello Stato. La forza dell’azione più intransigente per affermare la legalità, per far valere la nostra Costituzione; il valore degli uomini che non si piegano e che hanno capacità di lavoro straordinarie, che può vincere le mafie; la debolezza data dalla disponibilità ai compromessi, dai tradimenti, dalla fragilità del sistema, dalla discontinuità dell’impegno. 3


Tra i poteri che chiede Dalla Chiesa prima di essere vittima dell’attentato c’è quello di poter coordinare, come prefetto antimafia, l’azione delle prefetture di alcune grandi città, anche del Nord Italia: perché sa bene che la mafia non è più un fenomeno regionale, che le sue dimensioni sono già ramificate e capillari, che ha un carattere policentrico e sovranazionale, che ha cointeressenze con poteri economici legali. E oggi più che mai sappiamo come l’enorme capitale fatto di soldi sporchi delle mafie possa corrompere l’economia, trovando grandi spazi d’impiego nella crisi. Oggi vediamo che ci sono importanti processi che coinvolgono le regioni del Nord, che ci sono consigli comunali sciolti per mafia anche nelle regioni del Nord. Sappiamo che anche la nostra regione è sfidata. Vediamo inchieste che toccano le nostre città. Nessuno può sentirsi al riparo dal flagello che è, insieme, uno dei simboli e una delle cause dell’arretratezza italiana, non solo civile, ma anche economica: gli investitori seri fuggono, non investono, là dove c’è odore di mafie. Proviamo rimpianto e un grande senso di frustrazione nel ripercorrere la storia degli ultimi mesi della vita di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Allora abbiamo tanto più il dovere di raccogliere i frutti del suo impegno e del suo sacrificio e di far germogliare i semi del suo esempio. Dobbiamo fare dell’impegno per la legalità l’impegno principale: con l’esempio di chi ha responsabilità pubbliche, praticando la trasparenza, l’intransigenza etica, mettendo a frutto gli strumenti che abbiamo per prevenire la penetrazione dei poteri criminali. Promuovendo cultura, educazione alla legalità, partecipazione. Sì, partecipazione. Come ci chiede il meglio della nostra tradizione civica e politica. Perché il tessuto civile si corrompe quando l’egoismo e l’individualismo prevalgono; quando prevale il disimpegno, anche per sfiducia o stanchezza; quando la politica diventa la somma confusa di personalismi o 4


carrierismi aggressivi, senza una visione, sfuggente al controllo dei più, che diventano massa di manovra, clienti, o solo portaborse, quando sono più impegnati. A questa sfida non si sfugge: l’Italia troverà la strada per un futuro migliore quando ritroverà la strada dell’impegno per il cambiamento più radicale, per il riscatto che dà futuro ai giovani. A volte, pensando al lavoro di un carabiniere o di un poliziotto, non solo di un generale o di un questore, o di un magistrato, al lavoro di chi è più esposto per garantire legalità e nella lotta contro la criminalità organizzata, anche a rischio della sua vita, viene da pensare: “ma quanto costa, quanta forza umana e coerenza ci vogliono a sostenere un compito impegnativo e rischioso sapendo delle carenze, delle disattenzioni, o peggio delle compromissioni?” Ci sono professioni che mettono alla prova, che non si fanno, che non si possono fare con distacco e cinismo. Noi cittadini dobbiamo sapere che l’eroismo è la prova suprema, ma non è la normalità. La normalità è uno Stato che fa il suo dovere in tutte le sue parti, che reagisce, che non lascia solo chi è più esposto, che rigenera e modernizza i suoi apparati, che rispetta chi lo serve rischiando. Ecco perché dobbiamo impegnarci in ogni modo e ad ogni livello: perché non passi il cinismo e perché chi fa normalmente il suo dovere per garantire la vita e il futuro di tutti si senta il rappresentante riconosciuto e rispettato di una comunità intera. Ecco perché c’impegniamo a fare sempre di più, vogliamo fare sempre di più. E ogni anno abbiamo fatto qualcosa in più. Il nostro codice etico, la “Carta di Pisa”, elaborato con l’Università – che qui fa il master nazionale contro la corruzione delle amministrazioni e la penetrazione delle mafie – assunto da “Avviso Pubblico”, è diventato il primo 5


codice di autodisciplina per gli amministratori locali. Valorizziamo la complessa disciplina anticorruzione e formiamo i nostri dipendenti per applicarla. Dobbiamo incrociare le informazioni sensibili delle istituzioni più responsabili per rilevare le anomalie, per prevenire i rischi d’inquinamento dell’economia locale. Ci sforziamo di parlare con le ragazze e i ragazzi delle scuole, nelle scuole, perché è da lì, naturalmente, con l’impegno programmato degli istituti e per la sensibilità degli insegnanti, che comincia la semina, la costruzione della coscienza civile, del senso di appartenenza allo Stato, la condivisione di valori di giustizia e di legalità. Facciamo rete con le associazioni d’impegno sui temi della legalità, che a Pisa hanno un radicamento forte e diffuso e hanno gettato ponti con associazioni, cooperative, mezzi d’informazione coraggiosi delle regioni dove le mafie sono nate e hanno i loro dominii. Abbiamo promosso e promuoveremo il sostegno a nuovi provvedimenti antimafia. E’ importante che nei giorni scorsi la Camera dei deputati abbia approvato in prima lettura il testo unificato delle proposte di legge che propone modifiche al Codice antimafia e una delega al Governo per la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate. Si tratta di un testo nato da una proposta di iniziativa popolare sottoscritta da Cgil, Libera, ACLI, ARCI, Avviso Pubblico, Centro Studi Pio La Torre, Legacoop, SOS Impresa, unificato con una proposta di legge della commissione Antimafia, che ne ha ampliato il raggio di azione, e anche con una proposta del Ministero della Giustizia. È importante il carattere popolare, partecipativo dal basso, di questa iniziativa legislativa e più importanti ancora sono le finalità sistematiche che si propone per far vivere le aziende e i beni confiscati alla mafia. Il filmato ci ha fatto ripercorrere anche i momenti difficili della battaglia contro il terrorismo e la mafia. 6


Se riflettiamo sugli anni in cui il terrorismo fu sconfitto vediamo che accanto alla necessaria efficacia nell’intelligence e nell’azione repressiva, la svolta c’è stata quando contro di esso si è costruita l’unità del paese, quando contro il terrorismo ha sfilato il popolo nelle strade e le piazze si sono riempite, non cedendo allo sgomento, creando consenso, unità, fiducia nella capacità della società di resistere agli attacchi. L’intitolazione a Carlo Alberto Dalla Chiesa del nuovo grande piazzale del complesso “Sesta Porta” – il principale capolinea del trasporto pubblico – è un piccolo gesto, fatto in un luogo che ogni giorno vede presenti migliaia di giovani, di studenti delle scuole e dell’università. E’ un gesto che vuole essere una rinnovata promessa d’impegno. Grazie a tutti e a tutte di aver condiviso questo momento, questa testimonianza della nostra Città.

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