Per un nuovo disegno istituzionale Obiettivi per la Toscana La riforma del Parlamento, con l’istituzione del Senato delle Autonomie Locali e il superamento delle incoerenze della riforma del Titolo V della Costituzione, dev’essere anche il volano per una ulteriore e profonda revisione istituzionale in senso federalistico e autonomistico, secondo un necessario disegno d’insieme. Anche la Toscana ha bisogno di ridisegnare la sua rete di rappresentanza e di governo regionale e locale, dandosi obiettivi nuovi collegati a strategie per una crescita solida, per l’inclusione sociale, per la partecipazione – con nuovi strumenti e metodi e rilanciando quella fatta tramite i partiti – e per la trasparenza dei processi decisionali. La qualità dell’ambiente economico locale ha ancora un peso decisivo e distintivo e ne avrà sempre più se si saprà dare dimensione adeguata, massa critica, ai contesti. La riduzione delle risorse pubbliche impiegate per investimenti e per la gestione di servizi obbliga a ripensare e a creare dei luoghi dove si rielabora e si propone, specializzando un indirizzo politico e formando su obiettivi nuovi una nuova classe dirigente. Il sistema politico-istituzionale e quello socio-economico devono ritrovare una convergenza fruttuosa e slancio per superare la stanchezza, le ripetitività e la sfiducia nel futuro, il consumismo subalterno e le nuove solitudini. Le istituzioni pubbliche devono saper garantire a tutti i livelli ciò che oggi non garantiscono: fluidità delle risposte, promozione selettiva dei progetti e capacità di decisione. Anche l’azione degli amministratori locali è oggi sottoposta ad un pericoloso logoramento: la sproporzione fra le domande e la capacità di risposta, la confusione istituzionale, i rancori che la crisi genera e che 1
vengono alimentati, la fragilità della partecipazione politica e della condivisione creano affanno e possono demotivare. Il Partito democratico dev’essere il luogo delle idee nuove, dell’alleanza fra politica e scienza, della creatività, del confronto di esperienze e proposte – anche in ambito europeo – e della rimotivazione. Sono in corso vere rivoluzioni, che cambiano anche gli assetti territoriali: ciò avviene, in uno scenario globale, spesso in modi passivi. Il nostro paese non è riuscito a cogliere potenzialità di sviluppo, di creazione di nuovo lavoro: rivoluzione digitale, green economy e cambiamento energetico, nuovi modelli di welfare di fronte a nuove sfide – demografia, immigrazione, nuove possibilità di relazioni internazionali, di scambi, di investimenti in territori fortemente attrattivi.
Rimettere a fuoco esigenze ed indirizzi chiari Innanzitutto serve promuovere e semplificare il dibattito pubblico sulle soluzioni da dare al nostro livello d’intervento alla crisi di funzionamento delle istituzioni che genera, secondo la definizione dell’ultimo rapporto del Censis, “inefficacia collettiva” e sfiducia nelle istituzioni, corrodendo via via anche la credibilità di quelle che stanno a contatto diretto con i cittadini, con le famiglie, con le imprese, che sono state in questi anni difficili il più valido baluardo di tenuta civile e d’esperienza di buone politiche. I messaggi da trasmettere devono essere molto chiari. Serve dunque anche in Toscana riformare, razionalizzare, accorpare, semplificare, per risparmiare risorse, per ritrovare margini per il rinnovamento delle strutture e per attività, e recuperare efficacia dei processi decisionali e delle gestioni. Serve qualificare gli apparati pubblici, per le funzioni di 2
legislazione, di programmazione e di controllo, mentre si deve operare secondo criteri rigorosamente economici, in collaborazione con operatori privati e del privato-sociale, nelle gestioni. La crisi finanziaria e la crescita del debito pubblico rendono necessari indirizzi generali del Governo, verticali, capaci di vincere le resistenze conservatrici, ma va superato il sistema dei tagli lineari e si deve nuova attenzione alle dinamiche territoriali, alla coerenza e all’impatto delle riforme, alla virtuosità dei comportamenti – attivando sistemi di rating territoriali –, ad analisi puntuali d’efficienza nell’erogazione dei servizi e sul gradimento delle comunità locali.
Problemi aperti Dobbiamo affrontare problemi che non si risolvono da soli, ma che invece hanno bisogno di un orientamento politico forte e di azioni tenaci: • costi, modi e tempi della burocrazia: inibiscono l’attrazione d’investimenti, la velocità e la propensione al rischio, la capacità di creare nuove imprese e nuovo lavoro; mancano ancora obiettivi chiari di semplificazione e non c’è ancora un piano d’innovazione digitale delle amministrazioni che è tutt’uno con la riforma della nostra burocrazia; • si paga a caro prezzo la frammentazione istituzionale, anacronistica, dispendiosa, non più corrispondente alla vita quotidiana dei cittadini, che oggi rischia di dare identità solo nel senso dell’arroccamento e di provocare con le sue diseconomie impoverimento della risposta senza innovazione; • c’è un deficit di rinnovamento e di formazione del personale delle amministrazioni pubbliche, di suo impiego equilibrato rispetto ad esigenze attuali, che si somma a quello manageriale-imprenditoriale (soprattutto nei passaggi generazionali), alla insufficiente qualificazione-specializzazione dei servizi alle imprese, di quei servizi 3
innovativi e multi professionali che si generano nel mercato e che sarebbero essenziali per la crescita o la salvezza delle PMI e per un rafforzamento del sistema economico toscano; • il sovrapporsi di livelli istituzionali e i sistemi locali ristretti sono un nostro handicap, mentre in Europa si affermano contesti metropolitani e quei distretti economici che hanno una dimensione e una specializzazione nazionale mantengono una forte vocazione all’export; • si è pagata la sottovalutazione delle città quali centri motori della crescita e l’effetto di una programmazione urbanistica di fatto centrata esclusivamente sui comuni è stato quello di una disattenzione per la necessaria concentrazione-densificazione dello sviluppo urbano, con relativa dispersione, consumo di suolo e accrescimento della necessità aggiuntiva d’investimenti e servizi.
La Regione La Regione deve avere un suo compiuto progetto istituzionale e derivare dallo studio delle dinamiche economico-sociali e dalle performances delle istituzioni proposte, obiettivi, tempi per un confronto con il sistema delle autonomie locali, con i comuni che ne sono il componente fondamentale – migliorando strumenti e metodi del confronto –, che porti ad approvare riforme organiche, con forti incentivazioni per favorirne l’attuazione e i tempi di realizzazione. L’obiettivo di accorpare anche le regioni secondo standard dimensionali europei è condivisibile, mentre sono possibili anche collaborazioni su politiche e progetti specifici fra regioni “a geometria variabile”, e la Regione Toscana può dare un suo contributo importante di proposta fin dall’impostazione del Programma di mandato 2015-2020.
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La Regione deve operare un’efficace razionalizzazione del sistema sanitario, con l’obiettivo di recuperare risorse per garantire i livelli di assistenza e l’innovazione – investimenti e tecnologie –, distinguendo fra gli ospedali ad alta specializzazione e universitari e la rete territoriale, coordinando per aree vaste il sistema d’insieme. La Regione deve poter garantire la gestione delle funzioni già trasferite alle province che la legge Delrio per il superamento delle province ricolloca: in questa prova si ha anche l’opportunità importante per una riorganizzazione del sistema istituzionale toscano. Fino ad oggi il confronto su una prospettiva così importante non è stato all’altezza della prova: questa è un’autocritica che spetta di fare a tutti gli attori, nonostante l’effetto dato da percorsi di riforma spesso confusi e segnati da troppe opposizioni volte a frenare il rinnovamento.
La città metropolitana E’ la riforma, importante e attesa, che ha avuto un compimento organico, a differenza di ciò che è avvenuto per il superamento delle provincie e per il nuovo ordinamento di gestione comunale delle aree vaste. E’ il nuovo ente che ha rilievo costituzionale, dotato di competenze rilevanti, che può aiutare il rilancio della più grande e ricca area urbana della Toscana, in relazione armonica con le politiche della Regione e coordinando la propria azione strategica e propri progetti con le aree territoriali confinanti omogenee. Vanno superati i limiti di programmazione finanziaria e di natura organizzativa che ne condizionano pesantemente il decollo. Si devono impostare programmi e progetti che riguardino gli aspetti più rilevanti dello sviluppo metropolitano quali la mobilità, l’innovazione tecnologica, la semplificazione amministrativa, la valorizzazione dei beni culturali e il contributo alla riorganizzazione dei servizi pubblici locali. 5
Il governo di area vasta dei comuni Il superamento delle province è una scelta necessaria e implica una profonda ridislocazione delle competenze e il perseguimento di obiettivi di risparmio di spesa. La legge Delrio assegna comunque importanti funzioni ai nuovi enti intermedi gestiti dai comuni e che nella maggior parte dei casi vedono impegnati direttamente i sindaci quali presidenti e componenti dei consigli provinciali: la cura delle strade e il coordinamento del trasporto pubblico; la manutenzione della rete degli edifici scolatici; competenze in campo ambientale e per la difesa del suolo; compiti di coordinamento e supporto delle politiche dei comuni e di garanzia delle pari opportunità. Se la riforma non fosse attuata in modo ordinato e coerente o se i nuovi enti fossero costretti al dissesto per la decurtazione delle risorse proprie sulle quali può basarsi l’attuazione della riforma, le conseguenze si scaricherebbero sulle comunità locali con il sacrificio della copertura e della qualità di servizi assolutamente essenziali, sui comuni e sulla Regione che sarebbero colpiti nella loro credibilità, sugli amministratori comunali che hanno assunto rilevanti responsabilità e relativi rischi e anche sullo Stato che si troverebbe gravato di nuovi oneri. Inoltre, vi è l’incertezza che grava sulle prospettive dei dipendenti che chiedono garanzie per la loro collocazione e devono poter contare su un accorto governo della difficile transizione. Come si è già chiesto per le Città Metropolitane, Governo e Parlamento devono garantire con nuovi provvedimenti che, nella collaborazione istituzionale più responsabile, le regioni e i comuni possano definire nei tempi più stretti la ripartizione delle funzioni, che deve tornare ad essere il punto di partenza dell’attuazione della riforma, secondo i criteri costituzionali di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. In Toscana si è svolto un confronto sulla dimensione del governo delle aree vaste, secondo gli studi dell’Irpet e le proposte che ne sono scaturite, fatte proprie dal Presidente della Regione e che hanno ricevuto un consenso unanime delle associazioni d’impresa, dei sindacati e delle associazioni ambientaliste di livello regionale. Anche la disarticolazione 6
che si sta vivendo fra livelli istituzionali, rappresentanze sociali, articolazioni dello Stato e autonomie funzionali impone una riflessione e un’esigenza di riprendere una visione d’insieme. L’approvazione degli statuti delle nuove province, considerate in un percorso di mutamento che avrà verifica con la riforma costituzionale e entro il 2016, dev’essere il momento per saldare obiettivi comuni, di relazione istituzionale e di collaborazione per programmi e progetti: ciò si può fare inserendo nel testo degli statuti articoli di province contermini specifici condivisi e finalizzati a delineare una prospettiva di governo delle aree vaste da definirsi in una discussione pubblica nelle comunità e con la Regione.
La riorganizzazione dei comuni: l’esperienza delle unioni e la nuova spinta per le fusioni La Toscana già esprime un’esigenza di razionalizzazione comunale (che è viva anche in altri grandi paesi europei) e affronta il problema dell’adeguatezza, vale a dire del rapporto fra risorse da una parte e prestazione-servizi, dall’altra, con la diffusione dell’esperienza delle Unioni fra comuni. Si deve fare un attento monitoraggio delle esperienze in corso per verificare che in ogni caso i vantaggi registrati siano reali e dimostrabili in termini di minori costi amministrativi e istituzionali, di effettiva semplificazione, di economie di scala, di economie di varietà, di equivalenza fiscale, di qualità delle prestazioni e di opportunità e garanzie partecipative e di controllo. Serve una nuova e decisa spinta per la fusione fra comuni. Le ricerche dell’Irpet, sulle dimensioni ottimali dei governi locali e su contesti territoriali omogenei – realizzate prima della revisione compiuta dal professor Cottarelli –, danno una chiara indicazione a favore della fusione e non solo di fusione fra i comuni di minore dimensione demografica. Un recente studio dell’istituto di ricerca regionale “Dimensioni dei governi locali, offerta di servizi pubblici e benessere dei cittadini” quantifica in 400 milioni l’anno a regime l’effetto di risparmio e 7
dunque di migliore utilizzo delle risorse che si potrebbe dare alla Toscana con un’ipotesi di riordino territoriale centrata sulle fusioni di comuni. Oltre a riconfermare la necessità di garantire meccanismi premianti, si propone di approfondire con iniziative specifiche il tema dell’articolazione democratica dei nuovi comuni: • il comune che, nella sua unicità e con le regole dell’ordinamento, garantisce, per esempio, le scelte di bilancio e dunque di fiscalità, la gestione del personale e dell’organizzazione, la programmazione territoriale e dello sviluppo economico, le reti di servizi e la gestione dei dati; • i municipii, che costituiscono il comune, che garantiscono l’identità territoriale storica e la partecipazione democratica di base, con assemblee elettive e che partecipano alla definizione delle scelte strategiche, gestiscono con strumenti di decentramento amministrativo rilevanti politiche territoriali, risorse finalizzate e la partecipazione dei cittadini che si esprime in forme non alternative ma complementari a quelle offerte dalla rete.
Liberare l’innovazione Si aggiungono infine alcuni punti che possono essere al centro di una nuova piattaforma per lo sviluppo e l’innovazione dell’amministrazione locale, integrati e funzionali al riassetto istituzionale, anche tramite una riconquista di margini significativi e mirati di autonomia organizzativa dei comuni: • la riforma della dirigenza comunale, con il contratto fiduciario attribuito mediante procedure non concorsuali, e quella delle figure di Segretario generale-Direttore, con la stessa caratterizzazione fiduciaria e con l’attribuzione di compiti e responsabilità di direzione manageriale, superando le limitazioni organizzative vigenti almeno per i comuni con popolazione superiore a 50 mila residenti; • azioni a favore delle “Smart cities” – infrastrutture e sistemi digitali; rinnovamento e risparmio energetico; mobilità sostenibile e 8
infomobilità; controlli ambientali – e accesso ai fondi dell’Unione Europea per le Città metropolitane e per altre città o per significative aggregazioni di comuni dotate, secondo la definizione proposta della Commissione Permanente per le città strategiche dell’ANCI, di speciale forza attrattiva e da dotazioni produttive, infrastrutturali e di servizio tali da renderle punto di riferimento di un’area urbana vasta, in particolare di “Distretti dell’Innovazione” che possono dare un grande contributo alla crescita economica; • promozione dell’“Agenda digitale comunale” con innovazioni organizzative, procedimentali e infrastrutturali coerenti con gli obiettivi e le priorità dell’Agenda digitale italiana; • organizzazione della partecipazione dei comuni a reti europee di enti locali, per l’accesso alle azioni dell’Unione Europea e ad altre specifiche che prevedano partnership fra città; • per l’organizzazione di nuove politiche di realizzazione dell’“Agenda digitale comunale”, di riconversione energetica e di partecipazione alle azioni dell’Unione Europee si deve proporre che l’arricchimento di competenze interne ed esterne alle strutture dei comuni o delle unioni fra comuni sia consentito, al di fuori delle limitazioni di spesa e organizzative imposti dalle leggi, entro le compatibilità dei bilanci dei singoli enti; si tratta spesso di precondizioni per formulare progetti e creare la possibilità di fare nuovi investimenti che generano nuove economie (e anche per gli investimenti in innovazione serve superare ogni limitazione).
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