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SPECIALE
Articoli di Laura Franconi
IL MESSAGGIO è SERVITO
La cucina fusion si caratterizza per la mescolanza di ingredienti e procedimenti di diversa origine, che si armonizzano dando luogo a proposte nuove inaspettate e allettanti. Allo stesso modo, la comunicazione fusion integra approcci e competenze diversificate per arrivare in maniera più efficace al risultato: attirare l’attenzione del consumatore e costruire una relazione.
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Advertiser Communication Strategies
FUSION COMMUNICATION
N
ell’era in cui tutto è a portata di mano, in cui il confronto è agevolato da canali che azzerano le distanze spaziali e tutto avviene in tempo reale, la contaminazione diventa regola e gioca un ruolo fondamentale. È così nella moda, che vede sfilare a Milano uomini con kimono floreali accanto ad altri con tute in tessuti tecnici, dandy bohèmien e ragazzi in pantagonna, giovani rampanti che indossano giacche a fumetti. In un clima elegante ed eccentrico, affascinante e provocatorio... È così in cucina, dove sapori e aromi propri di tradizioni gastronomiche lontane si mescolano per dare vita a piatti nuovi, inconsueti, che offrono al palato, oltre che all’olfatto e alla vista, proposte stimolanti, capaci di dare vita a esperienze culinarie interculturali, in ogni caso apprezzabili. È la concretizzazione del concetto di impollinazione, che non è volto all’omologazione bensì all’arricchimento della società, che sa cogliere gli aspetti positivi della globalizzazione, intesa come somma e reinterpretazione di civiltà e valori locali. È così in pubblicità, dove approcci più consueti si rafforzano attraverso canali nuovi, dove i messaggi delle aziende si confrontano con linguaggi diversi. La comunicazione di marca accoglie le voci degli utenti e si arricchisce di innumerevoli sfaccettature. Il brand dialoga con gli individui condividendo le loro esperienze, cercando l’incontro in una molteplicità di touchpoint, praticando luoghi, piattaforme, in un’ottica sempre più omnicanale, pluriculturale, multisensoriale. Rispecchiando l’evoluzione della società e quindi sia modellandosi sui comportamenti dei consumatori, sia utilizzando gli strumenti e le tecnologie di cui oggi è possibile disporre. Che si tratti di un branded content o di un video online, che faccia leva sui valori di marca o su un prezzo d’attacco, la comunicazione di brand deve dunque trovare sempre nuove forme, a fianco di quelle più tradizionali, per arrivare ai target, sempre più frammentati ed esigenti. Siamo di fronte a un fenomeno che, dai social a Youtube, sta costruendo “nuove” categorie e nuove segmentazioni, sempre più inestricabili, lungo percorsi inediti. Che hanno bisogno di essere lette secondo nuove logiche, nuovi schemi e nuove strategie. Perchè la brand communication non può smettere di cambiare, aggiornarsi, trasformarsi per essere efficace. Per analizzare lo scenario media in
trasformazione e in continuo divenire, è necessario tracciare un punto, fermo, di partenza. Partiamo dunque dalla situazione attuale, per arrivare a identificare quali siano i fattori che maggiormente sono al momento, e saranno in futuro, protagonisti del cambiamento. Cresce la spesa pubblicitaria globale La spesa pubblicitaria globale, che arriverà a 559 miliardi di dollari USA, nel 2017 aumenterà del 4,2%. A rivelarlo è Zenith, con il suo ultimo report Advertising Expenditure Forecasts. Seppure leggermente inferiore a quello dello scorso anno (4,8%) il dato è sicuramente positivo, in quanto non sostenuto da una serie di fortunati eventi che avevano stimolato gli investimenti pubblicitari durante il 2016: le elezioni statunitensi, le olimpiadi estive a Rio, i campionati europei di calcio. Tra le ragioni della crescita ci sono le accelerazioni di alcuni Paesi in America latina, nell’Europa centroorientale e nell’Asia Pacific. Con uno sguardo a volo d’uccello, osserviamo come quest’ultima guidi la crescita della spesa pubblicitaria mondiale e come, nel periodo tra il 2016 e il 2019, peserà in misura di circa il 50% in più degli investimenti rispetto ai Paesi che la seguono: il Nord America, l’Europa occidentale, l’Europa centro-orientale e l’America latina. L’economia cinese potrebbe rallentare, anche se continua ad aumentare di 5 miliardi di dollari l’anno, mentre India, Indonesia e Filippine crescono comunque con tassi a doppia cifra. Complessivamente, nel 2019 il mercato dell’Asia Pacific, pur rappresentando più di un terzo della spesa pubblicitaria globale (33,4%) sarà comunque inferiore a quello del Nord America (che varrà il 36,3% della spesa pubblicitaria mondiale). Contemporaneamente, al di qua dell’Oceano la crescita debole nel Regno Unito, che in passato si distingueva per la propria vitalità, fa calare la media nell’Europa Occidentale. E le incertezze legate alla Brexit avvalorano il crollo degli investimenti pubblicitari del Regno Unito in questo periodo. Venendo all’Italia, a causa del clima politico incerto, si prospetta un 2017 di moderata crescita (1,4%), con una Tv che rimane il mezzo dominante del mercato advertising (con una quota di investimento pari al 47%) ma con un tasso di crescita in forte frenata (dal 5,4% del 2016 allo 0,6% previsto per quest’anno). Contestualmente c’è il deciso www.advertiser.it
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SPECIALE
Marketing Priorities 2017 Individuare le priorità
In ambito di comunicazione, il content marketing continua a essere tra le priorità di editori, agenzie e aziende, anche se quest’anno cresce la focalizzazione su temi quali la responsabilità, la misurazione e la capacità di realizzare pubblicità mirate. Subito a seguire, si evidenzia l’importanza del programmatic. Dunque, bisogna saper coinvolgere il consumatore, ma con una finalizzazione orientata ai risultati. A questo riguardo, come emerge dal recente whitepaper Marketing Priorities 2017 di Newbase, il 93% dei professionisti del marketing a livello mondiale indica il Roi come priorità assoluta. E il 96% degli intervistati ribadisce la necessità di una maggiore collaborazione e trasparenza tra le agenzie, i brand, gli editori e la tecnologia pubblicitaria. In particolare, i brand sono sempre più elemento attivo all’interno dell’ecosistema del marketing digitale, motore di innovazione e cambiamento nel settore. L’accresciuta competenza da parte delle marche si traduce anche in una maggiore volontà di chiarezza nei rapporti. In tale ottica si pone la richiesta di modalità di misurazione delle audience accurate, affidabili e indipendenti. A tale proposito, il 90% degli intervistati concorda sul fatto che occorrerebbe una metrica standard di parte terza per misurare le audience digitali e il 54% pensa che il compito di implementare e supervisionare questa metrica potrebbe essere affidato alla responsabilità delle associazioni di settore.
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aumento, in termini sia di pubblico sia di introiti pubblicitari, per i canali tematici digitali trasmessi via satellite e per la Tv digitale terrestre. Trend positivo soprattutto per il comparto digital, al cui sviluppo (+7,4%) contribuiscono soprattutto gli online video e i social media, oltre al passaggio verso il programmatic buying, che efficientizza le relazioni tra agenzie e target. Per quanto riguarda i device, tassi di crescita a doppia cifra per le connessioni in mobilità tramite smartphone e tablet (+18% gli utenti unici). E quasi il 90% del tempo speso online su piattaforme mobili avviene tramite applicazioni. Fra gli altri media, la radio mantiene il proprio trend positivo (+1,0%) e il cinema resta stabile; decrescono, invece, l’affissione (-3,0%) e la stampa (-6% i quotidiani e -4,9 i magazine). Su questi ultimi pesa indubbiamente il cambiamento in atto nelle modalità di fruizione dei mezzi per il reperimento e l’approfondimento delle informazioni. L’esplosione del mobile Entro il 2019 il 26% della media consumption globale avverrà su mobile, dato in crescita rispetto al 19% del 2016. Il tempo medio speso per la navigazione su mobile da browser e da app è di 122 minuti al giorno, in crescita di 10 minuti al giorno dal 2010. Sono i risultati dell’ultimo Forecasts di Zenith sulla Media Consumption, alla sua terza edizione annuale. Un’analisi che rileva in 71 paesi di tutto il mondo i cambiamenti nella fruizione dei media dal 2010 a oggi e ne prevede l’evoluzione entro il 2019. La navigazione su internet in mobilità è cresciuta mediamente del 44% annuo tra il 2010 e il 2016, incremento determinato dalla diffusione di dispositivi mobili, dalle tecnologie sempre più avanzate e dalla maggiore disponibilità di contenuti ad hoc realizzati per gli smartphone. La diffusione del mobile ha dato una spinta al consumo globale dei media grazie alla possibilità degli utenti di accedere a più mezzi, in ogni momento e in ogni luogo. Nel 2016 il consumo medio di un utente è stato di 456 minuti rispetto ai 411 minuti del 2010, con un aumento del 2% annuo. Ora che la diffusione del mobile è ormai altissima, il tasso di crescita dell’utilizzo di internet in mobilità diminuisce e con esso anche la crescita del consumo dei media in generale. La navigazione di internet da mobile è cresciuta del 25% nel 2016, in calo
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rispetto al +43% del 2015, e si prevede un +17% nel 2017. Il consumo complessivo dei media in mobilità è cresciuto del 2,7% nel 2016 e ci aspettiamo che rimanga sostanzialmente invariato nel 2017, fino a crescere meno dell’1% annuo fino al 2019. I media tradizionali rappresentano ancora più di due terzi della fruizione totale. Nonostante il rapido aumento dell’utilizzo di internet, i mezzi tradizionali continueranno a rappresentare il 69% del consumo globale dei media nel 2017. Nel corso dell’anno la fruizione dei media tradizionali sarà di 316 minuti in media al giorno, rispetto ai 364 minuti del 2010. All’interno dei media tradizionali includiamo la stampa quotidiana e periodica, la televisione e la radio, il cinema e l’Out Of Home. La maggior parte delle aziende operanti sui media offline ha lanciato i propri prodotti anche in versione online; questi ultimi vengono considerati parte del totale Digital. Il calo del 13% del consumo dei media offline negli ultimi sette anni è quindi in parte recuperato dal tempo speso sugli stessi prodotti nella versione online. La TV tradizionale è ancora il mezzo principale in termini di tempo speso, con una media di 170 minuti al giorno nel 2017, rispetto ai 140 minuti spesi su internet. Ci si aspetta che la televisione continui a dominare il panorama mediatico per tutto il periodo oggetto del Media Consumption Forecasts, seppur con un gap minore rispetto a internet: i 30 minuti che li separano nel 2017 diventeranno solo 7 nel 2019. Formati online: aumento dei Video, boom del Native In base ai dati dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano, il mercato italiano dei Media (pay e advertising) ha chiuso il 2016 con una crescita del 3%. Un dato significativo dopo anni di contrazione e un 2015 in stallo. La performance positiva è imputabile soprattutto alla Tv (+8%) e agli internet media, che fanno segnare complessivamente un aumento dell’11% per la maggior parte legato a un incremento dei ricavi pubblicitari. Con un valore di 2,36 miliardi di euro, internet si posiziona al secondo posto tra i mezzi pubblicitari, con il 30% di share (l’anno precedente era al 29%), preceduto dalla televisione (50%, un punto sopra al 2015), davanti alla stampa, ancora in calo, e alla radio, che si mantiene pressoché stabile. Le previsioni per il 2017 indicano un ulteriore incre-
mento del mercato dell’internet advertising, con un tasso pari a circa al 10%. Contemporaneamente sarà destinato a crescere anche il peso dei grandi Over The Top (Google, Facebook, YouTube, Skype...) la cui quota, dall’attuale 67%, arriverà a superare il 75%. La display advertising nel 2016 è cresciuta dell’11% confermandosi la componente dominante del mercato (58%). Con un aumento del 4%, il comparto dei motori di ricerca (Search), pur dimostrando di essere ormai giunto a maturità, resta uno zoccolo duro nella pianificazione digital. Seguono il formato dei Classified, che comprende i nuovi portali verticali di annunci, e poi il mondo dell’eMail advertising. Il Native è il comparto con la maggiore crescita percentuale (+76%) avendo saputo contrastare gli ad blocker e dimostrandosi meno invasivo e più ingaggiante nei confronti degli utenti. Nel contesto della display advertising, il video advertising nel 2016 ha superato ampiamente i 500 milioni di euro, grazie in particolare alla crescita della raccolta pubblicitaria da parte degli OTT ma anche dei principali broadcaster. Il trend positivo proseguirà nel 2017 sostenuto, oltre che dai video, anche dai formati Classified e dal Native, tuttora in forte aumento. L’efficacia di questi strumenti dipenderà poi dalla capacità di scegliere i formati pubblicitari di volta in volta più idonei e di utilizzarli in modo creativo. A ciò si aggiungerà l’attenzione nei confronti delle strategie di valutazione delle performance della comunicazione, individuando il contributo di ciascun canale rispetto ai risultati di business. Infine, un cenno al Programmatic advertising, che si appressa a raggiungere i 400 milioni di euro. Anche qui, un ruolo importante lo hanno avuto gli spazi video, venduti in maniera significativa sulle piattaforme programmatiche, fino a rappresentare circa il 30% del valore del mercato.
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SPECIALE
BrandMade
Solo “ricette” su misura Il nostro obiettivo è studiare, prevedere e tradurre in proposte inedite le tendenze, per offrire ai brand soluzioni efficaci a raggiungere i propri obiettivi di marketing e commerciali.
Marco Schifano Managing Director BrandMade
“Il business dei media naviga oggi in acque inesplorate, i modelli di business tradizionali non funzionano, o richiedono budget rilevanti; al contempo i brand hanno bisogno di sapere chi sono, ciò che rappresentano: hanno bisogno di distinguersi facendo di ogni interazione un’esperienza unica”, afferma Marco Schifano. “Oggi più che mai i brand hanno bisogno di fornire a un pubblico sempre più distratto storie rilevanti, coinvolgenti, affidabili. E in questo momento di incertezza BrandMade si propone di accompagnare le aziende nella definizione di un’identità in grado di comunicare, relazionarsi con le audience e raggiungere obiettivi di business. Già in tempi non sospetti BrandMade ha anticipato l’esigenza dei brand di comunicare attraverso il contenuto e ha formulato la 6
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propria offerta sulla creazione di strategie di storytelling sviluppate in particolare tramite il contenuto digitale”. In ambito culinario, l’approccio fusion combina tra loro ingredienti di tradizioni differenti per produrre piatti innovativi e sorprendenti. Qual è la vostra “ricetta fusion”? La forte differenza che intercorre tra BrandMade e le grandi agenzie del panorama italiano, o tra noi e le agenzie di consulenza, è che noi ci posizioniamo esattamente nel mezzo tra tutte queste realtà: non siamo una web agency con progetti standardizzati, non cerchiamo di vendere all’infinito tecnologie sviluppate internamente per poter scalare quanto già realizzato; noi costruiamo il progetto e le
soluzioni su misura. Il nostro approccio è consulenziale, ci rivolgiamo all’azienda e cerchiamo di capire quali sono i bisogni, ci premuriamo di trovare delle soluzioni insieme al cliente, in base alle sue esigenze. Il nostro posizionamento, che negli Stati Uniti è uno standard, in Italia non è comune: una boutique strategica composta di persone che conoscono il settore della comunicazione, in grado di suggerire il modo migliore per raggiungere l’obiettivo aziendale attraverso una consulenza strategica e successivamente un approccio pratico, quindi una guida nella fase di delivery del progetto. Nato come spin off del gruppo Trilud, con una expertise trasversale rispetto a know-how editoriale, seo, creatività, tecnologia e orientamento al risultato, qual è l’approccio di BrandMade? Oggi c’è una fluidità nei touchpoint che l’azienda ha con i propri potenziali consumatori tale da spaziare da quelli reali a quelli digitali senza soluzione di continuità. Nello scenario attuale l’individuo detiene circa 3 o 4 touchpoint con cui entra in contatto con l’investitore pubblicitario, ovvero con il brand; contemporaneamente i canali di distribuzione si sono ampliati da quello fisico a tutti quelli digitali. Ciò ha portato a una complicazione interna all’azienda in termini organizzativi: l’azienda sta cercando di muoversi velocemente per andare incontro a un cambiamento, impostando un’architettura di marketing e comunicazione centralizzata, che vada poi ad attivare iniziative differenti, senza più distinzione tra marketing e media on e offline. Le due principali linee di attività sono legate all’advisory in ambito di marketing e comunicazione e alla produzione di contenuto digitale in ogni sua forma. Il nostro obiettivo è accompagnare il brand nel percorso di individuazione e definizione della strategia di comunicazione digitale più efficace, avendo poi gli strumenti e l’expertise per renderla effettiva e produrla. In termini di produzione gestiamo sia gli aspetti creativi sia quelli tecnologici, la produzione di contenuti editoriali, fotografici e video, l’advertising, i social.
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Come in ogni ricetta, un punto cardine è costituito dagli ingredienti: in che modo vi focalizzate sul contenuto? Molto spesso ci siamo trovati nella situazione in cui i clienti ci hanno chiesto di realizzare un prodotto editoriale che raccontasse una determinata storia ma non avevano chiaro l’obiettivo da raggiungere. Diventa quindi fondamentale fare advisory sui nostri clienti per riuscire a comprendere non solo il “se” raccontare una storia, ma
altre aziende del settore. Non abbiamo la classica metodologia dove noi raccontiamo che il consumatore è al centro di tutto, perché in fondo è svilente nei confronti del cliente. La realtà è che il cliente sta al centro insieme all’investitore. Bisogna però costruire relazioni, e questo significa che vanno capiti entrambi. BrandMade, a differenza di altre realtà, non ha progetti standardizzati da customizzare sul cliente. Cerchiamo di essere liberi in modo da fornirgli sempre la cosa più innovativa in base ai suoi obiettivi. Perché se ho a casa dei modelli tenderò a fare economia di scala e quindi a vendere quelli, ma così facendo ci allontaneremmo dalla nostra mission aziendale, ovvero dare supporto reale al cliente nella realizzazione della propria strategia.
il “perché” e il “come” farlo, per raggiungere obiettivi che siano di medio e lungo termine per il nostro cliente. Proprio alla luce di questi fattori si spiega la peculiarità della divisione advisory di BrandMade, che è risultata fino a oggi fattore strategico di successo per la nostra Storytelling realtà, permettendoci Svizzera, a un passo da EXPO di crescere a ritmi più sostenuti rispetto ad
Consulenza strategica Nuovo impulso per Lambert&Associates
L’iniziativa realizzata per Svizzera Turismo in occasione dell’EXPO è partita da una sfida: cogliere l’occasione di attrarre i visitatori dell’Expo comunicando l’offerta culturale e paesaggistica, la prossimità e i servizi di Svizzera Turismo. BrandMade ha risposto con un progetto di storytelling sulla ricchezza, la bellezza e le possibilità turistiche in Svizzera, a un passo da EXPO. È stato reaPer Lambert&Associates, BrandMade ha realizzato una consulen-
lizzato un sito web responsive e di facile fruizione, capace di
za strategica finalizzata a definire il digital brand positioning di
trasmettere atmosfere e bellezze del territorio. L’utilizzo di vi-
una nuova business unit a livello internazionale, rivolta al target
sual suggestivi e un’intensa attività di content production han-
fashion b2b. La necessità individuata era di mettere a punto una
no permesso di creare traffico sul sito, incrementare l’interesse
strategia in grado di dare un nuovo impulso all’azienda, valoriz-
rispetto alle offerte turistiche e creare link diretti con i sistemi
zando i servizi e il know how interno attraverso l’apertura all’am-
di prenotazione delle strutture di accoglienza turistica e di pre-
biente digitale. L’attività ha previsto una serie di attività di market
notazione. In tutto sono stati prodotti oltre 250 contenuti relativi
assessment, competitive analysis, business proposition, naming,
al territorio, alla cultura e ai personaggi celebri appartenenti al
communication strategy, financial plan, volte poi a realizzare una
mondo dello spettacolo e dell’arte che hanno amato la Svizzera o
proposizione di strumenti digitali adatti alle esigenze emerse.
hanno scelto di soggiornarvi. www.advertiser.it
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SPECIALE
Kiwi
Dosare ingredienti diversi con logiche nuove
Gli ingredienti sono on e offline, ma la vera differenza sta nella modalità di preparazione. E nella capacità di condivisione dei gusti delle persone. Per questo occorre saper essere, prima che comunicatori, destinatari.
Federico Castelli
Giuliana Laurita
Creative Director Kiwi
Head of Strategy Kiwi
Il concetto di fusion richiama ricette che sanno dosare ingredienti diversi con logiche nuove per produrre risultati originali ed efficaci. “Sicuramente questa è la direzione verso cui sta andando la comunicazione. Non è però scontato che tutti già la seguano”, osservano Federico Castelli e Giuliana Laurita. “Quando in agenzia abbiamo iniziato a ragionare sul nostro posizionamento, una delle cose che ci siamo detti è stata che definirsi “digitali” sarebbe stato riduttivo, perché non avrebbe dato la giusta importanza all’idea che abbiamo di comunicazione. Comunicare significa “mettere in comune”. Ma come si fa a mettere in comune se si costruiscono palizzate tra le tante possibilità che abbiamo di entrare in contatto con le persone? 8
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Se fossimo in una cucina, i primi ingredienti da mischiare, sarebbero on e offline. Le persone, infatti, non si trovano sempre sullo stesso canale, né tanto meno passano da un canale all’altro in modo, per così dire, ordinato e sistematico. Perciò se vogliamo incontrarle, ed è la nostra mission, dobbiamo ragionare come loro. Dobbiamo metterci quotidianamente nei loro panni, smettere di essere comunicatori e diventare destinatari, esattamente come succede quando ci chiudiamo alle spalle la porta dell’agenzia, alla sera. In quei panni si ragiona meglio, si riesce a essere più aderenti alla realtà. È come mettere insieme il sashimi con il gazpacho: all’inizio pensi sia una scelleratezza, poi scopri che il ristorante che lo propone è sempre pieno”.
Su quali ingredienti converrebbe focalizzarsi maggiormente? On e offline sono solo ingredienti. Noi crediamo che la vera differenza possa farla la modalità di preparazione. Anche qui, cerchiamo di fondere le competenze e le discipline: per esempio strategia e creatività, ma anche immagine e parole, numeri e cultura umanistica. Non ci sono contenitori a tenuta stagna, ci renderebbero lenti e macchinosi. Non è quello che vogliamo per i nostri clienti. E non è neanche quello che vogliamo per noi. Nella cosiddetta “società liquida”, l’unica cosa permanente è il cambiamento e l’unica certezza è l’incertezza. In un contesto come questo, quali caratteristiche deve avere la comunicazione? Come si può comunicare una realtà liquida? Diventandone il contenitore, dandole una forma, quale che essa sia, dimenticandosi che un giorno possa essere uguale a quello precedente. Che non significa improvvisare né improvvisarsi. Al di là degli strumenti, i processi, le metodologie e il gazpacho, un comunicatore è sempre un comunicatore. Qualcuno che sa come funzionano i meccanismi della comunicazione, che cosa c’è dietro una relazione che funziona e che sa interpretare quello che succede a tutti i livelli, dall’informazione all’adv. Una solida base, in termini professionali, consente di muoversi bene attraverso i trend più stravaganti, le crisi meno prevedibili, i meme più virali. Tutto questo, insieme a una sana distanza critica, un esercizio di analisi permanente, sono gli attrezzi che ci consentono di lavorare bene. Dove comincia e dove finisce un progetto di comunicazione a supporto di un brand? Sicuramente un buon progetto inizia da un buon brief. Passato dal cliente ma ragionato all’interno. Rimanendo nella metafora food, se il cliente ci chiede dei pasticcini non è detto che siano per lui la soluzione migliore: forse ha bisogno di un dessert, e questo apre infinite possibilità che potrebbero non diventare mai
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pasticcini. Il passo successivo è ragionare sul brand indipendentemente dallo strumento. La domanda da porsi è: che cosa è meglio fare perché il cliente raggiunga i suoi obiettivi, omettendo la specifica del canale (fisico, broadcast o digitale) per il quale ci stiamo interrogando. Un approccio molto laico, insomma. Sarà giusto quello che è più corretto e che offre un respiro ampio, ricco, profondo. Il digitale è sempre il focus di Kiwi, ma può essere un punto di partenza, di arrivo o di passaggio. Negli altri punti ci sono la presenza fisica, negozi, gli eventi…
In termini di metodologia, le figure professionali legate a strategia e creatività lavorano insieme fin dall’inizio del processo, rimanendo a stretto contatto per l’intera durata del lavoro. Ciascuno con le proprie specificità, ma senza creare silos disciplinari. Questo modo di lavorare consente a tutti i membri del team di avere la visione d’insieme sul progetto e di poter intervenire con contributi non necessariamente legati al proprio ruolo. È corretto affermare che social e field siano l’abbinata vincente? Social e field sono un’abbinata che fun-
ziona. In fondo lavorano sullo stesso territorio: lo spazio in cui le persone fanno cose. Che questo territorio sia fisico o digitale, in fondo, è un dettaglio. Quello che amiamo di questa modalità è il fatto che consente di passare da un mondo all’altro in maniera del tutto naturale, come se fossero l’uno il prolungamento dell’altro. In questo modo il brand viene messo in grado di entrare in contatto con le persone rispettando i loro momenti, le loro fonti, la loro dieta informativa. Non si tratta più di parlare il linguaggio del target, ma proprio di sintonizzarsi con le persone.
ibis Vip Stop Come sfatare un pregiudizio della campagna ibis Vip Stop che vive anche sui social, attraverso una landing page, un concorso e un’attività di digital PR. “Dunque, una pensilina è stata completamente allestita come una vera e propria vip lounge, un’oasi di piccoli piaceri e relax in cui i milanesi hanno scoperto il confort e l’accoglienza di un hotel ibis: free Wifi, accoglienza con hostess, pasticcini di benvenuto, una speciale foto ricordo”, racconta Federico Castelli. “Abbiamo creato un hashtag di campagna #ibisVipStop e tutte le foto pubblicate su Twitter e Instagram durante le ore di attività sono state stampate real time, con una cornice brandizUn’operazione fusion che Kiwi
associare il low cost a una man-
estremamente
confortevole,
zata, e consegnate agli ospiti.
ha realizzato da poco e che
canza di servizi e di confort. La
considerato il contesto. È nata
Alla pensilina e online, le per-
racconta molto bene quanto è
mission di ibis, invece, è pro-
così ibis Vip Stop, una banale
sone hanno potuto partecipare
stato appena detto è il proget-
prio quella di garantire qualità
pensilina d’attesa del tram che
a un concorso per vincere un
to ibis Vip Stop. “ibis, nostro
e attenzione al cliente, a prezzi
si trasforma da una semplice
soggiorno presso un hotel ibis.
cliente storico, ci ha chiesto di
accessibili. Per dimostrarlo, ab-
fermata in una sosta ricca di
Blogger e influencer sono ve-
incrementare la sua awareness
biamo pensato di trasformare
valore. Perché ibis è più di una
nute a scoprire la comodità ibis
e rafforzare il posizionamento”,
una situazione quotidiana e
fermata”. Il progetto, comin-
e l’hanno raccontata in diretta
spiega Giuliana Laurita. “Nell’af-
familiare a tutti, riconosciuta
cia con un’attivazione on field
sui loro canali. Infine, abbiamo
frontare il lavoro, siamo partiti
come scomoda e funzionale
ma continua a vivere online, in
creato un video per comunica-
da un pregiudizio: nel settore
solamente a una breve sosta,
modo fluido. La pensilina, infat-
re l’operazione online e conte-
alberghiero, siamo abituati ad
in qualcosa di straordinario ed
ti, è solo uno dei touch point
nuti per i canali social del brand”. www.advertiser.it
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SPECIALE
Tiwi
Contenuti che fanno la differenza
Il tipo di organizzazione con cui l’azienda coglie le vere opportunità del content marketing è paragonabile al ruolo dell’innovazione nella gestione della cucina dei ristoranti migliori. Nulla togliendo al valore di ricetta e ingredienti.
Nicola Bigi Presidente Tiwi
“L’accostamento del concetto di fusion alla comunicazione mi sembra molto bello”, esordisce Nicola Bigi. “Direi che esistono due approcci alla cucina fusion: associare piatti di provenienze culturali diverse, oppure usare ingredienti di culture diverse per fare un unico piatto. In ambito aziendale vedo tantissimi esempi di tipologie di contenuti provenienti da contesti diversi. Con la diffusione di piattaforme on demand si moltiplicano anche le possibilità di comunicare valori e prodotti attraverso forme di reale intrattenimento. Sono moltissime le aziende che finanziano direttamente serie o documentari: non come product placement, ma come vera e propria produzione. Chipotle ha finanziato una serie comedy su Hulu sull’allevamento intensivo, Stella Artois 10
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ha costruito un documentario sull’arte della pubblicità dipinta a mano, MAC ha finanziato un documentario a puntate sul tema transgender… Dall’inizio del 2017 si contano centinaia di queste operazioni. Il senso in generale è: trasformo la pubblicità in qualcosa che gli utenti scelgono di vedere e la distribuisco accanto alle produzioni tradizionali. Oppure, per fare un parallelismo con la seconda accezione di fusion, anche i singoli messaggi, i singoli oggetti (video, spot, banner…) sono sempre più contaminati superficialmente per apparire meno pubblicitari. Salvo poi inserire ovunque banner o inviti a compiere determinate azioni. In altri termini stiamo assistendo a una guerra all’ultimo sangue fra gli inserzionisti, che hanno modi sempre più aggressivi di sviluppare formule di
display advertising, e gli utenti che sempre più si difendono con adblocker vari”. Qual è, a vostro avviso, la ricetta più interessante, o l’ingrediente più determinante? Continuando con la metafora culinaria, ritengo fondamentale parlare di organizzazione. Ovviamente gli ingredienti sono tutti importanti, così come la ricetta. Credo, però, che il punto cardine sia il tipo di organizzazione che l’azienda ha per cogliere le vere opportunità del content marketing. Allo stesso modo in cui, spesso, i ristoranti migliori sono tali proprio perché hanno innovato l’organizzazione della cucina. A differenza di contenuti “semplici”, quelli con cui quotidianamente si costruiscono i piani editoriali sui social network, io qui intendo progetti di contenuto realmente costruiti sull’interesse delle persone, collegati a obiettivi di marketing. Questo tipo di produzione ha dinamiche di lavoro diverse dal normale approccio alla pubblicità, dinamiche che implicano differenze anche nel tipo di rapporto fra fornitore e azienda, a tutti livelli. Ed è per questo che mi fa molto piacere vedere che molti nostri clienti assumono sempre di più persone con esperienze editoriali o televisive. Interessare e divertire: è corretto sintetizzare in questo modo gli obiettivi che la comunicazione si pone oggi per catturare l’attenzione del pubblico? Mi sembra sia una sintesi efficace che a monte, però, implica delle prese di coscienza non banali. Partiamo dal presupposto che ciò di cui stiamo parlando sia la costruzione di contenuti realmente utili o divertenti per il pubblico. Dal momento in cui l’azienda costruisce il proprio ruolo di opinion leader rispetto a temi di utilità (es: una banca che parla di investimenti o di formazione finanziaria) entra in un altro mercato fatto da player che trattano quei temi in modo più o meno specialistico (blogger o media già affermati). E quando un’azienda fa intrattenimento, va in competizione anche con le grandi realtà che producono, per esempio, le serie, ed è una competizione molto agguerrita.
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Le immagini e in particolare i video si prestano a coinvolgere il consumatore. Come si elabora e si propone il messaggio, in maniera pertinente ed efficace? Il punto di vista nuovo per un’azienda riguarda la possibilità di diventare lei stessa un media. Tradizionalmente le aziende fanno pubblicità sui mezzi che le persone usano per informarsi o divertirsi: l’utente usa quel medium per i propri scopi e, nel frattempo, è costretto a guardare la pubblicità. Sui media non tradizionali oggi non è molto diverso. Una persona guarda il proprio stream di facebook che è inframezzato da promozioni di vario tipo, oppure segue un particolare youtuber che promuove, per conto di un’azienda, brand e prodotti. Questi influencer sono quindi assimilabili a media, attraverso i quali l’azienda vuole raggiungere il loro pubblico.
Il punto è creare la possibilità di far diventare l’azienda un media. Ovviamente è necessario tenere conto della famosa “tassa” sulla noia: apparentemente, brand che operano in settori “noiosi” avranno più difficoltà a creare contenuti. In realtà, in questo caso il brand dovrebbe puntare più su contenuti di utilità, rispetto a quelli di puro intrattenimento. Quali sono le competenze necessarie e gli strumenti utili per raccontare bene una storia? Per creare bei contenuti, che interessino il pubblico e rispondano a esigenze concrete di marketing, è necessario che la filiera produttiva sia corta: bisogna essere veloci e sfruttare ogni professionalità per costruire storie interessanti. In altri termini, autori, copy, illustratori, grafici e sviluppatori devono condividere lo stesso
ufficio e non essere compartimentati. Ma quello che nel content marketing fa davvero la differenza, anche se può sembrare ovvio, è la capacità di progettare e sviluppare contenuti che siano coerenti, interessanti, avvincenti. Per noi questo assunto, che pare banale, è così centrale da averci spinto prima a fondare una casa editrice per bambini (minibombo) e poi a diventare una casa di produzione che traduce le proprie idee in format per la tv e per il web. In questo modo possiamo garantire ai nostri clienti una professionalità reale nel costruire contenuti coinvolgenti. Che progetti avete per il prossimo futuro? Ci sono due nuove aree su cui ci stiamo muovendo velocemente. La prima riguarda la produzione di contenuti sempre più complessi e serializzati per il web e per la televisione. Contenuti nati sulle esigenze di marketing dei nostri clienti. L’altra area è la costruzione di video personalizzati: grazie all’esplodere dei big data riusciamo a costruire una storia per ogni utente in modo automatico. Fino a ora si potevano fare così solo piccole personalizzazioni (sui dati anagrafici), ma il video base era sempre uguale. Noi, invece, produciamo una storia personalizzata per ogni utente, in modo automatico.
Case Study Grande!: content marketing e didattica Si tratta di un progetto di edu-
partecipato alla XXI edizione
tainment di BPER Banca rivol-
dei Webby Awards, secondo il
to ai bambini da 0 a 12 anni.
New York Times “il più impor-
Nasce dalla convinzione che
tante riconoscimento su inter-
l’economia sia importante per
net”, piazzandosi tra i migliori
crescere come adulti autonomi
progetti web nella categoria
e responsabili, per compiere
“responsabilità sociale”. Ha ri-
scelte in modo consapevole,
cevuto un “honoree”, “il premio
per orientarsi nel mondo e co-
per quei progetti che definisco-
minciare a progettare il pro-
no gli standard di innovazione
prio futuro. Grande.bper.it è
e creatività sul web”. Per noi
un sito dedicato che raccoglie
è quindi un’immensa soddi-
video, interventi di blogger e
sfazione essere selezionati fra
un percorso didattico rivolto
i migliori 13.000 partecipanti,
alle scuole primarie. Grande! ha
provenienti da tutto il mondo. www.advertiser.it
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SPECIALE
We Are Social
Ideas powered by people Le persone vogliono scegliere, non essere interrotte: intrattenimento, informazione, legame emotivo, spontaneità nel dialogo tra persone e brand.
Ottavio Nava, Stefano Maggi e Gabriele Cucinella CEO We Are Social
“Oggi internet e i social media hanno inevitabilmente un impatto sulla vita delle persone, sia dal punto di vista sociale, di come gli individui interagiscono tra loro e con i gruppi a cui appartengono, sia dal punto di vista espressivo. E la creatività è in stretta relazione con il modo in cui le persone si esprimono” osservano i tre CEO di We Are Social, Gabriele Cucinella, Stefano Maggi e Ottavio Nava. “In passato molti brand sceglievano di proporre un messaggio, reiterandolo all’infinito e cercando così di entrare nella share of mind delle persone: per come funzionavano i media, non era indispensabile che fosse totalmente allineato con la visione del mondo delle persone in target. Oggi, che i social sono i canali più usati dagli individui, è 12
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indispensabile sovvertire questa dinamica, perché i messaggi che giungono dall’azienda sono solo una parte della comunicazione del brand, a cui si sommano le sollecitazioni provenienti dalla cerchia di familiari, amici e influencer. Di conseguenza, anche la creatività deve evolversi, per essere interessante tanto quanto tutti questi tipi di interazione veicolati attraverso i canali social. Il messaggio non può acquisire peso semplicemente grazie all’acquisto di media, deve farlo rendendosi appealing almeno quanto lo sono le news e gli scambi di informazioni con gli amici. La consapevolezza di questo cambiamento di prospettiva da parte dei brand ha portato a un’evoluzione della creatività a livello sia concettuale, sia esecutivo.
Da un lato, l’idea creativa oggi deve essere vicina al modo di pensare e di condividere delle persone; dall’altro, l’esecuzione dell’idea deve adattarsi al canale che i target utilizzano. Pensiamo ad esempio ai nuovi formati, come le “stories” (Instagram o Snapchat): le soluzioni più efficaci sono quelle che si avvicinano al modo con cui gli individui fruiscono dei messaggi e condividono le esperienze”. L’evoluzione digitale della società ha imposto un’accelerazione alle strategie digital delle aziende. Come cambia il modo di dialogare con il pubblico, di interessarlo e di coinvolgerlo? Le aziende, attraverso i propri brand, dialogano con le persone su tanti livelli diversi: informativi, funzionali, di intrattenimento. In base ai vari tipi di contenuto i brand utilizzano canali differenti. Ad esempio, la recente forte diffusione di piattaforme di messaging ha fatto sì che le persone spontaneamente usassero questi canali anche per dialogare con i brand; inizialmente soprattutto per chiedere informazioni o consigli, poi, via via, anche per motivi diversi dalla pura funzionalità. Il canale si è, quindi, evoluto per diventare più creativo e idoneo a essere usato dalle marche. Non solo: oltre che per costruire e mantenere relazioni, i canali social sono diventati anche fonte indispensabile di insight. Per noi, la capacità di un brand di analizzare il comportamento sociale degli individui e di raccogliere stimoli da questa pratica è importantissima, tanto che all’interno dell’agenzia abbiamo un reparto che si dedica proprio a questo tipo di attività, sia attraverso i canali social, sia con indagini più tradizionali e focus group. Tutto ciò nella convinzione che le attività di comunicazione e di marketing abbiano un impatto sia sulle performance aziendali, sia sulla vita della gente. Quali sono i linguaggi più adatti per parlare oggi con le persone? Il modo di dialogare delle persone sui canali social è sostanzialmente cambiato. Da un approccio prettamente testuale e formale, si è passati a un atteggiamento
FUSION COMMUNICATION
più “casual”, con interazioni molto più frequenti e integrate nella quotidianità. Contestualmente anche gli strumenti sono più immediati, più adatti all’uso di immagini e di video, alla condivisione del momento. Analogamente muta anche l’approccio dei brand e, tra questi, quelli che riescono a creare il contenuto corretto per lo specifico canale, allineandosi alle aspettative delle persone, ne escono avvantaggiati. In ogni caso, tutti i nuovi linguaggi tendono a valorizzare uno scambio di contenuti, a discapito di approcci che provocano un’interruzione dell’attività in cui l’individuo è impegnato. Avete definito il vostro approccio alla comunicazione con il concetto di “social thinking”: di cosa si tratta e che vantaggi offre? Si tratta di un approccio che ha il proprio baricentro nello studio del comportamento delle persone, al fine di ricavare indicazioni sull’individuo nella sua socialità, nel suo essere all’interno di un gruppo, che siano la famiglia, gli amici o una community basata su interessi trasversali. Da queste conoscenze si parte per lavorare su idee social, capaci di attivare la conversazione, di unire le persone attorno a un concetto, di sviluppare un comportamento, fino ad avere un impatto sulla società e sulla cultura. Il terzo momento del nostro approccio è quello che definiamo Social Value Exchange, che ci porta a misurare ciò che il brand offre alle persone a fronte di quanto chiede in cambio. Ciò che offre è valutabile in termini di informazione, intrattenimento e quant’altro; ciò che chiede, al di là della preferenza rispetto ai competitor, si concretizza in attenzione, comprensione del messaggio, condivisione. Trovare un equilibrio tra questi due piani è fondamentale per ideare campagne utili, che abbiano un impatto sulla vita delle persone e riescano a sviluppare valore all’interno della società.
La svolta social ha rivoluzionato anche il concetto di ownership della marca. Il brand ormai è sempre meno un’entità nelle sole mani dell’azienda, e sempre più è un soggetto collaborativo tra una community in target e l’azienda che lo detiene. L’imprevisto rientra in questa dinamica, fa parte del concetto di conversazione. A tale riguardo è interessante un caso che abbiamo gestito per Barilla. L’anno scorso la testata online francese Demotivateur ha pubblicato un tutorial per cucinare la “one pot carbonara”: nella stessa pentola venivano amalgamati tutti gli ingredienti, in maniera errata sia nei prodotti sia nel metodo. Nel video, che in Italia ha suscitato forti reazioni dando vita al #CarbonaraGate, appariva il packaging di Barilla. Assieme all’azienda, da sempre portavoce della tradizione italiana a tavola, abbiamo realizzato in una notte un video in risposta, che illustrava la vera ricetta della pasta alla carbonara e che ha raggiunto in brevissimo tempo oltre 2.5 milioni di visualizzazioni solo su Facebook. In tal modo abbiamo trasformato un imprevisto in un’opportunità. Sono necessarie nuove competenze e nuove sensibilità per affrontare oggi la comunicazione di un brand?
Il nostro team comprende figure generaliste il cui compito non è solo di gestire la relazione con i clienti, ma di seguire tutti gli aspetti creativi e strategici dei lavori, e figure specialistiche con un expertise verticale e più focalizzata, che lavorano fianco a fianco per contribuire in maniera attiva al dialogo. Il primo elemento caratterizzante è la conoscenza profonda dell’ambito social, a cui si sommano le competenze specializzate, dagli aspetti creativi alla produzione, dalla strategia alla ricerca di insight. Abbiamo poi un reparto interno dedicato a tutto ciò che è innovazione, che ci permette non solo di sperimentare le nuove tecnologie, ma soprattutto le soluzioni più idonee rispetto al modo in cui queste sono usate dalle persone. Le competenze sono indispensabili, quanto la sensibilità e il forte interesse per i comportamenti degli individui, per le dinamiche che si sviluppano tra di loro, per ciò che li connette alla marca. Il futuro stesso della comunicazione sarà legato alla capacità dei brand di integrarsi nella quotidianità delle persone e di usare i diversi touchpoint con una logica di relazione e continuità che non interrompe ma apporta valore all’esperienza vissuta dall’individuo.
Oggi la comunicazione viaggia in maniera spesso indipendente dalla volontà delle aziende. Come si gestisce l’imprevisto in ambito social? www.advertiser.it
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SPECIALE
prodotto possono fare la differenza.
YAM112003
Operiamo su territori di frontiera In comunicazione, come in cucina, la tendenza è verso l’approccio fusion. Dove la strategia è strettamente sinergica con la creatività. L’obiettivo, più che una big idea, è una grande orchestrazione di tutti i canali.
Laura Corbetta CEO YAM112003
“Anche nella comunicazione, come in ambito culinario, si può dire che vi sia una tendenza verso il concetto di fusion, sebbene gli ingredienti siano un po’ sempre gli stessi: una buona creatività, una capacità produttiva adeguata, un impianto strategico significativo, un corretto investimento in comunicazione”, esordisce Laura Corbetta. “Naturalmente ognuno di questi ingredienti deve essere trattato e cucinato con maestria, sapienza e consapevolezza, nell’ottica di un orientamento sempre più deciso verso una comunicazione che sappia produrre risultati business”. Quali sono gli ingredienti più interessanti? Spesso le aziende, focalizzate su singoli problemi, dimenticano il quadro d’insie14
Advertiser Communication Strategies
me. Il primo ingrediente per una comunicazione efficace è proprio la capacità di sviluppare sempre una visione ampia e integrata. Il secondo è la conoscenza approfondita dell’audience di riferimento e dei suoi bisogni, i suoi interessi, i suoi comportamenti. Un altro elemento irrinunciabile è la strategia, che deve essere strettamente sinergica con la creatività. Ciononostante, oggi, più che una big idea serve una grande orchestrazione di tutti i canali di comunicazione, che dia centralità al media mix. Sempre più spesso, infatti, la definizione dei canali distributivi precede la costruzione dell’impianto strategico. Ma vi è poi un altro ingrediente, sul quale noi di YAM112003 siamo estremamente focalizzati: la qualità. Credo molto nella qualità dell’output finale: gli aspetti realizzativi del
La crescita dei branded content induce a ipotizzare che le aziende svilupperanno sempre più una competenza editoriale? Oggi gli utenti non vanno più solo alla ricerca di qualcosa di cui hanno bisogno, ma si muovono per aree di interesse. Per i brand, presidiare dei territori di interesse e quindi degli ambiti di comunicazione, è molto importante e spesso ciò comporta la creazione di progettualità editoriali che permettano, in maniera più fluida, di entrare in contatto con i propri consumatori. Si tratta di una modalità più pull che push, in cui il brand ti viene incontro in maniera empatica. Per tanti anni si è parlato della necessità di autenticità della marca, oggi sempre di più si parla dell’empatia come di uno dei tratti caratterizzanti della comunicazione: un brand non deve essere solo vero, o solo responsabile, ma deve essere anche capace di incontrare l’interesse della sua audience. In questo senso l’infotainment è uno dei linguaggi più immediati ed efficaci. Cosa significa per voi fare digital branding? La relazione tra i brand e il digitale è caratterizzata da velocità molto diverse. Ci sono marche che hanno fatto del digitale la loro terra di elezione e altre che, avendo magari un posizionamento offline di alto profilo o un management carente di esperienza in questo ambito, lo ritengono un canale poco adeguato rispetto ai propri bisogni. Fare digital branding significa creare online una realtà capace di raccontare la storia del brand, senza dispersione, in modo consistente e sostenibile. Sapendo che spesso sul web è preferibile proporre pochi contenuti qualitativi destinando una parte del budget per dare loro visibilità, piuttosto che produrre tantissimo contenuto che rimane non fruito. Il web è un grande discount pieno di proposte, dove catturare l’attenzione dei consumatori è estremamente difficile. Il digital branding mira a dare consistenza alla presenza dei brand a livello digitale, a creare una strategia di costruzione e di racconto della propria storia
FUSION COMMUNICATION
e dei propri prodotti, con una progettualità di medio-lungo periodo, che garantisca le condizioni per fare crescere in maniera positiva l’ecosistema. Dove porteranno la frammentazione dei canali e la tendenza alla personalizzazione della comunicazione? Oggi i brand si trovano a presidiare tanti canali, ciascuno dei quali parla una lingua diversa. Questa frammentazione è una tendenza molto significativa, ma non bisogna avere l’ansia di presidiare tutto: una buona strategia di brand può prevedere che alcuni canali non vengano attivati. È preferibile lavorare bene su un numero più limitato di touchpoint, all’interno di una strategia di consistenza ed empatia del brand nei confronti dei consumatori. La frammentazione porta con sé anche un tema di autoregolamentazione. Un editore è responsabile per ciò che manda in onda, ma nel momento in cui i brand diventano editori si rischia di perdere questa competenza, pertanto si rende necessaria l’individuazione di sistemi e di norme di condotta condivisi. Il social è diventato un ingrediente fondamentale; quali sono
gli approcci da ottimizzare e quali i rischi da evitare? Il rischio da evitare è la dispersione, che è proprio l’altra faccia della consistenza e viene innescata dal tentativo di coprire tutti i canali: un processo molto impegnativo soprattutto nel digital e nel social, sia perché i canali sono tanti, sia perché richiedono competenze verticali molto specifiche. La frammentazione comporta che l’esercito di persone e di risorse professionali necessarie si ingrossi ulteriormente. Da qui la necessità per molti player, di medie o piccole dimensioni, di selezionare accuratamente i canali più affini alla propria storia e alle proprie esigenze di comunicazione. Nel recente passato si riteneva che essere presenti ovunque fosse vincente; oggi si è compreso che una eccessiva frammentazione, oltre a non essere sostenibile, rischia anche di disperdere il valore dell’editorialità. In base alla vostra visione, dove va il mercato? Quali sono i vostri prossimi obiettivi? Il mercato si sta spostando verso l’integrazione sempre più spinta dei diversi media: on air, online e offline. Ma la crossmedialità richiede l’introduzione di
professionalità e di metodologie di lavoro che permettano di affrontare le nuove sfide di comunicazione, in un mercato in cui si evidenziano due tendenze estreme: da un lato la grande creatività, idee capaci di vivere su tutti i mezzi, e dall’altro il mondo della performance, di una comunicazione sempre più finalizzata a una transazione. La comunicazione di domani si trova nella sintesi efficace tra questi due mondi. è per questo che al tavolo di lavoro oggi non ci sono più due o tre persone, ma almeno dieci professionalità con profili diversi: una piccola orchestra che collabora per mettere a punto il progetto. Per quanto ci riguarda, l’obiettivo è di sostenere la sfida della crescita, non solo in tema di business ma anche di creazione di una cultura aziendale. Oltre a ciò, stiamo elaborando un modello composto da una parte strategica e creativa, che opera in maniera trasversale, su cui si innestano delle verticalità in base al media di destinazione dell’idea. Sempre più ci troviamo a discutere attorno a una “neutral idea” creativa e strategica che poi trova applicazioni verticali o in un media mix integrato. Il nostro obiettivo, quindi, è di implementare questo modello. Sapendo che operiamo in un territorio di frontiera, ampio e sempre in divenire.
YAM112003 si è aggiudicata un incarico per la gestione social e digital di alcuni marchi del brand F.lli Branca.
Sanpellegrino è cliente YAM112003 dal 2011 www.advertiser.it
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SPECIALE
ZooCom
Ci mettiamo in gioco Mettersi in gioco può sembrare rischioso, ma può diventare un fattore di successo. L’importante è essere empatici e rilevanti. Perché oggi un brand non è solo chi dice di essere, ma è soprattutto ciò che gli utenti e le community pensano che esso sia.
misurando poi il ritorno delle campagne sia nel breve sia nel medio o lungo periodo. La tecnologia, invece, oggi abilita la massa a delle experience di brand e di prodotto inimmaginabili fino a pochi anni fa, diventando parte del processo e contemporaneamente terreno stesso di comunicazione”.
Lavorare in ambito digitale significa confrontarsi con un mercato sempre più frammentato e in continuo divenire; quali sono le opportunità e i rischi dell’interazione con community sempre più attente e consapevoli? La chiave è mettersi in gioco. Questo può sembrare rischioso, ma allo stesso tempo mostrarsi potenzialmente vulnerabili può diventare un fattore di successo; oggi un brand non è solo chi dice di essere, ma ciò che gli utenti, i clienti e le community pensano che esso sia. In questo senso, inserirsi nelle conversazioni delle community di riferimento, accettarne i feedback e arricchire il dibattito, può accendere l’interesse, attirare attenzione e dimostrare sensibilità e apertura. La tecnologia e i social network hanno accentuato la rilevanza dell’opinione pubblica, dei gruppi di pensiero, delle community, sarebbe un errore non accettare questo nuovo paradigma e ignorare quella che può essere una risorsa preziosa per avvicinare le persone ai prodotti e alle aziende.
ZooCom è specializzata nella comunicazione al target giovane, attraverso canali digital, social e field. Quali linguaggi e quali approcci sono più adatti a catturare l’interesse di questo target e a coinvolgerlo in maniera efficace? La scelta di posizionamento dell’agenzia nasce dal suo stesso DNA, e da quello del suo ecosistema: i Millennials e i giovanissimi della Generazione Z, i veri nativi digi-
In base alla vostra esperienza, quali sono gli strumenti più innovativi di cui il mercato della comunicazione oggi dispone? Siamo grandi fan della realtà aumentata. L’accesso a questa modalità di experience a livello mass è ancora un po’ limitata, ma sembra essere arrivato il grande momento. Anche se ce lo diciamo da anni ormai. Un altro mix ricercato nel settore è quello di digitale e fisico in uno stesso approccio.
Alessandro Gatti Managing Director ZooCom
“Gli ingredienti oggi più stimolanti per ricette di comunicazione ben calibrate, innovative e coinvolgenti sono tre: dati, tecnologia e creatività”, esordisce Alessandro Gatti. “L’uno deve vivere in funzione dell’altro, in un mix coerente e bilanciato che risponda alle esigenze di comunicazione del brand ma anche all’utente finale. Non dobbiamo fare l’errore di considerare la creatività come una cosa effimera e superata; in fondo, a pensarci bene, ci ricordiamo di spot di oltre quindici o vent’anni fa perché ci hanno emozionato, perché ci hanno fatto sognare o riflettere, associandoli a brand e scelte di consumo a volte razionali, altre volte più istintive. I dati diventano lo strumento per impostare il processo strategico creativo, per colpire il target in maniera profilata ed efficiente, 16
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tali. Quest’ultimo è un target sfuggente, sicuramente più difficile da conquistare per i brand. Il segreto è quello di vivere il target, seguirlo sui loro canali social preferiti che cambiano continuamente. Per questo motivo in ZooCom ci proponiamo di aiutare i brand a uscire dalla propria comfort zone e per farlo non basta più essere autoreferenziali: la parola d’ordine è empatia. Il punto focale non è più essere visibili, perché tutti i brand possono esserlo in un modo o in un altro, ma rilevanti, e questo presuppone uno sforzo in più che permetta di creare conversazione e interazione con i consumatori e con il pubblico in generale.
FUSION COMMUNICATION
da, con la differenza però, che il ritmo di lavoro è molto più accelerato e la possibilità di proporre e portare avanti progetti nuovi è reale.
È corretto affermare che, con il vostro approccio alla condivisione di competenze, ma anche il vostro modo di strutturare gli ambienti di lavoro e di condividere gli spazi, la vostra stessa agenzia possa essere definita un po’ “fusion”? I nostri uffici sono quelli del C32 a Milano Romolo, il primo gaming coworking d’Italia; uno spazio a tema gioco per stimolare la creatività e dare sempre un
po’ di buonumore. Al suo interno, oltre a ZooCom, hanno sede OneDay, Travel4Target e ScuolaZoo: booking di viaggi, organizzazione eventi, editoriale per studenti, eCommerce managers, marketing, comunicazione, risorse umane, amministrazione: in uno spazio di circa 2.000mq, si incontrano e influenzano competenze e approcci molto differenti, quasi come nella sede di una grossa azien-
Cosa vedete nel futuro del vostro Gruppo e più in generale del mondo della comunicazione? Un grande focus sulle persone, sull’utente finale e sul B2C. Se parliamo di editoria digitale è il successo di pubblico che determina i risultati commerciali, come per un’agenzia come la nostra è importante che le campagne “funzionino” oltre a essere intelligenti, ben eseguite e compliant rispetto al brief del cliente. Avere un costante focus su vision & mission ci permette di mantenerci allineati anche in un mondo che si evolve rapidamente, così come saper mixare il talento grezzo di giovani nativi digitali con la professionalità di figure più senior ma con un’importante apertura mentale e la voglia di rompere gli schemi della comunicazione.
Kidult Progetto crossmediale tra field e digital ty online tramite un contenuto video, preceduto da un’attività teaser. Insieme a un influencer amato dal target del prodotto e della sua community, Gianmarco Valenza, siamo andati stuzzicare le coppie di Milano, Napoli e Sanremo, chiedendo loro se ricordassero le parole della loro canzone di coppia. Diciamo che non tutti ci hanno azzeccato. In premio per i più bravi un bracciale di coppia Kidult, e per i più smemorati un invito a recarsi in gioielleria per farsi perdonare dal proprio partner. Le gag più divertenti sono poi diventate il contenuto video, Tra i progetti realizzati da Zoo-
quello studiato per Kidult, per
al Festival di Sanremo abbiamo
postato in occasione di San Va-
Com che hanno saputo misce-
il quale si è lavorato allo stesso
realizzato per Kidult un’attività
lentino, che ha raggiunto orga-
lare tra loro ingredienti diversi
tempo sia a livello digitale, sia
cross volta a stimolare tanto
nicamente numeri importanti e
con risultati sorprendenti, è
fisico. “In occasione di San Va-
il contatto one to one quanto
generato un ritorno organico di
particolarmente
lentino, contemporaneamente
l’engagement della communi-
fan sulla fanpage Facebook.
interessante
www.advertiser.it
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Fascicolo speciale di ADVERTISER Communication Strategies
estratto da
Advertiser Communication Strategies N°5 - Giugno 2017 www.advertiser.it Registrazione roc:17898 Registrazione Tribunale di Milano n°886 del 14/12/1989
Inchiesta Sharing Society | Speciale Fusion Communication
www.advertiser.it
Once a revolutionary, always a revolutionary – that’s what we believe. kü ÏŅƚųŸåØ Ƶåűųå ü±ÏĜĹč ± ÚĜýåųåĹƋ ĩĜĹÚ Ņü ųåƴŅĬƚƋĜŅĹ ƋʱŠĘå ÚĜÚţ ƚƋ ĘĜŸ foresight and determination inspire us just the same. While others strugčĬå ƵĜƋĘ ƋĘå ÚĜčĜƋ±Ĭ Ĭ±ĹڟϱŞåØ Ņƚų Ƌå±ĵ ĜŸ ĘåĬŞĜĹč ƋŅ ÚåĀĹå ĜƋţ Ņ üŅųčĜƴå ƚŸ üŅų ŞƚƋƋĜĹč :±ųĜƱĬÚĜ ƱÏĩ ƋŅ ƵŅųĩØ ÆƚƋ åƴåųƼÆŅÚƼ ĹååÚŸ ± ÚĜčĜƋ±Ĭ ĘåųŅţ
TVN srl - mensile | Poste Italiane spa Spedizione in Abbonamento Postale DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) Art. 1 comma 1 LO/MI | n°5 Giugno 2017 € 5,90
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INTERNET
OF
LIFE
Fusion Communication
SEM & SEO
Approcci e competenze diversificate per arrivare in maniera più efficace al risultato: attirare l’attenzione del consumatore e costruire una relazione.
Le tecnologie in questo settore sono sempre più numerose. Ma nella massa le cose che contano sono contenuti di qualità, “code lunghe” e presenza sui social.
Il messaggio è servito
Le chiavi che fanno la differenza
Editore
TVN srl Corso Magenta, 85 20123, Milano (MI)
Direttore Responsabile Massimo Bolchi