Le epatiti virali (epatite B, C e HIV)
Agenti eziologici, trasmissione, epidemiologia, prevenzione e gestione delle esposizioni
Epatiti virali Malattie epatiche causate da un gruppo di virus epatotropi* 1aache provocano epatite come manifestazione unica o prevalente L’epatite è un’infiammazione del fegato che può manifestarsi acutamente, cronicizzare, trasformarsi in cirrosi e, sia pur raramente, degenerare in tumore
* virus che hanno come bersaglio primario proprio le cellule epatiche
Virus epatitici Trasmissione per via oro-fecale HAV (epatite A) HEV (epatite E)
Trasmissione parenterale HBV* HCV* HDV* HGV e GBV-C
VIRUS EPATITICI MINORI: CMV, EBV, COXACKIE, HHV, PAROTITE, ROSOLIA *Epatite B, C, D, G
Gli agenti virali di epatite CLINICA Incubazione gg. Inizio Ittero (%) TRASMISSIONE Oro-fecale Parenterale Sessuale Congenita
A HAV
B HBV
C HCV
15-45 Acuto 10%
40-120 Insidioso 15-20%
Consueta Si Si
Consueta Rara(TD) No No
D DELTA
E HEV
G HGV
30-150 Aspecifico 25%
21-909 Acuto vario
21-42 Acuto ?
? ? ?
Consueta Si Si
Consueta Si Si
Consueta ? No Solo se inf. 3 trim.
Altre
No
Secreti vari
DECORSO Portatore cronico Epatite cronica MortalitĂ %
No No 0,2%
Si ++++ 1>3%
VIRUS
Picorna
Hepadna
Flavi
viroide
Calici
ANTIGENI
HAV
HBs,Hbc, e
Env, core, pol
HDV
HEV
si
Saliva
Si ++++ 1>3%
Si ++ 30%
1-20%(gravid.)
Flavi
Possibili quadri clinici delle epatiti virali
(indipendentemente dall’agente eziologico)
Asintomatica anitterica* Subclinica anitterica Epatite acuta “classica” itterica Epatite fulminante
*Senza "ittero" = colorazione giallastra della pelle, delle sclere e delle mucose causata dall'eccessivo innalzamento dei livelli di bilirubina nel sangue
Epatite virale acuta “classica” Fase prodromica (sindrome similinfluenzale) • Malessere generale, mal di testa, affaticamento, mialgia, artralgia, inappetenza ecc.
Fase itterica (ittero) • Ittero (aumento della bilirubina), urine scure, epatomegalia, splenomegalia
Fase convalescente (guarigione) • Scomparsa dell’ittero e dei dolori addominali, ripresa dell’appetito, miglioramento generale
Indici di laboratorio ď şAumento delle transaminasi (ALT e AST) da 10 0 100 volte ď şAumento significativo della bilirubina
Epatite virale cronica E’ un’affezione del fegato causata da virus epatitici (B, C, D) che perdura oltre 6 mesi Non vi è clearance dell’agente o degli agenti virali (coinfezioni, superinfezioni)
L’Italia ha un triste primato E’ al primo posto per prevalenza delle malattie del fegato tra i Paesi europei a causa della diffusione dei virus epatitici e dell’alcol Portatori di virus Epatite B: circa 1.000.000 Portatori di virus Epatite C: circa 1.500.000 Circa 20.000 decessi all’anno sono conseguenza di epatopatie (circa 55 morti al giorno) Circa il 70% degli adulti oltre i 50 anni ha sofferto di epatite (A, B, C), quasi sempre decorsa in modo asintomatico.
Epatite da virus B HBV
Epatite da virus B
Si stima che circa 2 miliardi di persone nel mondo siano affette da epatite da virus B (HBV), che 350 milioni di persone abbiano un’infezione cronica (il 25-30% di nazionalità cinese) e che ogni anno si verifichino 4 milioni di nuovi casi d’infezione acuta. L’HBV è la causa del 60-80% di tutti i casi di carcinoma epatocellulare e di 500.000-1 milione di decessi ogni anno
Epatite da virus B
Il virus dell’epatite B Particella di Dane HBsAg (antigene di superficie)
HBcAg (antigene del core)
HBeAg
22 nm
DNA-polimerasi
HBsAg
Virus a DNA di 42-nm di diametro, comprendente Core (27 nm) Involucro esterno proteico
Appartenente alla famiglia degli Hepadnaviridae Un singolo sierotipo maggiore
Epatite da virus B
Concentrazione di HBV nei liquidi biologici e resistenza nell’ambiente Alta Sangue Essudati
Intermedia
Liquido seminale Secreto vaginale Saliva
Bassa /non rilevata: Urine Feci Lacrime Latte materno
Resistenza -20°C: 15 anni
21°C: 6 mesi
60°C: 4 ore
Epatite da virus B
Modalità di Trasmissione di HBV Parenterale apparente (contatto con sangue infetto) Siringhe non sterili (TD) Emoderivati non controllati (emofilici ecc.) Strumenti medici non sterili Puntura con ago sporco di sangue (operatori sanitari)
Parenterale inapparente Strumenti medici non sterili (dentista, agopuntura, ecc.) Altri strumenti non ben sterilizzati (estetista, barbiere, tatuaggi, piercing) Oggetti da toilette taglienti o abrasivi (rasoi, lamette,spazzolini da denti ecc.)
Sessuale Perinatale (verticale materno-fetale)
Epatite da virus B
Categorie a rischio
Neonati da madre portatrice cronica di infezione da HBV Contatti familiari e sessuali di portatori cronici Operatori sanitari (medici,assistenti sanitari,infermieri,laboratoristi, etc.) Emodializzati Personale e utenti degli istituti per disabili Personale e reclusi delle carceri Tossicodipendenti per via endovenosa Agenti di pubblica sicurezza Eterosessuali sessualmente attivi ad alta promiscuità Omosessuali maschi sessualmente attivi Viaggiatori internazionali Personale militare in servizio in aree ad alta endemia
Epatite da virus B
Infezione da HBV Periodo di incubazione: media 60-90 giorni (range 45-180)
Infezione acuta (ittero): <10% nei bambini 30%-50% in adulti
Tasso di letalità della forma acuta: 0,5%-1%
Tasso di cronicizzazione: 30%-90% in <5 anni, 2%-10% in adulti
Mortalità per infezione cronica: 15%-25%
Epatite da virus B
Epatite B cronica Confermata dalla mancanza di: sviluppo di anticorpi anti-HBs eliminazione di HBsAg
Può svilupparsi in circa il: 5-10% degli adulti sani infetti da HBV 90% dei bambini infettati per via perinatale
Epatite da virus B
Evoluzione dell’infezione da HBV Trasmissione Incubazione Infezione sintomatica (itterica o anitterica)
Infezione
Guarigione e immunità
Infezione asintomatica
Guarigione e immunità
Epatite fulminante Morte
Guarigione
Portatore cronico
Portatore asintomatico
Epatite cronica
Carcinoma epatocellulare
Cirrosi Morte
Epatite B: impatto epidemiologico 350 milioni di portatori cronici di HBV Più di 1 milione di decessi/anno per infezione da HBV e sue conseguenze (carcinoma/cirrosi)
Epatite da virus B
Epatite B: epidemiologia
Portatori HBsAg: <2% 2-7% >8%
Livello di endemia:
basso
medio
alto
Pattern dell’infezione cronica da HBV
Epatite da virus B
Endemicità elevata (>8%): 45% della pop. mondiale Rischio di acquisire l’infezione: > 60% Trasmissione verticale Endemicità intermedia (2-7%): 43% della pop. mondiale Rischio di acquisire l’infezione: 20-60% L’infezione riguarda tutte le età Endemicità bassa (<2%): 12% della pop. mondiale Rischio di acquisire l’infezione: <20% L’infezione riguarda adulti di categorie a rischio
Epatite da virus B
HBV cronico
Carcinoma epatocellulare primario
Epatite da virus B
Diagnosi epatite B ALT, AST, bilirubina, ecc. Ricerca degli anticorpi verso HBV Anti-HBc (Tot e IgM) Anti-HBs Anti--HBe
Ricerca degli antigeni di HBV HBsAg HBeAg
Ricerca di HBV-DNA (PCR, branched-DNA ecc.)
Epatite da virus B
Sorgenti di infezione L’unica fonte è l’uomo: malato o portatore Il malato è infettante durante il periodo di incubazione e la fase acuta della malattia(HBsAg+) HBsAg è presente in: sangue, bile, saliva, latte materno, sperma, muco vaginale, urine, lacrime, sudore Portatore precoce (svilupperà in seguito la malattia), asintomatico, post-epatitico
Epatite da virus B
Prevenzione Non è necessario l’isolamento del malato; bisogna prestare massima attenzione a oggetti o strumenti contaminati con sangue o altri liquidi biologici del malato Misure preventive generali: controllo del sangue, autoclavi, uso di strumenti monouso In ambiente ospedaliero: autoclave In ambiente domestico: ipoclorito
I conviventi e i partners sessuali dei malati e portatori vanno sottoposti alla ricerca dei markers ed eventualmente vaccinati Ricerca HBsAg nelle gravide al 3° trimestre
Sieroprofilassi Vaccinoprofilassi Interventi sui portatori
Vaccinazione anti-epatite B
Epatite da virus B
Vaccinazione obbligatoria di tutti i nuovi nati e dei bambini al compimento del 12 anno d’età Calendario:
Adulti, adolescenti: 0,1,6 mesi Neonati: 3,5,11 mesi Neonati da madri HBsAg + : 0,1,2,11 mesi Richiami: •Non necessari •Recenti studi sostengono però che non sia necessario eseguire una dose di richiamo quando il primo ciclo vaccinale abbia provocato una buona risposta anticorpale.
Protezione: •il vaccino risulta efficace in oltre il 90% dei casi; •l'efficacia viene dimostrata con la presenza di anticorpi protettivi (HBsAb) alla fine del ciclo vaccinale.
Epatite da virus B
Categorie da sottoporre a vaccinazione anti-HBV
Neonati da madre portatrice di HBsAg Contatti familiari e sessuali di portatori cronici Operatori sanitari Emodializzati Personale e reclusi in istituti di pena Personale e utenti di istituti per disabili TD per via endovenosa Agenti di pubblica sicurezza Eterosessuali sessualmente attivi ad alta promiscuità Omosessuali maschi Viaggiatori internazionali Personale militare in servizio
Epatite da virus B
Immunoprofilassi: HB Ig Raccomandata in seguito a esposizione:
Perinatale (entro 12 h) Sessuale Epatite B acuta della madre, del padre o di chi cura il bambino (prima possibile) Percutanea o mucosa (entro 24 h)
Epatite da virus B
Raccomandazioni post-esposizione al virus dellâ&#x20AC;&#x2122;epatite B S omministrazione di HBIg
S omministrazione di VACCINO
ESPOS IZIONE
TEMPO
N.DOSI
TEMPO
SESSUALE
Prima possibile (entro 12 ore)
3
Entro 7 giorni (meglio en tro 12 ore); ripetuto a 1 e 6 mesi
Prima possinile
3
0,1 e 6 mesi
Entro 24 ore
3
controllare il caso ind ice Entro 7 giorni; ripetere a 1 e 6 mesi
Entro 24 ore -
1(1) 1 1(2)
EPATITE B ACUTA della madre, d el padre o d i chi cura il bambino -Bambino <12 mesi -Bambino>=12 mesi PERCUTANEA O MUCOSA -Precedentemente non vaccinato -Precedentemente vaccinato: Responder Non-responder Risposta non nota
(1) Vaccinare se gli anticorpi anti-HBs <10 UI/ml (2) Se i test per gli anticorpi anti-HBs indicano suscettibilitĂ
Epatite da virus B
Raccomandazioni per la profilassi contro l’epatite B dopo esposizione percutanea o mucosa PERS ONA ESPOSTA
FONTE HBs-Ag POSITIVA
Non v accinata
HBIg x 1 ed in iziare la vaccinazione
Precedentemente vaccinata:
Ricerca degli anti-HBs(1):
-Responder
Fonte HBs-Ag NEGATIVA
FONTE NON TESTATA o NON NOTA
Iniziare la vaccinazione
Iniziare la vaccinazione
-se adegu ati, non trattare -se inadeguati, dose di richiamo del vaccino
Non trattare
Non trattare
-Non responder
HBIg x2 o HBIg x1 pi¯ 1 dose di vaccino
Non trattare
Se fonte ad alto rischio si pu trattare come se la fonte fosse HbsAg positiva
Risposta non nota
Ricerca degli anti-HBs(1): -se inadeguati HBIg x 1 pi¯ dose di richiamo del vaccino -se adegu ati non trattare
Non trattare
Testare la persona esposta per gli anti- HBs -se inadeguati, dose di richiamo del vaccino -se adegu ati, non trattare
(1) titoli anticorpali adegu ati anti-HBs sono >10mUI/ml
Epatite da virus B
Protocollo per lâ&#x20AC;&#x2122;esecuzione della vaccinazione
contro lâ&#x20AC;&#x2122;epatite virale B
Valutazione della risposta anticorpale nel personale sanitario Negli operatori sanitari che abbiano contatti con pazienti o con materiale ematico ed altri fluidi biologici, e che siano esposti continuamente al rischio di lesioni con aghi o strumenti taglienti, è opportuna l’esecuzione di un test, anche solamente qualitativo, per la valutazione della risposta anticorpale a distanza di uno-due mesi dall’ultima dose del ciclo vaccinale di base. Tale test non è invece indicato per i nuovi nati, gli adolescenti e gli adulti mentre, anche a fini medico-legali e di valutazione dell’idoneità lavorativa specifica, è opportuna la sua esecuzione nelle persone, vaccinate nel passato, al momento dell’inizio dell’attività come operatore sanitario. Qualunque sia il tempo trascorso dal completamento del ciclo primario di vaccinazione, in caso di positività del test per la ricerca degli anticorpi anti-HBs, non sono necessarie dosi di richiamo della vaccinazione contro l’epatite virale B né ulteriori controlli dello stato immunitario. In caso di negatività del test per la ricerca degli anti-HBs, negli operatori sanitari, è indicata la somministrazione di una quarta dose di vaccino contro l’epatite virale B, con ulteriore valutazione del titolo anticorpale a distanza di uno-due mesi. In caso di persistenza di negatività del test, non sono indicate ulteriori somministrazioni di vaccino (vedi schema riportato in allegato). E’ consigliabile, in questi casi, procedere alla ricerca della presenza dell’HBsAg. Il soggetto che non ha risposto alla vaccinazione deve essere considerato suscettibile all’infezione da virus dell’epatite B ed essere informato circa la necessità, in caso di esposizione accidentale al virus, di profilassi post-esposizione basata sulla somministrazione di immunoglobuline specifiche. Epatite da virus B
Schema di comportamento per lâ&#x20AC;&#x2122;esecuzione della vaccinazione contro lâ&#x20AC;&#x2122;epatite virale B in categorie di persone esposte al rischio: Ciclo primario 0, 1, 6 mesi
Dopo un mese
Controllo anti-HBs
negativo
POSITIVO
Somministrare IV dose Dopo un mese
Controllo anti-Hbs
POSITIVO
negativo
PERSONA SUSCETTIBILE Profilassi post esposizione con immunoglobuline
Epatite da virus B
Epatite da virus B
RICHIAMI
Nel protocollo viene specificato come, sia nel caso dei nuovi nati che dei ragazzi e degli adulti, non è necessario procedere alla somministrazione di dosi di richiamo di vaccino contro lâ&#x20AC;&#x2122;epatite virale B una volta che sia stato completato il ciclo vaccinale di base. Studi epidemiologici hanno dimostrato la persistenza, anche a distanza di anni, della protezione conferita dalla vaccinazione nei confronti della malattia e dello stato di portatore cronico, anche in assenza di anticorpi a titoli dosabili.
Epatite da virus C HCV
Epatite da virus C
L’epatite da virus C è la più frequente causa di epatopatia cronica, incluse la cirrosi epatica e il carcinoma epatocellulare, ed è la più frequente causa di trapianto di fegato nei paesi industrializzati. Nonostante l’incidenza dell’infezione da HCV sia sensibilmente diminuita negli ultimi vent’anni nella maggior parte delle nazioni industrializzate, la prevalenza delle malattie HCV correlate è in aumento. Ciò è riconducibile all’intervallo temporale, spesso superiore ai 20 anni, che normalmente decorre tra l’inizio dell’infezione e la comparsa del quadro clinico riferibile alla malattia epatica cronica.
Epatite da virus C
Il virus C dell’epatite capside
c22
Proteine dell’envelo pe
proteasi/elicasi
33c
RNA-polimerasi RNA dipendente c-100 3’
5’ core
E1
E2
Regione ipervariabile
NS2
NS3
NS4
NS5
. L’HCV è un virus appartenente al genere Hepacivirus, della famiglia dei FLAVIVIRIDAE, ha un diametro di circa 55-65nm ed ha il genoma costituito da RNA a singola elica, caratterizzato da una certa eterogeneità genetica, in particolare per quanto riguarda i geni che codificano per le proteine del capside
Epatite da virus C
Distribuzione geografica dei genotipi •I genotipi 1, 2 e 3 sono diffusi in tutto il mondo, e il genotipo 1 è il più frequente negli USA e nei paesi occidentali. •I genotipi 4 e 5 presentano una distribuzione geografica più circoscritta
Europa 1a 17% 1b 48%
Italia
2
1a altri 3%
4 3%
3 16%
7%
1b 51%
2 28%
altri
1%
3 4 4%
9%
Epatite da virus C
Aspetti clinici dell’infezione da HCV Periodo di incubazione: in media 1-3 mesi
Nella maggior parte dei casi (>60-70%), l’infezione acuta decorre in
maniera asintomatica 10%-20 dei pazienti presenta segni di malattia (ittero, malessere, anoressia)
Eccezionalmente la malattia presenta decorso di tipo fulminante. 60-80% dei pazienti con infezione acuta diviene portatore cronico, ma i
primi segni della malattia compaiono dopo anni L’assunzione di alcol, associata all’infezione da HCV aumenta il rischio di cirrosi e di epatopatia scompensata.
Epatite da virus C
Aspetti clinici dell’infezione da HCV Il 20% dei portatori cronici sviluppa cirrosi nell’arco di tempo di 20-25 anni.
Complicanze tipiche della cirrosi: ipertensione portale, encefalopatia epatica, ittero, ipoalbuminemia,
deficit di coagulazione carcinoma epatocellulare (rischio annuale del 4%)
L’epatopatia cronica da HCV rappresenta attualmente
l’indicazione più comune al trapianto di fegato
Storia naturale delle infezioni da HCV e HVB HCV
HBV 6-10%
â&#x2030;&#x2C6; 80% Cronicizzazione 40% Epatite cronica
Epatite da virus C
Cronicizzazione
Guarigione
50% Epatite cronica
20%
25%
Cirrosi
Cirrosi
Rischio per epatocarcinoma
Rischio per epatocarcinoma
Epatite da virus C
Modalità di trasmissione di HCV Parenterale (contatto con sangue infetto) Sessuale Intrafamiliare o in comunità Verticale/perinatale • Interessa, in media, il 5% dei neonati da madri infette; se la madre presenta una coinfezione con l’HIV tale probabilità aumenta fino al 15%. • Secondo il CDC, l’infezione della donna non costituisce comunque una controindicazione alla gravidanza o all’allattamento.
Fattori di rischio per HCV
Epatite da virus C
Trasfusioni non autologhe di sangue (prima del 1992) Trasfusioni non autologhe di fattori della coagulazione (prima del 1987) Scambio di siringhe fra TD Trapianti di organo (prima del 1992) Esposizione accidentale percutanea (operatori sanitari) Emodialisi cronica Trasmissione verticale (perinatale) Rapporti sessuali/omosessuali promiscui Piercing-tatuaggi Scambio di oggetti personali (rasoio, spazzolino ecc.) TD=Tossicodipendenti
Epatite C: importanza del problema
Epatite da virus C
L’OMS stima che fino al 3% della popolazione mondiale
sia stata infettata da HCV 200 milioni di portatori cronici di HCV nel mondo Nuovi casi/anno notificati: 150.000
USA
175.000
Europa occidentale
350.000
Giappone
>500.000
Africa
Epatite da virus C
Prevalenza di HCV nel mondo
Prevalenza HCV Alta >5% Intermedia 1.1-5% Bassa 0.2-1% Molto bassa <0.1% Non nota
Prevalenza di HCV in alcuni Paesi europei
Epatite da virus C
Prevalenza HCV %
Numero di soggetti infetti
3 (0,6-6)
1.000.000-2.000.000
Paesi Bassi
0,2-0,8
800-1200
Portogallo
0,5-0,9
50.000-90.000
Spagna
0,1-2,5
200.000-400.000
0,3-1
200.000-600.000
ITALIA
Regno Unito
Epatite da virus C
Aspetti epidemiologici in Italia L’incidenza annuale stimata di nuove infezioni/anno da HCV nella popolazione generale è attualmente molto bassa: 4-6 x 100.000 La prevalenza dell’infezione cronica nella popolazione generale è caratterizzata da un effetto di coorte Rara nei soggetti giovani <1,5% nei nati tra il 1950-1959 >3% nei nati tra 1940-1949 >5% nei nati prima del 1940 con punte più elevate nel SUD e nelle ISOLE > 10% nelle categorie ad alto rischio (TD, emodializzati, trasfusi prima del ‘92 ecc.)
Epatite da virus C
Diagnosi Ricerca anticorpi anti-HCV (screening) Test supplementari (Riba, Inno-LIA) Ricerca genoma virale di HCV con tecniche molecolari (RT-PCR) Tecniche qualitative Tecniche quantitative
Determinazione del genotipo (Line Probe hybridization Assay-LIPA/sequenziamento 5’ UTR o NS5B))
1a, 1b, 2a/2c, 3a, 4 ecc.
Test per la ricerca dell’antigene core di HCV
Raccomandazioni per screening di massa anti-HCV Raccomandato solo nelle categorie ad alto rischio (TD, dializzati ecc.) e in generale nei soggetti potenzialmente eleggibili al trattamento antivirale! Problemi: • • • •
molti sono già a conoscenza del proprio status di portatori, solo il 30% circa candidabile a terapia per comorbidità, risposta virologica sostenuta solo nel 40% dei trattati effetti collaterali terapia ecc.
Sconsigliato nei >65 anni, nati dopo il 1950, nelle gravide (nessun presidio per riduzione del rischio di trasmissione verticale), in soggetti che devono essere sottoposti a intervento chirurgico Epatite da virus C
Epatite da virus C
Prevenzione Non esiste un vaccino efficace contro HCV. Non esiste alcun intervento di profilassi post-esposizione.
Lâ&#x20AC;&#x2122;unica strategia preventiva è di tipo comportamentale nei riguardi dei fattori di rischio
Epatite da virus C
Prevenzione Screening di sangue, organi, tessuti donati Modificazione dei comportamenti ad alto rischio Precauzioni nel contatto con sangue e liquidi corporei
Epatite da virus C
Linee guida del Public Health Service per le persone anti-HCV positive: Considerare il rischio di trasmissione sessuale (utilizzare il profilattico)
Considerare il rischio di trasmissione verticale (non ci sono controindicazioni alla gravidanza e all’allattamento)
Non è possibile donare sangue, organi, tessuti o seme Devono essere accuratamente smaltiti cerotti, garze, siringhe, ecc., venuti a contatto con il sangue del soggetto
Evitare l’uso promiscuo di tutti gli oggetti da toilette (es, rasoio, spazzolino, ecc.)
Proteggere ferite o altre lesioni cutanee
AIDS Infezione da HIV
L’infezione da HIV L'HIV è in continua diffusione in tutto il mondo, espandendosi rapidamente in aree geografiche fino a pochi anni fa relativamente risparmiate dall'epidemia, e rafforzando la sua presenza nei Paesi dove l'AIDS è già la principale causa di morte nelle persone di età compresa tra i 20 ed i 50 anni, e dove l'aspettativa di vita della popolazione adulta si è ridotta di quasi 10 anni
Epatite da HIV
AIDS: Acquired Immuno Deficiency Syndrome
E' una malattia caratterizzata da: Deficienza delle capacità difensive dell’organismo per alterazione del sistema immunitario Comparsa di malattie normalmente “rare” Epatite da HIV
GLI STUDI EPIDEMIOLOGICI
Epatite da HIV
L’infezione da HIV-1 per
la frequenza di recidive di infezioni e malattie opportunistiche il tipo di terapia richiesta
l’alto costo (ospedalizzazione giorni di lavoro persi)
la sua incidenza
PUÒ ESSERE CONSIDERATA ALLA STREGUA DI UNA VERA E PROPRIA MALATTIA SOCIALE
Epatite da HIV
L’agente eziologico HIV-1/2 = Human Immunodeficiency Virus
Retrovirus appartenente alla sottofamiglia dei Lentivirus, virus che danno luogo a infezioni “lente” (lungo intervallo tra infezione e sintomi) 100 nm di diametro, dotato di involucro esterno (envelope) 2 molecole di RNA + Trascrittasi inversa Geni: pol, gag, env + geni regolatori
Gp 120
Epatite da HIV
Fasi del decorso clinico Infezione primaria (sintomatica o asintomatica) Latenza clinica Sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS)
Infezione acuta da HIV
Epatite da HIV
Si verifica nel 40-70% dei soggetti Si manifesta a distanza di 2-6 settimane dal contagio Febbre, linfoadenopatia, mialgie, artralgie, cefalea, diarrea, esantema maculo-papuloso (sintomi aspecifici) Raramente manifestazioni neurologiche come sindromi neuroencefaliche o neuropatie periferiche
È caratterizzata da alti livelli di replicazione virale
Epatite da HIV
Decorso dellâ&#x20AC;&#x2122;infezione da HIV
1000
Morte
Infezione primaria Sindrome acuta Disseminazione virus Disseminazione org. linf.
1x106 Copie/ml
Latenza clinica
Infezioni opportunistiche
Sintomi costituzionali
500
0 0 3 6
9
settimane
12
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
Fattori che possono condizionare la progressione dell’infezione da HIV
Epatite da HIV
Età (evoluzione più rapida nei bambini che negli adulti) Modalità di infezione (TD e soggetti infettati per via trasfusionale presentano incubazione più breve rispetto a soggetti infettati per via sessuale) Infezioni associate (MST) Modificazioni ormonali (gravidanza) Malnutrizione proteico-calorica (paesi in via di sviluppo) Variabilità genomica del virus (strategia del “new antigen”) Presenza di differenti fenotipi virali (quasispecie) Differenti caratteristiche replicative in vitro (rapid high, slow low)
Epatite da HIV
HIV: VIE DI TRASMISSIONE Trasfusioni
Rischio professionale (0.4%)
Tossicodipendenza per vena Sangue o derivati gravidanza
Rapporti omosessuali
Rapporti eterosessuali
Via sessuale (probabilitĂ di trasmissione per singolo rapporto: da 0.1 a 0.001%)
allattamento
parto
Via materno-fetale (15-35%)
Epatite da HIV
Infezione da HIV SIEROPOSITIVO: soggetto che è venuto in contatto con il virus e ha sviluppato gli anticorpi SIEROPOSITIVO≠ MALATO DI AIDS
La sieropositività dura tutta la vita Sieroreversione: perdita di anticorpi anti-HIV (si verifica solo in bambini nati da madre sieropositiva e non infetti)
Epatite da HIV
AIDS e donne Nel mondo: 48% Africa sub-sahariana: 57% 76% dei sieropositivi tra 15-24 anni
Nell’ultimo biennio: Europa dell’est: + 48% Asia orientale: +56%
Epatite da HIV
Infettività dei materiali biologici ISOLAMENTO HIV
TRASMISSIONE ACCERTATA
Sangue Liquido seminale Secreto vaginale Latte materno
SI SI SI SI
Lacrime Saliva Sudore Feci urine
NO NO NO NO
Fattori necessari per la trasmissione di HIV Idonea via di trasmissione
Soggetto infetto
Adeguata quantitĂ di virus
Soggetto sano Epatite da HIV
Modalità di trasmissione dell’infezione da HIV
Epatite da HIV
Sessuale Eterosessuale Omosessuale Bisessuale
Parenterale Esposizione a sangue infetto (trasfusioni, scambio di siringhe, contaminazione con aghi infetti)
Trasmissione verticale Da madre infetta a neonato
Fattori che influenzano la probabilità di trasmissione di HIV Carica infettante liquido biologico, stadio dell’infezione
Fattori legati al virus Genotipi (circa 17)
Fattori legati al singolo individuo infettività, resistenza all’infez. ecc.
Fattori comportamentali N. partner sess., tipo di rapp. sess. ecc.
Tipo di esposizione Atri cofattori (MST, ecc.)
Epatite da HIV
Rapporti sessuali e AIDS
Epatite da HIV
La trasmissione sessuale del virus dell’AIDS è responsabile di oltre il 75% delle infezioni mondiali da HIV
Fattori che condizionano la trasmissione Tipo di rapporto Eterosessuale
– Uomo-donna – Donna-uomo
Omosessuale
– Uomo-uomo – Donna-donna
Tipo di pratica sessuale Rapporti anali Rapporti vaginali Rapporti oro-genitali Frequenza dei rapporti sessuali Infezioni concomitanti (MST)
Probabilità di contagio nei contatti sessuali con una persona sieropositiva
La probabilità di un uomo sieronegativo di infettarsi attraverso un rapporto vaginale non protetto con una donna sieropositiva è: 1/500 (0,2%) La probabilità di una donna sieronegativa di infettarsi attraverso un rapporto vaginale non protetto con una uomo sieropositivo è: 1/300 (0,3%) La probabilità di contrarre l’infezione attraverso un rapporto anale non protetto è: 1/50 (2%) Epatite da HIV
Epatite da HIV
Trasmissione verticale Dal 15 al 20% dei bambini nati da madre sieropositiva contraggono l’infezione da HIV
La trasmissione verticale si può verificare: Durante la gravidanza Al momento del parto Tramite allattamento al seno
Fattori che influenzano la probabilità di trasmissione Fattori inerenti la madre (stadio clinico, CD4, AZT ecc.) Fattori inerenti il feto Modalità del parto (naturale, cesareo)
Epatite da HIV
Prevenzione dell’infezione da HIV Tossicodipendenza Siringhe sterili, bleach, profilattico
Via sessuale Profilattico, misure di controllo delle MST Bleach deriva da una campagna degli anni '80 contro l’AIDS, che invogliava i tossicodipendenti a lavare i loro aghi con la candeggina
Epatite da HIV
Prevenzione dell’infezione da HIV Via verticale Profilassi con antiretrovirali nella gravida e nel neonato, Evitare allattamento.
Epatite da HIV
Prevenzione dell’infezione da HIV Via parenterale (trasfusioni ed emoderivati) Screening, autotrasfusione, inattivazione al calore di fattori della coagulazione ed emoderivati.
Epatite da HIV
Prevenzione dell’infezione da HIV Via parenterale (esposizioni accidentali in operatori sanitari) Precauzioni universali Profilassi con antiretrovirali
Conclusioni L’epatite B contratta dagli operatori sanitari (OS) durante il lavoro è di fatto assente nei paesi dove sono praticate efficaci campagne di vaccinazione. L’epatite C, invece, viene sempre più riconosciuta come il pericolo maggiore per gli OS quando vengono a contatto con il sangue. Il sangue è la più rilevante fonte di infezione per gli OS. Altri fluidi* possono però contenere l’HBV e l’HCV e quindi devono essere elaborate delle strategie finalizzate ad evitare eventuali contatti. * - Sangue intero o frazionato - Sperma - Liquido peritoneale - Secrezioni vaginali - Liquido pleurico - Latte materno - Liquido pericardico - Tessuti solidi prelevati durante l’attività - Liquido sinoviale chirurgica o a scopo di biopsia - Liquido amniotico
ESPOSIZIONE PROFESSIONALE*
Da: "IL RISCHIO BIOLOGICO DA VIRUS DELL’EPATITE B E C (HBV E HCV): PREVENZIONE SPECIFICA E SORVEGLIANZA SANITARIA IN AMBIENTE OSPEDALIERO ALLA LUCE DEL D.LGS. 81/08 di Sabina Sernia Direttore e Medico Competente, Coordinatore del Centro di Medicina Occupazionale, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
GESTIONE DELLE ESPOSIZIONI PROFESSIONALI La prevenzione del rischio infettivo durante l’attività lavorativa, la tempestiva individuazione della sieropositività e la diagnosi precoce di malattia sono elementi essenziali, non solo ai fini della tutela della salute dei lavoratori, ma anche per prevenire la possibile trasmissione del virus ai degenti, ai colleghi di lavoro, ai familiari e ad altri membri della comunità sociale durante l’orario extralavorativo. Il D.Lgs. 626/94 (così come il D.Lgs. 81/08, cosiddetto Testo Unico) ha dato piena attuazione alla direttiva 90/679/CEE, riguardante la protezione da agenti biologici (Titolo X del nuovo Testo Unico), che ha costituito un salto di qualità in materia di prevenzione del rischio infettivo in ambito lavorativo. 1 Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626 - Attuazione delle Direttive CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (Gazzetta Ufficiale n. 265 del 12 novembre 1994, S.O. n. 141). 2 Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 - Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007 n. 123 inmateria di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (Gazzetta Ufficiale n. 108 del 30 aprile 2008, S.O. n. 101). 3 Direttiva del 26 novembre 1990 Consiglio CEE 90/679 relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE). Pubblicato su Gazzetta Ufficiale L. 374 del 31 dicembre 1990.
Esso non si limitava a prescrivere norme igieniche o di buona tecnica microbiologica, ma ha imposto adempimenti relativi ad una serie di obblighi inerenti: la valutazione del rischio; la programmazione e l’attuazione di procedure di profilassi e sicurezza; l’informazione e la formazione su tali procedure; l’informazione dei lavoratori sui rischi specifici; le notifiche all’autorità competente; la sorveglianza sanitaria periodica; le misure specifiche di contenimento da adottare per le aree di lavoro. La prevenzione generale si basa sull’adempimento degli obblighi specifici previsti dal D.Lgs. n. 81/08 e sul rispetto di norme generali di comportamento o “precauzioni universali”. Queste ultime, seppur raccomandate per la prevenzione delle infezioni da HIV, sono applicabili con medesima efficacia a varie malattie infettive a trasmissione ematica (in particolare l’epatite da virus B) trasmissibili dal paziente all’operatore sanitario.
FASI DI GESTIONE PRE-ESPOSIZIONE
In ogni azienda dovranno essere ben identificati (anche se in convenzione presso strutture di altre realtà aziendali): • un servizio di primo intervento inteso come centro operativo h24 (per es. Pronto Soccorso) per i provvedimenti immediati/urgenti e i primi interventi preventivi. Presso questo servizio dovrebbero risultare disponibili immunoglobuline per HBV; • un centro di riferimento inteso come il centro o i centri che gestiscono e pianificano le situazioni successive (accertamenti sanitari periodici, somministrazione e controllo della profilassi post esposizione (PPE), richiami vaccinali); • un servizio di analisi urgenti inteso come servizio che in casi selezionati sia in grado di eseguire le necessarie analisi (indagini sierologiche) in regime di urgenza. In ottemperanza alle indicazioni ministeriali, presso tutte le aziende andra condivisi: • un protocollo di gestione (con individuazione dei soggetti di riferimento e ruolo ricoperto);
• un programma di informazione e formazione volto all’addestramento del personale in toto con particolare riferimento a quello del servizio di primo intervento e del centro di riferimento.
Tutti i campioni di sangue vanno trattati come fossero infetti; i contatti con il sangue possono avvenire in tutti i reparti ospedalieri e in molte strutture sanitarie al di fuori dell’ospedale. Questi sono i principi di base delle “Precauzioni Standard” (“precauzioni universali”), ovvero misure valide contro i virus HBV, HCV ed HIV da adottare in tutti gli ambienti sanitari ed in ogni contesto assistenziale con tutti i pazienti. Il passo successivo da compiere per un potenziamento dei programmi di prevenzione è rappresentato dall’individuazione delle situazioni maggiormente a rischio e degli OS che più frequentemente degli altri possono andare incontro a contatti accidentali con il sangue od altri liquidi infetti dei pazienti. Gli elementi cardine di un programma di prevenzione e protezione a tut ad un rischio biologico sono i seguenti: Rispetto delle precauzioni standard: lavaggio delle mani, adozione delle misure di barriera (ad es. uso dei guanti), cautela nella
manipolazione e smaltimento di aghi o taglienti. Informazione, formazione ed addestramento, così come previsto nel D.Lgs. 81/08, Titolo X, art. 278. Disponibilità ed utilizzo dei dispositivi di protezione (individuali e collettivi): con l’espressione “dispositivo medico per la prevenzione della puntura accidentale” o con la sigla “Needlestick Prevention Device” (NPD) si intende “un dispositivo medico che incorpora un meccanismo di sicurezza grazie al quale è possibile prevenire la puntura accidentale sia durante sia dopo l’uso, sia durante sia dopo l’eliminazione del dispositivo stesso”. Il NPD rappresenta una misura di protezione collettiva per l’eliminazione/riduzione di un rischio specifico come la puntura accidentale: è pertanto utilizzabile indipendentemente dalla specificità dell’interazione tra il singolo operatore e l’ambiente/ambito operativo.
Il DPI è invece un dispositivo di protezione individuale utilizzato per proteggere il singolo operatore in relazione ad una specificità operative definita e circoscritta. Il NPD più efficace è quello privo di ago (needleless); per tutti gli NPD nei quali non sia possibile evitare l’inclusione di un ago, e che esplichino la loro funzione protettiva grazie alla presenza di un meccanismo di sicurezza (engineering control), le raccomandazioni indicano le seguenti caratteristiche: • che il meccanismo di sicurezza sia parte integrante del dispositivo; • che il meccanismo di sicurezza crei, dopo l’attivazione, una barriera efficace, permanente ed irreversibile tra le mani dell’operatore e l’ago; • che l’avvenuta attivazione del meccanismo di sicurezza sia facilmente verificabile da parte dell’operatore; • che il meccanismo di sicurezza non possa essere disattivato e sia efficace anche dopo l’eliminazione del NPD.
FASI DI GESTIONE POST-ESPOSIZIONE Fasi: • Misure immediate al momento dell’incidente (favorire il sanguinamento della ferita, lavaggio, disinfezione etc.). • Comunicazione dell’accaduto al referente della struttura per la raccolta delle informazioni disponibili relative al paziente fonte. • Stima del rischio relativo allo specifico incidente e counseling dell’esposto presso il Servizio di primo intervento che provvede, ove necessario, anche alla compilazione del certificato INAIL ed esegue la valutazione della necessità di (PPE) e di altre eventuali misure di profilassi. • Segnalazione al Centro di Riferimento per la registrazione dell’evento. I risultati degli accertamenti post esposizione debbono comunque pervenire al Medico Competente della struttura. Il centro di riferimento si occuperà anche della pianificazione dei controlli (periodicità e verifica dell’esecuzione degli accertamenti).
MISURE IMMEDIATE POST-ESPOSIZIONE E CONTROLLI SUCCESSIVI
Per quanto attiene alle misure immediate post-esposizione, in caso di lesioni percutanee (punture/oggetti taglienti), occorre: • far sanguinare la ferita per qualche istante; • rimuovere eventuali corpi estranei presenti nella sede della ferita; • lavare la ferita per 10 minuti con acqua e sapone e con disinfettante/antisettico (per es. 10% soluzione di iodio o composti di cloro). In caso di contaminazione di cute non integra, occorre lavare con acqua corrente e, se disponibile, sapone antisettico, oltre a disinfettare. In caso di contaminazione della mucosa, è necessario sciacquare abbondantemente con soluzione fisiologica sterile, con acqua sterile o con acqua di rubinetto per 10-15 minuti.
Effettuate le misure immediate, deve essere tempestivamente comunicato lâ&#x20AC;&#x2122;accaduto al referente della struttura (per procedere alla valutazione del paziente fonte) e deve essere avviata la procedura di notifica del caso al Centro di riferimento deputato alla registrazione del caso stesso. Lâ&#x20AC;&#x2122;OS dovrĂ quindi recarsi immediatamente al Servizio di primo intervento disponibile per: - counseling di emergenza e consigli sulla profilassi post esposizione; - eventuale somministrazione di agenti antiretrovirali in caso di esposizione ad HIV; - eventuale somministrazione di immunoglobuline per HBV. - Presso il Centro di riferimento verranno concordati gli appuntamenti per la sorveglianza e gli accertamenti sanitari successivi. Va sottolineato che la mancata osservanza di questa procedura (interventi immediati e controlli successivi) rende inefficace la tutela del soggetto esposto.
PROVVEDIMENTI POST-ESPOSIZIONE In seguito ad un evento infortunistico con possibile esposizione a rischio biologico deve essere attivato uno specifico percorso post-esposizione. In Italia la maggior parte degli operatori sanitari è oggi efficacemente protetta dalla vaccinazione. Per gli operatori non vaccinati, a prescindere dallo stato sierologico del paziente fonte vs. HBV, è indicata la somministrazione della prima dose del ciclo accelerato di vaccino antiepatite B accompagnata da quella di immunoglobuline specifiche in caso di fonte HbsAg+. Per gli OS vaccinati, ma che ignorano il titolo anticorpale raggiunto a fine vaccinazione, è indicata la somministrazione di una dose di richiamo di vaccino antiepatite B contestualmente al prelievo ematico per AntiHbs. Per gliOS vaccinati che risultano protetti contro l’infezione (anti Hbs ≥10 mIU/mL) , non è necessario alcun booster o follow up. Agli OS non responder va invece proposta la somministrazione di immunoglobuline specifiche. Se la sorgente di esposizione è HCV positiva, l’OS si deve sottoporre al test sierologico al tempo zero, dopo 6 mesi e dopo 9 mesi dall’esposizione e deve eseguire il controllo dell’alanina aminotransferasi (ALT).
Non essendovi a tutt’oggi basi scientifiche che indichino l’uso delle Ig per la PPE, un regime di profilassi post-esposizione ad HCV non è attualmente raccomandato. Bisogna pertanto procedere ad una valutazione caso per caso da parte dell’infettivologo di ogni sintomo e segno riferibili al quadro dell’epatite virale. La terapia di scelta per l’infezione cronica da HCV si basa sulla somministrazione di interferon peghilato a lento rilascio e ribavirina. La risposta al trattamento è influenzata da fattori legati all’ospite (età, genere, severità della fibrosi) e da fattori virali (genotipo e carica virale). Esistono dati concreti sull’associazione tra infezione da particolari genotipi e probabilità di successo della terapia. La genotipizzazione del virus C potrebbe pertanto inserirsi nell’ambito dei protocolli di sorveglianza sanitaria adottati nelle diverse realtà, come ulteriore percorso metodologico per un giudizio sulla prognosi della malattia. Anche le recenti linee guida per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori della sanità esposti a rischio biologico ribadiscono che la determinazione del genotipo di HCV può essere indicata nel corso della sorveglianza epidemiologica degli OS, anche per motivi medico-legali (è utile identificare il genotipo negli operatori sanitari infetti e nei pazienti infetti al fine di confrontarli nel caso di infortuni).
Per quanto riguarda le raccomandazioni per gli OS a rischio di trasmettere l’infezione da HBV ed HCV, esse si possono sintetizzare come segue: • gli OS a rischio di trasmettere l’infezione devono essere esclusi dallo svolgere attività invasive in prima persona; • gli OS positivi per HBV ed HCV devono essere tutelati per quel che riguarda la conservazione del posto di lavoro e la retribuzione corrisposta, anche qualora la loro idoneità alle attività sanitarie debba essere modificata. La struttura ospedaliera o sanitaria dovrebbe assegnare a tali operatori mansioni il più possibili affini a quelle svolte in precedenza, anche attraverso una adeguata riqualificazione. Inoltre tali lavoratori devono essere riesaminati periodicamente per verificare l’andamento dell’infezione e la risposta ad eventuali trattamenti; • gli OS che spontaneamente o in seguito a trattamento dimostrano una risposta sostenuta possono essere rivalutati ed eventualmente riammessi alle precedenti mansioni. La struttura sanitaria deve garantire la privacy dell OS; non è necessario che i colleghi o i superiori vengano a conoscenza dello stato sierologico dell OS.
Nel caso in cui altri operatori vengano a conoscenza dello stato di portatore cronico di un collega, gli stessi devono ricevere esplicite istruzioni di non rivelarlo ad altri. Gli OS dovrebbero evitare di porre domande riguardanti lo stato di infezione da HBV ed HCV dei colleghi al personale dirigenziale preposto alla struttura. Non dovrebbe essere richiesto all’OS infetto da HBV ed HCV di comunicare la propria condizione al paziente (tranne in quelle situazioni in cui il malato sia stato chiaramente esposto al sangue o ad altri fluidi corporei pericolosi dell’operatore). Infine l’OS portatore di HBV per il quale siano state previste delle limitazioni può comunicare la propria condizione al paziente ed ottenere il consenso informato all’intervento. Al paziente verrà offerta, se non immune, la possibilità di eseguire immunoprofilassi attiva. È obbligatorio ottenere dal paziente fonte il consenso informato per l’esecuzione degli accertamenti. I dipendenti che rifiutano di sottoporsi agli accertamenti sanitari dovranno compilare un apposito modulo.
La prevenzione delle infezioni professionali a trasmissione ematica è possibile e dipende dall’integrazione di tre strategie strettamente correlate: adozione e rispetto delle precauzioni standard, immunizzazione, profilassi post esposizione. Attualmente però l’impossibilità ad effettuare l’immunoprofilassi per HCV comporta che l’unica strategia valida per prevenire l’infezione occupazionale da questo virus sia quella di evitare l’esposizione. Se è vero che la prevenzione del rischio biologico occupazionale comporta costi economici per l’attuazione delle misure di sicurezza e l’erogazione di formazione specifica agli operatori sanitari, occorre ricordare che la non prevenzione può comportare costi ancora più rilevanti in termini di: salute del lavoratore (intesa come equilibrio di fattori fisici, psichici, ambientali e sociali); riparazione dei danni; produttività; qualità del lavoro. La sicurezza passa quindi attraverso il rigoroso rispetto di una serie di norme ben precise e codificate, l’adozione delle quali è legata ad una cultura della prevenzione acquisita grazie all’informazione, alla formazione ed all’aggiornamento continuo.
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