Interferenze

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INTERFERENZE a cura di Beatrice Giannoni e Pietro Millefiore con la collaborazione di Alessandra Gagliano Candela e con il contributo di Simona Barbera, Mario Benvenuto, Massimo Chiappetta, Benedetta Dalai, Luca Daum, Alessandro Fabbris, Sabrina Marzagalli, Roberto Merani, Federico Palerma, Alberto Terrile, Massimo Trogu, Cesare Viel schede degli artisti a cura di Stella Cattaneo e Daniele Panucci impaginazione e grafica Silvia Giuseppone si ringrazia particolarmente per la riuscita della manifestazione Nicoletta Negro, Luca Bochicchio, Maria Gloria Corso, Manuel Augusto Ferrari, Alfredo Meconi, Adamo Monteleone, Jacopo Ottoboni, Paola Pezzi, Alessia Piva, Nicoletta Veppo, Marisa Chiabotto, Donatella Ventura e il personale tutto della Biblioteca e del Centro Espositivo MuDA

CIRCOLO DEGLI ARTISTI ALBISOLA 12 - 27 gennaio 2019 MuDA - MUSEO DIFFUSO ALBISOLA 26 gennaio - 2 marzo 2019 CASA MUSEO ASGER JORN 2 - 24 marzo 2019 www.accademialigustica.it www.museodiffusoalbisola.it www.circoloartistialbisola.it


L’amministrazione Comunale di Albissola Marina ringrazia l’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova per aver scelto Albissola come spazio di ricerca e di sperimentazione dei giovani artisti allievi dell’Accademia. Albissola vuole e deve essere anche questo, un luogo ricco di suggestioni del passato ma anche di forti stimoli nel presente, che permetta agli artisti, ancor meglio se giovani, di proiettare il loro sguardo e la loro ricerca nel futuro, contribuendo a mantenere sempre viva la contemporaneità della nostra cittadina. Un particolare saluto e ringraziamento al corpo docenti dell’Accademia, al Circolo degli Artisti ed agli Amici di Casa Jorn che hanno reso possibile tutto questo confidando che anche per i giovani artisti che si sono cimentati nelle “Interferenze”, come per tanti altri Artisti che hanno frequentato la nostra cittadina, Albissola rappresenti una tappa importante nel loro percorso nell’arte. Viva Albissola! Il Sindaco di Albissola Gianluca Nasuti



L’operazione Interferenze conferma la presenza e l’identità della Ligustica. Presenza sul territorio, avendo tra i propri numerosi iscritti molti studenti provenienti da tutta la regione Liguria così come dalle regioni limitrofe, oltre al crescente numero di studenti stranieri che scelgono la qualità formativa della nostra Istituzione. Identità in quanto didatti. L’insegnamento delle materie artistiche in primis; sviluppate nelle più varie declinazioni dell’arte tramite le proprie scuole, partendo dalle discipline tradizionali, passando al contemporaneo fino alla ricerca tramite l’uso delle nuove tecnologie. Didattica intesa sia nella formazione verbale e laboratoriale, senza mai dimenticare la fondamentale esperienza sul campo, sia tramite una continua offerta a stage e tirocini pratici, bandi opportunamente scelti e riscontro della produzione artistica con verifica sul campo del mondo lavorativo. Questo nella consapevolezza che una preparazione dello studente avulsa dalla quotidianità del mondo del lavoro oggi non è più sostenibile. L’unione delle varie realtà albisolesi ha permesso lo sviluppo di un dialogo artistico con i nostri studenti, felice avventura, della quale questo catalogo vuole restare memoria e testimonianza. Il Direttore dell’Accademia Ligustica Guido Fiorato



La scelta dei responsabili dell’Accademia Ligustica di Genova di continuare la collaborazione con il nostro Circolo, ci lusinga e non poco. D’altronde ciò è in perfetta sintonia con i principi ispiratori che i nostri illustri “fondatori” avevano voluto rispettare: l’opportunità di offrire al godimento dei cittadini di Albisola le opere dei numerosi importanti artisti presenti dal secolo scorso nel nostro territorio, ma soprattutto fornire ai giovani talenti emergenti la possibilità di proporsi e farsi conoscere. Con la mostra Interferenze, alcuni allievi dell’Accademia presentano i risultati delle loro ricerche con le più varie tecniche espressive; questo porta giovamento a tutto il mondo dell’arte ed ai nostri affezionati in particolare che, visitando il nostro spazio, analizzando i lavori e approfondendone le caratteristiche, accrescono la propria capacità critica e culturale. Il fatto poi che Interferenze proponga un percorso che partendo dal Circolo degli Artisti, passando dal MuDA, arriva sino a Casa Jorn, ci sembra interpretare perfettamente il tracciato della meravigliosa esperienza che il nostro territorio ha iniziato a vivere nel secolo scorso e che, ci auguriamo, possa continuare nel futuro prossimo. Il Presidente del Circolo Artisti Albisola Antonio Licheri



Interferenze: una proposta di interazione con la città attraverso i linguaggi della ricerca artistica.

Far conoscere il lavoro dei giovani artisti attraverso le mostre è una consuetudine che le Accademie di Belle Arti ebbero almeno dal periodo fra XVII e XVIII secolo, come rivela Francis Haskell ne La nascita delle mostre (2008). Le tre esposizioni di Interferenze ne offrono una testimonianza insieme diacronica e sincronica: la storia di Albissola, centro di creazione artistica antico che ha vissuto nel XX secolo una stagione indimenticabile, si incrocia con le ricerche dei giovani della Ligustica, che si affacciano al panorama artistico contemporaneo. Ricerche, che si sviluppano e si snodano nei diversi ambiti e nelle diverse discipline presenti all’interno delle Scuole della nostra Accademia, anche con l’uso di linguaggi e media articolati in molteplici direzioni, in un tentativo di positive “interferenze” e contaminazioni tra varie modalità espressive: dalla grafica all’installazione, dalla pittura alla performance, dalla fotografia al video, dal progetto scenografico alla scultura. La proposta di realizzare ad Albissola Marina questo ciclo di appuntamenti sotto il nome di Interferenze nasce anche dalla consapevolezza che quella radicata tradizione artistica si era - già dall’inizio del secolo scorso - intrecciata con positive “convergenze” che avevano favorito importanti interscambi con le personalità di grande rilievo che avevano frequentato quei luoghi: da Marinetti a Depero, da Jorn a Elde, da Matta a Lam, da Fontana a Manzoni. Le sedi che le hanno ospitate, combinando la memoria storica e la memoria della presenza di artisti come Lucio Fontana e Asger Jorn, hanno proposto opportunità di dialogo, a volte quasi obbligato, che i lavori esposti hanno sviluppato, appunto, nelle modalità più diverse. Al Circolo degli Artisti, il segno grafico ha convissuto con la pittura, con una diversa declinazione della ceramica e con i nuovi media, al MuDA la pittura ha abitato gli spazi con opere di grande impatto. Qui sono stati proposti anche alcuni articolati e interessanti progetti e bozzetti della Scuola di Scenografia dell’Accademia. A Casa Jorn, infine, la scelta di coinvolgere i giovani artisti ed i giovani curatori in una mostra di lavori pensati per quegli spazi, site-specific, ha dato vita ad un nucleo di interventi che spaziano dalla pittura, alla scultura, all’installazione, alla performance, i quali, nella loro varietà, ne rivelano il “Genius Loci”. In quest’ultima sede, quasi naturalmente, vengono anche presentate le ricerche della Scuola di Decorazione della Ligustica, dove una spiccata vocazione all’oggettività, in quanto legata alla funzione e alla tradizione decorativa e alla ceramica, si interseca e si contamina con il contemporaneo, anche attraverso l’interdisciplinarietà degli apporti didattici che permettono ai nostri studenti di aprire alle diverse poetiche artistiche. Alessandra Gagliano Candela, Beatrice Giannoni, Pietro Millefiore



Un dialogo aperto: l’Accademia Ligustica di Belle Arti a Casa Jorn

«Io sottoscritto, pittore Asger Oluf Jorn, nato il 3 marzo 1914, [...] che non ho mai fatto prima testamento, stabilisco che con la presente come mie ultime e definitive volontà quanto segue: [...] § 3. La proprietà a me appartenuta, situata a Albisola Mare, Via d’Annunzio 6, Località Bruzziati, dovrà essere donata, in caso che ciò non abbia già avuto luogo prima della mia morte, alle autorità locali, con la clausola che le aree della proprietà debbano essere usate soltanto per scopi pubblici, come parco o simile, mentre gli edifici, inclusi gli oggetti d’arte, sia fissi che eventualmente esistenti negli edifici, devono essere usati soltanto come museo ed in modo che i menzionati oggetti d’arte rimangano sempre nell’edificio. [...]»

Le volontà testamentarie di Asger Jorn (Vejrum 1914 - Aarhus 1973) raccontano di un’idea ben precisa maturata dall’artista riguardo la sua proprietà albisolese: come ringraziamento per l’opportunità e la possibilità ricevuta, a partire dal suo arrivo in Italia nel 1954, da parte degli abitanti del paese ligure, il danese decise di lasciare la sua meravigliosa Villa ai Bruciati al Comune, per realizzare il sogno di un museo per le sue opere e di un luogo di incontro, di aggregazione, di pace, a pochi passi dal paese, per artisti, viaggiatori, studiosi e per chiunque avesse avuto piacere di incontrare la poesia e la magia di questo luogo. La casa con giardino non si limita ad essere un’abitazione, accogliente e pittoresca, ma diviene ben presto nell’idea di Jorn, che acquista il terreno nel 1957, la dimora dell’artista, con atelier e museo, e un’opera d’arte totale, un enorme work in progress di matrice situazionista in cui realizzare la sintesi delle arti e in cui concretizzare la sua poetica e i suoi ideali, come la partecipazione, la sperimentazione, la poetica del reimpiego, del riutilizzo di materiali di scarto, di objets trouvés, uno spazio in cui lasciar agire la natura, in cui far vivere gli animali, in cui far improvvisare come artisti i figli e l’amateur professionnel, l’amico Berto (Umberto Gambetta), a cui dobbiamo gran parte delle strutture che oggi possiamo ammirare nel suggestivo giardino. Dopo il periodo in cui la proprietà restò in usufrutto a Berto e alla moglie Teresa per volere di Jorn (1973-1999) e dopo la complessa campagna di restauri, conclusasi nel 2014, anno della riapertura della Casa Museo, venne fondata l’Associazione Amici di Casa Jorn, con lo scopo di contribuire alla gestione di questi meravigliosi ed unici spazi museali, offrendo il servizio di apertura al pubblico per conto del Comune di Albissola Marina e occupandosi, in accordo con il Comitato scientifico del MuDA, della programmazione artistica, della didattica e degli eventi culturali. A partire dal 2015 numerose mostre e rassegne hanno avuto luogo in questa cornice, accomunate da una sfida, quella del site-specific - la progettazione di lavori artistici (sculture, installazioni, environment, performance) frutto di una riflessione consapevole sullo spazio in cui si è chiamati ad agire - partendo dallo studio delle fonti e dalla riflessione sulle idee di Jorn e sulle tematiche che affiorano tra le piastrelle e le conchiglie dalla maison passionnante di Albissola: un misterioso microuniverso rurale con cui combattere il capitalismo e l’ombra di una società coercitiva e repressiva. Allo stesso modo, in questo giardino inconcluso affacciato sul mare,



alcuni giovani studenti dell’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova hanno avuto la possibilità di mettere in mostra le loro proposte, inaugurando la stagione espositiva di Casa Museo Jorn del 2019 con Interferenze #3, terza tappa del ciclo di mostre collettive che hanno contribuito ad animare la vita artistica albissolese a partire da gennaio, coinvolgendo prima gli spazi del Circolo degli Artisti e poi quelli del MuDA Centro Esposizioni. La casa-atelier diventa cornice ideale per le sperimentazioni ambientate e site-specific di dieci artisti che si sono cimentati nella pittura gestuale, nella creazione di installazioni, di performance e di interventi scultorei di diverso segno. Dopo un primo sopralluogo ad Albissola, ciascuno ha individuato un nodo centrale dell’opera di Asger Jorn che potesse rientrare nelle ricerche individuali e che trovasse consonanza o eventualmente dissonanza con le proprie modalità espressive. Sono nati lavori interessanti, disseminati per la casa e relativi alle tante suggestioni che l’abitazione, lo studio e il giardino dell’artista hanno saputo dare. Ecco allora che nello studio di Jorn compare, sotto una grande tela materica che raffigura S. Giorgio, il drago e la principessa, un recinto con una capra, memoria vivente della Festa della capra che si teneva tradizionalmente ogniqualvolta Jorn terminava un lavoro e invitava gli amici, e in particolare quelli delle Ceramiche San Giorgio di Albissola, per festeggiare, proprio all’interno dell’atelier. Nelle stanze da letto, in dialogo con la natura del giardino di Jorn, un’installazione dedicata alle foglie e un trittico di potenti totem nati come reazione alla figura totemica presente nel salotto dell’artista danese. Le pareti della vasca e le fasce soprastanti diventano quinta teatrale per uno spettacolo in cui protagoniste sono le sensazioni ambigue provocate dai ‘guardiani’ che Jorn ha posizionato agli angoli della casa e del giardino, figure apotropaiche schierate in difesa del focolare familiare. Il vecchio tavolo della cucina viene imbandito con un assemblaggio di oggetti di scarto dai forti connotati biografici, mentre lo spazio della veranda si mette in movimento grazie a un’installazione che ne altera la percezione attraverso suoni e rifrazioni, così come il bagno esterno diventa teatro di un’azione performativa che fonde danza, musica, luci e proiezioni. Prima edizione di un appuntamento che auspichiamo possa diventare fisso e di collaborazione reciproca tra l’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova e il Comune di Albissola Marina, Interferenze #3 si inserisce nel percorso espositivo di Casa Museo Jorn nel solco dei progetti curati da Davide Servente a partire dal 2016, realizzati dagli studenti della Scuola Politecnica dell’Università di Genova. Questo genere di iniziative è senz’altro parte importante dell’azione a 360 gradi che il museo, affacciandosi al suo quinto anno di attività, porta avanti in diverse direzioni, essendo spazio aperto al pubblico e terreno fertile di ricerca per giovani artisti, per personalità già affermate a livello nazionale e internazionale e come centro di cultura contemporanea. I curatori di Casa Museo Asger Jorn Stella Cattaneo e Daniele Panucci



Circolo degli Artisti Albisola 12 - 27 gennaio 2019 Nicola Andreallo Alice Baiardi Alice Benedetti Mauro Casalino Alice Jankovic Sofia Mammoliti Stefano Pulcini Alex Raso Davide Toscano


Ricerca simultanea - la gioia 1, tecnica mista su carta, 25x35 cm, 2019


NICOLA ANDREALLO ALICE BENEDETTI

Genova 1995, Pittura Genova 1994, Grafica d’Arte Nicola Andreallo e Alice Benedetti decidono di incrociare i loro percorsi artistici nel 2018, trovando nel lavoro a quattro mani un elemento rafforzativo di ricerche condotte autonomamente in passato. Per entrambi gli artisti fondamentale è la spontaneità del gesto. Nelle opere esposte, la componente gestuale e cromatica è infatti molto forte e restituisce un’idea di dinamismo che culmina probabilmente in Tango dove toni caldi e passionali animano in un ballo avvolgente due danzatori talvolta riconoscibili, talvolta costituiti di solo colore. Ricerca simultanea, Conflitto simultaneo, Sovrapposizioni e Tango sono una serie di passaggi significativi ancora in divenire all’interno di una ricerca reciproca, iniziata ad ottobre del 2018. Le opere, realizzate a quattro mani, rappresentano il punto di unione di un percorso individuale che mette al centro il valore dell’imprevisto e il rapporto con la materia sul foglio. I lavori, ricamati attraverso un dialogo costruttivo, sfruttano anche il conflitto e la sovrapposizione come elemento positivo e stimolante: la macchia, con la sua casualità e la sua spontaneità, è un elemento fondamentale per una metodologia di rappresentazione del mondo che coincide con una visione intima e in parte inconsapevole della traccia che rimane impressa su supporto cartaceo. Per entrambi, il punto di partenza fondamentale per questo tipo di procedimento artistico è stata l’espansione della macchia, che trova come mezzo espressivo naturale l’acquerello. La figura umana, sempre presente nei lavori ed elemento fondamentale nella nostra indagine, subisce dei processi di modifica in base a diversi fattori contingenti (sia ambientali che personali) spesso incontrollabili. Le opere su carta, realizzate all’interno del laboratorio di pittura dove sono stati proposti approfondimenti specifici sulle emozioni suggeriti attraverso la tematica corporea, sono state affrontate da noi lasciando totale autonomia ai processi interiori. Nella serie Tango, in particolare, abbiamo sperimentato un tipo di movimento emotivo attraverso la danza e la musica in un contesto in cui le energie si traducono in macchia e segno. Quello che si vuole intraprendere, in generale, è uno scambio reciproco, talvolta anche volutamente disorganizzato, che desidera sottolineare l’importanza del caso come punto di partenza e d’arrivo di un percorso in comune. N.A. e A.B.


Prima domenica di luglio, linoleografia, 15x10 cm, 2018


ALICE BAIARDI

Novi Ligure 1996, Grafica d’Arte Alice Baiardi descrive attraverso le lineoleografie il suo percorso di ricerca in cui nodo centrale è la natura, presente in tutte e quattro le opere esposte. In questo immaginario trova spazio anche l’uomo, come presenza fisica o come allusione. Senza titolo e Pareidolia sono emblematiche in questo senso. Se nella prima compare un uomo in carne ed ossa, al centro di un fascio di luce proveniente da un fiore che lo sovrasta per dimensioni, nella seconda una corteccia d’albero diventa proiezione di un volto deformato. Ancora in Il mare parla a sé stesso, l’acqua assume sembianze umane e, a mo’ di novello Poseidone, si dimostra in tutta la sua maestosità. La tecnica che preferisco per creare immagini è l’incisione xilografica, caratterizzata da forti neri contrastati dal bianco. Nei forti contrasti riconosco me stessa, descrivono il mio carattere. Non sussiste la via di mezzo, non esiste la scala dei grigi e le emozioni non sono mai qualcosa di ponderato, scaturiscono in modo forte ed intenso, quasi violento. Le immagini che creo hanno uno stretto legame con il mondo naturale. La natura illumina l’uomo in quanto è la luce che può distoglierlo dai futili contenuti della vita quotidiana e dalla corsa frenetica, ricordandogli qual è il suo luogo d’origine e la sua direzione. Per realizzare le linoleografie spesso utilizzo la macchina fotografica come un blocco di appunti e in seguito trasformo le fotografie in incisioni. Un soggetto frequente nei miei lavori sono gli alberi, contorti e dotati di cavità. Questi spesso assumono forme riconducibili a volti o assimilabili a corpi. Quest’illusione subcosciente che tende a ricondurre le forme amorfe che ci circondano a forme riconoscibili è detta pareidolia ed è parte integrante della mia ricerca. A.B.


Uno sguardo verso l’infinito, monotipo b/n su carta artigianale, 50x70 cm, 2018


MAURO CASALINO

Genova 1996, Decorazione Mauro Casalino, i cui riferimenti artistici spaziano da Jackson Pollock, Gerard Richter, George Baselitz a Emilio Vedova, Raimondo Sirotti e Luiso Sturla, fonde nella sua ricerca almeno tre elementi che la rendono assai affascinante: una pratica antica come quella della preparazione della carta, la tecnica grafica del monotipo che genera pezzi unici per definizione e l’osservazione costante del mondo contemporaneo il cui simbolo è semmai il multiplo. La carta, prodotta da Casalino presso il Museo Carta Mele, è il supporto caro all’artista su cui, in questo caso, stampa sotto i torchi della Fondazione Il Bisonte di Firenze. La ricerca artistica propedeutica alla realizzazione di queste opere è stata lunga e molto approfondita. La tecnica del monotipo, linguaggio estremamente diretto, istintivo ed introspettivo, in cui il risultato stampato è spesso dettato dalle regole del caso ed è unico, è il mezzo che ho adottato per sintetizzare al massimo le simbologie più rappresentative della mia espressione artistica e per creare un mio alfabeto personale di segni grafici ben distinguibili l’uno dall’altro. La lettura delle quattro opere può cominciare da Arriva il vento, opera grafica informale che esalta attraverso la gestualità, la costante modifica del mondo e dove si può leggere “come una brezza primaverile | il vento arriva | travolgendo tutto sulla sua strada”. Procedendo sullo stesso filone di ricerca, si giunge al tema del vortice, ricorrente nella mia opera in quanto simbolo di infinito e di ignoto che da sempre mi affascina e inteso anche come flusso costante del tempo e come emblema dell’attuale società in veloce evoluzione. Uno sguardo verso l’infinito e Abisso testimoniano questo scenario e si pongono in relazione alla lettura dei testi dei sociologi Denis Mcquail e Marshall McLuhan nonché del filosofo Zygmunt Bauman sul contesto sociologico, economico, informatico al quale sono molto interessato. L’impalpabile verità è l’unica delle opere esposte a contenere grafismi. Attraverso questi segni apparentemente chiari e decifrabili, in quest’opera porto avanti un ulteriore ragionamento che riguarda la scrittura come mezzo comunicativo visivo che sottende la condivisione di molteplici aspetti culturali. M.C.


Contatto, fotografia, 26,5x33,5 cm ciascuna, 2018


ALICE JANKOVIC

Genova 1996, Didattica dell’Arte Alice Jankovic riprende in Contatto, un tema caro all’arte, quello della consonanza o della discordanza tra uomo e natura. I suoi ritratti in bianco e nero, realizzati con un primissimo piano, sono in grado di indagare tanto l’aspetto interiore del soggetto quanto, forse più rilevante per l’artista, ogni dettaglio epidermico. Il rapporto uomonatura, qui del tutto positivo, si rinsalda ulteriormente tramite una semplice ma interessante azione che la fotografa richiede alle sue modelle e il cui risultato viene esposto accanto alla corteccia e al volto, come somma delle due componenti, entrambe parti del mondo naturale. Mi dedico alla fotografia da alcuni anni, lo considero il medium che più mi si addice e che meglio permette di esprimere la mia creatività. La ricerca che conduco si indirizza principalmente alla creazione di portafogli fotografici il cui scopo è quello di narrare empaticamente attraverso il ritratto emozioni e sensazioni di soggetti in relazione all’ambiente circostante. Le fotografie esposte sono state estrapolate dal progetto Contatto (2018), un’opera fotografica che comprende quattro ritratti di donna, quattro fotografie di cortecce d’albero, scelte dai soggetti fotografati per affinità e quattro tavole alle quali era apposto un frottage realizzato su carta velina con pastello a cera, testimonianza dell’azione che le protagoniste avevano innescato nei confronti dell’elemento naturale, stabilendo una relazione di contatto. L’idea che ha condotto al progetto deriva dalla lettura di Mitologia degli alberi di Jacques Brosse. Nel saggio l’autore evidenzia la centralità dell’albero nelle diverse culture e la relazione esistente tra uomo e natura, ricorrendo a miti e a leggende che ci sono state tramandate. Altra fonte di ispirazione è certamente Giuseppe Penone che negli anni ‘70 ha lavorato a vari progetti sul tema della pelle e dell’albero (cito ad esempio due opere del 1970, Svolgere la propria pelle e Il suo essere fino al 49 anno d’età in un’ora fantastica). In questo percorso, esclusivamente al femminile, ho voluto evidenziare le similitudini tra l’epidermide umana e la corteccia dell’albero: entrambe sono un elemento di confine, l’estrema parte del nostro essere e dell’albero che contiene e protegge dall’esterno. Attraverso la fotografia ho voluto cogliere nella natura il suo riflesso antropomorfo, dando vita ad un processo di forma originaria dell’essere. A.J.


Nuvole, terracotta smaltata, 92x23x2 cm, 2018


SOFIA MAMMOLITI

Genova 1996, Decorazione Sofia Mammoliti realizza una trasposizione in ceramica di uno dei più celebri dipinti di Vincent Van Gogh. L’effetto di turbine materico che restituisce l’opera dell’artista olandese si ritrova anche nella ceramica nera incorniciata da una struttura in legno che l’artista crea per proseguire la sua ricerca sugli effetti che la luce produce. In Nuvole le forme circolari e disordinatamente concentriche rendono dinamica e vibrante la superficie monocromatica. Il legame tra me e la ceramica nasce anni fa quando, frequentando il liceo artistico, sono entrata in contatto con questa materia e, trovandomi subito in affinità con questo mezzo ne è nata una vera e propria passione che ho deciso di assecondare continuando gli studi all’Accademia di Belle Arti. Ho sperimentato varie tecniche legate alla ceramica sia per quanto riguarda le diverse modalità di realizzazione di un’opera, sia dal punto di vista dei molteplici rivestimenti che vi si possono applicare. Solo ultimamente, proprio frequentando le lezioni di tecniche della ceramica, ho indirizzato la ricerca all’effetto luci-ombre applicate ad un corpo ceramico, giocando principalmente sull’alternanza tra rilievi ed incisioni. Nuvole è arrivato mettendo a punto questa modalità espressiva. Approfondendo la ricerca ho realizzato una scultura modulare astratta la cui trama continua si va propagando lungo la superficie, alternando rilievo ed incavo e mantenendo un andamento ondulatorio. L’opera è composta da quattro piastrelle foggiate a stampo, modellate e rifinite a mano. Utilizzando una piccola stecca in legno, ho inciso sulle quattro superfici un disegno astratto, ondulatorio e continuo; su due di esse ho poi riempito la traccia impressa aggiungendo creta, mentre sulle restanti piastrelle ho scavato le sagome creando forme ad incavo. Dopo una prima cottura a biscotto, ho scelto di applicare con l’aerografo un rivestimento opaco in smalto nero monocromo che, sotto una fonte di luce, mette in evidenza i solchi e i rilievi della decorazione attraverso un gioco di luci ed ombre. Per la realizzazione mi sono ispirata alle nuvole di Notte Stellata di Vincent Van Gogh, in particolare all’effetto plastico dato dalla corposità delle sue pennellate. Dopo il primo incontro negli anni del liceo, continuo a prediligere la ceramica in quanto mezzo che meglio mi rappresenta. S.M.


Circle, video (frame, elaborazione digitale), 2019


STEFANO PULCINI

Genova 1993, Progettazione Artistica per l’Impresa Stefano Pulcini con Circle spinge il visitatore in un circolo di sensazioni visive e uditive tali da indurre in una sorta di ipnosi. Il titolo dell’installazione video è in questo senso già di per sé molto emblematico e ben rappresenta le intenzioni dell’artista nel creare un vortice che tramite un effetto sonoro creato ad hoc, cattura lo spettatore e lo tiene incollato allo schermo. In chiaro collegamento con la storica Optical Art, l’artista mostra qui solo uno dei suoi filoni di ricerca. Circle è il prosieguo di un percorso iniziato con la mia tesi Corpo Senza Organi presentata all’Accademia Ligustica nel marzo del 2018. Rispetto alle mie ultime sperimentazioni all’interno dell’arte psichedelica, con questo lavoro sono tornato ad essere più grafico e sintetico, favorendo forme nette e semplici a discapito di disordine ed esasperazione. Il lavoro presenta una serie di cerchi bianchi e neri sfasati, che con la sola rotazione fanno percepire un movimento, un cambio di prospettiva che in realtà non c’è. L’oggetto continua a evolversi molto lentamente, ruotando, rimpicciolendosi, ingrandendosi e cambiando man mano tonalità. Partendo da un semplice PNG statico realizzato su Adobe Illustrator, ho voluto provare a rendere mobile ciò che è immobile, mantenendo comunque un’apparente costanza e fermezza. Circle è anche accompagnato da una parte musicale scritta e composta da me medesimo. Il cardine di quest’opera in tutti i suoi aspetti è il loop, fenomeno fondamentale per la mia ricerca. La ridondanza infinita degli elementi aiuta l’osservatore/ascoltatore a riflettere di più, a guardare dentro l’opera ed entrarci completamente. Per la parte visiva parliamo di alcuni movimenti che si ripetono all’infinito, mentre per la parte audio abbiamo una stratificazione di una moltitudine di elementi che insieme formano una cosa nuova, diversa. Citando le teorie gestaltiche: “L’insieme è più della somma delle sue parti”. L’opera video rimanda direttamente all’Optical Art degli anni ’60 e all’Arte Psichedelica e rende omaggio, in qualche modo, ad Anémic Cinéma di Marcel Duchamp, Man Ray e Marc Allegret, realizzandone una versione più distorta e statica allo stesso tempo. S.P.


Adolescere, installazione, tecnica mista (particolare), 2018


ALEX RASO

Savona 1977, scuola di Pittura Alex Raso affianca una bambina e un bambino in due opere sospese nel tempo, realizzate a carboncino come un collage di più fogli e dotate entrambe di un inserto in metallo ad indicare il cuore dei due soggetti. Mostrando figure semplici eppure capaci di creare una dimensione altra, le opere sono un ritratto dell’infanzia come condizione passata e fine a cui tendere. L’installazione Adolescere fa parte di un insieme di opere frutto di una ricerca che ho chiamato Gettatelli, dal latino iactatum: gettati via. Erano i bambini abbandonati che contro natura venivano lasciati dai loro genitori alla pubblica assistenza. Gettatelli è un canto all’abbandono attraverso una serie di opere in cui le ferite suggeriscono la realtà di un’infanzia negata che quasi sempre porta allo sviluppo, in età adulta, di serie difficoltà relazionali. I gettatelli erano anche chiamati, a seconda dei luoghi, stelline, “martinitt”, trovatelli, esposti, proietti. L’installazione Adolescere è una stanza privata e provata, tra la “maladolescenza” e les jeux d’enfants. Una conta, il gioco del pampano tracciato con il gessetto bianco effimero il giorno dell’inaugurazione della mostra. Due bambini per la durata della mostra restano accanto giorno e notte, perdendo la dimensione di tela e acquistando quella di carne e spirito. È in questo non luogo che prende forma il loro canto silenzioso alla durata e il loro maturare verso l’infanzia. Diceva Bruno Schulz descrivendo il suo libro - una sorta di Bibbia dell’infanzia perduta - Le botteghe color cannella: “Mi sembra che il genere d’arte che mi sta a cuore sia proprio una regressione, sia un’infanzia reintegrata. Se fosse possibile riportare indietro lo sviluppo, raggiungere di nuovo l’infanzia attraverso una strada tortuosa - possederla ancora una volta, piena e illimitata -, sarebbe l’avveramento dell’epoca geniale, dei tempi messianici, che ci sono stati promessi e giurati da tutte le mitologie. Il mio ideale è maturare verso l’infanzia”. A.R.


Senza titolo, tecnica mista su fotocopia, 40x30 cm, 2018


DAVIDE TOSCANO

Savona 1998, Pittura L’opera di Davide Toscano ha come nodo centrale la scelta di un’immagine preesistente, in virtù della carica emotiva di cui essa sa farsi portatrice. Da lì l’artista crea un proprio immaginario, avvalendosi di una tavolozza limitata ed essenziale (bianco, nero e qualche accenno di rosa o di azzurro), coprendo in parte o completamente le figure di partenza e agendo infine su di esse in maniera forte. Il risultato è un’opera per lo più astratta in cui sono ben visibili gli echi della storia dell’arte del secondo Novecento e dotata di grande forza. I lavori esposti fanno parte di un percorso di continua ricerca che ha preso vita all’interno delle mura dell’Accademia Ligustica di Belle Arti. Questo è iniziato con il mio interesse e il conseguente avvicinamento all’uso delle immagini e delle stampe fotografiche in ambito pittorico che mi ha portato a ricercare, selezionare e creare un archivio di fotografie con l’intento di iniziare a costruire una sorta di iconografia personale. La nascita di un’opera comincia quindi con la scelta dell’immagine a cui seguirà un intervento pittorico più o meno invasivo che ha lo scopo di cancellare, far affiorare o far dialogare gli elementi di interesse della composizione. I miei lavori sono stati influenzati da molti artisti della seconda metà del Novecento e contemporanei come ad esempio da alcune serigrafie di Andy Warhol, dai Combines di Robert Rauschenberg, dai lavori di Cy Twombly, da Jean-Michel Basquiat e dalle maestose opere di Anselm Kiefer. La passione per la fotografia e per il cinema è stata una fonte di ispirazione fondamentale: fotografie di reportage e pellicole di registi come Orson Welles, Stanley Kubrick e Alfred Hitchcock (solo per citarne alcuni) hanno contribuito a costruire e far maturare in me una sensibilità e una propensione verso un certo tipo di iconografie e verso determinate impostazioni dell’immagine. Il supporto che prediligo per le mie opere è senz’altro la carta, talvolta si tratta di fotocopie. Lì intervengo con materiali industriali che offrono la possibilità di lavorare in serie e permettono di sperimentare più liberamente e di inventare accostamenti sempre diversi. D.T.



MuDA - Museo Diffuso Albisola 26 gennaio - 2 marzo 2019 Pietro Canepa Maria Cesare Alessandra Ciniselli Margherita Ferrari Chiara Giovannini Clara Orlando Claudio Tagliamacco Liu Wei


Modellino per Il flauto magico di W.A. Mozart, 80x60x70 cm, 2018


PIETRO CANEPA

Genova 1997, Scenografia Nella scatola prospettica pensata da Canepa trionfa la geometria ed il rigore di uno squarcio di piramide, la sezione di uno spaccato di un’architettura funeraria monumentale dell’antico Egitto, le cui dune fanno da sfondo alla vicenda de Il flauto magico. In questo spazio fortemente connotato dalla presenza dei geroglifici e dalle pareti riflettenti, vi è posto per un albero acromatico, elemento che accompagna il plot del Singspiel di Mozart fino al culmine drammatico del tentato suicidio da parte di Papageno. Questa scenografia de Il flauto magico di Mozart fa parte del lavoro accademico del 2017-2018. Non posso parlare di percorso artistico, se non in termini di maggiore conoscenza della macchina teatrale e dei suoi limiti. Ogni opera teatrale è un mondo a sé, e, al momento, mi accosto a ogni testo senza schemi precostituiti. L’idea è nata dopo diverse letture del libretto e dopo aver studiato come è già stato trattato. Dopo essermi fatto un’idea precisa di ciò che volevo raccontare sul tema, sintetizzando, il giungere alla virtù, o al sommo bene, passando per l’errore, ma con un’ambiguità di fondo, che mette in dubbio l’idea di bene e di male in sé, ho cominciato a disegnare e dopo mesi sono arrivato alla scena attuale, realizzando un progetto tecnico preciso, in CAD. Nel tentativo di massima aderenza al testo, volevo avere contemporaneamente un ambiente artificiale, con riferimenti all’Egitto e spirituale astratto, una sorta di luogo ambiguo e mutevole, in cui collocare luoghi al chiuso e all’aperto, passando da uno all’altro senza soluzione di continuità. E così l’uso di specchi che possono salire e scendere, mostrando selettivamente quello che si trova dietro o il riflesso di ciò che sta davanti, dando luogo a particolari geometrie, triplici per lo più, siccome nel testo c’è un forte ricorrenza del numero 3, in riferimento alla numerologia massonica, a cui Mozart e Schikaneder si riferiscono. Certo il modellino della scena non è la scena e tanto meno lo spettacolo, e di tutte le possibilità della scena, il modellino qui presentato, è inerente a una precisa fase dello svolgimento. Per quello che riguarda i materiali, ho usato cartoncino, colla, carta stampata, cartoncino riflettente, listelli di legno... tutto può essere utilizzato se suggerisce un materiale che in scena sarà un altro, ma conforme all’idea del modellino. P.C.


Le amanti, olio su tela, 100x100 cm, 2018


MARIA CESARE

Genova 1990, Pittura La tavolozza di Matisse ritrovata dall’artista Maria Cesare: così potrebbe aprirsi un articolo su una rivista che descrivesse il lavoro esposto al MuDA dalla pittrice dell’Accademia genovese. Nelle sue tele si realizza l’incontro tra figure in movimento, anime danzanti che anelano l’amore per il quale sfidano il buio dello sfondo, la notte che le avvolge, le tenebre che le celano; i loro corpi si intrecciano, i loro sguardi ci provocano, ci invitano alla scoperta, grazie al rapido segno grafico e ai punti di luce che animano la composizione e stimolano la fantasia e l’interpretazione. I miei lavori esposti ad Albissola sono stati realizzati tra ottobre e novembre 2018. Si tratta di una serie di dipinti, realizzati ad olio su tela, che ho raggruppato sotto il titolo di Le amanti; sono lavori legati ad una fase di vita particolare. Il nero e il rosso, molto presenti qui, sono colori che raramente compaiono in maniera dominante nel mio lavoro. Sono anni che lavoro su tela con colori ad olio molto diluiti: attraverso il colore molto diluito e un segno rapido e fluido ho sempre cercato di cogliere il movimento della scena e l’azione di figure umane. Il disegno e la pittura sono da sempre i miei mezzi di espressione creativa prediletti: li considero un modo per esprimere le mie emozioni e condividerle con gli altri. Cerco che i miei quadri rimangano dei lavori il più possibile “aperti”: scelgo spesso di non mettere un titolo, o lascio che questo sia il piu’ “generico” possibile per non limitare la fantasia in chi lo osserva. Mi ispiro sicuramente a Matisse nella ricerca di un equilibrio cromatico e a Carol Rama per il primitivismo delle figure quasi sempre femminili e nella ripetizione di simboli; un’altra mia grande fonte di ispirazione è l’arte proveniente dal Sud America, dai murales delle Brigadas Cilene, alle xilografie di Josè Francisco Borges e a quelle di Posada, il pittore ecuadoriano Guajasamin e il messicano Rufino Tamayo. M.C.


Corpi senza gloria, carboncino e pastello su carta, 50x70 cm, 2019


ALESSANDRA CINISELLI

Genova 1996, Pittura Se pur delicatamente accennate grazie al leggero e minimale uso della matita e del pastello, nei lavori di Alessandra Ciniselli si distinguono forme antropomorfe, corpi avvolti fra loro, stretti in un abbraccio ed imprigionati dalla gabbia circolare della composizione costruita, intrecciati e allo stesso tempo scindibili ed autonomi in virtù del sapiente utilizzo dei contrasti cromatici tra chiari e scuri, trattati con attenzione come in uno studio dal vero, per via del quale ci si possa divertire a ricomporre il “puzzle anatomico”, come avrebbero dovuto fare le membra disgiunte nell’apologo di Menenio Agrippa. Tutti e tre i lavori partono da uno studio dal vero del corpo. 10.01.2019 è un lavoro che ho realizzato avendo davanti la performance di una modella nell’aula dell’Accademia la quale si rapportava con la proiezione dell’opera di Gerhard Richter Annunciazione; si tratta dell’insieme dei movimenti del suo corpo e di come chiaramente io li percepivo e sentivo. Nei miei lavori in generale ho bisogno di creare delle forme che si chiudano, che si stringano in un insieme e che siano le uniche protagoniste dello spazio; forme, corpi malinconici forse sofferenti, sicuramente confusi e alla ricerca di qualcosa, di un altro mondo o di capire il proprio. Studiando e amando profondamente il lavoro di Francis Bacon ho capito come Il tondo, usato come spazio, riesca ad isolare e ad enfatizzare i corpi e quello che succede al loro interno. Anche Corpi senza gloria e Studio anatomico sovra pensiero sono nati dall’osservazione dal vero di due modelli, un uomo e una donna, che posavano nell’aula di Anatomia artistica; incrociandosi e rapportandosi tra di loro mi hanno dato modo di realizzare queste forme, questi corpi che si accavallano per tendere a un’altra dimensione ma che inevitabilmente rimangono ancorati al terreno. A.C.


In superficie, tecnica mista su tela, 105x85 cm, 2019


MARGHERITA FERRARI

Genova 1999, Pittura Nei lavori albisolesi di Margherita Ferrari troviamo tutta la sua cifra stilistica, ad oggi maturata: una tecnica mista, un’esplosione di colori, stesi con una pennellata libera, spontanea, a volte franta, scarica, come una frenata di colore, altre volte graffiandolo via dalla tela, e poi contrasti, sovrapposizioni, risultanti da un atto creativo dalla forte sperimentazione, nel quale il polimaterismo, il collage e l’inserimento dadaistico di elementi testuali giocano un ruolo importante. All’inizio del mio percorso prediligevo soggetti naturalistici, ma quando iniziai a porre l’attenzione sullo spazio, scomponendo gli elementi attraverso la tecnica del collage e l’utilizzo di diversi tipi di supporto, il mio stile si evolse in una doppia direzione: alcuni miei lavori sono più strutturati, basati sull’osservazione di spazi e luci, ed altri più istintivi; i miei quadri sono quindi il risultato del lato più emotivo ed istintivo insieme alla parte meditativa del mio carattere. Ognuno di essi ha un punto di partenza e un’intenzione differente, ecco perché sono sicura che il mio modo di lavorare continuerà a modificarsi a seconda della condizione in cui mi trovo; in base al mio sentire, inoltre, varia l’utilizzo di materiali e medium, ed ultimamente sto anche ingrandendo la dimensione dei miei dipinti, rendendomi conto che su una superficie maggiormente estesa riesco ad esprimermi più liberamente. Al momento sto sperimentando la materia del colore e la sua trasparenza attraverso la stratificazione e l’inserimento/il raschiamento di essa, lasciando anche che il caso faccia la sua parte: mi affascina vedere come il colore, l’acqua o le varie carte e colle che utilizzo, reagiscano in maniera naturale sulla tela, creando effetti che difficilmente riesco a ripetere volontariamente. I miei quadri non hanno lo scopo di trasmettere esattamente ciò che ho provato io nel realizzarli o qualcosa in particolare, anche perché io stessa non parto da un’idea precisa, ma da un insieme di pensieri, spesso in contrasto tra loro e confusionari; per questo sono spesso in difficoltà quando mi viene chiesto quale fosse la mia intenzione, visto che l’importante per me è che il dipinto terminato susciti delle sensazioni nell’osservatore. M.F.


Modellino per Edipo Re di Sofocle, 63x40x45 cm, 2017


CHIARA GIOVANNINI

Genova 1996, Scenografia L’essenzialità della proposta scenografica di Chiara Giovannini, il rigore della struttura lignea del suo modellino in esposizione, il tempo sospeso comunicato dalla scenografia per la celebre tragedia di Sofocle e le pagine del quaderno da disegno che accompagna la maquette in mostra, ben si armonizzano con la ricerca esteticopittorica di Giorgio De Chirico: proprio come accadde al padre della metafisica, l’azione teatrale potrebbe trasferirsi dai palazzi di Tebe alle vie soleggiate di Ferrara, fra le quali la scenografia della Giovannini aiuterebbe a raggiungere l’apice di pathos e drammaticità della vicenda di Edipo. Questo lavoro rientra all’interno del mio percorso di studi all’Accademia Ligustica di Belle Arti e porta avanti un gusto personale nello studio e nella scelta della progettazione scenografica all’interno di spazi teatrali. È una scena fatta di contrasti e volumi in relazione tra loro che esaltano le forme e i movimenti ipotetici dell’attore nello spazio. L’Edipo re è un progetto sviluppato nel 2017 che ha preso in esame la tragedia greca sul mito di Edipo, il capolavoro di Sofocle. Il prodotto finale è un modellino studiato per un’ipotetica messa in scena all’interno del teatro greco di Siracusa, cercando di sfruttare al massimo le potenzialità dell’ambiente e mantenendo inalterata la relazione tra natura e teatro all’aperto. È stato realizzato attraverso materiali misti tra cui: legno, cartone, fil di ferro, sabbia e colla, che hanno portato allo sviluppo di una struttura girevole in grado di ruotare e creare spazialità differenti, su più livelli e con un rapporto interno ed esterno costante. L’essenzialità e la ristretta gamma cromatica danno forza alla storia e amplificano la potenza e la tragicità racchiuse nel testo. L’imponente struttura presenta una scansione verticale - fatta di piani e scale - ed orizzontale - con archi e travi - con l’obiettivo di rappresentare e amplificare la grande figura di Edipo. La struttura si ispira ai gusci ricurvi del Centro Culturale Tjibaou di Renzo Piano in Nuova Caledonia. Nella mia rielaborazione la struttura diventa l’immagine di un palazzo essenziale e al tempo stesso maestoso: viene così ad accentuarsi un’idea di grandezza e potenza tipici del personaggio, che, secondo la storia, lo porteranno alla sua personale ed inarrestabile disfatta. C.G.


Modellino per Rigoletto di G.Verdi, 70X80 cm, 2018


CLARA ORLANDO

Genova 1993, Scenografia Osservare il modellino per la scenografia di Clara Orlando o mettere piede in una wunderkammer del Seicento, camera d’esposizione delle più variegate mirabilia provenienti da tutti il globo, può essere un’esperienza ugualmente forte, immersiva e stupefacente: incorniciato da un’architettura geometrica ed essenziale, sospesa quasi avesse carattere effimero, con scale, gradini, colonne e corrimano, il teatro delle curiosità messo in scena per l’opera di Verdi si compone di sedute barocche, arti ed occhi sovradimensionati, animali d’ogni tipo ed oggetti cilindrici, frammenti di un universo eterogeneo e disorientante. La scena si presenta come una disgregazione delle forme in cui non c’è unicità e simmetria, gli oggetti sono posti in maniera casuale e si percepisce una tensione precedente che ha portato alla rottura di una visione lineare: gli oggetti sono spiazzati. Questa distorsione ha ribaltato quegli oggetti dandogli una nuova identità che non è un’identità definita, ma è confusa, frammentata e instabile. L’equilibrio è rotto. Questo è un momento di sospensione della realtà in cui l’oggetto perde la sua funzione e acquisisce un ruolo, in qualche modo muta. Ivi l’individuo è rinchiuso e non può esprimersi; parallelamente, incubi, sogni e fantasie si realizzano e si manifestano in ciò che circonda l’individuo impotente. Questi oggetti sono esposti per essere mostrati dando un apertura verso il mondo esterno e non viceversa. Questa frammentazione di forme è rinchiusa in quattro mura in cui la realtà è determinata dall’oggettività delle cose rendendo l’ambiente normale in questo contesto limitato, conchiuso. Il confine è delimitato dalle mura, che sono attraversabili ma che allo stesso tempo segnano una barriera invalicabile, dando un taglio netto che separa la vita reale dalla vita rinchiusa in quel salone. C.O.


Volatile, tempera e olio su carta, 120x100 cm, 2019


CLAUDIO TAGLIAMACCO

Genova 1996, Pittura L’immagine iconicamente naif del volatile, columbide o fenicottero, è protagonista nei lavori in esposizione di Tagliamacco: attraverso i contorni l’artista sfonda il piano e conferisce presenza corporea al soggetto, servendosi del colore bianco - pausa tonale in dialogo con il resto della variopinta tavolozza - protagonista anche dell’essenziale scultura polimaterica nella quale il gesso suggerisce il morbido piumaggio del piccione. La poetica dei miei lavori riflette sulla natura della produzione di immagini contemporanee e sulla relazione che la pratica della pittura ha con esse, e più in generale il compito che il pittore deve assumere nei confronti di ogni tipo di figurazione. Un aspetto su cui rifletto spesso è la dicotomia tra la natura rapida delle nuove immagini, icone mobili in mano alla fugacità del contemporaneo, e l’estetica propria della pittura, della memoria che si sedimenta, di un’immagine stratificata; la bulimia di immagini ci sottopone ad un archivio di racconti e tracce, da conservare e contemplare, che convergono in un unico contenitore della memoria collettiva, senza distinzioni nel processo produttivo o a livello esteticoformale. Scegliere di riprodurre un’immagine che fa parte di questo grande meccanismo, significa non solo decidere di riflettere sulle forme e sui significati delle immagini mediatiche del nostro tempo, ma anche proporre la pittura come un linguaggio riflessivo sul flusso contemporaneo di immagini, proporre un medium così antico per comprendere il contemporaneo. I volatili, protagonisti dei lavori in esposizione, sono ormai da anni uno dei temi che preferisco affrontare, mi divertono, sono animali ambigui, spesso goffi ed eleganti, terreni ed angelici allo stesso tempo; la loro capacità di spiccare il volo li lega certamente ad un immaginario onirico e assurdo; penso che in qualche modo questa assurdità si avvicini molto bene a ciò che voglio raccontare con i miei lavori. Ho sempre affrontato la pratica della scultura in modo ludico: mi diverto a dare forma ad alcuni oggetti spesso ricorrenti anche nel mio lavoro pittorico, riproducendoli in maniera caricaturale e infantile, per appropriarmene realmente e concretamente; è il caso di Piccione, la scultura in gesso e fil di ferro in mostra ad Albissola. C.T.


La persistenza della memoria, acrilico su cartoncino, 185 x 140 cm, 2018


LIU WEI

Repubblica Cinese 1992, Pittura Liu Wei mette in scena la cultura e la civiltà, un melting pot che sfida i chilometri e i secoli: una composizione totemica verticale si fa beffa delle leggi della fisica per proporre una meditata commistione di elementi e riferimenti al mondo orientale, rappresentato da un panda, da una pagoda, dalle nuvole e dal paesaggio, trattato con tecnica calligrafica, e al mondo occidentale, riletto come una disutopia panottica il cui riflesso è possibile scorgere nelle telecamere di sicurezza e nel semaforo stradale. In quest’universalità culturale che lascia spazio alla natura (con animali di tutti i regni, fra cui gatti, colibrì, camaleonti e poi ancora astici e granchi, ed un trionfo di girasoli) e fonde tradizione e progresso mettendo in dialogo una fragile classicità, rappresentata dalla colonna antica, con gli spettri di una società invisibilmente presente, la via da seguire ed il percorso da intraprendere per l’uomo, rappresentato dal colore, relegato in un angolo del dipinto, uno squarcio di Eden, è suggerito da alcuni animali che ne osservano la novità - percettiva, emozionale e simbolica - all’interno di uno spazio culturale a tinte monocrome cui fa da sfondo l’oro, pigmento iconico, sacrale, ricco di significati e allo stesso tempo eterno ed immutabile, come nella visione del giovane artista cinese. Sapevo di voler diventare un artista sin da piccolissimo, quando avevo circa 5 anni: in quei tempi mia madre mi incoraggiò a diventare un artista quando mi trovò a disegnare e ad amare così tanto questa pratica, mentre gli altri bambini giocavano all’aperto nel parco giochi; ricordo con felicità i momenti della mia infanzia trascorsi a studiare e riprodurre gli schizzi di Leonardo Da Vinci e la pittura cinese. La natura è l’argomento principale delle mie opere: mi piace esplorare i movimenti dei miei soggetti ed il passaggio del tempo attraverso il mio pennello. II mio obiettivo è sviluppare uno stile unico, personale, un tipo di arte moderna che parli sia agli spettatori orientali che a quelli occidentali. Sono stupito dalla bellezza delle arti orientali ed occidentali, ma trovo molto difficile combinarle assieme efficacemente; non voglio forzare il mio stile dentro ai parametri di qualche tendenza, ma vorrei creare qualcosa di cui possa essere felice. Infatti il mio desiderio ultimo in quanto artista è quello di continuare a sviluppare stili unici di arti tradizionali contemporanee, che “parlino” agli spettatori del Millennio. Il dipinto La persistenza della memoria in mostra ad Albissola Marina, è un’esplorazione dell’estetica formale, una sfida a fondere modernità e tradizione. In esso propongo le mie riflessioni sulla vita, sul pensiero umanistico e sull’anima. L’oro simboleggia l’eternità, nella quale si solidificano le immagini in bianco e nero, rappresentanti i ricordi del passato, la memoria appunto; il virtuale e il reale si compenetrano nello stesso spazio, proprio come ci ricordano le rocce naturali, frammenti del passato. L.W.



Casa Museo Asger Jorn 2 - 24 marzo 2019 Chiara Abbruzzo Franco Ferrari Giordana Larosa Arianna Maestrale Sofia Mammoliti Matilde Mele Eleonora Perotti Sara Pezzolo Claudia Robustelli Davide Tavino


Flow, installazione ambientale, tecnica mista, dimensioni variabili, 2017


CHIARA ABBRUZZO GIORDANA LAROSA

Genova 1996, Decorazione Genova 1995, Decorazione Chiara Abbruzzo e Giordana Larosa realizzano insieme un’installazione che si muove tra realtà e rappresentazione il cui tema principale è la natura. Le foglie, simbolo del mondo naturale, sono presenti alle pareti e sospese dal soffitto, in dialogo con la natura esterna del giardino di Jorn. Esse piombano sul visitatore che desideri entrare nella stanza, costringendolo a un contatto fisico che molto spesso è del tutto negato nella vita quotidiana. Alimentate dal comune desiderio di fare arte, abbiamo trovato un mezzo comune per esprimere la nostra sensibilità, ovvero gli elementi naturali e le loro rappresentazioni. Flow, nato come progetto per un esame accademico, è un’installazione che ha come fine la sensibilizzazione dell’uomo nei confronti della natura, sul sentiero già tracciato da artisti come Giuseppe Penone ed Ettore Favini. Il lavoro è costituito dall’accostamento di una foglia reale alla sua rappresentazione fotografica, in modo da evidenziare i diversi effetti dello scorrere del tempo sulle due realtà. Nel caso della fotografia, l’immagine rimane immutata. La foglia reale è divisa in due parti: una trattata per rimanere immune al passare del tempo, l’altra metà, invece, ne subirà gli effetti, differenziandosi dal suo stato originale e dalla sua rappresentazione fotografica. Nel progetto iniziale l’opera avrebbe anche richiesto la partecipazione attiva dello spettatore, il quale avrebbe dovuto scrivere il nome delle foglie presenti a lui note su un quaderno apposito. C.A. e G.L.


Totem (trittico, dettaglio), tecnica mista su carta, 245x150 cm, 2019


FRANCO FERRARI

Rovigo 1996, Pittura La figura totemica realizzata con un coloratissimo patchwork di piastrelle di reimpiego da Jorn ed installata permanentemente nel salotto è il fulcro della riflessione di Franco Ferrari, il quale si interroga profondamente sui punti di contatto e sulle divergenze fra il suo modus operandi e quello del danese “proprietario di casa”: nei lavori esposti da Ferrari, la libertà espressiva si rifà a quella di Jorn, con un segno creativo forte, che incontra e si scontra in maniera anche drammatica con contaminazioni da altri media; il risultato esposto, amplificato dal carattere ambientale dell’installazione e dalla ricerca site-specific, non può non coinvolgere emotivamente il fruitore, catapultato nell’universo conflittuale di queste opere. Durante il sopralluogo a Casa Jorn mi sono trovato in difficoltà nell’immaginare un’opera che fosse in grado di rappresentare il mio lavoro e la mia persona e che al contempo riuscisse a dialogare con lo spazio e il lavoro dell’artista. Ho deciso di intervenire attraverso tre lavori pittorici che riprendano la capacità di Jorn e la sua fiducia nella libertà dell’utilizzo della materia, cercando un confronto e un dialogo, individuando nelle opere del danese una ricerca armonica tra le diverse materie e nelle mie una ricerca di contraddizione della materia che generi dei cortocircuiti tra ciò che è organico e ciò che non lo è. Ho lavorato sul concetto di figura apotropaica, un concetto che si ripresenta molto spesso nelle opere presenti all’interno di Casa Jorn, creando delle figure che si impongono all’osservatore. Credo che le opere siano la manifestazione di una rabbia, o meglio di una forza rinchiusa che al momento della creazione è apparentemente esplosa, ma che in realtà rimane limitata nella sua dimensione materiale, quella del medium, della pittura e del segno. Una forza nata dalla stessa paura di non poter essere espressa. La figura fatta di libero segno e libera materia viene intrappolata da parole scritte e da fotografie che, come elementi esterni, come una pelle ragionata, lottano contro l’irrazionalità naturale del segno: una lotta, un’agonia alla base dell’esistenza, che in certi casi porta alla lacerazione della carta nelle opere e alla sofferenza nella vita. F.F.


Che non ci prendiate sul serio è del tutto irrilevante, installazione polimaterica, 200x200 cm, 2019


ARIANNA MAESTRALE

Genova 1996, Pittura La veranda di Casa Jorn, il fantastico ambiente plasmato dall’artista danese, ospita l’inarrestabile installazione di Arianna Maestrale: un’architettura mobile - sospinta con leggerezza ed imprevedibilità dagli spifferi d’aria - di immagini rappresentative della cultura odierna e di lavori pittorici dell’artista, una struttura non enciclopedica ma espandibile, che ramificandosi verso il pavimento come il delta di un fiume abbraccia il fruitore “danzandovi” attorno ed attivando lo spazio della veranda grazie al movimento, al sonoro e ai giochi di rifrazione offerti dalla luce sulle immagini “pop” che si librano come uno sciame di farfalle. Penso al problema della mia generazione di eterni bambini, con le teste fra le nuvole, destinati a prendere le redini del mondo il più tardi possibile: è praticamente impossibile togliersi di dosso il peso di una società che non incoraggia, ma cristallizza e irrigidisce. Per bene che vada, la mia generazione viene presa sul serio se si sforza di utilizzare il linguaggio e i riferimenti che erano adatti a una società e una cultura di almeno quarant’anni fa. L’idea è quella di scoprire alcuni aspetti peculiari del nostro immaginario, che galleggia in uno spazio virtuale fatto di links, trasparenze e movimento: ogni dato è sganciato dal suo contesto, e contribuisce a formare un universo nuovo, leggerissimo. Che non ci prendiate sul serio è del tutto irrilevante: la condizione che rende possibile la leggerezza è la nostra indifferenza nei confronti di una società che cerca di imporre anacronisticamente il suo peso fatto di contestualizzazioni e riferimenti a una realtà che, in definitiva, non ci appartiene. L’opera, un’installazione polimaterica realizzata quest’anno ad hoc per Casa Jorn in occasione di Interferenze #3, ha nella sua applicazione formale un riferimento principale, ai Mobiles di Calder: grandi sculture cinetiche dalle quali ho cercato di assorbire la leggerezza e una certa elegante lentezza. Ho già affrontato il tema generazionale con l’installazione Ninna Nanna (Premio G.B. Salvi 2018) seppur con differenti media; In Equilibrio, invece, è la mia opera che più si avvicina a questa in termini di realizzazione, ma con intenti differenti. Entrambe hanno favorito la genesi di Che non ci prendiate sul serio è del tutto irrilevante, pensata come opera site-specific; nel tentativo di tenere alta la bandiera dell’arte come espressione libera e anarchica promossa da Jorn. A.M.


Sator, videoproiezione digitale, installazione site-specific, dimensioni variabili, 2019


MATILDE MELE

Genova 1992, Scenografia Matilde Mele, studentessa di scenografia, sfrutta la parete del bacino d’acqua al centro del giardino di Casa Museo Jorn e le fasce soprastanti per la sua installazione video di grande impatto. SATOR, proiettato nel buio della notte, conduce lo spettatore a perdersi tra immagini sconnesse eppure significanti e in stretto legame con la natura del luogo e con le figure in pietra che popolano la casa e si affacciano sulla vasca. Riprendendo nel titolo un mistero non risolto dalla cultura latina, l’artista offre al suo pubblico una suggestione visiva e sonora che pare dar fiato agli elementi che Jorn ha posizionato in giardino, legando tradizioni e culture lontane a medium del tutto contemporanei. SATOR è un’installazione video basata sul quadrato magico del Sator, un’iscrizione latina composta da cinque parole (Sator, Arepo, Tenet, Opera Rotas), ritrovata su numerosi reperti archeologici eppure tuttora misteriosa nei suoi significati. Le possibili traduzioni sono molteplici, anche per il modo in cui viene letto il quadrato (in base ad una lettura lineare, bustrofedica…). Realizzata tramite il montaggio stratificato e la modifica delle riprese video abbinate ad uno studio musicale sul modello situazionista indagato dallo stesso Asger Jorn, seguendo un procedimento casuale ed emotivo dettato dalle note e dal colore, l’installazione è un tentativo di riproporre il metodo creativo dell’artista danese. SATOR cerca di guidare il pubblico in un’esperienza quasi rituale in cui le figure apotropaiche che affollano il giardino di Casa Jorn prendono e perdono forma, si animano, si mescolano, “respirando” tramite la musica che le accompagna attraverso un percorso caotico, guidato dalle emozioni e non dalla logica di una narrazione. M.M.


Senza titolo, marmo, corda, gesso e legno, Ă˜ 33 x19 cm, 2019


ELEONORA PEROTTI KLUN

Genova 1993, Scultura La minima manipolazione dei materiali, la loro essenzialità, immediatezza e risolutezza, condensate in un assemblaggio polimaterico che dà vita ad un oggetto nuovo, curioso, impossibile ed unico, su cui occorre soffermarsi perché portatore di una storia, di una narrazione: con questo lavoro, testimonianza della capacità di assemblare un nuovo oggetto che può sembrare trouvé, prelevato dal vissuto quotidiano, fondendo materiali, ricordi, storie, Perotti celebra la libertà creativa, la spontaneità, la fantasia e l’attenzione per l’oggetto di scarto che fecero la fortuna della meravigliosa villa ligure di Jorn. Per richiamare la poetica che ha portato alla libera realizzazione dell’opera d’arte totale che è Casa Jorn, ho deciso di utilizzare elementi di “scarto” che andranno a formare un nuovo oggetto. Esso è costituito da una base, un pesante centrotavola recuperato da mia nonna, da un tavolino semisferico andato distrutto negli anni, ricoperto da uno strato di corda per amache, che ormai mio padre non realizza più. L’ispirazione per la scelta di questo lavoro deriva dalla tecnica del collage, del reimpiego, del riutilizzo di diversi materiali, dell’impiego di materiali organici e deperibili nelle sculture, secondo la lezione di Eva Hesse. La ricomposizione degli elementi crea una nuova “cosa”, che prima non era presente, un insieme unitario: in esso si uniscono il simbolo del femminile e quello del maschile, del riposo silenzioso e vegeto, del grembo plastico, il simbolo di morte della superficie attraverso il coloro bianco e di vita della forma interna attraverso la mezza sfera orizzontale, interpretabile come un respiro generativo e amorevole. A questa scultura vorrei affidare il compito di risvegliare i nostri sensi, per tornare ai tempi in cui stare insieme era una cosa primaria: sedersi intorno a un tavolo imbandito era il momento in cui ci si riuniva e ci si ritrovava, la pausa dalla frenesia, l’occasione della condivisione. Ecco il motivo dell’installazione della scultura in cucina, lo spazio per eccellenza in cui la famiglia si riuniva, per dialogare, giocare, e allo stesso tempo pensare e cantare, brindando ai valori della vita. E.P.


Upset, performance e videoproiezione digitale, 2019


SARA PEZZOLO CLAUDIA ROBUSTELLI

Genova 1997, Progettazione Artistica per l’Impresa Genova 1997, Progettazione Artistica per l’Impresa Sara Pezzolo e Claudia Robustelli si appropriano del bagno di Jorn proiettando i loro fondali dipinti sul muro rosa e sulla stessa performer, vestita di bianco e per questo in grado di catturare ogni sfumatura e ogni mutamento dettato dal proiettore. Movimenti lenti e sconnessi accompagnati da un sottofondo rumoroso conducono lo spettatore nell’esplorazione di uno spazio buio di cui si perdono quasi le coordinate. Il titolo scelto per la performance è UPSET. Il suo significato è disturbo, disordine, capovolgimento e ha a che fare con un aspetto in particolare del lavoro e della ricerca artistica di Asger Jorn. L’opera che ha ispirato il nostro lavoro è una scultura di Jorn in ceramica smaltata, delle collezioni del Comune di Albissola Marina. Essa raffigura una sorta di mostro dagli occhi profondi e dalla bocca spalancata, che fissa l’osservatore. La nostra intenzione è quella di trasmettere le stesse emozioni che quest’opera provoca: disagio, un filo d’inquietudine e di incomprensione. I media da noi utilizzati sono differenti, partendo dal movimento del corpo, passando per la realizzazione di sfondi pittorici e modificati digitalmente in un secondo momento e concludendo con la proiezione di quest’ultimi attraverso un proiettore. I fondali pittorici sono ispirati ai lavori di Jorn e alla sua estetica, un’alternanza di colori tenui, con segni a primo impatto indecifrabili e solo in un secondo momento identificabili con forme riconoscibili e di colori accesi più comuni fra i suoi lavori come il rosso, il giallo e il blu. La performance viene anche accompagnata da suoni, o meglio rumori, anch’essi ispirati a quella che l’artista danese considerava musica. Il vestito candido della performer è stato realizzato da noi e pensato come un possibile schermo bianco capace di catturare su di sé la proiezione. In UPSET vengono messi in atto molti strumenti di ricerca volti a creare uno stile sempre più personale, basato sulla compenetrazione delle nostre differenti capacità artistiche, con il fine di continuare a lavorare insieme. S.P e C.R.


San Giorgio e il drago, pittura e installazione ambientale, 200x150 cm, 2019


DAVIDE TAVINO

Genova 1996, Pittura Nell’atelier di Jorn, luogo sacro della Casa Museo, Davide Tavino ripercorre una tappa fondamentale della vicenda ligure del genio danese; in un certo senso non è la prima volta che una capra “mette piede” nello studio albisolese: in occasione della Festa della capra, Jorn, con i parenti e gli amici, si ritrovava in questo ambiente per cantare, brindare e festeggiare la vendita di un lavoro importante, banchettando con un capretto e condividendo la meraviglia dello stare insieme, godendo della frugalità del momento e facendosi beffa del sistema capitalistico che muoveva l’arte ed il mercato, tematica affrontata da Tavino e dal suo San Giorgio che sfida il drago e lo spettro mai sopito di un CoBrA. Arrivando a Casa Jorn e scoprendone la storia ho trovato un’importante fonte d’ispirazione. Mi ha affascinato in particolare la sinergia tra uomo e natura che ha caratterizzato la poetica di questo luogo. Uscendo dalla cornice del quadro ho potuto vedere in un animale, nella capra, un potenziale espressivo che si rivela decisivo nella rappresentazione di un tema a me caro. Il mio San Giorgio vuole essere una provocatoria chiave di lettura dell’iter dell’artista, sia nel momento della creazione dell’opera che nell’intero suo percorso. I personaggi rappresentati in questa duplice narrazione sono quattro: il santo condottiero, il suo fido destriero, l’avido e famelico drago e l’indifferente capretta. Vi è infine un personaggio che non si rivela esplicitamente: la terrorizzata principessa prigioniera della belva. Il ruolo dell’artista è quello del cavaliere. Nel momento della creazione, in sella alle conoscenze e agli aiuti fornitegli da persone ricche di spirito, l’artista combatte la paura di risultare incomprensibile. In tutto questo la capretta personifica colui che, pur avendo la cultura e le capacità per sostenere la lotta, continua noncurante la sua esistenza, né per sdegno, né per ingenuità: esclusivamente per un’impossibilità di dialogo tra dimensioni troppo distanti tra loro. La principessa da liberare è un’opera tanto vergine quanto contaminata, che fa pensare. In una lettura dell’opera più complessiva, l’artista, grazie ai mecenati che lo spingono e lo finanziano, sconfigge ogni barriera generatasi nella società per fermare l’avanzamento dell’Arte. Un’arte che è spettatrice angosciata, in attesa di poter essere libera e splendente. In tutto questo il fruitore alienato, ovvero la capretta, non comprende l’importanza della battaglia, capta significati fittizi che non gli permettono di sostenere l’impresa. D.T.



ELENCO DELLE OPERE ESPOSTE Circolo degli Artisti Albisola, 12 / 27 gennaio 2019

NICOLA ANDREALLO /ALICE BENEDETTI Conflitto simultaneo 1/2/3, tecnica mista su carta, 17.5x25 cm, 2018 Ricerca simultanea - La gioia 1, tecnica mista su carta, 25x35 cm, 2018 Ricerca simultanea - La gioia 2/3, tecnica mista su carta, 17.5x25 cm, 2018 Sovrapposizioni, tecnica mista su carta, 25x35 cm , 2018 Tango 1/2/3/4, tecnica mista su carta, 25x35 cm , 2018

ALICE BAIARDI Il mare parla a sé stesso, linoleografia, 8.8x22 cm, 2018 Pareidoila, linoleografia, 8x13 cm, 2018 Prima domenica di luglio, linoleografia, 15x10 cm, 2018 Senza titolo, linoleografia, 14.5x20.5 cm, 2017

MAURO CASALINO Abisso, monotipo su carta artigianale, 50x70 cm, 2018 Uno sguardo verso l’infinito, monotipo su carta artigianale, 50x70 cm, 2018 L’impalpabile verità, monotipo su carta artigianale, 50x70 cm, 2018 Arriva il vento, monotipo, 50x70 cm, 2018

ALICE JANKOVIC Contatto, fotografia / frottage, 26.5x33.5 cm, 2018

SOFIA MAMMOLITI Nuvole, terracotta smaltata, 92x23x2 cm, 2018

STEFANO PULCINI Circle, video / elaborazione digitale, 2019

ALEX RASO Adolescere, installazione ambientale, tecnica mista, dimensioni vriabili, 2018

DAVIDE TOSCANO Senza titolo 1/2/3/4/5, tecnica mista su fotocopia, 40x30 cm, 2018


ELENCO DELLE OPERE ESPOSTE MuDA- Museo Diffuso Albisola, 26 gennaio / 2 marzo 2019

PIETRO CANEPA

Modellino per Il flauto magico di W.A. Mozart, 80x60x70 cm, 2018

MARIA CESARE Le amanti 1/2/3, olio su tela, 100x100 cm, 2018

ALESSANDRA CINISELLI Corpi senza gloria, carboncino e pastello su carta, 50x70 cm, 2019 Moon Ritual, matita e pastello su carta, 50x70 cm, 2019 Studio anatomico sovrapensiero, matita e pastello su carta, 50x70 cm, 2019 10.01.2019, matita e pastello su carta, 50x70 cm, 2019

MARGHERITA FERRARI In superficie, tecnica mista su tela, 105x85 cm, 2019 Poco chiaro, tecnica mista su tela, 100x70 cm, 2018 Urbano, tecnica mista su tela, 90x75 cm, 2018

CHIARA GIOVANNINI Modellino per Edipo Re di Sofocle, 63x40x45 cm, 2017

CLARA ORLANDO Modellino per Rigoletto di G.Verdi, 70X80 cm, 2018

CLAUDIO TAGLIAMACCO Volatile, tempera e olio su carta, 120x100 cm, 2019 Flamingo 1, olio su carta, 100x70 cm, 2019 Piccione, gesso e fil di ferro, 14x17x10 cm, 2016

LIU WEI La persistenza della memoria, acrilico su cartoncino, 185x140 cm, 2018


ELENCO DELLE OPERE ESPOSTE Casa Museo Asger Jorn, 2 / 24 marzo 2019

CHIARA ABBRUZZO

Bright Leaves, maiolica e legno, 2019

CHIARA ABBRUZZO / GIORDANA LAROSA

Flow, installazione ambientale, tecnica mista, dimensioni variabili, 2017 Skeleton Leaves Wallpaper, installazione ambientale, tecnica mista, dimensioni variabili, 2017 Greenfog, installazione ambientale, tecnica mista, dimensioni variabili, 2017

FRANCO FERRARI Totem (trittico), tecnica mista su carta, 245x150 / 230x100 / 230x100 cm, 2019

ARIANNA MAESTRALE

Che non ci prendiate sul serio è del tutto irrilevante installazione polimaterica, 200x200 cm, 2019

SOFIA MAMMOLITI

Jorn’s Path, mosaico ceramico su legno, 30x100 cm, 2019

MATILDE MELE

Sator, videoproiezione digitale, installazione site-specific, dimensioni variabili, 2019

ELEONORA PEROTTI Senza titolo, marmo, corda, gesso e legno, 33x19 cm, 2019

SARA PEZZOLO / CLAUDIA ROBUSTELLI

Upset, performance e videoproiezione digitale, 2019

DAVIDE TAVINO

San Giorgio e il drago, pittura, installazione ambientale, 200x150 cm, 2019



CIRCOLO DEGLI ARTISTI ALBISOLA 12 - 27 gennaio 2019 MuDA - MUSEO DIFFUSO ALBISOLA 26 gennaio - 2 marzo 2019 CASA MUSEO ASGER JORN 2 - 24 marzo 2019


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