APRILE 2020 - N° 124
Editoriale
Torneremo a sorridere di Laura Di Palma Da oltre due mesi, ormai, la vita di ognuno di noi è cambiata. Un virus sconosciuto che ci sembrava potesse essere soltanto un lontano pericolo (in Cina) ha raggiunto il nostro Paese e l’ Italia, in particolar modo il Nord, sta pagando un prezzo altissimo. Un elevato numero di contagi e un enorme numero di defunti. Ognuno di noi, è stato colpito, direttamente o indirettamente dal Coronavirus: c’è chi ha perso uno o più famigliari, chi ha perso amici e conoscenti, chi si è ammalato, più o meno gravemente. Ci sono poi tutti coloro che hanno attività che sono stati costretti a chiudere e che non sanno tutt’ora se riusciranno a riaprire, coloro che sono stati costretti alla cassa integrazione, coloro che rischiano un licenziamento repentino e chi, come la sottoscritta (insegnante), si è trovata da un giorno all’altro a dover cambiare il suo modo di lavorare, adeguando la scuola dalla modalità in presenza a quella “a distanza”, con tutti i pro (pochi, per la verità) e i contro del caso. Se inizialmente, potente è partito il mantra “Andrà tutto bene”, è bastato vivere dalle proprie case la situazione che si è andata creando per capire che niente, o quasi, è andato bene, almeno sinora. Troppi morti, troppi contagi, troppe domande e incertezze; pareri discordanti e litigate da primedonne anche tra gli stessi medici, virologi o esperti che dir si voglia, contrapposizioni politiche che hanno portato soltanto a decisioni sbagliate, reiterate nel tempo. E, nel frattempo, una vita non vita: una gara per tener duro, sopportare la quarantena obbligatoria, sperando in dati più positivi giorno dopo giorno. Eppure, tutto questo scombussolamento pare stia portando anche qualcosa di bello: l’aria fortemente inquinata delle nostre città è decisamente più pulita e la natura, tanto maltrattata dall’uomo, sembra essersi ripresa i suoi spazi: nelle città di tutto il mondo si vedono branchi di animali selvatici “pascolare” liberamente laddove si trovano, generalmente, gli uomini. I fiumi e i mari sono limpidi e puliti, persino parte del buco dell’ozono si è chiuso. E tutto questo, non può che farci riflettere sul fatto che la natura che ci circonda sia parte integrante della nostra vita e, come tale, vada rispettata. Mai come in questi giorni si sono viste esplodere manifestazioni solidali tra uomini: siamo tutti sulla stes-
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sa barca (come ci ha voluto ricordare, tempo fa, Papa Francesco, durante un momento di preghiera che passerà alla storia) e questo dover remare tutti insieme ha portato tante persone a farsi più prossime agli altri: chi ha potuto, ha aiutato gli altri anche economicamente, ma in tanti sono stati quelli che hanno donato e donano il proprio tempo per poter portare alle fasce più deboli e bisognose la spesa, i medicinali, anche solo una parola di conforto. La distanza obbligata dai nostri famigliari, specialmente dai più anziani, e dai nostri amici, ha fatto riscoprire ad ognuno di noi, l’ importanza dei legami, da quelli di sangue a quelli d’ amicizia. Questo virus, insomma, sta facendo riscoprire all’uomo che non è poi così infallibile, anzi! Ci stiamo scoprendo deboli, fragili, impotenti davanti a tanta sofferenza. E così bisognosi degli altri. Stiamo rivalutando il lavoro instancabile e sommerso dei tanti medici e operatori sanitari che si sono fatti in quattro per cercare di salvare vite umane ma che da sempre lavorano senza sosta per il nostro bene, senza essere spesso riconosciuti. Che dire quindi?! Quando tutto questo sarà finito (sappiamo che ci vorrà molto tempo, ma tutti quanti speriamo di vederne la fine in tempi ragionevoli) saremo finalmente persone migliori?! E vivremo in un mondo migliore?! Difficile dirlo. C’è chi ci scommette e chi invece, non può credere ciò e afferma a gran voce che tutto tornerà come prima, se non peggio. Di certo ciò che stiamo vivendo è qualcosa di più grande di noi, potente, spaventoso, inaspettato. È un qualcosa che passerà alla storia e che sarà ricordato per lungo tempo. Di certo, vogliamo crederlo, ci sarà una nuova vita e arriverà il giorno in cui, finalmente, torneremo a sorridere.
In questo numero…
Gli argomenti Editoriale
Torneremo a sorridere La politica ai tempi della pandemia Covid-19, il tempo lungo della cura... Covid-19, meno spese militari e più in sanità
di Laura Di Palma di Dante Mantovani di Donatella Albini di Gianni Rossini
Pag. 5
Quale festa del lavoro nell’era del Covid-19? “Ribelli per amore” nel ricordo del 25 Aprile Anche la solidarietà è... contagiosa
Pag. 8
Testimonianze
Pag. 9
Testimonianze Testimonianze “Aspetti positivi” della pandemia
di Enzo Torri di Enzo Torri di C. Bazzana e F. Basile di R. Entrada – un medico ed un infermiere ospedale di Montichiari presidente di Consiglio di Istituto un’insegante di scuola primaria di Giorgio Pellegrino
Pag. 2 Pag. 4
La politica e l’economia
Pag. 18 Pag. 19 Pag. 24 Pag. 25
Pag. 10
La società al tempo della pandemia
Pag. 11
Una laurea “diversa” Cronache dal mio giardino La Farmacia di quartiere Coronavirus, fake news “Fase 2”, responsabilità e correttezza! La Chiesa al tempo della pandemia Notizie dal Brasile al tempo della pandemia
di Federica Garzoni di Ernesto Paroli
Per sentito dire… Il topo di biblioteca Liberiamo donne e bambini? Nazionalismi VS universalismo Il circolo ACLI È nata Eva US Acli S. Polo ASD Gruppo di Acquisto Solidale
di Ernesto Paroli di Ernesto Paroli di Centina Bazzana di Dante Mantovani di Dante Mantovani a cura della Redazione di Clara Signorelli di Clara Signorelli
Pag. 33
Le norme di tutela dei lavoratori in presenza di COVID-19
di Giuseppe Foresti
Pag. 29
2 lettere a SanpoloPolis sui cani
lettere firmate
Pag. 22
... Giacomo Rocca – Ivan Gussago – Franco Gandini – Domenico Palumbo – Luigi Furia
a cura della Redazione
Pag. 23
... Don Angelo Cretti
di Dante Mantovani
Pag. 12 Pag. 14 Pag. 16 Pag. 17 Pag. 26
Fede, Chiesa e società
La Cultura
Pag. 20 Pag. 30 Pag. 31 Pag. 32
La mina vagante
Pag. 7
I colori della società
Pag. 32
Il circolo ACLI e dintorni al tempo della pandemia Punto Comunità S. Polo Cimabue A voi la parola In ricordo di…
Pag. 27 Pag. 27 Pag. 28 Pag. 28
di Davide Riccardi di Clara e Dante di Dante Mantovani di Dom Pedro Josè Conti
In copertina La copertina di questo numero 124 di SanpoloPolis è dedicata interamente al volontariato che nel nostro quartiere si è mobilitato intorno al progetto “Coronavirus, sostegno alle fragilità”
Redazione Laura Di Palma - Dante Mantovani – Centina Bazzana – Sandro Sandrini – Ernesto Paroli – Gianni Rossini – Andrea Culetto – Angelo Alioto – Giorgio Pellegrino – Fabio Basile – Andrea Garzoni – Riccardo Entrada
"SanpoloPolis" - periodico bimestrale del Circolo ACLI S. Polo - Brescia Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 10 del 13/2/2009. Direttore Responsabile: Laura Di Palma Editore: Circolo ACLI San Polo - via Cimabue 271 – 25134 Brescia Coordinatore di Redazione: Fabio Basile
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La politica
La politica e la pandemia di Dante Mantovani Vorrei tentare di tracciare una valutazione, per quello che è possibile oggettiva, dei comportamenti politici in questi mesi di pandemia da Coronavirus, cioè in tempo di grande emergenza sanitaria, ma anche economica. Per non essere giudicato di parte, anche se i lettori di SanpoloPolis ormai conoscono benissimo il mio pensiero politico che, per trasparenza, non ho mai nascosto, non citerò per nome i partiti, ma parlerò in modo generale di Governo, maggioranza ed opposizione. A ciascuno lascio di individuare in modo più preciso di chi parlo. Dico subito che mi sento si esprimere un giudizio sostanzialmente positivo sull’operato del Governo. Dobbiamo tener conto che la situazione era inedita per tutti; credo che nessuno dei viventi abbia mai sperimentato una situazione di pandemia come questa. Tutti ci siamo trovati di fronte una realtà più grave di quanto si pensasse nelle prime settimane in cui tutti, credo, abbiamo peccato di sottovalutazione inconsapevole. Dopo di che, il Governo ha agito subito con provvedimenti restrittivi per le attività economiche non strettamente necessarie e per le persone; forse, inizialmente, in modo troppo prudente. Ma in quella fase, veniva dall’opposizione la precisa richiesta di non chiudere le attività produttive, soprattutto al Nord dove il virus si presentava già con una certa virulenza; eravamo a fine febbraio. Dopo pochi giorni (inizio marzo), il Governo ha chiuso praticamente tutto e dalla stessa opposizione che pochi giorni prima non voleva si chiudesse, sono cominciate a piovere critiche perché si doveva essere ancora più rigidi nelle chiusure. Adesso che la quarantena pressoché totale sta portando gradualmente i propri frutti con la diminuzione del contagio, il Governo ha iniziato con cautela ad avviare la “fase 2” riaprendo le attività produttive che possono garantire la sicurezza nei confronti del contagio per i lavoratori e per tutto il resto del personale; ha mantenuto restrizioni per le attività di ristorazione e bar, per le attività culturali, sportive, religiose che provocano assembramenti. I provvedimenti del Governo hanno provocato le proteste di tutti, perché tutti vorrebbero ripartire come prima. Ovviamente l’ opposizione cavalca le proteste. Personalmente apprezzo la posizioni di cautela del Governo perché si basano sulle indicazioni degli esperti del Comitato tecnico scientifico, preoccupati che un’apertura troppo allargata provochi altri focolai di
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contagio ed un nuovo aumento di contagiati. E spero quindi che il Governo non ceda alle pressioni delle varie lobby ed anche della Conferenza Episcopale Italiana che, da credente, avrei voluto più responsabile. Concludo questa sbrigativa analisi valutativa dei comportamenti politici dicendo: 1. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte si sta dimostrando uno statista che sta facendo scelte in funzione del bene prioritario dei cittadini che è la salute; scelte da contemperare, senza dubbi, con la necessità di non portare il Paese alla fame ed è quanto mi sembra stia facendo in modo responsabile. 2. I partiti della maggioranza mantengono la fiducia a Conte, ma sono altalenanti tra la prudenza necessaria a garantire la salute come bene essenziale e la ricerca del consenso, tentati di assecondare le richieste di chi vorrebbe l’apertura delle proprie attività che vengono da imprenditori, ma anche dai Vescovi. 3. L’opposizione, anche se con toni diversi, si piega invece alle esigenze del consenso cavalcando in modo alterno richieste di chiusura o di apertura totale delle attività a seconda degli umori captati tra la gente, con attacchi sconsiderati al Governo e chiamate a proteste popolari. Che differenza con la responsabilità dimostrata dalle opposizioni in altri Paesi europei...! Conclusione: “Un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista guarda al bene comune”. È una frase generalmente attribuita ad Alcide De Gasperi. Invito i lettori a giudicare Presidente del Consiglio, partiti di maggioranza e di opposizione e politici alla luce della frase di De Gasperi. Perché è questo il criterio con il quale dovremmo fare sempre le nostre valutazioni.
La solidarietà al tempo della pandemia
Anche la solidarietà è… “contagiosa” di Fabio Basile presidente Consiglio di Quartiere S. Polo Cimabue Centina Bazzana Coordinatrice Punto Comunità S. Polo Cimabue Grazie al lavoro straordinario di 40 volontari, da quasi 2 mesi, da quando è iniziata questa emergenza sanitaria, cerchiamo di soddisfare le richieste di assistenza per la spesa a domicilio di alimenti e farmaci, a sostegno di anziani e soggetti in condizioni di fragilità della nostra comunità. Abbiamo unito le forze. I Consigli di quartiere San Polo Cimabue e San Polo Parco, il Punto Comunità San Polo Cimabue, la Casa delle Associazioni, Fondazione Asm, il Circolo Acli San Polo, le Suore Operaie e le Caritas delle Parrocchie Sant’Angela Merici e San Luigi Gonzaga, sostengono le persone fragili per un aiuto nell'approvvigionamento dei beni essenziali, dei farmaci e di altri servizi quali pagamento bollette, affitto, abbonamenti. Tutto è iniziato i primi giorni del mese di marzo con la presentazione del progetto “Coronavirus, le persone in condizione di fragilità” e l’attivazione dei numeri telefonici dei Servizi Sociali del Comune a cui potevano accedere coloro che erano impossibilitati ad uscire di casa e che non avevano parenti o altre persone a cui rivolgersi. Sono arrivate quindi le prime candidature di volontari, inizialmente soltanto sette, ma con il passare dei giorni la rete si è fatta sempre più grande fino a superare le QUARANTA adesioni.
Come ci siamo organizzati? Una volta arrivata la segnalazione dai servizi sociali alla referente del Punto Comunità, quest’ultima telefona al-la famiglia e si informa delle esigenze specifiche, del giorno prescelto e degli orari; poi mette in moto uno dei volontari in base alla disponibilità oraria precedentemente comunicata ed in base anche alla vicinanza e alla conoscenza del quartiere. La referente Ho eseguito alcune conricontatta quindi il cittasegne di generi alimendino comunicando il tari e la cosa che più mi ha colpito è lo stupore nome del volontario che negli occhi delle persone. si recherà presso la sua Stupore non di sorpresa abitazione e l’orario: (perché sapevano della tutto questo almeno la consegna) ma di “increprima volta, poi una voldula” e sommessa gioia ta istaurato il rapporto nel capire che non erano spesso è il volontario soli. In questi tempi così stesso che si accorda particolari gli sguardi di col cittadino, previo acquegli occhi, e un “gracordo con la referente. zie” quasi sussurrato Tutti i volontari sono con un timido sorriso, stati dotati precedenmi hanno riempito il temente dei dispositivi cuore e l’anima di qualdi sicurezza (guanti e cosa di immenso e “calmascherine) nonché do”. E mi sento di dire io grazie a tutti loro! del tesserino di ricono(volontaria Caritas scimento e della certifiS.Angela Merici) cazione necessaria agli spostamenti in caso di controllo da parte delle forze dell’ordine. Il volontario si reca dal cittadino, ritira i contanti e la lista dei generi alimentari o farmaci da acquistare e si reca presso i negozi del quartiere per procedere con l’acquisto. Grazie anche alla preziosa collaborazione di alcune attività commerciali, il volontario mostrando il tesserino di riconoscimento ha la precedenza sia nell’entrare che
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La solidarietà al tempo della pandemia nell’uscire. Proprio in quest’ultima fase, il direttore del supermercato Conad, ha previsto, in caso di un numero eccesivo di clienti in coda, l’apertura di una cassa per favorire il volontario. Nelle settimane che si sono susseguite abbiamo cercato di mantenere il rapporto di fiducia tra il cittadino che richiedeva il sostegno e il volontario, inviando al proprio domicilio sempre lo stesso collaboratore. Abbia-mo infatti constatato che la spesa diventava anche motivo di confronto e dialogo per quei soggetti ri-masti da soli a casa. Con questa attività abbiamo supportato una cinquantina di famiglie! Oltre alla spesa a domicilio è stato attivato un sostegno psicologico telefonico ad opera di un nostro volontario (psicologo) disponibile nelle giornate di lunedì, martedì e mercoledì dalle 14 alle Sono Stefania e ho deciso 17, nonché l'assidi scrivere queste due righe stenza infermieriper ringraziarvi della vostica sempre ad stra gentilezza e della voopera di una nostra stra disponibilità ad aiutavolontaria (infermiere il prossimo in questo brutto momento. Non mi ra), previa prescriaspettavo di trovare delle zione medica scritta, persone tanto buone di telefonando tutti i cuore , io non posso uscire giorni dalle 8,30 alle a fare la spesa perché a 20,00, domenica rischio. compresa. Da seHo trovato tanta disponignalare anche il cobilità nei volontari che si siddetto servizio sono alternati. Grazie a bancomat, per i tutti, siete delle persone soggetti impossibilifantastiche, vi auguro ogni tati ad uscire di casa bene. Grazie di tutto, grache consiste nel prezie da lievo di contante e (Famiglia assistita per pagamento di utenspesa , farmaci a domicilio ze; per questo tipo di e prelievo bancomat) servizio sono stati individuati 2 volontari che hanno sottoscritto un “patto fiduciario” con il cittadino richiedente il servizio. Abbiamo offerto la disponibilità dei volontari anche per la distribuzione e l’assistenza alla compilazione della modulistica relativa alle domande per i sussidi legati ai buoni spesa alimentari previsti dallo stanziamento economico della Protezione Civile in favore di cittadini in difficoltà economica. È stata anche realizzata, ed è ancora in corso, l’ iniziativa della “Spesa sospesa”, un gesto di solidarietà con le famiglie povere del nostro quartiere: in accordo con il supermercato CONAD di via Masaccio, che ringraziamo per la fattiva collaborazione, i clienti che si
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recano a fare la spesa possono acquistare prodotti non deteriorabili e depositarli in un apposito carrello posizionato nel corridoio verso l'uscita. Al tutto si è unito il gesto dei titolari della “Bottega Della Pizza 2” di via del Verrocchio che hanno donato oltre 50 pacchi alimentari contenenti pasta, biscotti, latte e passata di pomodoro. Gli alimenti raccolti si sono aggiunti a quelli acquistati mediante donazioni ricevute dalle realtà associative aderenti al progetto e consegnati quindi, sempre dai nostri volontari, ad un elenco, ahimè piuttosto lungo, di nuclei familiari in grossa difficoltà, segnalati sia dalle Caritas che dalle Assistenti Sociali del territorio. In questo periodo la Caritas di San Luigi ha distribuito pacchi alimentari a 51 famiglie per ben tre volte, mentre quella di S. Angela ha portato alimenti e prodotti igienici a circa 40 famiglie per 4 volte! Anche 16 anziani residenti nella Torre Cimabue sono stati aiutati più di una volta ed in particolare in occasione della Pasqua. Nelle ultime 2 settimane abbiamo anche imbustato e distribuito le mascherine fornite dalla Protezione Civile ai Consigli di Quartiere ed ai Punti Comunità. Abbiamo predisposto una prima distribuzione di circa 2.700 mascherine rivolte alle fasce degli over 70 e alle persone in condizioni di fragilità, oltre alle associazioni presenti che ne hanno fatto richiesta. Mentre con la seconda distribuzione, siamo riusciti a coprire una fascia molto più ampia che parte dagli over 65, oltre a garantire richieste specifiche che sono pervenute presso la mail istituzionale del CdQ o del Punto Comunità. Durante questa straordinaria emergenza abbiamo provato a condividere e mettere in rete tutte le nostre energie al servizio degli altri, delle persone più fragili, tutti insieme. È stato ed è tutt’ora un percorso impegnativo, ma la presenza di così tanti volontari ci ha fatto sentire parte integrante ed attiva della nostra Comunità e così com’è contagioso questo virus, altrettanto lo è stato il senso di solidarietà che abbiamo potuto toccare con mano. Tantissimi sono stati i ringraziamenti per il grande lavoro che in questo periodo stiamo svolgendo
La solidarietà al tempo della pandemia con i volontari, pervenuti sia tramite telefono che tramite e-mail. Inaspettati, nel periodo pasquale, anche i doni della tradizionale colomba e di bottiglie di vino; non sono mancate, inoltre, le persone che avrebbero voluto compensare il lavoro dei volontari con piccoli omaggi in denaro che, ovviamente, non sono stati accettati proprio per onorare lo scopo di queste iniziative! Nessuno di noi è in cerca di popolarità, né si vuole accendere i riflettori su singole figure più o meno conosciute delle varie realtà presenti nel quartiere, si scrive affinché tutti possano essere a conoscenza che, malgrado tutto, non si è soli e affinché noi stessi non dimentichiamo che:
“Il vero potere è il servizio, bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente di bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nelle periferie dei nostri cuori” (Papa Francesco)”.
Ringrazio il Punto Comunità e il CdQ San polo Cimabue che, con grande senso di solidarietà e di cura verso i cittadini della zona, per ben due volte hanno fatto trovare delle mascherine “chirurgiche” nella nostra cassetta della posta. Un lavoro di volontariato che onora chi lo svolge nel segno della fratellanza. (cittadina del nostro quartiere )
In queste settimane ho dato la mia disponibilità come volontario per portare viveri a famiglie bisognose, fare la spesa per coloro che per gli anziani che non potevano uscire di casa ed anche per distribuire mascherine in quartiere. Sono attività importanti che ci caricano anche di responsabilità, specialmente quando andiamo a fare le spese con i soldi di altre persone. Personalmente, mi emozionano molto gl’innumerevoli ringraziamenti che ricevo, che sono estesi a tutti i volontari, dalle persone che aiutiamo; le loro parole e i loro sguardi ci fanno capire che tutto l’impegno profuso in questo periodo di crisi per loro ha molta importanza e aiuta a sentirsi meno soli .
La mina vagante
“Liberiamo” donne e bambini? di Centina Bazzana All’inizio sembrava che il virus fosse più benevolo verso le donne, per una semplice questione genetica, ma gli ultimi dati portano invece ad un sorpasso nel numero dei contagi femminili su quelli maschili. Non stupisce questo fatto se si pensa a quanto le donne siano state impegnate nella cura soprattutto degli ammalati in casa. Comunque le conseguenze dell’isolamento, del restare a casa, della chiusura delle scuole ricadono soprattutto sulle donne. Adesso che si sta andando verso la fase 2 con la riapertura delle fabbriche e di altri posti di lavoro chi rimarrà ad occuparsi dei figli, se anche i nonni devono stare ancora in quarantena? Se all’interno di una famiglia occorrerà fare una scelta, sicuramente tornerà al lavoro chi ha lo stipendio più alto, il posto più sicuro…e di solito non è la donna. C’è molta preoccupazione per questo fatto, soprattutto in Italia, Paese in cui l’occupazione femminile è ancora bassa e spesso precaria. A sostenere questa situazione non basterà il bonus babysitter o qualche altro intervento: se non riapriranno le scuole prima delle vacanze e se non ci saranno supporti alle famiglie durante le stesse si rischia veramente una ulteriore crisi sociale ed economica. Il governo sta pensando unicamente all’impresa e al lavoro, poco alla scuola, se non per l’esame di maturità! Tuttavia, se è ormai acclarato che i bambini si ammalano raramente, perché continuare a tenerli reclusi e lontani da maestre e compagni? I bambini hanno bisogno del rapporto umano, in casa sono ormai demotivati e irrequieti; i genitori che hanno dovuto improvvisarsi esperti di informatica e di didattica sono esausti. Si potrebbe ipotizzare un rientro almeno scaglionato, a giorni alterni, per turni o per qualche ora; invece da tempo si parla di una ripresa solo a settembre! Consideriamo poi che gli ultimi dati ufficiali denunciano che nel nostro Paese il 30% delle famiglie non possiede un computer o altro strumento tecnico per gestire la didattica a distanza; inoltre in varie zone la connessione è faticosa e qualche volta assente. Come faranno le famiglie a gestire altri 4 mesi senza effettivi supporti?
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La società ai tempi della pandemia
Testimonianze A casa dal lavoro di Riccardo Entrada Giovedì 12 marzo ore 11,30 circa, siamo lavorando ed il titolare ci comunica che dal 13 e per tutta la settimana successiva saremo chiusi per l’epidemia del virus poi vedremo l’evolversi della situazione. La prima emozione che provo è di sollievo, la preoccupazione del contagio è alta, restare a casa mi sembra la cosa migliore, i giorni scorrono veloci fino alla comunicazione del governo che, annunciando la chiusura totale dichiara che non si potrà più uscire di casa. Inizio a preoccuparmi seriamente, preoccupazione economica, preoccupazione per la mamma anziana, preoccupazione per i suoceri diversamente giovani, preoccupazione per quello che sta succedendo nel mondo. Passa il tempo, organizziamo le nostre giornate, sistemiamo il giardino, dedichiamo tempo ai lavoretti da fare in casa e fino ad oggi trascurati, riscopro il piacere di dedicare tanto tempo a casa mia, e tutto questo mi da un sen so di serenità; mi godo al 100% mia moglie e mia figlia più giovane, ci inventiamo un torneo di carte, ci godiamo pranzi e cene, colazioni e merende assieme. Nostra figlia sposata riusciamo a sentirla solo in video-chiamata e questo mi da una sensazione di gioia da una parte tristezza dall’altra. Il giorno 10 aprile arriva il messaggio che dopo Pasqua ricominciamo a lavorare, provo una sensazione di timore e speranza, timore perché non so come sarà lavorare con mascherine e distanza di sicu rezza dai colleghi, speranza perché questo possa rappresentare il primo passo sulla via del ritorno alla normalità. Sollievo, preoccupazione, serenità, gioia, tristezza,timore, speranza sono le emozioni che si sono alternate dentro di me, stati d’animo che mi hanno sicuramente cambiato, mi hanno dato l’occasione di valutare chi sono e chi vor rei essere, quali sono i valori a cui tengo veramente e cosa c’è di superfluo. Sperando di essere capace di cogliere il meglio da questa esperienza auguro a tutti di saper essere felici anche nelle difficoltà.
Un medico dell’Ospedale di Montichiari (BS) L’emergenza Covid-19 ha rivoluzionato il nostro modo di vivere e di lavorare; ci ha tolto tasselli importanti affettivo-sentimentali perché quello che una volta veniva espresso con abbracci e gesti concreti ora viene celato dalle maschere che indossiamo ogni giorno. Dal punto di vista sanitario, questa nuova malattia, pressoché sconosciuta, ci ha portato all’utilizzo di farmaci off-label che ritardano lo sviluppo di sindromi infiammatorie e respiratorie. L’ospedale è in ginocchio: abbiamo pagato a caro prezzo questa pandemia; nonostante l’utilizzo di dispositivi di protezione personale, sono numerosi i sanitari (medici e infermieri) che si sono infettati e tutto ciò ha portato a maggiori difficoltà nell’assistenza ai pazienti.
Un’infermiera dell’Ospedale di Montichiari (BS) Ciò che è accaduto (e che, in parte, ancora sta accadendo) all’interno degli ospedali si può definire, senza mezzi termini, “una situazione allucinante”. Abbiamo lavorato tantissimo, senza sosta, per assistere i numerosissimi pazienti di Covid-19, sperando ogni giorno che la situazione potesse finalmente attenuarsi. Tutti noi eravamo demoralizzati, stanchissimi e provati da turni infiniti e dall’isolamento obbligatorio dai nostri famigliari: alcune colleghe non vedono i figli da due mesi! La gente moriva da sola e non riuscivamo nemmeno a garantir loro una morte dignitosa: prima di morire, i pazienti ci lasciavano messaggi da “consegnare” ai loro cari ed era veramente difficile non piangere ogni giorno, pregando che tutto ciò potesse finire al più presto.
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La società ai tempi della pandemia Un Presidente di Consiglio d’Istituto * La misura, straordinaria ma necessaria, della sospensione delle lezioni in presenza in tutte le scuole d’Italia ha creato una situazione senza precedenti, ci ha catapultato all’improvviso nel mondo della didattica a distanza. Un’istituzione che aveva già seri problemi gestionali prima di dover fronteggiare questa difficoltà si è ritrovata proiettata nel ventunesimo secolo e nel mondo dell’e-learning prima ancora di aver portato la carta igienica nei bagni. Le scuole, chiamate ad attivare il servizio di didattica
a distanza in tempi rapidissimi, hanno spesso escogitato soluzioni autonome per lasciare traccia del lavoro fatto, ma i problemi restano. E mentre gli insegnanti cercano di capire come gestire gli aspetti burocratici del proprio lavoro, comunque importanti per garantire la regolarità delle procedure e la validità del percorso scolastico, devono anche rispondere alle domande delle famiglie, comprensibilmente disorientate allo stesso modo. Per gestire la didattica a distanza non mancano certo i modi. Sono a disposizione, programmi per videoconferenze, piattaforme per lavorare in gruppo, servizi di messaggistica e videochiamata, strumenti per condividere file, programmi per eseguire test online, per strutturare mappe concettuali…la scelta è ampia. All’iniziale disorientamento sopperisce presto l’intuitività delle app più recenti, l’ingresso dei registri elettronici e la pervasività degli smartphone sta progressivamente avvicinando tutti all’universo digitale. Il ventaglio di possibilità è ampio e trovare la modalità non è difficile. Il problema concreto sono gli strumenti. In un mondo irreale e perfetto, attivata una modalità didattica, si dovrebbero garantire agli utenti i mezzi necessari per attuarla. Questo non è stato chiaramente possibile nell’attuale situazione di emergenza e tutto è stato demandato alla buona volontà dei singoli insegnanti, che nella stragrande maggioranza dei casi
non hanno esitato a mettere al servizio della scuola i propri strumenti personali e domestici. Ma la buona volontà non è sempre sufficiente. Per svolgere una lezione o una videoconferenza, non è solo l’insegnante ad avere bisogno di un pc e di una buona connessione, ma anche tutti gli alunni. In molte case sono presenti solo connessioni mobili e non particolarmente efficienti, che certamente non consentono un’interazione fluida. Molti studenti, soprattutto della scuola primaria, non hanno (ed è giusto così) uno smartphone personale e devono condividere il proprio strumento con altri fratelli, chiamati come loro a collegarsi alla rete per seguire lezioni. In alcuni casi, gli unici strumenti utilizzabili sarebbero quelli dei genitori, ai quali non è, naturalmente, possibile sottrarli per lungo tempo, anche perché molti tra loro li usano, negli stessi giorni, per telelavorare. Diverse connessioni domestiche hanno grosse limitazioni di gigabyte utilizzabili e i telefonini dei nostri ragazzi hanno spesso la memoria già satura dalle applicazioni che usano. Per non parlare del fatto che ci sono famiglie, spesso in contesti sociali disagiati, che non dispongono di strumenti per accedere a Internet, ed è proprio qui che la presenza della scuola è fondamentale e la limitazione del diritto all’istruzione ancor più dannosa e ingiusta. Nel frattempo il Consiglio d’Istituto Est 1 ha deliberato in data 3 aprile, in base ai finanziamenti previsti dal governo e con una parte dei fondi d’istituto, all’acquisto di 32 Notebook, in comodato d’uso, da destinare agli alunni sprovvisti in modo che riescano a seguire la DAD. Naturalmente non sarà facile colmare tutti i divari e tutti i disagi, tuttavia si rileva un graduale miglioramento della partecipazione, in una situazione in cui permangono difficoltà a macchia di leopardo tra classi, famiglie ed annualità. In questi giorni è esplosa la retorica un po’ scontata del non si può fare scuola a distanza. Considerazioni condivisibili, sotto certi punti di vista. Ma, detto ciò, è chiaro che privare gli studenti, nel momento drammatico che stiamo vivendo, anche di questa possibilità di formarsi sebbene insufficiente, sarebbe far loro un danno ancora maggiore. Certo, si sente la mancanza dell’interazione diretta, che rende tutto più facile e fluido. Nel frattempo, si cerca di offrire un sostegno ai ragazzi, che appaiono preoccupati e disorientati.
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La società ai tempi della pandemia Un po’ tutti, ma soprattutto bambini e ragazzi più piccoli, riferiscono di sentire la mancanza dei propri spazi di socialità. Videochiamate e messaggi non colmano il vuoto lasciato dal compagno di banco con cui scherzare e con cui vivere l’ansia delle interrogazioni. Molti si rivolgono ai loro insegnanti per capire qualcosa della situazione ansiogena di questi giorni e per riuscire a gestire il carico di preoccupazioni che l’emergenza coronavirus trasmette loro. Anche questi sono bisogni educativi importanti, ai quali non ci si può sottrarre.
E quindi, per chi se lo stesse chiedendo, insegnanti e studenti non sono in vacanza. Così come non lo sono i tanti lavoratori oggi chiamati a reinventarsi per far fronte a un’emergenza i cui sviluppi sono difficili da prevedere e che ha un forte impatto psicologico sulla vita di tutti. Si naviga a vista, cercando di fare del proprio meglio. * Giuseppe Simonetti Presidente Consiglio Istituto Comprensivo Est 1
Un’insegnante di scuola primaria * L’emergenza dovuta alla pandemia ha stravolto il modo di fare scuola. Noi insegnanti ci siamo trovati costretti ad utilizzare la tecnologia come mai avevamo fatto prima. Personalmente l’ho presa come una sfida con me stessa: ne ho sempre fatto un uso limitato principalmente per mancanza di formazione e mi sono messa in gioco. Ora ne sono entusiasta, perché le risorse digitali hanno in sé un potenziale inclusivo che avevo sottovalutato. Tuttavia questa situazione ci ha messo in grande difficoltà . Sono tante le problematiche connesse. Esprimo qui le difficoltà che personalmente, come insegnante di scuola primaria mi sono trovata ad affrontare. Innanzi tutto il tempo: con la didattica a distanza i tempi di preparazione delle lezioni, di videoregistrazioni, per la correzione dei compiti assegnati, sono molto più lunghi. Io mi sono trovata senza più orari né giorni liberi, per cercare di garantire ai bambini una continuità, non solo e non tanto di lavoro scolastico, quanto di presenza, di attenzione a ciascuno. E questa è un’altra difficoltà: raggiungere tutti. Sono emerse con grandissima evidenza le disparità economiche e culturali. Ci sono famiglie che non hanno dispositivi adeguati, e se è vero che forse tutti ormai hanno uno smartphone, è comunque quello del genitore, che forse è al lavoro, oppure può servire a più figli contemporaneamente, e in ogni caso non è un pc. In questa situazione di distanza è fondamentale, soprattutto il supporto e la collaborazione della famiglia. Ma non sempre avviene. Ci sono genitori molto attenti e presenti, fin troppo preoccupati per il “programma” e che fanno fare ai figli anche più di quanto richiesto e genitori che invece no. Le ragioni sono varie: qualcuno per disinteresse, qualcuno ha continuato a lavorare; poi ci sono
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quei genitori che parlano e comprendono l’italiano meno dei figli e che non riescono, anche a volerlo, ad essere di supporto. Ma la cosa più difficile è la mancanza di relazione, quella vera, quella fatta di sguardi, di vicinanza e anche di affetto, viene meno quell’aspetto di socialità che è tanto importante per l’apprendimento. Anche in caso di video lezioni in diretta, certo, ci si parla, ci si vede, ma c’è sempre di mezzo uno schermo, che divide. E in questa relazione a distanza chi ne fa le spese più di tutti sono i bambini che hanno maggiori difficoltà.
E poi c’è il rischio di preoccuparci dei contenuti, di fare in modo che i bambini non rimangano troppo “indietro”, di dimostrare alle famiglie che “stiamo facendo” qualcosa, scordandoci che questi bambini sono chiusi in casa da due mesi, magari senza un giardino o un balcone, o senza fratelli con cui giocare; senza capire bene che non è vacanza. Ci sono bambini mandati a stare dai nonni perché i genitori lavorano in ospedale e per un po’ è meglio non stare insieme; bambini che hanno vissuto da vicino la perdita di persone care… Come riuscire ad accompagnarli in questo tumulto di emozioni? Ci manca la scuola. * Elisa Mantovani
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“Aspetti positivi” della pandemia di Giorgio Pellegrino Com’è possibile parlare di aspetti positivi della pandemia, che ha coinvolto tante famiglie, anche nei nostri quartieri, e mietuto tante vittime come non mai? Eppure bisogna cercare anche dei riscontri positivi, non nell’improprio slogan “ANDRA’ TUTTO BENE”, non certo nei dati ufficiali che, con cifre spaventose e statistiche da rabbrividire, ci propagano. Si intuisce quello che il coronavirus ha comportato per la popolazione italiana, ricordando quanto riferito dal Commissario straordinario per l’emergenza, Dottor Domenico Arcuri, nella conferenza stampa del 18 aprile 2020: «Mi sembra opportuno dare un parametro: tra l’11 giugno 1940 e il 1° maggio 1945, durante la Seconda guerra mondiale, a Milanoci furono 2mila vittime civili in 5 anni. Per il Coronavirus in 2 mesi in Lombardia ci hanno lasciato oltre 11 mila civili, cinque volte di più».
Davanti a questi numeri lo sforzo di trovare l’aspetto positivo ci DEVE essere! Ed allora cominciamo a ricordare come, all’alba dei primi sintomi in Italia, la ricerca per isolare il virus anche nel nostro Paese, per meglio fronteggiarlo, ha un esito positivo con il successo della Dottoressa Francesca Colavita che riesce ad isolarlo nei primi giorni di febbraio presso l’istituto Spallanzani di Roma, con una equipe tutta al femminile. Per tale risultato la Dottoressa Colavita viene assunta a tempo indeterminato dallo stesso Ospedale. All’inizio, l’epidemia non ha colpito solamente la popolazione stanziale in Cina, ma anche i passeggeri di alcune navi da crociera, la Diamond Princess per esempio, ormeggiata il 5 febbraio nel porto di Yokohama, in Giappone, perché alcuni croceristi sono risultati positivi al coronavirus. Soltanto a fine contagio i 3.700 passeggeri, di cui circa 600 positivi e 5 deceduti, hanno potuto scendere a terra. Perché ricordo solo questa
nave e non le altre ferme o che si fermeranno in seguito in altre parti del mondo? Perché la responsabilità della Diamond Principess era affidato al Comandante italiano Gennaro Arma che, tenendo fede al Regolamento Marino, ha lasciato per ultimo la nave, dopo la discesa a terra di tutti i passeggeri e dei membri dell’equipaggio. La foto del “the brave captain” come è stato definito da un passeggero , che scendeva a terra dalla sua nave, solo e fiero, ha fatto il giro del mondo, riscattando la figuraccia mondiale fatta dal suo conterraneo Francesco Schettino in altra situazione qualche anno prima. Per il suo gesto, il Capitano Gennaro Arma è stato insignito del titolo di Commendatore dal Presidente Sergio Mattarella. Di aspetti positivi “anonimi” ce ne sono a bizzeffe. Come non riferire del gran numero di volontari che si sono prodigati nell’emergenza? Un’ennesima dimostrazione dell’elevata partecipazione del volontariato italico, che si rivela sempre indispensabile, se ben organizzato. Oltre a quelli che si sono e stanno prodigando nella consegna a domicilio dei pasti, anche nel nostro quartiere, e di cui viene ampiamente riportato in altra parte, è bella sottolineare l’iniziativa del “carrello sospeso” che ha preso piede in numerose città. Un carrello vuoto davanti ad un supermercato con un cartello “CHI PUO’ METTA…CHI NON PUO’ PRENDA” con la possibilità di fare la spesa anche a chi non è in grado di farla per motivi economici. Notevoli sono le campagne aperte per effettuare sottoscrizioni, sperando che i fondi raccolti raggiungano correttamente la finalità prevista e che consentano di realizzare quanto ci si era prefissato. Di iniziativa concreta realizzata, e non adeguatamente pubblicizzata, è la costruzione effettuata sotto la direzione dell’Associazione Alpini di Bergamo. Il lavoro di 160 volontari, fra cui i tanto bistrattati ULTRAS dell’Atalanta, ha consentito di riconvertire, in pochi giorni, un padiglione della Fiera in un ospedale da campo da 14 stanze per un totale di 142 posti letto (102 dei quali attrezzati variabilmente per terapia o sub terapia intensiva). Positiva può essere considerata anche l’assenza forzata dal lavoro, dei genitori, e dei bambini dalla scuola, ha permesso loro di ritrovarsi senza gli orari classici, tra una lezione di tromba, una di “pilates”, un’ora di palestra o di calcetto. L’emergenza del coronavirus ha costretto numerose aziende, ed uffici pubblici, a convertirsi allo ”smart working” precedentemente abitualmente non utilizzato come in altri paesi Eu
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ropei. Se a fine emergenza, tale modo di lavorare venisse incrementato, potrebbe dare un supporto concreto per risolvere gli annosi problemi del traffico urbano e conseguente calo del livello di inquinamento. A proposito di inquinamento: “positivo” potrebbe essere anche considerato il livello delle polveri sottili che si sono notevolmente ridotte. Oltre a quanto possiamo constatare giornalmente nelle nostra città, un aspetto eclatante sono le fotografie giunte dall’India: dopo 30 anni si può rivedere la cima dell’Himalaya! Per i casi “nostrani” non possiamo non ricordare che gli animali , per la mancanza forzata di persone, sono comparsi nell’ambito urbano invadendo i parchi, le periferie, le strade. Cervi, orsi, tassi ed altri animali selvatici hanno occupato degli habitat inusuali, forse anche loro stupiti dell’insolito silenzio. Per non parlare dei pesci: balene, delfini e squali si avvicinano come non mai alle nostre coste. Dopo questo breve e non certo esaustivo escursus sulle note positive, un aspetto personale. Approfittando dell’inattività, siamo riusciti a creare il gruppo WhatsApp della classe 5D dell’Istituto Ballini degli anni 1973/74! Nonostante i 46 anni passati, la goliardia di allora, le dispute politiche (ricordiamo cosa erano quegli anni), i ricordi sono emersi spontaneamente. Il “lockdown” ci ha costretti a non usare l’auto se non in casi sporadici e documentabili. Ma, si sa, che gli italiani non mancano di iniziative per sfuggire alle direttive e mi piace ricordare le scuse tra le più strane che emergono dai verbali delle autorità di Pubblica Sicurezza.
Un uomo viene fermato nei pressi di un distributore di benzina. Come giustificazione della sua presenza afferma di essere uscito da casa per fare il pieno. Da un’indagine ulteriore emerge che era a piedi senza auto!
Un automobilista alla guida, ha affermato di essere in strada per recarsi a casa della sua amante, in quanto anche il marito era uscito. Il danno e la beffa: gli Agenti hanno voluto conoscere il nome del marito, per punire anche lui assente indebitamente da casa! Una signora a Roma è stata fermata perché portava a spasso il proprio animale domestico: una tartaruga! Ed ora una divagazione “enigmistica”, allenata dall’uso del periodo. Se si prendono le lettere iniziali delle tre scuse accampate ( Benzina, Amante, Tartaruga) si forma la parola BAT che in inglese vuol dire PIPISTRELLO, forse origine del coronavirus, ma questa è tutta un’altra storia.
Una laurea “diversa” di Federica Gardoni Il mio primo approccio alla laurea è stato a Padova nel settembre 2013. Qualche settimana prima avevo svolto il test di ammissione di medicina, e come tutti gli aspiranti studenti, mi tuffai poi in tutti i test di facoltà scientifiche simili a medicina, in modo da potermi garantire altre possibilità nel caso non avessi passato il selettivo test. Io e Federica Z., già compagna di classe delle superiori, ce l’abbiamo fatta. Abbiamo passato il famigerato test. Diventeremo delle studentesse di medicina, e se tutto andrà bene dopo 7 anni dei medici. Appena sapu-
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to l’esito positivo del test, corriamo quindi a Padova, per di-iscriverci (dopo solo due settimane dalla nostra iscrizione) dalla facoltà di bio-tecnologie. È settembre, ovvero, come avrei a breve imparato, sessione di laurea. Nel viale alberato vicino alla segreteria, assisto ai primi ‘scherzi di laurea’ della mia vita. Ai neo-dottori sono fatti bere intrugli di dubbia commestibilità, e di certa alta gradazione alcolica. Sono stati travestiti con costumi stravaganti, e nella maggior parte dei casi, imbarazzanti.
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Sono circondati da parenti sull’orlo delle lacrime, non è dato sapere se per la gioia di vedere il figlio laureto o parecchio brillo, e da amici, cari amici che hanno organizzato con maligna perizia questa cerimonia rituale goliardica Per tre volte all’anno, per sei anni, assisterò per lo più indirettamente a questi riti goliardici, organizzandone anche qualcuno. Medicina è una facoltà a ciclo unico, quindi non prevede una laurea triennale a metà percorso. Si tira dritti fino alla fine. Per sei anni quindi non ci sono pause, non ci sono rituali o feste. In questo lasso di tempo non mi sono mai più di tanto immaginata la mia laurea, perché come tutti gli studenti sono un po’ scaramantica, e finché non si finiscono i 36 esami, comprendenti infiniti parziali, tutte le settimane di tirocinio in ospedale, finché non si riesce a capire come barcamenarsi con la tesi sperimentale, la laurea è lontana e potrebbe sempre scalare. Alcuni momenti li avevo però sognati e costruiti nella mia immaginazione, e tra questi c’era sicuramente la gigante e solenne aula magna della facoltà di medicina ricolma di studenti, parenti, amici e professori; la gioia di poter organizzare la festa per la mia laurea; la sorpresa di scoprire quali scherzi degli amici avrei dovuto goliardicamente subire. Niente di ciò che potevo aver immaginato ha fatto poi parte della mia effettiva laurea! Come nel più distopico degli scenari, mi sono laureata nel salotto di casa mia, il 17 marzo 2020. Dopo già una discreta quota di giorni passata in quarantena a casa, l’ansia stempera e la calma e l’ineluttabilità della situazione prendono il sopravvento. L’atmosfera non è tesa, ogni giornata ha tutte le ore necessarie per finire di scrivere la tesi, per preparare le slides di presentazione ed infine per provare il discorso della tesi su skype con il correlatore della tesi. Non c’è più da organizzare la festa, da ordinare le bom
boniere per i parenti, da mettersi d’accordo con gli amici. La mattina del 17 marzo indosso il completo e le scarpe che avevo comprato a febbraio, ed insieme ad altre tredici persone apro Microsoft Teams, il programma scelto per connettere gli studenti dalle rispettive case, e i professori dall’università. La mattina stessa i professori cambiano l’ordine di esposizione degli studenti e accorciano il tempo a disposizione per la presentazione. Passo quindi la mattinata ad aspettare che chiamino il mio nome, non sapendo quando esattamente sia il mio turno, e cercando mentalmente di accorciare il discorso. Verso le 11 leggono il mio nome, è il mio turno. Per la fretta non attivo nemmeno la webcam e carico subito le slides della mia presentazione. Così nessuno vede nemmeno la mia faccia, accuratamente truccata da mia sorella per l’occasione. La presentazione fila liscia, parlo velocissima per finire il prima possibile e non sforare lei limitatissimi tempi ,che ci sono stati concessi la mattinata stessa. Alla fine della presentazione il mio correlatore mi rivolge una domanda, la sua voce è metallica e molto disturbata dalla connessione. Gli chiedo di ripetermela, non cambia nulla, la voce è sempre coperta dalle interferenze di rete, ma provo a rispondere. La risposta è accettata. La tesi è stata ufficialmente discussa. Solo mia mamma, mio papà e mia sorella hanno assistito. È stato molto commuovente ricevere l’affetto dei miei vicini di casa che mi hanno fatto recapitare a casa delle piante, dei miei amici che mi hanno mandato un video divertente dove ciascuno mi salutava e dove comparivano tante mie foto simpatiche, e del mio ragazzo che mi ha mandato un video con un collage animato di alcune foto che mi fece l’estate scorsa. Questi piccoli gesti hanno fatto la differenza in questa giornata, che avrei voluto festeggiare con ruggente gioia circondata da tutte le persone che mi sono care, e che invece lo stato di emergenza sanitaria ha fatto sì che festeggiassi nell’intimità della mia casa. Le migliaia di perdite del nostro paese e di tanti altri, hanno fin da subito dimostrato quanto le severe misure di quarantena fossero necessarie. Sono quindi molto contenta del fatto che molto precocemente la mia università sia stata chiusa, le lauree siano state organizzate in forma online e i festeggiamenti siano stati vietati. Di fronte a questa drammatica emergenza questo tipo di approccio è stata l’unica risposta possibile, e per fortuna la tecnologia l’ha più o meno resa possibile.
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Cronache dal mio giardino di Ernesto Paroli L’ultima spiaggia. E’ un film americano del 1959 del genere distopico, cioè è ambientato in un tempo futuro, precisamente nel 1964. Ricordo di averlo visto al cinema proprio nel ’60-61 o giù di lì quando abitavo ancora al paese. Da qualche parte ho anche il romanzo da cui è tratto. Il mondo è stato devastato da una guerra nucleare. L’atmosfera è radioattiva e gran parte della popolazione è morta. Rimane un nucleo di superstiti in Australia. Laggiù cercano di sopravvivere, ognuno a suo modo e si ostinano a mantenere le normali abitudini di vita come se nulla fosse successo nel mondo, come se ci fosse ancora un futuro. Qui c’è anche un piccolo comando di militari che cercano in tutti i modi di capire se sarà ancora possibile vivere sul nostro pianeta, se c’è ancora un luogo immune dai miasmi velenosi nel quale andare a rifugiarsi. Ma il fallout radioattivo sta arrivando anche qui e tutti sono destinati a morire, qualcuno ha già i sintomi dell’avvelenamento.. I militari captano un radiomessaggio in uno strano alfabeto morse. Proviene dell’estremo nord dall’America. Forse la zona artica è ancora vivibile, forse c’è ancora qualcuno vivo che trasmette anche se il messaggio è incomprensibile. E quindi non resta che partire per “L’ultima spiaggia”. Dal porto di Melbourne salpa l’ultimo sommergibile. Attraverserà l’oceano per scoprire purtroppo che anche il polo è inabitabile e che il messaggio parte da una centrale elettrica stranamente ancora in funzione e la trasmissione è generata da una bottiglietta di CocaCola impigliata nella cordina di una tenda che viene mossa dal vento e che tocca la trasmittente. “L’ultima spiaggia” è il titolo di questo bellissimo film interpretato da Gregory Peck, Ava Gardner e Fred Astaire, tre leggende. “Ultima spiaggia” è un’espressione ormai con-
sueta per indicare l’ultima occasione, l’ultima possibilità che resta prima della fine. Perché parlo di questo film? Perché ne ricordo alcune inquadrature che sono oltretutto rimaste nella storia del cinema. Quando il sommergibile entra nella baia di San Francisco, il comandante alza il periscopio, osserva da lontano la città intatta e vede le grandi strade vuote, deserte, spettrali e solo cartacce mosse dal vento. Il bellissimo bianco e nero della pellicola sottolinea l’abbandono, la solitudine immensa, l’assurda tragedia dell’uomo, perché (cito da un dialogo fra due protagonisti del film) «la colpa è di chi credette di poter mantenere la pace affidando la nostra difesa ad armi il cui utilizzo sarebbe stato un suicidio». Vedere le immagini delle nostre città pressoché deserte mi ha ricordato questo film a suo modo profetico anche se a svuotarle non è stata la morte nucleare, ma la lotta a un virus. L’immagine oggi delle strade di una città deserta mi sembra però molto inquietante e mi interroga, come è sconcertante questo silenzio intorno a noi. Le tante persone che ci lasciano in questi giorni, le difficoltà ad arginare il contagio, la rapidità con cui questo si è diffuso nel mondo, non sono forse un segno che abbiamo esagerato nel continuare in questo nostro modo di vita? Forse questo è un ennesimo segnale che abbiamo superato un limite.
A Venezia ci sono i pesci. E’ la città bellissima che tutti ammiriamo per i suoi edifici, le opere d’arte, il miracolo della sua architettura unica, della sua luce struggente. Vedere Venezia immobile e deserta è un’esperienza sconcertante perché so, per esperienza, che nemmeno di notte era mai così vuota. Quanti erano i turisti che l’accalcavano in ogni stagione, quanti i natanti, le barche, le chiatte, i vaporetti e per ulti-
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La società ai tempi della pandemia me, anche quelle oscene navi da crociera gigantesche, tutte le imbarcazioni che scorrevano davanti al palazzo ducale, nei canali, nella laguna, verso le isole e il lido? Ho visto un bel filmato in questi giorni. Qualcuno, pecorrendo le calli e attraversando i ponti, faceva notare una cosa particolarmente significativa.
La navigazione è pressoché del tutto interrotta, l’acqua nei canali non si muove quasi più e quindi non si smuove il fondo fangoso. L’acqua ha sedimentato ed è diventata limpida. Chi ha mai visto l’acqua limpida in un canale di Venezia? Ma il bello è che se dai ponti si guarda giù si vedono addirittura i pesci che nuotano, fra le case e le fondamenta. Chi l’avrebbe detto, i pesci sotto casa. Pellestrina è la più meridionale delle isole del lido che definiscono la laguna veneta. Da una delle sue bocche, che immettono nell’Adriatico, pescatori disoccupati hanno visto passare un gruppo di delfini che entravano nel bacino lagunare (come secoli fa?). E come i pesci nei canali, forse i delfini sono l’avanguardia di altre creature marine che stanno tentando di riprendersi un abitat da cui erano state escluse.
che nemmeno i figli e i nipotini possono venire. Ma noi non ci siamo fatti scoraggiare e abbiamo inventato un altro modo di festeggiare insieme la Pasqua. Se non con i parenti almeno fra vicini. Dopo un breve consulto al balcone arriva la proposta: pranziamo in giardino, ognuno nel proprio, ma insieme. E’ corsa la voce e a mezzogiorno abbiamo apparecchiato il tavolo in quattro famiglie all’ombra degli ombrelloni e dei nostri alberi. Al momento di sederci sono partiti i bicchieri del primo brindisi, perché non siamo così lontani da non poterci offrire in goccio. Ognuno aveva un menù diverso e quindi sono andati ed arrivati anche assaggi di vario genere e provenienza geografica. Il tutto in un’allegria che non manifestavamo da tempo. Come avviene in queste occasioni, abbiamo aperto le bottiglie più buone, i liquori più nascosti e i dolci più esclusivi. Qualcuno nelle case di fronte ha seguito il nostro esempio e si sentono voci di bambini, risate e chiacchiere. E poi anche altri hanno preso coraggio e sono usciti a passeggiare sui vialetti con o senza cagnolino. Persone con le quali non avevamo mai scambiato una parola. Si viene a sapere che quella ragazza abita poco lontano. Che quel tizio con la barbetta vive lì e suona uno strano strumento che si chiama in vari modi: handpan, hang o rav drum, a seconda delle calotte che vibrano, oppure se ha delle fessure oppure dell’opinione degli esperti. Mai sentito. Se lo chiamiamo ce lo farà sentire? Arriva ed eccolo qui accoccolato sul prato con questa specie di lucida padella rovesciata che ha delle strane concavità e fessure.
Pasqua agli arresti domiciliari. E’ arrivata anche Pasqua, con questa magnifica primavera che, indifferente a tutti i contagi, ha risvegliato ogni cosa. Non potendo andare in giro, consolati dal clima magnifico, da giornate calde e serene, non possiamo fare altro che stare in giardino, noi che ce l‘abbiamo, oppure prendere il tepore sul balcone e guardare la tenerezza delle foglioline che si aprono sui rami e i fiori che addolciscono un po’ queste giornate di prigionia. Pasqua, oltre che festa religiosa, è il segno che l’inverno è veramente finito e che ora si può andare fuori a spasso. Non a caso il lunedì di Pasqua si organizza la prima gita, magari il primo picnic. Ma siamo agli arresti, non si può nemmeno assistere alla funzione in chiesa, ma solo davanti al televisore. Per i credenti ha il medesimo valore, ma non è uguale, anche se a celebrare è lo stesso Papa. Se non si può andare in chiesa, figurarsi fare la gita di pasquetta. Quest’anno la passiamo in casa da soli visto
La percuote con le nocche e ne trae un suono arcano ed evocativo, come di gong lontani che paiono portati dall’aria che spira leggera intorno a noi. C’è silenzio, una sospensione, come un’attesa e tutti siamo stupiti e catturati da questo vibrare magnifico e misterioso. Mentre suona mi viene un’idea. Prendo il mio reader, apro un libro e al suono di quello strumento, leggo alcune poesie di Alda Merini, ad alta voce, per tutti. E tutti ascoltano il mistero di quei versi e di quel suono, in silenzio, dal loro giardino.
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La Farmacia di quartiere di Barbaglio Matteo Quando il coordinatore della Redazione di SanpoloPolis mi ha chiesto di scrivere una mia testimonianza sui cambiamenti avvenuti nella nostra farmacia dopo il 20 febbraio, mi è tornato subito alla mente il periodo tra la metà di marzo e i primi d'aprile. Personalmente e professionalmente i giorni più difficili che abbia vissuto, certamente lo sono stati anche per molti altri. La situazione sanitaria precipitava ogni giorno, le notizie erano tragiche, gli ospedali erano al limite e il personale sanitario sottoposto a una pressione tremenda. Anche in farmacia, con le dovute proporzioni, abbiamo passato dei giorni veramente difficili, eravamo spaventati come tutti, ci arrivavano indicazioni sommarie sul da farsi e la gente ci chiedeva, ovviamente, molti consigli; aveva parenti in casa ammalati, il 112 era preso d'assalto e non si riusciva a parlarci, si rivolgevano a noi, come in tutte le farmacie, per un aiuto, un conforto. La situazione era tale che, purtroppo, il nostro aiuto è stato spesso limitato, non certo per voglia, avremmo voluto fare di più, ma non ne eravamo in grado. Prima della pandemia ricevevamo 5 forniture al giorno, poi solo 2, non si trovavano mascherine, alcool, gel disinfettanti, tutto quello che serviva sembrava sparito. Il punto più tragico lo abbiamo toccato con l'emergenza ossigeno, serviva per le persone a casa in una quantità talmente elevata che non c'erano nemmeno le bombole vuote da riempire, le aziende che distribuiscono gas medicali erano al collasso. Le bombole d'emergenza che hanno le farmacie, con il flusso necessario per un paziente CoVid, si esauriscono tra le 2 e 3 ore! Ricevevamo comunicazione che servivano 72 ore per consegnare le bombole più grandi a domicilio, 3 giorni sono un'eternità in certe situazioni. Non dimenticherò mai la telefonata di un signore che chiedeva la consegna a domicilio, gli era stato prescritto l'ossigeno, ho dovuto informarlo dei tempi d'attesa e lui mi disse: “come posso aspettare così tanto ho la saturazione sotto il 90%” (sotto il 95% è già preoccupante), è stato veramente duro, ho provato un senso d'inutilità tremendo, ma non c'era, in quei giorni, altra possibilità.
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Con l'aiuto straordinario di tutti i collaboratori della farmacia abbiamo cambiato il nostro modo di lavorare. Ricevevamo tantissime prenotazioni, non eravamo pronti per gestire così tanti ordini simultaneamente, le consegne a domicilio, specialmente per le persone sopra i 65 anni erano, e sono, diventate la quotidianità, era fondamentale la gente non uscisse di casa. Dopo qualche errore, dato dall'inesperienza, adesso abbiamo trovato un assetto migliore e gestiamo le richieste in maniera più fluida. Devo riconoscere ai medici di famiglia una grandissima dedizione, la velocità con cui si sono adattati ai nuovi metodi prescrittivi, inviando elettronicamente le ricette ai pazienti, è stata veramente lodevole, è stata fondamentale per portare sicurezza alla gente, si è diffusa la tranquillità che nessuno sarebbe rimasto senza medicine, è stato determinante per allentare la tensione. A breve comincerà la fase 2, mi preme sottolineare che tutti dovremo essere ligi a mantenere i comportamenti adottati fino ad ora ancora per un po', nulla è passato, non possiamo assolutamente permetterci di rischiare di tornare nel baratro che stiamo lasciando con così tanta fatica e col prezzo che abbiamo pagato.
La società ai tempi della pandemia
di Davide Riccardi
Il Coronavirus (Covid-19) ha causato una pandemia e parallelamente ad essa una massiccia dose di notizie: alcune di esse sono state veicolate tramite i classici media, il web e le reti social, e prodotte da fonti autorevoli o da organi istituzionali, ma tante altre sono informazioni false e tendenziose, vere e proprie fake news. Truffatori, ciarlatani, complottisti e approfittatori vari non si fermano nemmeno davanti ad un’emergenza come quella del Coronavirus. In questi frangenti l’ informazione scorretta, le fake news e l’allarmismo alimentano la paura, causano psicosi e azioni scriteriate con gravi conseguenze a danno della collettività. Il Coronavirus si diffonde in tutto il mondo e le fake news corrono veloci come il contagio. Mai come in questo periodo di emergenza servirebbe equilibrio e buonsenso. La verifica delle fonti e l’approfondimento, prima della condivisione, dovrebbero essere le parole d’ordine in questo mare magnum di informazioni distribuite attraverso canali tutt’altro che ufficiali. E invece sembra una gara a chi invia prima la notizia più sensazionale e allarmante sulle modalità di contagio. A volte, ad essere stupefacenti, ma per la loro semplicità, sono le forme di presidio –presunte tali– che vengono consigliate da questo o quel parente, dall’amico con conoscenze in ambito medico o dal collega informato. E tutti si fidano ciecamente. La catena parte e il messaggio si ammanta di un fascino da operazione segreta condito da quella mania di protagonismo che ci rende fieri di aver saputo/diffuso una notizia prima degli altri. Le fake news possono fare enormi danni. Occorre uno sforzo comune per evitare di cedere alla volontà di essere al centro dell’attenzione. Bisogna recuperare tutto l’equilibrio necessario per un’azione lucida di ricerca delle fonti ufficiali e attinenza alle indicazioni. Troppe persone, in questi giorni, stanno dimostrando di non essere in grado di fare quello che deve essere fatto: o fanno di più o fanno di meno. Eppure, il modo per evitare di essere preda di bufale e disinformazione, è semplicissimo. Basta ricordare che qualunque video, audio o messaggio di testo che non provenga da un canale ufficiale è da considerarsi
falso fino a prova contraria. Non va condiviso, ma cestinato. Il rimedio migliore per arginare l’allarmismo e per evitare di aumentare la confusione è quello di agire e fare la propria parte contro questa smania da condivisione: non si tratta quindi solamente di ignorare il messaggio, ma si può e si deve contrastare attivamente la circolazione di fake news. Come? Basta far notare a chi si presta ad essere veicolo di diffusione di informazioni non verificate, scorrette e pericolose che si sta comportando da incosciente; che è egli stesso parte del problema. Tolte tutte le persone in buona fede o semplicemente negligenti, esiste chi diffonde notizie false su Internet per uno scopo preciso: fare denaro con la pubblicità e i click sul proprio sito, godersi un periodo relativamente breve di popolarità, fare propaganda politica. Per concludere, ecco alcune notizie false, scelte tra le centinaia circolanti sul Web, che sono divenute “virali”: Bere bevande calde e risciacquare la bocca con acqua calda aiuta ad eliminare il virus. FALSO L’efficacia della vitamina C sui pazienti già affetti da Coronavirus come terapia. FALSO Il Coronavirus può sopravvivere fino a nove giorni sull’asfalto. FALSO Per realizzare Amuchina fatta in casa basta mischiare sale grosso, candeggina e acqua. FALSO Il Coronavirus è stato creato in laboratorio per un esperimento che è poi sfuggito di mano. FALSO L’emergenza è una strategia della tensione studiata a tavolino. FALSO Una vagone cisterna trasportava ed aveva la sigla “COVID-19” ad identificarne il contenuto. FALSO Nel 2009 veniva già prodotta Amuchina contro il nuovo Coronavirus. FALSO Esiste un preparato omeopatico utile contro il Coronavirus. FALSO I Marines sono sbarcati in Italia per intervenire su un’eventuale rivolta popolare in caso si dovessero prendere decisioni drastiche. FALSO
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La politica
Covid19, il tempo lungo della cura di Donatella Albini* E' stato un tempo lungo, lunghissimo: 66 giorni di ascolto e di dolore condiviso, di lavoro incessante e di senso di impotenza, di necessità di legami solidali e di un patto tra istituzioni, della consapevolezza del limite e della responsabilità reciproca. Abbiamo aperto gli occhi sull'incubo e guardato dentro le ferite e abbiamo visto la sofferenza di chi è stato ricoverato in ospedale, spesso dopo giorni di febbre, tosse, mancanza di respiro, stanchezza infinita a casa, soli, con mogli, mariti, figli spaventati e soli. Tanti, troppi, sono morti, vedendo come ultima cosa lo sguardo affettuoso sopra la mascherina o la carezza ricoperta dal guanto chirurgico di un'infermiera o di un medico, stanchissimi, stremati, perché troppo pochi, per i letti che non c'erano, i ventilatori insufficienti, il loro sapere e la loro pratica azzerati da un virus opportunista, che fa quello che vuole, sopravvive dentro di noi; scippatore, delle nostre cellule e della nostra aria. Dal 24 febbraio al 24 aprile a Brescia abbiamo avuto 1633 persone positive al Covid, per la maggior parte ricoverate in un ospedale o transitate da un pronto soccorso. Non sappiamo quante persone si sono ammalate di Covid, si sono curate a casa e non hanno fatto il tampone, quindi non sappiamo nulla di chi con loro viveva, se si sono infettati, per una incomprensibile resistenza da parte della Regione Lombardia ad eseguire gli accertamenti; peraltro iniziati da soli 10 giorni, in un momento in cui la curva dei contagi si sta abbassando. Sappiamo che un servizio pubblico per essere efficace deve essere pubblico e per essere efficiente deve valorizzare il territorio, ma in Regione Lombardia in questi anni i servizi pubblici di cure primarie e di prevenzione sul territorio sono stati smantellati, i medici di medicina generale trasformati in "gestori"
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di modelli molto burocratizzati e hanno perso il loro ruolo fondamentale di "sentinelle" sul territorio, per capire e monitorare la salute dei cittadini e delle cittadine, filo conduttore di una rete capillare e prossimale ai cittadini e alle cittadine. Questo è mancato, da questo dobbiamo ripartire, non basta la professionalità e la generosità del singolo medico, serve tessere una nuova tela di pratiche e di saperi, ora. Come ora serve pensare a una struttura ospedaliera Covid dedicata, per rispondere ad eventuali future ondate o ad altre possibili emergenze, che metta in protezione e in sicurezza pazienti ed operatori sanitari, che deve essere fuori dagli ospedali e consentire agli stessi ospedali di tornare a curare, con competenza e passione, tutti e tutte, non solo Covid e questa struttura serve ora, qui nella nostra città, che ha patito tanto e continua a patire. Ricominciamo, sì, con la cura del distanziamento sociale, dell'isolamento individuale se anche abbiamo poche linee di febbre, della fornitura di sistemi di protezione costante, facendo uno studio per capire i contagi, rafforzando le reti sanitarie locali e vivendo solidali uno accanto all'altro. * Consigliera Comunale con delega alla Sanità
La politica al tempo della pandemia
COVID-19: più investimenti per la salute, meno spese militari! di Gianni Rossini
La pandemia, che ci sta mettendo duramente alla prova ormai da alcuni mesi, ha evidenziato soprattutto l’inadeguatezza della risposta del sistema sanitario nel suo complesso alla situazione venutasi a creare. Situazione di proporzioni inconsuete certamente, ma che non avrebbero dovuto essere assolutamente imprevedibili per gli esperti tecnici e scientifici del settore. E, mentre il personale ospedaliero e dei servizi sociosanitari dava il meglio di sé, non di rado fino a sacrificare la propria vita, sono arrivate anche delle prese di posizione circa le modalità con cui le risorse del Paese vengono assegnate ai vari ambiti di spesa. In data 17 marzo la Rete Italiana per il Disarmo e la Rete della Pace (cui anche le Acli aderiscono) hanno proposto una chiara e documentata riflessione sull’argomento: Più investimenti per la salute, meno spese militari. Quì, dopo aver espresso la propria vicinanza ai familiari delle vittime e un sostegno agli operatori della salute e dei servizi essenziali a questa collegati, viene ribadito che di tutti i problemi di questo settore “una parte della soluzione potrebbe risiedere proprio nel trasferimento di risorse dal campo degli eserciti e delle armi a quello del sistema sanitario e delle cure mediche”. Citando poi le aride ma eloquenti cifre fornite dalla Fondazione GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze) viene evidenziato come negli ultimi anni la spesa sanitaria ha subito una contrazione complessiva rispetto al PIL, passando da oltre il 7% a circa il 6,5% previsto dal 2020 in poi, mentre negli ultimi 15 anni la spesa militare ha avuto un balzo in avanti passando complessivamente dall’1,25% del PIL nel 2006 fino a circa l’1,40% a partire dal 2008 e con una punta massima dell’1,46% nel 2013.
Vengono poi riportati i dati dell’Osservatorio MILEX che, a proposito degli ultimi due anni, dicono di una spesa militare di circa 25 miliardi di euro nel 2019, (cioè 1,40% rispetto al PIL) e di oltre 26 miliardi di euro previsti per il 2020 (cioè l'1,43% rispetto al PIL). Mentre nel settore sanitario sono stati tagliati oltre 43.000 posti di lavoro e in dieci anni si è avuto un definanziamento complessivo di 37 miliardi (dati sempre della Fondazione GIMBE) con numero di posti letto per 1.000 abitanti negli ospedali sceso al 3,2 nel 2017, quando la media europea è del 5. Viene quindi ribadita la necessità di rilanciare proposte e pratiche di vera difesa costituzionale dei valori fondanti la nostra Repubblica, come le iniziative a sostegno della Difesa Civile non armata e Nonviolenta, ridurre le spese militari utilizzando tali fondi per rafforzare la sanità, per l’educazione, per sostenere il rilancio della ricerca e degli investimenti per una economia sostenibile. In grado di coniugare equità, salute, tutela del territorio ed occupazione attraverso la riconversione delle industrie a produzione bellica. E le realtà del movimento pacifista non possono essere certamente accusate di approfittare di una tragedia sanitaria ed umanitaria come quella attuale: già 60 anni fa, viene ricordato, Aldo Capitini alla prima Marcia italiana per la pace chiedeva “Ospedali e scuole e non cannoni”. Il 18 marzo poi mons. Ricchiuti, vescovo di Altamura-Gravina e presidente di Pax Christi, in un messaggio alla sua diocesi ed in occasione dell’anniversario della morte di don Tonino Bello, afferma testualmente: “Parliamo dell’Italia: mancano i posti letto, gli ospedali dedicati a certe patologie, i posti in terapia intensiva, i respiratori, le mascherine.. Mi chiedo: non è perché da diversi anni si sono abbattuti tagli considerevoli sulla sanità?”. “Mai però – sottolinea Ricchiuti – una coraggiosa messa in discussione sulle spese militari! Siamo chiamati ad una vera e propria rivoluzione pacifica, nel senso della pace, in questo mondo. L’Italia spende per la Difesa circa 68 milioni al giorno! Ma stando alle richieste degli USA e della NATO noi dovremmo spendere ancora di più, per arrivare forse a 100 milioni al giorno? E proprio in questi giorni è in atto questa enorme esercitazione militare USA/NATO “Defender Europe 20”. Quanto costerà? E chi pagherà? Per non
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La politica al tempo della pandemia dire degli F 35 e di altre spese folli. Quanti posti letto potremmo realizzare con un solo giorno di spese militari? E quanti respiratori potremmo comperare con un solo F35? O con un solo casco del pilota, che costa 400.000€?” Ma sono ancora la Rete della Pace e Sbilanciamoci, attraverso un comunicato dal titolo “Un caccia F-35 costa quanto 7113 ventilatori polmonari”, a chiedersi e chiedere se sia giusto che il DPCM del governo, entrato in vigore il 23 marzo, escluda dal blocco delle attività produttive le fabbriche che realizzano sistemi d’arma e tra questi lo stabilimento di Cameri, dove vengono assemblati i cacciabombardieri F-35. Il setto re industriale ”aerospazio e della difesa” è stato infatti incluso tra le categorie delle attività strategiche e dei servizi essenziali. Degli stessi giorni anche l’invito del Segretario generale dell’ONU António Guterres a “Fermare tutti i
conflitti armati ed un cessate il fuoco in ogni angolo del mondo” Mentre chi ha seguito papa Francesco, nella Veglia Pasquale in una Basilica completamente senza fedeli, è stato testimone del suo accorato appello: “Mettiamo a tacere le grida di morte, basta guerre! Si fermino la produzione e il commercio delle armi, perché di pane e non di fucili abbiamo bisogno“.
In proposito vedi anche: www.retedellapace.it-www.disarmo.org-www.milex.org-www.sbilanciamoci.infowww.diocesidialtamura.it-www.unric.org
Fede, Chiesa e società
La Chiesa al tempo della pandemia di Dante Mantovani
La necessità di mettere in atto misure che potessero ridurre al minimo le possibilità di diffusione del contagio da Coronavirus, hanno coinvolto anche la Chiesa a tutti i suoi livelli ed in tutte le sue espressioni. Il Papa che ha dimostrato fin dall’inizio della pandemia una vicinanza ed una condivisione commoventi verso l’umanità sofferente e verso le grandi espressioni di solidarietà che si sono manifestate in questo frangente, ma anche una ferma riprovazione degli egoismi e delle chiusure che regolarmente si sono riproposti. La sua intensa preghiera, divulgata spesso anche attraverso i mass media, non è mai stata una palese richiesta di intervento miracolistico da parte del Signore dei cieli e della terra, ma una accorata richiesta di vicinanza e di sostegno ad una umanità tanto colpita. Un atteggiamento sobrio e dignitoso che ha ancora una volta mostrato la grande fedeltà di Francesco al Van-
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gelo. Ogni mattina, all’inizio della S. Messa celebrata a Santa Marta, invita a pregare per una particolare categoria di persone coinvolta in questa pandemia. In questi quasi due mesi di impossibilità a celebrare le SS. Messe alla presenza dei fedeli, tranne qualche
Fede, Chiesa e società
sparuta voce che reclamava la riapertura delle chiese considerandone la chiusura come un attacco alla libertà di culto da parte di “forze giudaico/massoniche che attentano alla chiesa cattolica” e con qualche politico pronto a cavalcare la cosa per lucrarne voti, in linea generale la Chiesa si è adeguata alle ordinanze governative dimostrando responsabilità e fiducia nelle istituzioni civili. In queste settimane, sacerdoti e laici hanno dato prova di sana creatività mettendo in atto forme di spiritualità condivisa, approfondimenti della Parola di Dio, confronto di riflessioni... che, a mio avviso, non hanno ridotto l’intensità della vita spirituale, anzi hanno aiutato a riscoprire l’importanza dell’aspetto comunitario nell’ esperienza della fede in Cristo Risorto, proprio a dispetto dell’isolamento obbligato. Nella parrocchia di S. Angela Merici, ad esempio, fin dall’inizio dell’isolamento, il parroco invia quotidianamente una messaggio vocale via WhatsApp con una riflessione di 6/7 minuti sulle letture della Parola di Dio del giorno, messaggio che raggiunge più di due centinaia di fedeli. Si è poi costituito spontaneamente un gruppo aperto di 25 persone che si scambiano quotidianamente, sempre attraverso WhatsApp, riflessioni personali sulla Parola del giorno. Il sacerdote coadiutore ha prodotto e trasmesso video appositamente predi-
sposti per i bambini e le loro famiglie. La domenica vengono poi trasmesse due SS. Messe in streaming. Una inventiva pastorale non indifferente. Con l’avvio della cosiddetta “fase 2” che ha previsto la ripartenza di alcune attività produttive a condizione che vengano rispettate tutte le misure di sicurezza, si sono levate autorevoli voci ecclesiali per rivendicare il diritto a riprendere le celebrazioni liturgiche aperte ai fedeli. Un documento ufficiale dell’Ufficio Comunicazioni della CEI, dal tono perentorio e molto duro, è giunto a paventare attentati alla libertà di culto; la stessa richiesta di riapertura dei luoghi del culto è partita anche dalle comunità islamiche. Mi permetto di essere in disaccordo con queste prese di posizione, confortato anche da interventi di personaggi della Chiesa certamente più autorevoli del sottoscritto. Se, come recita l’inizio della Gaudium et Spes (il documento del Concilio Vaticano II sulla presenza della Chiesa nel mondo contemporaneo), “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.”, se questo deve essere l’atteggiamento dei cristiani nei confronti del mondo, non capisco come si possa non condividere l’ atteggiamento di prudenza del Governo e delle altre istituzioni, ispirate dagli esperti sanitari, offrendo il proprio contributo, fatto anche di rinuncia a ciò che ci è caro come l‘Eucarestia, per un bene superiore che riguarda la responsabilità verso tutti gli uomini e le donne che vivono la nostra stessa comunità civile. L’ Eucaristia “fonte e culmine della vita cristiana”, ma se tra la fonte ed il culmine non c’è in mezzo tutta la vita cristiana dettata dal Vangelo, l’Eucaristia rischia di rimanere un’esperienza vuota. La vita cristiana non può rinchiudersi solo nell’Eucaristia. Se l’esperienza eucaristica non ci porta anche a condividere la responsabilità nell’affrontare, per superare, questa emergenza sanitaria, vuol dire che viviamo un’esperienza di fede individualistica, non è certo in linea con il Vangelo. Anche il Papa, all’inizio della Messa del 28 aprile (il giorno dopo l’intervento della CEI che rivendicava il ripristino delle liturgie aperte) ha detto: “In questo tempo nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e dell’ obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non ritorni”. Ancora una volta, grande responsabilità, grande umanità, grande spirito evangelico ed anche grande coraggio.
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In ricordo di...
...Giacomo Rocca (Mino) Mino è stato socio del circolo ACLI fin dai primi anni della sua fondazione. Proveniente da Borgo Trento ed appartenente ad una famiglia molto legata al circolo ACLI di Cristo Re e nipote di Gino Rocca dirigente di quel circolo, conosciuto da tutti come “el zio Gino”. La sua figura di uomo “grande e grosso” non lasciava certo trasparire il suo passato da scalatore che ricordava con grande piacere. Da parecchi anni era diventato abituale frequentatore del nostro circolo: ogni pomeriggio alle 15 lo si trovava seduto al doppio tavolo appena entrati a sinistra con la solita compagnia di amici. Giacomo è stato autista del sindaco Bruno Boni e, passato alla Provincia, autista di molti presidenti provinciali. Quante chiacchierate con lui sulle sue vicende professionali con tanti politici bresciani, quanti ricordi dei personaggi storici delle ACLI di Borgo Trento, amici comuni. Il suo carattere socievole ed aperto con tutti, le sue immancabili battute, la sua serenità ed allegria ci mancheranno sicuramente.
...Ivan Gussago Ivan era un uomo dal carattere buono, affabile, volonteroso e molto disponibile con tutti, qualità che ha ampiamente dimostrato nell'impegno di volontario all'Auser al servizio dei cittadini bisognosi di essere accompagnati per visite mediche o per la spesa. E' nato e vissuto a San Polo Storico, operaio in pensione, appassionato nell'organizzare e partecipare ai giochi di carte e di bocce, oltre al circolo Auser, frequentava da parecchi anni il nostro circolo Acli di cui era socio. Era una persona molto socievole che ha sempre amato molto stare in compagnia. Pur essendo un carattere schivo e piuttosto taciturno, sapeva allacciare rapporti con tutti. I suoi soci/e delle carte ne sentiranno sicuramente la mancanza.
...Franco Gandini Anche Franco Gandini ci ha lasciati, colpito anche lui da questa subdola malattia. Di Franco non potremo certo dimenticare la grande serenità d’animo, la discrezione, la gentilezza dei modi, la grande generosità e disponibilità. Il volontariato faceva parte del suo patrimonio genetico, lo praticava con grande spontaneità e convinzione. Faceva il volontario al circolo AUSER “Amici del Parco” a S. Polo Storico, si prestava per qualsiasi necessità al nostro circolo; da alcuni anni era una presenza fissa alla FestAcli con il ruolo di preparatore dei polli e delle salamine da cuocere alla griglia, ruolo che lo vedeva presente tutti i giorni della festa a partire dal primo pomeriggio fino a tarda sera. Uomo abituato a non sprecare le parole, quando esprimeva un parere, un’idea, una valutazione, dimostrava tutta la sua saggezza, il suo equilibrio ed, aggiungerei, la sua bontà d’animo. A Clara, la sua amata moglie, mancherà molto il suo Franco come, senza dubbio, mancherà anche a tutti noi che l’abbiamo conosciuto.
...Domenico Palumbo (Mimmo) Ho conosciuto il Signor Mimmo, affettuosamente dagli amici chiamato “ui ui”, proprio presso il bar del Circolo Acli di San Polo. Signore ottantenne di origine siciliane che parlava quasi sempre in dialetto siciliano.Gli piaceva molto giocare a carte, veniva al Circolo sempre in bicicletta, anche sotto la pioggia, dalla sua abitazione di via Robusti. Il suo piacere enorme era prendere in giro l'amico Cesare Cav. Caianiello, quando perdeva al gioco delle carte. Prevalentemente giocava col sottoscritto, con Cesare, Agostino e Mazzoli. Un personaggio molto umile ed educato e sempre allegro e scherzoso. Credo che la sua voce alta e le sue risate mancheranno all’ambiente del circolo. Rivolgo a lui un dolce ricordo, accampagnato da una preghiera di suffragio. Ciao Mimmo.
...Luigi Furia Furia frequentava da alcuni anni il nostro circolo ACLI, probabilmente da quando si era trasferito ad abitare nella Torre Cimabue. Lui era un frequentatore mattutino del circolo: all’apertura delle 9 era sempre il primo “cliente” e se ne andava all’ora di pranzo, sempre in compagnia del suo immancabile bastone che reggeva la precarietà delle sua gambe malferme. Immancabile lettura mattutina dei giornali, dialoghi con chiunque entrasse nel locale, ma con grande discrezione e delicatezza. Uomo saggio, lo si sentiva spesso esprimere giudizi non scontati e non bannali sui fatti che apprendeva dalla lettura dei giornali. Alcuni lo conoscevano per la sua antica passione per la montagna vissuta anche attraverso le escursioni organizzate dagli anziani del CAI di Brescia. Anche lui vittima di questa pandemia.
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In ricordo...
...don Angelo Cretti di Dante Mantovani A metà del mese di marzo 2020, in piena pandemia di Coronavirus è morto a Costa Volpino don Angelo Cretti, primo parroco e fondatore della parrocchia di S. Angela Merici. Don Angelo lo scorso anno Noi del circolo ACLI siamo paralla ricorrenza del 25° anticolarmente legati niversario del circolo ACLI a don Angelo perchè fu lui a stimolare la fondazione del circolo. Ricordo precisamente il momento in cui scattò nella mente di don Angelo l’idea del circolo ACLI. Dopo esserci trasferiti a S. Polo nell’agosto del 1992 da S. Eufemia dove eravamo impegnati fin dal 1970 nel locale circolo ACLI, nell’estate del 1993 chiedemmo a don Angelo di benedire la nostra nuova casa; venne quindi una sera e scambiandoci informazioni si parlò dei miei impegni nelle ACLI: allora ero vice presidente provinciale ACLI e presidente regionale del Patronato Acli. Nel venire a conoscenza di ciò gli si illuminarono gli occhi quasi avesse trovato la soluzione ad un problema che lo assillava da tempo. In effetti era così perché si stavano per concludere i lavori di costruzione dei locali oggi occupati del circolo ACLI ed ancora non aveva trovato una soluzione al problema della gestione di quei locali che, nel progetto, dovevano diventare un centro di aggregazione per gli adulti della parrocchia. “Facciamo un circolo ACLI!” fu la sua esclazione; e da quel momento partì l’iter per la realizzazione dell’idea che si concretizzò dopo pochi mesi alla fine del 1993 con la sottoscrizione dell’Atto Costitutivo firmato dai soci fondatori. Don Angelo ha sempre seguito da vicino la vita del nostro circolo. Lasciava molta autonomia alle iniziative del circolo, ma se qualcosa non gli andava a genio non ce le mandava a dire; ci affrontava in modo diretto. Infatti non sono mancati scontri anche duri a causa di visioni diverse rispetto alle scelte di vario genere, ma questo non ha mai incrinato il rapporto di fiducia ed il rapporto di amicizia. Dopo uno scontro, capitava che la domenica successiva, durante la Messa, non finisse di tessere elogi nei confronti del circolo ACLI. Gli scontri li sosteneva a "muso duro", salvo dimenticarli subito do-
po o comunque non incrinando mai i rapporti personali. Questa è la cosa che personalmente ho sempre apprezzato di don Angelo, oltre, ovviamente, al suo dinamismo, alla sua determinazione, alla sua creatività e alla sua "testardaggine" nel sostenere fino in fondo il suo punto di vista, caratteristiche che lo hanno sostenuto nella realizzazione di tutte le opere che ha donato alla comunità di S. Angela Merici. Racconto un aneddoto che spiega molto bene quale fosse il carattere di don Angelo. Stavamo stampando SanpoloPolis (allora si stampava in sacrestia perché il fotostampatore era in comproprietà tra circolo e parrocchia); al mattino alle sette mi stavo preparando perché quel giorno discuteva la tesi di laurea mia figlia Elisa. Suona il telefono, era don Angelo che, senza nemmeno presentarsi, inizia ad urlare per farmi presente che aveva letto un articolo che non si doveva pubblicare. L’articolo si riferiva ad un curato che aveva criticato i suoi confratelli che esponevano la bandiera della pace in oratorio. La telefonata si concluse con: “Vado in curia a riferire della cosa e parlerò con l’assistente provinciale delle ACLI”; io non riuscii quasi a parlare. Il giorno successivo, eravamo sotto Pasqua, passo dalla chiesa per dirigermi in sacrestia a continuare la stampa di SanpoloPolis. Don Angelo è seduto in uno dei prima banchi e mi chiama. Dico tra me e me: “Adesso mi dovrò sentire la continuazione della ramanzina di ieri...”. Mi avvicino, mi fa sedere accanto a lui e mi dice: “Come ti sembra l’’addobbo dell’altare, ti piace?”. Gli diedi il mio parere e parlammo d’altro; la sfuriata del giorno prima era già caduta nel dimenticatoio e... amici come prima. Ci è spiaciuto molto non potergli dare il saluto che si sarebbe meritato, a causa dell’impossibilità a celebrare il funerale. Ci sarebbe piaciuto potergli esprimere pubblicamente il nostro grazie, perchè se il circolo esiste è proprio grazie a lui. Don Angelo lo diceva con grande compiacimento che i suoi genitori, dopo la guerra, gestivano a Costa Volpino il circolo ACLI del paese ed è stato anche questo suo ricordo che gli aveva suggerito di promuovere le ACLI anche nella “sua” parrocchia. La cosa più triste è stata proprio l'impossibilità di accompagnarlo con affetto alla sepoltura, lui che ha accompagnato tanti nostri amici e nostri parenti nell'ultimo viaggio terreno. Appena la situazione sanitaria lo renderà possibile, troveremo sicuramente il modo di ricordarlo e ringraziarlo in modo adeguato.
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La politica locale e nazionale, l'economia
Quale festa del lavoro nell’era del covid19? di Enzo Torri E’ inevitabile che la lettura sulle tematiche del lavoro oggi, alla luce degli stravolgimenti che il Covid19 ha creato, è radicalmente cambiata rispetto solo a qualche settimana fa. Nulla sarà come prima per le famiglie che hanno subito perdite umane. Nulla sarà come prima per il mondo del lavoro, che ha prima rallentato e poi ha visto fermarsi la propria attività. L’emergenza seguita alla diffusione del Covid-19 ci sta insegnando che le vicende dell’esistenza rimescolano le carte, a volte in maniera improvvisa, rivelando la nostra realtà più fragile. Già si contano danni importanti, per gli imprenditori che in questi anni hanno investito per creare lavoro e si trovano ora sulle spalle ingenti debiti e grandi punti interrogativi circa il futuro della loro azienda. Nulla sarà come prima per i settori che sono andati in sofferenza e vivono l’incertezza del domani: si pensi al turismo, ai trasporti e alla ristorazione, al mondo della cooperazione e del Terzo settore, a tutta la filiera dell’agricoltura e del settore zootecnico, alle ditte che organizzano eventi, al comparto della cultura, alle piccole e medie imprese che devono competere a livello globale e si vedono costrette a chiusure forzate, senza poter rispondere alla domanda di beni e servizi. Giorno dopo giorno, ora dopo ora, comprendiamo il serio rischio che grava su molti lavoratori e molte lavoratrici. Le dimensioni del problema non sono più percepibili correttamente con le tradizionali statistiche di occupazione e disoccupazione, perché il lavoro anche quando non manca, spesso è precario, povero, temporaneo, lontano da quei quattro attributi definiti da papa Francesco: “libero, creativo, partecipativo, solidale”. In realtà, quello che l’attualità ci sta chiedendo di affrontare, senza ulteriori ritardi o esitazioni, è una transizione verso un modello capace di coniugare la creazione di valore economico con la dignità del lavoro e la soluzione dei problemi ambientali. L’epidemia del coronavirus ha rafforzato la consapevolezza della nostra debolezza che ci ha scoperti nuovamente vulnerabili e fortemente interdipendenti ciascuno dall’altro, in un pianeta che è sempre di più comunità globale. «Nessuno deve perdere lavoro per il coronavirus» è stato lo slogan ripetuto all’indomani della crisi: è fondamentale che questo appello abbia successo, evitando le conseguenze negative di breve e medio termine. Abbiamo bisogno di un’economia che metta al centro la persona, la dignità del lavoratore e sappia mettersi in sintonia con l’ambiente naturale senza violentarlo, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile.
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Ma in un mondo complesso come il nostro il cambiamento non nasce con un atto d’imperio. Infatti, i rappresentanti delle istituzioni, anche quando sono animati dalle migliori intenzioni, si muovono in uno spazio pieno di limiti e vincoli e dipendono in modo cruciale da consenso e scelte dei cittadini e dai comportamenti delle imprese. Ciò vale per affrontare i problemi del tempo ordinario e quelli del tempo straordinario dove il successo del contenimento dell’epidemia passa attraverso la responsabilità sociale dei cittadini e i loro comportamenti. La cittadinanza attiva e l’impegno di tutti noi in materia di stili di vita e di capacità di premiare con le nostre scelte prodotti e imprese che danno più dignità al lavoro, sono oggi una leva di trasformazione che rende anche la politica consapevole di avere consenso alle spalle, quando si impegna con decisione a promuovere la stessa dignità del lavoro. C’è una missione comune da svolgere nelle diverse dimensioni del nostro vivere come cittadini che partecipano alla vita sociale e politica, come risparmiatori e consumatori consapevoli, come utilizzatori dei nuovi mezzi di comunicazione digitali. Questo chiede a tutti di dare un contributo alla costruzione di un modello sociale ed economico dove la persona sia al centro e il lavoro più degno per affrontare con determinazione una serie di questioni che ci portiamo dietro da anni: il contrasto della disuguaglianze e della povertà, la lotta agli sprechi e alla corruzione, un investimento reale sulla famiglia, sui giovani, sulla scuola, sulla sanità, l’introduzione di nuovi modi di produzione più sostenibili, una nuova centralità del lavoro, la regolarizzazione del tanto lavoro sommerso degli italiani come per gli immigrati. E tanto altro ancora. Tutti uniti nella tensione verso una grande impresa comune. Coltiviamo, allora, la virtù della speranza, tanto necessaria per reggere questo tempo e le sue tensioni.
La politica locale e nazionale, l'economia
“Ribelli per amore” nel ricordo del 25 aprile. di Enzo Torri Teresio Olivelli, partigiano delle Fiamme Verdi, un “ribelle per amore”. Dopo essere stato arrestato e deportato in Austria per essersi rifiutato di collaborare con i nazifascisti, si è inserito nelle file della resistenza cattolica, proprio a Brescia, dove fondò il giornale clandestino “Il ribelle”, collaborando con figure epiche della resistenza bresciana, come Astolfo Lunardi e padre Manziana dell’oratorio della pace. Varie vicissitudini la portarono poi a essere nuovamente deportato, nel lager tedesco di Hersbruk dove, a causa del suo atteggiamento a difesa dei suoi compagni di prigionia, morì per i pestaggi e maltrattamenti subiti. Nel 2018 la sua beatificazione da parte della chiesa che lo indica come “modello da imitare”. Ricordare gli eventi della lotta di liberazione riflettendo sul percorso di Olivelli mi pare abbia un significato particolare, perché aiuta a comprendere quanto intrigante fosse il messaggio del fascismo che ha portato molti italiani a non accorgersi per tempo dove li avrebbe portati una ideologia che, con messaggi populisti e l’idolatria della persona, hanno portato il nostro paese a partecipare a guerre insensate, stringere patti con i nazisti, cancellando tutti gli spazi di partecipazione dei cittadini. Olivelli, ragazzo di elevata istruzione, cattolico convinto, attivo alla vita sia dell’azione cattolica e della Fuci (quando il riferimento era il futuro papa Paolo VI°) pur consapevole dell’atrocità del nazismo in Germania, non vede nel fascismo, in Italia, gli stessi pericoli. Anzi, per i richiami ai valori cristiani lo vede come un baluardo verso il comunismo da un lato e, appunto, il nazismo dall’altro (ricordiamo che i patti lateranensi fra stato chiesa furono sottoscritti proprio da Mussolini l’11 febbraio 1929) Questa convinzione lo portò a prendere parte alla vita del partito fascista con la partecipazione a convegni e percorsi formati-
vi, dei quali era un relatore ascoltato. Lo stesso padre Manziana, ricordandolo dopo la morte, affermò “Se Olivelli aderì in una primo tempo al fascismo imperante, non fu certo per conformismo, ma perché nell’ambigua e imprecisa formulazione dell’ideologia fascista proiettò la sua esigenza di rottura con un passato decadente e inautentico, di celebrazione effettiva di gerarchie di valori, di dinamismo costruttivo e di giustizia sociale”. Questo non spiega, ne tanto meno giustifica, chi nel momento delle scelte ha seguito l’ideologia fascista, che poi la storia ha contribuito a porli dalla parte del torto, ma fa comprendere quanto una certa propaganda sia in grado di realizzare, in un contesto di poca informazione e con parole d’ordine altisonanti. Quanto accadde poi, con le carcerazioni,l’eliminazione fisica di chi non era d'accordo, i pestaggi e le intimidazioni, non ha fatto altro che dare il via libera a quello che poi sarebbe diventata la pagina più nera della storia nella nostra Europa. Olivelli,dopo aver vissuto direttamente le atrocità della guerra in Russia, vedendo le sofferenze impartite dalle truppe naziste alla popolazione polacca, rientra in Italia e, con le frequentazioni bresciane di case di antifascisti e dei preti dell’oratorio della pace, matura la scelta di inserirsi nelle fila della resistenza, con la forte passione e credenza di cui è capace , diventando un punto di riferimento della lotta partigiana in Lombardia. Una scelta che gli comporterà la prigionia in diverse carceri italiane e la deportazione, dove troverà la morte a soli 29 anni. Come scrisse padre Turoldo “la resistenza era la scelta dell’umano contro il disumano, quale presupposto di ogni ideologia e di ogni etica personale” e Olivelli morì proprio a seguito delle sue scelte per la fedeltà all’uomo, alla persona, che gli derivava dalla sua profonda fede. Fare memoria del 25 aprile oggi significa ricordare quel passato, dove tante persone diedero la vita per un ideale di libertà che hanno permesso alle generazioni successive di vivere in un paese libero. Per questo motivo preoccupa chi oggi, perdendo questa memoria, in una logica di individualismo sfrenato, sarebbe disposto a rinunciare a spazi di vita democrazia, alla partecipazione attiva alla vita del paese dei cittadini attraverso le proprie rappresentanze sociali e politiche, per delegare a qualche potere (o uomo) forte il ruolo di decidere per tutti. Sappiamo dove queste strade ci hanno poi portato.
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La società ai tempi della pandemia
“FASE 2”, responsabilità e correttezza! di Clara e Dante A proposito dei comportamenti, Matteo Barbaglio, farmacista della farmacia Acuto, nella sua testimonianza riportata a pag. 26, ha scritto: “A breve comincerà la fase 2
(già iniziata, ndr), mi preme sottolineare che tutti dovremo essere ligi a mantenere i comportamenti adottati fino ad ora ancora per un po', nulla è passato, non possiamo assolutamente permetterci di rischiare di tornare nel baratro che stiamo lasciando con così tanta fatica e col prezzo che abbiamo pagato.” Stamattina (2° giorno di apertura della Fase 2) siamo andati al Parco delle Cave per fare una camminata. Il parco era molto frequentato. Persone che camminavano come noi, altre che correvano, alcuni in bicicletta. Più della metà delle persone che camminavano avevano la mascherina sul mento, oppure sotto il naso, solo alcune le sistemavano correttamente al momento di incrociare altre persone. Alcuni in bicicletta addirittura senza mascherina; l’ordinanza dice che la mascherina può essere tolta quando si fanno allenamenti intensi; girare al Parco delle Cave a meno di 10 Km/h non crediamo richieda uno sforzo intenso. Una pattuglia di carabinieri ed una camionetta di soldati giravano sull’anello interno del Parco. Alla vista dei militi, tutti sistemavano correttamente la mascherina. Abbiamo voluto descrivere questa situazione, non tanto per il gusto di mettere in evidenza comportamenti negativi, quanto per cercare di comprendere insieme le motivazioni che stanno alla base di alcune indicazioni e di alcuni obblighi che ci vengono imposti dai governanti ai vari livelli. Durante questi due mesi di isolamento quasi totale, abbiamo avuto tutti l’occasione di leggere messaggi o articoli che sostenevano che le restrizioni imposte dal Governo rappresentavano una forte e pericolosa limitazione alle libertà sancite dalla nostra Costituzione. Affermazione oggettivamente vera. Ma le domande sensate che dobbiamo porci sono: Perché queste limitazioni alle libertà individuali? Per la volontà di qualche dittatore di turno? Per la stravaganza di chi ci governa? Per un eccesso di potere? Se la risposta che riusciamo a dare, e dovrebbe essere l’unica risposta sensata, è quella che le restrizioni erano e sono finalizzate a garantire l’altro diritto sancito dalla Costituzione che è il diritto alla salute, riusciremo anche a condividere l’idea che le libertà individuali possano essere momentaneamente sospese in funzione del diritto alla salute che, dobbiamo esserne convinti, viene prima di ogni altro diritto; e non solo il diritto alla nostra salute, ma anche alla salute degli altri.
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Se ragioniamo in questi termini, diventa allora fondamentale assumere un comportamento responsabile, non dettato dalla paura della multa o dalla convinzione di farla franca nei confronti delle forze dell’ordine, ma dalla convinzione e dalla volontà di concorrere a quello che è il bene comune. Bene comune che non può essere rivendicato solo dai governanti, o dagli altri, ma in primo luogo da noi stessi. Allora è importante che in questa “Fase 2” ciascuno di noi, cioè tutti, rispettino le indicazioni fornite dai decreti nazionali e locali: indossiamo sempre la mascherina, così come dalle indicazioni, manteniamo le distanze adeguate, evitiamo ogni possibilità di contagio, perché ciascuno di noi può essere contagioso anche senza saperlo. Ormai è stato detto in tutte le salse che la maggior parte delle mascherine non protegge chi la indossa, ma protegge gli altri dal contagio. Se non la usiamo correttamente, non corriamo noi il rischio di essere contagiati, ma rischiamo di contagiare chi ci passa accanto. Solo se la indossano correttamente tutti, siamo tutti garantiti. Non indossarla correttamente è quindi sintomo di noncuranza nei confronti del prossimo... Quando siamo all’aperto, copriamo sempre bocca e naso!!! Sempre!!! Una ripresa del contagio a causa di una mancanza di responsabilità nei comportamenti sarebbe disastroso sul piano sanitario perché medici ed infermieri non potrebbero sopportare uno stress come quello delle settimane scorse; l’economia subirebbe un contraccolpo difficilmente superabile; per la società stessa sarebbe traumatico un altro periodo di restrizioni come quelle dei mesi scorsi. Quindi, si richiede responsabilità da parte di tutti, anche nel rispetto delle persone che in queste settimane hanno fatto anche l’impossibile per salvare vite umane!!!
Dal circolo ACLI e dintorni al tempo della pandemia
Il circolo ACLI S. Polo di Dante Mantovani
Il circolo ACLI S. Polo ha vissuto e sta vivendo questo tragico momento condividendo le stesse ansie e le stesse speranze che sperimentano tutte le persone e le famiglie del nostro quartiere. L’avvio di questa pandemia ha visto un po’ tutti (singole persone, associazioni, istituzioni...) vivere momenti di incertezza e di incoscienza non colpevole, dettate da una certezza (infondata) e da una speranza (comprensibile) che si trattasse di una comune influenza. Tutto ciò è durato una decina di giorni a cavallo tra febbraio e marzo. Dal 23 febbraio abbiamo sospeso i tornei pomeridiani di “Scala 40”, l’Unione Sportiva ha sospeso i corsi di ginnastica per adulti e per bambini. Per il bar abbiamo seguito le ordinanze che prevedevano la chiusura alle ore 18. Con l’ultima settimana di febbraio abbiamo chiuso anche il servizio del PoloBus. Il bar ed anche il Punto Comunità sono rimasti invece aperti fino al 7 marzo, giorno in cui il Consiglio Direttivo ha deciso la chiusura di ambedue i servizi, proprio il giorno precedente all’ordinanza ministeriale che ha previsto la chiusura totale. Sono stati i giorni dell’ inconsapevolezza della gravità della situazione. Pensate che il principale quotidiano locale ha pubblicato un servizio, in quella settimana, per evidenziare in modo positivo i luoghi di aggregazione, tra cui il nostro circolo, che mantenevano vivi momenti di vita comunitaria in un clima di allarmismo allora giudicato da molti come eccessivo. Con il senno di poi, quei dieci giorni sono stati
sicuramente quelli che hanno contribuito ovunque, in modo consistente, alla diffusione del contagio. Nel mese di marzo, abbiamo avuto cinque cari amici del circolo che non sono riusciti a superare la malattia, li ricordiamo in una pagina di questo numero, ed altri che stanno combattendo in ospedale con il virus, vogliamo essere loro vicini anche con la preghiera perché riescano a sopportare questo dolore. Moltissime attività del circolo sono quindi chiuse. Il Punto Comunità ha riconvertito in buona parte la propria azione mettendo in atto un lavoro di solidarietà concreta verso le persone più fragili del nostro quartiere mediante le iniziative che in altre pagine vengono descritte in modo dettagliato. Il Patronato sta incontrando comunque alcuni utenti su appuntamento per pratiche importanti. Diciamo, per completezza, che il circolo ACLI si sta preparando alla ripresa anche se non sappiamo quando e come sarà possibile riaprire. Approfittando della chiusura forzata, abbiamo provveduto alla sanificazione dei servizi igienici che ne ha richiesto il completo rifacimento mettendo anche a norma i servizi per i disabili. Si provvederà quindi alla sanificazione di tutti gli ambienti e all’adeguamento di tutti i dispositivi di sicurezza che si renderanno necessari, per quanto riguarda il bar, lo Spazio incontro e gli uffici del Punto Comunità; questi interventi anche grazie ad un contributo ricevuto da “AiutiamoBrescia” attraverso la Fondazione della Comunità Bresciana. Nel frattempo cerchiamo di mantenere i contatti con i nostri soci mediante la posta elettronica con aggiornmenti su quanto si sta facendo, con proposte di iniziative in streaming che provengono dalle ACLI Provinciali o da altre realtà sociali. Non abbiamo voluto fermare la pubblicazione di SanpoloPolis che esce regolarmente con cinque numeri l’anno dal 1995. Purtroppo questo numero uscirà solo on line a causa delle restrizioni, ma speriamo di poter raggiungere comunque un buon numero dei nostri lettori.
È nata Eva In questa triste situazione costellata di malattia e di morte, fortunatamente la vita continua anche se con un po’ di fatica dovuta alle restrizioni per evitare contagi: madri che partoriscono in solitudine, padri che non possono assisterle, tutti in isolamento... E’ quanto hanno vissuto in questi giorni Roberto e Barbara che hanno visto “venire alla luce” la loro primogenita Eva, nata il 23 aprile in Poliambulanza. Roberto è uno dei nostri gestori de circolo ACLI ed insieme a Barbara sono anche soci del nostro circolo. Siamo molto contenti di questo arrivo tanto atteso da Roberto e Barbara. Sicuri di interpretare anche il sentimento dei frequentatori del bar, il circolo ACLI e SanpoloPolis formulano tantissimi auguri alla coppia di amici ed alla nuova arrivata.
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U.S. Acli San Polo ASD
S.Polo
Dal circolo ACLI e dintorni al tempo della pandemia
di Clara Signorelli La nostra associazione, come da disposizioni ministeriali, dal 24 febbraio ha sospeso tutte le attività in essere, dai corsi di ginnastica (quelli in palestra e quelli nello spazio incontro) alle gare di carte presso il Circolo, dalle escursioni del gruppo Agape ai gruppi di cammino. La chiusura delle attività sportive e l’impossibilità di fare movimento in gruppo sotto la guida di un’istruttrice, collegato all’obbligo di rimanere a casa, rischiava di trasformarci tutti in sedentari depressi. E’ vero che tanti hanno approfittato di questa “vacanza “obbligata per sistemare un po’ la casa, tinteggiare, riordinare, fare giardinaggio, fare anche del volontariato, però sarebbe mancato quel tipo di movimento che aiuta a migliorare la funzione cardiovascolare e cardiorespiratoria, a sviluppare la resistenza e recuperare la forza muscolare, migliorare la flessibilità articolare e favorire il rilassamento psicofisico (molto importante in questo periodo). Così si è pensato, con la sollecitazione delle insegnanti, di proporre delle lezioni a distanza tramite video che le stesse inviano con WhatsApp alle iscritte e agli scritti ai corsi di ginnastica adulti e bambini. Molti dei nostri iscritti hanno gradito molto l’iniziativa, il contatto con le insegnanti è certamente uno stimolo ad impegnarsi anche solo mezzora al giorno e psicologicamente è molto importante sentire che qualcuno si prende cura di noi anche a distanza. Un grazie di cuore a Sara ed Emy che hanno proposto l’iniziativa e la stanno portando avanti con impegno e passione. Anche l’US ACLI di San Polo “resta a casa” ma non si ferma.
Gruppo di Acquisto Solidale di Clara Signorelli Per il gruppo di acquisto solidale GASPOLO del nostro quartiere, appena giunte le disposizioni ministeriali con l’obbligo di restare a casa, si è posto subito il problema di continuare o meno i nostri acquisti presso i nostri fornitori. Il primo problema che ci siamo posti è stato quello di come avremmo potuto garantire le norme di sicurezza con la distribuzione, presso la famiglia referente, dei prodotti acquistati, oltre al fatto che interrompendo i nostri ordini avremmo potuto mettere in difficoltà le piccole aziende che ci forniscono i prodotti, in particolare l’agricoltore che ci fornisce le verdure settimanalmente, i produttori di for- Le borse delle verdure in attesa di essere ritirate maggi di mucca e di capra e tanti altri ancora. Alla fine il gruppo ha deciso di continuare in questo modo: con alcuni fornitori si è concordato un ordine come gruppo ma la consegna a ciascuna famiglia (vedi olio, miele) da parte dello stesso; per gli altri si è concordato la consegna al Circolo ACLI sotto la tettoia. La distribuzione viene effettuata con delle turnazioni e tenendo conto delle norme in atto, distanza, mascherine, guanti, inoltre essendo all’aperto e non in un locale chiuso è più facile evitare assembramenti. Mai come in questo momento si è realizzato l’acquisto “solidale”.
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A voi la parola...
... Lettera a SanpoloPolis Ho letto con molto interesse l’intervento “A voi le riflessioni e le conclusioni” della sig.ra Lorenza Bianchi su SanpoloPolis n. 122, che condivido in pieno. Anche agli animali, pur non essendo persone umane, è dovuto quel rispetto per il posto che madre natura ha loro assegnato. Solo così si può ottenere una giusta convivenza. Le considerazioni della sig.ra Lorenza mi suggeriscono qualche riflessione sull’ “amico dell’uomo”, il cane, che fa parte di quei “sereni animali che avvicinano a Dio” (U. Saba). Sono creature capaci di ricevere e restituire affetto. Ne ho un vivo ricordo che risale a molto tempo fa. Dopo un anno che avevo ceduto ad un amico un cagnolino, sono andato a vedere come si fosse ambientato. Nel vedermi, la bestiola sembrava impazzita dalla gioia, tanto che mi si inumidirono gli occhi. Ed il mio pensiero è volato subito al celebre episodio dellìOdissea, quando il cane Argo riconosce Ulisse dopo 20 anni e l’eroe greco trattiene a stento le lacrime. E come non ricordare il film di De Sica “Umberto D” che descrive la solitudine di un povero pensionato, confortato dalla compagnia di un cagnolino? Ma veniamo al sodo. L’abbaiare non è musica che diletti le orecchie; quei colpi secchi hanno il sapore aggressivo delle schioppettate. Se il cane è stato dotato da madre natura di quella voce, avrà pure il diritto di farla sentire quando occorre. Ma c’è modo e modo. Ci sono varie ragioni per cui un cane abbaia. Quando lo fa per ore, sia di giorno che di notte, c’è qualcosa che non funziona. E qui entra in ballo il suo padrone che non lo accudisce come si deve; non lo ascolta. Diciamo pure che lo maltratta. Non si accorge di imporre all’animale oneri insopportabili che gli rendono la vita difficile fino ad un vero e proprio “culto del cane”. Per accorgersene, non occorrono disquisizioni filosofiche, basterebbero i lumi della ragione e del buon senso. E chi dice che più conosce gli uomini e più ama gli animali, molto probabilmente non ama nessuno. Pierarcangelo Di Vora
... Per conoscenza a SanpoloPolis Codesto mio scritto vuole essere una segnalazione alle autorità competenti, di una infrazione che diversi cittadini compiono nei pressi dell’area ove io risiedo. I suddetti cittadini, uno dei quali conosco di vista perché risiede nella mia stessa zona, accompagnano i loro cani, alcuni di grossa taglia, liberi da guinzagli e da museruole, i quali depositano leloro urine ed i loro escrementi un po’ ovunque sull’area pubblica. Proprio questa mattina ho raccolto una notevole quantità di escrementi davanti al cancello dove risiedo, al fine di evitare che i bambini giocano, li calpestano e si imbrattino. Le persone alle quali ho fatto constatare la loro infrazione, non hanno risposto ed hanno proseguito il loro cammino. Queste situazioni che si ripetono molto spesso possono innescare delle contestazioni e sfociare in risse dagli esiti imprevedibili. Se le autorità alle quali sto segnalando le infrazioni non interverranno per porre fine in tempi ragionevoli, valuterò l’opportunità di inviare lo stesso testo alla stampa. Distinti saluti. (Consegnata al Comando Provinciale della Polizia Locale di Brescia e per conoscenza al “Giornale di Brescia”, “Bresciaoggi”, “SanpoloPolis”)
Lettera firmata (Abbiamo valutato opportuno non riportare la firma ed altri dati identificativi della persona, proprio per evitare possibili ritorsioni da parte di persone che possano sentirsi coinvolte nella lettera) 29
Dal mondo Già altre volte abbiamo pubblicato lettera di Dom Piero Conti, Vescovo bresciano in Brasile ormai da quarant’anni. I contatti con “Piero” sono possibili grazie a vecchie amicizie presenti a S. Polo e soprattutto grazie ad Andrea che è stato suo compagno di classe all’ITIS negli anni ’60. Pubblichiamo sempre volentieri i messaggi che periodicamente invia, perchè ci aiutano a conoscere di prima mano quella realtà a noi molto lontana.
Notizie dal Brasile al tempo della pandemia Carissimo Andrea e amici, Grazie per la telefonata. Mi chiedi qualch e notizia della situazione in Brasile in questo momento di pandemia. Come sai io sono a Macapá, capitale di uno staterello a Nord del Brasile, in Amazzonia. Noi qui, praticamente sia o u ’isola. Ci si arriva solo via mare o via aereo o, attraversando un ponte che ci separa dalla Guaiana Francese. Noi speravamo che fin qui non arrivasse il virus, invece é arrivato, eccome. Il fatto é che l’orga izzazio e degli ospedali é precaria e i letti di terapia intensiva si contano sulle dita. Siamo a quota 50 morti e molti chiusi in casa, in quarantena. Il fatto é che qui é difficile restare in casa. Soprattutto nelle periferie, dove le case so o coperte con tegole di amianto. Col sole equatoriale, si trasformano in forni e é nor ale uscire all’aria aperta. Ossia, molte famiglie, numerose tra l’altro, solo si riu iscono in casa alla sera quando la temperatura si abbassa. Chiudere tra quattro pareti bambini e giovani é molto difficile. Forse gli anziani resistono, ma anche quegli adulti che vivono alla giornata – sono tanti i disoccupati e quelli senza lavoro fisso – non possono aspettare che gli alimenti vengano dal cielo. Il Governo ha liberato alcuni sussidi in denaro e dappertutto ci sono campagne per raccogliere alimenti, in modo che almeno i piú poveri non patiscano la fame. Le nostre Charitas sono impegnatissime in questo. Il minimo necessario per una famiglia de 4 o 5 persone qui la chia a o cesta basica . C’é a che ateriale per la pulizia. Per colpa del virus bisogna continuare a lavarsi le mani, alcool ecc. Ieri ho ascoltato il racconto di un volontario che aveva consegnato una cesta basica a una famiglia. Uno dei figli, un bambino piccolo, vedendo una saponetta ha esclamato: - Mamma oggi faccio il bagno col profumo! – Sí, perché, con tutta probabilitá, usava qualche pezzo di sapone per lavare i vestiti sicurae te o troppo profu ato . Qui i A azzonia ci preoccupa molto la sopravvivenza delle tribú indigene perché, oltre a mancargli, forse, il necessario, potranno essere contagiati. Mancando degli anticorpi, per loro puó essere una strage. Qualche tribú sta chiudendo tutti gli accessi. Hanno ragione, devono difendersi da questo nemico quasi invisibile. Insomma, viviamo un momento triste, con molta sofferenza e paura, ma ci sono tanti gesti di bontá e di generositá – anche delle grandi imprese – che ci fanno sperare che dopo questa situazione rinasca una umanitá piú solidale e fraterna. Basta guerre, basta soldi spesi nelle armi, nel lusso inutile, in stipendi favolosi. Ci sono cose molto più importa ti: la vita e l’a ore. Noi, cristiani, dovremmo essere sempre i primi a crederci. Dom Pedro José Conti, bresciano, vescovo a Macapá, Amapá, Brasile
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La cultura
PER SENTITO DIRE Di Ernesto Paroli E’ IL CINEMA BELLEZZA iei pe sieri i seguo o a che a letto Beati loro Ro ert “a hi e Mi hele Phillips in Dete tive on la fa ia di Bogart I
Walter Veltroni – ODIARE L’ODIO - Rizzoli L’odio è la malattia sociale del nostro tempo, stravolge coscienze e rapporti umani, si impadronisce delle nostre parole, è il grande incubatore della violenza. Questo libro è un viaggio nell’universo dell’odio che parte da un passato a cui dobbiamo impedire di ritornare e approda ad un presente segnato da una decrescita tutt’altro che felice, dalla mancanza di prospettive per i giovani in un Paese di vecchi, dalla paura di un futuro in cui a lavorare saranno le macchine e ad accumulare profitti i giganti tecnologico-finanziari. È questo il terreno di coltura di un odio alimentato e amplificato dai social, e le parole diventano pietre per colpire chi è diverso per etnia, per religione, per inclinazioni sessuali, per opinioni politiche, chi è debole, chi appare come una minaccia o come un capro espiatorio. Paolo Giordano – NEL CONTAGIO - Einaudi “Non ho paura di ammalarmi. Di cosa allora? Di tutto quello che il contagio può cambiare. Di scoprire che l'impalcatura della civiltà che conosco è un castello di carte. Ho paura dell'azzeramento, ma anche del suo contrario: che la paura passi invano, senza lasciarsi dietro un cambiamento”. Questo testo ci racconta l’epidemia di Covid-19 e del modo in cui ci costringe a ripensare noi stessi, ridefinendo i contorni del ruolo dell’intellettuale nella società: “Bisogna uscire dall’equivoco della letteratura come puro intrattenimento, il virus ci sta insegnando a reagire come una comunità”. "Come le fabbriche si riconvertono nel produrre mascherine, anche noi scrittori possiamo dare il nostro contributo agli altri, in termini di pensiero". MINA FOSSATI - CD Due grandi della musica italiana, da tempo lontani dai riflettori, per la prima volta uniscono le loro voci in 11 brani inediti, scritti e composti da Ivano Fossati e cantati con Mina. Tornano a collaborare per questo progetto: un lavoro magnifico e intenso, fatto di brani dalla sottile impronta blues-rock accostati a ballate dirette e toccanti, dove le voci dei due interpreti, accompagnate da pianoforte e orchestra d’archi, si fondono in un connubio unico. “Dopo otto anni la mia decisione non cambia: non torno a fare dischi né concerti, ma per niente al mondo mi sarei negato la gioia di scrivere questo album. Nessun musicista sano di mente direbbe no a Mina”. L’UFFICIALE E LA SPIA – Film di Roman Polanski – DVD Questo film racconta la vera storia di un evento che sconvolse la Francia della Belle Epoque, quando nel 1894 un capitano dell'esercito francese, l'ebreo alsaziano Alfred Dreyfus, fu ingiustamente accusato di tradimento e di spionaggio a favore della grande nemica, la Germania, e condannato. E se Dreyfus fosse stato condannato ingiustamente? E se fosse la vittima di un piano ordito proprio da alcuni militari del controspionaggio? Questi interrogativi affollano la mente di Picquart, ormai determinato a scoprire la verità anche a costo di diventare un bersaglio o una figura scomoda per i suoi stessi superiori. L'ufficiale e la spia, sono adesso uniti e pronti ad ogni sacrificio pur di difendere il proprio onore. Gran premio della giuria al Festival Cinematografico di Venezia 2019 31
La cultura “LA POESIA E’ L’ UNICA PROVA CONCRETA DELL’ ESISTENZA DELL’ UOMO” Luis Cordoza y Aragòn poeta di La Antigua - Guatemala
IL TOPO DI BIBLIOTECA di Ernesto Paroli
PER TE DEMOCRAZIA Vieni, renderò il continente indissolubile, creerò la più splendida razza su cui il sole abbia mai brillato, creerò divine terre magnetiche, con l’amore dei compagni, con il diuturno amore dei compagni. Pianterò la fratellanza, folta come gli alberi lungo tutti i fiumi dell’America, e lungo le sponde dei grandi laghi, e su tutte le praterie, renderò inseparabili le città con le braccia l’una al collo dell’altra, con l’amore dei compagni, con il virile amore dei compagni. Per te questi da parte mia, democrazia, per servirti, mia donna! Per te, per te faccio vibrare questi canti. da Calamus in FOGLIE D’ERBA di Walt Whitman
SOLDATO DI UNA GUERRA INVISIBILE Si intitola In tempo di guerra l’ultimo libro di Concita De Gregorio. Il tema trae spunto direttamente da una storia che le è stata narrata da un ragazzo che le ha scritto sulla rubrica che la giornalista tiene sul quotidiano La Repubblica. Si chiama Marco Senese, ha trent’anni ed è figlio della nostra generazione. Di se’ dice di essere il soldato di una guerra invisibile. E noi dovremmo smettere di chiamarli “giovani” i trentenni di oggi. A trent’anni si dovrebbe poter avere un lavoro con tanto di contributi previdenziali versati già da almeno un lustro. Si dovrebbe poter fare un mutuo per acquistare una casa. Ci si dovrebbe poter concedere almeno un bel viaggio all’anno, senza dover contare i centesimi per mesi. A trent’anni si dovrebbe smettere d’essere definiti “giovani” e guardare la realtà dei fatti: i trentenni sono persone a cui la politica del passato e del presente ha tolto diritti fondamentali. Marco ha trent’anni e ancora non sa quale sia il suo posto nel mondo. Figlio di genitori dapprima militanti negli anni di piombo, poi naturalisti rifugiati in un bosco e infine Testimoni di Geova, Marco conosce a menadito il passato della sua famiglia: il bisnonno partigiano, un nonno comunista e dirigente di partito e un altro professore, una nonna devota a Dio tanto da fare miracoli e un’altra medico, devota più alla scienza che al cielo. Ma Marco non riesce più nemmeno a immaginarlo un destino per sé e per quelli della sua generazione. Cosa rimane a un trentenne che fin da bambino si sentiva già così fuori luogo nella propria famiglia, da essersi convinto di essere figlio di alieni? Un dialogo a due, tra Marco e l’autrice. Il primo propone email, lettere e frammenti di un vecchio diario scritto quando era bambino. Concita una serie di risposte che non ha, ma che rappresentano, tutt’al più spunti per generare riflessioni, risposte che non si impongono, né a Marco né a chi legge, ma che diventano stimolo per un bellissimo colloquio. Questo è un libro profondo, colto. Una lettura coinvolgente e sapiente alla ricerca di una matura conoscenza di sé e della società. Con la speranza di consegnare ai nostri figli e a chi verrà dopo di loro, un mondo più umano, più giusto, più bello dell’attuale. La “guerra” è iniziata ed è fra noi, bisogna vincerla! E’ una storia singola che diventa “storia di tutti” da considerare e da migliorare. Con un messaggio finale da ascoltare e da mettere in atto, poiché si fa davvero prepotente il pensiero che qui in Italia, per un uomo come lui, non ci sia molto da fare. Sarà forse il caso di abbracciare una causa lontana e partire, andare a combattere altrove, fare la rivoluzione con chi rischia la vita ogni giorno? Ci pensa il nonno tradito dal comunismo a far capire a Marco che la sua battaglia è qui in Italia, contro chi ha lasciato che andasse tutto a rotoli, contro chi non ha avuto pensieri lungimiranti a salvaguardia dei cittadini, contro chi inquina, appesta, se ne frega. Un libro triste, ma bello e importante, da riflettere profondamente per aiutare i nostri giovani a vivere meglio, in un mondo più giusto, ma soprattutto, più sano.
Concita De Gregorio – IN TEMPO DI GUERRA - Einaudi 32
Dal Punto Comunità
Le norme di tutela dei lavoratori in presenza di COVID-19 di Giuseppe Foresti*
Il permesso di 15 giorni per accudire i figli a seguito dell’interruzione dell’attività scolastica (in alternativa il bonus baby sitting). INDENNITA’ COVID Gli articoli 27/31 e 38 del DL 18/2020 istituiscono una speciale indennità economica erogabile per il solo mese di marzo e pari a 600 euro complessivi a favore di specifiche categorie di lavoratori. La preI provvedimenti specifici di tutela dei lavoratori nel periodo e per le conseguenze della pandemia da coronavirus non sono molti e soprattutto hanno il difetto di essere definiti ed attuati in tempi ritardati rispetto ai periodi che intendono coprire con conseguente incertezza per quanti ne stanno subendo le conseguenze. L’incertezza massima riguarda le famiglie con bambini da accudire, con i nonni magari distanziati e con le scuole chiuse per i prossimi mesi: i permessi fin qui riconosciuti sono oltre che in ritardo anche insufficienti, salvo che il prossimo decreto vi ponga rimedio. In ogni caso ricordiamo le norme di tutela generale che interessano i lavoratori in servizio in caso di sospensione del rapporto di lavoro (come sta avvenendo per la maggior parte, ma con molte eccezioni): cassa integrazione ordinaria o in deroga, fondo di integrazione salariale, prestazioni che hanno lo scopo di garantire una certa quantità di retribuzione. Inoltre nei casi di perdita involontaria (licenziamento) o di conclusione del rapporto di lavoro a termine vige l’indennità di disoccupazione (NASPI) per i lavoratori, (DISCOLL) per i collaboratori. Mentre nei casi di disoccupazione è sufficiente la domanda all’INPS, nei casi di cassa integrazione si pone il problema della tempestività delle procedure di riconoscimento delle regioni e di erogazione da parte dell’INPS a maggior ragione nei casi in cui la prestazione non possa essere anticipata dalla ditta come dovrebbe essere in genere. Ma le norme specifiche, contenute nel decreto Cura Italia (D.L. n.18 del 17.3.2020) sono le seguenti L'indennità COVID di 600 € 33
detta indennità non concorre alla formazione del reddito imponibile ai fini dell’IRPEF. L’indennità verrà erogata dall’Inps, previa domanda, fino a concorrenza degli specifici stanziamenti previsti per ogni categoria. Sono state presentate circa 4 milioni di domande di cui oltre 3 milioni già concesse. Di seguito le categorie dei beneficiari: a) liberi professionisti titolari di partita Iva attiva alla data del 23 febbraio 2020 e lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi alla medesima data, iscritti alla Gestione separata Inps, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie. b) lavoratori autonomi (artigiani, commercianti coltivatori diretti iscritti nelle rispettive gestioni speciali INPS) non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie all’infuori della Gestione separata Inps. c) lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore del DL 18/2020), non titolari di pensione e non titolari di rapporto di lavoro dipendente alla medesima data del 17 marzo 2020. d) operai agricoli a tempo determinato, non titolari di pensione, che nel 2019 abbiano effettuato almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo. ’anno 2020.
Dal Punto Comunità e) lavoratori dello spettacolo iscritti all’ex ENPALS, con almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo Fondo, cui deriva un reddito non superiore a 50.000 euro e non titolari di pensione. La norma stabilisce una incumulabilità tra tutte le predette indennità, e la non spettanza nei confronti dei percettori di Reddito di cittadinanza. Risulta che col prossimo decreto, previsto per la fine di aprile, si voglia incrementare questa indennità ad 800 €. PERMESSI AI GENITORI / BONUS BABY SITTING Gli articoli 23 e 25 del provvedimento introducono, a partire dal 5 marzo, uno specifico congedo lavorativo indennizzato a favore dei genitori lavoratori dipendenti, privati e pubblici, parasubordinati e autonomi, destinato ad offrire un strumento di astensione dal lavoro in conseguenza degli intervenuti provvedimenti di sospensione dei servizi per l’infanzia e scolastici. In alternativa al congedo, i predetti genitori (con esclusione dei dipendenti pubblici non appartenenti alle professioni sanitarie e al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato nell’ emergenza ) potranno usufruire di un “bonus” per l’acquisto di servizi di baby sitting. CONGEDO LAVORATIVO Il congedo lavorativo per figli di età non superiore a 12 anni (limite anagrafico non applicabile con riferimento ai figli con handicap grave iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale), può essere fruito, a partire dal 5 marzo ed entro il 31 dicembre 2020, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 15 giorni. In relazione al predetto periodo di astensione lavorativa è riconosciuta un’indennità pari al 50% dell’ultima retribuzione. Per i lavoratori autonomi si fa riferimento a retribuzioni convenzionali. Il suddetto periodo è coperto da contribuzione figurativa. La fruizione dello speciale congedo può essere riconosciuta soltanto in modo alternativo tra entrambi i genitori, ed è subordinata alla condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di disoccupazione, cassa integrazione o sia semplicemente disoccupato. Esiste anche un congedo per figli di età dai 12 ai 16 anni per tutto il periodo di sospensione dei servizi educativi senza indennizzo sempreché l’altro genitore non sia nelle condizioni sopra indicate.
Ricordiamo che una norma specifica del decreto (art. 46) prevede che per 60 giorni l’azienda indipendentemente dal numero di dipendenti non può recedere dal contratto di lavoro per giustificati motivi oggettivi connessi cioè alla produzione e all’organizzazione dell’attività lavorativa. VOUCHER BABY SITTING In alternativa al congedo lavorativo indennizzato, la norma stabilisce la possibilità di fruire di un bonus per l’acquisto di servizi di baby sitting nel limite massimo complessivo di 600 euro (1.000 euro per i lavoratori del settore sanitario, del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico) per prestazioni effettuate a partire dal 5 marzo ed entro tutto il 2020. Il bonus viene erogato mediante il libretto famiglia, la modalità di lavoro occasionale che ha sostituito i voucher per pagare la baby sitter (art. 54bis, legge 24 aprile 2017, n. 50). ALTRE DISPOSIZIONI I permessi mensili per l’assistenza ai portatori di handicap grave ex legge 104/92 di 3 giorni mensili sono incrementati di 12 giorni nei mesi di marzo e aprile. Oltre ai periodi di malattia da coronavirus per i quali è riconosciuta l’indennità economica come per qualunque malattia in caso di assenza dal lavoro, è riconosciuta come malattia indennizzabile anche il periodo trascorsi in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria. Il medico curante deve redigere il certificato di malattia. Il decreto legge in oggetto è in fase finale di conversione in legge. La materia trattata è molto ampia e complessa. Per le disposizioni qui illustrate le questioni particolari possono essere diverse, ma per questo e per le domande (se non fatte direttamente online) è possibile chiedere informazioni al Patronato ACLI. * Presidente Patronato ACLI Brescia
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