Sanpolpolis n 101

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OTTOBRE 2015 - N째 101


Editoriale

In viaggio… sulla rotta della Speranza di Laura Di Palma Tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, presero il via, in alcuni Paesi del Medioriente e del Nord Africa, una serie di proteste ed agitazioni, più o meno violente, che i media definirono “Primavera Araba”. All’ interno della Primavera Araba, seppur in un contesto più ampio, si svilupparono dei forti dissapori tra le forze governative siriane e le forze dell’opposizione interne al Paese, che, nel marzo 2011 sfociarono in un conflitto, dapprima locale e poi, nazionale, che si trasformò rapidamente in una guerra civile. Attra verso la rotta balcanica, dall’inizio di agosto al 30 settembre di quest’anno, si sono riversati in Europa circa 250mila profughi; 170mila sono siriani, in fuga da una guerra che sembra non aver fine. Tra loro, uomini e donne, anziani e bambini, spesso costretti ad affrontare le insidie di un lungo viaggio verso un nuovo Paese, dove non sempre vengono accolti “a braccia aperte”. Durante il viaggio, che pagano a peso d’oro (fino a 1200 euro a testa per una traversata di mezz’ora), rischiano la vita più e più volte, stipati in barconi che caricano quasi il doppio della loro capienza e si inol trano in mare aperto, quasi sempre di notte, affron tando tempeste improvvise che portano, il più delle volte, a naufragi dalle conseguenze disastrose. Quante volte attraverso gli schermi dei nostri televisori o sulle pagine di giornali e riviste abbiamo visto immagini di queste persone, costrette a bivaccare sulle scogliere, nei porti, lungo la strada?! E cosa abbiamo visto nei loro occhi?! Paura? Disperazione? Sconforto? Gratitu dine? Difficile dirlo… Come senza dubbio è difficile capire realmente ciò che ognuno di loro prova… In fondo, non ci troviamo nella loro situazione e tante volte, io stessa mi sono trovata a pensare che forse, sarebbe stato meglio aiutarli a rimanere nel loro Paese, per ché qui sono davvero molti… Troppi… Poi, un giorno di fine agosto, è una fotografia a parlare al cuore … Sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, un militare raccoglie dalla battigia il corpicino di un bimbo, annegato in seguito a un naufragio… E poi, ancora, l’obiettivo “indiscreto” del fotografo ritrae lo stesso bimbo, qualche minuto prima, quando ancora

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era disteso, in una sorta di angelico sonno, sulla spiag gia… I suoi abiti intrisi d’acqua, parlano di un sogno spezzato, quello di una giovane famiglia siriana, in fuga dalla guerra verso una nuova vita. Una famiglia distrutta da un naufragio che poteva essere evitato. E si scatena l’opinione pubblica: chi era quel bimbo? Cos’era successo? Era giusto pubblicare una foto simile?! In tanti esprimono la propria opinione, su stampa, radio, tv, social network… Sarà lo stesso padre del bimbo, unico sopravvissuto della famiglia, a raccontare che suo figlio si chiamava Aylan, aveva solo tre anni e sognava di vivere felice con mamma, papà e il fratellino in un nuovo Paese, lontano dalla guerra. L’enorme numero di profughi, che aumenta con il passare del tempo, sta causando tutta una serie di problemi logistici che alcuni Paesi non sono in grado di affrontare. Le migrazioni forzate stanno creando, di fatto, una crisi globale, che per l’Europa è una sorta di sfida… E mentre qualcuno chiude le frontiere e qualcun altro si dimostra più aperto (se non altro per convenienza) i viaggi della speranza proseguono. “Madre mia adorata, siamo arrivati in Europa e stiamo tutti bene. L’incubo del viaggio è finito: adesso abbiamo un tetto, almeno per un po’. Ma cosa farò ora? Che padre, che uomo è, uno che non può dare una vita dignitosa alla sua famiglia?! Abbiamo speso tutti i nostri soldi e mi hanno detto che qui, la mia laurea non è riconosciuta. Il mio cuore è con te e papà. Come state?” scriveva un giovane tempo fa. E la madre rispondeva a lui “Figlio mio, io e tuo padre siamo stati felici di avere tue notizie. Adesso sei in salvo. Sii leale verso chi ti ha accolto. Rispetta le sue regole e ricordati che sei un ospite. Ma ricordati anche che sei figlio di un popolo fiero e che in nome della dignità abbiamo dato anche la vita. La Patria è come l’albero: se gli tagli un ramo, l’albero resta, ma se gli tagli le radici, muore”.


Gli argomenti Editoriale Guerra e pace

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In viaggio… sulla rotta della speranza

di Laura Di Palma

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Palestina, basta violenze! Per…corri la Pace: Puglia, arco di guerra o arca di pace Convegno ad Arezzo: Diseguaglianze e democrazia Celebrato il 70° anniversario delle Acli Bresciane Ci sono riforme e riforme…

a cura della Redazione di Maurizio Billante di Luciano Pendoli a cura del circolo Acli di Dante Mantovani

È possibile un quartiere accogliente? Progetti a confronto: il “Pampuri” si rigenera La scuola a S. Polo, problemi e potenzialità Sradicare il pregiudizio per coltivare la speranza Un “Punto Comunità” a S. Polo

a cura del Circolo ACLI S.Polo

Una corsa per la vita AGAPE, gita al monte Pasubio Il topo di biblioteca Genere, o… gender? Diritto all’asilo, conoscere per capire Un “Ortolibero” in carcere

di Rosalba Marrese a cura del Gruppo AGAPE di Ernesto Paroli dalla rivista “Combinifem”

Ho attraversato il deserto e il mare Il Papa ina America, coraggio e profezia Evangelii Gaudium; evangelizzatori secondo lo spirito

a cura di E. Paroli e G. Gallo

È anche questione di stile… Marino, una vicenda inquietante

di Andrea Culetto di Dante Mantovani

La forza delle immagini Padre Giulio Bevilacqua Agata Spazio aperto per le realtà organizzate del Quartiere

di Centina Bazzana di Andrea Culetto di “Una voce” Autori vari

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Dalle ACLI

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La politica

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Dal territorio

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Dal circolo Acli e dintorni La Cultura I colori della nostra società Racconti di migranti

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Chiesa e società

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La mina vagante

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Un testim one

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A voi la parola

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Inserto colorato

da I a IV

di Massimo Lussignoli di Giorgio Becilli a cura della Redazione a cura del Circolo ACLI S.Polo

A cura della Redazione

a cura di Elena Palladino di Gianni Rossini di C. Bartolomini e D. Memmi

In copertina In questo numero trattiamo ampiamente del problema dei profughi, una emergenza che ha riempito per molte settimane prime pagine dei giornali e le aperture dei TG e che ora è passata in secondo piano. Noi cerchiamo di riflettere pacatamente su un probl ema che da emergenza diventerà sempre più una costante alla quale dovremo dare una risposta strutturale. La copertina non poteva che introdurre questo tema

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Hanno collaborato Redazione: Laura Di Palma - Dante Mantovani – Fabrizio Molteni – Centina Bazzana – Sandro Sandrini – Ernesto Paroli – Gianni Rossini – Giuseppe Pasini – Andrea C uletto – Angelo Alioto Stampa - assemblaggio – distribuzione: Liliana Serventi - Albino Alzini - Antonio Bologna - Mario Bolpagni - Mar ino Corato - Natalino Filippini - Luigi Messina - Gianni Rossini – Luigina Scalvini - Vincenzo Zaltieri – Giuliana Lussignoli – Romeo Bani – Vincenza Viola – Teresa Agnelli – Teresa Facchetti – Guglielmo Tinti - Centina Bazz ana – Ernesto Paroli – Maurizia Zaltieri –Nicoletta Postiglione – Angelo Di Meo – Ugo Bontempi – Andrea Garzoni – Elio Gero ldi – Clara Signorelli – Amidani Roberto – Alberto Perini – Sandro Sandrini – Angelo Savani – Giovanni Roasio

"SanpoloPolis" - periodico bimestrale del Circolo ACLI S. Polo Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 10 del 13/2/2009. Direttore Responsabile: Laura Di Palma Editore: Circolo ACLI San Polo - via Cimabue 271 - Brescia Coordinatore di Redazione: Dante Mantovan i

- Brescia

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Dal territorio

Quartiere accogliente? a cura del Circolo ACLI S. Polo Conosciamo tutti quali sono i motivi che spingono milioni di persone a fuggire dal loro Paese. Affrontano viaggi che contemplano spesso l’incontro con violenze, soprusi, estorsioni e non di rado la morte in mare o prima di arrivarci. Le immagini che i mass media hanno diffuso in questi mesi hanno certamente scosso le coscienze di molti. Non possiamo dire di tutti perché sappiamo che alcuni nostri concittadini hanno gioito, sui social network, della morte di m igliaia di disperati e che politici spregiudicati hanno continuato a tuonare contro l’accoglienza col solo scopo di conquistare una manciata di voti in più, interpretando i sentimenti più bassi degli elettori. La fuga dalle guerre, dalle violenze terroristiche, dalla fame e dalla miseria è quanto faremmo anche noi se ci trovassimo in tali situazioni. Ancor prima delle motivazioni etiche, dovrebbe essere questa semplice constatazione a suggerirci di esercitare la solidarietà dell’accoglienza verso questi disperati. Ma chi deve praticare l’accoglienza? E come realizzarla? Intorno a queste domande si è sviluppato un significativo dibattito, soprattutto se questa debba concentrarsi su grandi strutture oppure diffondersi sul territorio. L’orientamento prevalente, fondato su lle precedenti esperienza, tende a privilegiare un’accoglienza parcellizzata e diffusa sul territorio perché ciò favorirebbe l’integrazione nella comunità

ospitante, evitando con ciò molti problemi e superando pregiudizi. Per questo, anche nel nostro quartiere si è promosso l’incontro fra associazioni, parrocchia, consiglio di quartiere e altre realtà organizzate, al fine di valutare la possibilità di favorire l’accoglienza di piccoli gruppi o famiglie di profughi. È chiaro che ciò si rende possibile solo nel caso in cui ci siano immobili da utilizzare a questo scopo. La parrocchia ha cominciato a sensibilizzare coloro che partecipano alle messe domenicali invitandoli a segnalare immobili sfitti per poter contattare i proprietari: alcune segnalazioni sono arrivate, ma le risposte sono state negative. Attraverso SanpoloPolis allarghiamo ora la proposta Sperando di incontrare sensibilità e disponibilità.

Chi avesse uno o più appartamenti sfitti e volesse metterli a d isposizione per l’accoglienza di famiglie o piccoli nuclei di profughi, può contattarci attraverso l’indirizzo mail acli.sanpolo@libero.it oppure al numero di cellulare del circolo Acli 3476602343, oppure ancora rivolgendosi direttamente a don Flavio Saleri parroco di S. Angela Merici o a dirigenti di ACLI e AUSER. La garanzia sull’alloggio messo a disposizione è offerta dalla Fondazione della Caritas bresciana che versa l’affitto concordato direttamente al proprietario, vigila sul corretto uso dell’alloggio, gestisce tutte le pratiche burocratiche, sovrintende a tutti gli obblighi di legge. Le associazioni del territorio opererebbero insieme per promuovere il massimo della integrazione delle persone accolte. 4


Dal Circolo ACLI

Un “Punto Comunità” a S. Polo a cura del Circolo ACLI S. Polo Come scrivemmo sul numero di aprile 2015, nell’ ambito della nuova organizzazione del Welfare del Comune di Brescia, sono stati istituiti i “PUNTI COMUNTA’” che, tendenzialmente, dovrebbero essere presenti in tutti i quartieri della città.

Cosa sono i Punti Comunità Il “Punto Comunità” è l’insieme delle iniziative a dimensione locale che si propongono di individuare, promuovere e coordinare le risorse aggregative e di aiuto informale della comunità territoriale; garantisce accoglienza, ascolto, informazione e orientamento ai cittadini del territorio di competenza.

Obiettivi Obiettivo del Punto Comunità è la promozione della cittadinanza attiva e la diffusione della responsabilità sociale nella comunità cittadina. La qualità della vita di un contesto sociale può m igliorare se le relazioni fra le persone generano identità e legami fiduciari orientati al trascendimento degli interessi particolari e alla produzione di beni relazionali collettivi e di servizi concreti La dimensione territoriale dei Punti comunità intende favorire, quindi, le solidarietà brevi, i rapporti di buon vicinato, le identità di quartiere e la costruzione di legami sociali nonché le iniziative di animazione e aggregazione locale.

Attività L’ente promotore del Punto Comunità coinvolge le associazioni, le parrocchie e le aggregazioni di volontariato del quartiere e/o dei quartieri cui fa rifer i-

mento con le quali collabora per la realizzazione di progetti e iniziative. La collaborazione tra le associazioni e le aggregazioni locali dovrà inoltre fornire un servizio concreto attraverso l’apertura di uno sporte llo (aperto per almeno 10 ore alla settimana) che garantisca: accoglienza, ascolto, informazioni sui se rvizi e sulle opportunità del territorio nonché aiuto e accompagnamento nelle piccole pratiche burocrat iche necessarie ad accedere ai servizi. Il punto comunità è impegnato a tessere una rete di sostegno locale per le persone più fragili, ma anche a farsi punto di riferimento per i residenti e per le realtà aggregative che vogliano assumere un ruolo attivo nella comunità.

Punto Comunità a S. Polo Uno dei 5 Punti Comunità istituiti in città nel 2015 è stato assegnato al circolo Acli S. Polo che, a suo tempo aveva presentato il progetto che è stato approvato nelle settimane scorse dalla Fondazione della Comunità Bresciana delegata dal Comune ad ist ituire un bando apposito.

Locali ristrutturati Per poter svolgere al meglio le proprie attività e soprattutto per garantire il massimo della privacy ai cittadini che usufruiranno dei servizi previsti, il circolo Acli S. Polo ha opportunamente ristrutturato i locali dedicati fini ad ora ai vari sportelli del Punto Fam iglia, creando una sala d’attesa e due uffici esclus ivamente dedicati al ricevimento delle persone.

Sportello Fiscale Acli S. Polo A partire dal 12 novembre, tutti i giovedì fino a metà dicembre, lo sportello fiscale sarà aperto dalle ore 16,00 alle ore 17,00 per le seguenti pratiche ed informazioni : Saldo IMU e TASI

- Informazioni per ISEE

Presso i locali del “Punto Comunità” Acli S. Polo

- Dichiarazione dei redditi – via Cimabue 271 - Brescia 5


I colori della nostra società Abbiamo chiesto alla direttrice della rivista “Combonifem” delle suore comboniane, l’autorizzazione a pubblicare l’articolo pubblicato sul numero di luglio 2015 della rivista, che affronta con serietà e grande conoscenza dell’argomento, il tema della battaglia contro la cosiddetta “ideologia gender”. La direttrice ci ha dato volentieri l’autorizzazione e quindi ecco l’articolo che la redazione di Sanpolopolis ha unanimemente condiviso.

Genere, o…gender? Articolo tratto da “Combonifem” firmato dalla Redazione Da tempo se ne parla. A scuola, nelle parrocchie, tra la gente per strada, nelle piazze. Spesso i toni sono discut ibili, così come alcune argomentazioni. Per questo abbiamo deciso di affrontare anche noi questo tema: nel prossimo numero della rivista, troverete un articolo di Rita Torti, autrice di Mamma perché Dio è maschio? . Nel fra ttempo, eccoci qui a scrivervi di… gender. La questione sul genere ci accompagna sin dalla nascita, dal fiocco rosa o azzurro che mamma e papà sono soliti appendere alla porta per annunciare il lieto evento. Poi, accanto alle prime tutine, a differenziarci per bene arrivano i giocattoli: bamboline per lei, macchinette per lui; cucinetta e pentolini per lei, costruzioni e meccano per lui (a dire il vero, da un po’ di tempo a questa parte, esistono anche per bimbe: le miniature giocano in cucina, in giardino tra le piante, nella beauty farm, nel salone pa rrucchiera… della serie, costruire sì, ma solo cose di questo… genere). Spesso questa schematizzazione delle attività femm inili e maschili è riportata anche nei libri della scuola pr imaria, certo quelli più datati, ma pare ancora in uso in diversi istituti, di certo lo è nella pubblicità, dove è mamma quella che porta in tavola le pietanze e dove i pannolini sono diversi per lei e lui e non solo perché i bimbi sono fisicamente differenti, ma perché già da piccini vengono differenziati nelle ambizioni… Insomma, la questione di genere ci circonda in ogni momento della vita. Il genere sì, ma il gender? Cos’è questa “benedetta” teoria del gender, pericolosissima per i nostri bambini e bambine, insidiosa nei programmi scolastici tanto da far parlare alcuni di “un’emergenza educativa”, che minaccia di diffondere l’omosessualità tra i banchi (ammesso poi che possa esser contagiosa…). Nel grande calderone gender ci si mette dentro un po’ di tu tto, in particolare ciò che ha a che fare con la sessualità. Perché pare essere proprio questo il tema che fa “paura”, che non si vorrebbe affrontare con i più piccoli, salvo poi ritrovarsi davanti a gravi distorsioni dei rapporti tra i generi, alla non accettazione e discriminazione delle diversità da quel che “”così è per natura”. Come se l’educazione

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affettiva e sessuale si possa (o si debba) ritardare o pegpeggio boicottare. E allora: il Gioco del rispetto della scuola materna di Trieste viene raccontato come un incentivo all’esplorazione dei corpi tra bambini (solo in seguito, per chi ha tempo e voglia, si capirà che si tratta di tutt’altro); gli Standard per l’educazione sessuale elaborati dall’Organizzazione mondiale della sanità come incitamento alla masturbazione (il che, diciamolo, sembra assurdo solo pensarlo, ma poiché esiste il documento originale, invitiamo a leggerlo e segnalarci il passaggio – se ma lo troviate – dove questo incitamento avviene) e così via, perché oramai bastano le parole “genere” e “sesso” o “sessualità” per allarmare. A volte in realtà è sufficiente molto meno: forte della teoria del gender, il sindaco di Venezia ha messo al bando 49 (avete letto bene, 49) libri dedicati all’infanzia, testi che vi sarà di certo capitato di leggere, perché diffusiss imi in asili e scuole, biblioteche e case. Veri e propri capolavori della letteratura dedicata ai più piccoli, accompagnati spesso da illustrazioni bellissime, in cui, ad esempio, una pecorella viene allevata da un branco di lupi. Da una famiglia, diciamo, non convenzionale… e chissà che pensieri nella testa dell’infante! C’è tanto davvero su questo tema del gender ma, fo rtunatamente, viviamo in un tempo in cui le informazioni sono facilmente accessibili. Per cui vi invitiamo a non fermarvi al sentito dire, a non sposare acriticamente quel che si dice, ma a leggere e affrontare (non sempre ahinoi è possibile) un sereno dibattito, forti delle fonti d’informazioni che esistono e del fatto che, oramai è d imostrato , le politiche educative attente al genere sono un’arma per combattere le diseguaglianze. Mai come questo tempo ne abbiamo bisogno. Il rispetto per le differenze, la conoscenza di queste, al di là di stereotipi e paure, può solo renderci una società migliore.


La politica

Ci sono riforme e riforme… di Dante Mantovani

“I mercati chiedono le riforme”; “il Fondo Monetario Internazionale chiede le riforme”; “le agenzie di reting (Moody’s…) chiedono le riforme”; “l’Europa chiede le riforme”… E’ una litania che ci sentiamo ripetere quotidianamente ormai da parecchi anni in riferimento all’Italia. Renzi qualche riforma la sta facendo e ne va orgoglioso perché, dice, “da 70 anni se ne parla, ma nessuno le ha mai fatte”. Da un ce rto punto di vista ha ragione perché, grazie ai veti incrociati, qualsiasi riforma di un certo peso non è mai arrivata in porto. Di riforme ce n’è certamente bisogno in Italia, ma il problema è di capire di quali rifo rme c’è bisogno per migliorare. Ma cosa significa “migliorare”? Secondo noi aclisti significa: eliminare la povertà che continua a crescere, promuovere opportunità di lavoro per tutti, attuare politiche serie a sostegno della famiglia, ripensare lo “stato sociale” bloccandone l’erosione di questi ultimi due decenni, riformare radicalmente gli strumenti della politica e le istituzioni per rafforzare la democrazia e migliorarne l’efficienza, ridurre all’essenziale il sistema burocrat ico, combattere nel concreto la corruzione, l’evasione fiscale, le mafie… A noi non sembra che le riforme di cui si parla vadano ad affrontare questi nodi fondamentali. Non vogliamo dire che quanto ha fatto il governo Renzi fino ad ora sia tutto sbagliato: la r iforma della scuola, quella del lavoro, la riforma c ostituzionale… contengono sicuramente elementi p ositivi. Il problema è però quello di capire in quale direzione si sta andando e qual è il Paese che si vu ole costruire. 8

Due esempi: le riforme riguardanti le istit uzioni, le iniziative sul piano economico. Riguardo le istituzioni , l’impressione è che non ci sia un disegno organico: si dice di voler abolire le Province, ma si mantengono sia gli apparati che i livelli elettivi anche se eletti dai comuni. Si parte dal l’abolizione del Senato e si arriva poi al suo mantenimento anche se, di fatto, eletto dalle Regioni e con funzioni diverse dalla Camera. Queste decisioni non si inseriscono però in un disegno istituzionale che abbia una sua logica democratica e di efficienza. Da molti anni giravano voci che le Provincie non serv ivano a nulla e quindi si è arrivati al loro ridimensionamento; da decenni si dice che il bicameralismo perfetto va superato e quindi si riforma in questo modo il Senato. Ma i Comuni, non hanno forse bisogno di una riforma, magari per essere ridotti di numero e rafforzati in termini di poteri e di risorse? Le Regioni, che in questi anni si sono dimostrate centri di sprechi, di corruzione e di clientelismi, non sarebbero forse da rivedere e magari (aggiungo a titolo personale) da abolire in un disegno istituzionale complessivo? Altrimenti è come fare un puzzle senza conoscere l’immagine da ottenere . Anche la legge elettorale che è in discussione ci crea qualche perplessità soprattutto per il premio di maggioranza che verrebbe assegnato al solo partito che raggiunge il 40% dei voti; questo, sommato ai maggiori poteri previsti per il Governo, rischia di po rtarci ad un sistema istituzionale fondato sul Premier e non più sul Parlamento. Finchè il premier sarà una persona equilibrata, seria, ponderata e sinceramente democratica i problemi saranno ridotti, ma se ciò non fosse, e capitasse qualcuno che accentra tutto su di sé, magari un po’ allergico ai controlli esercitati da altri poteri dello Stato, che non rispetta il Parlamento e le opposizioni, dove potrebbe finire la democrazia? Sul piano economico . Anche in questo ambito si ha l’impressione che si intervenga a spot. Il penult imo annuncio importante è stato quello dell’ abolizione delle tasse sulla prima casa; tassa, per altro, presente in tutti i Paesi europei e oltre.. Rinunciare a questa importante entrata significa dover trovare i soldi da qualche altra parte e magari, come è sem


La politica pre capitato, tagliando sui servizi e sullo stato sociale e non riducendo le ingiustizie create dalla riforma Fornero riguardo le pensioni. Perché allora non lasciare queste tasse esonerando magari le case al di sotto di una certa rendita catastale e renderle progressive come detta la nostra Costituzione? Certo questo richiederebbe quella riforma del catasto immobiliare di cui si parla da decenni e che con l’abolizione della TASI verrà cancellata definitivamente dall’agenda delle riforme. Tagliare in questo modo le tasse significa probabilmente non prendere nemmeno in considerazione la proposta delle Acli per l’introduzione del “Reddito di Inclusione Sociale” per combattere le povertà. L’ultimo annuncio è que llo di elevare il massimo dei pagamenti in contanti a 3000 euro: e la lotta all’evasione dove finisce?

Si pensa ad altri strumenti per combatterla? Per non dire del capitolo macchinette da gioco per le quali si passa al rinnovo delle licenze scadute senza tener conto delle giuste campagne in atto nella società a tutele della salute mentale dei cittadini. Delle 22.000 licenze che vengono messe a bando non si capisce bene quante siano quelle nuove. Certo non bisogna confondere le giuste osservazioni critiche con la volontà di lasciare le cose così come stanno, bloccando qualsiasi riforma. Non è questo il senso delle nostre osservazioni. Come sempre, le ACLI fanno politica giudicando i provvedimenti legislativi indipendentemente dai pa rtiti che le sostengono; abbiamo criticato Berlusconi a suo tempo, critichiamo ora Renzi, ma sempre sulle scelte politiche: questa è la nostra autonomia.

La mina vagante

Ignazio Marino: una vicenda inquietante di Dante Mantovani Che Ignazio Marino non fosse un politico di rango e quindi cadesse spesso in ingenuità lo s i era capito fin dall’inizio, ma la campagna mediatica di screditamento che l’ha portato alle dimissioni “volontarie” ha veramente dell’ inquietante. Campagna che, stranezza delle coincidenze, è partita quando la magistratura, dietro segnalazioni di Marino, ha scope rto quella che è stata chiamata “mafia capitale”: un intreccio mostruoso di connivenze finalizzate a sfamare gli interessi di funzionari, politici e famelici operatori del Terzo Settore, tutto cresciuto e coltivato nelle precedenti amministrazioni di destra e di sinistra. Oltre a ciò, Marino ha favorito lo scoperchiamento di “parentopoli”, cioè le assunzioni di parenti e amici politici nelle aziende pubbliche della capitale attuata dal suo predecessore, sfociata nel licenziamento da parte del sindaco di 61 di questi dipendenti/parenti. Ha destituito funzionari corrotti dell’apparato, ha avviato un processo di trasparenza. Con la carta di credito del comune, causa ultima delle dimissioni, ha speso la metà della metà rispetto ai suoi predecessori. Nonostante ciò, la campagna den igratoria è riuscita a dipingere Ignazio Marino come il peggio del peggio dei sindaci di Roma. Anche il papa, influenzato forse dalle grida dei più, ha negato con to-

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no perentorio di non aver invitato Marino negli USA, nonostante il Sindaco avesse già affermato di essere stato invitato dal sindaco di Philade lphia. A noi, maliziosi, viene più di un sospetto che la regia della campagna denigratoria sia da ricercare proprio negli ambienti che, prima di Marino, facevano i propri interessi e gli interessi di amici e parenti, mass media consenzienti, compreso il TG3 notoriamente di sinistra. Ma non è venuta a nessuno la nausea quando nei TG veniva intervistato Alemanno che a Roma ne ha fatte di tutti i colori e che nelle interviste si scagliava contro il suo successore? La campagna contro Marino è veramente inquietante, mentre il fatto che tra i detrattori dell’ormai ex sindaco ci siano Movimento 5stelle e Pa tito Democratico che l’ha da tempo abbandonato dimostra che le battaglie politiche non si combattono per gl ideali, ma solo per qualche voto in più che si guadagna cavalcando le campagne mediatiche che producono opinione pubblica. Diciamo queste cose sapendo di essere controcorrente, ma lo facciamo per l’amore che portiamo alla verità.

ri


Dal territorio Alle 9.00 di domenica 20 settembre, ci siamo incontrati, ed eravamo tanti e di tutte le età, in via Cimabue, a Brescia, presso il Circolo Acli S. Polo che ci ha ospitati e con la decisiva collaborazione del Gruppo Podistico US Acli S. Polo che sinceramente rigraziamo; abbiamo camminato insieme, corso insieme, per la VITA, la nostra, la loro…

“Una corsa per la vita” di Rosalba Marrese

“Una corsa per la vita”, perché… Lo sport è VITA, salute, è gioia di stare insieme, sana competizione, voglia di misurarsi. Lo sa bene chi, come me, opera da anni in questo settore, con i giovani, a scuola. Scuola di VITA per tutti, esperienze belle e significat ive, emozioni per traguardi inaspettati, raggiunti insieme, con amore, a volte con fatica, sacrificio, anche in vista di mete lontane, per la VITA. Regole, società, rispetto, collaborazione. Da qualche anno, poi, con il CAV, a Sanpolino. E ancora VITA! Quella che palpita, che geme, che spesso fa soffrire, crea problemi, tanti, diversi… Ma anche quella VITA che ci unisce, ci stringe intorno a loro, c’insegna a rispettare, a condividere, ancora a collaborare, a guardare e guardarci dentro, senza notare differenze di età, di colore, di condizione sociale, di mentalità. Gli occhi non hanno provenienza, non hanno fissa dimora, ti guardano e chiedono senza parlare. Come i bimbi al di sotto dell’anno che incontro al CAV, come i tantissimi bambini che le volontarie del Centro di Aiuto alla VITA aiutano a nascere, ad avere il necessario per vestirsi, per nutrirsi, per fare sane passeggiate con le loro mamme, pieni di VITA! Spesso manca la casa, il lavoro, ma camminiamo insieme e vediamo mamme che si rasserenano, gli sguardi sempre più profondi e le braccia sempre più forti! E collaboriamo, rispettiamo, impariamo ed insegniamo regole. E’ uno sport un po’ particolare quello della VITA! E doniamo, con amore, il tempo libero che abbiamo, perché quei piccoli occhi possano crescere, continuando a sorridere, sani e robusti, con la gioia di stare insieme, di competere, di misurarsi, di raggiungere traguardi inaspettati.

L’associazione “IL DONO

– Centri Aiuto alla Vita”

è un’organizzazione no profit con sede a Sanpolino; è uno dei 315 Centri di aiuto alla Vita presenti sul territorio nazionale. Ci occupiamo di mamme in dolce attesa in difficoltà e dei loro bambini fino ad 1 anno di vita. Forniamo loro materiale per la prima infanzia, vestitini, pannolini, latte e quant’altro si renda necessario, facendo insieme un tratto di strada in un momento particolarmente delicato. Complessivamente abbiamo seguito 113 mamme nel 2013, 98 nel 2014, circa 60, ad oggi, nel 2015. Le volontarie che operano presso l’associazione sono attualmente 13, coadiuvate da 10/12 collaboratori che si rendono disponibili nelle giornate di sensibilizzazione, promosse per la diffusione di conoscenza dell’Associazione, per la raccolta fondi, per il trasporto e la consegna del materiale da distribuire. Rinnoviamo fin d’ora l’appuntamento per il 18 settembre 2016 per la 2^ edizione della “Corsa per la vita” e ringraziamo tutti coloro che ci hanno aiutato a realizzare i nostri sogni, i loro sogni! 9


I colori della nostra società

“Ho attraversato il deserto e il mare” testo raccolto ed elaborato da Ernesto Paroli e Gisella Gallo La piaga dell’emigrazione, delle moltissime persone che fuggono dai luoghi di guerra, in questi mesi ha raggiunto livelli che molti definiscono biblici. Come sappiamo, non sono solo le guerre a spingere famiglie intere ad attraversare il mare su imbarcazioni fatiscenti gestite da criminali. Nella ricerca di sicurezza, in questo esodo, anche la fame gioca un ruolo tristemente importante. Sono soprattutto dalle zone subsahariane che provengono molti profughi in cerca di un minimo di benessere. Un gruppetto di loro è ospite nel nostro quartiere. Quello che segue è il racconto di uno di essi. Lui ha percorso tutte le strade e le tappe per giungere fino qui. Il Mali ha una storia millenaria. Fu un grande impero e tutti conoscono Timbuktu la sua antica mitica capitale. E’ un paese molto vasto e molto povero oggi. E’ quasi un grande deserto con poca terra coltivabile, soprattutto sulle rive del fiume Niger. La terra è lavorata con attrezzi fatti a mano e non ci sono macchine. Si produce miglio per il couscous e fagioli. I pozzi per l’ acqua sono pochi e vengono scavati a mano. L’energia elettrica c’è solo nella capitale Bamako, in tutto il paese non esiste un vero sistema elettrico. Nella capitale solo alcuni edifici sono in muratura, il resto è in paglia di miglio e mattoni crudi. Abbiamo sempre lavorato molto in casa ed io vivevo in famiglia. Ho trentadue anni, sono sposato e ho cinque figli. Di lavoro facevo il fornaio. Mi chiamo Mahmud Nel 1960 in Mali ci sono state le prime elezioni e l’inizio di un periodo di democrazia. Non è durato mo lto. Ci sono stati molti colpi di stato, brevi periodi di pace e dittature. Questo ha portato alla povertà di oggi. In Mali ci sono giacimenti di oro, bauxite, uranio, fosfati e ferro, ma non sono sfruttati perché il paese è molto arretrato La popolazione è divisa in varie etnie che si combattono spesso molto violentemente. Dal 6 apr ile 2012 l'Azawad , il territorio settentrionale del Paese, con capitale Gao , ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza. Il paese è percorso da bande armate, una specie di banditi che rubano, bruciano le capanne, uccidono le persone e seviziano le donne. Impongono con la ferocia le loro strane interpretazioni dell’Islam. La vita è dura, pericolosa e soprattutto senza speranza di cambiamento. Per questo molti di noi fuggono e cercano di andare in altri paesi dell’Africa o in Europa. Anch’io decido di partire. Voglio andare in Europa. Lavoro molto e, un po’ alla volta, metto via i soldi per il viaggio.

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Il primo tratto di strada, fino alla capitale Bamako, è di 25 km. Lo faccio a piedi per risparmiare i miei soldi. Con me porto un po’ di acqua e couscous per mangiare e un sacchetto con qualche vestito. Qui ci sono gli autobus che vanno in Burkina Faso. Da qui si può andare in Niger sempre col pullman. La prima sorpresa è che prima di salire sul pullman in Mali, oltre al biglietto, ho dovuto pagare la polizia. Poi anche la polizia che controlla la frontiera. Lo stesso devo fare anche in Burkina Faso per passare in Niger, poi ho pagato anche in Niger. Il pullman qui diventa un camion che loro usano per trasportare le persone invece delle merci. Cento persone per camion. Stretti come sardine. Ognuno mangia quello che ha portato, se non hai niente lo devi comprare a caro prezzo, soprattutto l’acqua. Il viaggio è lungo e difficile. Ogni tanto ci s i ferma, nel deserto, e spesso vogliono soldi. Il viaggio dura quattro giorni. Però alla fine riesco ad arrivare in Libia. Arriviamo in una cittadina dopo la frontiera. La “polizia” libica è quella più severa. Insulti e bastonate sono per tutti e senza nessun motivo. Per chi non ha soldi la situazione è molto difficile, botte e fame. Io non ho più soldi.


I colori della nostra società Mi picchiano molte volte, non mangio e vengo rinchiuso in una prigione assieme ad altri come me che sono arrivati da altri paesi dell’Africa. Rimango rinchiuso in questa prigione a subire prepotenze, senza fare niente e senza sapere quanto ci resterò. Dopo due mesi dall’arrivo mi capita un colpo di fo rtuna. Il padre di uno dei “poliziotti” ha bisogno di una persona per il suo orto. Mi prendono e così ho un lavoro. Rimango a lavorare nell’orto per oltre un anno, ma senza paga e senza poter uscire perché sono un pr igioniero. Ricevo solo un po’ da mangiare e un po’ di gentilezza dal mio padrone. Qui il racconto si fa incerto e impreciso per Mahmud, perché il suo pudore gli impedisce di dirci come ha fatto a lasciare la prigione ed arrivare a Tripoli. Se ha pagato un prezzo e quale. Forse i prigionieri sono stati trasportati in una prigione di Tripoli perché la “polizia” doveva svuotare l’edificio per fare posto ai nuovi arrivati dal deserto. Ma questo non è avvenuto certamente senza un qualche pagamento. A Tripoli riesco a trovare qualche lavoretto e a me tere da parte i soldi per il passaggio sul barcone diretto in Italia. Rimango qui parecchi mesi a lavorare, ma sempre prigioniero. Anche qui tutto costa e ogni cosa bisogna pagarla. A Tripoli riesco a telefonare alla mia famiglia. Sono passati quasi due anni dalla mia partenza dal Mali. Passano i mesi e una notte un guardiano, ovviamente dietro pagamento, ci apre il cancello della pr gione e ci indica dove andare. Dobbiamo percorrere una strada dove a una distanza di dieci km. ci aspetta un barcone. Siamo in moltissimi e solo 123 di noi riescono a salirci dopo una dura lotta con gli altri. A mezzanotte partiamo. Prima di lasciare la prigione di Tripoli sono riuscito a procurarmi una bottiglia di acqua, ma molti non ce l’hanno. La traversata fino a Lampedusa dovrebbe durare circa un paio di giorni, se tutto va bene. Verso l’una del pomeriggio successivo, in mezzo al mare, un elicottero ci sorvola. Nel tardo pomeriggio un battello della mar

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na italiana ci affianca e ci imbarca. Così arriviamo a Lampedusa. Qui veniamo accolti con molta gentilezza, le persone ci danno da mangiare e da bere, ci danno anche dei vestiti perché non abbiamo niente. I dottori ci visitano e ci curano perché molti di noi sono feriti per le botte che abbiamo preso nella prigi one. Chi di noi sta male viene portato all’ospedale. Anche per la permanenza nel centro di accoglienza di Lampedusa il racconto è succinto. Mahmud non dice quanto è rimasto e come ha vissuto. Dice solo che ha un buon ricordo. Un giorno siamo saliti su un aereo militare e siamo arrivati a Milano. E da qui sono arrivato a Brescia. Ora vivo in un appartamentino con altri quattro compagni che come me hanno attraversato il deserto e il mare. Vado a scuola di italiano e tutti sono buoni con noi. Vorrei tanto poter rimanere in Italia, trovare un lavoro e portare qui la mia famiglia. So che è molto difficile. Qui si vive bene, molto meglio che in Africa.

Palestina, basta violenze! Abbiamo sempre sostenuto la battaglia per il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese, così come abbiamo sempre criticato la politica aggressiva, discriminatoria e miope di Israele nei confronti dei palestinesi. Non possiamo però che condannare le azioni terroristiche approvate e sollecitate da Hamas. Sono azioni di una violenza assolutamente deprecabile perché perpetrata contro cittadini inermi e sono tra l’altro azioni che offrono motivazioni a coloro che sono ideologicamente contro il popolo palestinese. Le nuove tensioni israelo -palestinesi vanno ad aggiungersi a quelle che rendono l’area mediorientale teatro di quella che il papa ha chiamato tempo fa la “terza guerra mondiale a pezzi”. Noi rimaniamo convinti che l’unica strada percorribile verso una pace che rispetti i diritti di tutti i popoli sia quella del dialogo e della diplomazia e condanniamo quindi tutte le azioni violente che escludono la strada del negoziato, da chiunque sia percorsa. 11


Dal Circolo ACLI e dintorni

Escursione n. 256, Monte Pasubio A cura del Gruppo AGAPE U.S. Acli S. Polo Fari abbaglianti sfumano veloci nella luce dell’alba, gli amici del gruppo AGAPE , oggi sapientemente coordinati dall'instancabile Matteo , viaggiano carichi di adrenalina sulla A 22. Franco, superato Rovereto , si infila prudentemente in Vallarsa, dove numerosi tornanti… tormentano chi soffre il mal d’auto. I primi timidi raggi di sole ill uminano il passo di Pian delle Fugazze, poco dopo, una stretta stradina da Ponte Verde sale alla Bocchetta di Camp iglia. Rivoltiamo le tasche alla ricerca di utili monetine per il biglietto del parcheggio. Dense nuvole argentate incoronano l’intero paesaggio del Pasubio. Zaino in spalla, iniziamo la “Strada delle 52 gall erie” percorribile però solo a piedi , che sal e mirabile a vo lte in ripide spirali, tra scosc ese pareti prettamente dolomitiche dalle caratt eristiche guglie, forre e gole sovrastando incantevoli pa esaggi, dove gli scarponi echeggiano come il ns cuore e le torce elettriche sfarfallano luccicanti nel buio delle gallerie. Questa strada lunga 6300 metri, è una imponente e arditissima opera, unica nel suo genere , costruita dagli italiani durante la guerra mon-diale (1917) in soli nove mesi; ogni singola galleria è n umerata ed intitolata a battaglioni e uomini che lassù hanno d ifeso eroicamente la nostra Patria. I tratti della strada all’aperto sono scavati nella roccia, o aggrappati su ripidi pendii con muri di sostegno , le gallerie hanno uno sviluppo complessivo di 2300 metri. In tre orette di cammino si arriva alle Porte del Pasubio ed al Rifugio Achille Papa, dedicato all’ intrepido generale di Desenzano del Garda, che quassù indomito ha diretto l’estrema difesa italiana di fronte dalla poderosa “Strafexpedition”, la spedizione punitiva austriaca che intendeva sfondare pr oprio nella zona di Asiago e Pasubio verso la pianura v icentina. Dopo un frugale piatto di minestrone, un ampia schiarita e la fredda brezza autunnale ci sospinge sul crinale principale, percorriamo in silenzio e con il cuore in gola, non solo per la fatica, la “Zona monu12

mentale, sacra del Pasubio” (dichiarata tale con decreto del 1922), vistando e soffermandoci sulle alture del Cogolo Alto, la Cima Palon, il Dente italiano ed il Dente austriaco, che corrispondeva alla prima linea. L'intero paesaggio è stato teatro di cruenti combattimenti durati tre anni e mezzo fra gallerie, trincee e camminamenti; ovunque la superficie è martoriata dai crateri delle bombe e da enormi esplosioni di mine di quintali di tritolo (vedi foto) usate da entrambi gli schieramenti nei mesi finali del conflitto. Ultima brutalità che si somma alle precedenti …. Dal rifugio Papa, a destra scende la “Strada degli eroi”, così chiamata per le lapidi di 15 decorati con Medaglie d’Oro, tra cui quelle di Cesare Battisti, Fabio Filzi (catturati proprio sul Pasubio e uccisi poi a Trento), Damiano Chiesa . Noi invece scendiamo a sinistra per la “Strada degli Scaru bbi”, che pacificamente, scende alla Bocchetta di Campiglia tra incantevoli paesaggi, dove di tanto in tanto osservi amo, osservati dai camosci che pascolano beatamente. Mentre Franco S. e Franco G. guidano fino a casa, ricordiamo lo storico drammatico evento, med itando sulla tragica immensità di quel confli tto, sulla sua inutilità per risolvere i conflitti . Una lezione che è servita ben poco, purtroppo, v isto quello che sta avvenendo ancora oggi.


I colori della nostra società

Diritto all’asilo, conoscere per capire 1. L’Italia è “invasa” da immigrati e rifugiati? No. Il numero complessivo di immigrati in Italia è perfettamente in linea con la media europea. Gli immigrati sono circa l’8% della popolazione totale e producono il 12% del PIL nazionale contribuendo in maniera fondamentale, tra l’altro, alla sostenibilità del sistema pensionistico italiano. La percentuale di rifugiati in Italia, rispetto al totale della popolazione (0,1%), è nettamente inferiore a quella di Svezia (0,9%), Germania (0,7%), Austria (0,6%), Olanda (0,4%), Francia (0,3%), Gran Bretagna (0,2%). 2. I Comuni tolgono soldi agli italiani per darli ai rifugiati? No. I fondi per i rifugiati e i richiedenti asilo sono stanziati dall’Unione Europea e dal Ministero dell’Interno. I progetti di accoglienza sono a costo zero per i Comuni. 3. I rifugiati ricevono 35 Euro al giorno? No. I rifugiati ricevono circa 2,5 Euro al giorno per le proprie spese personali. Il resto dei fondi serve per pagare i servizi, le lavoratrici e i lavoratori (quasi sempre italiani) che rendono possibili i percorsi di accoglienza e integrazione. 4. I rifugiati potrebbero stare o tornare “a casa loro”? No. Rifugiati e richiedenti asilo fuggono da guerre e persecuzioni che mettono a repentaglio la loro vita. Spesso sono vittime di tortura. L’Italia è uno dei 140 Stati che hanno aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951, la quale sancisce il diritto all’asilo. Per questo motivo l’Italia, come gli altri paesi firmatari, ha l’obbligo di accogliere e proteggere le persone che dimostrano di avere fondati motivi per temere una persecuzione nel proprio paese d’origine o di residenza. 5. I rifugiati hanno solo diritti e nessun dovere? No. Rifugiati e richiedenti asilo sono inseriti in un rigido sistema di regole che li obbliga a frequentare corsi d’italiano, a effettuare controlli sanitari, ad attivarsi per la ricerca di lavoro e a vivere, per un periodo limitato di tempo, in appartamenti o strutture alternative, sotto il quotidiano controllo degli enti gestori. IL PREGIUDIZIO UMILIA L’ITALIA. L’IGNORANZA ANCHE.

AIUTACI A COMBATTERLI ENTRAMBI

La forza delle immagini di Centina Bazzana Per smuovere il cuore degli Europei ci è voluta la foto di Aylan, bambino siriano in fuga da Kobane, morto annegato sulla spiaggia di Bodrum nel tentativo di attraversare un tratto di mare di soli 17 km per arrivare a Kos, isola greca, Europa. Il piccolo è riverso supino sulla battigia, l’acqua lambisce il suo corpo, la sua faccia: quanti morti ci sono stati prima e dopo, quanti altri bambini sono annegati, soffocati nella stiva, quanti non ce l’hanno fatta anche i questi ultimi giorni? L’ultimo dato dell’agenzia dell’ONU parla di 3419 morti accertati dal gennaio 2014, ma tutti sanno che sono molti di più, perché si continua a morire prima di arrivare al Mediterraneo e, purtroppo, anche dopo. Da quanto tempo ci eravamo assuefatti alle immagini di disperati, bambini stravolti, urlanti, agli sbarchi più o meno rischiosi, ai salvataggi in extremis, alle polemiche, ai morti? Da quanto tempo l’Italia chiedeva un coinvolgimento attivo di tutta l’Europa anche nella fase di prima accoglienza? Ci è voluta la foto di un bimbo di 3 anni, maglietta rossa e pantaloncini blu, per commuovere i nostri alleati europei (non tutti!) e un flusso di migranti che dai Balcani premeva sui confini, perché l’UE cambiasse la sua politica. Ora dobbiamo cambiare anche i nostri cuori, aprire le nostre case, non guardando soltanto ai numeri, ma alle persone che sono uniche, diverse: proprio come noi. Senza dimenticare che la Politica deve essere in prima fila per risolvere le guerre, la fame, le discriminazioni: vere cause delle migrazioni che riguardano nel mondo 59 milioni di esseri umani.

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Chiesa e società Il viaggio di papa Francesco in America

Coraggio e profezia di Gianni Rossini Il viaggio di papa Francesco, dello scorso mese di settembre, era scaturito dalla sua volontà di partecipare all’”Ottavo Incontro Mondiale delle Famiglie” , in programma a Filadelfia. E pare che gli incaricati della sua preparazione avessero previsto le soste all’ONU, negli USA e a Cuba in coda, al ritorno. Non è senza significato quindi che sia stato Lui a chiedere di invertire le tappe, iniziando proprio con la visita all’isola caraibica. Questo anche per condividere subito col popolo cubano la speranza del compiersi della profezia di Giovanni Paolo II: “Che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”. La riconciliazione è stata quindi la cifra che ha caratterizzato l’accoglienza che i responsabili politici e la folla festante hanno riservato al papa. Che non ha perso l’occasione per affermare che la riconci liazione, appunto, e la fine dell’embargo tra Stati Uniti e Cuba devono essere di esempio al mondo; “…che ha bisogno di pace, non di questo clima da terza guerra mondiale a pezzi, che stiamo vivendo”. Così come, proprio nella Plaza della Revolucion gremita per la messa, ha ricordato che chi ha respon sabilità di governo non deve servire le ideologie, ma le persone. Ma questo era anche un viaggio pastorale. E durante un incontro con i giovani ha raccomandato ad uno di loro, del quale si era appuntato l'intervento, di “non far diven tare la religione una conventicola, di parole, di preghiere, di io sono buono, tu sei cattivo , di prescrizioni morali, chiudendoci così nella conventicola dell'ideologia”. La storia della comune provenienza da famiglie di emigranti ha fatto sì che il tema dell'accoglienza di chi fugge da situazioni di guerra, di fame e di persecuzione alla ricerca di una migliore condizione di vita, diventasse, insieme all'ambiente ed alla povertà, la chiave di volta delle varie questioni che papa Francesco e Barack Obama hanno affrontato anche nel loro confronto privato. Temi ripresi poi nel discorso al Congresso dove, se forte è stata la denuncia del commercio delle armi, altrettanto decisa è stata la richiesta di abolizione della pena di morte e l'intensificazione della lotta alle disu guaglianze. Quì certamente col pensiero a quei membri di questa importante istituzione che, pur professandosi cattolici, non sono per esempio del parere che l'assi stenza sanitaria sia un diritto da garantire a tutti, a pre scindere dalla collocazione sociale ed economica. All'ONU il papa, richiamando quanto già a suo tempo aveva detto ai rappresentanti dei movimenti popolari, ha

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ricordato il diritto di tutti ai beni primari. Quali l'abitazione, il lavoro dignitoso e adeguatamente retribuito, l'appropriata alimentazione, l'acqua potabile, la libertà religiosa e la possibilità di accesso alla necessaria formazione ed istruzione. Il pieno diritto alla vita quindi, che a troppi viene negato su questa terra ed in questo ambiente dove gli interessi economici, finanziari e di potere di pochi continuano a prevalere . Francesco incontrando poi i vescovi, dopo essersi intrattenuto sulla “vergognosa” pagina della pedofilia e sulla necessità che nulla rimanga segreto ed impunito, ha ribadito che una “chiesa dalle porte aperte ed in uscita” non può che fare riferimento ad una famiglia altrettanto aperta, che non si chiude in casa badando solo a se stessa, ma “equilibra la dimensione personale e quella comunitaria, diventando modello di una gestione sostenibile dei beni e delle risorse del creato”. Durante la messa presieduta nel Madison Square Garden ha sollecitato un ruolo più attivo per i laici e le donne, consacrate e no, nella chiesa. Anche stavolta, rispondendo ai giornalisti nel corso dei trasferimenti in aereo, papa Francesco ha ap profittato per chiarire alcune questioni importanti. A proposito della crisi migratoria ha ribadito che la soluzione non può che venire dal dialogo tra i paesi e pensando alle cause anche remote di questo fenomeno. Dallo sfruttamento di interi continenti, alla schiavitù, alle risorse sottratte ed agli interessi economici che sempre stanno alla base di tutte le situazioni di conflitto e di sofferenza. I muri e le barriere, ha detto, sono sempre crollati e continueranno a crollare, perché “i ponti sono le soluzioni, i muri mai. Con questi i problemi rimangono: e con più odio!”. Con chi gli ricordava che ad alcuni osservatori era parso un papa non cattolico o addirittura comunista, ha


Chiesa e società tagliato corto ribadendo di essere pronto a contraddirli recitando il Credo e che, se la sua figura poteva essere stata percepita come un poco “sinistrina”, lui era sicuro di non aver mai detto nulla di diverso da ciò che viene affermato dalla Dottrina Sociale della Chiesa. Un viaggio certamente destinato ad entrare nella storia e che ha costretto a ricredersi anche coloro che prima della partenza pensavano che questo fosse un papa pienamente a suo agio nel rapportarsi personalmente con l'ottico di fiducia (riuscendo a convincerlo che stavolta

bastava sostituire le lenti, in quanto la montatura era ancora in buono stato), ma che non gli sarebbe riuscito altrettanto bene il confronto con le grandi figure delle politica mondiale e con i rappresentanti delle sue istituzioni. Come sempre, naturalmente, non sono mancati anche commenti, come quello di un noto giornalista/scrittore, che è arrivato a titolare: “Per farsi lo spot: Bergoglio superstar, Chiesa umiliata”. Ma questa è tutta un'altra storia.....

A voi la parola Alla redazione di Sanpolopolis AGATA

Carissimi lettori di Sanpolopolis: per noi della redazione la vostra opinione è davvero molto importante: per questo motivo abbiamo pensato uno spazio tutto per voi, “A voi la parola, lettere alla direttr ice”. Volete farci conoscere qualcosa del quartiere? Non siete d’accordo su ciò che abbiamo espresso nei nostri articoli? V olete ringraziare o ricordare qualcuno? Volete semplicemente farci sapere qualcosa di voi? Allora, non aspettate oltre! Scriveteci all’ indirizzo mail sanpolopolis@gmail.com (e non dimenticate di darci il consenso per la pubblicazione di quanto avete scritto)

Aggredito alle spalle Da un virus O altro. Agendo nell’ombra mi ha devastato il fisico; alla fine fuggirà come fanno i vigliacchi. Tu, diletta sposa, mi sei accanto, discreta, presente. L’aria sembra lieta nel lasciarti passare elegante, come farfalla colorata. L’aria accarezza il tuo abito, e ciò che esso avvolge. Accarezza i tuoi capelli, divenuti bianchi. Accarezza il tuo volto, divenuto maturo; ma conserva intatti i lineamenti di fanciulla. La tua mano piccola e calda, molto abile nel tracciare, su tela o su carta volti e cose, accarezzandomi mi ha dato coraggio. Grazie di esserci Agata: buona, brava, intelligente, disponibile, bella… Agata Brescia, 2/6/2015

- Una voce

Ringraziamo di cuore questa voce, per averci voluto esprimere questi suoi profondi sentimenti e auguriamo a lui e alla sua Agata, ogni bene. 15


I colori della nostra società

Un “Ortolibero” in carcere a cura di Elena Palladino* Ortolibero non è solo l’orto del carcere di Verziano ma è un percorso di legalità, integrazione e socializzazione tra differenti culture, responsabilizzazione individuale, colti vazione e produzione sociale. Nasce dalla volontà di migliorare la qualità della vita durante la reclusione, come espresso dai detenuti duran te i percorsi di legalità promossi da Libera e Cooperativa Pandora. Il sogno si è avverato grazie ad una rete composta da Libera, Pandora, Presidenza del Consiglio Comunale e Assessorato all’Ambiente del Comune di Brescia, Coope rativa La Mongolfiera, Terra e Partecipazione, Ordine Agronomi e Florovivaisti ed alla disponibilità della dire zione del carcere . Nel mese di maggio è stato attivato un orto sinergico di 120 mq e nel mese di ottobre è stata attivata una serra per la produzione di viole da destinare all’arredo urbano. Il Comune di Brescia sarà la prima Amministrazione pubblica che si avvarrà della produzione del carcere.

Pensieri nell’orto “Oggi è nuvoloso” nota Rehab , giovane donna egiziana, mamma di Ahmadj, Ahlam e Basmala, “ma per me è bel tempo, prezioso , posso uscire temporaneamente dalla cella e dall’angoscia di non poter stare con i miei bambini . Oggi abbiamo trapiantato insalata, cavolo e radicchio rosso; poi abbiamo pac ciamato con l'erba tagliata nei giorni scorsi e annaffiato , quando lavoro nell'orto mi sento tranquilla , niente mi disturba ed anche il dolore è più sopportabile”. L'orto sembra avere la capacità di assorbire ansie e paure, di fare sfogare e la carica negativa si trasforma grazie alla terra e al lavoro in verdura e ortaggi che sfamano il corpo e appagano lo spirito.

Marzia : riempie di soddisfazione piantare il seme, curar ne la crescita e vedere il frutto. L'orto accoglie tutti, senza distinzioni: non ha pregiudizi né paraocchi, risponde a chiunque si prenda cura di lui senza badare alla sua storia e al suo passato. L'orto è pazienza, la foga si trasforma in osservazione, in ingegno messo all'opera per il lavoro. Le voci calano d'intensità, si comincia ad ascoltarsi, ci sia gua rda negli occhi e si decide cosa fare. Si fantastica sull'inverno, su cosa seminare in questa apparente stagione morta. Prende la parola El Amarti : “sono molto contento per quello che l'orto è capace di dare.”

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Ortolibero alla festa al Parco delle Cave 2015

Ajani : “Qui s to bene, non mi sembra di essere in car cere, la natura mi fa stare bene.”

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Stefano : “L'orto ci fa respirare l'odore della terra e del verde e a me questi odori ricordano la libertà.”

Maurizio : “Quando sto nell'orto, la memoria mi riporta al mio passato, al mio lavoro di fruttivendolo. Ricordo quando facevo l'orto a casa. lavorare la terra ci libera la mente per due or e.

Manuel: “Partiamo da un dato di fatto: il carcere è sofferenza, se ci guardiamo attorno vediamo solo cemen to e sbarre e tanti criminali costretti a forza a vivere assie me. Tutto questo logora e ammala le nostre anime e i nostri corpi. L'orto ci insegna ad apprezzare la libertà”

Virgilio : “Vorremmo ringraziare il lavoro dei volontari che ci hanno supportato con tanta pazienza e ci han -no donato il loro tempo. Penso che non sia stato facile con gente come noi . Grazie anche al sistema carcerario che permette queste preziose aperture col mondo esterno.”

Manuel: “Tutto questo serve moltissimo a noi carcerati perchè ci dà un senso di normalità. Non neghiamo di essere nel torto, è giusto che espiamo le nostre colpe ma a volte il carcere è una tortura prolungata che affossa le nostre speranze di rivalsa. Ho 46 anni ne ho ancora 8 da scontare e sono stufo, arcistufo del mondo criminale. Non faccio altro che pensare a chi me l'ha fatto fare di rischiare e di rovinare la mia vita. Vorrei tornare indietro e prendere a schiaffi quel giovane stupido ventenne quale ero. La forza di un uomo non si misura col coraggio che dimostra in un'azione criminale, ma nelle piccolegrandi cose della vita di tutti i giorni, nell'abbracciare il proprio figlio e dirgli che lo ami.” * del Coordinamento di Libera di Brescia


I colori della nostra società

L’orto è l’unica cosa che controlli in prigione e l’idea di essere custode di un pezzo di terra ti dà il gusto della libertà (Nelson Mandela) 17


Dalle ACLI Per…corri la pace 2015, Brescia Santa Maria Di Leuca (in bici e a piedi)

“Puglia, arco di guerra o arca di pace” di Maurizio Billante * Dal 10 al 14 settembre 2015 si è svolta Ciclisti e podisti a S. Maria di Leuca la quinta edizione di “Percorri la Pace” organizzata dalle ACLI provinciali. Dopo Brescia – Assisi (2011), Brescia – Ginevra (2012), Brescia – Sarajevo (2013), Brescia – Monaco (2014) quest’anno la carovana ha raggiunto Santa Maria di Leuca. Il gruppo costituito da 60 ciclisti, 20 runner, 30 accompagnatori ha attr aversato l’intera regione Puglia . Percorsi 500 km in bic icletta, 300 km di corsa e 1800 km i n pulmann. Il filo conduttore del viaggio quest’anno è stato l’insegnamento di pace e di giust iche continuano ad operare per una società di pace zia di Don Tonino Bello. aperta al dialogo e all’accoglienza dell’altro. Siamo partiti in pulmann da Brescia e abbiamo Abbiamo concluso il viaggio nel cimitero di Alesfatto la prima tappa a Termoli (CB). Ripartiti da Te rsano dove è sepolto Don Tonino . Prima di arrivare al moli abbiamo scaricato le biciclette ad Apric ena (FG) cimitero avevamo partecipato alla Santa Messa, cecomune del Parco del Gargano e da lì si amo partiti lebrata da don Fabio, a Santa Maria di Leuca davanper Giovinazzo (BA – 170 km) passa ndo per Monte ti al mare cimitero di molte persone, che in fuga dalle Sant’Angelo con visita alla Basilica dell’Arcangelo loro terre cercavano una condizione di vita migliore. Michele. Ripartiti il giorno s eguente (12 settembre) Come sempre l’esperienza ci lascia fatiche e da Giovinazzo abbiamo raggiunto Torre Rinalda (LE gioie, riflessioni personali e comunitarie, amicizie e – 190 km) toccando i c omuni di Fasano, Cisternino, relazioni personali con l’impegno di portare lo spirito Ostuni attraversando stupendi paesaggi e fav oloso di “percorri la pace” nella nostra vita quotidiana. campi con ulivi secolari. Il 13 settembre siamo poi partiti per giungere alla “fine del mondo” – Santa Ma*Uno dei ciclisti in Puglia ria di Leuca per poi spostarci ad Alessano. Come sempre il ritorno è stato percorso in pul lman. Il sole e l’estate ci hanno accompagnato lungo tutto il viaggio perme ttendo anche qualche tuffo nel bel mare pugliese. Durante il viaggio, attraverso alcune testimonianze e incontri, abbiamo cercato di riflettere sul tema della giustizia e di un’economia giusta che non ucc ide. Abbiamo inco ntrato persone che hanno lavoIn raccoglimento sulla tomba di don Tonino Bello rato a stre tto contatto con Don Ton ino e 18


Chiesa e società

Evangelii gaudium… (5) “Evangelizzatori secondo lo spirito” a cura di Dario Memmi e Chiara Bartolomini

Il quinto capitolo dell’ Evangelii gaudium è quello conclusivo (259-288). Ed è il Papa che ne i ndica lo scopo: Proporrò alcune riflessioni circa lo spirito de lla nuova evangelizzazione. Chi sono gli evangelizzatori secondo lo Spirito? Sono coloro che si aprono senza paura all’azione dello Spirito Santo che infonde la forza per annunciare la novità del Vangelo con audacia, a voce alta e in ogni tempo e luogo, anche controcorrente. Il Papa auspica corrispondenza tra vissuto spir ituale e vissuto ecclesiale, perchè è una vita trasfigurata dalla presenza di Dio, dall’azione del suo Spir ito, a evangelizzare, non le par ole. L’evangelizzatore è un contemplativo del Vangelo. Il cristiano che evangelizza non solo è colui che pr ima si è lasciato evangelizzare, ma è colui che ha assimilato lo stile di Gesù. Papa Francesco vuole evangelizzatori che pregano e lavorano, nella consapevolezza che la missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo . Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri . Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i poveri, i suoi gesti, la sua coerenza, la sua generosità quotidiana e semplice, e infine la sua dedizione totale, tutto è prezioso e parla alla nostra vita personale. Papa Francesco precisa che nel nostro rapporto col mondo siamo invitati a dare ragione della nostra speranza, ma non come nemici che puntano il dito e condannano. E afferma: Questa non è l’opinione di

un Papa….sono indicazioni della Parola di Dio così chiare, dirette ed evidenti che non hanno bisogno di interpretazioni. Tutto nella chiesa, anche il ministero del Papa, richiede innanzitutto fedeltà al Vangelo. Può essere mi ssionario solo chi si sente bene nel cercare il bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri, perché la l ogica del Vangelo è la logica dell’incontro. Ognuno è degno di attenzione, in dipendentemente dal suo aspetto, dalle sue capacità, dalle sue convinzioni. Quanto all’atteggiamento dell’evangelizzatore il Papa ne sottolinea un atteggi amento libero, gratuito, senza calcoli e senza pretese, che non guarda al r isultato, anche a costo di patire il fallimento e l’incomprensione, perché si fonda sulla fede nel S ignore che è risorto, passando però per la morte. La fiducia del cristiano è paziente, tenace, non conta su un potere della chiesa, ma sulla forza umile e nascosta del Regno di Dio. I segni ci sono, ma sono visibili solo allo sguardo contemplativo della fede, educato dalla preghiera. Il Papa invita a non scoraggiarsi di fronte ai fallimenti o agli scarsi risultati pe rché la fecondità molte volte è invisibile, inaffe rrabile, non può essere contabilizzata . L’icona biblica delle disposizioni spirituali dell’evangelizzatore è M aria, che è madre della fede. Quel che più ha contato per Maria non sono stati i privilegi, i prodigi, ma l’atteggiamento spirituale che ha contraddistinto la sua vicenda tutta intrecciata con quella del suo Figlio e Signore. Ella è la donna di fede che cammina nella fede. (..) Ella si è lasciata condurre dallo Spirito, a ttraverso un itinerario di fede, verso un destino di servizio e fecondità. (…) In questo pellegrinaggio di evangelizzazione non mancano le fasi di aridità, di nascondimento e persino di una certa fatica, come quello che visse Maria negli anni di Nazaret, mentre Gesù cresceva. Papa Francesco insiste nell’indicare all’ evangelizzatore Maria e scrive: Vi è uno stile mariano nell’ attività evangelizzatrice della Chiesa. Perché ogni volta che guardiamo a Maria torniamo a credere ne lla forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’ affetto. 19


Chiesa e società Alcune riflessioni a proposito della vicenda del teologo polacco mons. Krzysztof Charamsa

È anche questione di stile… di Andrea Culetto Recentemente mons. Charamsa, prelato membro della Congregazione per la dottrina della Fede e docente di teologia, ha dichiarato in una conferenza stampa la propria omosessualità e presentato pubblicamente il suo compagno. Tale vicenda si presta a molteplici riflessioni. In questo articolo vorremmo proporvene alcune. In un tempo caratterizzato da accesi dibattiti, che in certi casi diventano veri e propri scontri, circa le verità della fede, rendere dichiarazioni di questo tipo è molto imprudente, tanto che è appropriata la def inizione di padre Federico Lombardi grave e non responsabile in merito alla decisione di mons. Charamsa. La gravità, secondo l’avviso di chi scrive, non consiste nell’omosessualità del presule o nella sua relazione, infatti la prima è una questione prettamente personale, mentre per quanto riguarda la seconda, le conseguenze sarebbero state le stesse se il partner fosse stato una donna. Fa molto riflettere, al contrario, la decisione di rendere una dichiarazione di tale portata in un modo così dirompente. Tra le motivazioni addotte, oltre a quelle di cara ttere prettamente personale, il vescovo ha detto di voler stimolare il dibattito sull’omosessualità e, più in generale, sulla sessualità, per il bene della sua Chiesa. Ammesso e non concesso che questa a ffermazione sia veritiera – non compete a noi indagare le coscienze altrui – sembra che i mezzi adottati tradiscano i fini prefissati; cerchiamo di capire pe rché. Per favorire il dialogo nella Chiesa, bisogna parlare con la Chiesa prima che all’esterno di essa, come invece ha fatto mons. Charamsa, il quale, per comunicare il suo messaggio urbi et orbi, ha convocato la stampa, rivolgendosi così solo indirettamente alla sua Chiesa, che, inoltre, ha definito omofoba e pe rpetratrice di torture. Questo ha favorito chi è solito evidenziare gli scandali della Chiesa, dimenticando il bene che compie. Tale bomba mediatica rischia di esacerbare gli animi, favorendo un clima di scontro e

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non di confronto. Prolungate chiusure su certi temi non rendono facile il dialogo, ciò nonostante non si può prescindere da esso. A tal riguardo è utile la metafora di san Vincenzo di Lerins, il quale dice che, come il corpo umano cresce rimanendo sempre se stesso, così deve fare la sapienza dell’intera Chiesa. Le verità della fede non cambiano, però le conclusioni che derivano da esse sui temi etici possono evolvere – è un dato storico – man mano avanza il discernimento, purché svolto alla luce di tali verità, altrimenti si giunge ad una fede artificiale e non basata sugli insegnamenti di Gesù. Tutti i grandi problemi morali, inclusi quelli trattati in questa sede, non esulano da questo principio. La scelta di portare queste riflessioni sul piano mediatico, dove si è più interessati al sensazional ismo che alla ricerca della verità, non è il modo m igliore per favorire il dialogo ecclesiale, inoltre dipingere pubblicamente la Chiesa come una sadica matrigna non tiene lontana da essa ogni offesa , cosa che i vescovi giurano di fare. Non bisogna ridurre temi della sessualità, del cel ibato e tanti altri a questa singola vicenda. Al di là dei giudizi espressi su essa, è vero che il dibattito ecclesiale va spronato con convinzione, dato che questi problemi sono reali e non possono essere trascinati per inerzia. All’interno della Chiesa non mancano spazi per farlo, specialmente per chi occupa posizioni di spicco.


Un testimone

Padre Giulio Bevilacqua di Andrea Coletto Lo scorso 26 aprile è caduto il cinquantesimo anniversario della morte di padre Giulio Bevilacqua. Vogliamo ricordarlo perché, grazie all’attualità della sua figura, può insegnare ancora tanto. Nasce a Isola della Scala (Vr) nel 1881; nel 1896 si trasferisce a Brescia, dove frequenta l’oratorio de lla Pace ed entra nella congregazione di San Filippo Neri. È cappellano degli alpini durante la Prima Guerra Mondiale, fatto che conferma la sua vocazione sociale e gli insegna ad essere un buon pastore di anime. È dichiaratamente antifascista e critico nei confronti degli ambienti cattolici assecondanti il regime, tanto da far scoppiare il caso Bevilacqua ed essere trasferito a Roma per calmare le acque. Qui continua la sua missione per i più poveri e cementa la sua amicizia con don Battista, il futuro Paolo VI, di cui è maestro. Terminata la guerra – è stato cappellano di mar ina – torna a Brescia e costruisce la parrocchia di Sant’Antonio in via Chiusure. È questa una zona povera della città, in cui si concentrano realtà difficili come quelle dei Francesi, Italiani espulsi dalla Francia, o degli sfrattati . Un suo parrocchiano, allora adolescente, ci ha raccontato alcuni ricordi di quel periodo: “Padre Giulio era una persona gioviale, sempre disponibile a parlare con chi incontrava o per una partita di carte. Gli piacevano gli scherzi, come durante una gita a Tignale, quando ha fatto scendere dal camion su cui stavano viaggiando uno dei ragazzi perché un altro aveva perso il cappello, questo però era legato ad un filo, così il povero malcapitato ha faticato non poco a raccoglierlo”. La sua autorevole saggezza fa sì che Giovanni XXIII lo nomini membro di una delle commissioni preparatorie del Concilio Vaticano II. Continua ad essere il maestro di don Battista anche dopo la sua elezione a pontefice, tanto che, durante il viaggio in Terra Santa gli dice: Bene, don Battista, finora ho pensato che avresti asfaltato e messo i lampioni alla strada tracciata da Papa Giovanni. Ora sono sicuro che andrai oltre. Per il bene fatto alla Chiesa, Paolo VI lo crea cardinale, concedendogli di rimanere pa rroco e di continuare a vivere nella parrocchia di Sant’Antonio. 22

Emblematico del suo stile è il saluto ai suoi pa rrocchiani da lui composto per il suo funerale. Carissimi, quante volte ho benedetto i vostri cari dicendovi in mille forme lo stesso pensiero: piangete perché è umano, ma guardate a Cristo, che è risurrezione e vita! Ve lo ricordo ancora salutandovi con tanto affetto. Vi ringrazio perché mi avete sopportato, vi chiedo perdono se le mie durezze vi hanno offeso e se i miei molteplici contatti con Roma hanno reso i nostri contatti più rari, ma vi ho amato e per questo benedico ogni anima: vecchi e giovani, appartenenti a tutte le situazioni di vita. Che Dio vi benedica, che la Madonna vi sia vicina, che lo Spirito di Cristo vi renda membra vive di questa piccola “ecclesia”! Un addio, una benedizione, un augurio di incontrarci e di riconoscerci nella casa del padre. Abbiamo voluto darvi un assaggio di questa grande persona, che vi invitiamo a conoscere meglio, dato che è stata un esempio di fede e ha anticipato il nuovo stile ecclesiale di papa Francesco, che, gua rda caso, si rifà spesso a Paolo VI.


Dal territorio Sul numero di dicembre 2014 era nostra intenzione mettere a confronto i due progetti che si ponevano l’obiettivo di riattivare il centro Pampuri per metterlo al servizio del territorio. Ci giunse allora solo il progetto predisposto dalle associazioni, tra cui il circolo ACLI S. Polo, che allora stavano realizzando il progetto “Il quartiere come bene comune”. Oggi ci è giunto il progetto pensato dall’associazione “San Riccardo Pampuri” a firma del presidente che ringraziamo.

Il “Pampuri” si rigenera di Massimo Lussignoli * n.112 del 17 marzo 2015. Le associazioni coinvolte sono, “Sanpolino Oltre” formata da un gruppo di residenti dell’omonimo quartiere, il “Gruppo Pensionati San Polo” che da trenta anni opera sul territorio ut ilizzando la sala civica di via Sabbioneta e il Circolo ACLI B.i.r.d., che per alcuni anni ha operato nella zona residenziale per anziani in via Manziana.

Il Progetto

La Storia Il centro “Riccardo Pampuri” nasce negli anni ’70 come oratorio della parrocchia “S. Girolamo” per in iziativa della comunità adulta. Svolge questa funzione fino alla metà degli anni ’80, quando è costituita un’unica parrocchia a S. Polo Storico, divenendo così centro sportivo e sede di iniziative al bisogno. La vocazione di questa struttura è stata quella di dare risposta ad un bisogno evidente di spazi per favorire aggregazione, socialità, educazione, cultura, iniziat ive etc.. Non nasce con il quartiere, ma è una diretta conseguenza del bisogno di relazione sociale dei cittadini che vi risiedono. Oggi la storia si ripete e la vocazione del ‘Pampuri’ trova nuova linfa in un suo ampio impiego a servizio della cittadinanza dei qua rtieri di Sanpolino, S. Polo Storico e limitrofi. L’attuale giunta comunale, in riferimento ad una del ibera del 2008 (delibera che accordava alla Parrocchia ‘Conversione di San Paolo’ un diritto di superf icie per l’utilizzo del centro e connessa ristrutturazione degli ambienti con esclusione del campo di ca lcio) ripropone alla parrocchia il progetto, la quale o ttenuto l’appoggio di alcune organizzazioni del territorio accetta. Il tutto è di fatto acquisito con l’emanazione della delibera di giunta comunale

Il fine del progetto è volto al recupero edilizio di una struttura, il Pampuri, per mezzo della quale favorire aggregazione sociale e iniziative culturali, formative e assistenziali per il quartiere di Sanpolino e limitrofi. Un punto di riferimento a favore delle famiglie, dei minorenni e degli anziani, in una logica di coproge ttazione fra coloro che promuovono il progetto e di collaborazione con le diverse espressioni del territorio. Il tutto in una logica di responsabilità e di cittad inanza attiva. Per favorire la gestione del progetto le tre associazioni e la parrocchia “S. Angela Merici”, in rappresentanza dell’Unità Pastorale, si sono riunite fo rmalmente a giugno di quest’anno in un unico soggetto, la “San Riccardo Pampuri” A.P.S (Associazione di Promozione Sociale). I primi lavori, ormai conclusi, hanno riguardato la messa in sicurezza della struttura e sono stati eseguiti direttamente dal Comune come previsto dalla delibera. Ora l’APS subentrerà nei lavori per completare la ristrutturazione e rendere agibile la struttura. L’obbiettivo ambizioso è quello di aprire nella tarda primavera del 2016. Siamo certi però che l’entusiasmo e la determinazione che accomuna i soggetti coinvolti, saranno una garanzia per il buon esito della ristrutturazione e avvio dell’attività al Pampuri. * Presidente “San Riccardo Pampuri” A.P.S

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La cultura “LA POESIA E’ L’ UNICA PROVA CONCRETA DELL’ ESISTENZA DELL’ UOMO”

IL TOPO DI BIBLIOTECA

Luis Cordoza y Aragòn poeta di La Antigua - Guatemala

di Ernesto Paroli

Io sono certa che nulla soffocherà più la mia rima, il silenzio l’ho tenuto chiuso per anni nella gola come una trappola da sacrificio, è quindi venuto il momento di cantare una esequie al passato . Alda Merini

Quando la sofferenza si trasforma in forza E’ accaduto quattro anni fa e questi sono i fatti, che tutti abbiamo letto. Irina Lucidi è un’avvocata italiana colta e cosmopolita. Vive vicino a Losanna. Sposata con Mathias un ingegnere svizzero tedesco, hanno due gemelle di 6 anni, Alessia e Livia. Nel loro convivenza però qualcosa si è spezzato, il loro matrimonio finisce e stanno per divorziare. Il 30 gennaio 2011 il marito prende con sé le bambine e sparisce. Dopo 5 giorni di viaggio, attraverso la Francia e la Corsica, arriva a Cerignola in Puglia. Posteggia l’auto, va in stazione e si lascia travolgere dal treno. Delle due gemelle, diversissime l’una dall’altra, bionde e bellissime, non si è saputo più nulla. Non sono con lui alla stazione di Cerignola. Le loro tracce si sono perse molto prima. Rimane solo un biglietto di Mathias: «Le bambine non hanno sofferto, non le vedrai mai più». Un giorno Irina si presenta a Concita per chiedere aiuto, per tentare di ricomporre i frammenti di una vita devastata dalla mancanza e dal dolore. E Concita le dice: « Non posso raccontare la tua storia, se vuoi posso accompagnarti da un magistrato…». Ma l’impatto straziante con questa donna dilaniata non può che interrogare la giornalista e soprattutto la donna, la madre. “Poi continuavo a sognarla di notte e a pensarci di giorno. Così da un dialogo ininterrotto che ci ha a lungo tenute incatenate è nato «Mi sa che fuori è primavera», che è uscito il 3 giugno per Feltrinelli. Nei cinque giorni passati con Irina la domanda è stata: come si esce da una situazione da cui sembra impossibile uscire? Un lutto, un problema grave, un fallimento … Come si può continuare a vivere dopo una sopraffazione immensa, la più terribile, la perdita dei figli, come si fa a non pensare di essere vittime di un destino malvagio? Ecco dunque i corsivi dove la scrittrice parla di se’ e della sua interazione con lei. Colpisce la solitudine di Irina di fronte a un’inchiesta piena di buchi che sembra avere indagato solo la sua “colpa ” di aver scelto di separarsi da Mathias , e tutti, dalla maestra alla psicologa, sono così reticenti, poco collaborativi, quando non indifferenti sapendola italiana e donna. Ma la domanda drammatica è : come mai non si è accorta del pericolo? Forse, può sembrare normale vivere accanto a un uomo così pignolo che dissemina la casa di post -it con raccomandazioni che poi sono ordini (personalità «psicorigida», è la definizione degli esperti) . In fondo quante sono le persone ossessionate dai rituali e dai calzini spaiati. Eppure un presentimento Irina deve averlo avuto visto che, pur non avendo mai subito violenza fisica, si è rivolta a un centro per donne maltrattate, dove le dicono: stai attenta, è una spirale. E nella lettera alla psicologa che li segue descrive minuziosamente l’ansia di controllo e tutte le manie di Mathias che davvero fanno pensare a un disturbo patologico. D'altronde la sua stessa madre si rivela completamente anaffettiva. Un’altra domanda percorre questo libro che, rivelazione dopo rivelazione, ha davvero il ritmo di un thriller psicologico: come ci si sente a subire tutte queste ingiustizie? A non trovare mai ascolto anche quando stai parlando di cose vitali per te? Irina riesce a uscirne perché non si chiude dentro il suo dolore. L’amore è dentro di lei . Così quando incontra un uomo che non sa niente di lei, è pronta ad accoglierlo. Perché di dolore non muori. Ed è proprio l’amore, l’oro liquido, la colla che non nasconde le fratture, ma che tiene insieme i pezzi di quel vaso. Così si rimette al mondo.

Concita De Gregorio – MI SA CHE FUORI E’ PRIMAVERA

- Feltrinelli 23


Dalle Acli Incontro nazionale di Studi 2015 delle Acli ad Arezzo

Diseguaglianze e democrazia di Luciano Pendoli Una buona boccata d’ossigeno, carica di contenuti e prospettive quanto emerso dall’ incontro nazion ale di studi Acli, svoltosi ad Arezzo il 17-19 settembre che si è aperto con il saluto del Presidente della R epubblica. Un clima rinnovato e propositivo che ci fa guardare positivamente all’imminente Congresso. A favorire questo clima anche Papa Francesco con la sua testimonianza, la sua pastorale capace di and are al cuore dell’uomo. L’incontro di Arezzo è partito dalle parole che ci ha lasciato in occasione del f esteggiamento del 70° di fondazione: “quello che è cambiato nel mondo globale non sono tanto i pr oblemi, quanto la loro dimensione e la loro urgenza. Inedite sono l’ampiezza e la velocità di riproduzione delle disuguaglianze. Ma questo non possiamo pe rmetterlo! Dobbiamo proporre alternative eque e solidali che siano realmente praticabili … contro questo sistema economico mondiale dove al centro non ci sono l’uomo e la donna: c’è un idolo, il dio -denaro .. l’ispirazione cristiana e la dimensione popolare determinano il modo di intendere e di riattualizzare la storica triplice fedeltà delle Acli … che nel contesto attuale … si riassumono in una nuova e sempre a ttuale: la fedeltà ai poveri”. Roberto Rossini introducendo l’incontro ha preso a prestito un’espressione nota di Papa Francesco che rivolgendosi ai preti ha detto che come pastori devono puzzare da pecora, per Rossini, le Acli devono odorare di lavoratori e di popolo. Gli aclisti si sono confrontati sulla scorta dei numerosi interventi che hanno posto la questione delle tante disuguaglianze. Esse vanno combattute. Per Mons. Ricca rdo Fontana Vescovo di Arezzo, costruendo “ un modello alternativo all’esistente perché non c’è storia sbagliata da cui non si possa tornare indietro” . Tra le disuguaglianze scandagliate quelle nelle varie fasi storiche per dirci che l’Italia non ha mai avuto una politica sulla povertà e lotta alle disuguaglianze. Le differenze possono essere accettabili e inaccettabili ma, bisogna definire dei criteri di valutazione. Ancora 24

il gap occupazionale di genere, generazionale e dell’origine familiare che incide su istruzione e lavoro. Il tema della democrazia, ripreso anche dei polit ici intervenuti che, guardando alle dramma delle m igrazioni lega povertà e disuguaglianza con la questione della democrazia. Francesco Occhetta, gesuita, partendo dal termine disuguaglianza presenta la prospettiva della Chiesa non come la si intende spesso dall’altro verso il basso, ma viceversa, pe rché solo dal basso possono nascere politiche inclusive. Bisogna toccare con mano le persone, la realtà e, solo così ti si cambia la prospettiva che diventa meno fredda, ma più affettiva (dal basso verso l’alto) e gli antidoti alle disuguaglianze sono comunione e comunità. I dati sulle disuguaglianze sono da brivido; 85 super ricchi possiedano quanto la metà della popolazione mondiale e in Italia la povertà negli ultimi 5 anni è raddoppiata senza che nessuno abbia protestato: quasi una cosa scontata. La politica è debole e per uscire da questa condizione deve osare di più. Deve costruire un welfare inclusivo basato sul principio delle pari opportunità di partenza per tutti. Se vogliamo crescere, svilupparci, dobbiamo combattere le disuguaglianze e ascoltare il grido, soffocato, dei più poveri. I compiti per le Acli ci sono perché, riprendendo Rossini, dobbiamo stare dentro la storia, non da pessimisti, dicendo che le cose belle sono già passate, ma come cristiani con speranza per credere che il meglio deve ancora venire.


Dal territorio Abbiamo chiesto a Giorgio Becilli, dirigente scolastico reggente dell’Istituto Comprensivo Est 1, di scrivere per Sanpolopolis la situazione delle scuole di S. Polo evidenziandone problematicità e potenzialità. Lo ringraziamo molto per aver accettato. In questi anni di reggenza abbiamo potuto apprezzare la sua grande disponibilità ed attenzione al territorio che abbiamo potuto sperimentare soprattutto nel periodo del progetto “Il quartiere come bene comune”. Lascia sicuramente una grande eredità al suo successore di cui il territorio potrà ancora godere.

La scuola a San Polo, problemi e potenzialità di Giorgio Becilli * Quando la Redazione di Sanpolopolis mi ha chiesto di scrivere una riflessione sulla scuola ero all’ inizio del quinto anno di reggenza dell’I. C. “Est 1”, grande istituzione scolastica autonoma che, dal 1° di settembre, accorpa tutte le scuole di San Polo (San Polo Storico, San Polo Nuovo, Sanpolino). Nel momento in cui scrivo sono l’ ex dirigente reggente dell’I.C. “EST1” e questo cambia parecchio. Mi so ffermo allora solo su tre punti di attenzione.

L’accorpamento. Oggi l’Istituto comprensivo “EST 1“ è una grande istituzione scolastica autonoma statale che offre i suoi servizi di istruzione a quasi 1150 alunni proveniente per la quasi totalità da tutti i quartieri di San Polo. Essi sono distribuiti in tre scuole secondarie (“Tovini” di via del Verrocchio, “Tovini” di via Violante, e “De

Filippo” di Via Raffaello) tre scuole primarie (S. Maria Bambina di via del Verrocchio, “Raffaello” di via Ra ffaello e “Giovanni XXIII” di via Sabbioneta, la quale conserva ancora alcune classi della ex “Calvino” in via Violante) e una scuola dell’infanzia (“Andersen” di via Cimabue). Una realtà con identità, comportamenti e tradizioni variegate, che ha subito messo in evidenza tutta la sua complessità sia pure in modo del tutto prevedibile e perciò non inatteso. Tuttavia, con qualche circoscritta criticità da affrontare in a lcuni plessi, l’anno scolastico ha avuto regolarmente inizio. Resta all’ attuale dirigente titolare, prof. Paol ino Porciello (a cui voglio mandare anche de questa tribuna i migliori auguri di buon lavoro) e ai suoi co llaboratori l’importante e gravoso compito di attivare le opportune collaborazioni anche con le rappresentanze genitoriali e con il territorio per definire l’identità, la vision e la mission del nuovo grande istituto. E’ evidente che non si potrà ragionare per plessi o per interessi di singoli o di gruppi, ma occorrerà uno sforzo per vedere il bene, il buono e il giusto dell’intero istituto, tenendo presente la finalità generale della scuola e l’interesse di ogni singolo alunno per quanto riguarda lo sviluppo integrale della sua persona.

Il POF triennale . Ho avuto il tempo di emanare l’Atto d’indirizzo al Collegio dei Docenti per la predisposizione del Piano Triennale dell’Offerta Formativa , il quale va inteso “come risultato di una progettazione che, alla luce delle Indicazioni nazionali e tenuto conto delle riso rse disponibili, parta da una lettura analitica dei bisogni educativi, e passi per una progettazione di 25


Dal territorio interventi mirati, per la ricerca e la sperimentazione di pratiche educative e didattiche inclusive, per lo sviluppo delle competenze professionali, per una valutazione finalizzata al miglioramento dei processi di insegnamento-apprendimento e di partecipazione”. Ho richiamato, quali aspetti caratterizzanti del documento: la sua necessaria coerenza con il contesto sociale e con le disposizioni normative prescrittive; l’unitarietà all’offerta formativa al fine di rendere sempre più efficace l’azione complessiva; la ricerca e sperimentazione di innovazioni didattiche; la realizzazione del curricolo verticale e di processi di pe rsonalizzazione ed inclusione, verificando, attraverso un adeguato e costante impegno valutativo, gli standard formativi e le prestazioni essenziali stabilite per tutti gli allievi; la rilevazione e la valutazione di bisogni, in particolare riguardo alle iniziative di ascolto del disagio, di recupero, di sostegno, di orientamento scolastico, di prevenzione della dispersione scolast ica; la realizzazione di iniziative culturali aperte/in collaborazione con il territorio e, in particolare, con le rappresentanze genitoriali dell’Istituto. Tutto ciò in continuità con l’offerta formativa espressa negli anni dai Circoli didattici e dalle scuole medie prima, e dai due istituti comprensivi poi, nella consapevolezza che il cambiamento nella direzione del miglioramento può e deve essere sempre pe rseguito.

Collaborazioni con le realtà associative territoriali .

E’ impossibile ricordarle tutte. Accenno solo al progetto triennale “Il quartiere come bene comune”, f inanziato con bando dalla Fondazione Cariplo, e promosso da AUSER Brescia, Circolo ACLI S. Polo,

Sabato 7 novembre ore 15.00 – 18.00 Festa di presentazione della biblioteca scolastica aperta al quartiere “Parco dei libri” 26

ANFFAS e UISP che ha coinvolto le scuole di San Polo nella realizzazione e nella riuscita delle feste del “Parco delle Cave” e che ha poi avuto una sua “filiazione” nel progetto “Biblioteca scolastica di Quartiere” che sarà inaugurata e aperta al pubblico dal 7 novembre 2015, per merito di tanti volontari, di genitori e di docenti che hanno lavorato fianco a fianco per mesi e mesi. Si condivide insomma “l’intento è di contribuire al consolidarsi di una cultura del vivere insieme, promuovendo l’idea di una comunità capace di generare e consolidare i legami e di facilitare il confronto tra le persone e le associazioni presenti sul territorio, attraverso un lavoro di rete in grado di valorizzare esperienze, buone prat iche e spazi sociali”. Risulta evidente che non si può ragionare per plessi o per interessi di singoli o di gruppi, ma occo rrerà uno sforzo per vedere il bene, il buono e il giusto dell’intero istituto, tenendo presente il compito fondamentale della scuola che è quello di contribu ire al lo sviluppo integrale dell’alunno/persona. * già dirigente scolastico reggente dell’I. C. EST 1


Dal Circolo Acli

Leggere insieme l’enciclica “Laudato sii” a cura del Circolo Acli S. Polo Il Circolo ACLI S. Polo e la parrocchia S. Angela Merici hanno proposto a tutti quelli che sono interessati , credenti e non credenti, uomini e donne, giovani e adulti, laici e consacrati…, la lettura collettiva dell’enciclica “LAUDATO SII” di papa Francesco. Negli incontri si legge insieme il testo, con pause ad ogni numero per permettere la riflessione personale e la messa in comune di sottolineature, riflessioni, osservazioni…Chi è interessato può iniziare a partecipare in ogni momento. Nel primo incontro del 19 ottobre abbiamo letto il Capitolo Primo per cui chi volesse partecipare dal prossimo incontro del 9 novembre potrebbe recuperare leggendo individualmente questa prima parte. Chi non avesse ancora il testo lo può trovare in chiesa di S. Angela Merici o presso il circolo Acli. Ecco il calendario dei prossimi incontri che si terranno tutti di lunedì: 9 e 16 novembre – 11 gennaio – 1 e 8 febbraio – 4 e 18 aprile – 9 e 23 maggio – 6 e 13 giugno Orario degli incontri : ore 20,45 - 22,30 Luogo degli incontri : il salone del bar del circolo ACLI che il lunedì è chiuso per turno di riposo.

I 70 anni delle ACLI Bresciane Il 3 ottobre le Acli Bresciane hanno celebrato i 70 anni dalla fondazione dell’associazioni avvenuta appunto nel 1945. L’evento si è svolto nella bella cornice dell’auditorium di S. Giorgio in via S. Chiara con un significativo intervento di don Giovanni Nicolini , già direttore della Caritas di Bologna sull’impegno sociale e politico dei cattolici. È seguito un confronto, coordinato dal presidente provinciale Roberto Rossini, tra Giovanni Bianchi presidente nazionale delle ACLI a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 e Gianni Bottalico presidente nazionale in car ica. La celebrazione del 70° si è concluso con la consegna di una medaglia di ringraziamento per la lunga f edeltà al Mov imento ai vari livelli. Tra questi hanno ricevuto la medaglia anche due aclisti del circolo ACLI S. Polo e precisamente Gianni Rossini e Dante Mantovani. Gianni è ininterrottamente aclista dal 1962, iscritto prima al circolo di S. Bartolomeo, poi al circolo di Cristo Re e da vent’anni socio del circolo di S. Polo. È stato anche membro di presidenza provinciale per 5 anni ric oprendo la carica di vice pres idente delegato del Patr onato e amministratore. Dante è tesserato Acli dal 1970, prima al circolo di S. Eufemia di cui è stato presidente per molti anni e poi al circolo di S. Polo fin dalla sua fondazione. È stato vice presidente provinciale per 12 a nni e per altrettanti vice presidente regionale e presidente regionale del Patronato. La Redazione di Sanpolop olis, di cui ambedue sono membri, si complimenta con Gianni e con Dante per il riconoscimento Il gruppo degli aclisti che ha ricevuto la medaglia del 70° ricevuto. 27


Dal territorio

“Sradicare il pregiudizio per coltivare la speranza” Bando Regione Lombardia Associazionismo 2014-2015 Il progetto “Sradicare il pregiudizio per coltivare la speranza” si propone di favorire la collaborazione tra le diverse realtà del territorio Brescia Est per: • ridurre il pregiudizio nei confronti di persone con disturbi mentali; • favorire il protagonismo e la propositività degli utenti • aumentare la consapevolezza del principio che “non c'è salute se non c'è salute mentale”; • offrire l'opportunità di “cura di sè” come punto di partenza per il benessere collettivo, • stimolare una “cultura della cura” intesa come “Care”, prendersi cura collettivamente della sofferenza. Nei mesi di settembre e ottobre sono stati proposti alcuni corsi a cura del Programma FOR Formazione e Opportunità per la Recovery – del CPS Brescia Sud. Per info: www.programmafor.it e mail: info@programmafor.it

Nel mese di novembre sono previste altre iniziative tra le quali due incontri curati dal circolo ACLI SAN POLO sul tema del rapporto tra il lavoro ed il disagio mentale. Tutte le persone possono avere disturbi quando vengono licenziate o devono vivere nella precarietà o convivere con problemi causati da rapporti non corretti all’interno del posto di lavoro; perché il lavoro non riguarda solo la sfera economica, pure importantissima, ma interessa l’intera personalità e la propria dignità. Per questo il circolo Acli, nell’ambito del suddetto progetto, ha pensato di affrontare queste problematiche attraverso i seguenti 2 incontri aperti a tutti:

“Da risorsa umana a homo faber, prendersi cura del lavoro” Venerdì 6 novembre proiezione e commento del film “DUE GIORNI, UNA NOTTE” Venerdì 13 novembre : Incontro e dibattito su “Il disagio negli ambienti di lavoro ” Relatrice: Silvia Pellegrino Formatrice aziendale Gli incontri si terranno nella Sala della Comunità della Parrocchia di Sant'Angela Merici in Via Cimabue, 271 a S. Polo Brescia dalle ore 20,45 alle 22,30 A conclusione del Progetto si terrà un evento finale esteso a INSEGNANTI, GENITORI, EDUCATORI, il 21 novembre 2015 dalle ore 16,00 alle ore 19,00 “LA PEDAGOGIA DELL’ERRANZA : Riscoprirsi erranti per partire, crescere, sbagliare, lasciare”. Laboratorio-seminario a cura di Alessandra Augelli, docente Università Cattolica di Piacenza – L’evento si terrà presso Casa delle Associazioni - Via Cimabue , 16 - Brescia San Polo Al temine verrà offerto un aperitivo a cura delle Associazioni: Libera, Il Chiaro del Bosco o.n.l.u.s. e del Cafè Bio Armònia TUTTI I CORSI E GLI INGRESSI SONO GRATUITI Per informazioni: info@ilchiarodelbosco.org – marimenta@libero.it – cellulare: 328-8125899 Partecipano al progetto: Ass. Il Chiaro del Bosco ONLUS - ACLI San Polo - Casa Associazioni Comune di Brescia Coop. La Rete - Bio store Armònia - Ass. Teatro 19 - Ass. Ambiente Parco - Programma For Cps Brescia Sud


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