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OPEN FIBER, NATIVI SOSTENIBILI

PORTARE UNA FIBRA OTTICA NELLE CASE DI TUTTI GLI ITALIANI, CHE NON CONSUMA ENERGIA ELETTRICA E HA UN CARBON FOOTPRINT RIDOTTO AL MINIMO: È QUESTA LA MISSION DELL’AZIENDA CHE HA NELLA SOSTENIBILITÀ DELLA SUA RETE IL SUO PUNTO DI FORZA. RISPETTOSA FIN DALL’INIZIO DELL’AMBIENTE, UTILIZZA LA RENDICONTAZIONE DEL PROPRIO IMPATTO SECONDO LO STANDARD INTERNAZIONALE GRI. E DA QUEST’ANNO PUBBLICHERÀ UN REPORT DI SOSTENIBILITÀ.

DI ILARIA MYR

Portare la fibra ottica a banda ultra larga (Bul) su tutto il territorio nazionale, per dare una nuova velocità al Paese, aprire alle persone l’accesso ai servizi digitali più evoluti e alle opportunità offerte da un mondo sempre più interconnesso: questa è l’obiettivo per cui opera l’azienda Open Fiber, attiva esclusivamente nel mercato all’ingrosso (wholesale only), offrendo l’accesso a tutti gli operatori di mercato interessati. Una mission, la sua, che passa per forza di cose dal rispetto dell’ambiente. La parola ad Andrea Colucci, responsabile comunicazione e media relations Open Fiber.

Andrea Colucci, responsabile comunicazione e media relations Open Fiber

Come è evoluto l’approccio alla Csr della vostra azienda? E come è cambiata la comunicazione relativa?

Ci piace dire che siamo ‘nativi sostenibili’, nel senso che la sostenibilità è nel dna di Open Fiber e dell’impresa che sta portando a termine da vari punti di vista. Lo sviluppo e realizzazione di una rete interamente in fibra ottica che arrivi nelle case di tutti gli italiani porta con sé una serie di prerogative in termini di sostenibilità. Questo perché si tratta di una ‘rete passiva’, che cioè non consuma energia elettrica, e quindi ha un carbon footprint ridotto ai minimi termini. Inoltre, per realizzare quest’opera, che consiste nel cablare 6.500 comuni in Italia e 271 grandi città, per il 70% riutilizziamo infrastrutture esistenti - passando, quindi, la fibra nei cavidotti già esistenti e nei pali della luce elettrica - e solo nel 30% scaviamo per mettere i cavi. Per quanto riguarda la comunicazione, ricordiamo sempre le caratteristiche di sostenibilità della nostra fibra, perché ci contraddistingue in maniera peculiare ed è un’informazione che il pubblico è interessato a cogliere. Non ci siamo dovuti ‘aggiustare’ nel tempo, anche perché siamo un’azienda nata solo quattro anni fa. Quest’anno, per la prima volta, realizzeremo e pubblicheremo un report di sostenibilità, in cui si trovano le informazioni sugli approcci, le azioni e gli investimenti, nonché la rendicontazione, puntuale dei Kpi che analizziamo secondo lo standard internazionale GRI.

Quali sono i contenuti di comunicazione legati alla sostenibilità che veicolate ai vostri target?

Fino a oggi sono stati legati allo sviluppo della nostra Rete. Man mano che comunichiamo le sue diverse tappe (l’apertura di un cantiere, l’avvio della commercializzazione, ecc., ndr) ricordiamo le caratteristiche di sostenibilità della rete. Con il report, poi, daremo luogo a una comunicazione più puntuale che descriverà l’approccio alla sostenibilità e come la stiamo integrando nel nostro modello di business.

Come evitare il ‘greenwashing’?

Raccontare attraverso tutti i canali di comunicazione o il report di sostenibilità attività che generano impatti diretti nella lotta al climate change. Credo che le aziende si siano evolute e, un po’ per l’adozione degli standard di rendicontazione, un po’ per l’impegno alla lotta al cambiamento climatico, sono sempre meno le operazioni solo di facciata. Anche perché, oggi, gli impatti possono essere misurati e a ogni azione è legato un indicatore che ne calcola l’efficacia.

In piena pandemia, i dipendenti di Open Fiber hanno donato ore di permesso, di ferie o di retribuzione all’associazione ‘Salvamamme’, che offre supporto alle mamme e famiglie in difficoltà

Quali canali e linguaggi utilizzate maggiormente per questo tipo di comunicazione?

Proviamo a utilizzarli tutti, nessuno escluso. Certo, il sito web e i social network fanno la parte del leone, ma anche la comunicazione in termini di media relation è fondamentale. Siamo chiamati a dare informazioni alle comunità locali.

Può raccontarci una case history significativa in ambito Csr?

Un’operazione interessante è quella con la quale abbiamo sostenuto l’associazione Salvamamme, che offre da molti anni ogni genere di supporto - psicologico, sanitario, legale, logistico - alle mamme e alle famiglie che si trovano in particolari condizioni di disagio socio-economico. In piena pandemia, nell’ambito dell’iniziativa ‘Ore Etiche’, i dipendenti hanno raccolto, con le retribuzioni di aprile e maggio, la somma di 71.500 euro donando, su base volontaria, ore di permesso, di ferie o di retribuzione al conto dedicato della Protezione Civile. L’azienda ha voluto integrare il gesto di solidarietà del proprio personale destinando un contributo diretto fino a 120mila euro in favore di iniziative solidali post emergenza. Nel corso delle settimane più difficili del lockdown, le volontarie di ‘Salvamamme’ hanno raddoppiato il loro impegno, affiancando alle attività ordinarie delle iniziative straordinarie di sostegno alle famiglie più fragili con bambini malati e anziani, e a quelle che hanno pagato il prezzo più duro della pandemia, con lavoratori precari, in nero o che hanno perso l’impiego a causa del mancato rinnovo del contratto. Pacchi e scorte alimentari, farmaci, giochi e libri a domicilio, supporto psicologico: sono solo alcuni dei servizi assicurati alle mamme e alle famiglie in difficoltà che si sono rivolte all’associazione, molto attiva anche sul fronte della formazione, grazie alla collaborazione con Impresa Sant’Annibale Onlus, che favorisce l’integrazione delle donne e degli uomini che vivono in determinati contesti sociali nel mondo del lavoro.

Dopo aver appoggiato il progetto ‘Ore Etiche’, Open Fiber ha voluto integrare il gesto di solidarietà del proprio personale destinando un contributo diretto in favore di iniziative solidali post emergenza. Nella foto, Elisabetta Ripa, amministratore delegato Open Fiber

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