LA NASCITA DELLA SCUOLA MEDICA SALERNITANA di Marianna Mainenti

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LA NASCITA DELLA SCUOLA MEDICA SALERNITANA Tra leggenda e storia

di Marianna Mainenti

La leggenda sulla nascita della Scuola Medica Salernitana narra che un pellegrino greco di nome Pontus si fermò nella città di Salerno e trovò rifugio per la notte sotto gli archi dell'antico acquedotto dell'Arce. Scoppiò un temporale e un altro viandante si riparò nello stesso luogo: si trattava del latino Salernus; costui era ferito e il greco, in un primo tempo diffidente, si avvicinò per osservare da vicino le medicazioni che il latino praticava alla sua ferita. Nel frattempo erano giunti altri due viandanti, l'ebreo Elinus e l'arabo Abdela. Anch'essi si interessarono alla ferita e alla fine si scoprì che tutti e quattro si occupavano di medicina. Decisero allora di creare un sodalizio e di dare vita a una scuola dove le loro conoscenze potessero essere raccolte e divulgate. È racconto che viene elaborato per simboli: i quattro viandanti rappresentano le distinte influenze che, mischiate insieme, conducono al fiorire della Scuola: la sapienza classica, greca e latina, in aggiunta a quelle ebraica ed araba. Più che riferirsi al periodo di vera e propria nascita della istituzione, la leggenda, che in base alle sue caratteristiche può dirsi nata in ambiente colto laico intenzionato a costruire una genesi della Scuola, concerne in realtà il fiorire del suo momento aureo, quando cioè, a partire dal secolo XI, al talento dei medici salernitani (non è noto se di originaria derivazione monastica o laicale o di entrambe) venne fornito il supporto delle traduzioni, provenienti dall’ Oriente, delle perdute opere classiche oltre alla letteratura scientifica ebraica ed araba. In particolare, a volersi specificamente individuare quelli che la leggenda indica come fondatori, si può ritenere che il greco Pontus sia Garioponto (medico e presbiter che si distinse per l’applicazione dei principi della medicina greca), il latino Salernus sia Alfano da Salerno (medico di provenienza salernitana, Abate di S. Benedetto e poi Arcivescovo di Salerno con il nome di Alfano I, che condusse alla Corte di Roberto il Guiscardo Costantino l’ Africano), l’arabo Abdela (da Abd Allah, nome musulmano che significa servo di Allah) sia Costantino l’ Africano (medico, poi monaco benedettino, che introdusse i principi della medicina araba), e l’ebreo Elinus (da Eli cioè Dio in ebraico) sia forse Isacco l’ Ebreo (medico la cui opera, fondata sulla medicina ebraica, fu tradotta da Costantino). 1


E probabilmente non è un caso che i viandanti che per ultimi intervengono sulla scena siano i depositari della scienza non classica, la quale si aggiunse in un secondo tempo al sapere classico, e che i loro nomi rimandino alle relative religioni; il sincretismo medico è dunque anche il confluire in un’unica cultura in aggiunta alle divinità greche ed al Dio cristiano, dell’Allah mussulmano e dell’ Eli ebraico. La leggenda fornisce poi un altro dato simbolico, spesso trascurato, individuando il luogo dell’incontro tra i quattro viandanti negli archi dell’acquedotto. Si tratta dell’acquedotto che portava acqua al monastero di San Benedetto, a simboleggiare che l’unione tra le diverse culture scientifiche potè avvenire sotto la protezione della Chiesa cattolica, in particolare di quel mondo benedettino che nella Regola tanta importanza dava alla cura degli infermi. Qui occorre fare una riflessione. Anche se da una leggenda non è doveroso attendersi la piena verosimiglianza, suona nondimeno strano che dei viandanti, di cui uno ferito, possano ritener di trovare ricovero per la notte sotto gli archi di un acquedotto: la struttura di quest’ultimo, che in buona parte si è conservata fino ai nostri tempi, è completamente aperta da tutti i lati e non può offrire rifugio alcuno, men che mai per un’intera notte e sotto un temporale. Nei pressi di alcuni monasteri salernitani, però, esisteva (e in parte esiste ancora) una struttura coperta, con archi a volta, che ben potrebbe invece aver svolto tale funzione. Parlo delle volte della via che nell’area del Plajum montis dal monastero di S. Sofia conduce a quello di S. Massimo e quindi a quello di S. Lorenzo. Tutti monasteri fondati dai benedettini. La leggenda quindi, nella sua versione originaria poi interpolata nei secoli per richiamo all’altra leggenda sulla realizzazione in una sola notte da parte del diavolo degli archi dell’acquedotto, faceva probabilmente riferimento non già a questi ultimi bensì agli archi e volte della via dei monasteri benedettini, la quale peraltro era di enorme importanza in quanto si trattava dell’unica strada che consentiva all’epoca il collegamento della città con il Castello (passando per la Nova Civitas longobarda sui cui resti erano sorti i monasteri). Lungo quell'asse, cenobio strategico, anche per la visuale che garantiva la possibilità di allerta contro le temute scorribande saracene che tanta distruzione apportavano ai monasteri, era quello di S. Lorenzo, il solo che insieme all'abbazia di S. Benedetto venne donato nell'anno 1060 dall'ultimo principe longobardo Gisulfo II al Monastero di Montecassino, centro della Terra Sancti Benedicti. 2


Ad ogni modo, che si tenga conto della versione tradizionale della leggenda o della differente lettura appena esposta, l’istituzione al riparo della quale la Schola Salerni potè nascere e prosperare sarebbe stata quindi il monachesimo benedettino salernitano, in particolare, in uno al monachesimo dell' abbazia omonima, quello del Plajum montis. Il che può trovar conferma nella permanenza nella zona, ricca di acque e con condizioni climatiche assai propizie alla coltivazione dei semplici e delle erbe medicinali, di giardini e di strutture riconducibili alla Scuola Medica come il Viridario di Matteo Silvatico noto quale Giardino della Minerva (sec. XIII/XIV) e l' Orto del Monastero di S. Lorenzo (sec. IX/X).

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THE FOUNDATION OF THE SALERNO MEDICAL SCHOOL Somewhere between legend and history …

The legend about the beginnings of the Salerno Medical School refers to a Greek pilgrim named Pontus stopping in the town of Salerno and finding refuge for the night under the arches of the ancient aqueduct in via Arce, Salerno, in south-western Italy. A storm broke out and another wayfarer took refuge in the same place: it was the Roman, Salernus. He had hurt himself and the Greek, at first suspicious, approached the weary traveller to observe more closely the medications that the Latin was applying to his injury. In the meantime, two other travellers had arrived, the Jew Elinus and the Arab Abdela. They too became interested in the wound and, fairly soon, it was discovered that all four were involved in medicine. They decided to form a partnership and to create a school where their knowledge could be pooled and shared. It is a story that is coloured by symbolism: the four wayfarers represent the distinct influences that, when mixed together, led to the development of the School, that is, classical Greek and Latin

wisdom,

with

the

addition

of

Hebrew

and

Arab

knowledge.

According to the characteristics of the actual creation of the traditionalstory itself, it can be said that it grew out of a cultured lay environment. The legend intended to explain the origins of the School. It concerns the flourishing of the School’s golden moment, when, beginning in the 11th Century, the talent of Salerno doctors was provided with the support of translations coming from the Orient of lost classical works in addition to Jewish and Arabic scientific literature. It is not known whether the institution was of monastic origins, a lay derivation, or, more likely, a combination of both. In particular, the legend specifically wants to identify those indicated as the School’s founders. We can consider the Greek Pontus to be Garioponto (the doctor who distinguished himself due to his application of the principles of Greek medicine), the Roman Salernus as Alfano of Salerno (the doctor from Salerno, abbot of San Benedetto, who later became the Archbishop of Salerno under the name of Alfano I, and who introduced Constantine the African to Roberto Guiscardo’s court), the Arab Abdela (from Abd Allah, a Muslim name meaning “Servant of Allah” ) was possibly Constantine the African (physician, and later Benedictine monk, who presented the principles of Arab medicine), and the Jew Elinus (from Eli, which is “God” in 4


Hebrew) could have been Isaac the Jew (the doctor whose work, based on Hebrew medicine, was translated by Constantine). And it is probably no coincidence that the three wayfarers who last came onto the scene are the custodians of non-classical science, which later added to classical knowledge, and that their names refer to their relative religions. Medical syncretism is the flow into a single culture by contributed learning from the Greek gods, the Christian God, the Muslim Allah and the Jewish Eli. What’s more, the legend provides another symbolic datum which is often overlooked, namely the identification of the meeting place of the four wayfarers under the arches of the aqueduct. This is the aqueduct that supplied the monastery of San Benedetto with water. This could symbolise the union between the different scientific cultures taking place under the protection of the Catholic Church, in particular the one of the Benedictine creed that gave so much importance to the caring of the sick. Here we need to think again. Although one should not expect full plausibility in a legend, it does sound strange that travellers - one of whom is injured - imagine that they can find shelter for the night under the arches of an aqueduct: a structure a part of which has been preserved up to our times and is completely open on all sides and cannot offer any form of shelter, least of all for an entire night and during a storm. Near some Salerno monasteries, however, a covered structure with vaulted arches existed (and, partially, still exists), which may well have offered the travellers this shelter. I am referring to the vaults of the road in the Plajum montis neighbourhood of Salerno which leads from the monastery of Santa Sofia on to that of San Massimo and then to that of San Lorenzo, all of which were monasteries founded by the Benedictines. The legend in its original version was then interpolated over the centuries to recall the other Salerno legend relating to the construction of the arches of the aqueduct in only one night by the devil. Probably the second legend did not refer to the aqueduct arches but to the arches and vaults of the road connecting the Benedictine monasteries. This road was of enormous importance as it was the only road at that time which connected the city with the Castle (passing through the Lombard Nova Civitas where the monasteries had been built). Along that axis, themonastery of San Lorenzo was in a strategical position, offering a view that guaranteed a warning against the feared Saracen raids that brought such destruction to the 5


monasteries; it was the only one - together with the abbey of San Benedetto – which, in the year 1060, was donated by the last Lombard prince of Salerno, Gisulf II, to the Monastery of Montecassino, centre of the Terra Sancti Benedicti. In any case, taking into account the traditional version of the legend or the alternative version just expressed, the institution under which the Medical School was founded and prospered could have been through Benedictine monasticism in Salerno, and, in particular, that of the abbey of the same name along with the priesthoods that had their birthplace in Plajum montis. This can be confirmed by the permanence in the area - which is rich in water and with particularly favourable climatic conditions for the cultivation of simple and medicinal herbs of the gardens and structures traceable tothe Medical School, for exampleMatthaeus Silvaticus’s famous Viridarium, knownas “Giardino della Minerva”(13th/14th Century), and the herbs’ garden of San Lorenzo(9th /10th Century).

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