Benvenuto Stracca

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Collana: l’arte del pensiero

Atti del convegno · Ancona il 22 febbraio A.D. MMXIII · Loggia dei Mercanti



Un ringraziamento particolare va a Giovanni Mauro, illuminato mecenate del XXI secolo, grazie al quale è stato possibile realizzare il convegno dedicato a Benvenuto Stracca e gli atti dello stesso

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Collana: l’arte del pensiero

ATTI DEL CONVEGNO ANCONA 22 FEBBRAIO · A.D. MMXIII LOGGIA DEI MERCANTI

a cura di

Gilberto Piccinini Alessandro Mordenti Vito Piergiovanni Gian Savino Pene Vidari Marina Bonomelli Rocco Borgognoni


2014 · Editrice Gabbiano srl · Ancona

©

Grafica e impaginazione Clizia Pavani Finito di stampare nel mese di maggio nell’anno 2014 da Poligrafica Bellomo · Via V. Diomede Gabrielli, 10 · Ancona www.poligraficabellomo.it ISBN: 9788898831012 Per informazioni: Gabbiano Srl · 0719989979 info@adriaeco.eu Immagine di copertina: rivisitazione del frontespizio del “De mercatura decisiones, et tractatus varii, et de rebus ad-eam" Coloniae 1622 Stemma della famiglia Straccha È vietata la riproduzione dell’opera o parte di essa con qualsiasi mezzo se non espressamente autorizzata dall’editore

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INDICE

Benvenuto Straccha

Atti del convegno

Introduzione Prof. Gilberto Piccinini

p. 7

La città di Ancona e Benvenuto Stracca Prof. Alessandro Mordenti

p. 9

Benvenuto Stracca nella Fondazione Mansutti Dott.ssa Marina Bonomelli

p. 47

Il Tractatus “De Nautis, Navibus et Navigatione” Prof. Vito Piergiovanni

p. 57

Benvenuto Stracca, il diritto dei mercanti e il diritto comune Prof. Gian Savino Pene Vidari

p. 71

Al di là della famiglia e della città: una reminiscenza ciceroniana nelle epigrafi sepolcrali di Bernardino e Benvenuto Stracca Dott. Rocco Borgognoni p. 105 APPENDICE IMMAGINI DELLA GIORNATA DEL CONVEGNO

p. 127



BENVENUTO STRACCHA · ATTI DEL CONVEGNO

Introduzione di Gilberto Piccinini

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el portare i saluti della Deputazione Storia Patria per le Marche vorrei innanzitutto ricordare che la sede dell’istituto si trova in piazza Stracca, di fronte all’edificio posseduto per secoli dalla famiglia Stracca e dove visse anche Benvenuto. Il palazzo, come tanti altri del centro storico della città di Ancona, è stato distrutto dai bombardamenti di settant’anni fa e sostituito da un caseggiato dalle tipiche linee architettoniche degli anni del secondo dopoguerra. La perdita dell’antico edificio è stata una delle ragioni che hanno portato al cambiamento di denominazione, negli anni cinquanta del secolo scorso, quando da piazza del Comune, già prima ancora piazza Farina, assunse quella di Benvenuto Stracca, proprio per ricordare nel tempo il giureconsulto nato e vissuto nel XVI secolo su quello slargo. Un’intitolazione che ieri come oggi lascia nella più completa indifferenza la maggior parte dei cittadini anconetani che ignorano chi sia stato Benvenuto e la sua fama che lo annovera tra i maggiori teorici dell’economia, attivo nel Cinquecento ma studiato ancora, a livello internazionale, nelle maggiori università dove si formano gli agenti e gli assicuratori marittimi. La Deputazione di storia patria ha ottenuto la sua attuale sede in concomitanza con la ricorrenza del quarto centenario della morte di Benvenuto Stracca e da subito si mosse per ricordare degnamente la ricorrenza, rivolgendosi innanzitutto ai colleghi della facoltà di economia, da poco tempo non più legata ad Urbino, inserita ormai a pieno titolo nella neonata università di Ancona ma con esiti non molto soddisfacenti. Non fu facile far comprendere agli economisti del XX secolo quanto ancora la lezione di Stracca fosse basilare nella costruzione del diritto internazionale riguardo agli scambi e alla navigazione marittima. Solo la tenacia del presidente Angelini, in piena sintonia con il sen. Alfredo Trifogli, presidente dell’Istituto marchigiano Accademia di scienze lettere e arti, l’altra istituzione culturale che con la Deputazione si era trovata a condividere gli spazi nella nuova sede di piazza Stracca, riuscì a portare a compimento l’impresa di un convegno di studio, che ebbe luogo il 29 marzo del 1980. Come ricordava Angelini, era giunta l’ora, finalmente, di realizzare il “memento” del professor Antonio Malintoppi, docente di Diritto Internazionale nell’università di Roma, ed era l’occasione per vedere la Deputazione e l’Accademia ritrovarsi “dopo tanti anni” su “una strada parallela di lavoro”, non lasciandosi “sfuggire un centenario […] e la maniera di riproporre insieme i valori che vi sono connessi”1. Al convegno parteciparono, oltre al già ricordato Malintoppi, che si occupò dell’attualità di Stracca, il prof. Piero Verrucoli, a quei tempi ordinario di Diritto commerciale all’università di Genova, al quale era stato affidato il compito di valutare l’incidenza dello Stracca nella formazione delle basi del diritto commerciale internazionale, e Alessandro Mordenti, direttore dell’Archivio di Stato di Ancona, il quale tracciò una mirabile sintesi dell’ambiente anconetano del Cinquecento entro cui visse e operò lo Stracca. Gli atti del convegno apparvero a distanza di un anno e nelle intenzioni dovevano diventare propedeutici a lavori di più ampio respiro sullo stesso Stracca, mediante la riedizione critica di alcune delle sue più rilevanti opere, ma che avrebbe dovuto servire pure ad avviare nuovi studi su Ancona e le Marche tra tardo Umanesimo e Rinascimento. Quest’ultimo aspetto sembrava il più adatto ad approfondimenti poiché

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BENVENUTO STRACCHA · ATTI DEL CONVEGNO

importanti passi in avanti si venivano facendo da parte degli storici dell’arte operanti in seno al gruppo guidato da Pietro Zampetti, il quale, dopo la scoperta e la rivalutazione di Lorenzo Lotto, aveva annunciato un grande programma di lavoro, in parte poi realizzato, divulgato sotto l’etichetta di “Rinascimento adriatico”, strettamente legato alla storia delle relazioni marittime sviluppatesi nell’Adriatico tra Quattrocento e Cinquecento, centrate sugli scambi economici e culturali tra le due sponde e che contribuirono all’internazionalizzazione di centri come Venezia, Ragusa (Dubrovnich) e Ancona. Alcuni dei risultati conseguiti nel trentennio passato li ritroveremo nell’intervento odierno del professor Mordenti e scopriremo anche i limiti della ricerca in ambito anconetano, dettata non da scarsità di reperti archivistici o documentali ma da una fin troppo disinvolta politica culturale che ha fortemente limitato a livello locale una reale crescita d’interesse della città e dei suoi abitanti nei confronti di uno dei periodi storici più esaltanti della vita cittadina. E i limiti si riscontrano nell’indifferenza con la quale si è affrontato il quinto centenario della nascita di Benvenuto Stracca, per cui niente s’è fatto nel 2009 e fortunosamente si è arrivati alla data odierna. Se dopo quattro anni si è riusciti a dedicare una giornata di studi a Benvenuto Stracca lo dobbiamo alla tenacia con la quale Giovanni Mauro si è gettato nell’impresa, da vero e profondo estimatore della trattatistica di Benvenuto Stracca. E a lui toccherà ricordare le tappe seguite nel percorso di allestimento della giornata odierna! Ricordavo il prossimo intervento di Alessandro Mordenti su Ancona nel Cinquecento che farà da apripista a quanto dirà poi Marco Moroni con una mira più attenta riguardo alle imprese economiche fiorenti attorno al bacino portuale. Seguirà la relazione del professor Vito Piergiovanni, dell’università di Genova, che si occuperà della trattatistica sulla navigazione, quindi il professor Gian Savino Pene Vidari, dell’università di Torino, e presidente della Società subalpina di storia patria, la prima e più antica in Italia, al quale è stato affidato il compito di valutare lo Stracca nel suo contributo alla formazione del diritto comune. Attendo di ascoltare, col massimo interesse, l’intervento della dottoressa Marina Bonomelli, alla quale è stato chiesto di occuparsi dello Stracca e della storia del contratto di assicurazione marittima ma dalla cui diretta voce potremo apprendere la valenza culturale della Fondazione Masutti di Milano, una delle principali istituzioni a livello mondiale che da tempo raccoglie tutto quanto l’editoria ha prodotto dal tardo Quattrocento fino ai nostri gironi sulla trattatistica relativa a commerci, navigazione, diritto commerciale e così via. Colgo l’occasione per ringraziare, in questa sede, il presidente della Fondazione, l’avvocato Francesco Masutti, e la Direttrice, la dottoressa Bonomelli, per il prezioso dono della riproduzione in dvd del De Assicurationibus, nell’edizione veneziana del 1569, ora a disposizione degli studiosi presso la Biblioteca della Deputazione. Vorrei indirizzare un particolare saluto ai giovani studenti dell’Istituto “Vanvitelli-Stracca” di Ancona e alla Dirigente, la professoressa Paola Guidi, per aver dedicato parte delle ore di studio alla riscoperta di Benvenuto Stracca. Confido che abbiano fatto tesoro delle conoscenze acquisite e che sapranno testimoniarle presso i loro coetanei e concittadini.

1 - Indirizzo di saluto di Werther Angelini in ISTITUTO MARCHIGIANO ACCADEMIA DI SCIENZE LETTERE E ARTI, Benvenuto Stracca nel quarto centenario della morte, Ancona 1981, p. 11.

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La città di Ancona e Benvenuto Stracca Prof. Alessandro Mordenti

obbiamo l’odierno convegno su Benvenuto Stracca, tra i più grandi maestri della scienza giuridica, fondatore del diritto commerciale, all’impulso determinante di un privato imprenditore nel settore marittimo, Giovanni Mauro. Mauro ha fortemente voluto questa occasione nella sua città, Ancona, per onorare l’anconitano antico a cinquecento anni dalla nascita, con la riproposizione di lui, più che con una mera celebrazione, in una giornata della quale si è fatto sponsor e alla quale hanno aderito dando il loro patrocinio la Camera di Commercio, gli Ordini professionali degli Avvocati e dei Commercialisti, la Deputazione di Storia Patria delle Marche, il Comune, la Fondazione Mansutti di Milano, e a cui prendono parte attiva l’Istituto Scolastico Superiore che del giurista reca il nome e i suoi giovani studenti. L’invito di questa giornata è un invito allo studio rinnovato del personaggio, nel campo scientifico, e a una rivisitazione, per così dire, in quello più generale della cultura e della memoria. Rivisitazione che sia una riscoperta, e per la sua città la riappropriazione d’una figura storica del passato, che sempre genericamente ricordata autorevole, è rimasta tuttavia, col tempo, vaga, evanescente: un grande, comunque, ma perché, in che modo? Se in realtà Benvenuto Stracca non è uno sconosciuto, ancora sotto molti aspetti certo è misconosciuto e possiamo dire nei suoi confronti la sua città in qualche modo debitrice. Noi riteniamo un onore e un privilegio quello di partecipare con una relazione introduttiva d’apertura, ma perciò stesso sentiamo la pesante responsabilità di esattamente prospettare la specificità di questa figura di giurista, in modo peculiare anconitano e, insieme, di affascinante statura universale nella sua opera, pur limitandoci ai doverosi spunti e riflessioni sui rapporti che intercorrono tra la città natale e lui, non ultimi quelli di un culto e di una presenza che non sempre la patria gli ha tributato e riconosciuto. Ci auguriamo di riuscirvi giustificando così il titolo di questa comunicazione, altrimenti giudicabile di generica ovvietà. Benvenuto Stracca, anconitano del XVI secolo, è il giureconsulto, avvocato e partecipe del governo cittadino, cui va attribuito il ruolo e il merito d’essere l’iniziatore e primo sistematico del diritto commerciale, distinto nei suoi istituti e soggetti da quelli meramente privatistici; è il precursore assoluto del modo generale e complessivo di organizzare principi e norme per la migliore attuazione e tutela dei rapporti economici. Questa cultura giuridica che permea l’età moderna, non soltanto agisce nella sfera scientifica e influenzerà quella legislativa per tutti gli atti e i soggetti del commercio, ma addirittura si amplia fino a far teorizzare in dottrina la cosiddetta “commercializzazione del diritto privato”, e a contrassegnare incisivamente anche il diritto internazionale. Industria e finanza, nel loro sviluppo storico, sono giunte oggi a dominare i mercati in modo sempre più globale e, come è stato giustamente osservato da Antonio Ma-

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LA CITTÀ DI ANCONA E BENVENUTO STRACCA

lintoppi1 “fanno sì che oggi davvero si debba chiedersi se di fatto e in un ambito che oltrepassi le dimensioni puramente nazionali vi siano le condizioni di base perché il diritto del commercio si sviluppi in un ambiente di effettiva libertà”. Poiché libertà e certezza del diritto sono fondamenti d’una vita sociale giusta e prospera, la figura di Stracca che le perseguì entrambe con rigore tecnico e con ampia visione generale, dovremmo attenderci di trovarla particolarmente studiata e approfondita. Viceversa, ancora nel 1980, Pietro Verrucoli2 lamentava “non esiste una considerazione né analitica né complessiva delle opere di Stracca, manca cioè una specifica trattazione monografica che enuclei le linee fondamentali del pensiero del giurista Anconetano” e della di lui “elevata esegesi e sistemazione concettuale”. È quasi implicito, ma crediamo di sottolinearlo, che questo approfondimento dovrebbe comportare anche una innovativa ricerca sulla metodologia logica che lo ha sorretto nell’utilizzo della cultura giuridica preesistente, al di là della mera casistica o dell’utilizzo sillogistico dei pareri e dottrine dei giuristi “canonizzati”, e sulla autonomia intellettuale che mostra di fronte a quei maestri di cui pure riconosceva il valore, l’analisi dunque dei suoi criteri d’interpretazione funzionale alle mutate esigenze dei tempi, in una evoluzione dell’ aristotelismo che si potrebbe osare di definire quasi “ramista”3. Ovviamente, quanto detto nel testo non attribuisce a Stracca l’appartenenza al novero dei trattatisti teorici del secolo XVI sull’interpretazione del diritto, ipotizza soltanto la possibile ricerca della metodologia logica peculiare, rintracciabile in ogni costruzione sistematica innovativa. La scienza del diritto commerciale, infatti, come ogni particolare problematica, necessariamente riverbera sul metodo e sui criteri d’indagine. Inserito come parte integrante nel De Mercatura, il trattato De nautis può far così motivatamente considerare Stracca tra i padri del diritto marittimo. È fuor di dubbio, data la fortuna editoriale delle sue opere, che Stracca ha avuto, e molto a lungo, un pubblico di utilizzatori, ma non può dirsi che il riscontro sulle opere dei commercialisti suoi successori sia mai stato condotto, complessivamente e in modo esaustivo, a individuarne, oltre le esplicite citazioni, i possibili influssi. Non è questo il luogo per tentare una tale rassegna, compito peraltro delicato quanto impegnativo. Ma come non ricordare, almeno, ad esempio, tra i luoghi dell’opera dello Scaccia ove si fa riferimento all’anconitano, quanto, in tema d’assicurazione egli stimi il predecessore, come rivela la frase “…sed tu in his maturius cogitaturus vide omnino quod scribit Straccha …( e seguono i riferimenti al De Assecurationibus)”, ove il “ maturius” è esplicito? Altrettanto si potrebbe fare per molte altre citazioni nelle Quaestiones e Glossae del Tractatus de commerciis et cambio, ma, lasciando questo primo autore seicentesco, ritroveremmo Stracca nei Responsa del Rocco, nell’ Ansaldis in tema di fallimento o altrove (e non manca qualche rinvio all’Adiectus a provare che tutta l’opera stracchiana era tenuta presente) e giungendo al ‘700, specie dal De Nautis troveremo ancora attingere a Stracca il Targa nel trattare di diritto marittimo; e potremmo arrivare al Casaregis, ma il tema è già debordante… e va lasciato ad altri studi. Quali, oggi, nel 2013, possiamo chiederci, sono i riferimenti che richiamano, che riportano a noi la figura di Benvenuto Stracca, quali i riscontri concreti al personaggio, alla sua vita, che ci consentano di trarne un’immagine, e quale immagine? Non certo i pochi richiami rimasti nelle vestigia e nella topografia urbanistiche della sua città. Oggi porta il suo nome la piazza, panoramica sul porto e su un orizzonte di mare, di fronte al1 - Vedi nota 16. 2 - Vedi nota 16. 3 - Dal francese Pierre de la Ramée (Ramus) le cui Institutiones dialecticae pubblicate a Parigi (nel 1553!) propugnano l’antiformalismo e la concretezza anche nel pensiero teoretico.

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LA CITTÀ DI ANCONA E BENVENUTO STRACCA

l’antico Palazzo Anzianale, presso il quale sorgeva anche la sua casa, cancellata dall’ultima guerra, in sostituzione alla attribuzione toponomastica che, dall’Ottocento, dava il nome del giurista a una via del centro storico, che il biografo di Stracca non trovava, nel 1888, all’altezza dello scopo celebrativo, definendola “viuzza”; dal 1927 un Istituto Tecnico Commerciale statale è a lui intitolato; da qualche anno la Camera di Commercio ha chiamato col suo nome le aule di formazione e aggiornamento della sua sede. Ma nulla è rimasto di quelle impronte, tracce materiali del vissuto, elementi però che divengono spirituali e simbolici per il ricordo e la rievocazione del passato , da ripercorrere in una permanente verifica e stimolo della memoria collettiva sull’esistenza e l’eredità dei grandi. Purtroppo, come è stato per la casa, nessuna di quelle testimonianze ci è rimasta: ritratti, lapidi o monumenti sepolcrali o celebrativi, cimeli, e, per uomini di pensiero e di penna, particolarmente preziosi, diari, autografi delle opere, epistolari, biblioteca dei libri posseduti4. La tomba di famiglia di Benvenuto nella chiesa di San Francesco detta “alle Scale” fu distrutta, nelle varie vicende del monumento, passato con le soppressioni dall’asse ecclesiastico al demanio statale e trasformato in caserma e ospedale, poi restituito al patrimonio ecclesiastico, da ultimo sottoposto a trasformazioni e restauri. Le epigrafi più o meno correttamente trascritte dai cronisti antichi ci sono giunte in diverse versioni. In verità, dopo la sua morte, 1578, spentosi l’eco di condoglianza testimoniato dagli scritti dedicatigli dai suoi intimi, proceduto che fu subito alla sostituzione nel Consiglio generale cittadino nella persona di suo fratello a rappresentare la famiglia, non resta più molta traccia di Benvenuto. Leggiamo, quasi sigillo a una improvvisa precoce freddezza e trascuratezza, che si accentueranno negli anni con poche eccezioni5, l’annotazione burocratica che sembra la conclusione in minore d’una lunga e così operosa vita: “adì 26 9bre 1578 M. Benvenuto Stracca morse nella parrocchia di San Pellegrino e fu sepolto in San Francesco delle Scale”, come reca un registro dei morti nella città6. Sono queste righe che hanno permesso di determinare l’anno di nascita di Benvenuto. Poiché poco prima di morire egli chiede di essere esentato, perché ormai settuagenario e ammalato, dall’essere presente in Consiglio, e poiché sappiamo che egli morirà poco dopo, essendo documentata la decisione immediata di far subentrare nel consesso il fratello, retrodatando di circa settant’anni, giungiamo nel 1509, data natale, che, per ora, non è testimoniata da nessun documento. Stracca dunque ci rimane soprattutto nelle sue opere e in quello che su di lui è stato scritto, e sono i due percorsi ove ricercarlo. Le sue opere sono, nella successione cronologica dell’editio princeps di ciascuna: 4 - Non sono a tutt’oggi conosciuti codici recanti manoscritte le opere di Stracca, né autografe, né per mano di copisti. Della biblioteca, che certo possedette, e ricca ( dato che difficilmente si può pensare che tutta la dottrina riversata nelle sue opere gli fosse presente con metodi mnemotecnici, che, pure, risultano accertati come molto efficaci e praticati nel suo tempo) Stracca non fa cenno nelle disposizioni testamentarie, né altrimenti è finora risultato nella documentazione dell’archivio notarile o di quello comunale (d’ora in poi rispettivamente ANAN e ACAN, conservati in Archivio di Stato di Ancona, d’ora in poi ASAN). Consistente indizio dell’esistenza di essa era anche la decorazione lapidea, che a una finestra dell’abitazione egli aveva apposta, con le parole scolpite “mea urna vitalis”, più che probabile riferimento al suo studio e alla suppellettile scientifica. D’altra parte Stracca in vari luoghi, nel De mercatura, nel De adiecto, accenna a testi in suo possesso, edizioni a stampa o codici. Non è comunque senza importanza, crediamo, che, dal tempo di Benvenuto, non ci risulti nessuna biblioteca storica, privata o no (neppure ecclesiastica), nella città. 5 - GAETANO MORONI, Dizionario di erudizione storico ecclesiastica, Roma 1840-1879, vol. 83 voce Numana, p. 55, ricorda che, per la venuta di Gregorio XVI in Ancona, nell’allestimento ornamentale d’uso, fu posta nella Loggia dei Mercanti, con quella dell’antiquario e archeologo Ciriaco Pizzecolli, una statua di Stracca, di cui però non si seppe mai più nulla. 6 - ASAN ACAN, n. 6027, Catalogo dei morti nella città di Ancona registrati dal cappellano pro-tempore della SS. Annunziata, (“In questo libro…sono scritti li nomi e cognomi di tutti li fedeli defunti ch’hanno avuto ecclesiastica sepoltura… copiati fedelmente da libri vecchi et confusi et messi per alfabeto questo presente anno 1641), c. 29 v.

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LA CITTÀ DI ANCONA E BENVENUTO STRACCA

De Mercatura seu Mercatore Tractatus, Venetiis 1553 De Proxenetis et Proxeneticiis Tractatus, Venetiis 1558 De Assecurationibus Tractatus. De Adiecto Tractatus, Venetiis 1569 Adnotationes ad Aymonis Cravettae Responsa, Venetiis 1580 Questi i cinque titoli che Benvenuto voleva incisi, come lo furono, sulla sua lapide sepolcrale, viatico di immortalità e nobiltà, al di là della dignità di cui, dopo il 1562, era autorizzato a fregiarsi, secondo le modalità e le qualifiche previste nella concessione pontificia del Collegium, di cui diremo avanti, e di cui era presidente, la dignità di Comes et eques auratus, che è riportata nei frontespizi delle due ultime opere. Tutti i suoi trattati concorrono, come l’autore esplicita, al raggiungimento di un quadro teorico concepito completo e organico della materia commerciale, in una sistematische Geschlossenheit, come esattamente definita dal Goldschmidt, e dunque quello del 1558, dedicato agli intermediari, ai sensali, integra, come i due pubblicati insieme nel 1569, il De mercatura, di cui intanto già uscivano nuove edizioni iniziandone un intramontabile successo presso il pubblico dei mercanti e dei giuristi commercialisti. Il De proxenetis mostra chiaramente come Stracca si distacchi dalle opinioni comuni e vada al nocciolo concreto dei temi che tratta, che gli risulta dalla realtà pratica e quotidiana delle situazioni commerciali, per cui alla diffidenza o al disprezzo correnti nei confronti dei mediatori sostituisce l’attenzione alla loro importanza economica. Ai luoghi comuni sui “mezzani” contrappone la lucida percezione “absque proxenetis hisce temporibus vix mercatura possit exerceri….sintque quodammodo proxenetae contractum aliquem inter se ineuntium conglutinatores”, sempre attento alla “materiam quotidianam”, così anticipando la definizione del soggetto mercantile, che verrà data secoli dopo, quale “intermediario tra produttori e consumatori”, nella sua succosa prefazione in cui esplicita le proprie visioni metodologiche e il suo modo di lavorare e anticipa anche posizioni critiche che riprenderà fin nell’ultimo suo libro, le Adnotationes. L’opera del 1569 comprende principalmente l’analisi in quaranta glosse di una polizza in volgare, in uso nella piazza anconitana, ma il metodo di apparente limitazione a esaminare un preciso formulario di copertura assicurativa, non inficia il rendere in realtà un vero disegno sistematico, che emerge pur dalla forma espositiva prescelta, forse per dare una differenza con altre pagine in argomento, quelle del giurista Santerna, di cui torneremo a parlare, o per maggior aderenza alla tipicità del contratto. La dedica all’allora cardinale Ugo Boncompagni mantiene la continuità d’un rapporto, ormai di lunga data, col porporato che incontreremo ancora. L’adiectus, unito nell’edizione, trattatello dedicato ad Antonio Facchinetti, ecclesiastico giurista, futuro cardinale e, per breve tempo, papa, personaggio con qualche pregressa benemerenza acquisita in intricate controversie riguardanti il Comune di Ancona, e sollecito, come amico, presso Stracca a chiedergli il completamento della sua opera sul diritto commerciale, è un saggio di apparente contenuto esclusivamente romanistico, ma come ha giustamente sottolineato il Lattes7 entra abilmente in delicati problemi creditizi e finanziari, introducendo nuovi principi “nella teoria italiana, in forma logica e coerente, da giureconsulto che comprendeva la grande portata delle sue idee e delle sue parole”. Al corpo “solo e unitario” costruito da Stracca, con la costante attenzioni agli istituti rilevanti per il commercio, le Adnotationes restano apparentemente un poco estranee, ma vedremo ap7 - Vedi nota 12.

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presso, invece, come rientrino nella sua coerente visione del mondo giuridico per molti elementi che ci consegnano. Si può ora utilmente passare a una rapida rassegna di quanto (e quando) su Stracca e la sua opera è stato specificamente scritto. Nell’arco di tempo tra l’epoca barocca e l’Ottocento, ripetiamo, Stracca trova poco rilievo, non solo nella sua patria, ma anche nella cultura che potremmo chiamare esterna a quella specialistica tecnico-giuridica dei commercialisti, i quali tutti invero, nei loro trattati, fanno citazioni più o meno copiose delle sue opere se non si limitano a citarlo esplicitamente come padre della disciplina. Ma ben poco spazio gli fanno gli storici cittadini, pur riconoscendone l’influsso e l’esempio nei diversi successori8. Contribuiscono a sbiadire il ricordo, già nella penombra d’una discendenza indiretta, Benvenuto infatti non lascia figli, l’estinguersi della famiglia nel secolo XVIII e lo stesso conseguente passaggio di proprietà della sua abitazione a una nuova casata, quella dei molto popolari conti Fatati. Giustifica la dimenticanza nell’ambiente anconitano fors’anche il clima, post tridentino, controriformista, poi, in un sistema politico stagnante, il fatto che la quasi totalità degli uomini della cultura locale siano ecclesiastici, e Stracca non è un celebre canonista né un dignitario della Chiesa di perciò stesso importante. Mentre, viceversa, per la esigua cultura laica non si presenta ai suoi posteri, anche nella più tarda temperie pre-risorgimentale e nel percorso unitario, uno Stracca ribelle, un intellettuale “frondista”, magari un rivoluzionario, ma solo un cittadino colto e fattivo amministratore, le cui tracce si perdono tra le carte d’archivio e biblioteche specialistiche, avvocato e teorico d’una materia per lo più “riservata ai pratici o ai causidici”. Canonizzato, ora, anch’egli, sì, ma come un notabile del passato o poco più. È solo nel finire del secolo XIX che l’intero Stracca, per così dire, riemerge. Un anticipo di rinnovato interesse per la sua personalità e per il suo tempo, all’inizio degli anni ’80, si riscontra nel contributo non banale dato da Michele Maroni alla conoscenza del Collegio dottorale cinquecentesco in Ancona, voluto e ottenuto dal giurista, il quale dunque finalmente riappare nella storiografia municipale, anche se, in un certo senso, indirettamente. Torneremo più tardi su questo episodio, ma evidentemente qualcosa negli studi e nell’attenzione al cittadino illustre trascurato sta cambiando, come dimostra lo stesso Maroni, che ripercorrendo i secoli passati con criteri aggiornati , lo richiama anche in un volumetto elogiativo delle glorie anconitane9. Subitamente, quasi per una combinazione occasionale, non ad opera questa volta di un concittadino, ma di un professionista forestiero dell’insegnamento, Stracca incontra il suo biografo. Trovandosi a insegnare nell’Università di Macerata sulla cattedra di diritto commerciale - materia da poco entrata autonoma, ufficialmente, nel novero dei corsi accademici – il giovane professore Luigi Franchi pubblica nel 1888 una fondamentale biobibliografia dell’uomo nel quale riconosce “la paternità scientifica” della sua disciplina, meravigliandosi molto dell’incomprensibile oscurità in cui biografisti e storici “specialmente in questi ultimi tempi” hanno lasciato la “bellissima figura” di Benvenuto10. Franchi, nel quasi assoluto silenzio delle fonti letterarie, aggredisce – pionieristicamente e coraggiosamente, con giusta scelta – la documentazione archivistica del Comune antico. Dalle 8 - Sugli storici anconitani che hanno omesso o trascurato Stracca nelle loro pagine, e delle esigue note reperite in quelli che lo precedono nel tempo, riferisce, colpito dal silenzio o dalla freddezza dei più, Luigi Franchi, per il quale si veda la nota 10. 9 - C. FEROSO ( pseud. di MICHELE MARONI ), Ancona semper optimorum ingeniorum domi forique praestantium foecunda genitrix, Ancona 1883. 10 - LUIGI FRANCHI, Benvenuto Stracca giureconsulto anconitano del secolo XVI, note biobibliografiche, Roma 1888. Dell’opera abbiamo una recente ristampa anastatica (Firenze e Glashuetten im Taunus, Auvermann 1975).

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carte, anno per anno, si può dire giorno per giorno, ricostruisce (da positivista?) ogni passo certificabile della vita, soprattutto ovviamente quella pubblica, di Stracca. Una miniera di dati, risolti in una precisa, dettagliatissima cronologia, che – paradosso non sorprendente – ha trovato nella critica di qualcuno il rimprovero d’essere eccessivamente minuziosa, attenta persino a cose insignificanti! Nell’opera del Franchi troviamo ricostruiti, dopo la gioventù studiosa in patria con l’apprendimento umanistico sotto la guida dello spagnolo Ambrogio Nicandro, l’esilio della famiglia a seguito del colpo di mano su Ancona del cardinale Accolti e del suo biennale governo dispotico; la reintegrazione formale dell’autonomia cittadina, mentre Stracca, ancora lontano, studia diritto a Bologna; il ritorno in patria, e poi lo svolgersi della sua carriera di avvocato assieme al cursus honorum ininterrotto nelle cariche del governo comunale. In controluce appare tutta l’amministrazione municipale ormai anche ufficialmente subordinata a Roma con la presenza di un governatore o suoi luogotenenti, a rappresentare la Santa Sede e il controllo della vita politica e del funzionamento delle magistrature locali. Il quadro delle fonti per la biografia di Benvenuto Stracca è dunque ancora oggi quello dei documenti dell’archivio storico comunale cittadino, oggi conservato nell’ Archivio di Stato di Ancona, così come dell’archivio notarile, quale che possa comunque esserne l’utilità della loro rilettura. È notizia dei nostri giorni che, per la presenza di Benvenuto studente e proclamato dottore presso l’università di Bologna e per il suo incarico di Podestà in Ascoli Piceno, siano nelle due sedi rintracciabili documenti che Franchi non vide, né, ovviamente, potè riportare, finora rimasti inediti. Ancorchè, probabilmente, non sovvertano quanto finora, in proposito, nelle linee principali è conosciuto, possono aggiungere precisazioni ulteriori su particolari aspetti di queste due esperienze lontano dalla sua città e precisano dati di qualche interesse. Correttezza vuole che se ne attenda la pubblicazione da parte di chi li ha di recente riscontrati negli archivi ascolani e bolognesi. Seguono nel biennio 1890-1891 gli echi del volume del Franchi nell’ambiente scientifico, un intreccio di recensioni e una puntualizzazione, in risposta, del Franchi stesso, in merito ad un argomento - la figura e l’opera del giurista portoghese Santerna - su cui torneremo ritenendolo essenziale a successive valutazioni complessive. Nei recensori si coglie l’aspettativa di ulteriori studi critici specifici sulle opere di Stracca, attesi magari ancora ad opera del Franchi, che, preso da altri impegni e ormai lontano dalle Marche, e benchè se lo fosse espressamente augurato, non darà più11. Si giunge così al 1909, data dell’anniversario natale, allorchè a Stracca dedica pagine importanti Alessandro Lattes12, di cui le prime parole quanto mai significative che riportiamo: “Quattrocento anni fa nasceva Benvenuto Stracca (…) e poiché un progetto di pubbliche onoranze all’illustre concittadino, iniziato nel 1908 in Ancona, non fu potuto condurre a buon fine, i professori Sraffa e Vivante, direttori della Rivista di diritto commerciale, assai opportunamente, vollero che almeno nelle pagine di essa si ricordasse il primo commercialista italiano” (il corsivo è nostro). Lattes sottolinea, dopo aver proceduto a una ricognizione di tutti gli scritti stracchiani e dei loro temi principali, la dialettica riscontrabile nell’autore tra la necessità di fondare le sue ar11 - G. TAMASSIA, L. Franchi, Benvenuto Stracca… etc., Roma 1888. Recensione in “Archivio Giuridico XLII” 1890, pp. 365-370. Il cattedratico pisano, citandola ampiamente, ripercorre l’opera con positivi giudizi aggiungendo coloriti commenti polemici sui governi ecclesiastici ivi descritti, nel solco di una posizione chiaramente anticlericale. Più significativo è il fatto che anch’egli auspichi ulteriori approfondimenti sul tema dello Stracca sistematico (“Un pensiero tanto pratico e che ha lasciato una impronta così straordinaria nella scienza”) anche se premette “Oggi non c’è buon vento per questi studi”. LEVIN GOLDSCHMIDT, Benevenuto [sic!] Straccha anconitanus und Petrus Santerna lusitanus. Recensione in “Zeitschrift fuer das gesamte handelsrechts”, a. 38 (1890), pp. 1-9. L. FRANCHI, Goldschmidt: B. Straccha anconitanus und Petrus Santerna lusitanus. Recensione in “Rivista italiana per le scienze giuridiche” XI, f. I, 1891, pp. 104-107. 12 - ALESSANDRO LATTES, Lo Stracca giureconsulto, in “Rivista di diritto commerciale” VII (1909), pp. 624-649.

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gomentazioni nella lettera o nel contenuto dei testi romanistici e la coscienza dei nuovi bisogni del commercio, emergenti nella prassi quotidiana del tempo: il rapporto fra tradizione e innovazione nella indipendenza verso i doctores canonizzati, i Glossatori e Commentatori del Diritto Comune. Arriveremo agli anni ’50 del secolo senza che il più volte auspicato lavoro critico su Stracca prosegua e s’accresca. Una forse troppo semplice spiegazione potrebbe essere quella dell’attenzione preminente che tutti i corsi – e i testi – universitari di storia del diritto italiano, dall’Ottocento fin quasi ai giorni d’oggi, hanno dedicato agli istituti e ai personaggi, legislatori o giureconsulti trattatisti che fossero, compresi nell’arco temporale che dal tardo antico giunge al Rinascimento, e, privilegiando tale interesse, solo brevi cenni hanno così destinato ai secoli successivi sino all’Illuminismo, alla codificazione, alle vicende istituzionali contemporanee, eventi questi ultimi divenuti solo non da molto tempo fertile campo della ricerca. La stessa Enciclopedia Treccani, monumento ufficiale degli studi dell’Italia anni ’30 del Novecento, è stata estremamente sobria nella voce Stracca, sintetizzando essenzialmente in poche righe, contrariamente a quanto dedicato ad altri giuristi del passato, notizie desunte dal Franchi e dal Lattes, citati in una scarna bibliografia. Parimenti il più recente Dizionario Universale Bompiani (1963-1966) degli autori e delle opere, si limita a una breve e non chiarissima voce di Federico Caffè. Sulla stessa scia vanno alcune enciclopedie e dizionari biografici, fino ai nostri giorni, quando poi, come già trovava, dolendosene, Franchi ai suoi tempi, in non poche raccolte, Stracca non compaia proprio. Nel 1958 appare una breve ma interessante nota, dovuta a Roberto Ascoli, nelle Memorie dell’Istituto marchigiano di scienze lettere ed arti13, dal titolo “Benvenuto Stracca giureconsulto anconitano”, della quale nuovamente le prime parole non possiamo non sottolineare: “Nelle celebrazioni ufficiali delle glorie marchigiane” (è il programma realizzato sulla cultura regionale dalla Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti, nell’anno 1934)14, egli scrive, “non ha figurato il nome di Benvenuto Stracca. Sia oggi consentito, sotto l’egida del nostro istituto, di rievocare questo grande Maestro del Cinquecento”. È con qualche sconcerto patetico che si leggono queste pagine, pubblicate nel 1958, giacchè sono in realtà state scritte nel 1939, prima del conflitto mondiale, motivate dal mancato omaggio pur in un’occasione quanto mai propizia, fatto purtroppo ricorrente, ma non meno rivelatore. La guerra ha, dunque, già cancellato l’ultima memoria topografica di Benvenuto, la sua casa, della quale, tra l’altro, l’Ascoli cita alcune delle significative iscrizioni lapidee postevi da Stracca, purtroppo non completandone la descrizione, forzatamente parziale, già fattane dal Franchi, e ne parla come di cosa esistente, richiamandovi ulteriori attenzioni. Il breve profilo che traccia Ascoli comprende un sommario dei capitoli del De Mercatura e, tra i commenti, anch’egli ripropone il “perché (...) vide la luce proprio in Ancona?”. Il quesito non retorico è seguito, tra le motivazioni ipotizzate, dalla esatta osservazione che nell’Ancona di Stracca vigeva il divieto dei “pubblici uffici a chi non esercitasse la mercatura o altra arte laudabile”, sancito dalle Constitutiones della città, e ancora dalla significativa sottolineatura: “il cambio marittimo per la prima volta [ha ricevuto] il nomen juris in Ancona nel 1397, espressamente nella rubrica terza degli Statuti del mare”. Conclusivamente Ascoli rinnova l’auspicio che l’attesa di studi ulteriori non sia lunga, 13 - ROBERTO ASCOLI, Benvenuto Stracca giureconsulto anconitano, in “Rendiconti dell’Istituto marchigiano di Scienze Lettere ed Arti”, vol. XVIII (1950-1954), Ancona 1958, pp. 54-60. Dopo la cesura bellica, in una città prostrata da disastrosi bombardamenti, e nelle generali difficoltà economiche del Paese, anche per gli istituti culturali la ripresa fu necessariamente lenta, con i conseguenti ritardi editoriali dei testi rimasti giacenti. 14 - AA.VV., Celebrazioni marchigiane. Settembre - ottobre 1934, voll. 2, Urbino 1935.

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ricordando “con una punta di orgoglio e commozione” che “il nome del giureconsulto è sempre accoppiato al nome di Ancona” sicchè Ancona deve “onorare in lui non solo il giurista ma anche il figlio devoto e fedele”. Qualche anno più tardi, nel 1966, sollecitato anche da questo richiamo, appare (sia scusata l’autocitazione, necessaria per completezza) un nostro contributo di alcune pagine, accolto nella rivista “Quaderni Storici delle Marche”, fondata e diretta da Alberto Caracciolo, docente di storia economica nella neonata facoltà di Ancona. Con esso abbiamo cercato di richiamare in un’ottica più generale la vicenda, i caratteri di novità, le visioni anticipatrici del giurista anconitano15. Quattordici anni dopo, nel 1980, l’Istituto Marchigiano Accademia di Scienze Lettere ed Arti promuove un convegno di studio in Ancona, con l’adesione della locale Camera di Commercio (e saranno i due enti a pubblicare un quaderno di atti della giornata16), al fine di “celebrare il 400esimo anniversario della morte” di Stracca. Vari interventi, di saluto e presentazione, e tre relazioni tematiche si sono succedute in un denso programma, prospettando anche successivi lavori di approfondimento sui diversi piani di ricerca evidenziati nelle diverse trattazioni. Ma, ancora una volta, la realizzazione dei progetti più vasti non si è concretata, fino agli anni più recenti a noi vicini. Il ritorno di Benvenuto al centro di attenzioni scientifiche, che riscontriamo, da ultimo, nell’immediato ieri, vede, tra coloro che vi si dedicano, anche illustri relatori odierni, il contributo dei quali emergerà implicitamente da quanto riferiranno nella presente sede, e pertanto nel terminare questa sintetica rassegna dei cultori di Stracca nell’ultimo secolo, possiamo concludere con la soddisfazione di vedere nei più recenti studiosi e nella loro opera nuovamente uno Stracca protagonista nel panorama degli studi italiani, e stranieri anche, nei quali ultimi alla costante ammirazione, sia pure espressa spesso incidentalmente o estemporaneamente, si unisce, anche dietro l’esempio di quelli, la via di originali trattazioni esegetiche e critiche17. Ma Ancona, la città di cui nei frontespizi delle sue opere Stracca veniva costantemente chiamato cittadino, come lui stesso poi si professava in molti luoghi di esse, era solo un riferimento, tra l’altro consueto nell’editoria antica e nelle individuazioni patronimiche, o appare essere lo sfondo significativo del ritratto personale, un panorama consentaneo al protagonista? La fama del porto di Ancona, fino dal tardo antico continuata nell’età moderna, è quella di uno scalo la cui importanza commerciale deriva dall’essere tappa intermedia dell’asse di comunicazioni tra l’Est e l’Ovest, tanto di merci che di uomini18. Contribuiscono a caratterizzarla nel 15 - ALESSANDRO MORDENTI “I giuristi e la nascita del mondo moderno: Benvenuto Stracca anconitano”, in “Quaderni Storici delle Marche” (successivamente “Quaderni Storici”), 2 , Maggio 1966, Ancona 1966, pp. 236-259. 16 - AA.VV., Benvenuto Stracca nel quarto centenario della morte. Convegno di studio, Ancona 29 marzo 1980, (Ancona 1981). (Contiene: ALFREDO TRIFOGLI, Introduzione; GUIDO MONINA, Indirizzo di saluto; WERTHER ANGELINI, Indirizzo di saluto; ALESSANDRO MORDENTI, Un anconitano del ‘500: Benvenuto Stracca, pp. 15-27; PIERO VERRUCOLI, L’opera di Benvenuto Stracca, pp.31-40; ANTONIO MALINTOPPI, Attualità del Diritto commerciale internazionale, pp. 43-50). 17 - Cfr. CHARLES DONAHUE, Benvenuto Stracca’s De Mercatura: was there a Lex Mercatoria in Sixtheen-Century Italy?, in From Lex Mercatoria to Commercial Law, (a cura di V. PIERGIOVANNI), Berlin 2005. 18 - Della più recente e documentata letteratura che, basandosi sulle carte d’archivio (soprattutto fondi dell’archivio storico comunale di Ancona, ACAN, di quello notarile, ANAN, entrambi conservati in ASAN), sottolinea il ruolo non secondario di Ancona nell’economia mediterranea, ci limitiamo a citare PETER EARLE, The commercial development of Ancona, 1479-1551, in EHR serie II, XXII (1969) n.1, pp.28-44; JEAN DELUMEAU, Ancone trait d’union entre l’Occident et l’Orient à l ‘époque de la Rénaissance, in Societés des compagnies de Commerce en Orient et dans L’ocean Indien, Paris 1970, trad.it. in “Quaderni storici” 13, 1970, pp. 26-47: Un ponte tra Oriente e Occidente. Ancona nel Cinquecento; T. POPOVIC, I rapporti commerciali tra Dubrovnik ed Ancona nella seconda metà del ‘500, in “Recueil de travaux de la Faculté de Philosophie Université de Belgrade XI, 1”, Melanges Jorio Tadic, Belgrado 1970 ; ELIHAU ASHTOR, Il commercio levantino di Ancona nel Basso Medioevo, RSI, LXXXVIII/2 (1976) pp. 215-253; AA. VV., Ancona e le Marche nel Cinquecento. Economia, società, istituzioni, cultura, Ancona 1982. Nell’immaginario collettivo Ancona, per gli stranieri, per i viaggiatori, per i mercanti è porto. Per così dire, questa è l’immagine, questa è la funzione che le si attribuisce e le si riconosce. Abbiamo personalmente avuto la sorpresa, qualche anno fa, durante un viaggio in Cecoslovacchia, di ritrovare nell’etichetta di una marca di birra locale assai diffusa, Schweikbier Brauerei Rakovnik, riportata attualmente la massima, già adagio medievale “Unus Papa Romae, una turris Cremonae, unus portus Anconae, una ceres Racovniae”, il che, crediamo, non abbisogni di commento.

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passato l’esistenza di locali norme marittime ben conosciute dai naviganti, pur senza il prestigio di altre normative divenute sui mari antonomastiche (lex Rodia, Capitula barcinoniensia), e, con esse, tutta una serie di trattati, patti e reciproci privilegi commerciali che la collegano con Ragusa, Firenze, Zara19. La città, il cui territorio, al di fuori della forma urbis vera e propria, è un esiguo contado con poche castella strategiche, anche nel massimo splendore del Comune, non è mai riconoscibile come reale repubblica marinara, cioè una dominante potenza navale (a parte autocelebrazioni campanilistiche, appare pacifico che le mancano una vera e permanente marina militare e la competizione talassocratica anche bellica, come gestita da parte di Genova, Pisa, Venezia, e pure conquiste e possedimenti in Italia o transmarini ove essa eserciti il pieno dominium) riconosciuta storicamente come tale, specie nei rapporti coi competitori. Si è sempre limitata a fondaci, consolati, rappresentanze, per quanto attive e durature, come a Pera e Alessandria, e a godere la reputazione di riuscite occasionali presenze armate, in alleanze momentanee o fatti episodici di conflitto navale. Anche Benvenuto può vantare in famiglia antenati i quali hanno meritato fama in imprese di questo tipo20, che non mancano anche nel suo secolo: anconitani saranno infatti a Lepanto, nel 1502 Cinzio Benincasa partecipa con due galere alla spedizione pontificia detta “armata di Santa Maura” in aiuto dei Cavalieri di Rodi contro i Turchi. Ma è dal mare che la circonda che Ancona ha l’investitura a posizionarsi al centro d’una permanente ed essenziale corrente di traffici tra l’Est e l’Ovest, dai quali trae la determinante vocazione commerciale che la caratterizza, particolarmente nell’epoca che ci interessa, quella di Benvenuto Stracca. Le famiglie magnatizie noleggiano o armano navi mercantili (così i Ferretti, ad esempio, o i Benincasa21, dei quali ultimi, oltre che mercanti, alcuni esponenti sono riconosciuti quali provetti e ricercati cartografi, il celebre Grazioso su tutti e suo figlio Andrea, al pari degli Eufredducci) e appaltano o supportano l’approvvigionamento dei prodotti dal Levante in proprio o ne sono intermediari in favore di compagnie o singoli commercianti forestieri, talvolta rappresentati autorevolmente in città, toscani, fiorentini, senesi. Il conte Francesco Ferretti, rampollo della famiglia forse più importante della città, farà uscire nel 1558 i suoi Diporti notturni, dissertazioni in cui ha tessuto una illustrazione di Ancona, del suo porto, della vita quotidiana, testimoniando i traffici, le presenze multinazionali, la mentalità aperta e cosmopolita, e ove inoltre, significativamente, nel Notturno ottavo, comprende specificamente un Isolario, guida geografica delle isole del Mediterraneo dalla Sicilia alla Grecia a Cipro, Malta e le Baleari e perfino l’Inghilterra, in ventisette incisioni dovute al Marrelli “della forma e postura di quelle più importanti”. Un vero vademecum per i concittadini naviganti e mercanti. Vivono ad Ancona schiavoni, veneziani, greci, albanesi, turchi, ragusei come le famiglie Gondola, cooptate in Consilio, o il ricco mercante Gozzi alla devozione del quale si deve la commissione, e oggi la presenza in Ancona, d’un mirabile Tiziano22. 19 - La legislazione marittima anconitana medievale ha avuto diverse pubblicazioni, anche se mai, come del resto gli statuti cittadini, edizioni critiche né moderni studi monografici. Cfr. CARISIO CIAVARINI, Statuti anconetani del mare, del Terzenale e della Dogana e patti con diverse nazioni, (Fonti per la storia delle Marche, vol. I), Ancona 1896, dopo la pubblicazione fattane per primo da JEAN MARIE PARDESSUS, nel volume V della sua Collection des lois maritimes, Droit maritime des états pontificaux. La più recente edizione è: Ancona e il suo mare. Norme patti e usi di navigazione nei secoli XIV e XV. Voll. 2, I: Statuti del Mare. Patti del Comune di Ancona con diverse nazioni, II: Il Portolano di Grazioso Benincasa, (s.n.t.) (ma Ancona 1998). 20 - L. FRANCHI, Benvenuto…, cit., pp. 14-15, cita la documentazione in merito alla cittadinanza genovese concessa alla famiglia Stracca in perpetuo, per meriti acquisiti nella difesa di Famagosta (1441). 21 - FILIPPO M. GIOCHI, ALESSANDRO MORDENTI, Annali della tipografia in Ancona 1512-1799, Roma 1980, pp. 44-45. 22 - Ancona e le Marche per Tiziano. 1490-1990, Ancona 1990, specie p. 20 e bibliografia.

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Particolari, tra tanti rapporti cosmopoliti, quelli con stranieri appartenenti ai dominii della Sublime Porta. Nell’equilibrio, variabile, ma essenziale per i traffici con quell’impero, della situazione internazionale, Ancona ottiene privilegi speciali concessi dal Sultano: esemplari sono i firmani che indirizzavano i traffici dei suoi sudditi su Ancona a scapito della concorrente fiera di Recanati o concedevano altri vantaggi commerciali, e sono tuttora conservati nell’archivio storico comunale quelli di Solimano il Magnifico del 155423. A un tale ambiente corrispondono peculiari caratteristiche, formali e contenutistiche, rilevabili nella quotidianità degli atti negoziali, e ne abbiamo la prova in una esemplificazione di convenzioni, riportante il corrente costume legale degli operatori, nella redazione coeva di un formulario contrattuale, un caso di documentazione non frequentissimo nelle carte dell’epoca giunte sino a noi, e tanto più significativo per le differenze riscontrabili rispetto a consimili fonti reperite per altre piazze. Si tratta di un registro, compilato da tale Clemente Franchi da Polverigi, castello di Ancona, probabile scrivano in qualche ufficio di curia o bottega notarile, manoscritto contenuto in un codice della Biblioteca Valentiniana di Camerino. Sono predisposte un centinaio di formae instrumentorum, nell’insieme una testimonianza, nella generale rarità di tali manuali pratici, di unicità esemplare – sottolineata da Mario Chiaudano, che ha segnalato il documento, rilevando la inconsueta presenza di specifici contratti marittimi, che risultano conformi agli statuti cittadini, e, in generale, ai corrispondenti luoghi nell’opera posteriore di Stracca24. Fin dal tardo antico Ancona ha ospitato una consistente presenza ebraica. Lo stesso patrono della città, prima d’essere il santo martire Ciriaco, il cui corpo si conserva e venera nella cattedrale, è stato il rabbino di Gerusalemme che, convertitosi, diviene l’inventor verae crucis, autore del leggendario ritrovamento del sacro legno di Cristo, consegnato poi all’Imperatrice Elena, madre di Costantino25. È indiscutibile che, come altre comunità ebraiche, quella che può dirsi da sempre anconitana veda coesistere i propri precetti, pratiche e usi cultuali e interfamiliari, dunque religiosi o privati, chiusi e rigorosamente separati, con gli atti pratici di condivisione dei rapporti con gli istituti e soggetti della vita economica “cristiana”, in una osmosi voluta e utilizzata anche dalle istituzioni e poteri entro i quali appunto la minoranza stessa opera e vive, ampiamente riscontrabile negli atti del Comune e nella documentazione notarile. Nel reciproco influsso, anche quando le aristocrazie cittadine tra secolo XVII e XVIII, progressivamente rifuggiranno dalla diretta gestione delle attività economiche, la nobiltà di reggimento della patria di Stracca si farà vanto dell’intraprendenza nei traffici e della fama mercantile, sicchè pur in un declino condiviso dall’intera penisola, ed esemplare nel lento ma 23 - ASAN ACAN, Fondo diplomatico, ad annum, n. 74 bis (ex LIX bis). 24 - MARIO CHIAUDANO, Contratti marittimi in un formulario anconitano del secolo XV, in Studi in memoria di F. Vassalli, Torino 1960, pp. 325-347. Il Chiaudano, vogliamo ricordare, è uno dei docenti universitari, tramite i quali, da tempo, Genova mantiene, nell’interesse ai temi commerciali o relativi in particolare a Stracca, un felice gemellaggio con Ancona. 25 - Il maestro spagnolo di Stracca Ambrogio Nicandro, stabilitosi in Ancona, è l’autore del poemetto Crux inventa. Cyriacus discruciatus. Addita est Aedis lauretanae origo, stampato in Ancona nel 1532 con prefazione di “Vinnutus Straccha”. ALESSANDRO MORDENTI, I Benincasa. La famiglia, il palazzo, la biblioteca, Ancona 2008. Su Cinzio, p. 16-21. Su Grazioso e Andrea cartografi, con cenni agli Eufredducci o Freducci, p. 26. Su Stefano grande mercante, p. 31 sgg. Il portolano di Grazioso è pubblicato in fac-simile in Ancona e il suo mare, cit. alla nota 19. FRANCESCO FERRETTI, Diporti notturni, dialloghi familiari (…) con la dimostrazione figurale intagliata da Michel’Angelo Marrelli anconitano, Stampato in Ancona appresso Francesco Salvioni 1580. (ALESSANDRO MORDENTI Vita quotidiana e modelli di cultura in una periferia dello Stato pontificio nei secoli XVI – XVII, in La famiglia e la vita quotidiana in Europa dal ‘400 al ‘600, Roma 1986, pp.375-406, passim.). A partire dal Franchi è costante la sottolineatura delle perdite subite dagli archivi familiari delle antiche famiglie di reggimento anconitane, che abbiamo più volte lamentato come mancata fonte privata utilizzabile dalla storiografia; nel nostro caso un danno che si somma alla distruzione delle carte delle giurisdizioni mercantili precedenti l’Ottocento. Su tutte queste lacune della documentazione anconitana ci limitiamo a rinviare a ELIO LODOLINI, Problemi e soluzioni per la creazione di un archivio di Stato (Ancona), Roma 1968; A.MORDENTI, L’inventario Angelini Rota dell’Archivio storico comunale di Ancona, in Studi anconitani, (Ancona) 1992; ID., L’Archivio di Stato di Ancona, in Ricerca della città. Materiali. (Ancona) 2002.

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percepibile tramonto della metropoli Venezia, si manterrà il condiviso modello culturale anconitano che collima sostanzialmente con quello comune alla minoranza ebraica, componente essenziale dell’economia cittadina, prima e oltre l’istituzione dei ghetti (1555). Questo modello si può sintetizzare in libertà e correttezza dei traffici, liceità del profitto e degli strumenti giuridici necessari26. Benchè non integrati, anzi studiatamente separati, da parte della società cristiana, fino alle estreme costrizioni del “ signum”, Veduta di Ancona con i bastioni. CIAMBORLANI l’umiliazione obbligatoria, che veniva nor- (1593), Ancona Pinacoteca civica mativamente comminata, sospesa, riapplicata con interessata alternanza, e alla segregazione nel “ghetto” (per lo Stato della Chiesa e per Ancona dalla bolla Cum nimis absurdum in poi), gli ebrei, specie quando, e in quanto,” publici bancherii”, di quella società, per usare le parole della Bonazzoli, “costituivano un cardine”. Già Elihau Ashtor e Viviana Bonazzoli con grandissima documentazione tratta dai notai anconitani, hanno ricostruito l’importanza della simbiosi delle componenti a cui abbiamo accennato. In particolare Bonazzoli ha precisato le peculiarità assunte e mantenute in Ancona dal prestito ebraico – a prescindere dalle tipologie: prestito “su carta”, “al consumo”, rapporti di banco e comunque pratiche del “feneratizio” – differenziazioni originali dell’area locale sia da quelle marchigiane sia da quelle di più lontane città commerciali. Ed esattamente precisa Bonazzoli che in Ancona, “nel corso del Quattrocento, il vero obiettivo del ceto dirigente locale, che è un ceto mercantile, non è tanto l’esercizio dell’attività politica, quanto la facoltà di operare scelte in campo di politica economica”. Cosicchè, contrariamente ad altre collettività regionali, le quali sentono il bisogno di mostrare a chi effettivamente governa, che il Comune tuttavia esiste come entità politico-istituzionale e quindi hanno bisogno di provare a contendere alla fonte di potere superiore concreti spazi per esercitare l’autorità, tutto questo non condiziona Ancona, che non si pretende metropoli espansionistica, militare e neppure agricola sull’hinterland a differenza mutatis mutandis di Jesi, o monopolisticamente manifatturiera come Fabriano, ma è e vuole essere principalmente piazza di commercio di transito, essenziale alle vie del traffico nelle quali trova prosperità e che vuole garantirsi27. Acquista importanza, nel periodo che quasi coincide con l’attività pratica e l’esperienza giuridica di Stracca, in un momento economico ancora propizio della città nei costanti rapporti transnazionali di cui è partecipe attiva la minoranza ebraica, uno specifico episodio, a nostro avviso incisivo e determinante, nel bene e nel male, per la percezione e valutazione del peso e delle implicazioni della vocazione commerciale nel modo di pensare degli anconitani, particolarmente in quello di Benvenuto Stracca. Si tratta dello stabilirsi in Ancona, tra la fine del Quattrocento e il 1556, di una università o nazione portoghese sefardita, una comunità cioè 26 - Cfr. F.M. GIOCHI. A.MORDENTI, Annali… , cit. p. 80-81. 27 - VIVIANA BONAZZOLI, Il commercio ebraico di denaro e di beni ad Ancona nel ‘400, in Il prestito ebraico nelle economie cittadine delle Marche tra ‘200 e ‘400. Quaderno monografico di “Proposte e ricerche”, nr.8, [Ostravetere] 1990, pp. 133-157, specie pp. 134-136.

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di quei profughi ebrei, espulsi dalla penisola iberica come “marrani”, e, in novella diaspora, dispersisi in Europa e oltre28. Tutte le vicende di quella “minoranza nella minoranza”, fino alla tragedia di un autodafè eterodiretto da Roma29, non possono non avere avuto nel testimone Stracca la attenzione lucida di un esponente del governo cittadino, per di più avvocato e giurista commercialista, dalla mente soprattutto e da sempre disposta a basarsi e formarsi sui dati concreti dell’esperienza. La bufera dell’esecuzione dei Lusitani, processati e giustiziati con le sue procedure dall’Inquisizione, il conseguente esodo della loro comunità per altre sedi, siano Pesaro o lo stato di Urbino, altrove in Italia o a Costantinopoli, il successivo boicottaggio e blocco commerciale al porto di Ancona da parte degli operatori internazionali ebrei, risposta significativa e, per quanto di breve durata, preoccupante per la città, non possono non aver colpito il giureconsulto anconitano. Non stupisca, peraltro, che il nostro giurista, come del resto il gemello Santerna (sul quale insisteremo appresso), questi addirittura ebreo e forse marrano, non riporti nelle sue opere, in riferimento agli ebrei, se non i tralatizi e obbligatori luoghi comuni di ammonimento moralistico o biasimo per eccessi speculativi, che alla luce dei divieti e vincoli canonici – non soltanto in tema di usura – si richiedevano a coloro che si occupassero di trattare didatticamente le operazioni finanziarie e creditizie, un tributo negativo abituale a cui sottostare, come salvacondotto e approvazione per le loro pagine. Ma certo i profondi legami con la realtà economica, anche quella condivisa con la dinamica imprenditoria ebraica locale ed esterna, improntavano il modo di considerarla attraverso gli istituti giuridici. La ormai copiosa letteratura su tali avvenimenti, con cui storici e studiosi ripercorrono l’evento anconitano, riconosce come esso abbia subito in passato una rimozione, tanto condivisa che, persino!, certe fonti lo diano per non avvenuto. Ma tutto il mondo ebraico, compreso l’internazionalismo lusitano nel comune interesse commerciale, all’interno del microcosmo anconitano, data la sua rilevanza, non poteva non avere avuto profonde suggestioni e lasciato chiare tracce. Un preciso episodio di storia della letteratura giuridica ha questi colori, seguiamolo. Quando il capolavoro innovatore della metodologia giuridica, il De mercatura, viene stampato a Venezia nel 1553, è stato preceduto l’anno prima, sempre nei torchi veneziani, da un altro testo giuridico, il trattato del portoghese Pedro De Santarem (Santerna) sulle assicurazioni30. Ad ogni modo è la longevità di Pietro Trionfi e non quella (del tutto non determinabile stante il buoi biografico) del Santerna che potrebbe far considerare contemporanei i due personaggi certo intorno alla presumibile data di composizione e di redazioni per mano di copisti dell’opera del portoghese, quando, nato nel 1465, Trionfi è sulla trentina. La sopravvivenza fin verso il 1552 del Santerna che il Maffei (op. cit., p. 55, nota) bolla come “inverosimile” è pe28 - V. BONAZZOLI, Ebrei italiani,portoghesi, levantini sulla piazza commerciale di Ancona intorno alla metà del Cinquecento, in Gli Ebrei e Venezia. Secoli XIV-XVIII, Milano 1987, pp. 727-770; IDEM, Una identità ricostruita. I Portoghesi di Ancona dal 1530 al 1557, in “ZAHOR” V 2001-2002, pp. 938. Sulla vicenda della presenza lusitana, della persecuzione e conseguenze, con molti dati su commercianti e prestatori, citiamo tra le sue varie pubblicazioni, per importanti dati sui rapporti internazionali di tali soggetti, AARON LEONE LEONI, Per una storia della Nazione portoghese ad Ancona e a Pesaro, in La identità dissimulata (a cura di P.C. Joly Zorattini), Firenze 2000; IDEM, La Nazione ebraica spagnuola e portoghese di Ferrara(14921559). I suoi rapporti col governo ducale e la popolazione locale e i suoi legami con le Nazioni portoghesi di Ancona Pesaro e Venezia, voll. 2, Firenze 2011, IDEM, Alcuni esempi di quotidianità imprenditoriale tra Ferrara Ancona e Venezia, in “ZAHOR” IV 2000, pp. 57-114. Con LETIZIA CERQUEGLINI, Verso una “ nuova” storia degli ebrei di Ancona: gli archivi e le fonti, in Ebrei a Roma e nei territori dell’ex Stato pontificio. Secoli XVI-XX, numero monografico di “Archivi e cultura”, XLII N.S., Roma 2009, pp. 29-52, che sottolinea della comunità ebraica anconitana la “realtà periferica ma importante e strategica”. AA. VV., Ebrei nelle Marche. Fonti e ricerche secoli XV-XIX (a cura di Luca Andreoni), (Ancona) 2012, che contiene vari contributi specifici su Ancona, abbiamo sul tema della minoranza ebraica cittadina recenti aggiornamenti. 29 - Per la vasta letteratura sull’ “autodafè” del 1556 in Ancona, nella quale gli aspetti economici sono frequentemente ricordati, nell’impossibilità di darne anche solo una selezione, si rimanda ai saggi di V. Bonazzoli, citati nella nota 28, ove ampia bibliografia aggiornata di riferimento.

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raltro solo una sua ipotesi, come il rapporto che egli sembra sottintendere da noi preteso esistere tra Santerna e Giovanni Battista Trionfi, il Maffei inserendo forzatamente (con proprio corsivo) questo secondo personaggio nel nostro testo da lui citato. L’edizione avviene proprio a cura di un ottimate anconitano, l’avvocato Giovanni Battista della preminente famiglia di mercanti, possidenti, giuristi e costanti partecipi del governo comunale, colleghi dunque di Stracca, i Trionfi, che, in questo caso specifico, con lui proprio concorrono a trasferire nella dottrina i fondamenti d’esperienza commerciale accettati e praticati nella piazza anconitana. Il manoscritto dell’opera era in mano di Pietro Trionfi, che, come ricorda esplicitamente Stracca, da lui richiesto di lasciarglielo studiare, l’aveva rifiutato. La “concorrenza” del Santerna con Stracca non appare casuale. Tra l’altro prova del rapporto attento degli anconitani col mondo culturale ebraico portoghese, è soprattutto il manifestarsi di una sensibilità particolare nella materia dei traffici e nel volere una sua opportuna definizione dottrinale, non solo evidentemente richiesta nell’ambiente dei mercanti, cosa che sottolinea spesso Stracca, ma nelle sfere dell’oligarchia di governo, ceto in definitiva espresso da quell’ambiente e da esso caratterizzato. Su questo fonderemo molte nostre considerazioni. Giovanni Battista è nipote, in quanto figlio del fratello Giovanni, all’ormai quasi novantenne Pietro Trionfi (1465-1555), da identificarsi nel longevo canonico e pievano del castello di Varano, ma più che su Giovanni, autore firmatario della dedicatoria nell’edizione del 1552, il nostro interesse è da rivolgersi a Pietro, che ha, come tutta la famiglia, una vivacissima attività economica, ma che in particolare appare, negli atti notarili, collegato ad Ambrogio Nicandro, l’umanista a suo tempo maestro di Stracca, che risulta abitare in una casa dei Trionfi, ed essere tra l’altro protagonista in una procedura di tabellionato, quindi non estraneo ad attività pratiche e legali: tutto ciò mostra indubbiamente la stretta rete di rapporti esistenti tra i vari 30 - L. FRANCHI, Benvenuto…, op. cit., p. 138 e 155, ha, tra gli altri, il merito d’aver proposto il Santerna, fino allora pressochè dimenticato malgrado la fortuna editoriale del suo trattato, al dibattito scientifico moderno , e, nello scambio di note con il Goldschmidt, di aver contribuito alle prime ipotesi di cronologia della redazione dell’opera, le cui date in entrambi sono peraltro del tutto approssimate, nell’oscurità appurata di dati sulla vita del giurista. MOSES BENSABAT AMSALAK, Santerna, iurisconsulto portugues do sec.XVI, Lisboa 1917; ID., O tratado de seguros de Pedro de Santarém, Lisboa 1958. Malgrado varie successive anastatiche, traduzioni e commenti del trattato, ben poco tuttora si conosce della biografia del Santerna, specie delle sue vicende in Italia, come lamentava già ARMANDO CASTRO, As doutrinas económicas em Portugal na espansão e na decadencia (seculos XVI e XVII), Lisboa 1978, p. 24 : “Pouco se conhoce da vida deste jurisconsulto portugues, ignorandose inclusive as datas de seu nascimiento e morte”; Castro, peraltro, rileva (p. 26) che Santerna “continua a rapresentar una mentalitade dominada pela ideologia tradicional, de cunho escolastico e feudal”. Non si va dunque molto oltre il vetusto profilo di poche righe datone da DIEGO BARBOSA, Bibliotheca lusitana historica critica e cronologica, Lisboa 1741-1759, t.III 1752, p. 617, da allora sempre riciclato, dove lo si qualifica “agente de nossa corona” a Firenze, Pisa, Lione. Più aggiornato, con precisazioni sullo studentato e dottorato di Santerna a Perugia, è DOMENICO MAFFEI, Il giureconsulto portoghese Pedro De Santarem, autore del primo trattato sulle assicurazioni (1488), in Studi di Storia delle Università e della letteratura giuridica, (Bibliotheca eruditorum), Goldbach 1995, pp. 349-373, il quale inoltre positivamente lavora sul testimonio manoscritto dell’opera, l’unicum codicologico, rinvenuto nella Vaticana (Ms latino 5922). Cfr. anche ENNIO CORTESE, Meccanismi logici dei giuristi medievali e creazione del diritto comune, in Il diritto fra scoperta e creazione. Giudici e giuristi nella storia della giustizia civile, Jovene 2003, specie pp. 350-352. L’occasione è opportuna per chiarire il senso di nostre affermazioni espresse altrove in passato (rispettivamente A. MORDENTI, I giuristi…, cit., p.255; e F. M. GIOCHI e A. MORDENTI, Annali …, cit., p. LXVII) in modo risultato oggettivamente equivoco, che altri (D. MAFFEI, op. cit., p. 365, nota 34, ove sono citate le frasi “incriminate”) ha, puntualmente, fatto oggetto di rilievi critici e che qui appunto si rettificano come è giusto che sia. L’utilizzo del manoscritto di Santerna, ad opera della famiglia Trionfi, può motivatamente autorizzare a considerarne l’uso per la stampa, in un’espressione quasi figurata, un “affida[re] il compito di sistemare in un trattato le regole mercantesche dei contratti e delle assicurazioni al misterioso Santerna”. Ma certo nulla allo stato delle ricerche prova un diretto rapporto tra il giurista portoghese e i nobili anconitani in questione, anche se la tuttora abbastanza oscura attività del Santerna in Toscana e altrove, poco investigata e sempre genericamente definita come di “factor and broker in Florence Pisa and Livorno”, così si esprime da ultimo genericamente il Nogueira (2002), potrebbe far anche ipotizzare suoi contatti, tuttora, va ripetuto, non documentati, con operatori sulla piazza anconitana, consueto centro intermedio levante-occidente dei traffici. La seconda nostra frase biasimata dal Maffei potrebbe così correggersi con la parola, qui aggiunta fra quadre - e che, purtroppo, il testo incriminato non reca!- “opere uscite dal patriziato locale come esemplarmente quelle di B. Stracca e del [possibile] agente della famiglia Trionfi Pietro Santerna”. Coerentemente, va detto debba intendersi emendanda anche la frase riferita al rapporto Santerna-Trionfi che si legge alla p. 22 del nostro contributo compreso nella pubblicazione citata alla nota 16, frase da correggersi secondo quanto riferito nel presente testo. Le disastrose perdite archivistiche riguardo le famiglie nobili di Ancona, già lamentate dal Franchi, e in particolare per le carte Trionfi che ci interessano (come da noi più volte ricordato, cfr. A. Mordenti, L’Archivio, cit., passim) sconfortano, ma non escludono che ulteriori ricerche, anche in altre piazze commerciali collegate ad Ancona, portino ulteriori o nuovi materiali agli studi comunque riferibili a questi temi.

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soggetti della nostra vicenda nella piccola patria cittadina31. Tra il Franchi e il Goldschmidt, nelle reciproche recensioni sopra richiamate, si è dibattuto sulla priorità o reciproca influenza ipotizzabili tra Santerna e Stracca ed anche sul come il manoscritto del portoghese sia giunto proprio in Ancona. Ma non è tanto importante come i Trionfi se lo siano procurato, magari tramite persone della comunità sefardita in città , cosa non impossibile dato che si accetta comunemente per Santerna lo status di ebreo, forse anche lui “marrano”, quale sia poi il senso preciso in cui gli si attribuisca il termine, e l’argomento dell’opera sua non poteva non essere del massimo interesse per quei rifugiati in Ancona, mercanti e operatori finanziari di una diaspora dai legami internazionali, interessati a traffici e rapporti marittimi, pertanto rischiosi e tutelabili assicurativamente. Ma altrettanto può essere avvenuto tramite i fiorentini o altri toscani, corrispondenti dell’economia anconitana, nel quale ambiente sarebbe stato attivo il giurista portoghese32. Ma è certamente importante che proprio in Ancona si riconoscesse, da parte di una famiglia della élite di governo, il valore e la novità dell’opera, si volesse averne il testo e, ancor di più, si decidesse di darlo alle stampe: testo fino allora sconosciuto, anche se probabilmente composto mezzo secolo prima, che senza l’iniziativa della famiglia Trionfi sarebbe restato ancora ignoto o forse andato perduto, stante l’estrema rarefazione dei testimoni manoscritti. La vita parallela che da quel momento nelle edizioni a stampa per oltre cento anni hanno avuto le opere di Stracca e di Santerna, pubblicate spesso insieme nello stesso volume, non solo perché omoiotetiche, in una serie di edizioni, di cui prima o poi si avrà, è sperabile, aggiornata bibliografia critica33, fa rilevare ancora una volta che queste opere, il cui fort leben è ininterrotto, sono state consegnate alla letteratura giuridica, alla scienza commercialistica, alla pratica, da un particolare milieu, quello anconitano. L’incertezza, tra gli studiosi che si sono occupati di Stracca, tra le due posizioni, quella che ingegni eccezionali possono nascere ovunque e prescindono da influssi ambientali particolari, e quella invece che proprio in Ancona e in quel particolare momento condizioni favorevoli agevolassero il concepimento e la realizzazione della sua opera – tesi prudentemente esposta dal Franchi e accettata dal Tamassia, sulla quale invece resta perplesso il Lattes, benchè lui stesso argomenti in modo favorevole a tale interpretazione34, potrebbe anche essere considerata uno pseudo problema. Ma, se potranno attendersi ulteriori approfondimenti critici sulla temperie particolare della città e sui momenti storici nei quali ebbe a vivere Stracca, crediamo pacifico che certi elementi particolarmente significativi siano indiscutibilmente necessari a ben e intimamente intendere le sue pagine, con tutte le implicazioni che contengono e suggeriscono, insomma il loro valore. Se Ancona, nella realtà di vincoli esterni come l’appartenenza a un tipo di Stato particolare o al coinvolgimento nell’inevitabile declino mediterraneo dopo la scoperta delle Americhe e la nuova Europa delle monarchie assolute, aveva mancata l’esperienza signorile o del princi31 - Una recente storia documentata con grande acribìa sui documenti (ANDREA HONORATI, Ricerche sulla Casa Trionfi di Ancona, Ancona 1990) non ha potuto aggiungere molto su Pietro e Giovanni Battista, ma ne precisa le rispettive posizioni genealogiche, con quelle dei sei fratelli di Pietro, di cui Callisto e Lorenzo notai. Il fondo notarile, ASAN ACAN, in numerosi rogiti di diversi notai , contiene atti riguardanti i nostri personaggi (ad esempio, nei rogiti di Giovanni Masseri, Antonio di Domenico, Angelo Cicconi tra gli altri). Masseri (vol. 429, anno 1550 c. 31 e vol. 432, 1554, c. 4 , tabellionatus) nomina Ambrogio Nicandro. 32 - Oltre la asserzione tralatizia “agente a Firenze Pisa e Livorno” (Livorno che, all’origine, era Lione ?) (Cfr. nota 30). 33 - È l’auspicio anche di D. MAFFEI, op. cit., pp. 362-363, n.31. Cfr. un aggiornamento bibliografico recente in: Fondazione Mansutti, Quaderni di sicurtà. Documenti di storia dell’assicurazione (a cura di Marina Bonomelli), Milano 2011, pp. 300-306. Sempre il Maffei (op. cit. p.365) conferma una presenza toscana e in particolare fiorentina del Santerna. 34 - A. LATTES, op. cit., p. 645,649.

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pato, tra i suoi limiti di evoluzione verso la modernità, e di conseguenza quella della presenza di una Corte, non subiva peraltro di questa l’inevitabile forza centripeta e l’ostilità ad aperture universalistiche e di libertà ideologica; l’assenza di secolari e gloriosi centri accademici, le università medievali, se impoveriva l’erudizione diffusa dell’ambiente, e nei confronti di Stracca persona, magari, in futuro, appannava la sua figura di maestro teorico privo di autorità accademica, lasciava il campo sgombro dal conformismo tradizionalista e dall’incombente isterilirsi barocco dello spirito creativo italiano, difetti degli indirizzi scientifici che all’estero, come testimonia l’antitribonianismo francese, venivano allora rimproverati alla cultura del Diritto Comune a base romanistica, e lasciava libero Stracca di utilizzarne i tesori proprio per e nel costruire un sistema innovativo: solo in apparenza in modo paradossale, quindi, il suo ambiente favoriva una mente tanto speculativa quanto puntualmente pratica, che avrebbe unito pragmatismo e originalità come è tipico dei grandi innovatori. Privo delle sollecitazioni giuspubbliciste dei colleghi stranieri, che nelle società assolutiste si proponevano ai giuristi, Benvenuto si indirizzava a risposte personali che anche a costoro avrebbero aperto la strada per rispondere congruamente alle esigenze permanenti della società. Pensare a Stracca soltanto come a un civilista, per così dire, più evoluto, distaccatosi dai trattatisti dell’ultima scuola dei Commentatori quasi per caso a produrre un’opera organica generale, compattando le personali esperienze singole in una silloge di fattispecie, ordinate e coerenti, ma senza la convinzione e la certezza di indicare e aprire campi nuovi, è non solo riduttivo ma deviante. Un parallelo può servire a meglio precisare il nostro pensiero. Un altro giurista marchigiano, Alberico Gentili da San Ginesio, ci mostra un percorso utilmente confrontabile con quello di Stracca, una ulteriore svolta epocale del pensiero giuridico di radici profondamente italiane, di fronte ai tempi nuovi e in ambienti diversi. Come Stracca avvocato e preminente cittadino in un contesto provinciale, ma, diversamente da lui, ben presto indirizzatosi al Protestantesimo, Alberico, nato nel 1552, l’anno prima del De Mercatura di Benvenuto, esule all’estero col padre perseguitato per le sue idee religiose, giunge in Inghilterra e, ivi stabilitosi, entra nell’Università e nella Corte elisabettiana, presso l’autocrate che crea la talassocrazia mondiale britannica. Gentili, in quel clima politico e costituzionale, lui che aveva come legislatore redatto civici statuti, municipali e tradizionali, per la piccola patria, fonda, precorrendo Grozio, il diritto internazionale con i tre libri del suo De iure belli, e, pure su basi romanistiche, sistema unitariamente la materia. Nel suo pensiero il nucleo generatore è legittimare la sovranità, le azioni della diplomazia armata degli Stati, con principi chiari e condivisibili35. In Stracca lo stesso bisogno di ordine e certezza è perseguito nell’organico edificio teorico del mondo degli affari, dei rapporti al centro dei quali è l’operatore economico, il mercante, che, sia o non sia corporativamente immatricolato, è il soggetto che fa atti di commercio, compie particolari negozi, intermediazioni, finanziamenti. Che la certezza e la stabilità del diritto siano dunque in Stracca l’implicito fondamento dell’agire economico giusto e legittimo, è altresì comprovato, come vedremo, da un altro messaggio inequivoco che troviamo nella sua opera. E questo disegno di “diritto fruibile” si spinge così avanti da anticipare, e di quanto!, l’epoca e i soggetti del travaglio, politico e tecnico- giuridico, della codificazione. 35 - Nei confronti di Alberico Gentili (1552-1608), il paese natale ha mantenuto viva, negli ultimi lustri, puntuale attenzione scientifica, con periodici convegni e incontri internazionali.

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Cercando una stabilizzazione36 normativa, oltre e accanto alla chiarezza e alla lezione sistematica teorica, Stracca non può che rivolgersi al potere e all’istituzione di più immediato e logico riferimento: il sovrano Pontefice e, con una prospettiva che non può che radicarsi nell’utroque iure, richiede a un Pontefice di legiferare, coerentemente a quanto e come lui stesso ha costruito come giurista. Questo suggerimento leggiamo, in modo non equivoco, nella prefazione dedicatoria delle Adnotationes in responsa Aymonis Cravettae, suo ultimo messaggio propositivo nella sua ultima fatica, che uscirà postuma alle stampe, nella quale non manca uno squarcio di toccante autobiografia. Stracca dedica infatti l’opera a Papa Gregorio XIII Boncompagni, ed è nelle parole con le quali presenta nella prefazione al Santo Padre tale omaggio, che egli ricorda le lontane origini della conoscenza e familiarità reciproche, quando cioè Ugo Boncompagni era professore a Bologna e tra i suoi studenti aveva il giovane Benvenuto, e ricorda anche l’ultima occasione d’incontro confidenziale, allorchè, pellegrino a Roma per il Giubileo del 1575, con la moglie, l’ormai anziano giurista di Ancona è stato ricevuto in udienza da chi ora parla da ben altra cattedra. Ma Gregorio non trascura l’antica comune materia e sollecita all’antico discepolo il completamento del lavoro iniziato, ma interrotto, proprio sul Cravetta. Ubbidendogli e completando lo studio, Stracca condensa nelle pagine discorsive di prefazione i caposaldi del suo pensiero, e si spinge ben oltre i contenuti di quel commentario, un tributo, per così dire, dovuto ai professionisti della consulenza, in ossequio alla tradizione esegetica. Che il testo sia quindi in un certo senso “minore” dello Stracca, e meno tecnicamente “suo” come commercialista - e probabilmente questo ha fatto si che l’editio princeps del 1580 sia rimasta l’unica - non diminuisce l’importanza di questa pregnante prefazione dedicatoria, che riteniamo dia riassuntivamente una ulteriore chiave per una lettura attuale di Stracca. E anche ulteriori studi sulle Adnotationes non è da escludersi potrebbero contribuire, proprio per la natura di tale suo lavoro, a chiarire i modi di critica interpretativa e la logica esegetica del pensiero di Stracca nei confronti della letteratura giuridica. Il messaggio era chiaro, specie quando diretto a un tale destinatario: “Si Maximus noster Pontifex Gregorius XIII, more Iustiniani imperatoris ac Gregori IX, iuris utriusque partibus recte pensatis…pontifici et civilis iuris articulos…diffiniret…quanto id adiumento esset iuri nostro et quantum reipublicae Christianae consuleretur quantamve populis commodum et utilitatem afferret quantumque a bonis viris…hoc opus laudaretur…”. Di più era difficile attendersi, in Italia e in particolare nello Stato della Chiesa, per il quale ordinamento, dalla duplice natura, spirituale e temporale, assai più tardi che altrove e faticosamente, maturerà una condizione favorevole, dato che vanno giustamente inquadrati nella viscosità di tale architettura istituzionale, nell’ equilibrio di forze delle tante giurisdizioni e competenze, i movimenti progressivi, anche capaci di portare a episodi comunque importanti e segnalati, ad esempio la Bolla De bono regimine e l’opera del De Vecchi. Pure possiamo giustamente ritenere, come ha già suggerito il Franchi, che Papa Boncompagni non abbia lasciato cadere del tutto nel vuoto le sollecitazioni, gli incitamenti di quel giurista che stimava. Sia pure ormai giunto agli ultimi anni 36 - Con questo termine “stabilizzazione” abbiamo già inteso (A. MORDENTI, I giuristi…, cit., pp. 258-259) di comprensivamente indicare, in una categoria generale, una pluralità di procedimenti tecnici che possono essere, nel campo giuridico, costituzionali e legislativi (consolidazioni o codificazioni) quanto dottrinali , più o meno dotati di sistematicità, come è nel nostro caso. Confortano questa nostra posizione le riflessioni del Verrucoli (op. cit., p. 33) sul concetto di “stabilità” – comunque storicizzabile – e l’edificazione di princìpi (e istituti) nell’evoluzione e superamento dell’esistente che a nuovi “sistemi” chieda la Storia. La terminologia può descrivere e riassumere infatti momenti, di non breve periodo, anche non sempre isolabili e percepibili d’acchito nelle loro componenti, come avviene nel caso di trasformazioni e innovazioni, ma anche di ricomposizioni e riconferme, politiche, economiche, monetarie, demografiche che siano, come conferma l’uso fattone nei linguaggi tecnici di molte discipline. Per equilibri di potere o modelli latamente sociologici ci sembra tipico l’impiego che ne fa BANDINO G. ZENOBI, Le “ben regolate città”. Modelli politici nel governo delle periferie pontificie in età moderna, Roma 1994, specie p.196.

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del suo pontificato, morirà pochi anni dopo Stracca, Gregorio promosse infatti una “enciclopedia” legale, il celebre, monumentale Tractatus universi iuris, la immane raccolta dei testi di tutti i più noti, celebrati e citati autori del diritto, consistente in decine di volumi. In questa, nella sezione De contractibus licitis, furono compresi tutti i trattati di Benvenuto37. Alla richiesta di codificazione “generale e meditata”, l’invocata opera di un princeps illuminato, ancora inattuale, e forse anche difficilmente concepibile - per il pensiero e il sentire comune, anche se confusamente riproposta tra le esigenze quotidiane della prassi, e sarà solo in futuro un traguardo di consapevolezza tra le altre richieste del Terzo Stato - immatura dunque - ma non per il genio del “provinciale anconitano”! - la prima risposta si concretizzava nello stabilire la panoramica del sapere giuridico, di compattarlo in un corpus, vicariante a quel disegno futuribile, per così dire, un avvicinarsi a Giustiniano, essendo ancora impossibile essere Napoleone. Come per il De Mercatura nell’ambito specialistico, la scientia iuris prima del codex. Se il commercio anconitano è il terreno da cui può germogliare la pianta della sua sensibilità e competenza scientifica, ma che si allarga a visioni e insegnamenti generali, di valore e applicabilità universali, certo Stracca rimane strettamente legato alla sua Ancona, quella che possiamo giustamente chiamare, nella complessiva dimensione della storia di tutta una tale esperienza giuridica, ma anche nelle implicazioni sentimentali personali, la “piccola patria”. Oltre alla dedizione fedele alla cosa pubblica, alla sua militanza di tutta una vita nel magistratus cittadino, nei più diversi incarichi amministrativi, commissioni, podestarie delle castella del contado, ambascerie, delegazioni per accoglienza di potentati, patrocinio in cause, consulenze e pareri, centinaia di sedute e votazioni consiliari, tutto ciò puntualmente riferito e illustrato dal Franchi, possiamo parlare, con termine, se non felicissimo, esattamente espressivo, di anconitanità di Stracca, anche attraverso dettagli rivelatori, quasi pittoreschi, che egli scrivendo inserisce nei suoi ragionamenti, riferendosi a ricordi e suggestioni di quotidianità municipale, coloriti quanto ingenuamente o popolarmente efficaci. Citeremo pochi esempi: quando tratta, in tema di naufragi, nel De mercatura, nella parte De nautis, parte III, 34, i rischi procurati da luci arbitrarie accese in mare e ammonisce i concittadini, “notent anconitani”, sul pericolo che può ingenerare il vagare notturno di imbarcazioni con richiami luminosi, allo scopo di pescare i polpi, attratti dalle faci, lungo le secche adiacenti il porto, ai piedi della rupe, il colle su cui sorge la cattedrale sovrastante la città, e per descriverlo usa, rivelando, come in tanti altri luoghi, la familiarità umanistica cogli autori classici, i termini della satira IV di Giovenale, “extra domum Veneris”, cioè sotto il tempio pagano su cui la basilica cristiana è poi sorta. Un ulteriore luogo sempre nel De nautis, parte III, numero 37, di nuovo indica il colle su cui sorge la cattedrale di San Ciriaco patrono, con i termini latini della classica satira IV, quando esemplifica un caso di naufragio e di responsabilità del capitano: poiché si serve come esempio del caso avvenuto in Ancona di una nave finita contro il braccio portuale su cui sorge l’arco romano, dice: “impacta (…) arcum memorabilem optimi imperatori Traiani” e con il manufatto millenario abbiamo una nuova localizzazione cittadina, quella che, fino dalle carte del Blaeu, alle incisioni e pitture ottocentesche, identifica da sempre l’approdo anconitano. Possiamo aggiungere il successivo numero 38, esplicitamente titolato Anconae laudes, che decanta i vantaggi anche doganali dello scalo anconitano. Ancora, nel De Assecurationibus, quando deve individuare le parti, contraenti e beneficiari, della polizza anconitana, la formula assecurationis in volgare utilizzata abitualmente sulla piazza, che egli 37 - Tractatus universi iuris, Duce et auspice Gregorius XIII Pont. Max. in unum congesti…, Venetiis Franciscus Ziletti 1583

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analizza in quaranta glosse, non impiega i nomi scolastici, Tizio, Caio o altri fittizi, ma quelli autentici di suoi concittadini, di amici, addirittura di suo fratello Giovanni, e così sono nominati reali personaggi del suo tempo, esponenti delle famiglie più note, Nicolò Pilestri, Angelo Pichi, Antonio Trionfi, Francesco Bernabei, Marino Benincasa, e Benedetto di quei Gondola ragusei stabilitisi in Ancona e cooptati nel Consiglio cittadino. Un ultimo brano riferiamo, colto tra gli incisi confidenziali rintracciabili nei suoi rigorosi trattati, dove non manca mai, peraltro, assieme al costante impiego di citazioni dotte dagli autori latini, come è usuale in molti umanisti, anche l’umorismo di sfumature scherzose o ironiche: si tratta, in questo caso, di una realistica osservazione riferita all’ambiente portuale e alla sua popolazione di marittimi e padroni di nave. Sempre nel De nautis, l’argomento gli consente un disinvolto squarcio di colore: “Contra magistros navium ac nautas…qui meretricium illecebris atque delinimentis in portu detinentur, seu, ut aliquando vidi, dulcedine vini Anconitani in portu immorantur”. Quand’anche si tratti d’un luogo comune, un detto volgare circolante sulle banchine e gli angiporti di tante, o tutte, le piazze marittime o invece, come ritiene il Maffei38, poiché simile plaisanterie grossière appare nel codice vaticano De securitatibus del Santerna, stia a provare che Benvenuto ben conoscesse quel testo (ma inversamente potrebbe essere l’amanuense del testimone vaticano ad aver citato …), il voluto esempio ludico in sé ben combacia con la fama enologica dell’area marchigiana e della città e con la volontà di Benvenuto di contestualizzare il suo dire con il richiamarle. Certo Benvenuto contestualizza in una dimensione quasi domestica, il che se non rarissimo anche in altri giuristi, non può non notarsi in un autore che teorizza e costruisce un sistema nei suoi fini generale e astratto. Veramente questi accenni a un ritratto psicologico sono quasi meno di ipotesi, mancando ancora molti dati per un simile tentativo. Ma l’interesse a conoscere sempre meglio il personaggio è inevitabile, e vi cede anche il Franchi, suo diligente biografo, quando in Stracca ritrova caratteri di “pietismo”, come non è facile a priori credere che un uomo di tali e tante conoscenze personali, più o meno altolocate, sia un isolato, remoto in un ambiente periferico, senza contatti e corrispondenti al di fuori della professione e degli impegni amministrativi cui sempre fa fronte da equilibrato, affidabile funzionario, anche se riguardo questi eventuali rapporti ci manca, finora, una minima traccia di epistolario. Un sermo quotidianus, ad ogni modo, spontaneo, il suo, a colorire lo stile e rafforzarne l’effetto, specie nel biasimare, come più volte fa per le potenziali e deprecabili scorrettezze o condotte riprovevoli nel campo mercantile, e in proposito non manca di severamente ammonire anche i suoi concittadini, così, quando critica, in particolare, l’alluvione editoriale che la stampa consente, e colpisce la pletora degli autori scadenti, che incrementano la capziosa litigiosità col confuso discutere, indifferenti all’autentico “bonum et aequum”, al “licitum ab illicitum discernere”, ne svergogna il conformismo, i vacui principi d’autorità, l’acritica pigrizia nel loro ripetere e copiare: “ ovem veluti unam saltantem sequantur aliae” che è una nota rabelaisiana39. Altro ancora possiamo brevemente richiamare: Stracca sentì esattamente il vuoto culturale che la mancanza di una sede universitaria locale, anche per la sua materia professionale, causava attorno a lui e ostacolava la potenziale espansione e continuità delle sue conclusioni in un magistero stabile. Se anche solo tardi lavorò sulla tematica dei “consulenti” e dei “responsa”, in 38 - D. MAFFEI, op. cit., p. 365. 39 - È il celebre episodio, divenuto in Francia proverbiale, dei “montoni di Panurgo” (Pantagruel, libro IV, cap. 6-8), già una trovata del Folengo (Baldo, Maccheronea XI ), con precedenti, addirittura in Dante (Convivio, I, XI, 10 e Purg. III, 79).

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modo analogo alle consuetudini scolastiche dei giuristi nell’estrema stagione dei Commentatori accademici, annotando i pareri del Cravetta, non era mai certamente dimentico del valore e peso intrinseco, personalmente sperimentati a Bologna, dei giuristi docenti, delle loro lezioni magistrali. Riuscì a far ottenere alla città, per concessione pontificia, addirittura uno Studium generale, potenzialmente dunque un ateneo multidisciplinare40. Ma l’autorizzazione e tutto il suo impegno a realizzarlo, per la tiepida accoglienza dell’ambiente anconitano - preoccupazione per i possibili costi o giudizio di superfluità verso una dignità accademica ritenuta poco significativa e non economicamente premiante, forse pure la diffidenza per un presumibile afflusso di studenti turbolenti - non fu sufficiente: il Collegio nacque poco più che come un circolo di pochi cittadini praticanti il diritto e dei loro sodali, fu ospitato per le sue riunioni nella stessa abitazione di Stracca o presso chiese o nella bottega del tipografo e bibliopola Salvioni, e si esaurì in una serie di riunioni sempre più rare e inconcludenti, dopo una vita fantasmatica. Ciò amareggiò e deluse Stracca, che fino ai suoi ultimi anni continuò a esortare i concittadini a sostenere una vera università, ma invano, tanto che mai nelle opere accenna al Collegio41. Purtuttavia l’istituzione stracchiana ebbe una ridondanza positiva per la città, e in qualche modo segnò la vita anconitana, ma secoli dopo! Infatti, a quattrocento anni dalla decisione consigliare del marzo 1558, patrocinata da Benvenuto, di chiedere al Papa un centro locale d’insegnamento per formare “dottori e notai”, a cui era poi corrisposta la ancor più lata concessione di Pio IV, nel 1959, allorchè la città chiese nuovamente a Roma, stavolta alle competenti istituzioni della Repubblica, l’università per Ancona, fu citato quel precedente, assieme al peso e all’autorità scientifica prestigiosa del giureconsulto cittadino, fra i requisiti e i presupposti della concessione, che in effetti fu ottenuta. Intreccio e continuità, sia pure strumentalizzata, che hanno pur una loro suggestione. Con facile e miope moralismo se considerassimo, senza storicizzarle, avulse cioè dal loro tempo e dalle modalità e clausole tradizionali comuni a tutti gli operatori intellettuali, le dedicatorie nelle opere di Benvenuto potrebbero apparirci frutto di piaggerie cortigiane. Ma proprio l’opera principale, che sarebbe rimasta centrale di tutto il suo edificio, benchè, apparendo per prima, più abbisognasse di credenziali autorevoli e, dunque, d’essere intestata a un nome prestigioso e “politico”, Stracca la destina, con formula epigrafica, al governo comunale: “Benvenutus Straccha Anconitanus S.P.Q. Anconitano S.P.D.” E continua, anche se all’interno della trattazione singole parti avranno singoli personaggi dedicatari, nella prefazione, rivolgendosi al Consiglio e ai cittadini tutti, con nobile orgoglio augurandosi di contribuire “ad conservandam amplificandam rempublicam nostram utilius, nihil denique ad omnium popularium salutem”. Il Consiglio lo ricambierà, in seduta plenaria, il 27 maggio 1553, presenti tutte le commissioni, i magistrati e popolo, nell’atto in cui “ habita loculentissima oratione” egli consegna agli Anziani in carica il volume, ricevuto dal loro Priore Tommaso Nappi, coll’onore di riporlo,contestual40 - MICHELE MARONI, L’università degli studi e il collegio dei dottori in Ancona, in “Archivio storico per le Marche e l’Umbria” I, 1984, pp. 227-278.

41 - L’appannamento culturale (e civile) in cui è incorsa la città, nel generale declino, sia pure con episodiche e temporanee riprese, della sua economia, il “ristagno” dello stesso Stato pontificio, non possono qui approfondirsi, ma indubbiamente si colgono in quella “sonnolenza” che trovava, giungendo in Ancona con Napoleone nell’ultimo lustro del ‘700, il giacobino Mangourit (MICHEL-ANGE BERNARD MANGOURIT, Defense d’Ancône, Paris 1802 (rist. anas. Ancona 1989), se non anche il voler restare nell’”ignoranza”, come forse troppo severamente rimproverato agli anconitani da Papa Lambertini, già presule della città (Lettere di Benedetto XIV all’arcidiacono Innocenzo Sturani di Ancona pubblicate dall’avvocato Michele Maroni, Foligno 1885, Lettera LXXXIX, p. 175). Una aggiornata storia della cultura locale nel periodo preunitario probabilmente preciserebbe più esattamente ombre e luci, e i motivi di una pur innegabile dimenticanza di sé, cioè della propria storia, di cui la società cittadina, di tanto in tanto, sembra soffrire.

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mente per mano dello stesso Priore, con solenne cerimonia, “hilari fronte”, “in capsa argentorum”, cioè nel Tesoro comunale, come verbalizza negli atti di Consiglio il cancelliere. Sarà il riconoscimento forse più alto e gradito della sua vita, assieme a quanto scriverà nell’introduzione agli statuti cittadini, nell’edizione a stampa fattane nel 156642. In realtà nel 1566 non si ebbe una nuova redazione dello statuto cittadino, ma, per i torchi del De Grandis, una ristampa, poiché l’edizione riproduce esattamente quella del 1513 ad opera del vercellese Bernardino Guerralda, il secondo stampatore di Ancona. Tolte le note tipografiche e i nomi dei magistrati in carica all’atto delle impressioni, l’unica differenza è costituita dalla prefazione di G. B. Ferretti che si dilunga sulle difficoltà incontrate a dare un testo corretto. Persino il Poemio della precedente pubblicazione che - come annotò V. LA MANTIA, Storia della legislazione italiana, I, Stato Romano, Torino 1884, pp. 344-345 - riferiva l’opera di riduzione in un unico codice delle sparse norme in vigore nell’ultimo cinquantennio del 1400, è pedissequamente riprodotto. Non stupisce dunque che Benvenuto Stracca, che già fin dalla seduta 11 marzo 1556, quando il Consiglio aveva deciso in merito, aveva esplicitamente proposto che si dovesse, con una vera e propria attività legislativa, aggiornare le norme, visto che nei dieci anni intercorsi nessuna redazione nuova, e innovativa, aveva luogo, si sia disinteressato di quella cura editoriale, così toccata al suo amico Ferretti. Coerenza di Benvenuto nella distaccata e realistica valutazione che altre fossero per un giurista “moderno” le strade che ottenessero per i precetti giuridici di “accomodarli al tempo”. Tale seduta del 1556 potrebbe aver determinato l’ipotesi, dal La Mantia in poi, di un’edizione statutaria in tale anno della quale non c’è traccia alcuna. Il curatore del volume, Giovanni Battista Ferretti, al quale Benvenuto ha fornito i testi raccolti e collezionati da suo padre, dunque documentazione elaborata nella sua famiglia. Si legge infatti nella detta prefazione questo giudizio: “Dominus Benvenutus Straccha jure consultorum facile hodie toto orbe primas ferens”. E Stracca cortigiano non è. Nelle sue missioni a Roma, a tutelare gli interessi anconitani, egli non vede nella Curia e nel suo mondo, niente altro che il referente della sua azione di ambasciatore e rappresentante, non ne subisce il fascino, né, sembra, alcuna suggestione arrivistica o mondana. Se Stracca accetta di essere suddito, è nei limiti della inopponibile realtà politica in cui viene a trovarsi, e la sua libertà spirituale va vista impiegata dalla sua intelligenza nella riflessione e nel risultato scientifici. Ormai, per le città soggette al potere centrale, occorre negoziare l’autonomia delle antiche istituzioni municipali giorno per giorno, cercando il massimo di libertà possibile per la capacità negoziale dei singoli. Questa sarà la missione di Stracca. Egli persegue visioni e fini universalistici, capaci di superare i limiti e le angustie del municipalismo, quanto i vincoli, o le prevaricazioni dello statalismo assolutista che incombe. È lo stesso uomo che può dire, in un apparente casuale incipit discorsivo, “mundus est omnibus communis patria” (De Merc., I, 30), concetto cardine in realtà del suo concepire i traffici, i commerci; e nello stesso modo realistico, come sentenzia, di fronte alle ambiguità e ai rischi della materia finanziaria creditizia, “charitas in mutuando gratis mortua videtur”, nella ricerca di princìpii e soluzioni per casi complessi o mai prima affrontati , così ragiona: “sermones vero circa universalia faciliores sunt sed circa particulare veriores” e conseguentemente è sempre cauto nell’accorta analisi di “complures facti species”, come si esprime rispettivamente in De mercatura, I, quomodo in causis procedendum n.7, e successivamente, ibidem, II, n. 100. 42 - Constitutiones sive statuta magnificae civitatis Anconae novissime decreto senatus impressa (…), Anconae excudebat Astulfus de Grandis Veronensis MDLXVI. (cfr. F. M. Giochi. A. Mordenti, Annali … , cit. pp. 54-55.

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È un conservatore che si fonda sul corpus giustinianeo come cardine della giurisprudenza, che usa la scienza del passato, Glossatori o Commentatori, ma con la massima libertà di giudizio, che ha profonda erudizione e scienza letteraria e filologica, ma è diverso dai giuristi culti, riuscendo col servirsi di tutte le scuole precedenti a superarle, sollevandosi sui contemporanei, sicchè, autore che è nella tradizione, quella del Diritto Comune di matrice italiana, in qualche modo ne conclude la secolare vicenda e apre tempi nuovi. Stracca loda le normative di fonte statutaria quando hanno opportunamente regolato la materia o risolto casi concreti. Ma lascia ad altri la cura della riedizione dello Statuto di Ancona, come abbiamo visto, collo stesso distacco che ha espresso in Consiglio, quando di riedizione si è parlato, quasi dieci anni prima, suggerendo esplicitamente l’aggiornamento delle vecchia norme, che bisogna adeguare ai tempi. Uomo di una sola opera, se si vuole, ma complessa e coerente, egli l’ha perseguita nell’arco di tutta una vita. L’opera di un giurista può essere vista come parte di un’esperienza o di uno sviluppo continui, quelli del diritto vigente e della sua evoluzione. D’altra parte accade spesso di rilevare che l’opera di un piccolo numero di individui eccezionali, o d’uno solo di essi, abbia anticipato e favorito, dando loro le fondamenta, costruzioni nelle quali si troveranno e si muoveranno le generazioni successive, magari senza saper nulla di quei precursori. Entrambi gli aspetti ritroviamo nella persona di Stracca.

Pianta della città di Ancona, 1570 ca.

Particolare della veduta di Ancona, Blaeu (1663), Ancona, Pinacoteca civica: si evidenziano le “Grotte” (cisterne nn. 3 e 4) e la “Seccagine di S. Clemente”, limite del bacino portuale

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Stracca and the city of Ancona Prof. Alessandro Mordenti

We owe today’s convention on Benvenuto Stracca, one of the greatest masters of legal studies, founder of commercial law, to private entrepreneur in the maritime sector, Giovanni Mauro, whose input made it happen. Mauro was the biggest supporter of holding this event in his city, Ancona, to honour the ancient Anconan citizen 500 years after his birth, by having a revival, more than just a celebration. He sponsored this day, an event the Chamber of Commerce, the Bar Association the Association of Certified Accountants, the Deputazione di Storia Patria delle Marche [Marche Region National History Delegation], the local government and the Fondazione Mansutti di Milano [Mansutti Foundation of Milan] all joined together to make possible, with the active participation of the Istituto Scolastico Superiore [High School] bearing Stracca’s name and its young students. Today is an invitation to relaunch research into this eminent figure from the legal field, and to revisit, so to speak, our culture and remembrance more generally. This is an opportunity for rediscovery, and for his city to reclaim a historical figure from its past, who, although generally remembered as an authority, has still become over time somewhat vague, and faint. He was great man and we would like to share why. Although in reality Benvenuto Stracca is not unknown, he is still misunderstood in many ways, though is city is indebted to him. It is an honour and a privilege for us to participate by contributing this introduction, but we also very conscious of responsibility to fully and clearly present this figure from legal history - a figure who represents Ancona but also relevant to the whole for his works. We will try and limit ourselves to the necessary points and reflections on the relationship between him and is city of birth, not least the learning and significance it would seem his country has failed 1 - See note 16. 2 - See note 16.

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to celebrate. We hope to succeed in our efforts and be able to justify the title of this speech which would otherwise be deemed obviously generic. Benvenuto Stracca was a jurist, lawyer and member of local government, who is the founder of and the first to take a systematic approach to commercial law, which can be distinguished from private law by its institutions and subjects. He is the father of how we now organise principles and rules to better implement and protection financial relationships. This legal culture that permeates the modern era, not only affects the academic sphere and the legislative one for all the documents and subjects of commerce, but even goes on to develop into a doctrine the so called “commercialisation of private law”. It also has a striking effect on international law. Industry and finance, during their historical developments, today dominate the markets in an ever more global manner, and as correctly stated by Antonio Malintoppi1, “make it so that today we truly need to ask if in fact, and in an environment that exceeds a purely national scope, the basic conditions exist so that commercial law develops in an actual free environment”. Because freedom and certainty of law are fundamental for a just and prosperous civil society, we would expect to find that Stracca, who pursued both with technical exactitude and with a broad general view, had been studied in-depth. Conversely, even in 1980, Pietro Verrucoli2 complained “there is no analytical nor overall consideration of the works of Stracca, rather, there is lack a specific monographic treatise that focuses on the fundamental lines of thought of the jurist from Ancona” and of his “high criticism and conceptual order”. It is almost implicit, but we would like to stress, that this in-depth report should also involve innovative research on the methodology that supported him in


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the use of the pre-existing law culture, besides just the casuistics or the syllogistic use of opinions and doctrines of the “canonised” jurists, and on the intellectual autonomy which he shows in front of those masters whose worth he did recognise, thus the analysis of his criteria of interpretation needed for the changing needs of his times, in a progression of Aristotelianism that we could almost define as “Ramism”3. Without a doubt, given the success of his published work, Stracca had for a very long time, an audience of users, but we cannot say that a comparison with the work of commercial law experts that followed him has ever been made, completely and comprehensively, to identify, beyond the specific comments, the possible influences. This is not the place to attempt this review, a delicate and challenging assignment. But how can we not at least recall as an example, the places in the work of Scaccia that reference the work of this citizen of Ancona, because on the topic of insurance, he holds his predecessor in great esteem, as the phrase reveals “…sed tu in his maturius cogitaturus vide omnino quod scribit Straccha… (and the references to De Assecurationibus follow)”, where the “maturius” is clear? The same could be done for many other quotes in the Quaestiones and Glossae of the Tractatus de commerciis et cambio, but setting aside this first 17th century author, we will also find Stracca in the Responsa del Rocco, in the Ansaldis on bankruptcy and in other places (and there is no lack of references to the Adiectus to prove that the full Stracca work was kept in mind) and even in the 1700’s, particularly in De Nautis, we will find once again Targa in addressing maritime law, draws references from Stracca; to then arrive at Casaregis, but the topic is already overflowing… and should be

left to other studies. We may ask ourselves, what today, in 2013, are the references that remind us of figure Benvenuto Stracca, what do we know about this figure and his life, that would allow us to create an image, and what would that image be? Certainly not the few references remaining in the vestiges and urban topography of his city. Today, the square with the panoramic view of the port and the horizon bears his name, in front of the ancient Palazzo Anzianale, the location of his house, lost during the last war. This replaces the street in the old town which, from the 19th century was named after the jurist, which, in 1988, Stracca’s biographer did not consider worthy of its commemorative purpose, defining it an “alley-way”. In 1927 a state Commercial Technical Institute was named after him; a few years ago, the Chamber of Commerce named some training and meeting rooms after him in its headquarters. But nothing remains of those footprints, material traces of his life, elements that however become spiritual and symbolic for remembering and recalling the past, that can be retraced in a permanent verification and that stimulate the collective memory of the existence and heritage of the greats. Unfortunately, just like his house, none of this evidence remains: portraits, images or monuments – be they commemorative or in celebration, memorabilia and, of particular value for thinkers or writers as he was, diaries, original manuscripts, letters, a library of his books4. In truth, after his death in 1578, after the echo of condolences had subsided as evidenced by the writings dedicated to him by closest friends, a proceeding that immediately replaced him in the City’s General Council by his brother to represent the family, there

3 - After Frenchman Pierre de la Ramée (Ramus) whose Institutiones dialecticae published in Paris (in 1553!) advocated anti-formalism and pragmatism even in theoretical thought. 4 - To date the volumes with the manuscripts of Stracca’s work have not been located, whether by in Stracca’s own hand or copied by others. Stracca, in the provisions of his will, does not mention his library, which he certainly must have had, and it must have been rich (given that it is difficult to believe that all of the doctrine included in his works came from his memory, although these were accepted as effective methods practiced in his time), nor has it to date been shown in the documentation of the notarial archive or in the municipal archive (hereinafter respectively ANAN and ACAN, stored in the State Archive of Ancona, hereinafter ASAN). Consistent indication of its existence was also the engraving, which he had hung on a window of his home, engraved with the words “mea urna vitalis”, which more than likely refers to his research and to the scientific studies. On the other hand, in various places, in the De mercatura, in the De adiecto, he mentions texts in his possession, printed issues or codexes. However, we believe it is important that in the time of Stracca, we cannot find any historical library, private or otherwise (not even ecclesiastical), in the city.

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are not many traces of Benvenuto. This appears to confirm the sudden and early oversight and neglect, which increased as time goes by with few exceptions5, the bureaucratic recognition that appears the lowly ending to such a long and prolific life: “on 26 [November] 1578, M. Benvenuto Stracca died in the parish of San Pellegrino and was buried in San Francesco delle Scale”, as shown in a register of the deaths in the city6. These are the few lines that have allowed us to determine Stracca year of birth. Because right before he died he asked to be excused, since he was then in his seventies and ill, from attending the Council, and because we know that he died shortly thereafter, as documented by the immediate decision to have his brother replace him in the Council, going back approximately seventy years, we deem 1509 to be his year of birth, that for now, is not supported by any document. Thus, Stracca mostly leaves us his work and what has been written about him, and these are two paths to pursue. His works are, in chronological order of the editio princeps of each: De Mercatura seu Mercatore Tractatus, Venetiis 1553 De Proxenetis et Proxeneticiis Tractatus, Venetiis 1558 De Assecurationibus Tractatus. De Adiecto Tractatus, Venetiis 1569 Adnotationes ad Aymonis cravettae Responsa, Venetiis 1580 These five titles that Stracca wanted written on his tombstone, and they were, viaticum of immortality and nobility, and beyond any rank he was granted after 1562, according to the modalities and qualifications granted by the Collegium, which we will address later, and of which he was chairman, the rank of Comes et eques auratus, which is shown in the frontispiece of the last two works. All of his treatises contribute, as the author explains, to reaching a theoretical framework deemed complete and organised on commercial subject matter,

into a sistematische Geschlosseneit, as precisely defined by Goldschmidt, and so that of 1558, dedicated to intermediaries, to middlemen, integrates as the two published together in 1569, the De mercatura, of which new editions had already been published, beginning a timeless success with the audience of commercial law experts and commercial lawyers. The De proxenetis clearly shows how Stracca departs from common opinion and goes to the concrete crux of the topics he addresses, that he finds in the practical and daily reality of commercial situations, thus the diffidence or contempt for middlemen was replaced interest in their importance to the economy. To the common places on the “go-betweens” contrasts the lucid perception “absque proxenetis hisce temporibus vix mercatura possit exerceri….sintque quodammodo proxenetae contractum aliquem inter se ineuntium conglutinatores”, still always mindful of the “materiam quotidianam”, thus anticipating the definition of the mercantile subject, which was established centuries later, as “intermediary between producers and consumers”, in the flowing preface explaining his methodological views and his method of working and also anticipates the critical positions that he will resume in his last book, the Adnotationes. The work of 1569 mainly includes the analysis in 40 commentaries of a common policy, in use in the Anconan market, but the apparent method of limitation to examine a specific insurance coverage formula, does not affect in reality the true systematic plan, which also emerges from the pre-selected explanatory form, perhaps to differentiate with other pages discussed, those of the jurist Santerna, which we will address later, or for greater adherence to the singularity of the agreement. The dedication to the then Cardinal Ugo Boncompagni, continues the longstanding relationship with the, which we will see again later on. The adiectus, added to the edition, a small treatise dedicated to Antonio Facchinetti, an ecclesiastical lawyer,

5 - GAETANO MORONI, Dizionario di erudizione storico ecclesiastica , Rome 1840-1879, vol. 83 voce Numana, p. 55, states that for the arrival of Gregory XVI in Ancona, as part of the elaborate decorations common at the time, a statue of Stracca was placed in the Merchant’s Loggia, with one of the antiquarian and archaeologist Ciriaco Pizzecolli, however, nothing more was found on it ever again. 6 - ASAAN ACAN, no. 6027, Catalogo dei morti nella città di Ancona registrati dal cappellano pro-tempore della SS. Annunziata, (“ In this book…the first and last names of all the faithful deceased who had a church burial...accurately copied from old and mixed books and alphabetised in this year of 1641), c. 29 v.

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future Cardinal and for a short time, Pope, a figure with some previous merit gained in intricate complaints relative to the Municipality of Ancona and, as a friend of Stracca’s, encouraged him to complete his work on commercial law, is an essay apparently with exclusively Roman contents, but which, as Lattes correctly stresses7, ably addresses the delicate credit and financial problems, introducing new principles “in Italian theory, in a logical and coherent form, from a jurist who understood the great importance of his ideas and of his words”. The Adnotationes seem to remain a little removed from the “single and unified” body constructed by Stracca, with constant attention to the institutions relevant for commerce, but we will see later how they fall within his coherent view of the legal world for the many elements they bring. In the period of time between the Baroque period and the 19th century, Stracca was not well known, not only in his homeland, but also outside of the specialised technical legal culture of commercial law experts, which all apparently, in their treatises, make various references to his work if they do not specifically quote him as the father of the discipline. But little space is given to him by the city’s historians, although they recognise his influence and the example he provided for his various successors8. They contribute to allowing him to fade from memory, already in the shadows because he had no direct heirs, in fact, Stracca did not have any children, the family died out in the 18th century and subsequently ownership of his house was transferred to a new family, that of the very popular Counts of Fatati. Ancona’s forgetfulness is perhaps justified by the post-Tridentine, counter-reformist climate, then a stagnant political system, the fact that almost all the men in local learned circles were clergymen, and Stracca was not a popular canonist nor a dignitary of the Church, and so was not as important. While,

conversely, due to scant secular culture, he does not appear to posterity, even in the later pre-Renaissance climate, as a rebel Stracca, a “Frondeur” intellectual, or maybe a revolutionary, but only a cultured citizen and competent administrator, whose traces are lost in the archives and in specialised libraries, as a lawyer and theoretician of a subject matter usually “reserved to experts or casuistics”. By then he had been canonised, but as a personage of the past and not much more. It was only at the end of the 19th century that the full Stracca, so to speak, re-emerged. Starting with renewed interest in him as a person and in his time, at the beginning of the 80’s, his important contribution featured in Michele Maroni’s highly relevant contribution to the 16th century Doctoral College in Ancona, something the lawyer wanted and was granted, finally reappearing in the municipal historiography, even if, in a certain sense, indirectly. We will return to this episode later, but it seemed that a change was occurring in studies and in the attention to the neglected illustrious citizen, as Maroni showed, who, by retracing the past centuries with a modern eye, even references him in small laudatory volume on Anconan achievements9. Suddenly, almost by chance, and not this time by a fellow citizen, but by a foreign professional in education, Stracca met his biographer. Teaching at the University of Macerata as chair of commercial law, an independent subject which had recently been officially admitted to the ranks of academic courses, the young professor, Luigi Franchi published in 1888, a fundamental bio-bibliography on the man who he recognises as the “academic father” of his discipline, marvelling on the incomprehensible obscurity in which biographer and historian “particularly recently” had left this “wonderful figure”, Benvenuto Stracca10. Faced with the silence of literary sources Franchi,

7 - See note 12. 8 - Luigi Franchi, reports on Anconan historians that have omitted or neglected Stracca in their pages, and the meagre notes found in those that came before him, struck by the silence and coldness of the majority, see note 10. 9 - C. FEROSO (pen name of MICHELE MARONI), Ancona semper optimorum ingeniorum domi forique praestantium foecunda genitrix, Ancona 1883. 10 - LUIGI FRANCHI, Benvenuto Stracca giureconsulto anconitano del secolo XVI, note biobibliografiche, Rome 1888. We have a recent reprint from the original of this work (Glashuetten im Taunus, Auvermann 1975).

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was bravely the first person to tackle, with perfect justification, the old Municipal archives. From documents, year by year, and we can say day by day, he reconstructed (from a positive point of view?) every certifiable stage of his life, particularly obviously Stracca’s public life. A treasure trove of data, processed into a precise, detailed chronology, which, in an unsurprising paradox, was criticised by some for being overly detailed, even including insignificant things! In Franchi’s work we find, after Stracca’s education in his homeland of his youth with humanistic studies guided by the Spaniard, Ambrogio Nicandro, his family was exiled following Cardinal Accolti’s coup de main in Ancona, and on his two-year despotic rule; the formal reintegration of the city’s independence, while Stracca, still away, studied law in Bologna; his return to his home town, and then his concentration on his carrier as lawyer together with the uninterrupted cursus honorum of his duties within the city government. In the background, the full municipal government appears now officially subordinate to Rome with the presence of a Governor or his lieutenants, to represent the Holy See and to control political life and the functioning of local magistrates. Thus the framework of the sources for the biography of Benvenuto Stracca still today remains that which was found in the historical documents in the municipal archive, stored today in the Archive of the State of Ancona, and in the Notarial archive, as may be useful to re-read. It was recently found, that as Stracca was a gained is doctorate from the University of Bologna, and due to his role of Mayor of Ascoli Piceno, in these two places there are documents that Franchi did not find, nor was obviously able to show, which to date remain unpublished. Albeit, probably, they do not contradict the general information we know, they may add further details on specific aspects of these two experiences away from his city

and some interesting information. It would be appropriate for these to be published by whoever recently found this information in the Ascoli and Bologna archives. During the two years from 1890-1891 the echoes of Franchi’s volume follow in the legal science environment, a dialogue of reviews and one clarification, in response by Franchi, relative to an argument, the personality and work of the Portuguese jurist, to whom we will later return as we think he is essential to subsequent overall assessments. In the reviews we discover the expectation of additional specific critical studies on Stracca, perhaps still expected as a work by Franchi, who having other commitments away from the Marche region, and although he had hoped to do, in the end did not11. Thus we arrive to 1909, the anniversary of his birth, when Alessandro Lattes12 dedicated a number of pages to Stracca, with the very significant initial words: “Four hundred years ago Benvenuto Stracca was born (…) and because a public project honouring this illustrious citizen, started in 1908 in Ancona, could not be completed, Professors Sraffa and Vivante, Directors of the Journal of Commercial Law, very appropriately, wanted to remember, at least within its pages, the first Italian commercial law expert” (our Italics). Lattes stresses, after having proceeded to acknowledge all of Stracca’s writings and their main subjects, the dialectics found in the author between the need to establish his discussions in writing or in Roman texts and the awareness of new commercial needs, emerging from the daily practice of the time: the relationship between tradition and innovation towards independence from canonised doctors, Glossators and Commentators on Common Law. This leads us to the 1950’s, without the advocated critical work on Stracca continuing and growing. Perhaps too simple of an explanation would be that of the prominent attention that all university courses

11 - G. TAMASSIA, L. Franchi, Benvenuto Stracca… etc., Rome 1888. Review in “Archivio Giuridico XLII” 1890, pp. 365-370. The Pisan scholar, widely citing it, goes through the work and makes positive comments adding colourful polemical comments on the ecclesiastical government described therein, taking a clearly anticlerical stance. More significant is the fact that he also urges additional in-depth studies into the systematic subject of Stracca (“Such practical thought and that had left such and extraordinary imprint on academia”) even if he states “These studies are not well-received today”. LEVIN GOLDSCHMIDT, Benevenuto [sic] Straccha anconitanus und Pedro Santerna lusitanus. Review in “Zeitschrift fuer die gesammelt handelsrechtes”, a. (1890), pp. 1-9. L. FRANCHI, Goldschmidt: B. Straccha anconitanus und Petrus Santerna lusitanus. Review in “Rivista italiana per le scienze giuridiche XI, f. I” 1891, pp. 104-107. 12 - ALESSANDRO LATTES, Lo Stracca giureconsulto, in “Rivista di diritto commerciale” VII (1909), pp. 624-649.

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and writings on Italian history of law, from the 19th Century almost until today, have given pre-eminence to institutions and personalities, legislators or treatise writing jurists from the period of time spanning from late antiquity to the Renaissance, and thus taking advantage of this interest only briefly mention the centuries after Enlightenment, codification and contemporary institutional matters, the latter events have only recently became fertile ground for research. The Enciclopedia Treccani [Treccani Encyclopaedia], the official study resource in Italy from the 1930’s, was extremely restrained in Stracca’s entry, basically summarising with a few lines, unlike the space dedicated to other jurists of the past, information drawn from Franchi and Lattes, quoted in a scant bibliography. Equally, the more recent Dizionario Universale Bompiani [Bompiani Universal Dictionary] (1963-1966), on authors and their works, limits itself to a brief and not very clear entry by Federico Caffè. Various encyclopaedias and biographical dictionaries followed suit, until today, as Franchi already complained about in his day, where in many instances, Stracca does not appear at all. In 1958, there is a brief but interesting note, due to Roberto Ascoli, in the Writings of the Institute of Marche of Science, Literature and Art13, by the title “Benvenuto Stracca Jurist from Ancona”, in which once again the first words must be highlighted: “In the official celebrations of Marche achievements” (this is the programme created on regional culture by the Fascist Confederation of professionals and artists, in the year 1934,14) he writes, “the name of Benvenuto Stracca did not appear. May it be allowed today, under the auspices of our institution, to commemorate this great Master of the Sixteenth Century”? It is somewhat disconcerting that we read these pages, published in 1958, whereas in reality they were written in 1939, before World War II, due to the lack of commemoration, even on appropriate

occasions, that unfortunately went on to repeat itself but is nevertheless, very revealing. Thus, the war did not erase the last topographical memory of Benvenuto Stracca, his house, of which Ascoli cites some of the significant stone inscriptions placed by Stracca, unfortunately not completing this partial description, already made by Franchi, and talks about it as something already existing, giving it additional attention. The brief profile that Ascoli retraces includes the summary of chapters of the De Mercatura, and among the comments, he also asks, “why (…) did it come to light in Ancona?” This non-rhetorical query is pursued, among the hypothesised reasons, from the precise observation that in Stracca’s Ancona “the holding public office” was forbidden “to those not involved in trade of other laudable work”, sanctioned by the Constitutiones of the city, and also by the significant underscore: “the maritime exchange for the first time [has received] the nomen juris in Ancona in 1397, specifically in the third rubric of the maritime Statutes”. Conclusively, Ascoli renews the hope that the wait for additional studies should not be long, recalling “with a touch of pride and emotion” that “the name of the jurist has always been linked to Ancona” therefore, Ancona must “honour in him, not just the jurist, but also a devoted and loyal son”. A few years later in 1966, also spurred by this request, our contribution appears (please excuse our self-quote, it is necessary for accuracy) on several pages, published in the journal “Quaderni Storici delle Marche” [“Historical Volumes on Marche”], established and directed by Alberto Caracciolo, Lecturer of Economic History in the newly formed faculty in Ancona. With this we have tried to recall a more general view of this matter, the aspects of novelty, and the visionary foresight of the Anconan jurist15. Fourteen years later, in 1980, the Istituto Marchigiano Accademia di Scienze Lettere ed Arti [Marche

13 - ROBERTO ASCOLI, Benvenuto Stracca giureconsulto anconitano, in “Rendiconti dell’Istituto marchigiano di Scienze Lettere ed Arti”, vol. XVIII (1950-1954), Ancona 1958, pp.54-60. After war broke out, in a city devastated by the disastrous bomb raids, and with the country’s general financial difficulties, recovery was also slow for cultural institutes of necessity, with subsequent delay in printing the remaining texts. 14 - AA.VV., Celebrazioni marchigiane. September - October 1934, vol. 2, Urbino 1935. 15 - ALESSANDRO MORDENTI “I giuristi e la nascita del mondo moderno: Benvenuto Stracca anconitano”, in “Quaderni Storici delle Marche” (subsequently “Quaderni Storici”), 2, May 1966, Ancona 1966, pp. 236-259.

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Institute of Science, Literature and Art] sponsored a study convention in Ancona, with the support of the local Chamber of Commerce (and these two organisations went on to publish the documents which resulted from the day16, in order to “celebrate the 400th anniversary of the death” of Stracca. Various interventions, of welcome and introduction, and three thematic reports followed in a packed programme, also evoking future in-depth work on different areas of research found in the different treatises. But, once again, the implementation of larger projects does not materialise, until more recently. The return of Benvenuto Stracca to the centre of attention in legal science, which we see most recently, also involves illustrious modern speakers, whose contribution will be specifically shown herein, and thus in concluding this summarised review of experts on Stracca in the last century, we can state with satisfaction that we have found in the most recent researchers and in their work, Stracca newly prominent in the view of Italian or even foreign studies, where combined with admiration, whether often expressed incidentally or freely, there are also original explanatory treatises and critiques17. However, Ancona, the city forever quote as Stracca’s home town in the frontispieces of his work, as he

also stated in many places, was only a reference, something which was in publishing in the past and when identifying heritage, or does it appear to be the significant backdrop of a personal profile, a view suited to the protagonist? Until late antiquity until the modern age, the port of Ancona was known for being a port of call which was commercially important do to its location as the portal between East and West, for both goods and men18. Contributing to characterising it as such in the past are well known maritime laws by sailors, although they have not been given the prestige of other regulations which have become antonomastic on the seas (lex Rodia, Capitula barcinoniensia) and with these, the full series of treatises, pacts and reciprocal commercial privileges that connect it with Ragusa, Florence, and Zara [Zadar]19. The city, whose territory, beyond the true forma urbis, wass a small area with a few strategic castles, even at its height, was never recognised as a real seafaring republic, with commanding naval power (beyond parochial selfcongratulation, it seems clear that it lacked a real, permanent military power, and the thalassocratic competitiveness, even warlike tendencies, of Genoa, Pisa, Venice, and even conquests and possessions in Italy or overseas where it has full dominium) historically recognised as such, particularly in relations with

16 - AA.VV., Benvenuto Stracca nel quarto centenario della morte. Convegno di studio, Ancona 29 March 1980, (Ancona 1981). (Includes: ALFREDO TRIFOGLI, Introduction; GUIDO MONINA, Welcoming address; WERTHER ANGELINI, Welcoming address; ALESSANDRO MORDENTI, Un anconitano del ‘500: Benvenuto Stracca, pp. 15-27; PIERO VERRUCOLI, L’opera di Benvenuto Stracca, pp.31-40; ANTONIO MALINTOPPI, Attualità del Diritto commerciale internazionale, pp. 43-50) 17 - See CHARLES DONAHUE, Benvenuto Stracca’s De Mercatura: was there a Lex Mercatoria in Sixtheenth Century Italy?, in From Lex Mercatoria to Commercial Law, (by V. PIERGIOVANNI), Berlin 2005. 18 - From the most recent and documented literature, which is based on archived papers (particularly from the historical municipal archive of Ancona, ACAN, the notary’s archive, ANAN, both stored in ASAN), and which stresses the prominent role of Ancona in the Mediterranean economy, we will limit ourselves to citing PETER EARLE, The commercial development of Ancona, 1479-1551, in EHR series II, XXII ( 1969) no.1, pp.28-44; JEAN DELUMEAU, Ancone trait d’union entre l’Occident et l’Orient à l‘époque de la Rénaissance, in Societés des compagnies de Commerce en Orient et dans L’ocean Indien, Paris 1970, trad.it. in “ Quaderni storici” 13, 1970, pp. 26-47 : Un ponte tra Oriente e Occidente. Ancona nel Cinquecento.; T. POPOVIC, I rapporti commerciali tra Dubrovnik ed Ancona nella seconda metà del ‘500, in “Recueil de travaux de la Faculté de Philosophie Université de Belgrade XI, 1”, Melanges Jorio Tadic, Belgrade 1970; ELIHAU ASHTOR, Il commercio levantino di Ancona nel Basso Medioevo, RSI , LXXXVIII/2 (1976) pp. 215-253 ; AA. VV., Ancona e le Marche nel Cinquecento. Economia, società, istituzioni, cultura, Ancona 1982. In the collective imagination, for foreigners, for travellers, and for merchants, Ancona is a port. This is the image, so to speak, the function that is attributed and acknowledged for Ancona. A few years ago, during a trip to Czechoslovakia, we were pleasantly surprised to find the label of a local well known beer, Schweikbier Brauerei Rakovnik, showing the maxim, also a medieval adage “Unus Papa Romae, una turris Cremonae, unus portus Anconae, una ceres Racovniae”, which we believe does not need any comment. 19 - Medieval Anconan maritime legislation was publications on various occasions, even if, as for other city statutes, it never had critiques nor modern monographic studies. See CARISIO CIAVARINI, Statuti anconetani del mare, del Terzenale e della Dogana e patti con diverse nazioni, (Fonti per la storia delle Marche, vol. I), Ancona 1896, after it was originally published by JEAN MARIE PARDESSUS, in the volume V of his Collection des lois maritimes, Droit maritime des états pontificaux. The most recent edition is: Ancona e il suo mare. Norme patti e usi di navigazione nei secoli XIV e XV. Voll. 2, I: Statuti del Mare. Patti del Comune di Ancona con diverse nazioni, II: Il Portolano di Grazioso Benincasa, (printer unknown) (however, Ancona 1998).

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competitors. It always limited itself to fondaci [storehouses], consulates, delegations, however active and long lasting, as in Pera and Alexandria, and to enjoy the reputation of an occasionally successful armed presence, temporary alliances or episodes of naval conflict. Even Stracca, can claim ancestors within his family who were famous for achievements of this type20, which there is no lack of even in his century: Anconan citizens were in Lepanto, in 1502, Cinzio Benincasa participated with two galleys in the papal expedition named “armada of Santa Maura” in aid to the Knights of Rhodes against the Turks. However, it was the sea around Ancona that gifted it its position as a permanent and essential actor in trade between the East and West, from which it drew the decisive commercial calling which characterised it, particularly in the era that we are interested in, that of Benvenuto Stracca. The magnate families leased or armed merchant ships (such as the Ferretti, for example, or the Benincasa family21, which of the latter, in addition to merchants, some representatives were recognised as experienced and sought after cartographers, like the renowned Grazioso and his son Andrea, as well as the Eufredducci) and contracted or supported the supplying of products from the East on their own or as intermediaries in favour of companies or individual foreign traders, sometimes authoritatively represented in the city, from Tuscany, Florence, Siena. Count Francesco Ferretti, son of perhaps the most important family of the city, published in 1558 his Diporti notturni, dissertations in which he spins a view of Ancona, of its port, its daily life, attesting to the trade, the variety of nations present, its open and cosmopolitan mentality, and in addition, significantly, the eighth Notturno, specifically

includes an Isolario, a geographical guide of the islands of the Mediterranean from Sicily to Greece to Cyprus, Malta and the Balearics, and even England, in 27 engravings by Marrelly “of the form and stance of the most important”. A true vademecum for his seafaring fellow citizens and merchants. Ancona was still home to Slavonians, Venetians, Greeks, Albanians, Turks, people from Ragusa, like the families Gondola, assimilated within the Council, or the rich merchant Gozzi to whose devotion we owe to this day, the presence in Ancona and commissioning of the admirable Titian22. Among the cosmopolitan relations, of interest are those with foreigners belonging to the dominions of the Sublime Porte [Ottoman]. Within the changing, but essential balance for trading with that empire, of the international situation, Ancona obtained special privileges granted by the Sultan: examples are the firmans who directed his subjects’ trade to Ancona at the expense of the competing fair of Recanati or granted other commercial advantages, and those of Suleiman the Magnificent of 1554 are to date, preserved in the municipal historical archive23. Said environment had inherent, formal and substantive characteristics, found in the daily trade documents, and we have the proof of this in a sample of conventions, showing the current legal custom of the operators, in the contemporary writing of a contractual formula, a rare case of documentation in the papers of the era that still remain, and even more significant for the differences found relative to similar sources found for other markets. It is a register, compiled by Clemente Franchi from Polverigi, castle of Ancona, probably a scribe in an office of the curia or notary shop, a manuscript found in a code

20 - L. FRANCHI, Benvenuto…, cit., pp. 14-15, cites the documentation relative to the perpetual Genoa citizenship granted to the Stracca family, for merit gained defending Famagosta (1441). 21 - ALESSANDRO MORDENTI, I Benincasa. La famiglia, il palazzo, la biblioteca, Ancona 2008. On Cinzio, p.16-21. On Grazioso and Andrea cartographers, which mentions Eufredducci or Freducci, p. 26. On Stefano, a great merchant, p.31 ff. A facsimile of Grazioso’s navigation log is published in Ancona e il suo mare, cit. in Note 19. FRANCESCO FERRETTI, Diporti notturni, dialloghi familiari (…) con la dimostrazione figurale intagliata da Michel’Angelo Marrelli anconitano, printed in Ancona by Francesco Salvioni 1580. (See F.M. GIOCHI. A.MORDENTI, Annals…,cit. p. 80-81). Starting with Franchi, the losses sustained by the family archives of the old Anconan ruling families are constantly emphasised, which we have lamented more than once as an absence of a usable private historiography source; in our case the damage is due to the destruction of papers of the merchant courts preceding the 19th century. On all these gaps in Anconan documentation, we will limit ourselves to referring to ELIO LODOLINI, Problemi e soluzioni per la creazione di un archivio di Stato (Ancona), Rome 1968; A.MORDENTI, L’inventario Angelini Rota dell’Archivio storico comunale di Ancona , in Studi anconitani, (Ancona) 1992; ID., L’Archivio di Stato di Ancona, in Ricerca della città. Materiali. (Ancona) 2002. 22 - Ancona e le Marche per Tiziano. 1490-1990, Ancona 1990, particularly p.20 and bibliography. 23 - ASAN ACAN, Fondo diplomatico, ad annum, no. 74 bis (ex LIX bis).

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of the Valentinian Library of Camerino. It includes about 100 formae instrumentorum, an excellent and very complete example, very rare for such practical manuals, as stressed by Mario Chiaudano, who reported the document. The document unusually contain specific maritime agreements, which appear to be in compliance to city law, and in general to the correlating places in the previous work by Stracca24. Since late antiquity, Ancona had a consistent Jewish presence. The patron of the city, before being the martyr Saint Ciriaco, whose body is preserved and revered in the cathedral, was the Rabbi of Jerusalem, who after converting, became the inventor verae crucis, author of the legendary recovery of the sacred cross of Christ, then delivered to the Empress Helena, mother of Constantine25. It is indisputable that, as in other Jewish communities, the one that was always in Ancona coexisted with its own precepts, practices and cultural and familial customs, whether religious or private, sealed off and rigorously separate, with the practical acts of sharing of relations with the institutions and subjects of economic “Christian” life, in a way that was desired used by institutions and powers within which the said minority operated and lived, widely found within the documents of the Municipality or in notarial documentation. In the reciprocal influence, even when the city’s nobility between the 17th and 18th centuries, progressively shunned direct management of economic activities, the ruling nobles of Stracca’s home town took pride in the resourcefulness of trade and mercantile fame, even during a decline felt throughout the peninsula, as seen in the slow but perceivable demise of the metropolis of Venice, both cultures continued to live alongside each other in Ancona, with the Jewish minority fitting in as an essential member of the city’s economy, prior to and after the establishment of the ghettos (1555). This model may be summarised by

free and honest trade, lawful profits and the necessary legal tools26. Although deliberately separated, rather than integrated into Christian society, including the extreme constraints of the “signum”, mandatory humiliation, which was imposed,, suspended, and reapplied by law with interested rotation, and including segregation in the “ghetto” (for the State of the Church and for Ancona by the bull Cum nimis absurdum thereafter), the Jews, specifically when and because they were the “public bankers” of that society, to use the words of Bonazzoli, “were pivotal”. Already Elihau Ashtor and Viviana Bonazzoli with broad documentation drawn from Ancona notaries, have reconstructed the importance of the symbiosis of the components which we have mentioned. Specifically, Bonazzoli detailed the particularities assumed and maintained in Ancona for Jewish loans, regardless of the type: loan “on paper”, “consumer” loan, banking relationships and the practice of “usury” loans, which were local peculiarities, from Marche and from more distant commercial cities. Bonazzoli precisely specifies that in Ancona, “during the Fifteenth Century, the true objective of the local ruling faction, which was of mercantile nature, was not so much political activity, but the ability to make choices in the political economic field”. Thus, unlike the other collective regional activities, which felt the need to prove to those who were truly in power that the Municipality was in fact a political and administrative power and therefore tried to wrest more authority from the higher powers, this did not affect Ancona, which did not aspire to be an expansionist or military metropolis or agricultural hinterland, unlike mutatis mutandis of Jesi, or a manufacturing monopoly like Fabriano, but is instead mainly a trading port, essential to the trade routes from which it makes its wealth and which it wants to maintain27.

24 - MARIO CHIAUDANO, Contratti marittimi in un formulario anconitano del secolo XV, in Studi in memoria di F. Vassalli, Turin 1960, pp. 325-347. We remind the reader that Chiaudano is one of the university professors, who has been instrumental in maintaining a happy partnership between Genoa and Ancona on commercial topics and Stracca in particular. 25 - Stracca’s Spanish maestro Ambrogio Nicandro, who had established himself in Ancona, is the author of the small poem Crux inventa. Cyriacus discruciatus. Addita est Aedis lauretanae origo, printed in Ancona nel 1532 with a preface by “Vinnutus Straccha”. See FILIPPO M. GIOCHI, ALESSANDRO MORDENTI, Annali della tipografia in Ancona 1512-1799, Rome 1980, pp. 44-45. 26 - ALESSANDRO MORDENTI Vita quotidiana e modelli di cultura in una periferia dello Stato pontificio nei secoli XVI – XVII, in La famiglia e la vita quotidiana in Europa dal ‘400 al ‘600, Rome 1986, pp. 375-406, passim. 27 - VIVIANA BONAZZOLI, Il commercio ebraico di denaro e di beni ad Ancona nel ‘400, in “Il prestito ebraico nelle economie cittadine delle Marche tra ‘200 e ‘400. Monographic volume “Proposte e ricerche”, no. 8,[Ostravetere] 1990, pp. 133-157, specifically pp. 134-136.

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It gained importance during the period that almost coincides with the practical activity and the legal experience of Stracca, at a still auspicious economic time in the city with constant transnational relations in which the Jewish minority is an active participant, a specific time, and in our opinion, incisive and decisive, period which changed for better or worse Ancona’s view of the importance and implications of trade, and particularly Benvenuto Stracca’s. We refer to the creation, between the end of the 15th century and 1556, of a university or Portuguese Sephardic nation, thus a community of those Jewish refugees, expelled from the Iberian Peninsula as “Marranos” and in a new Diaspora, dispersing in Europe and beyond28. All of these events of that “minority within the minority”, until the tragedy of an irresolute autoda-fè from Rome29, would certainly have been witnessed by Stracca with the clear attention of a representative of the city government, moreover, a lawyer and jurist on commercial law, with a mindset above all and always ready to rely on and form an opinion on concrete data from experience. The upheaval caused by the execution of the Lusitanians, tried and charged with the proceedings of the Inquisition, the subsequent exile from their community to other areas, both Pesaro and the state of Urbino, elsewhere in Italy or in Constantinople, the subsequent boycotting and commercial blocking at the port of Ancona by the international Jewish operators, a significant response and although only short-term, were concerning for the city, would not have escaped

Stracca’s notice. Moreover, it is not surprising that our jurist, as his like-minded twin Santerna (who we will address later) who was even a Jew and perhaps Marrano, does not include in his work, in reference to Jews, apart from the traditional and obligatory moral and biased clichés, which in light of the canonical prohibitions and constraints, not only on usury was required of those that didactically addressed financial and credit transactions, a usual negative tribute as safe-conduct and approval for their pages. However, certainly the deep ties with economic reality, even the one shared with the local and outside Jewish entrepreneurial dynamics, marked the manner of considering it through the legal institutions. The now copious literature on such events, by which historians and researchers reconstruct the Anconan event, recognises how it sustained a removal in the past, which was so fully shared that certain sources even believe it did not occur. However, all of the Jewish world, including the Lusitanian internationalism in the common commercial interest, within the Anconan microcosm, given its relevance, certainly must have had a profound influence and left clear marks. A precise event in history of legal literature has these features, let’s follow it. When the innovative masterpiece of the legal methodology, the De mercatura, was printed in Venice in 1553, it was preceded one year earlier, still within the Venetian presses, by another legal text, the treatise of the Portuguese lawyer Pedro

28 - V. BONAZZOLI, Ebrei italiani, portoghesi, levantini sulla piazza commerciale di Ancona intorno alla metà del Cinquecento, in Gli Ebrei e Venezia. Secoli XIV-XVIII, Milan 1987, pp. 727-770; IDEM, Una identità ricostruita. I Portoghesi di Ancona dal 1530 al 1557, in “ZAHOR” V 2001-2002, pp.9-38. On the presence of the Portuguese, persecution and consequences, containing a lot of information on traders and money lenders, for important information on the international relationships of the Portuguese, we cite among his various publications, AARON LEONE LEONI, Per una storia della Nazione portoghese ad Ancona e a Pesaro, in La identità dissimulata ( by P.C. Joly Zorattini), Florence 2000; IDEM, La Nazione ebraica spagnuola e portoghese di Ferrara(1492-1559). I suoi rapporti col governo ducale e la popolazione locale e i suoi legami con le Nazioni portoghesi di Ancona Pesaro e Venezia, vol. 2, Florence 2011, IDEM, Alcuni esempi di quotidianità imprenditoriale tra Ferrara Ancona e Venezia, in “ZAHOR” IV 2000, pp. 57-114. LETIZIA CERQUEGLINI, Verso una “ nuova” storia degli ebrei di Ancona: gli archivi e le fonti, in Ebrei a Roma e nei territori dell’ex Stato pontificio. Secoli XVI-XX, monographic volume of “Archivi e cultura”, XLII N.S., Rome 2009, pp. 29-52, on the Jewish community in Ancona, highlights the “peripheral but important and strategic reality”, which does unfortunately not, increase the number of new searchable sources for our period of interest: given today’s difficulty of consulting the most ancient documents surviving in the true historical archive of the Anconan Jewish community, which now appears to be stored in Israel, in a (university?) institute in Jerusalem, it would be desirable to at least have a computerised reproduction held in Ancona. 29 - For the vast literature on the “auto-da-fè” of 1556 in Ancona, in which the financial aspects are often referenced, while it’s impossible to only provide one selection, please refer to the essays of V. Bonazzoli, cited in Note 28, where a large updated reference bibliography can be found.

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De Santarem (Santerna) on insurance30. The edition was overseen by an excellent Anconan citizen, the lawyer Giovanni Battista of the prominent family of merchants, landowners, jurists and constant participants in municipal government, therefore colleagues of Stracca, the Trionfi, who in this particular case, contribute to making the accepted ways of trading in the Ancona market place doctrine. The manuscript for the work was in Pietro Trionfi’s hands, who, as Stracca specifically recalls, when he asked to study it, was refused by him. The “contribution” of Santerna with Stracca is not accidental. Moreover, it proves the careful relationship of Anconan citizens with the Portuguese Jewish cultural world, and particularly in showing a certain sensibility on the subject of trading and in wanting an appropriate doctrine definition, not only obviously required in the environment of merchants, something that Stracca often stresses, but in the spheres of the ruling oligarchy, a definite class expressed and char-

acterised by that environment. We will base many of our considerations on this. Giovanni Battista was the nephew, as the son of Giovanni’s brother, of the almost 90-year-old Pietro Trionfi (1475-1555), to be identified in the long-lived canon and deacon of the castle of Varano, but more than on Giovanni, author and signatory of the dedication in the edition of 1552, our interest is towards Pietro, who, like the rest of his family, has a lively economic activity, but who specifically appears, in notarial documents, linked to Ambrogio Nicandro, the humanist who in turn was Stracca’s teacher, who lived in a house owned by the Trionfi, and was another protagonist in a notary seal procedure, thus not unrelated to legal practice and activities: this undoubtedly shows the tight network of relationships existing between the various subjects of our event in the small city of his homeland31. Franchi and Goldschmidt, in the reciprocal reviews stated above, debated the priority or reciprocal influ-

30 - L. FRANCHI, Benvenuto…, work cit., p. 138 and 155, has among other things, been credited with having introduced Santerna, up to that time more or less forgotten despite the publishing success of his treatise, to modern academic debate, and in exchanging notes with Goldschmidt, to have contributed to the initial hypothesis on the chronology for drafting the work, however, the dates in both are approximate due to the unclear information found on the life of the jurist. MOSES BENSABAT AMSALAK, Santerna, iurisconsulto portugues do sec. XVI, Lisbon 1917; ID., O tratado de seguros de Pedro de Santarém, Lisbon 1958. Despite various subsequent anastatic prints, translations and comments on the treatise, little is known to date of the biography of Santerna, particularly of his dealings in Italy, as already lamented by ARMANDO CASTRO, As doutrinas economicas em Portugal na espansao e na decadencia (seculos XVI e XVII), Lisbon 1978, p. 24 : “Pouco se conhoce da vida deste jurisconsulto portugues, ignorandose inclusive as datas de seu nascimiento e morte”; Moreover, Castro, stated (p. 26) that Santerna “continua a rapresentar una mentalitade dominada pela ideologia tradicional, de cunho escolastico e feudal”. Therefore, not much more has been stated than the old profile consisting of a few lines by DIEGO BARBOSA, in Bibliotheca lusitana historica critica e cronologica, Lisbon 1741-1759, t. III 1752, p. 617, always repeated thereafter, where he describes him as “agente de nossa corona” in Florence, Pisa, and Lyon. More updated information, with details of Santerna’s studies and doctorate studies in Perugia, is provided by DOMENICO MAFFEI, in Il giureconsulto portoghese Pedro De Santarem, autore del primo trattato sulle assicurazioni (1488), in Studi di Storia delle Università e della letteratura giuridica, (Bibliotheca eruditorum), Goldbach 1995, who definitely referred to the original manuscript of the work, the codicological unicum, found in the Vatican (Ms Latin 5922). Also see, ENNIO CORTESE, Meccanismi logici dei giuristi medievali e creazione del diritto comune, in Il diritto fra scoperta e creazione. Giudici e giuristi nella storia della giustizia civile, Jovene 2003, specifically pp. 350-352. This is the appropriate time to clarify the meaning of our statements expressed elsewhere in the past (respectively A.MORDENTI, I giuristi…, cit., p.255; and F.M. GIOCHI and A. MORDENTI, Annals …, cit., p. LXVII) which were misleading, which others (D. MAFFEI, work cit., p. 55, Note 34, where the “guilty” sentences are cited) quite rightly criticised and which are rectified here, as is proper. The use of the manuscript of Santerna, by the Trionfi family, may be just reason to consider its use for publishing, in an almost figurative statement, an “assigning of the role of organising within one treatise, merchant contract law and insurance to the mysterious Santerna”. However, it is certain that nothing in research proves a direct relationship between the Portuguese jurist and the Ancona noblemen in question, even if to date the activity of Santerna in Tuscany and elsewhere appears to be unknown. This fact and the fact that little research has been done, and he is still generically defined as the “factor and broker in Florence Pisa and Livorno ”, which Nogueira (2002) stated most recently, could lead us to suppose that he may well have had contact – which is, I repeat, undocumented - with operators in Ancona, a muchused intermediary port for East-West trade. The second of our phrases condemned by Maffei could therefore be corrected by the word, added here in parenthesis – and which unfortunately, the incriminating text does not have! – “work issued by the local noblemen as for example those of B. Stracca and of the [potential] agent of the Trionfi Pietro Santerna family”. Likewise the phrase referring to the relationship between Santerna and the Trionfi on p. 22 of our contribution included in the publication cited in Note 16, should be considered corrected based on this text.. The disastrous archival losses of the noble families of Ancona, already lamented by Franchi, and specifically the Trionfi papers that are of interest (as we have referenced several times, see A. Mordenti, L’Archivio, cit., passim) are disheartening, but do not preclude additional research, even in other commercial arenas connected to Ancona, from leading to additional or new materials for studies in reference to these topics. 31 - A recent history documented, paying close attention to the documents, (ANDREA HONORATI, Ricerche sulla Casa Trionfi di Ancona, Ancona 1990) was not able to add much about Pietro and Giovanni Battista, but specifies their respective genealogical placement, with those of the six brothers of Pietro, among which Callisto and Lorenzo, Notaries. The notary’s documents, ASAN ACAN, the numerous deeds of various notaries, contain documents relative to our figures (for example, in the deeds of Giovanni Masseri, Antonio di Domenico, Angelo Cicconi, among others). Masseri (vol. 429, year 1550 c. 31 and vol. 432, 1554, c. 4 , tabellionatus) names Ambrogio Nicandro.

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ence between Santerna and Stracca and even on how the manuscript of the Portuguese lawyer actually reached Ancona. But it is not as important as the Trionfi took hold of it, perhaps through people of the Sephardic community of the city, not something impossible given that the Jewish status was commonly accepted for Santerna, and perhaps he was also “Marrano”, and also what is the precise sense by which he is attributed the term, and the discussion of his work could only have been of the highest interest for those refugees in Ancona, merchants and financial operators of a Diaspora with international ties, interested in trade and maritime relations, therefore risky and which could be protected by insurance. However, the same could have occurred through the citizens of Florence or other Tuscans, corresponding to the Ancona economy, within which environment the Portuguese jurist would have been active32. But certainly important is the fact that Ancona recognised, by part of a family of ruling elites, the value and novelty of the work, wanted the text and moreover, decided to print it:. The writings were unknown until then, even if likely written half a century before, and without the initiative of the Trionfi family, would have remained unknown or perhaps would have been lost, given the extreme rarity of manuscript evidence. The parallel life which from that time in the printed editions, for over 100 years the works of Stracca and of Santerna had, often published together within the same volume, not only because of similar subject matter, in a series of editions of which sooner or later we will have, it is hoped, an updated bibliography critique33, once again shows that these works, of which the fort leben is uninterrupted, were delivered to the practice, legal literature, academic commercial legal studies, by a particular milieu, that of Ancona. The uncertainty among researchers who have researched Stracca, between the two positions, that which affirms that exceptional ideas may occur anywhere regardless of specific environmental influ-

ences, and the other that states that precisely in Ancona and at that particular time, favourable conditions helped to design and create that work, a hypothesis prudently issued by Franchi and accepted by Tamassia, on which on the other hand Lattes is perplexed, although he himself is favourable to said interpretation34, may also be considered a pseudoissue. If we could expect additional in-depth critiques on the specific climate of the city and the historical time in which Stracca lived, we believe it is evident that certain elements particularly significant are indisputably necessary to better and closely understand its pages, with all the implications that they contain and suggest, or rather, their value. If Ancona, within the external constraints such as belonging to a particular State or the involvement in the inevitable Mediterranean decline after the discovery of the Americas and the new Europe of absolute monarchies, lacked the stately or principality experience in its limitations of progress toward modernity, and consequently that of a presence in a Court, it was however, not affected by this inevitable centripetal force and the hostility to open universalism and ideological freedom; the lack of secular and revered academic centres, the medieval universities, if it impoverished the diffuse scholarship of the environment, and for Stracca, perhaps in the future, tarnished his personality of theoretical teacher without academic authority, it left the field free of traditional conformism and from the looming baroque sterilising of the Italian creative spirit, flaws of scientific path which, as evidenced by the French antitribonianism, were frowned upon by the culture of Common Law with Roman basis, and leaving Stracca free to use his own values to create a new innovative system: thus in an apparently paradoxical manner, his environment favoured such a speculative and precisely practical mindset, which combined pragmatism and originality as is typical of the great innovators. Free of any stresses from foreign colleague’s law publications, which were imposed on ju-

32 - In addition to the inherited title “agent in Florence, Pisa and Livorno” (Livorno which was originally Lyon?) (See Note 30). 33 - D. MAFFEI also wants, work cit., pp. 362-363, no. 31 a recent bibliography update in: Fondazione Mansutti, Quaderni di sicurtà. Documenti di storia dell’assicurazione (by Marina Bonomelli), Milan 2011,pp. 300-306.Maffei, again (work cit. p.365) confirms Santerna was present in Tuscany and specifically in Florence. 34 - A. LATTES, work cit., p. 645,649.

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rists in absolutist societies, Stracca aimed for personal responses that at the same time would have opened the road to coherently address all permanent needs of society. To think of Stracca as only, so to speak, a more evolved civilian, detached from treatise writers of the latest school of Commentators who by chance created an organic general work, compressing his individual personal experiences into a case anthology, ordered and coherent, but without the conviction and certainty of showing and opening new fields, is not only restrictive but unorthodox. A parallel could be helpful to clarify our lines of though. Another jurist from Marche, Alberico Gentili from San Ginesio, shows us a path that can easily be compared to that of Stracca, an additional momentous turn in legal thought deeply rooted in Italy, facing a new time and different environment. Like Stracca, he was a lawyer and prominent citizen in a provincial context, but unlike him, soon taking to Protestantism, Alberico, born in 1552, the year before the De Mercatura of Benvenuto, went abroad with his father in pursuit of his religious ideas, thus arriving in England and settling there. He was admitted to University and to the Elizabethan Court, in the autocracy that created the global British naval supremacy. Gentili, within that political and constitutional climate, as a legislator who had drafted civil, municipal and traditional statutes for his small cherished homeland prior to Grozio, on international law with three books in his De iure belli, and also on Roman basis, unified the subject matter. In his mindset, the key motivator was to legitimise sovereignty and the states’ armed diplomacy, with clear and shared principles35. Stracca had the same need for order and certainty in the organic theoretical edifice of the business world,

of relationships which trader and merchants be they corporately registered or not, it is the subject who trades, performs specific negotiations, intermediations, and loans. The fact that the certainty and stability of law were thus for Stracca the implied basis for fair and lawful economic actions, is also proven, as we shall see, by other unequivocal messages which we find in his work. It is this plan for an “accessible law” that drives him to anticipate, by far, the era and subjects of the political and technical-legal work of codification. Looking for regulatory stabilisation36, in addition and combined with clarity and the systematic theoretical lesson, Stracca could only look to the closets power and institution which was the most logical reference: the Pope as sovereign, and with a perspective that can only be rooted in the utroque iure, requires a Pope to legislate consistently with what and how he has created as jurist. We clearly see this recommendation in the dedication preface of the Adnotationes in responsa Aymonis Cravettae, his last proactive message in his last work, which was published after his death, in which there was an excerpt of a touching autobiography. In fact, Stracca dedicates the work to Pope Gregory XIII Boncompagni, and in the words by which he presents this gift to the Holy Father in his preface, in which he recalls the distant origins and reciprocal knowledge and familiarity, relative to when Ugo Boncompagni was a Professor in Bologna and among his students was the young Benvenuto, and also recalls that on the occasion of their last confidential meeting, when he was a pilgrim to Rome for the Jubilee in 1575 with his wife, the now elderly Anconan jurist was granted an audience by the one now speaking from quite another podium. However, Gregory did not neglect the now old shared subject matter and urged his former

35 - Alberico Gentili’s (1552-1608) birth town has continued, over the past few decades, to keep academic interest alive, with periodical conventions and international meetings. 36 - We have already stated (A.MORDENTI, I giuristi…,cit.,pp.258-259) that by “stabilisation” we are referring to , as a general category, multiple technical procedures that, may within the legal, constitutional and legislative fields (consolidations or codification) as well as in doctrine, to varying degrees be systematic, as in our case. Supporting our position are the reflections of Verrucoli (work cit., p. 33) on the concept of “stability” – however placed in history – and the formation of principles (and institutions) which follow on from and surpass existing ones as well as new “systems” required for history. In fact, the word may describe and summarise long periods, which cannot always be isolated and perceived at the outset for what they are, as is the case of changes and innovations, and also shifts and confirmations, whether political, economic, monetary or demographic, as confirmed by the its use in the technical language of many disciplines. For balance of power or broadly sociological models, the use made by BANDINO G. ZENOBI, Le “ben regolate città”. Modelli politici nel governo delle periferie pontificie in età moderna, Rome 1994, specifically p.196, appears to be typical.

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student to complete the work he has started, but interrupted, precisely on Cravetta. Obeying him and completing the study, Stracca condensed in the preface discussion pages the benchmark of his line of thought, and pushed the contents well over that commentary, a tribute, so to speak, to consulting professionals, in deference to the exegetical traditions. That this text is in a certain sense “lesser” than Stracca, and technically “beneath him” as a commercial law expert, and probably this led to the editio princeps of 1580 remaining the only one, does not diminish the importance of this poignant dedication preface, which we feel overall lends another key to the current understanding of Stracca. Also, additional studies on the “Adnotationes” cannot be excluded and may contribute, precisely due to the nature of his work, to clarifying the methods of interpretative critique and the exegetical logic of Stracca’s line of thinking for legal literature. The message was clear, particular when directed to such a recipient: “Si Maximus noster Pontifex Gregorius XIII, more Iustiniani imperatoris ac Gregori IX, iuris utriusque partibus recte pensatis…pontifici et civilis iuris articulos…diffiniret…quanto id adiumento esset iuri nostro et quantum reipublicae Christianae consuleretur quantamve populis commodum et utilitatem afferret quantumque a bonis viris…hoc opus laudaretur…” Moreover, it was difficult to expect, in Italy and particularly in the State of the Church, for which regulations of a duplicitous nature, spiritual and temporal, much later and with difficulty, favourable conditions were realised, given that they should rightly be viewed in the viscosity of said institutional structure, in the balance of power of the many jurisdictions and authorities, the progressive movements, also able to lead to however important and significant events, for example the Bull De bono regimine and the work by De Vecchi. We can also rightly determine, as already suggested by Franchi, that Pope Boncompagni did not completely allow to be in vain, the urging and persuasiveness of the jurist he held in great esteem. Although now having reached the last few years of his papacy, he died a

few years after Stracca, Pope Gregory in fact sponsored a legal “encyclopaedia”, the renowned, monumental Tractatus universi iuris, the huge collection of the most well-known, celebrated and quoted authors on law, including tens of volumes. Within this, in the section De contractibus licitis, Stracca’s treatises were also included37. To the request for “general and carefully-weighed” codification, the cited work of a knowledgeable princeps, still outdated and difficult to create, for the common mindset and outlook, even if confusedly revived among the daily procedural needs, and which went on to be a target of awareness among the other requests of the Third State, thus premature - but not for the “provincial Anconan” genius! - the first response was the establishment of an overview of legal knowledge, to compress it into a corpus, in place of that futuristic plan, so to speak, approaching Justinian, because it was still impossible for it to be Napoleonic. Like the De Mercatura in the specialised arena, the scientia iuris before the codex. If Anconan commerce is the land from which the plant of its awareness and legal studies competence may grow, but that also broadens general views and teachings that are universally applicable and valuable, certainly Stracca remains tightly linked to his Ancona, the one we can rightly call, in the overall dimension of history of such a complete legal experience, but also in the personal sentimental implications, his “small homeland”. In addition to his loyal dedication to public government, to his lifelong militancy in the city’s magistratus, within various administrative duties, assignments, Mayor of Castello del Contado, embassies, delegations to welcome potentates, sponsorship of causes, consultancies and opinions, hundreds of council sessions and votes, all carefully reported and illustrated by Franchi, we can speak to a degree, of Stracca’s being inherently an Anconan citizen, also provided by the telling, almost picturesque details, that he adds to his written discussions, referring to memories and reference to life as part of his community, as colourful as naively or commonly effective.

37 - Tractatus universi iuris , Duce et auspice Gregorius XIII Pont. Max. in unum congesti…, Venetiis Franciscus Ziletti 1583.

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We will cite some examples: when he addresses, on the subject of shipwrecks in the De mercatura, in the part of De nautis, part 3, 34, the risks caused by lit unlwaful lights turned on at sea and warns his fellow citizens, “notent anconitani”, of the danger that may result from the nightly navigating of vessels with lights, to fish octopus, attracted to light, along the sandbanks adjacent to the port, at the foot of the cliff, the hill on which the cathedral above the city is built, and to describe its uses, disclosing as in many other places, the humanistic familiarity with classical authors, the terms of the 4th satire of Giovenale, “extra domum Veneris”, meaning under the pagan temple on which the Christian basilica was then built. An additional place, still in the De nautis, part 3, 37, once again he names the hill on which the cathedral of the patron San Ciriaco was built, with Latin terms of the classic 4th satire, where he cites a sample of a shipwreck and the responsibility of the captain: since he gives an example of a case that occurred in Ancona of a ship that hit the arm of the port where the Roman arch is located, he states: “impacta (…) arcum memorabilem optimi imperatori Traiani” and with the ancient artefact, we have a new localisation of the city, that which up to the maps of Blaeu and engravings and 19th century paintings have forever shown the Ancona port. We can add the subsequent number 38, specifically called Anconae laudes, which extols the advantages, even for customs, of the Anconan port. Moreover, in the De Assecurationibus, when he needed to identify the parties, contracting and beneficiaries, of the Anconan policy, the formula assecurationis commonly used in the forum, which he analysed in 40 commentaries, he did not use scholastic names, Titian, Cius, or other fictitious names, but the authentic names of his fellow citizens, of friends, even his brother Giovanni, and thus real personalities of his time are named, members of renowned families, Nicolò Pilestri, Angelo Pichi, Antonio Trionfi, Francesco Bernabei, Marino Benincasa, and Benedetto of the Gondola family from Ragusa established in Ancona and entrenched in the city Council. We would like to refer to a final passage, found among the confidential engravings 38 - D. MAFFEI, work cit., p. 365.

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within his meticulous treatises, where they are never lacking, also with the constant use of learned quotes of Latin authors, as was common by many humanist also humour with entertaining or ironic nuances: in this case, it deals with a realistic observation relative to the port environment and to its population of sailors and shipowners. Likewise in the De Nautis, the topic allows him a nonchalant colourful outburst: “Contra magistros navium ac nautas…qui meretricium illecebris atque delinimentis in portu detinentur, seu, ut aliquando vidi, dulcedine vini Anconitani in portu immorantur…”. Which even if commonplace, a common saying circulating among the docks and alleyways of many, or all, the maritime squares or rather, as Maffei states38 because it is similar to plaisanterie grossière it appears in the De securitatibus Vatican code of Santerna, appears to prove that Stracca knew that text very well (but conversely could have been an amaneuensis of the Vatican attester who quoted it …), the playful example in itself corresponds to the oenological fame of the Marche area and of the city and with the will of Stracca to bring this to light within the context of his writings. Certainly, Stracca contextualised in an almost domestic dimension, which although not very rare amongst other jurists, stands out particularly in relation to an author whose general and abstract purpose was to theorise and construct a system. In reality these hints to a psychological portrait are little more than conjecture, since they lack much data for a similar attempt. However, the interest in increasing our knowledge of him is inevitable, and even Franchi relents, as his diligent biographer, when in Stracca he found signs of “pietism”, as it is not easy a priori to believe that a man of such and so many personal acquaintances, more or less highly placed, could be isolated, remote in a peripheral environment, without contacts and contributors outside of the profession and of the administrative commitments where he always appears as a balanced, reliable functionary, even if relative to these potential relationships we lack, until now, a minimum trace in letters. In any manner, his is a spontaneous sermo quotidianus, to colour the style and enhance the effect, particularly in condemn-


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ing, as he often does for the potential and despicable misconduct or blameworthy behaviour within the mercantile field, and relative to this he also severely admonished his fellow citizens, as when he specifically criticised the editorial torrent that printing allowed, and thus attacked the plethora of poor authors, who increased the specious litigiousness with confused discussions, indifferent to the authentic “bonum et aequum”, to the “licitum ab illicitum discernere”, he shames their conformism, the vacuous authoritative principles, the uncritical sloth in their repeating and copying: ovem veluti unam saltantem sequantur aliae” which is a note by Rabelais39. We can also briefly reference something else: Stracca felt the cultural void that the lack of a local university, even for his professional subject matter, caused around him and prevented the potential expansion and continuity of his conclusions in a stable teaching environment. Even if only later in life he worked on the topic of “consultants” and of the “responsa”, in a similar manner to the academic customs of jurists in the extreme period of the academic Commentators, annotating the opinions of Cravetta, he certainly never disregarded the value and intrinsic importance, personally experienced in Bologna, of teaching lawyers, and of their academic lessons. He was able to enable the city to obtain, as granted by the Pope, even a Studium generale, thus potentially a multidisciplinary athenaeum40. But the authorisation and his commitment to implement it, due to the lukewarm response in Ancona, perhaps worry over the possible costs or deeming it inconsequential against academic dignity thought to be insignificant and not financially rewarding, maybe also due to fear for a presumed influx of unruly students, was not sufficient: the College was established as little more than a circle of a

few citizens practising law and of their associates, its meetings were held in Stracca’s house or in churches or the shop of the typographer and bibliopole Salvioni, and ended in a series of meeting which were more and more seldom and inconclusive, after its shadowy life. Stracca was bitter and disappointed by this, and continued until the end of his life to urge his fellow citizens to support a true University, however in vain, so that he never mentioned the College in his work41. However, the Stracca institution had a positive effect on the city, and in some way marked Anconan life, but centuries later! In fact, 400 years after the council’s decision of March 1558, sponsored by Stracca to ask the Pope for a local centre to teach and train “Lawyers and Notaries”, which Pius IV, later granted, in 1959, when the city asked Rome once again, this time to the competent institutions of the Republic, for permission to establish the University of Ancona, that precedent was cited, together with the importance and the authority of the prestigious scientific legal studies of the city’s famed jurist, among the requirements for the application, which was authorised. A twist and continuity that however exploited that still had an influence. The dedications in Stracca’s work, which were traditional and used by all intellectual writers, could be interpreted as courtly flattery if we take them out of their frame of reference and rob them of their historical context and view them in a simplistic and short-sighted way. But the main work, which remained central to all his work, although as it was his first work, it needed more authoritative credentials and thus, to be dedicated to a prestigious or “political” name, Stracca dedicated it, with an epigraph, to the municipal government: “Benvenutus Straccha Anconitanus S.P.Q. Anconitano S.P.D.”

39 - It is the well-known event, which became proverbial in France, of the “mouton de Panurge” (Pantagruel, book IV, chpt. 6-8), already found by Folengo (Baldo, Maccheronea XI). 40 - MICHELE MARONI, L’università degli studi e il collegio dei dottori in Ancona, in “Archivio storico per le Marche e l’Umbria” I, 1984, pp. 227-278. 41 - The cultural (and civil) deterioration which occurred in the city, during its general decline, although there were periodic and temporary respites, the decline of its economy, the “stagnation” of the Pontifical State, cannot be addressed in depth herein, but undoubtedly can be found in that “sleepiness” which the Jacobin Mangourit (MICHEL-ANGE BERNARD MANGOURIT, Defense d’Ancone, Paris 1802 (reprinted from original from Ancona 1989), found upon his arrival in Ancona with Napoleon in the last decade of the 18th century, and also in the will to remain “ignorant”, as perhaps too severely Pope Benedict XIV reprimanded the citizens of Ancona, when he was Bishop of the city (Letters of Benedict XIV the Archdeacon Innocenzo Sturani of Ancona published by Lawyer Michele Maroni, Foligno 1885, Letter LXXXIX, p. 175). An updates history of the local culture in the pre-unification period would probably more accurately describe the positives and negatives, and the reasons why local history was forgotten, as appears to have occurred from time to time.

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And continues, even though inside the treatises individual parts are dedicated to different individuals, in the preface to refer to the Council and all citizens, with noble pride hoping to contribute to “ad conservandam amplificandam rempublicam nostram utilius, nihil denique ad omnium popularium salutem”. The Council reciprocated in a plenary session, on 27 May 1553, with all the commissions, the magistrates and populace in attendance, in the document where “habita loculentissima oratione” he delivers the volume to the Elders in office, received by their Prior Tommaso Nappi, who had the honour of depositing it, with a solemn ceremony, “hilari fronte”, “in capsa argentorum”, in the municipal Treasury, as reported in the documents of the Council by the clerk. This was probably the highest and most appreciated recognition in his life, together with what was written in the introduction to the city statutes, in the printed edition of 156642, by the curator of the volume, Giovanni Battista Ferretti , for which Stracca provided the writings, collected and collated by his father, thus documents issued within his family. In fact, the following can be read in the preface: “Dominus Benvenutus Straccha jure consultorum facile hodie toto orbe primas ferens”. And Stracca was no courtier. In his missions to Rome, to protect the interests of Ancona, he did not see in the Curia and in his world, anything other than his role as ambassador and representative, he does not feel the charm, nor, it appears, did he have any inclination towards social climbing. Stracca accepted to be a subject, only within the limitations of the indisputable political reality in which he found himself, and his spiritual freedom should be seen as employed by his intelligence in reflection and in the scientific results. Now, the cities subject to central power, needed to negotiate independence from the old municipal institutions day by day, looking for the maximum freedom possible for the negotiating capacity of the individuals. This was Stracca’s mission. He pursues his universal visions and purposes, able to overcome the limitations and torment of municipalism, as well as the constraints or prevarications of the absolute power of the state. It is the same man

who said, in an apparent casual incipit discussion, “mundus est omnibus communis patria”, a pivotal concept in reality, of his understanding of trade and commerce; and in the same realistic manner, as he states, when faced by the ambiguity and risks relevant to financial loans, “charitas in mutuando gratis mortua videtur”, in searching for principles and solutions for complex cases or cases never experienced before, he states: “sermones vero circa universalia faciliores sunt sed circa particulare veriores” and consequently is always cautious in the careful analysis of “complures facti species”, as is expressed respectively in the De mercatura, I , quomodo in causis procedendum no.7, and subsequently, ibidem , II, no. 100. He was a conservative who based his works on the Justinian corpus as a cornerstone of jurisprudence, who used the science of the past, Glossators or Commentators, with the maximum freedom of opinion. He was a great academic and very learned in literary and philological fields, but he was different from culti scholars, as, by making use of all the preceding schools, he was able to surpass them, and surpass his contemporaries, so that as an author within a tradition, of Common Law of Italian origin, he somehow reaches that milestone and starts a new era. Stracca praises statutory regulations when they have appropriately regulate a matter or resolve actual cases, but leaves others to reissue the Statute of Ancona, as we have seen, with the same detachment that he expressed in the Council, when reissuing was spoken of, almost 10 years before, specifically suggesting the updating of old rules, which must be updated to the times. We might say, he was a man with only one work, though complex and coherent, which he pursued for his whole life. The work of a jurist may be seen as part of a continuous experience or development, that of existing law and its progress. On the other hand, it often happens that the work of a small number of exceptional individuals, or of just one of them, has encouraged and enabled, forming its basis, structures which subsequent generations will pursue, perhaps without any knowledge of their predecessors. Both of these elements are true of Stracca.

42 - Constitutiones sive statuta magnificae civitatis Anconae novissime decreto senatus impressa (…), Anconae excudebat Astulfus de Grandis Veronensis MDLXVI. (See F. M. Giochi. A. Mordenti, Annals …, cit. pp. 54-55.

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Benvenuto Stracca nella Fondazione Mansutti Dott.ssa Marina Bonomelli

a nostra presenza al convegno Benvenuto Stracca. Ex Antiquitate Renascor (Ancona, Loggia dei Mercanti, 22 febbraio 2013) dimostra il compiacimento della Fondazione Mansutti nel vedere brillantemente coronati i tentativi fatti nel 2009 allo scopo di celebrare il V centenario della nascita di questo grande giurista avvenuta appunto nel 1509. Purtroppo avverse vicende avevano allora impedito di realizzare questa commemorazione, ma oggi, dopo quattro anni, possiamo insieme rendere finalmente omaggio a Benvenuto Stracca grazie alla tenacia e all’impegno di Giovanni Mauro, main sponsor di questo convegno. La nostra partecipazione è motivata dalla volontà di rendere tributo a Stracca come padre del diritto commerciale. Ma non soltanto. Perché Benvenuto Stracca è anche l’autore del primo trattato italiano sull’assicurazione e, quindi, un personaggio chiave della storia assicurativa che è la materia nel cui ambito svolge l’attività la Fondazione Mansutti. Inoltre, l’adesione a questa giornata di studi rappresenta per la nostra Fondazione l’opportunità di valorizzare il suo patrimonio museale, librario e archivistico. La Fondazione Mansutti è un’istituzione con personalità giuridica nata a Milano nel 2004 e riconosciuta dalla Regione Lombardia, il cui scopo è quello di sviluppare e diffondere la conoscenza della storia del fenomeno assicurativo. Occorre premettere che è comune a qualsiasi realtà istituzionale la necessità di programmare con consapevolezza la fisionomia della propria raccolta; essa costituisce il criterio di base per la formazione di ogni collezione, ma è ancor più rigorosa per quelle biblioteche a carattere specialistico il cui fine dipende dall’area tematica prescelta, che costituisce il parametro di riferimento per la sua missione. È questo il caso della Fondazione Mansutti, la cui idea ispiratrice è stata ben precisa fin da principio: raccogliere soltanto documenti sulla storia dell’assicurazione. Il terzo articolo dello statuto ne precisa gli scopi: «conservare, tutelare, promuovere, valorizzare e divulgare il patrimonio librario e archivistico di interesse storico a partire dal xv secolo relativo alla storia delle assicurazioni [...] e costituire un punto di riferimento per l’analisi e la ricerca sulla storia e sull’economia dell’assicurazione in Italia e nelle altre nazioni». Questa scelta culturale si presenta prioritaria perché definisce l’ambito scientifico nel quale la Fondazione opera quotidianamente e determina, non solo la politica delle sue acquisizioni, ma il profilo dei suoi utenti, la tipologia dei suoi servizi e le strategie di cooperazione con altri istituti italiani e stranieri. Ed è così che nel tempo la Fondazione

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BENVENUTO STRACCA NELLA FONDAZIONE MANSUTTI

Mansutti è divenuta unica nel suo genere. Essa svolge la sua attività di servizio e reference bibliotecario rendendo disponibile al pubblico un patrimonio articolato su quattro tipologie documentarie: libri, manifesti, polizze di assicurazione e targhe incendio. Nello specifico si tratta di circa 5.000 volumi (manoscritti, opere antiche e moderne, opuscoli e periodici); di oltre 2.400 polizze di assicurazione provenienti da tutto il mondo, dalla più antica del 1564 interamente manoscritta fino a quelle, a cavallo fra Sette e Ottocento, decorate con raffinate incisioni; di 305 manifesti stampati tra la fine dell’Ottocento e la metà del secolo scorso, opere di grandi cartellonisti come Marcello Dudovich e Leopoldo Metlicovitz, che documentano l’utilizzo di questa forma di pubblicità da parte di compagnie italiane e straniere; ed infine di una raccolta di 635 targhe incendio che Vito Platania, collezionista e grande studioso della materia, ha donato alla Fondazione. È noto che le prime fonti scritte sul contratto di assicurazione risalgono, proprio all’Italia, alla prima metà del Trecento. Sappiamo che già intorno al 1320 alcuni mercanti fiorentini annotavano nei registri contabili uscite relative al rischio marittimo, anche se il primo contratto di assicurazione giunto fino a noi è del 1343. Si tratta di un documento stilato in latino da un notaio genovese in cui l’assicurazione si cela sotto le sembianze di un prestito marittimo a titolo gratuito. Tra i grandi mercanti del Medioevo il più famoso fu Francesco Datini di Prato, mercante e al tempo stesso banchiere che sui suoi registri contabili – i quaderni di sicurtà, da cui ha preso il titolo il catalogo della biblioteca della Fondazione – annotava gli elementi essenziali dei contratti di assicurazione che andava stipulando. I primi trattati di assicurazione, i testi di economia e di storia del commercio (in prevalenza legata all’attività mercantile marittima), gli studi sul calcolo delle probabilità e di matematica attuariale e le opere di diritto sono i principali filoni del fondo antico della biblioteca. Poi, se guardiamo al tempo più recente – che alle soglie dell’Ottocento vide il manifestarsi della rivoluzione industriale e lo sviluppo delle prime compagnie di assicurazione in Europa, – la produzione dei testi si allarga a macchia d’olio: dai semplici opuscoli propagandistici ai grandi volumi celebrativi (oltre cinquecento) editi dalle compagnie di tutto il mondo che, nel tracciare la loro storia, offrono una ricca fonte di notizie sul progresso dell’assicurazione. La ricchezza di questo patrimonio librario offre diverse chiavi d’indagine sulle vicissitudini del contratto assicurativo, dal punto di vista sociale, etico, economico, tecnico e giuridico, e mette in guardia lo studioso contro il rischio di una visione ristretta fondata solo sull’approfondimento della scienza più recente. Il pensiero va all’economista Lionel Charles Robbins (la sua Biblioteca di oltre 3000 volumi è conservata a Roma presso la Biblioteca Paolo Baffi della Banca d’Italia) che sosteneva che «le idee e le istituzioni moderne sono permeate dell’eredità del passato, e capire come si sono formate le varie teorie, quali sono state le loro vicissitudini – intrinsecamente nello sviluppo della disciplina, ed estrinsecamente, nella loro influenza sulla concezione generale della società –, come si sono trasformate, il loro influsso sul linguaggio quotidiano, sono tutti argomenti dei quali ritengo [...] chiunque debba avere un’infarinatura. In realtà, mi permetto di dire che, senza un minimo di coscienza storica, viene a mancare la dimensione per la comprensione a tutto tondo della materia». Ma per rendere fruibile una biblioteca è necessario un catalogo senza il quale i docu-

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BENVENUTO STRACCA NELLA FONDAZIONE MANSUTTI

menti non sono organizzati e quindi difficilmente reperibili. A riguardo va segnalato che la Fondazione partecipa al Servizio Bibliotecario Nazionale promosso dall’Istituto Centrale Catalogo Unico del Ministero dei Beni e le Attività Culturali. Si aggiunge la nuova edizione di Quaderni di sicurtà. Documenti di storia dell’assicurazione (Electa, 2011) che ha suggellato un ultimo ed importante traguardo. Frutto di un lavoro complesso che si è concluso con la pubblicazione su supporto cartaceo delle descrizioni bibliografiche delle 470 edizioni antiche e di un CD-rom allegato al volume per le 3.104 opere moderne. Come dicevo all’inizio, il legame che esiste fra questo vostro illustre concittadino e la Fondazione Mansutti è molto forte. Tant’è che in questo catalogo troviamo ben undici edizioni delle opere di Benvenuto Stracca, con altri ventun lavori di studiosi contemporanei: dall’opera fondamentale di Luigi Franchi (Benvenuto Stracca giureconsulto anconitano del secolo XVI, Roma, 1888) fino a quelli più recenti di Dominique Gaurier, Alessandro Lattes, Antonio Malintoppi, Alessandro Mordenti e Traian Sofonea, per citarne alcuni. Quanto alle opere di Stracca vale la pena di elencarle qui di seguito in ordine cronologico di pubblicazione: De mercatura, seu mercatore tractatus. Venetiis : [Paolo Manuzio], 1553. De mercatura, seu mercatore tractatus. – Secunda editio cum eisudem auctoris additionibus, & castigationibus, nouoque indice locupletata. Venetijs : apud Ioannem Baptistam, & Melchiorem Sessam fratres, [1556]. Tractatus de mercatura, seu mercatore … - Omnia nunc primum edita & indice plenissimo illustrata. Lugduni : apud Sebastianum Barptolomaei Honorati, 1556 (Lugduni : excudebat Iacobus Faure). Tractatus de mercatura seu mercatore ... - Huc accessit Petri Santernae lusitani Tractatus, de sponsionibus & assecurationibus pertinenti . Alios praeterea tractatus … d. Ioan. Nider De contractu mercature: alterum d. Bald. De Ubald. … duoque d. Roderici Suarez Consilia, de usu maris, & pertinent super illo transvehendis … Lugduni : apud Sebastianum Barptolomaei Honorati, 1558. De assecurationibus, tractatus. Venetiis : [Comin da Trino], 1569. Tractatus de mercatura, seu mercatore … – Huc accessit … Petri Santernae lusitani, Tractatus de sponsionibus & assecurationibus pertinenti … Omnia nunc primum edita, et indice plenissimo illustrata. Venetiis : Giacomo Sansovino] : apud Michaelem Bonellum, 1575 (Venetiis : excudebat Michael Bonellus, 1576). De mercatura decisiones, et tractatus varii, et de rebus ad eam pertinentibus: ... qui de mercatura, cambiis, sponsionibus, creditoribus, fideiussoribus, debitoribus, decoctoribus, navibus, navigatione, assecurationibus, subhastationibus, alijsque, de negotiis mercatorum, scripsere, tractatus librique continentur ... - Nunc primum in optimum ordinem digesti ... cum indicibus duobus locupletissimis. Lugduni : expensis Petri Landry, 1593 ([Lyon] : ex typographia Bonauenturae Nugo). De mercatura decisiones, et tractatus varii, et de rebus ad eam pertinentibus ... - Nunc primum in optimum ordinem digesti ... cum indicibus duobus locupletissimis ... Lugduni : sumptibus Claudij Landry, 1621.

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De mercatura decisiones, et tractatus varii, et de rebus ad eam pertinentibus ... - Nunc primum hac in Germania nova facta editione. Veneunt Coloniae : apud Cornelium ab Egemont de Grassis, 1622. Tractatus duo, de assecurationibus et proxenetis atque proxeneticis, in Ansaldo Ansaldi, Discursus legales de commercio et mercatura. Genevae : apud fratres De Tournes, 1718. Tractatus duo, de assecurationibus et proxenetis atque proxeneticis, in Ansaldo Ansaldi, Discursus legales de commercio et mercatura. Coloniae Allobrogorum : apud frates De Tournes, 1751. Perché ci interessa così tanto la figura di Benvenuto Stracca? Stracca è da tutti riconosciuto come il padre della commercialistica italiana e ha consolidato la grande tradizione giuridica marchigiana iniziata quasi due secoli prima, quando nasceva, nel 1314, il sommo giurista Bartolo da Sassoferrato per il quale Stracca usava l’attributo di lumen veritatis. Il suo primo e principale trattato è stato De mercatura - opera offerta al Consiglio generale di Ancona del quale egli faceva parte – nel quale Stracca intuisce la necessità di enucleare dall’insieme delle norme di diritto civile quelle relative al commercio, elaborando il primo testo di diritto commerciale nel quale dare ampio spazio agli usi e agli statuti locali. Il De mercatura ebbe una fortuna eccezionale sia in Italia che nel resto d’Europa e, dopo l’editio princeps del 1553 uscita dai torchi di Paolo Manuzio, fu ristampato molte volte, fra cui a Venezia (fratelli Sessa 1556 e Comin da Trino 1575) e a Lione (1556 e 1558) in due edizioni pubblicate da Sébastien Honorat. A partire dal 1592 sotto il titolo di De mercatura decisiones et tractatus varii è stata anche pubblicata una raccolta di vari trattati la cui paternità è riconosciuta a Benvenuto Stracca. Tre sono le edizioni possedute dalla Fondazione, quelle di Lione di Pierre (1593) e Claude Laudry (1621) e quella di Colonia per Cornelius von Egmondt (1622) con il bel frontespizio inciso con i ritratti di Bartolo da Sassofferrato e Baldo degli Ubaldi. Ma Stracca, con il suo Tractatus de assecurationibus, è anche il capostipite del diritto assicurativo. Questo suo trattato venne portato a termine dopo undici anni di lavoro, e fu pubblicato insieme al De adiecto nella prima edizione veneziana attribuita a Comin da Trino del 1569. L’opera venne dedicata al suo maestro di diritto a Bologna, Ugo Boncompagni, cardinale al titolo di S. Sisto e poi papa col nome di Gregorio XIII. Ma a differenza del De mercatura, il De assecurationibus ha avuto scarso successo editoriale. È stato ristampato ad Amsterdam nel 1658 e poi solamente due volte a Ginevra dai fratelli De Tournes (1728 e 1751) come appendice dei Discursus legales di Ansaldo Ansaldi. Da allora quest’opera è caduta ingiustamente nell’oblio, tanto che non ne è stato mai pubblicato un reprint né in Italia né all’estero e attualmente è rintracciabile soltanto nelle più importanti biblioteche pubbliche. Nel De assecurationibus Stracca si discosta a più riprese dalle opinioni espresse dal portoghese Pietro Santerna, anche egli autore di un trattato sulle assicurazioni pubblicato da Baldassarre Constantini nel 1552, rarissima edizione posseduta dalla Fondazione

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Mansutti (Tractatus de assecurationibus & sponsionibus mercatorum. – Venetiis : apud Baltassarem Constantinum ad signum divi Georgii, 1552). L’opera è anticipata da una corposa prefazione in cui Stracca spiega ed introduce al lettore la nuova parola “assicurazione” e delinea dottamente i caratteri generali del contratto assicurativo in un commento in latino diviso in quaranta glosse della polizza scritta in volgare, allora in uso ad Ancona. In essa sono citati noti personaggi, alcuni di questi appartenenti a famiglie nobili marchigiane a dimostrazione della veridicità e della contestualizzazione del testo scritto. Giovanni Stracca, per esempio, sappiamo che era suo fratello, Oddo Gualterucci era cittadino di reggimento e mercante; infine Benedetto Gondola mercante e fornitore di sale. A metà del Cinquecento la polizza di assicurazione era uno strumento fondamentale per i mercanti. Ancona era un porto adriatico di grande importanza nel quale facevano scalo le navi provenienti dall’Oriente che in città scaricavano spezie e profumi. Attraverso l’assicurazione si consentiva di svolgere un’attività mercantile che a quell’epoca faceva realizzare ottimi guadagni, anche se questa era sottoposta ad elevatissimi rischi, sia delle merci, sia delle navi contro i pericoli del mare. Nel prendere in esame questo contratto Stracca dà delle soluzioni agli interrogativi che nella pratica comune del commercio marittimo potevano sorgere in materia. Non è il caso di dilungarsi sul contenuto di quest’opera, ma vale la pena fare qualche accenno almeno per alcuni aspetti singolari della polizza che inizia con le consuete formule augurali di rito: Al nome d’Iddio, di buon viaggio, salvamento et guadagno. Si scopre così che le merci assicurate non venivano individuate con precisione; in modo generico Stracca parla di robbe o mercantie perché occorreva una certa liberalità da parte degli assicuratori. Molto spesso si veniva a conoscere solo a sinistro accaduto che cosa era stato effettivamente caricato sulle navi e che cosa si era inteso assicurare. Ma quali erano i rischi coperti? La formula era la più completa possibile: non solo in ogni caso di mare, di fuoco, di getto in mare, di represaglie, o rubarie d’amici o inimici, ma anche in ogni caso portentevole fortuito ed accidentale, e perfino ciò che non era mai accaduto, ma che potrebbe verificarsi. Tutti i rischi erano assicurati dall’hora che la detta nave avrà fatto vela dal porto di Costantinopoli fino a che sorta sarà nel porto di Ancona. Ed infine, il contratto era anche provvisoriamente esecutivo perché si pensava che debbano in prima li assicuratori pagare e poi litigare le cause. È facile comprendere quanto questa formula abbia interessato i cultori di storia dell’assicurazione, e quanto Stracca e le sue opere siano preziosi capisaldi della collezione della Fondazione Mansutti, la quale con il suo patrocinio a questo convegno ha voluto dare un segno concreto nell’attribuire doverosamente a Stracca gli onori che meritano i lavori che ci ha lasciato. Ma per concludere mi preme anche segnalare il percorso fatto da Francesco Mansutti che come altri benemeriti collezionisti, più o meno famosi, ha voluto destinare le proprie raccolte private alla collettività. E ciò a esortazione di coloro (persone ed enti privati) che possiedono dei beni culturali affinché, per una valorizzazione della nostra memoria storica, li conservino e ne perpetuino la loro testimonianza alle generazioni future.

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Benvenuto Stracca in the Fondazione Mansutti [Mansutti Foundation] Dott.ssa Marina Bonomelli

Our presence at the Benvenuto Stracca convention Ex Antiquitate Renascor (Ancona, Loggia dei Mercanti, 22 February 2013), shows the satisfaction of the Fondazione Mansutti in witnessing the brilliant achievements since 2009 for the purpose of celebrating the 5th centennial of the birth of this great jurist, born in 1509. Unfortunately, at the time, different events prevented us from holding this commemoration, however today, after four years, together we can finally pay homage to Benvenuto Stracca thanks to the tenacity and commitment of Giovanni Mauro, main sponsor of this convention. Our participation is driven by the need to pay tribute to Stracca as father of commercial law. But this is not all. Because Benvenuto Stracca is also the author of the first Italian treatise on insurance and, therefore, a key personality in the history of insurance, the area with which the Fondazione Mansutti is concerned. In addition, participation in this day of research is an opportunity for our Foundation to appreciate its museum, library and archive heritage. The Fondazione Mansutti is an institution with legal entity status, established in Milan in 2004 and recognised by the Region of Lombardy, with the purpose of developing and disseminating information on the history of insurance. All institutions must, naturally, consciously plan the features of each collection; it is fundamental when building any collection, but the imperative is even greater for specialised libraries of specific topics, where the subject matter is key to the very mission of the institution. This is the case of Fondazione Mansutti, which was inspired by a very clear idea right from the start: to only collect documents on the history of insurance. The third article of the by-laws specifies its purposes: “preserve, safeguard, pro-

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mote, enhance and disseminate the book and archival heritage of historical interest starting from the 15th century relative to the history of insurance [‌] and establish a point of reference for analysing and researching the history and economy of insurance in Italy and in other countries�. This educational choice is a priority because it defines the academic field in which the Foundation operates daily and establishes, not only its purchasing policy, but the profile of its users, the type of services it offers and the cooperation strategies with other Italian and foreign institutions. In this manner, in time, the Fondazione Mansutti became unique within its category. It provides a library and reference service making available to the public a heritage divided into four type of documents: books, posters, insurance policies and fire marks. Specifically, there are approximately 5,000 volumes (manuscripts, old and contemporary works, brochures and periodicals); over 2,400 insurance policies originating from all over the world, from the oldest in 1564, completely handwritten, up to those, between the 18th and 19th centuries, decorated with fine engravings; 305 printed posters from between the end of 19th century and the end of the last century, the works of great poster designers such as Marcello Dudovich and Leopoldo Metlicovitz, which document the use of this form of advertising by Italian and foreign companies; and lastly, a collection of 635 fire marks that Vito Platania, a collector and prolific researcher on the topic, has donated to the Foundation. It is known that the first written sources of insurance agreements date back to the first half of the 14th century and originate from Italy. We know that as early as 1320, several Florentine merchants recorded in the accounting registers


BENVENUTO STRACCA IN THE FONDAZIONE MANSUTTI [MANSUTTI FOUNDATION]

outgoings for maritime risk, even if the first insurance agreement to have reached us is from 1343. It is a document written in Latin by a notary from Genoa, where the insurance is hidden under the semblance of a free maritime loan. Among the great merchants of the Middle Ages, the most famous is Francesco Datini di Prato, a merchant and at the same time banker who with his accounting records, the “quaderni di sicurtà”, from which the title of the catalogue of the library of the Foundation is drawn, recorded the essential elements of the insurance agreements that he stipulated. The first treatises on insurance, texts on economy and the history of commerce (predominantly linked to maritime mercantile activity), studies on the calculation of probability and actuarial mathematics and the works on law are the main elements that form the library’s older resources. If we then look to more recent times, which saw the industrial revolution at the turn of the 19th Century and the appearance of the first insurance companies in Europe, the production of texts broadens exponentially: from simple advertising brochures to the great commemorative volumes (over 500) published by companies around the world, which in retracing their history, provide a rich source of information on the progress of insurance. The wealth of the heritage contained in the library heritage various investigative keys to the vicissitudes of insurance agreements from a social, ethical, economic, technical and legal point of view, and warns the researcher against the risk of a narrow view based only on studying recent concepts. The Economist Lionel Charles Robbins comes to mind (his library of over 3,000 volumes is stored in Rome at the Biblioteca Paolo Baffi della Banca d’Italia), who believed that “the ideas of modern institutions are permeated by the inherited past, and to understand how various theories were formed, what their vicissitudes where, intrinsically within the development in the discipline, their influence on daily language, are all

topics of which I believe […] anyone must have smattering. In reality, allow me to state that without a minimum of historical knowledge, a dimension is lacking which would enable a comprehensive understanding of the subject”. However to make a library usable a catalogue is necessary, without which the documents are not organised and are thus difficult to find. On this, it should be noted that the Fondazione participates in the Servizio Bibliotecario Nazionale [National Library Service] sponsored by the Istituto Centrale Catalogo Unico del Ministero dei Beni e le Attività Culturali [Central Unified Institute of the Ministry of Cultural Heritage and Activities]. We add a new edition of Quaderni di sicurtà. Documenti di storia dell’assicurazione (Milan, Electa, 2011) which met a last important target. The result of a complex process which concluded with the publication on paper of the bibliography descriptions for the 470 ancient editions and of a CD alongside the volume for the 3,104 contemporary works. As I previously stated, the link between your illustrious fellow Anconan and the Fondazione Mansutti is very strong. So much so that within this catalogue there are well over 11 editions of the works of Benvenuto Stracca. With another 21 works by modern researchers; from the fundamental work of Luigi Franchi (Benvenuto Stracca giureconsulto anconitano del secolo XVI, Rome, 1888) up to the more recent works by Dominique Gaurier, Alessandro Lattes, Antonio Malintoppi, Alessandro Mordenti and Traian Sofonea, to cite a few. It is worthwhile listing Stracca’s works below in order of publication: De mercatura, seu mercatore tractatus. Venetiis : [Paolo Manuzio], 1553. De mercatura, seu mercatore tractatus. – Secunda editio cum eisudem auctoris additionibus, & castigationibus, nouoque indice locupletata. Venetijs : apud Ioannem Baptistam, & Melchiorem Sessam fratres, [1556]. Tractatus de mercatura, seu mercatore … - Omnia nunc

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primum edita & indice plenissimo illustrata. Lugduni : apud Sebastianum Barptolomaei Honorati, 1556 (Lugduni : excudebat Iacobus Faure). Tractatus de mercatura seu mercatore ... - Huc accessit Petri Santernae lusitani Tractatus, de sponsionibus & assecurationibus pertinenti . Alios praeterea tractatus … d. Ioan. Nider De contractu mercature: alterum d. Bald. De Ubald. … duoque d. Roderici Suarez Consilia, de usu maris, & pertinent super illo transvehendis … Lugduni : apud Sebastianum Barptolomaei Honorati, 1558. De assecurationibus, tractatus. Venetiis : [Comin da Trino], 1569. Tractatus de mercatura, seu mercatore … – Huc accessit … Petri Santernae lusitani, Tractatus de sponsionibus & assecurationibus pertinenti … Omnia nunc primum edita, et indice plenissimo illustrata. Venetiis : Giacomo Sansovino] : apud Michaelem Bonellum, 1575 (Venetiis : excudebat Michael Bonellus, 1576). De mercatura decisiones, et tractatus varii, et de rebus ad eam pertinentibus: ... qui de mercatura, cambiis, sponsionibus, creditoribus, fideiussoribus, debitoribus, decoctoribus, navibus, navigatione, assecurationibus, subhastationibus, alijsque, de negotiis mercatorum, scripsere, tractatus librique continentur ... - Nunc primum in optimum ordinem digesti ... cum indicibus duobus locupletissimis. Lugduni : expensis Petri Landry, 1593 ([Lyon] : ex typographia Bonauenturae Nugo). De mercatura decisiones, et tractatus varii, et de rebus ad eam pertinentibus ... - Nunc primum in optimum ordinem digesti ... cum indicibus duobus locupletissimis ... Lugduni : sumptibus Claudij Landry, 1621. De mercatura decisiones, et tractatus varii, et de rebus ad eam pertinentibus ... - Nunc primum hac in Germania nova facta editione. Veneunt Coloniae : apud Cornelium ab Egemont de Grassis, 1622. Tractatus duo, de assecurationibus et proxenetis atque proxeneticis, in Ansaldo Ansaldi, Discursus legales de commercio et mercatura. Genevae : apud fratres De Tournes, 1718. Tractatus duo, de assecurationibus et proxenetis atque

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proxeneticis, in Ansaldo Ansaldi, Discursus legales de commercio et mercatura. Coloniae Allobrogorum : apud frates De Tournes, 1751. Why are we so interested in Benvenuto Stracca? Stracca is known by all as the father of commercial legislation in Italy and he consolidated the great Marche legal tradition which started almost two centuries earlier, when the learned jurist Bartolo Sassoferrato was born in 1314, who Stracca referred to as lumen veritatis. Stracca’s first and main treatise was De mercatura - a work dedicated to the General Council of Ancona of which he was a member -, where Stracca sets out the need to separate civil law from commercial law, writing the first text of commercial law to provide ample space for local uses and statutes. The De mercatura had exceptional success in Italy and in the rest of Europe, and after the editio princeps of 1553 from the presses of Paolo Manuzio, it was reprinted many times, including in Venice (fratelli Sessa 1556 and Comin da Trino 1575) and in Lyon (1556 and 1558) in two editions published by Sébastien Honorat. Starting in 1592 under the title of De mercatura decisiones et tractatus varii a collection of various treatises recognised to have been written by Benvenuto Stracca was also published. The Foundation has three editions, the ones from Lyon of Pierre (1593) and Claude Laudry (1621) and that from Cologne for Cornelius von Egmondt (1622) with the beautiful engraved frontispiece with portraits of Bartolo da Sassofferrato and Baldo degli Ubaldi. However, Stracca with his Tractatus de assecurationibus is also the founder of insurance law. His treatise on this took eleven years to finish, and was published together with the De adiecto in the first Venetian edition attributed to Comin from Trino, of 1569. The work is dedicated to his law teacher in Bologna, Ugo Boncompagni, Cardinal Saint Sisto and later Pope Gregory XIII. Unlike the De mercatura, the De assecurationibus had


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poor editorial success. It was reprinted in Amsterdam in 1658 and then only twice in Geneva by the De Tournes brothers (1728 and 1751) as an appendix to Discursus legales by Ansaldo Ansaldi. From then the work unjustly fell into oblivion, to the extent that a reprint was never published in Italy nor abroad, and currently it can only be found in the largest public libraries. In the De assecurationibus Stracca deviates on more than one occasion from the opinions expressed by the Portuguese scholar Pietro Santerna, who also wrote a treatise on insurance published by Baldassarre Constantini in 1552, an extremely rare edition held by the Fondazione Mansutti (Tractatus de assecurationibus & sponsionibus mercatorum. – Venetiis: apud Baltassarem Constantinum ad signum divi Georgii, 1552). The work is preceded by a long preface where Stracca explains and introduces to the reader the new word “insurance” and provides a scholarly outline of the general character of insurance agreements in a comment in Latin divided into 40 commentaries of the policy written in the common parlance in use in Ancona at the time. It quotes well-known figures, some of whom members of noble families in Marche as proof of the accuracy of and to provide context for the written text. For example, we know that Giovanni Stracca was his brother, Oddo Gualterucci was a citizen of standing and a merchant; and lastly, Benedetto Gondola, merchant and supplier of salt. In the second half of the 16th century the insurance policy was a fundamental tool for merchants. Ancona was an Adriatic port of great prominence where ships from the Orient stopped and unloaded spices and perfumes in the city. Insurance made it possible for merchants to mount ventures that in that era resulted in excellent profits, even if the risks were extremely high, both for merchandise and for ships due to the dangers of the sea. In examining this agreement, Stracca provided

solutions to the questions which could well arise when practising maritime trade. This is not the forum for dwelling at length on this work, but it is worthwhile to at least mention some particularly interesting aspects of the policy that starts with the usual opening good wishes: Al nome d’Iddio, di buon viaggio, salvamento et guadagno. Here we discover that insured merchandise was not specifically identified; in a generic manner, Stracca talks about “goods or merchandise” because some room for manoeuvre must be granted by the insurers. Often, it was only after an accident occurred that it became known what had actually been loaded on the ships and what was meant to be insured. However, what were the risks covered? The formula was a complete as possible: not only in any case of sea, fire, being thrown overboard, retaliation, or theft by friends or enemies, but also in any foreseeable or accidental case, and even what had never happened, but could happen. All the risks were insured from the time of the ship sailing from the port of Constantinople to its arrival to the port of Ancona. Lastly, the agreement was even temporarily enforceable, because it was thought that first the insurers must pay and then litigate the claims. It is easy to understand how this formula would have interested researchers of the history of insurance and how much Stracca and his works are valuable cornerstones of the collection of the Fondazione Mansutti, which by sponsoring this convention wanted to clearly honour Stracca as he deserves for the work he has given us. In ending, I would also like to point out the route taken by Francesco Mansutti, which as other well-deserving collectors, whether famous or unknown, wanted to make his private collections available to the public, and to encourage those (private persons or companies) that may have cultural assets that would enhance our historical records to save and perpetuate this testimony for future generations.

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Il Tractatus “De Nautis, Navibus et Navigatione” di Benvenuto Stracca Prof. Vito Piergiovanni

abbastanza naturale che quando un Autore e la sua opera si propongono come innovatori di un settore scientifico emergano nella storiografia valutazioni differenti. È quanto è avvenuto per Stracca soprattutto per la sua opera sulle caratteristiche del commercio (de mercatura). È un testo che si presta certamente ad essere letto anche per i contenuti elaborati per le singole parti che lo compongono e che coprono settori differenti dello stesso fenomeno, ma che non può prescindere dai contesti storico-politici in cui si è sviluppato e dal disegno unitario che ad esso è sotteso. Cercherò di giustificare questa affermazione anche partendo dal tema che mi è stato affidato e cioè l’esposizione che Stracca ha prodotto per il diritto marittimo, ad essa premettendo alcune notizie di carattere biografico, e sull’opera complessiva dell’Autore. Benvenuto Stracca nasce nel 1509 ad Ancona, figlio di Anton Giacomo, notaio, avvocato discendente da una famiglia appartenente alla aristocrazia cittadina e pienamente partecipe delle vicende politiche locali. Dopo aver ricevuto una buona preparazione di base fondata sugli studi di cultura classica condotti sotto la guida dell’umanista Ambrogio Nicandro, nel 1532, al momento dell’insediamento definitivo del governo pontificio in Ancona, i legami con la precedente aristocrazia dominante, costringono la famiglia Stracca all’esilio, dal quale torna, per ristabilirsi nella città, solo nel 1538. Nello stesso periodo, dal 1533 al 1538, Stracca si sposta a Bologna dove frequenta i corsi universitari: è discepolo di Ugo Boncompagni (che diverrà Papa Gregorio XIII), Lodovico Gozzadini, Antonino Berò e Pier Paolo Parisio e consegue la laurea nel 15381. Inizia immediatamente la carriera politico-amministrativa che lo porta, tra il 1539 ed il 1540, a svolgere le funzioni di podestà ad Ascoli e, successivamente, ad alternare l’attività di pubblico ufficiale con la professione forense. È contemporaneamente impegnato in missioni diplomatiche per la sua città, ricopre la carica di sindacatore, di “avocato de la comunità” – chiamato a tutelare i diritti della comunità cittadina di Ancona -: è, inoltre, “advocatus carceratorum” e, dal 1562, Priore del Collegio dei Dottori. Mantenendo un buon raccordo con le strutture del governo locale della Chiesa, come dimostrano le dediche di alcune sue opere, può accedere con facilità ai più alti gradi dell’amministrazione della sua città, compresa la 1 - L. FRANCHI, Benvenuto Stracca, giureconsulto anconitano del secolo XVI: Note bio-bibliografiche, Roma 1988, M. CHIAUDANO, Stracca Benvenuto, in “Novissimo Digesto Italiano, XVIII, Torino 1977, pp. 868-869. , C. DONAHUE JR., Benvenuto Stracca’s De Mercatura: Was There a Lex mercatoria in Sixteenth-Century Italy? , in From lex mercatoria to commercial law, ed. V. PIERGIOVANNI, Berlin 2005, pp. 69-120; I. BIROCCHI, Alla ricerca dell’ordine. Fonti e cultura giuridica nell’Età moderna, Torino 2002; V. PIERGIOVANNI, Considerazioni comparative tra Benvenuto Stracca e Gerard Malynes, in Relations between the ius commune and English Law, ed R. H. HELMOLZ – V. PIERGIOVANNI, Soveria Mannelli 2009, pp. 185-196 (ora anche in V. PIERGIOVANNI, Norme, scienza e pratica giuridica tra Genova e l’Occidente Medievale e Moderno, II, “Atti della Società Ligure di Storia Patria”, n.s., LII|II, Genova MMXII, 1315-1326).

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IL TRACTATUS “DE NAUTIS, NAVIBUS ET NAVIGATIONE” DI BENVENUTO STRACCA

partecipazione al Consiglio generale. Muore ad Ancona nel 1578. Nel 1533 è stampato a Venezia il De mercatura seu mercatore tractatus2. La dedica al Consiglio Anconetano chiarisce gli scopi che l’Autore si prefigge, che sono soprattutto mirati ad evitare liti e spese conseguenti e a rendere più semplici i rapporti sociali. Doveva, peraltro, apparire chiara anche la volontà di riunire in un unico contesto il diritto mercantile e marittimo se, come afferma nei versi a lui dedicati il suo dotto maestro di belle lettere Ambrogio Nicandro, Stracca mette insieme materie commerciali che olim a iureconsultis facta fuerunt sparsa … et variis mixta voluminibus. Dell’opera non è pervenuta alcuna testimonianza manoscritta ma, mentre l’Autore è ancora in vita, si pubblicano nuove edizioni: a Venezia (1556 e 1575), a Lione (1556 e 1558), a Colonia (1575 e 1576). È plausibile che Stracca sia personalmente intervenuto solo nell’edizione veneziana del 1556 con additiones marginali. Dal numero delle edizioni e dalla differente collocazione geografica degli stampatori si può inferire che il volume abbia avuto un successo immediato ed una rapida e non comune circolazione rispetto ad altre opere di scienza giuridica: il suggello, quasi la consacrazione finale, giunge con la sua inserzione, nel 1584, nei Tractatus Universi Iuris di Zilletti3 e con una serie di nuove edizioni nei due secoli successivi (Lione 1591, Amsterdam 1593, 1608, 1621, 1658, 1664, 1669, Colonia 1585, 1622). L’architettura interna del trattato comprende otto parti4. Si inizia con i dati definitori (chi sia il mercante e quali attività connotino la sua professionalità, sia sotto il profilo economico che su quello morale): si circoscrivono i campi di azione e si preclude la possibilità di accedere ad un’arte considerata socialmente qualificante ai preti, ai soldati, ai nobili, ai minori, alle donne e ad altri soggetti. Allo stesso modo sono da rispettare le proibizioni di commercio nei confronti di persone e di oggetti sancite da autorità anche di differente livello. Una parte successiva è dedicata ai contratti tipici dei mercanti e comprende il Tractatus de sponsionibus, a cui segue una trattazione specifica di diritto marittimo, di cui dirò tra poco. Allo stesso modo lunga e complessa è la parte relativa al processo mercantile: si tratta del primo approccio complessivo all’interno della dottrina giuridica al tema della giustizia mercantile, quasi un trattato autonomo che ad essa riconosce una posizione sistematica strategicamente centrale all’interno dell’organizzazione del diritto commerciale: scientificamente significativo in questo contesto processuale la citazione della normativa canonica. Per la parte finale dell’opera Stracca aggiunge una sezione relativa alla cessazione dell’attività e della qualifica di mercante, che può avvenire, oltre che per morte, cessazione volontaria e interdizione penale, soprattutto per fallimento, istituto che viene approfondito notevolmente. L’opera successiva di Stracca, il Tractatus de adiecto, pubblicato per la prima volta nel 1569, unitamente al de assecurationibus, è anch’essa inserita nel disegno di completare la trattazione delle tematiche mercantili, come è ricordato nella dedica al futuro Innocenzo IX che ha esortato l’Autore a operare tale progressivo completamento5. 2 - De mercatura seu mercatore tractatus,. Venetiis MDLIII, ristampato a Venezia nel 1556 e nel 1575, a Lione nel 1556 e nel 1558, a Colonia nel 1575 e nel 1576; nei Tractatus Universi Iuris di Zilletti, Venezia 1584, e con una serie di nuove edizioni (Lione 1591, Amsterdam 1593, 1608, 1621, 1658, 1664, 1669, Colonia 1585, 1622). L’edizione di Lione MDCX, da me utilizzata, è stata ristampata a Torino nel 1971. 3 - Si veda G. COLLI, Per una bibliografia dei trattati giuridici pubblicati nel XVI secolo. Indici dei Tractatus Universi Iuris, I, pp. 53- 55, e II, p. 143, Milano 1994. 4 - Su questa partizione si veda L. FRANCHI, Benvenuto Stracca, cit., pp. 130-138. 5 - Ibidem, pp. 158-159.

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L’ultimo intervento scientifico sono le Adnotationes in Responsa Cravettae, pubblicato a Venezia nel 1580 – due anni dopo la morte dell’Autore; non ha collegamenti con il diritto mercantile ma piuttosto Stracca ritiene di potersi inserire nella tradizione degli antichi giureconsulti usi a commentare le opere dei propri predecessori. La dedica è ancora a Papa Gregorio XIII che lo avrebbe incoraggiato all’impresa editoriale e al quale Stracca si rivolge sperando in un suo intervento normativo che limiti la litigiosità e le opinioni discordi6. Lo stesso Autore ricorda l’esistenza anche di propri Responsa, ma non esiste traccia che siano mai stati pubblicati. In una ricostruzione storiografica delle vicende del diritto marittimo e delle sue fonti scritta nel 1889, Enrico Bensa opera una distinzione tra lo sviluppo pratico ed operativo del suddetto ramo del giure nel periodo della rivoluzione commerciale del Medioevo e la corrispondente elaborazione scientifica. Il primo riferimento non può essere altro che la riflessione iniziata nel XII secolo dai glossatori dell’Università di Bologna, anche se altri studiosi, come Lattes, ritengono che questi giuristi non abbiano ben individuato le novità giuridiche della loro epoca poiché partono dall’erronea premessa che nel diritto romano dovesse necessariamente trovarsi, e non in germe, ma completamente disciplinato e sviluppato, ogni istituto giuridico. La storia scientifica, continua Bensa, “non poteva cominciare altrimenti che con l’opera di giurisperiti, che le contrattazioni marittime esaminassero, non per fini dottrinari e di cattedra, né colla scorta di sistemi ripugnanti alla pratica realtà ma allo scopo di regolare interessi quotidiani e prendendo norma dalla pratica degli affari”. All’impresa di ordinare tutto in un sistema “si accinse prima d’ogni altro Benvenuto Stracca, patrizio anconetano; il quale nel suo libro De Mercatura, che può considerarsi come il primo trattato completo di diritto commerciale, dedicò una parte alla materia marittima ”, creando un ordinato sistema scientifico7. L’unico Autore che, in questo stesso periodo, ha scritto un’opera complessiva sugli stessi temi (pubblicata nel 1579) è il ravennate Giulio Ferretti: fra le sue opere, per lo più di diritto pubblico, una ha per titolo de re et iure navali e tratta, oltre che della nave e della sua natura, la materia del noleggio e delle assicurazioni8. Il quadro offerto non ha certo la ampiezza e completezza di quello di Stracca: uno storico tedesco, ricostruendo un quadro generale della dottrina giuridica in tema all’inizio del XVI secolo, ha sostenuto che l’importanza dell’opera di Stracca per lo sviluppo della scienza del diritto marittimo corrisponde all’importanza di questo Autore per il diritto commerciale in generale, in un momento in cui sono le mutate contingenze storico-politiche che si riverberano sullo sviluppo del diritto marittimo e della sua scienza. Così in Olanda Grozio insiste sulla libertà dei mari e si sviluppano, anche in Inghilterra e Germania, oltre che in Francia, i diritti nazionali9. Sono gli aspetti pubblicistici che diventano dominanti ed è significativo che, ancora nell’Ottocento, un giurista-storico francese come Pardessus elabori una definizione secondo cui “Il diritto marittimo può essere considerato sotto tre aspetti diversi. Primamente per quanto concerne gli interessi politici delle nazioni; ed in tal caso offre all’esame del pubblicista gravi quistioni intorno la libertà de’ mari e le limitazioni che le potenze, 6 - Ibidem, pp. 160-163. 7 - E. BENSA, Il diritto marittimo e le sue fonti, Genova 1889, p. 31ss 8 - Ibidem, p. 33.

9 - K.O. SCHERNER, Die Wissenschaft des Handelsrechts, in Handbuch der Quellen und Literatur der neueren europäischen Privatrechtsgeschichte, II\1, Neuere Zeit (1500-1800), Das Zeitalter des gemeinen Rechts, Wissenschaft, ed. H. COING, München 1977, p. 850.

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atteso il diritto di guerra, possono apportarvi per rispetto non pure ai loro nemici, ma talvolta ancora ai popoli neutrali. Secondariamente per rispetto all’azione del governo, il quale intende a proteggere e conservare la sicurezza e l’ordine nelle spiagge e nei porti … Il terzo rispetto riguarda le obbligazioni cui può dar luogo quel commercio tra privati”10. L’attenzione all’ambiente politico e sociale in cui i giuristi operano è un’altra caratteristica identificante che emerge anche dalla parte marittimistica dell’opera di Stracca. Si inizia addirittura dalla dedica del volume con l’Autore che giustifica la pubblicazione del trattato su invito dei suoi amici mercanti: tibi tractatus quos edidit de Nautis, Navibus et Navigatione dedicat, quos amicissimorum mercatorum iussu citius, quam decreverat, foras dare coactus est … cum materia nova sit et quotidiana11. La trattazione specifica di diritto marittimo è ampia ed ulteriormente tripartita, al proprio interno: naviganti, navi e navigazione. È una scelta che si pone all’interno di una evoluzione che trova riscontro anche negli statuti marittimi italiani, i quali hanno avuto un uniforme riferimento normativo nel testo catalano del Consolato del mare: in questo testo, infatti, si traccia una prima, significativa sistematica della materia marittima riportabile a tre grandi contenitori, nel solco della tradizione delle Istituzioni di Gaio, relativi il primo alle persone protagoniste dell’impresa sul mare – equipaggio, mercanti e pellegrini – il secondo alla nave e l’ultimo alla contrattualistica specifica12. Stracca ritiene necessario premettere una osservazione generale sul rapporto mare-mercatura e sulla prevalenza del commercio marittimo, sostenendo che in un trattato come il suo non si può prescindere dalla presenza di una parte sul diritto marittimo: necessarium hunc titulum ad tractatum nostrum nemo est, qui nesciat. Quippe cum mercaturam in ipsa navigatione valde versari videamus. Tale osservazione è nobilitata con una citazione di Orazio che parla della coraggiosa scelta di vita dei mercanti: Iactantem Icariis fluctibus Africum Mercator metuens otium, et oppidi laudat rura sui. Mox reficit rates quassas indocilis pauperiem pati. Et alibi: impiger extremos currit mercator ad Indos, per mare pauperiem fugens, per saxa, per ignes. L’opera di Stracca e quelle dei giuristi dal XVI secolo in poi sulle stesse tematiche testimoniano l’apertura di una nuova fase anche nella valutazione del viaggio per mare13: si specificano – fattore solo adombrato in precedenza - alcuni aspetti teorici molto significativi anche culturalmente, come il rapporto molto stretto, quasi naturale, tra navigazione e commercio e la centralità dell’elemento ‘rischio’ come misura, anche soggettiva, dei profili di responsabilità che trovano nel processo i veri spazi operativi. È l’approdo di una evoluzione che trova riscontri anche negli statuti marittimi italiani i quali hanno avuto un uniforme riferimento normativo in un’opera catalana che è generalmente conosciuta come il Consolato del mare. Il viaggio per mare del mercante è ricordato ed esaltato anche come un dato culturale, per mezzo di citazioni letterarie. Nella prima, come si è detto, quasi in epigrafe, Stracca richiama alcuni versi di Orazio ed esalta la funzione, 10 - G. M. PARDESSUS, Corso di diritto commerciale, II, Napoli 1858, pp. 7-8. 11 - 11 - De mercatura seu mercatore tractatus, cit., p. 442. 12 - A. IGLESIAS FERREIRÒS, Il Libro del Consolato del Mare, in “Rivista Internazionale di Diritto comune”, 6 (1995), pp. 81-125; Il Libro del Consolato del Mare. Appendice, Ibidem, 7(1996), pp. 307-369. Si veda, da ultimo, G. CORRIERI, Il Consolato del mare. La tradizione giuridico-marittima del Mediterraneo attraverso un’edizione italiana del 1584 del testo originale catalano del 1484, Roma 2005. 13 - V. PIERGIOVANNI, Il viaggio per mare. Spunti di diritto medievale e moderno, in Andare per mare, Atti del Convegno, Genova, 29-30 ottobre 2004, a cura di P. MASSA, Genova 2009, pp. 129-138. Ora anche in V. PIERGIOVANNI, Norme, scienza e pratica giuridica tra Genova e l’Occidente Medievale e Moderno, II, cit., pp. 1307-1314).

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ma anche i pericoli del commercio a cui il mercante ‘impiger’ si sottopone per sfuggire ad una condizione sociale che è spesso di povertà. Dopo la premessa inizia la trattazione e al centro dell’attenzione ci sono le persone, de ipsis nautis, cioè i naviganti poiché sine ipsis naves inutiles essent14. Il tractatus de nautis è diviso in sei parti e, approfondendo le singole tematiche, inizia con il significato dei vocaboli e la tipologia dei naviganti. Si tratta di una prima analisi filologica alla ricerca del significato originario dei termini che identificano i vari componenti dell’equipaggio. Largo il ricorso alla terminologia greca e quasi automaticamente emerge la lezione degli umanisti a iniziare da Alciato e Budeo con l’aggiunta di una decisio di Boerio. Il passo successivo è la definizione della tipologia professionale di chi si avventura sul mare con la diversificazione dei soggetti. Stracca riprende la tripartizione, ormai classica, delle tipologie dei naviganti elaborata da Angelo degli Ubaldi: prima categoria è quella dei pirati, poi i procacciatori di forniture all’Annona per finire con i mercanti che saranno gli unici, egli afferma, di cui si occuperà nel trattato15: Navigantium tria esse genera. Primum eorum qui piraticam pravitatem exercent, pessimum quidem genus hominum … Secundum genus navigantium est … qui annonae Urbis serviunt et delegatas species annonarias transferunt … Tertium navigantium genus est eorum qui mercaturae merciumque seu rerum advehendam causa navigant … Le due prime tipologie di naviganti, ricordate da Stracca, sono tra loro contrastanti, perché frutto di scelte soggettive e di principi morali ben differenti, riguardando la prima una attività nefasta come la pirateria e la seconda una’opera di servizio finalizzata al sostentamento alimentare delle città: ad esse si aggiunge, come terza, l’azione dei mercanti utilizzata per lo scambio di prodotti. I giudizi negativi sulla pirateria e le conseguenze giuridiche e sociali per chi eserciti tale attività, «hostes publici et infames sunt», uniscono gli studiosi di diritto civile e di quello canonico. In quest’ultimo, infatti, per i reati di pirateria si prevede la più grave sanzione dell’ordinamento canonico, cioè la scomunica: «Piratae sunt latrones maritimi et ter in anno ore Pontificis excommunicantur»16. Dopo la prima parte sui naviganti, nella seconda parte Stracca cerca di definire le caratteristiche giuridiche del rapporto con i mercanti ed i profili di responsabilità. La sua scelta cade sul contratto di locazione: “nautae sono i locatores, mercatores i conductores. I primi sono tenuti ex dolo et culpa ma non per il caso fortuito (venti e acque)17. La terza parte si incentra su naufragio e danni, di cui, secondo Stracca, poco si discute. I naufragi, infatti, sono spesso frutto di imperizia, di audacia eccessiva ed ignoranza e derivano dalla voglia di ottenere sempre maggiori guadagni. Occorre, invece, seguire le regole: ad esempio, navigare fuori tempo e fuori luogo induce colpa poiché navigatio saepe pericolosa 14 - De mercatura seu mercatore tractatus, cit., p. 443: “Videamus igitur prius de ipsis nautis, quorum opera navigationes fiunt, et sine ipsis naves inutiles essent.Cum naves agere ignarus navis timeat, ut admonet Imper. Insti. De iu. na. § fi. et Iurisc. in l. 2 ff. de sta. ho. Idque etiam dignitas hominum suadet. l. iustissime ff. de aedil. edi. 15 - De mercatura seu mercatore tractatus, cit., p. 444. 16 - Ibidem, p. 449 ove cita come riferimenti dottrinali Iohannes Andreae e Abbas. Si veda C.M. MOSCHETTI, Pirateria (storia), in “Enciclopedia del diritto, XXXIII (1983), pp. 873-910. 17 - De mercatura seu mercatore tractatus, cit., p. 444: “Nunc sciendum est, nautas, qui merces vehendas accipiunt, et ex hoc mercedem, locatores dici, vel quia operas ad exportandas merces locant, vel quia navium usum praestant, Mercatores vero, qui pecunias vehendarum mercium causam dant, conductores appellari .. Deinde notandum est locatores ex dolo, et culpa teneri … Rursus illud adiiciendum est. Locatores de casu non teneri, nisi aliud actum sit… Et generaliter casus fortuiti nemini imputantur… Et vis ventorum et aquarum magnitudines inter casus fortuitos annumerantur”.

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est, et semper incerta, ma questa forma di prudenza è ampiamente disattesa. Secondo la dottrina ormai comune elaborata da Bartolo da Sassoferrato “Consuetudini standum esse asserit et in tempore legem illam non servari, idque liquere in civitatibus maritimis, et idem inquit Veron. Ait enim Venetos omni tempore navigare: ego etiam Anconae eandem legem in tempore non servari affirmo”18. Spesso Ancona è la protagonista nelle esemplificazioni di Stracca che osserva che la ricerca di maggior benessere, un prosperior status, costituito dalle presenze di meretrici e dalla dolcezza del vino anconetano, trattiene i marinai in porto: meretricum illecebris atque delinimentis in portu detinentur, seu ut aliquando vidi dulcedine vini Anconetani in portu immorantur19. Stracca riflette e propone nuove regole per i viaggi in mare compendiando le considerazioni della dottrina del suo tempo. Uno degli esempi si riferisce ad una controversia che vede in causa per il trasporto di merci e bandiere illecite un magister navis che circolava con le insegne di Ancona e si trova coinvolto nella guerra Francia Spagna: per ovviare a questi casi, egli dice, Unde provide Anconetani viri decreto sanxsere, ne magistri navium insignibus aliarum civitatum in navigiis utantur20. Un altro curioso episodio riguarda le conseguenze dell’aiuto dato - miseratione ductus - ad una nave pirata finita nelle secche, il cui equipaggio, una volta salvato, depreda i soccorritori21. Ancora Ancona protagonista con la richiesta ai reggitori di evitare che i pescatori notturni di polipi, con i loro lumi, ingannino e facciano naufragare le navi22. La città è anche considerata all’avanguardia per la sua politica commerciale e fiscale che le ha consentito di ottenere privilegi dalle autorità pontificie: “Est enim Anconae vectigal minimum ita ut difficile maritimum portum invenias, in quo leviora vectigalia sint constituta, idque non augeri, quinimo nundinarum tempore imminui Anconetani cives semper studuerunt, quae civitas ob egregiam in S.S.A. summosque Pontifices insignem fidem, maximis privilegiis fuit decorata, iisdemque de causis ac (quod caput est) nunquam satis laudati portus causa innumerabiles gentes mercaturae causa civitatem frequentant: quae civitas (ni patriae me amor fallit) longe maioribus laudibus extollenda est, quam iureconsultiss. Ulpiani patria, quam ad coelum ipse tulit …”23. Nella sua trattazione Stracca torna alle tematiche contrattuali connesse ai viaggi per mare. Ai naviganti si richiede professionalità e prudenza per evitare conseguenze colpose o dolose: culpa enim non caret nauta, si per loca notorie non tuta navigare voluerit. Non si deve, ad esempio, navigare in mare aperto quando sia possibile passare attraverso la laguna come succede per coloro che si recano a Venezia, e, nel passo successivo, appoggiandosi all’autorità di grandi Dottori come Bartolomeo da Saliceto e Baldo degli Ubaldi, Stracca accusa coloro che, per sete di guadagno o incosciente audacia, sottovalutano i rischi che si corrono in un viaggio per mare24. 18 - Ibidem, p.446. 19 - Ibidem, p. 446. 20 - Ibidem, p. 448. 21 - Ibidem. 22 - Ibidem, p. 449: “Illud tamen declarationis causa in proposita materia singulariter notandum puto, culpae nautis verti non debere, si piscatores nocte lumine ostenso, ipsos fefellerint, qui cum in portu se recipere crederent, quasi portus sit, ubi lumen cernitur, in vada inciderent, et naufragium facerent … Praesides enim ne in periculum naves, et quae in eis sunt, deducantur, propter dicta lumina, diligenter curare debent, ut dicit Iuriscons. Eadem l. quod notent Anconetani cives, qui polyporum, seuctipedum tempore, piscatores luminibus piscari sinunt extra domum Veneris, quem locum divi Clementis scopulos appellamus. Facile enim nautae duci possunt, ut credentes solitum lumen esse, quo portus demonstratur, naufragium faciant”. 23 - Ibidem. 24 - Ibidem, pp. 447-448.

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Dalla riflessione dell’Autore emerge che, di fronte ad eventi non dipendenti dalla volontà umana ma piuttosto dalle contingenze occasionali ed esterne, non servono neppure gli aiuti della fede religiosa e tornano protagonisti i più ancestrali sentimenti e le credenze popolari, che appaiono anch’essi profondamente radicati nella cultura giuridica. La trattazione dei temi marittimistici da parte di Stracca non sarebbe completa se non parlassimo, a questo punto, delle sue elaborazioni in tema di assicurazione che hanno come protagonisti principali i problemi dei rischi sul mare. Dopo aver pubblicato nel 1553 il suo famoso e fortunato trattato De mercatura, Stracca dà alle stampe nel 1569 un Tractatus de assecurationibus, che è in gran parte dedicato al commercio marittimo e di cui dirò dopo. Il suo intento è quello di compiere una esegesi della polizza assicurativa che circolava, tra le altre, nella piazza di Ancona ed è significativo che la polizza sia tutta in italiano. La conseguenza è che la costruzione sistematica possa apparire forse ‘esegetica e locale’ ma è certo il portato di una scelta culturale tesa alla completezza dell’opera commercialistica dell’Autore: il trattato risulta, infatti, più corposo e completo rispetto all’opera già pubblicata in tema, come quella di Santerna che pure Stracca ha conosciuto ed utilizzato25. È corretto pensare, inoltre, che la scelta esegetica e locale sia il risultato di un’altra opzione metodologica: è, infatti, molto significativo che l’Editore del volume nel frontespizio aggiunga che questo secondo trattato e il successivo Tractatus de adiecto, sono il completamento dell’opera principale sulla mercatura. La scelta di operare attraverso una linea segnata da un formulario locale risponde concretamente, peraltro, alla richiesta che gli viene da amici mercanti anconetani, che non è difficile vedere anche come clienti che usufruiscono della sua opera di consulente. In uno degli ultimi e significativi apporti storiografici, la tradizione che ha visto il giurista anconitano come il primo organizzatore sistematico del diritto commerciale è stata messa in dubbio da Donahue jr. che contesta sia la novità della impostazione del De Mercatura che la capacità sistematica di Stracca26. In realtà l’aver utilizzato come modello sistematico la tripartizione gaiana – persone, cose, azioni – appare, invece, in linea con opzioni scientifiche circolanti e con il momento culturale in cui Stracca scrive e gli consente di operare aggiunte ed integrazioni successive e progressivamente rivolte al completamento del campo operativo delle materie che interessano i mercanti: i rapporti marittimi, quelli processuali, i risvolti legati al fallimento sono le spie di una riflessione e di un ammodernamento sempre in atto. Se poi a questo aggiungiamo la capacità di inglobare i temi mercantili all’interno della dottrina del diritto comune è ancora sostenibile la scelta storiografica che ritiene l’opera di Stracca l’espressione più avanzata della disciplina commercialistica dell’Età moderna. Il riscontro che più convince e colpisce, in questa direzione, è l’enorme successo editoriale della sua opera principale, che dura due secoli, e si propone come la migliore risposta alla domanda di approfondimento scientifico e pratico che proviene sia dal mondo giuridico che da quello mercantile. La personalità scientifica di Stracca si può correttamente ricostruire solo attraverso un esame, cronologico e comparato, degli oggetti delle opere che ci sono pervenute e di quelle 25 - V. PIERGIOVANNI, I fondamenti scientifici del diritto di assicurazione, in Le matrici del diritto commerciale tra storia e tendenze evolutive, a cura di S. ROSSI – C. STORTI, Atti del Convegno, Como, 18-19 ottobre 2007, Varese 2009, pp. 103-114. (ora anche in V. PIERGIOVANNI, Norme, scienza e pratica giuridica tra Genova e l’Occidente Medievale e Moderno, II, cit., pp. 1315-1326). 26 - C. DONAHUE JR., Benvenuto Stracca’s De Mercatura: Was There a Lex mercatoria in Sixteenth-Century Italy? , in From lex mercatoria to commercial law, ed. V. PIERGIOVANNI, cit., pp. 69-120.

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di cui l’Autore ha lasciato qualche traccia ma che sono andate perdute. Occorre, inoltre, tenere presente che le sue opere nascono e sono funzionali all’ambiente di traffici, soprattutto marittimi, che connotano l’economia della sua città, ed è molto significativo che, in più di una circostanza, Stracca rammenti che lo stimolo maggiore per la composizione della sua opera sia venuto dai mercanti locali. Una ulteriore attenzione merita l’opera di Stracca in rapporto all’editoria giuridica dei secoli dell’Età moderna, per la quale le edizioni successive, le integrazioni e le diversità sono sia un esempio di precisa risposta alla domanda di un mercato che gli stampatori cercavano di soddisfare al meglio, sia una testimonianza degli sviluppi della dottrina giuridica nel settore delle operazioni legate al commercio. È una operazione che egli compie avendo una visione culturale ancora derivata dai canoni metodologici dei giuristi, come i grandi commentatori, legati alle più consolidate espressioni professionali, senza accettare le innovazioni dell’umanesimo giuridico, che conosce e combatte: è un giurista che non si può comprendere appieno se non si tenga sempre presente la sua scelta, ed il suo orgoglio, di essere sempre e comunque un “avvocato” di Ancona. È questa una caratteristica identificante dell’Autore e dell’opera e la riprova più significativa emerge, come si è visto, proprio dall’analisi della parte relativa al diritto marittimo.

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The Tractatus “De Nautis, Navibus et Navigatione” of Benvenuto Stracca Prof. Vito Piergiovanni

It is natural that when an author and his work are innovative within the scientific sector, historiography shows different assessments. This is what occurred for Stracca, particularly for his work on the characteristics of commerce (de mercatura). It is a text that certainly lends itself to be read also for its individual parts, which cover different sectors of the same phenomenon, but which should also be read against the background of the historical and political context in which it was developed and of the overall plan, which underpins it. I will try to justify this statement by starting from the topic that I was assigned; the treaty that Stracca produced on maritime law. I will first, however, put forward some biographical information on the author and his work in general. Benvenuto Stracca was born in 1509 in Ancona, son of Anton Giacomo, Notary, Lawyer and member of a family belonging to the city’s aristocracy and a figure active in local political events. After receiving a good education based on classical cultural studies under the supervision of the humanist Ambrogio Nicandro, in 1532, when the papal legate finally assumed authority in Ancona, the links with the previous ruling aristocracy forced the Stracca family into exile, from which Stracca didn’t return to re-establish himself in the city until 1538. During the period from 1533 to 1538, Stracca moved to Bologna, where he attended University course: a disciple of Ugo Boncompagni (who will become Pope Gregory XIII), Lodovico Gozzadini, Antonimo Berò and Pier Paolo Parisio, he received

a degree in 15381. He immediately began his political and administrative career, which led him, between 1539 and 1540, to fulfil the role of Mayor of Ascoli, and subsequently to alternate his activity as public official with his legal career. At the same time, he was involved in diplomatic missions for his city, he was appointed representative, the “community lawyer” tasked with protecting the rights of the citizens of Ancona. He was also an “advocatus carceratorum” and from 1562, Prior of the College of Lawyers. By maintaining good relations with local church powers, evident from the dedications of several of his works, he was able to access the highest administrative levels of his city with ease, including sitting on the general Council. He died in Ancona in 1578. The De mercatura seu mercatore tractatus2 was printed in Venice in 1533. The dedication to the Anconan Council clarifies the author’s purpose, which was mostly to avoid arguments and the related costs and to simplify social relationships. He also wanted to make it clear that merchant and maritime law should be viewed in the same context; as shown by the verses dedicated to the author by his learned teacher of Belles-lettres Ambrogio Nicandro, Stracca combines commercial subject matters that olim a iureconsultis facta fuerunt sparsa … et variis mixta voluminibus. There is no handwritten evidence of the work, but, while the author was still alive, new editions were published: in Venice (1556 and 1575), in Lyon (1556 and 1558) and in Cologne (1575 and 1576). It is plausible that Stracca personally worked only in the Venetian edi-

1 - L. FRANCHI, Benvenuto Stracca, giureconsulto anconitano del secolo XVI: Note bio-bibliografiche, Roma 1988, M. CHIAUDANO, Stracca Benvenuto, in “Novissimo Digesto Italiano, XVIII, Torino 1977, pp. 868-869., C. DONAHUE JR., Benvenuto Stracca’s De Mercatura: Was There a Lex mercatoria in Sixteenth-Century Italy?, in From lex mercatoria to commercial law, ed. V. PIERGIOVANNI, Berlin 2005, pp. 69-120; I. BIROCCHI, Alla ricerca dell’ordine. Fonti e cultura giuridica nell’Eta moderna, Torino 2002; V. PIERGIOVANNI, Il diritto dei mercanti e la dottrina giuridica in età moderna. Considerazioni comparative tra Benvenuto Stracca e Gerard Malynes, in Relations between the ius commune and English Law, ed R. H. HELMOLZ – V. PIERGIOVANNI, Soveria Mannelli 2009, pp. 185-196 (ora anche in V. PIERGIOVANNI, Norme, scienza e pratica giuridica tra Genova e l’Occidente Medievale e Moderno, II, “Atti della Società Ligure di Storia Patria”, n.s., LII|II, Genova MMXII, 1315-1326). 2 - STRACCHA B., De mercatura seu mercatore tractatus,. Venetiis MDLIII, reprinted in Venice in 1556 and in 1575, in Lyon in 1556 and in 1558, in Cologne in 1575 and in 1576; in the Tractatus Universi Iuris di Zilletti Venice 1584 and with a series of new editions (Lyon 1591, Amsterdam 1593, 1608, 1621, 1658, 1664 and 1669 and Cologne 1585 and 1622). The edition of Lyon MDCX, which I have used, was reprinted in Turin 1971.

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THE TRACTATUS “DE NAUTIS, NAVIBUS ET NAVIGATIONE” OF BENVENUTO STRACCA

tion of 1556 with negligible additiones. From the number of editions and the different geographical location of the printed versions it can be inferred that the volume had immediate success and was distributed quickly and unlike other works of legal science studies: the seal, the ultimate mark of approval, was the inclusion of the tractatus, in 1584, in the Tractatus Universi Iuris of Zilletti3, and the series of new editions in the two subsequent centuries (Lyon 1591, Amsterdam 1593, 1608, 1621, 1658, 1664 and 1669 and Cologne 1585 and 1622). The internal structure of the treatise comprises eight parts4. It starts with the definitions: who a merchant is, which activities define the profession both economically and morally. The scope of activity is defined and priests, soldiers, nobles, minors, women and other subjects are excluded from carrying out such a socially contentious activity. At the same time, the edicts prohibiting various persons and subjects from trading issued by different levels of authorities must also be respected. A subsequent part is dedicated to typical merchant agreements and includes the Tractatus de sponsionibus, followed by a specific treatise on maritime law, which I will address in a moment. At the same time, the part on merchant procedure is long and complex: it is the first complete analysis within legal doctrine of the topic of merchant law. It is almost a stand-alone treatise which acknowledges the strategically central role this area systematically occupies within the organisation of commercial law: the fact of quoting canon law in this procedural context is significant from an academic point of view. For the final portions of the work, Stracca adds a section on ceasing activity and giving up the title of merchant; in addition to as a result of death, this may be voluntary, enforced by the courts – mainly due to bankruptcy – something which is discussed in great depth. The subsequent work by Stracca, the Tractatus de adiecto, published for the first time in 1569, together

with de assecurationibus, is also added with a view to covering all merchant related topics as stated in the dedication to the future Pope Innocent IX, who urged the author to progressively achieve this objective5. The author’s last academic writings, the Adnotationes in Responsa Cravettae, published in Venice in 1580, two years after his death, are not connected to merchant law. Instead, Stracca preferred to mimic the tradition of the ancient jurists and comment on works of his predecessors. The dedication is once again to Pope Gregory XII, who apparently encouraged him to carry out the work, and to whom Stracca turns hoping he will intervene with regulations circumscribing litigiousness and disagreeing opinions6. The author also recalls the existence of his Responsa, but there is no evidence that they were ever published. In a historical reconstruction of maritime law events and of their written sources in 1889, Enrico Bensa makes a distinction between the practical and operational development of the above-mentioned branch of law during the period of the Middle Age commercial revolution and the corresponding academic research. The first reference can only be the thinking started in the 12th century by the Glossators of the University of Bologna even if other academics, such as Lattes, believed that these jurists had not fully understood the legal developments of their era because they worked on “the erroneous premise that, in Roman law, every legal institute must necessarily be present, and not in embryonic form, but fully regulated and developed”. Legal history, continues Bensa, “could not have started without the work of legal experts, examining maritime agreements; not for the purposes of doctrine or learning, but to regulate daily interests and taking note of business practice”. To the task of organising the whole system “Benvenuto Stracca, a nobleman from Ancona, was the first to apply himself; in his book De Mercatura, which can be considered as the first complete treatise on commer-

3 - See G. COLLI, Per una bibliografia dei trattati giuridici pubblicati nel XVI secolo. Indici dei Tractatus Universi Iuris, I, pp. 53-55, and II, p. 143. 4 - On this division, see L. FRANCHI, Benvenuto Stracca, cit., pp. 130-138. 5 - Ibidem, pp. 158-159. 6 - Ibidem, pp. 160-163.

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cial law, he dedicated a section to maritime law”, creating an orderly academic system7. The only other author who wrote a complete work on the same topics during this period (published in 1579) was Giulio Ferretti, from Ravenna: among his works, most of which were on public law, one is entitled de re et iure navali and deals, in addition to ships and shipping, with the matter of leasing and insurance8. The framework he provides certainly does not have the breadth and completeness of that of Stracca: a German historian, reconstructing a general overview of the legal doctrine at the beginning of the 16th century of this matter stated that Stracca’s work was as relevant to the development of the science of maritime law as it was to commercial law in general, at a time when the historical and political landscape changed, which had long-term consequences for the development of maritime law and its science. Thus, in Holland Grotius insisted on the freedom of the seas and national laws were developed in England and Germany, in addition to France9. Public law aspects came to the fore and it is significant that, also in the 19th century, the French legal historian Pardessus developed a definition, according to which “Maritime law may be considered under three different aspects. Firstly, in relation to the political interests of nations; and in said case, it raises serious matters for public jurists, on the freedom of the seas and the limitation of the powers that, given the right of war, may impose not only out of respect of their enemies, but also sometimes on neutral populations. Secondly, in relation to the action of government, which aims to protect and preserve safety and order on beaches and in ports…And thirdly on the obligations that may result from commerce between private parties10. The attention to the political and social environment in which lawyers operate is another identifying char-

acteristic that also emerges from the maritime part of Stracca’s work. It starts in the author’s dedication of the volume, where he justifies the publication of the treatise upon the invitation of his merchant friends: tibi tractatus quos edidit de Nautis, Navibus et Navigatione cum, quos amicissimorum mercatorum iussu citius, quam decreverat, foras dare coactus est … cum materia nova sit et quotidiana11. The specific treatise on maritime law is broad and sub-divided into three parts: sailors, ships and navigation. This choice was made against a backdrop of change, which is also found in the Italian maritime statutes – these were all set out in the Catalan text of the Consulate of the sea. This was in fact the first text to provide a general, organised outline of maritime issues, set out in three broad topics, in line with the tradition of the Institutions of Gaius, the first one relative to the persons engaging in commerce on the sea - sailors, merchants and pilgrims - the second one to ships, and the last one to the related agreements12. Stracca thought it necessary to start with a general comment on the mare-mercatura relationship and on the prevalence of maritime commerce, maintaining that in a treatise such as his a section on maritime law is necessary: necessarium hunc titulum ad tractatum nostrum nemo est, qui nesciat. Quippe cum mercaturam in ipsa navigatione valde versari videamus. Said observation is ennobled by a quote from Horace, who speaks of the choice to be a merchant as a courageous one: Iactantem Icariis fluctibus Africum Mercator metuens otium, et oppidi laudat rura sui. Mox reficit rates quassas indocilis pauperiem pati. Et alibi: impiger extremis currit mercator ad Indos, per mare pauperiem fugens, per saxa, per ignes. Stracca’s work and that of the jurists from the 16th century onwards on the same topics show the dawn

7 - E. BENSA, Il diritto marittimo e le sue fonti, Genova 1889, p. 31ss. 8 - Ibidem, p. 33. 9 - K.O. SCHERNER, Die Wissenschaft des Handelsrechts, in Handbuch der Quellen und Literatur der neueren europäischen Privatrechtsgeschichte, ed. H. COING, II\1, Neuere Zeit ((((1500-1800), Das Zeitalter des gemeinen Rechts, Wissenschaft, München 1977, p. 850. 10 - G. M. PARDESSUS, Corso di diritto commerciale, II, Naples 1858, pp. 7-8. 11 - STRACCHA B., De mercatura seu mercatore tractatus, cit., p. 442. 12 - A. IGLESIAS FERREIRÒS, Il Libro del Consolato del Mare, in “Rivista Internazionale di Diritto comune”, 6 (1995), pp. 81- 125; Il Libro del Consolato del Mare. Appendice, Ibidem, 7(1996), pp. 307-369. Lastly, see G. CORRIERI, Il Consolato del mare. La tradizione giuridico-marittima del Mediterraneo attraverso un’edizione italiana del 1584 del testo originale catalano del 1484, Rome 2005.

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of a new phase in the assessment of voyages by sea13. Certain theoretical aspects of great import, including from a cultural point of view, and which had been overshadowed in the past were set out, such as the very close, almost natural relationship between navigation and commerce and the centrality of the “risk” element as measurement, even if subjective, of the issues of liability, which find the operative application in the process, previously only mentioned, are specified. It is the outcome of an evolution, which can also be seen in the Italian maritime statutes, which were all included as regulations in a Catalan work, commonly known as the Consulate of the sea. Merchants’ sea voyages of the merchant are also referenced and celebrated as cultural elements, in literary quotations. In the first one, as mentioned, almost as a dedication, Stracca mentions several verses from Horace and glorifies the role, but also the dangers, of commerce, which the “impiger” merchant is subject to often to avoid falling into the trap of poverty. After the preface, the treatise starts and the de ipsis nautis, that is to say sailors, are the main focus, because sine ipsis naves inutiles essent 14. The tractatus de nautis is divided into six parts and the in-depth discussion of the individual topics starts with the meaning of the terms and the type of sailors. This discussion consists of an initial philological analysis in search of the original meaning of the terms which identify the various members of the crew. Greek terminology is widely used and the lesson from the humanists, such as Alciato and Budeo, with the addition of a decisio of Boerio, emerges. The next step is the definition of the professional types of those who venture onto the sea, with the identification of three types of sailors. Stracca refers to the now classic division of the types of sailors into

three parts developed by Angelo degli Ubaldi: the first category is that of pirates, then those who procure supplies for the Annona, then finally merchants, who, he states, will be the only focus of the treatise: Navigantium tria esse genera. Primum eorum qui piraticam pravitatem exercent, pessimum quidem genus hominum … Secundum genus navigantium est … qui annonae Urbis serviunt et delegatas species annonarias transferunt … Tertium navigantium genus est eorum qui mercaturae merciumque seu rerum advehendam causa navigant …15. The first two types of sailors mentioned by Stracca, are in contrast with each other as they entail very different subjective choices and moral principles, with the first one involving a nefarious activity, such as piracy, and the second one a service aimed at providing food supplies for the city. The third category, that of merchants, is added to these two categories. The negative opinions of piracy and the legal and social consequences for those engaged in such activities, “hostes publici et infames sunt”, unite researchers on civil and canon law. In fact, under the latter, crimes of piracy are punished with the most severe sanction, that is to say excommunication: “Piratae sunt latrones maritimi et ter in anno ore Pontificis excommunicantur 16. After the first part on sailors, in the second part, Stracca tries to define the legal characteristics of the relationship with the merchants and the profiles of responsibility. He chooses leases as the relevant framework: “nautae” are the “locatores”,” mercatores” are the “conductores”. The former are held liable ex dolo et culpa, but not for force majeure (winds and waters)17. The third part focuses on shipwrecks and damage, on which, according to Stracca, there is very little dis-

13 - V. PIERGIOVANNI, Il viaggio per mare. Spunti di diritto medievale e moderno, in Andare per mare, Atti del Convegno, Genova 29- 30 Ottobre 2004, ed. by P. MASSA, Genoa 2009, pp. 129-138 (now also in Norme, scienza e pratica giuridica, cit., pp. 1307-1314. 14 - De mercatura seu mercatore tractatus, cit., p. 443: “Videamus igitur prius de ipsis nautis, quorum opera navigationes fiunt, et sine ipsis naves inutiles essent. Cum naves agere ignarus navis timeat, ut admonet Imper. Insti. De iu. Na. § fi. Et Iurisc. In l. 2 ff. de sta. Ho. Idque etiam dignitas hominum suadet. L. giustissime ff. de aedil. Edi. 15 - De mercatura seu mercatore tractatus, cit., p. 444. 16 - Ibidem, p. 449 where he referenced for doctrine, Iohannes Andreae and Abbas. See C.M. MOSCHETTI, Pirateria (storia), in “Enciclopedia del diritto, XXXIII (1983), pp. 873-910. 17 - De mercatura seu mercatore tractatus, cit., p. 444: “Nunc sciendum est, nautas, qui merces vehendas accipiunt, et ex hoc mercedem, locatores dici, vel quia operas ad exportandas merces locant, vel quia navium usum praestant, Mercatores vero, qui pecunias vehendarum mercium causam dant, conductores appellari . Deinde notandum est locatores ex dolo, et culpa teneri … Rursus illud adiiciendum est. Locatores de casu non teneri, nisi aliud actum sit … Et generaliter casus fortuiti nemini imputantur … Et vis ventorum et aquarum magnitudines inter casus fortuitos annumerantur”.

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cussion. In fact, shipwrecks are often caused by lack of skills, excessive boldness and ignorance and always derive from a desire to make ever greater profits. Instead, the rules ought to be followed, for example, sailing at the wrong time and wrong place is an action in tort because navigatio saepe pericolosa est, et semper incerta, but this form of caution is widely disregarded: according to the doctrine now commonly stated by Bartolo by Sassoferrato “Consuetudini standum esse asserit et in tempore legem illam non servari, idque liquere in civitatibus maritimis, et idem inquit Veron. Ait enim Venetos omni tempore navigare: ego etiam Anconae eandem legem in tempore non servari affirmo”18. Often Ancona is featured in Stracca’s examples, who observes that often the search for greater well-being, a prosperior status, derived from the presence of harlots and the sweet Anconan wine, keeps sailors in the port: meretricum illecebris atque delinimentis in portu detinentur, seu ut aliquando vidi dulcedine vini Anconetani in portu immorantur 19. Stracca considers and proposes new regulations for sea voyages summarising the considerations of the doctrine of his time. One of the examples refers to a case concerning the transportation of unlawful goods and insignia involving a magister navis sailing under the insignia of Ancona and who find himself involved in the Franco-Spanish war. To address these cases, he states: Unde provide Anconetani viri decreto sanxere, ne magistri navium insignibus aliarum civitatum in navigiis utantur20. Another singular event concerns the consequences of the aid given - miseratione ductus - to a pirate ship, which had ended up in the sandbanks, the crew of which, once saved, robs the rescuers21. Once again Ancona is involved in the request to the

governors to prevent night fishermen fishing octopus from tricking ships with their lamps and causing shipwrecks22. The city is also considered to be at the forefront for its commercial and tax policies, which allowed it to gain privileges from the papal authorities: “Est enim Anconae vectigal minimum ita ut difficile maritimum portum invenias, in quo leviora vectigalia sint constituta, idque non augeri, quinimo nundinarum tempore imminui Anconetani cives semper studuerunt, quae civitas ob egregiam in S.S.A. summosque Pontifices insignem fidem, maximis privilegiis fuit decorata, iisdemque de causis ac (quod caput est) nunquam satis laudati portus causa innumerabiles gentes mercaturae causa civitatem frequentant: quae civitas (ni patriae me amor fallit) longe maioribus laudibus extollenda est, quam iureconsultiss. Ulpiani patria, quam ad coelum ipse tulit … ”23. In his treatise, Stracca goes back to the contractual issues related to sea voyages. Sailors are required to be professional and cautious to avoid wrongful or negligent consequences: culpa enim non caret nauta, si per loca notorie non tuta navigare voluerit. For example, they should not sail in the open sea when it is possible to sail through a lagoon, as is the case for those who go to Venice, and, in the subsequent passage, relying on the authority of the great Doctors, such as Bartolomeo da Saliceto and Baldo degli Ubaldi, Stracca attacks those who, due to their thirst for profit or irresponsible boldness, undervalue the risks involved in sea voyages24. The author’s reflections show, when faced with unforeseen events not caused by the will of men, but rather by occasional and external forces, not even religious faith can help, and the older, more ancestral popular beliefs, which also appear to be deeply rooted in legal culture, return to the fore.

18 - Ibidem, p.446. 19 - Ibidem, p. 446. 20 - Ibidem, p. 448. 21 - Ibidem. 22 - Ibidem, p. 449: “Illud tamen declarationis causa in proposita materia singulariter notandum puto, culpae nautis verti non debere, si piscatores nocte lumine ostento, ipsos fefellerint, qui cum in portu se recidere crederent, quasi portus sit, ubi lumen cernitur, in vada inciderent, et naufragium facerent … Praesides enim ne in periculum naves, et quae in eis sunt, deducantur, propter dicta lumina, diligenter curare debent, ut dicit Iuriscons. Eadem l. quod notent Anconetani cives, qui polyporum, seuoctipedum tempore, piscatores luminibus picari sinunt extra domum Veneris, quem locum divi Clementis scopulos appellamus. Facile enim nautae duci possunt, ut credentes solitum lumen esse, quo portus demonstratur, naufragium faciant”. 23 - Ibidem. 24 - Ibidem, pp. 447-448.

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Stracca’s treatises on maritime topics would not be complete if we did not address, at this time, his writings on insurance, which feature as their main theme the issues of the risks at sea. After publishing his famous and successful treatise De mercatura in 1553, in 1569 Stracca publishes a Tractatus de assecurationibus, which is in large part dedicated to maritime trade, and which I will address later. His intent is to complete an exegesis of the insurance policy which was in circulation, in Ancona and other marketplaces and it is significant that the policy is completely in Italian. The consequence is that the systematic construction may perhaps appear “exegetical and local” but the breadth of a cultural choice aimed at completeness of the commercial work by the author is evident. In fact, the treatise is longer and more complete than the work already published on the topic, like that of Santerna, which Stracca has acknowledged and used25. In addition, it is right to believe, that the exegetic and local choice is the result of another methodological option: in fact, it is very significant that the editor of the volume added in the frontispiece that this second treatise and the subsequent Tractatus de adiecto, complete the main work on mercatura. The choice to operate within boundaries marked by a local formula, moreover, wholly as a response to requests from merchant friends in Ancona, who can also easily be viewed as customers employing him as a consultant. In one of the last and historically significant contributions, the tradition which saw the Ancona jurist as the first systematic organiser of commercial law was questioned by Donahue Jr., who challenged both the idea that the De Mercatura was something new and Stracca’s ability to set it out in an orderly fashion26. In reality, the use of the Gaius model to divide it into three parts - persons, things and actions - as an organisational model, would appear to be in line with existing academic choices and with the cultural context in which Stracca was writing and allows him to make subsequent additions, progressively aimed at including all the subject matters that affect merchants: maritime relations, proceedings and the implications

of bankruptcy shed light on ever evolving considerations and modernisation. If we also add to this the ability to situate merchant matters within the doctrine of common law, the Stracca’s choice is still highly relevant, as he believes it the most advanced method of expressing the regulation of commerce in the modern age. The most convincing and striking finding in this direction, is the enormous editorial success of his main work, which continued for two centuries, and stands as the best response to the demand for indepth academic and practical studies felt in both the legal and merchant world. Stracca’s academic style can only be correctly reconstructed by a chronological and comparative examination of the subject matter of the works available to us and those of which the author left some trace but which have been lost. In addition, we must keep in mind that his works were created in and applied to a trade environment, particularly maritime trade, which sustained the economy of his city, and it is very significant that, in more than one circumstance, Stracca mentions that the biggest incentive for creating his work came from local merchants. Stracca’s work should also be viewed in the context of legal publishing industry in the modern Age; the subsequent editions and additions are both an example of a specific response to a need of the market which publishers were trying to better satisfy, and testimony to the developments in legal doctrine in the sector of commercial transactions. It is a work that he performs from a standpoint that is informed by the learnings and the methods of a jurist, like the great commentators, which lean towards using the most widely used ideas of their profession, without accepting the innovations of legal humanism, which he knows and opposes. He can only be fully understood if we bear in mind the fact that he is proud and chose to remain a “simple” lawyer from Ancona. This is the identifying characteristic of the author and his work and the most significant confirmation emerges, as we have seen, precisely from the analysis of the part on maritime law.

25 - V. PIERGIOVANNI, I fondamenti scientifici del diritto di assicurazione, in Le matrici del diritto commerciale tra storia e tendenze evolutive, by S. ROSSI – C. STORTI, Atti del Convegno, Como, 18-19 October 2007, Varese 2009, pp. 103-114 (ora anche in V. PIERGIOVANNI, Norme, scienza e pratica giuridica tra Genova e l’Occidente Medievale e Moderno, II, cit., pp. 1393-1305). 26 - C. DONAHUE JR., Benvenuto Stracca’s De Mercatura: Was There a Lex mercatoria in Sixteenth-Century Italy? , cit., pp. 69-120.

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Benvenuto Stracca, il diritto dei mercanti e il diritto comune Prof. Gian Savino Pene Vidari

n particolareggiato profilo biografico, ancor oggi basilare, di Benvenuto Stracca, giurista, avvocato e patrizio anconitano (1509-1578), è stato illustrato da Filippo Franchi più di un secolo fa1. Il rilievo dello Stracca per la scienza giuridica è stato poi tratteggiato nel 1909 da Alessandro Lattes, in occasione delle celebrazioni del quarto centenario della nascita, previste ad Ancona ma poi non svolte, tanto che il testo è stato ospitato nello stesso anno dalla “Rivista di diritto commerciale”2. Dopo alcune osservazioni straniere – un po’ critiche, ma su ciò non condivisibili – alla sua opera maggiore3, sulla sua figura e sulla sua attività è ritornato ultimamente Vito Piergiovanni, anche con una puntuale e favorevole ultima sintesi enciclopedica4. Delle opere più rilevanti dello Stracca hanno inoltre trattato due relazioni di un congresso sulla storia del diritto commerciale, i cui “atti” sono apparsi nel 2009, in casuale concomitanza con il mezzo millennio dalla nascita5. Pure questa ricorrenza è passata però nel complesso sotto silenzio6: per sola iniziativa privata, a qualche anno di distanza si è pertanto cercato meritoriamente di ovviare a questa dimenticanza7. Sullo Stracca esiste quindi il recentissimo bel profilo bio-bibliografico di Vito Piergiovanni: mi sembra ragionevole rinviare ad esso8, per riprendere unicamente qualche elemento connesso con la sua figura di primo autore ad aver trattato del diritto dei mercanti e quindi ad aver aperto alla scienza giuridica quella nuova via del diritto commerciale, che si è sempre più sviluppata in questo ultimo secolo. Nato in una famiglia di mercanti spostatisi da circa 1 - F. FRANCHI, Benvenuto Stracca, giureconsulto anconitano del secolo XVI. Note bio-bibliografiche, Roma 1888. 2 - A. LATTES, Lo Stracca giureconsulto, in «Rivista di diritto commerciale», VII (1909) fasc. VII, pp. 624-649. Ad inizio di articolo il Lattes fa presente che il suo scritto era stato preparato per ricordare lo Stracca nel quattrocentesimo anniversario della nascita (avvenuta nel 1509): «poiché un progetto di pubbliche onoranze all’illustre concittadino, iniziato nel 1908 in Ancona, non fu potuto condurre a buon fine», la sua commemorazione del giurista anconitano, «chiamato a segnare della scienza del diritto commerciale una pietra miliare», è stata «opportunamente» ospitata dalla rivista diretta da Sraffa e Vivante affinché «almeno nelle pagine di essa si ricordasse il primo commercialista italiano». 3 - C. DONAHUE jr, Benvenuto Stracca’s De mercatura: Was there a Lex mercatoria in Sixteenth-Century Italy?, in From lex mercatoria to commercial law a cura di V. PIERGIOVANNI, Berlin 2005, pp. 78-111. In proposito, cfr. pure infra, nota 23. 4 - Dopo le Considerazioni comparative tra Benvenuto Stracca e Gerard Malynes, in Relations between the Ius Commune and English Law a cura di R. HERMOLZ-V. PIERGIOVANNI, Soveria Mannelli 2009, pp. 185-196, ha recentemente pubblicato la ‘voce’ Stracca Benvenuto (Ancona 1509- ivi 1578), in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo) diretto da I. BIROCCHI – E. CORTESE- A. MATTONE- M.N. MILETTI, Bologna 2013, II, pp. 1920-1922. 5 - V. PIERGIOVANNI, I fondamenti scientifici del diritto di assicurazione e G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali ed editoriali della trattatistica mercantile e assicurativa in Le matrici del diritto commerciale tra storia e tendenze evolutive a cura di S. ROSSI – C. STORTI (Atti del convegno, Como 18-19 ottobre 2007), Varese 2009, pp. 103-114 e 115-134. 6 - Solo la Camera di commercio di Ancona risulta infatti aver ricordato nel 2009 il quinto centenario della nascita dello Stracca, dedicandogli una sala della propria sede. 7 - Per iniziativa dell’Ordine degli Avvocati di Ancona (su sollecitazione dell’avv. Sbano) e per il diretto e munifico impegno personale dell’imprenditore Giovanni Mauro, Benvenuto Stracca è stato ricordato nella Loggia dei mercanti di Ancona il 22 febbraio 2013, a 460 anni di distanza dalla prima edizione della sua opera principale, il De mercatura. 8 - Mi riferisco, in particolare, alla ‘voce’ enciclopedica edita nel 2013, ricordata supra alla nota 4.

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BENVENUTO STRACCA, IL DIRITTO DEI MERCANTI E IL DIRITTO COMUNE

un secolo ad Ancona, figlio di un notaio, con un fratello mercante ed altri avvocati, ben inserito con la sua famiglia nella vita cittadina, Benvenuto non poteva non essere partecipe di quell’ambiente e di quella mentalità mercantili, che da secoli erano vivi sia in Italia sia in una città – come Ancona – dedita ai traffici adriatici. La sua formazione culturale, prima con l’umanista Ambrogio Nicandro poi quale “dottore” dell’Alma mater bolognese, doveva averlo fatto riflettere sull’importanza della tradizione dei ‘classici’, sull’eccessiva prolissità di certe dissertazioni giuridiche, sull’opportunità che un giurista attento alle vicende del suo tempo non si chiudesse nella torre d’avorio dei “libri legales” e delle dotte opinioni dei “doctores” ma prendesse atto – con le sue categorie mentali – di quanto ormai da secoli si era venuto consolidando nella vita e nell’attività dei mercanti e cercasse di elaborarne una sintesi dal punto di vista giuridico, cosa sino ai suoi tempi non ancora avvenuta. La riprova stava nel fatto che ormai verso la metà del Cinquecento molte erano le edizioni di libri e di trattati di diritto, ma nessuna si occupava del diritto dei mercanti9. In effetti, nella società bassomedievale i mercanti non avevano una gran buona fama: era piuttosto raro che – come categoria – tra Duecento e Trecento se ne parlasse bene. Le attività commerciali nell’area europea e mediterranea si erano notevolmente sviluppate a partire dai secc. XI- XII ed avevano avuto – come noto – uno dei poli di crescita proprio nelle città della nostra penisola: anche qui però la maldicenza nei confronti dell’avidità di guadagno e verso i traffici più o meno corretti o loschi dei mercanti tendeva a prevalere sull’ammirazione per la loro capace intraprendenza o sul rispetto per la floridezza finanziaria acquisita da alcuni di essi. Non si trattava solo delle critiche invidiose di un ambiente feudale, per lo più geloso del suo potere ma superato dal dinamismo e dalla ricchezza monetaria mercantile: la prospettiva generale restava quella dell’usuale coltivatore agricolo abituato a lavorare per sopravvivere senza poter sperare in un profitto molto maggiore, sostenuta dall’impostazione di un insegnamento religioso contrario alla speculazione ed al lucro degli ‘affari’, sensibile all’importanza del duro lavoro quotidiano (di una semina che porta al raccolto finale), in cui l’uomo spendeva la sua esistenza terrena in attesa di un successivo miglior destino. C’era poi il problema dell’usura, combattuta dalla Chiesa in quanto contraria ai princìpi evangelici, considerata a lungo tale anche in caso di mutuo con modesto tasso d’interesse: il mercante era immerso appieno in questa situazione e finiva col risentirne le negative conseguenze di ‘immagine’ anche in aree cittadine ad alta concentrazione o influenza mercantile10. I mercanti, come noto, erano raggruppati in “arti” o corporazioni, che ne seguivano o proteggevano l’attività, anche nei confronti delle varie autorità politiche. Tali corporazioni si occupavano pure della correttezza dei rapporti commerciali e del regolare funzionamento del ‘mercato’: in questo ambiente si è ben presto e progressivamente sviluppato un complesso di regole di carattere consuetudinario, ispirato in specie alla ‘bona fides’ ed alla ‘aequitas’, che sono venute diffondendosi come “ius proprium” (cioè come ‘diritto particolare’) dei mercanti e del loro ceto, oltre e sopra ogni frontiera politica. Tale “ius mercatorum” regolava le contrattazioni mercantili, a tutela della buona riuscita delle quali erano stati via via istituiti specifici giudizi mercantili (per lo più tenuti da mercanti) per risolvere – generalmente in modo arbitrale 9 - Ho già esposto in modo più dettagliato alcune riflessioni in proposito in G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali… cit., pp. 115-128.

10 - Il ‘mercante’ medievale era il protagonista del ‘mercato’, non solo un commerciante nel senso attuale del termine: metteva infatti in rapporto l’attivo, vasto e variegato mondo artigianale col mercato stesso, svolgendo spesso un’almeno parziale attività imprenditoriale, pur non apparendo ancora come il nostro odierno imprenditore, come fa notare U. SANTARELLI, Mercanti e società tra mercanti, Torino 19922, pp. 29-38. A tale libro – ormai un ‘classico’ in materia – rinvio sia per il quadro generale sia per numerose osservazioni specifiche.

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ed equitativo – eventuali controversie, in sostituzione dei consueti tribunali. Questa disciplina derivante dagli usi mercantili veniva ad affiancarsi – e pure in certi casi ad integrare e persino a derogare – al diritto dell’epoca, la cui interpretazione era in mano ai giurisperiti dello “ius commune”, affermatosi anch’esso in Europa nel medesimo periodo a partire dai secc. XI-XII. I dotti giuristi dello “ius commune” hanno per lo più considerato le regole equitative, espresse dagli usi mercantili ed utilizzate nei tribunali commerciali11, di livello culturale inferiore ai princìpi del diritto romano-canonico ispiratori della raffinata scienza giuridica del tempo. Per questa essi redigevano impegnativi “commentaria” ai “libri legales” o specifici trattati sui singoli argomenti: trascuravano però per lo più di impegnarsi a fondo sulle regole mercantili, lasciando che a queste ultime si dedicassero casomai i più modesti notai, coinvolti direttamente dai mercanti nella redazione scritta dei loro contratti particolari. Ciò non ha peraltro impedito che – ad esempio tra Trecento e Quattrocento – giuristi noti come Baldo degli Ubaldi o il suo allievo Bartolomeo Bosco abbiano svolto lucrative consulenze in materia mercantile, senza vergognarsi di occuparsi di temi forse culturalmente non eccelsi ma remunerativi12. Si trattava inoltre di casi o di argomenti, in cui la discussione sul lucro del mercante poteva coinvolgere sospetti non gradevoli di usura, in una società nel complesso un po’ prevenuta verso il troppo intraprendente – e quindi dubbio nelle sue iniziative – ambiente mercantile: qualche consiglio al massimo (previo buon compenso), il giurista di maggiore o minor fama poteva giungere a darlo, ma oltre preferiva non spingersi, per non apparire un ‘fiancheggiatore’ (se non un complice…) di chi in fin dei conti era criticato dai benpensanti contemporanei per badare solo al guadagno. Il giurista per difendere la propria reputazione preferiva mostrarsi appartato da tale ambiente: sui problemi mercantili, per quanto già notoriamente importanti tra Trecento e Quattrocento, poteva scrivere qualche altro collega più disponibile…13. Quando, col Quattrocento, la situazione sembra meno florida per l’ambiente mercantile italiano, pare invece migliorare la valutazione dell’opinione comune nei confronti dei mercanti. Ciò può derivare da un’assuefazione alla loro ormai secolare attività, ma anche dal nuovo ‘clima’ umanistico che si respirava nella penisola, ispirato dall’ammirazione per l’intraprendenza umana (e quindi anche del mercante), portata a giocarsi la sua fortuna ed a cercare di padroneggiare il mondo con le proprie capacità: “suae quisque fortunae faber”. È il filone in armonia con la vita mercantile: l’aspirazione ad un lucro connesso col rischio non pare valutata in modo così contrario come in passato. La stessa considerazione del prestito non è di per sé sempre negativa: si tende a distinguere tra situazioni fra loro differenti. Nell’Ordine francescano esistono difensori della possibilità di alcuni casi di mutuo, che con la seconda metà del Cinquecento sostengono la realizzazione dei primi Monti di Pietà, come a Perugia nel 1462. Si tratta della città nel cui “Studium” sembra seguire corsi giuridici un giovane portoghese legato ai traffici mercantili, Pedro de Santarém, che verso il 1488 scrive il primo trattato (rimasto a lungo inedito) sull’assicurazione e la scommessa, tipicamente connesso con l’attività dei mercanti14. Il manoscritto col tempo giungerà tra le mani proprio di Benvenuto Stracca, che si rivelerà anche interessato a curarne un’edizione 11 - Ognuno di tali tribunali era spesso denominato Consolato, e “consoli” ne erano detti i componenti. 12 - Mi permetto di rinviare a quanto più specificamente ho annotato in G. S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali…cit., pp. 115-117. 13 - Solo Baldo, forte della sua fama di giurista, ed anche di canonista, non disdegna di ammettere di lavorare continuativamente come consulente mercantile e scrive persino – primo, e solo, nel Trecento – una “summula” sui “facta mercatorum” edita e commentata qualche tempo fa da V. PIERGIOVANNI, Un trattatello sui mercanti di Baldo degli Ubaldi, in Scritti di storia del diritto offerti dagli allievi a Domenico Maffei, a cura di M. ASCHERI, Padova 1991, pp. 235-254. 14 - D. MAFFEI, Il giureconsulto portoghese Pedro de Santarém autore del primo trattato sulle assicurazioni 1488, in Estudos em Homenagem aos Profs. Manuel Paulo Mar a e Guilherme Braga da Cruz, Coimbra 1983, pp. 707-716.

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a certe condizioni, che non si realizzano: passerà alla stampa a Venezia nel 1552, a cura di un altro avvocato anconitano, Giambattista Trionfi15, un anno prima del De Mercatura dello Stracca, che qualche motivo ispiratore della sua iniziativa è facile abbia desunto da esso16. In ambiente francescano è predisposta pure una notissima “summa confessorum”, la Summa Angelica, redatta dal frate Angelo Carletti, laureato in giurisprudenza, nato – come lo Stracca – in una famiglia di mercanti e – come lui – sensibile alle buone ragioni di una corretta attività commerciale17. La Summa angelica avrà un enorme successo editoriale fra fine Quattrocento e Cinquecento, in specie in ambiente ecclesiastico: nella redazione (in ordine alfabetico) delle sue ‘voci’ farà sentire la consequenzialità del ragionamento giuridico ma anche una certa benevolenza religiosa per il comportamento di un corretto mercante, oltre che per i Monti di Pietà18. Si può capire quindi come il quinto Concilio Lateranense del 1515 ammetta non solo la possibilità – a certe condizioni – dei ‘Monti’, ma anche di un prestito ad interesse nell’attività mercantile, capovolgendo la rigida contrarietà anteriore. In un contesto nel complesso ormai non più di per sé contrario – quasi per principio – ai mercanti ed alla loro attività, anche il giurista può essere indotto ad approfondire con maggiore serenità ed in modo organico le problematiche connesse con l’ambiente mercantile e con i contratti in esso consueti, regolati per lo più da usi inveterati sia locali sia delle piazze mediterranee ed europee. Dopo la laurea in giurisprudenza a Bologna, Benvenuto Stracca verso gli anni ‘quaranta’ del Cinquecento ha avviato la sua professione forense ad Ancona, città che gli appariva – come Firenze e Venezia – ricca di attività mercantile19. Ben introdotto nella vita amministrativa locale, deve essersi affermato anche quale avvocato dei mercanti, prendendo dimestichezza con lo “ius mercatorum”, inserendolo nello stesso tempo nei princìpi della dottrina del diritto comune. Tali conoscenze specifiche possono averlo indotto a pensare alla redazione di un trattato giuridico ispirato alla pratica dei mercanti, inquadrato appieno nelle categorie concettuali dei giuristi contemporanei. Egli non era un dotto ‘maestro’ di cattedra, ma portava la sua esperienza e le sue conoscenze in un campo sino ad allora trascurato dai ‘dottori’: veniva ad affiancarsi a loro, da un lato allargando a tali problematiche la dottrina giuridica, dall’altro inserendo in essa la vivacità di un ambiente sino ad allora ai margini della speculazione giuridica. Benvenuto Stracca era un avvocato di cultura, documentato sulla migliore dottrina italiana e straniera, attento collettore di quanto i giuristi in uso nel tempo avevano detto sugli argomenti da lui considerati in connessione con lo “ius mercatorum”: ne aveva esaminato le opinioni ed aveva la consapevolezza di potersi esprimere sugli argomenti trattati, in modo da offrire soluzioni nel settore da lui studiato e da avviare la stessa dottrina giuridica a prendere posizione sui non facili problemi dei traffici mercantili. Anche per questo avrà un successo indiscusso, dottrinale ed editoriale. 15 - P. SANTERNA, Tractatus de assicurationibus et sponsionibus mercatorum, Venetiis 1552. 16 - È possibile che Benvenuto Stracca, esaminando il manoscritto, abbia visto confermata la possibilità del suo progetto di scrivere un trattato sul diritto dei mercanti; certo, però, sulla scommessa sosterrà tesi per lo più opposte a quelle del Santerna (o Pedro de Santarém) ed imposterà poi il suo trattato sull’assicurazione in modo completamente diverso, quasi a prendere una certa distanza dal portoghese: lo nota anche A. LATTES, Lo Stracca… cit., pp. 646-647. 17 - Frate Angelo Carletti osservante, nel V° centenario della morte (1495-1995) a cura di O. CAPITANI – R. COMBA – M. DE MATTEIS – G.G. MERLO, Cuneo 1998 (pure in «Bollettino della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo», 118, 1° semestre 1998). 18 - Sulle edizioni della Summa, M.R. MANUNTA, La “summa Angelica” del beato Angelo Carletti: note e bibliografia, in Angelo Carletti fra storia e devozione, Cuneo 1996, pp. 103-110. 19 - Lo Stracca stesso, con un accostamento forse un po’ ottimista, ricorda una «mercatura (…) magna et copiosa, ut Venetiis et Florentiae et Anconae»: B. STRACCA, De mercatura (cfr. infra, nota 25), pars II, n.18. Sulla floridezza economico-commerciale di Ancona nel Cinquecento si sofferma la relazione di Marco Moroni, a cui rinvio.

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Il proposito dello Stracca, fors’anche rafforzato dalla conoscenza del manoscritto del Santerna su assicurazione e scommessa20, può essersi maggiormente concretizzato dopo l’edizione parigina del 1546 del trattato sui commerci e l’usura di Charles du Moulin, noto giurista francese di religione riformata, in buona parte favorevole al mutuo, un’edizione del quale fu fatta pure a Venezia nel 1550 per poi essere messa ben presto all’“Indice”21. Lo Stracca ha dedicato alla progettazione ed alla costruzione del volume un certo periodo di tempo, raggruppando via via il materiale raccolto22: la presentazione della materia era nuova e doveva inserirsi in modo adeguato nella scienza giuridica dell’epoca, l’organizzazione degli argomenti trattati necessitava di un minimo di organicità23, la delicatezza di certi problemi imponeva di trattarne senza incorrere in eventuali censure canoniche24. Benvenuto Stracca decise alla fine di suddividere il suo trattato in otto parti e di iniziare nella prima ad illustrare l’importanza della figura del mercante per spiegarne e giustificarne l’attività agli occhi del mondo e superare eventuali prevenzioni ormai un poco datate, in modo da anticipare anche possibili perplessità ecclesiastiche. Il libro è finalmente uscito per le stampe a Venezia nel 1553, cioè 560 anni fa, quando lo Stracca – ormai quarantaquattrenne – era nella sua piena maturità professionale e scientifica25. A metà Cinquecento la cultura umanistica si era diffusa molto in Europa: come noto, aveva indotto un importante filone di giuristi – i “culti”, radicati soprattutto in Francia o oltre le Alpi - a seguire metodi diversi di studio del diritto rispetto a quelli tradizionali della “scuola dei Commentatori”, che ancora nel Cinquecento aveva in Italia numerosi seguaci. Questi ultimi erano considerati i fautori del “mos italicus” di ascendenza bartolista, in contrapposizione all’umanistico “mos gallicus” transalpino. Lo Stracca dimostra nel suo trattato di essere a conoscenza dell’opera di parecchi giuristi culti26, in più di un’occasione dichiara ammirazione 20 - Si deve peraltro notare che il manoscritto sembrava allo Stracca da modificare se lo si voleva pubblicare, al punto che l’ipotesi di una sua curatela per la stampa non andò in porto. Inoltre egli non solo si espresse nello stesso De mercatura in modo critico verso la troppo semplicistica giustificazione del Santerna per la scommessa, ma impostò poi il suo successivo trattatello sull’assicurazione in modo completamente diverso, prendendo lo spunto dall’esegesi della polizza in uso ad Ancona. 21 - C. DU MOULIN, Tractatus commerciorum et usurarum, Parisiis 1546: rinvio in proposito a R. SAVELLI, Diritto romano e teologia riformata: Du Moulin di fronte al problema dell’interesse del denaro, in «Materiali per una storia della cultura giuridica», XXIII-2 (dicembre 1993), pp. 291-300 e da ultimo Censori e giuristi, Milano 2011, pp. 97-99, con l’indicazione della pubblicazione veneziana del trattato del 1550 negli ultimi tomi dei Tractatus giuridici editi dalla “Società della Corona”. Tutta l’opera del Molinaeus è stata peraltro ben presto messa nell’“Indice dei libri proibiti” e non poté formalmente circolare in Italia (ibidem, pp. 92-147). 22 - Quando il De mercatura è pubblicato, lo Stracca ha 44 anni: si può presumere che la redazione possa essere durata una decina d’anni. Di tale lavoro di raccolta, commento e coordinamento (sia materiale che scientifico) è rimasta traccia anche nella stesura definitiva, in cui si incontrano qua e là persistenti indizi di collegamenti con espressioni come “adde, collige, novissime” (ad esempio pars I, n. 46, 71 e 99; pars II, n. 47, 69, 100). Il Lattes ipotizza – con un probabile fondo di veridicità – che lo Stracca avesse redatto una raccolta personale per argomenti dei diversi problemi dello “ius mercatorum” e che da tale base sia partito per la redazione del trattato (A. LATTES, Lo Stracca… cit., p. 645). 23 - La redazione ed il coordinamento del materiale raccolto devono aver presentato indubbi problemi, che lo Stracca ha dimostrato di sapere in gran parte superare, anche se nell’opera restano ancora ripetizioni e riprese di trattazione. Queste hanno indotto il Donahue (cfr. supra, nota 3) a rimproverare allo Stracca una mancanza di sistematicità e di organicità, che merita invece di essere compresa, dato l’estremo particolarismo, che presentava la materia: se si tiene conto di ciò, si deve apprezzare l’impegno messo in proposito dallo Stracca, e nel complesso anche il risultato raggiunto. 24 - In più occasioni, già ed esempio nella prima parte dell’opera, si nota la preoccupazione dell’autore di non incorrere in censure per questioni di usura, ribadendo a più riprese la liceità dell’attività del mercante, i cui traffici si possono svolgere al di fuori delle discussioni sulle modalità di acquisizione del prestito ad interesse. In effetti, sembra che l’attenzione dello Stracca in proposito abbia avuto successo ed il libro non sia incorso in opposizioni censorie. 25 - Tractatus de mercatura seu mercatore, Venetiis, [Paulus Manutius], 1553. Per la descrizione della prima e delle successive edizioni rinvio a quanto riportano la parte finale della monografia di Filippo Franchi (cfr. supra, nota 1) ed al recente censimento della Fondazione Mansutti sulle pubblicazioni di storia dell’assicurazione (Quaderni di sicurtà. Documents on the History of Insurance, a cura di M. BONOMELLI, Milano 2011, pp. 300-306, nn. 404-412; l’edizione del 1553 è al n. 405). La ripartizione dell’edizione del 1553 è riportata da C. DONAHUE jr., Benevenuto Stracca…cit., pp. 115-116. Per la redazione di questo contributo mi sono servito della successiva edizione lionese del 1558 (apud haeredes Iacobi Iuntae) che unisce al trattato dello Stracca quello sull’assicurazione del Santerna ed altri minori.

26 - Il Lattes ricorda in proposito Lorenzo Valla e Catellano Cotta ( A.LATTES, Lo Stracca…cit., p. 633), ma si possono aggiungere ad esempio il Tiraqueau (pars I n. 14,45, 67, 85-86, 92) ed il Budé (pars I, n. 89 e 92).

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Frontespizio della prima edizione del De mercatura seu mercatore [desunto da FONDAZIONE MANSUTTI, Quaderni di sicurtà a cura di M. BONOMELLI, Milano 2011, n. 405]

per l’Alciato (che ne era stato il capostipite)27 ed afferma di possedere le annotazioni alle Pandette del Budé28, un’altra grande figura di questa nuova ‘scuola’ giuridica. Ha inoltre una certa facilità a riferirsi ad autori della classicità, come Cicerone o Platone, con cui decide anzi di iniziare – pour cause – il suo trattato. Ciò induce il Lattes a considerarlo in definitiva come un «giureconsulto appartenente veramente agli eruditi, non come uno molto legato ancora ai postglossatori, come giureconsulto imbevuto delle nuove idee almeno in parte, non come uno che si emancipi dagli scolastici per la forma soltanto, anche se non è uno dei più profondi e dei più illustri di quella 29 scuola» . In effetti, però, sin dall’Ottocento la storiografia giuridica non ha annoverato lo Stracca (come ha poi proposto il Lattes) fra gli appartenenti al filone dei giuristi ‘culti’, ma continua a considerarlo fra quelli del metodo tradizionale, per quanto fondatore del nuovo filone del diritto dei mercanti30. Come parecchi trattatisti italiani del Cinquecento, in specie se non ‘cattedratici’, Benvenuto Stracca ci tiene infatti ad esibire una buona cultura umanistica (con alcuni passi anche in greco) e vuole dimostrarsi informato delle novità maturate oltralpe sulla giurisprudenza culta (ma non mi pare ne ricordi il capofila Cuiacio); continua però in definitiva ad essere collegato, intellettualmente e metodologicamente, alla tradizione italiana di ascendenza bartolista. Se all’inizio del suo trattato ricorda in modo elogiativo l’Alciato, la dipendenza culturale è però per il «Baldus noster» (citato in tal modo sia all’inizio del trattato che in seguito)31, nonché 27 - Proprio all’inizio del trattato (pars I, n. 4) lo Stracca riporta la definizione di “mercante” data dall’Alciato, che considera (con uno dei pochi casi in cui si sbilancia in un giudizio deciso) «vetustarum legum non levis interpres», da cui parte lui stesso per la sua più ampia classificazione; nella sola pars I fa – ad esempio – riferimento all’Alciato nei paragrafi dei n. 24, 49, 50, 67, 85, 86, 91. 28 - A. LATTES, Lo Stracca… cit., p. 633. Due citazioni dell’opera si trovano, ad esempio, in pars I, n. 94 e in pars II, n. 29. 29 - A. LATTES, Lo Stracca… cit., p. 634. 30 - Oltre alla già citata recentissima ‘voce’ enciclopedica di Vito Piergiovanni (cfr. supra, nota 4), posso ricordare – fra gli altri – gli attuali manuali di storia giuridica più usati, come quelli di Adriano Cavanna, Italo Birocchi, Mario Ascheri, Antonio Padoa Schioppa. 31 - Significativo mi sembra l’aggettivo, a livello quasi affettivo (pars I, n. 1, ripetuto al n. 21 ed al n. 75).

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Frontespizio dell’edizione lionese del “De mercatura”, seguito dal “De assecurationibus” del Santerna, apud haeredes Iacobi Iuntae, 1558, usata per l’analisi svolta

per «Bartolus, Baldus et caeteri iuris interpretes» del “mos italicus”32. È infatti sulla dottrina e sulle opinioni di questi ultimi che procede all’inquadramento dello “ius mercatorum” nel sistema del diritto comune del suo tempo. L’obiettivo nel complesso è raggiunto: Benvenuto Stracca sarà il capofila nei secc. XVI-XVII della dottrina commercialistica anche oltre le Alpi. Se egli avesse voluto affidarsi alla più problematica – ma anche meno accessibile – impostazione del “mos gallicus”, probabilmente non sarebbe riuscito nel suo intento: l’adozione del già esperimentato e tradizionale “mos italicus” ha reso più semplice il suo non facile lavoro. Come dichiara il titolo, oggetto del trattato sono la “mercatura” ed il mercante che la esercita: l’autore vuole inserirne le regole particolari nel sistema giuridico del suo tempo, ma anche portarne definitivamente all’onor del mondo la validità della professione. Egli deve quindi precisare nei giusti confini cosa la mercatura sia, come si svolga, da cosa differisca e come non sia da esercitare: solo così lo Stracca pensa di illuminare l’opinione contemporanea – ed in primo luogo quella dei giuristi – sulla serietà della mercatura. A ciò è dedicata la pars prima del tractatus, che si rivela basilare per tutta la trattazione successiva, che avrebbe perso molto del suo rilievo se lo Stracca non fosse riuscito a spiegare e motivare in modo adeguato e convincente l’importanza e la legittimità della mercatura, delimitandone anche alquanto i confini per non correre il rischio di perplessità o dubbi riguardo alle zone marginali di attività. Riconosciuta grazie alla pars prima la bontà della mercatura, le altre partes possono spiegarne caratteristiche e svolgimento nel diritto del tempo. Per questo, quindi, sembra opportuno in quest’occasione esaminare soprattutto la prima parte del trattato. L’edizione del libro si apre con la dedica – lapidaria – al consiglio comunale di Ancona, a cui segue una dotta presentazione del noto umanista spagnolo Ambrogio Nicandro, trasferitosi prima a Firenze ed a Roma, poi ad Ancona, ove era stato maestro di Benvenuto ed aveva conservato con lui ottimi ed amichevoli rapporti33. Nei libri dell’epoca era frequente una presentazione autorevole: anche in questo non manca, (in caratteri editoriali più spaziosi rispetto 32 - pars I, n. 10: tra i numerosi richiamati, si possono ricordare ad esempio – oltre ad Accursio, comprensibilmente citato – Paolo di Castro «clarissimus vir» (pars I, n. 27), Angelo degli Ubaldi, Alberico da Rosate, Alessandro Tartagni, Aimone Cravetta, Carlo Ruini, Filippo Decio, Bartolomeo Socini, per limitarci ad alcuni riportati nella pars prima (ove al n. 14 ed al n. 90 – come già per Baldo – si ricorda «Alexander noster» con quel tono familiare, che lascia trasparire il filone culturale di appartenenza. Bartolo, a sua volta, è «lumen veritatis» ed egli ha «tanta autoritas», che lo Stracca prima di scostarsi da una sua opinione si sente in obbligo di motivare ampiamente (pars I, n. 71). 33 - F. FRANCHI, Benvenuto Stracca… cit., p. 21.

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Praefatio dello Stracca all’edizione lionese di Giacomo Giunta (1558) del De mercatura

a quelli successivi del trattato), così come non mancano gli elogi. Lo Stracca, d’altronde, era già da circa un decennio – dopo la morte del padre – “patrizio” anconitano e membro del consiglio generale del Comune, al quale nel maggio 1553 ha offerto e dedicato il libro con una sua orazione34. Una presentazione di prestigio quale quella scritta dal Nicandro era più che opportuna, sia nei confronti dell’ambiente cittadino sia verso l’esterno, per dare rilievo a questa ‘opera prima’ di un conosciuto avvocato anconitano, che si presentava ora ad un ben più vasto pubblico di auspicati lettori, in specie giuristi e mercanti di rilievo. La fama e le eleganti frasi umanistiche del Nicandro potevano essere utili, così come i sintetici ma incisivi suoi versi latini successivi. Di fronte a tale raffinato stile espositivo la successiva più modesta prosa dello Stracca, per quanto nelle prime pagine da lui curata al limite del possibile, non poteva però che rivelare i suoi limiti. I giuristi, d’altronde, non brillavano per una forma particolarmente curata dei loro scritti, che badavano piuttosto alla motivazione delle opinioni espresse con adeguati ragionamenti e dotte (ma spesso d’impaccio nella lettura) citazioni di fonti o di altri autori. Dopo la fine presentazione del Nicandro, c’è una paginetta di “praefatio” dello Stracca, in cui si può presumere ancora l’aiuto stilistico del Nicandro stesso. Il giurista annuncia la sua opera “De mercatura seu mercatore”, redatta prendendo spunto dalla dottrina giuridica esistente, esposta nel modo più accessibile per il lettore («quo dilucidius intelligi possit»). A tal fine egli ha suddiviso la materia in otto parti35, seguendo il consiglio di Accursio e di Cicerone (non a caso citati per la loro fama presso i giuristi ed i dotti), delle quali offre l’indicazione: 1) Definizione di mercante e mercatura; 2) Status del mercante; 3) Chi può esercitare la mercatura; 4) Oggetto della mercatura; 5) Contratti mercantili; 6) Diritto marittimo; 7) Fine dello status di mercante e fallimento; 8) Tribunali mercantili. In alcune successive edizioni, ad esempio in quella dei Tractatus universi iuris (di cui si dirà) tre o quattro di queste ultime “parti” sono state pubblicate come “trattati” a sé36, aumentando in tal modo la trattatistica attribuita all’ormai famoso Stracca per farne figurare in modo fittizio un maggior numero di opere, ma la sostanza è sempre la stessa ed unitario si può considerare il “De mercatura” iniziale37. 34 - Ibidem, p. 64: dai verbali del Consiglio editi dal Franchi risulta che tale cerimonia ufficiale si è svolta il 27 maggio. 35 - Alcune di tali “parti” sono ulteriormente suddivise in “particulae”. Il Lattes conta invece nove “parti” (cfr. infra, nota 99), a differenza del Franchi e della tradizione. La suddivisione in otto parti dell’edizione del 1553 è riportata da C. DONAHUE jr., Benvenuto Stracca…cit., pp. 115-116. 36 - Si tratta delle quattro parti finali, sui contratti mercantili, sul diritto marittimo, sul fallimento e sui tribunali mercantili. 37 - Lo Stracca stesso sembra peraltro un po’ ambiguo, quasi considerasse alcune di queste “parti” (in specie le ultime) come trattatelli a sé: ad esempio, riguardo al tractatus de nautis (già come tale designato nella pars VI) redige una breve premessa, in cui afferma di averlo redatto a richiesta di amici mercanti.

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Le ambizioni ‘di facciata’ umanistico-letterarie di Benvenuto Stracca hanno ancora modo di manifestarsi all’inizio della “pars prima”, perché i due primi autori citati sono due ‘classici’ come Cicerone e Platone, uno della cultura latina ed uno di quella greca. Ben presto però l’atmosfera cambia e sono ricordati sia passi del “corpus iuris civilis” sia il primo giurista medievale, quel «Baldus noster», che sarà uno dei ‘commentatori’ più citati nel trattato. Si giunge così al primo nodo centrale del discorso: «quid sit mercator evidentissime demonstrabimus»38. La problematica aveva aspetti sui quali la Chiesa – per la questione dell’usura e dell’a volte eccessiva sete di guadagno – manifestava perplessità e contrarietà: lo Stracca inizia allora a trattare della figura del mercante rifacendosi proprio alla tradizione canonica, citando come fonti a proprio sostegno il Decretum Gratiani ed alcuni canonisti39. Dopo aver ricordato la definizione di mercante data da un autorevole civilista come l’Alciato, espone subito – ad integrazione di questa – la sua, che via via verrà poi commentando: «Mercator est, qui negotiationis, seu negotiationum exercendarum, quaestusque liciti faciendi causa, frequenter merces permutat, seu emit, ut easdem non minutatim, nec mutata per se forma distrahat»40.

Enunciata una definizione generale, si tratta infatti di esaminarne le caratteristiche ed il contenuto, affrontando anche diverse questioni specifiche, per vedere in che modo siano da considerare rispetto alla definizione. Tale impostazione sembra concepita in modo corretto dallo Stracca; ad essa non corrisponde però sempre una conseguente linearità espositiva. Egli si lascia infatti trasportare in più punti da un’eccessiva casistica, che non riesce a disporre organicamente, in modo da far emergere gli elementi essenziali della trattazione e da mettere in rilevo in specie questi ultimi rispetto alle questioni secondarie o incidentali. Tale commistione espositiva può quindi dare al lettore un senso di disorganicità, che è già stata notata dal Lattes41 e che è stata poi rimproverata dal Donahue42 allo Stracca: a sua scusante, si può notare che il materiale raccolto era organizzato per la prima volta in una trattazione unitaria e che l’aspirazione dell’autore a scendere in alcuni particolari oppure a ritornare su argomenti collaterali può aver nociuto ad una migliore organicità dell’opera, e soprattutto all’emersione dei punti essenziali o qualificanti, nonostante i buoni propositi da cui egli partiva43. Il mercante, dunque, deve esercitare la sua attività di scambio di merci «frequenter», in effetti pressoché abitualmente: si tratta – in altre parole – di una professione44, per la quale esiste per lo più un albo professionale volgarmente detto «matricula mercatorum»45, in cui ognuno viene iscritto dopo un adeguato controllo, in modo che «mercaturae officium exerceat, ut immunitatibus gaudeat»46 in armonia con quanto riconosce la dottrina giuridica tra38 - pars I, n. 1, in fine (daremo la dimostrazione in modo molto evidente su che cosa sia ‘mercante’). 39 - pars I, n. 4, inizio. 40 - pars I, n. 4 (la definizione è edita tutta in maiuscoletto nel 1558): mercante è colui che con frequenza scambia merci al fine di negoziarle con conseguente (= procedere alla negoziazione e di conseguirne) lucro lecito, oppure le compra per rivenderle in blocco (= non singolarmente) senza procedere alla trasformazione (= senza mutarne la forma). 41 - A. LATTES, Lo Stracca… cit., p. 628. 42 - C. DONAHUE Jr., Benvenuto… cit., pp. 78-88, 106-111. 43 - Si può inoltre notare che parte di questo spezzettamento in questioni particolari, con la conseguenza di una minore linearità nella percezione dei punti nodali dell’opera, può derivare anche dalle vicende editoriali del trattato: alla prima edizione veneziana del 1553 lo Stracca ha aggiunto note e glosse, di cui si è giovata la successiva edizione, sempre veneziana, del 1556. Esse possono essere rifluite poi nel testo, in modo da accentuare nel lettore la sensazione di frammentarietà. Gli “adde”, i “novissime”, ad esempio, non mancano dentro il testo dell’edizione lionese del 1558 da me consultata, anche solo nelle due prime “parti” del trattato. 44 - pars I, n. 9: non è mercante chi «semel merces emit ut venderet» (n. 6): necessita l’abitualità. 45 - Lo Stracca riporta in sintesi la situazione italiana, ove ogni corporazione controllava l’accesso all’ “arte” e registrava nella sua “matricola” – previo giuramento (pars I, n. 11) – chi ne era stato ammesso. Egli ne parla come di cosa ovvia, inserisce tale procedimento nei riconoscimenti venuti dalla dottrina giuridica (in specie da Bartolo), con alcune digressioni su casi particolari. 46 - pars I, nn. 9-10. Come noto, i mercanti godevano di privilegi generali in materia di esercizio della loro attività e di frequenti regole specifiche previste per ciò dai singoli statuti comunali, su alcuni dei cui casi l’autore si sofferma (nn. 10-15).

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dizionale47. Il mercante procede allo scambio di partite di merci, perché non rientra nella sua attività il commercio al minuto («minutatim»), a cui provvedono invece il bottegaio o il venditore al dettaglio: il mercante non segue infatti quest’ultima fase delle contrattazioni (anche se può esserci qualche specifica eccezione), ma tratta di merci all’ “in grosso”. Egli inoltre le commercia senza provvedere alla loro trasformazione in altro genere di prodotto («nec mutata per se forma») perché altrimenti dovrebbe essere considerato imprenditore o artigiano («artifex»)48. Proprio nella zona di Ancona lo Stracca conosce due casi esemplificativi. Il primo riguarda mercanti che con lavoro anche esterno risistemano la merce per inviarla all’estero: se ciò avviene («non mutata per se forma»), essi sono a tutti gli effetti da considerare mercanti, perché l’essenza di tutta l’operazione sta nel trasferire altrove una merce, che resta praticamente la stessa, o almeno dello stesso genere49. Una situazione opposta è quella di coloro che comprano essenze o materia grezza «trans mare», con cui producono e confezionano presso di sé con propri strumenti un altro bene («etiam domi pharmaca conficiunt, officinisque assident») che poi mettono in commercio. In tal caso l’attività prevalente è quella di trasformazione e quindi – sulla base anche delle opinioni di Alciato e di Bartolo – lo Stracca reputa costoro «mercatores non esse», dato che «qui pharmaca conficit et officinis assidet, dicitur artifex»50. Il mercator è un negotiator (= negoziante, oppure anche commerciante), ma esistono parecchi tipi di negotiatores che non sono da considerare mercatores, dato che mancano di qualcuno dei requisiti indicati dallo Stracca51. I termini negotiator e negotiatio si riferiscono infatti ad una relatà più ampia di quella a cui fanno riferimento mercator e mercatura52. Non può, ad esempio, essere considerato mercante chi affitta le terre per venderne i prodotti, ma negotiator53, e ciò vale pure per i banchieri e i prestatori di denaro54 o per i locatori di cavalli55. Nel linguaggio abituale questa distinzione non è però molto sentita né così precisa: può avvenire infatti che – in modo approssimativo – i due termini siano percepiti ed usati nel linguaggio comune come sinonimi. La differenziazione giuridica non è quindi entrata a fondo nella mentalità del tempo56, ma non può essere ignorata dal punto di vista del diritto, in specie per quel mercante – da differenziare dal semplice negotiator – che ha prestato giuramento di rispettare le regole della sua “arte” e vi risulta iscritto nella matricola57. A volte però è proprio il testo dello statuto comunale («lex municipalis») che utilizza questo linguaggio approssimativo ed usuale: in tal caso il giurista deve interpretarne la disciplina con quel significato che gli ha attribuito 47 - pars I, n. 10: «ex his quae Bartolus, Baldus et caeteri iuris interpretes scribunt». In tal modo incidentalmente la dottrina giuridica tradizionale viene richiamata ad attestazione del riconoscimento da parte dello “ius commune” contemporaneo degli usi e della pratica mercantile riguardo al controllo dalle corporazioni (e dei singoli statuti comunali) sull’ammissione alla «matricula» e sulle successive conseguenze, per lo più in mano alle consuetudini ad agli statuti delle “arti”. 48 - pars I, n. 23. 49 - pars I, n. 26: lo Stracca dice che ciò «non semel vidi in patria mea» ed afferma che si deve «mercatores censeri», perché in tal caso «mercatoris officium in artificium non transit». 50 - pars I, n. 49-50. La conclusione sembra semplice, ma il ragionamento giuridico grazie al quale lo Stracca vi è giunto è stato più complesso (coinvolgendo anche il n. 51 e la valutazione di attività – o bene – principale o prevalente, su cui la dottrina si era più volte cimentata). 51 - pars I, n. 5: lo Stracca inizia ad occuparsi in questo punto della distinzione – terminologica e sostanziale –fra negotiatio e mercatura, per ritornarvi ancora più volte, sia nella pars prima che nella pars secunda del suo trattato. 52 - Benvenuto Stracca richiama in proposito quanto ha fatto notare già Signorolo degli Omodei, «singularis memoriae vir» secondo l’opinione di Baldo, e cioè che «verbum negotiari et negotiatoris generalius esse verbo mercari seu mercatoris», con la conseguenza che «nomen mercatoris sit angustius»: egli aderisce a tale opinione con convinzione (ibidem, n. 5). 53 - pars I, n. 48. 54 - pars I, n. 43. 55 - pars I, nn. 38-39. 56 - pars I, n. 12. 57 - pars I, n. 11.

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lo statuto58, e così pure deve comportarsi verso quelle altre disposizioni espresse «hoc communi usu loquendi», per quanto impreciso59. Il giurista deve infatti seguire la vita del tempo, in specie in materia mercantile. Nella definizione di mercator esposta da Benvenuto Stracca c’è infine un punto cruciale per la considerazione che la società del suo tempo fa del mercante: quest’ultimo rischia di continuare ad essere malvisto e criticato per un’eccessiva sete di guadagno, e lo Stracca proprio su tale aspetto concentra la parte essenziale della sua attenzione, anche dal punto di vista giuridico, oltre che della mentalità contemporanea. Il vero mercante mira ad un guadagno che dev’essere lecito e ragionevole, oltre non va: lo Stracca nella sua definizione parla di «quaestus liciti faciendi causa». L’intraprendente – ed in parte rischiosa – attività del mercante dev’essere premiata, ma nei limiti del giusto e del ragionevole secondo i parametri di valutazione dell’epoca. Anche la dottrina giuridica, accortamente raccolta dall’avvocato e patrizio anconitano, appare indirizzata in questa direzione: gli eccessi non sono ammessi neppure da essa, per cui in tali casi non si può parlare di mercanti nel senso vero e proprio del termine60. L’opinione dei contemporanei deve quindi guardare al mercante, ai suoi traffici ed al diritto particolare che li regola senza prevenzioni, con la pacatezza di una valutazione non sfavorevole ad un suo lecito e ragionevole guadagno, svolto con un’attività corretta e nello stesso tempo compartecipe del benessere economico. Nel complesso ciò sembrava avvenire nella vita anconitana cinquecentesca61, ma si poteva sperare che avvenisse ovunque, secondo certe aspirazioni universali della presentazione iniziale del De mercatura. Circa la questione – essenziale – dell’entità del guadagno, al fine di presentare il mercante da una buona prospettiva, lo Stracca fa presente che questo ha un obiettivo limitato: «ubi quis ad lucrum intendit in mercando, non quidem ut finem ultimum sui laboris, sed tamquam ad finem necessarium ad sui et suae familiae sustentationem, aut saltem tamquam honestum etsi non semper simpliciter necessarium»62.

e perciò non aspira ad una ricchezza favolosa, ma solo ad un tenore di vita buono, possibilmente superiore alla media. Questa è l’ambizione di un buon mercante: non sono invece mercanti, ma «negotiatores vero illi abominabiles existimantur, qui iustitiam Dei minime considerantes, per immoderatum pecuniae ambitum polluunt merces suas plus periuriis onerando quam pretiis»63.

Il vero mercante aspira quindi ad un guadagno lecito e ragionevole, non può pertanto essere implicato in traffici usurari64. Su ciò lo Stracca è ben fermo, sostenuto dalle opinioni autorevoli di Angelo degli Ubaldi, di Paolo di Castro «clarissimi viri», di Giason del Maino, di Alberico da Rosate, di Baldo: «appellatione mercatorum foeneratores non venire»65. Si trattava di un argomento discusso da secoli, dato che in vari modi i mercanti ne erano accusati o almeno sospettati: nel Cinquecento la mentalità era già molto meno chiusa verso il mutuo almeno 58 - pars I, n. 13. 59 - pars I, n. 14. 60 - Lo Stracca non affronta, peraltro, il problema della cancellazione di tali ‘cattivi’ mercanti dalla matricola della corporazione, in modo che non possano più esercitare la mercatura. Il suo discorso, quindi, difende l’immagine del ‘buon’ mercante, ma non sino al punto da prevedere una difesa dal ‘cattivo’, che potrebbe proprio per i suoi metodi o i suoi appetiti essere sleale nel rispetto della correttezza delle contrattazioni e nel rispetto dei princìpi della concorrenza. 61 - Per un quadro generale rinvio alla relazione di Marco Moroni di questa stessa giornata. 62 - pars I, n. 29 (quando qualcuno aspira ad avere un lucro commerciando, peraltro non come fine ultimo del suo lavoro, ma come fine necessario per mantenere sé e la sua famiglia, o comunque onesto anche se non sempre semplicemente necessario). 63 - Ibidem, (sono da considerare commercianti [e non “mercanti” quindi] deplorevoli quelli che, non considerando affatto la giustizia divina, per una smodata aspirazione di denaro imbrattano le loro merci gravandole più di spergiuri che di prezzi). 64 - pars I, n. 27. 65 - Ibidem, (nella denominazione di mercanti non rientrano gli usurai).

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nell’ambiente mercantile, ove poteva sembrare ragionevole un tasso d’interesse da pagare per un’operazione vantaggiosa, mentre continuava ad essere malvisto quello verso l’indigente, in difficoltà a sobbarcarselo. Benvenuto Stracca non vuole però entrare in tali distinzioni: considera illecito qualunque mutuo in campo mercantile, per eliminare comunque, sin dalla radice, il sospetto di usura per la mercatura. Egli ritorna consapevolmente sull’argomento, conoscendone l’importanza per una certa ‘immagine’ positiva del mercante e della sua attività66. In effetti, lo Stracca riconosce, secondo questa prospettiva, che «enim sciendum est mercaturam aliam licitam et aliam illicitam seu iniustam esse»67

e si sofferma su parecchie situazioni, in cui deve ammettere un comportamento usurario (nella valutazione dei suoi tempi) da parte del mercante68. Pur riconoscendo «multos se usurarios esse, licet nomine non vocentur», conclude però con una propria vibrata esortazione ai mercanti, fiducioso che essi sapranno esercitare in modo lecito e corretto la mercatura, astenendosi da contratti illeciti, tra cui soprattutto quelli usurari. «Nos etiam cum et admonere et obiurgare complures mercatores, ut ab huiusmodi illicitis contractibus se abstineant, non defuerimus, reprimendae improbitatis hoc genus hominum»69

La condanna del mercante usuraio da parte dello Stracca è decisa, supportata anche da numerose citazioni dottrinarie, comprovanti l’impegno dell’autore ad escludere dalla qualifica di mercante chi pratica l’usura. Ciò non modifica però la situazione esistente, ammessa dallo stesso giurista anconitano: egli si esprime con durezza in proposito sul piano morale, riporta le opinioni di giuristi e teologi a favore delle sole attività mercantili lecite, ma non riesce – naturalmente – a colpire con l’esclusione dalla ‘matricola’ il mercante colpevole, se non vi provvede la corporazione, che – altrettanto naturalmente –tende ad astenersene. Il giudizio morale dello Stracca è duro e preciso, ma resta peraltro sulla carta: «porro abominabilis est mercator, qui usuras exercet: quia usurarum pravitas non cadit in bonum virum, cum sit turpis quaestus»70.

Il mercante, in definitiva, per lo Stracca non è né un banchiere né un usuraio, anche se sta attento al guadagno: si astenga quindi da tali contratti per il buon nome suo e della stessa mercatura71. Tale mercante è però da considerare a pieno titolo dotato di un suo dignitoso ed onorevole lavoro da parte della società del tempo: è per lui, e per l’analisi – giuridica – della sua lecita ed apprezzabile72 attività, che Benvenuto Stracca ha speso tempo ed impegno per elaborare il De mercatura. Nella prima parte dell’opera egli ha voluto precisare le caratteristiche della figura del mercante ed i limiti oltre i quali non deve andare. Al termine di tale parte illustra alcune questioni terminologiche, che utilizza anche per ribadire qualche punto-chiave già esposto, ispirandosi fors’anche alla metodologia consigliata nella scuola del “commento” di sintetizzare – in conclusione della trattazione di un argomento – i concetti essenziali, al fine di favorirne la fissazione nella memoria del lettore. 66 - Con una pluralità di sfumature lo Stracca resta sempre in argomento dal n. 27 al n. 43, quindi piuttosto a lungo nella parte prima. 67 - pars I, n. 28 (si deve infatti sapere che c’è una mercatura lecita ed un’altra illecita o ingiusta). 68 - Si tratta delle diverse situazioni esposte nei nn. 30-35, riguardanti anche «complures, qui in patria mea se mercatores profitentur» (n. 34: numerosi, che nella mia patria si professano mercanti). 69 - pars I, n. 34 in fine. 70 - pars I, n. 36 (d’altra parte è abominevole il mercante, che applica l’usura, poiché la malvagità delle usure non si attaglia ad una persona onesta, dato che il guadagno è disonesto). 71 - pars I, nn. 27, 30, 33, 34, 36, 40, 43.

72 - Alla valutazione positiva della figura del mercante è dedicata una serie consistente di paragrafi della pars secunda.

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“Mercante” e “mercatura” derivano da “merce” 73, non da “mercari” o “mercato” 74, perché il centro dell’attività del mercante sta nella compravendita di partite di merci, ribadendo quanto «una cum Alexandro dixerim ubi supra ementes et vendentes res, quae mercium appellatione non continentur, mercatores non esse»75.

Egli pertanto riprende quanto ha già detto circa il mercante, questa volta girando il discorso sulla mercatura (con una certa ampiezza di considerazioni e citazioni) e conclude con una definizione analoga, rinviando per le motivazioni a quanto già detto sul mercator: «mercatura est officium, quod ratione quaestus liciti exercetur in permutandis emendisque frequenter mercibus, illis quoque non mutata per se forma, nec minutatis distrahendis»76.

Sembra quindi opportuno all’autore riprendere in parte il discorso su cosa sia la merce nelle diverse accezioni del termine e nei vari contesti, sia nella disciplina municipale sia negli usi mercantili77, dato che le «consuetudines mercatorum precipue inter ipsos mercatores spectandae sint»78. Un termine un po’ fluttuante è da considerare invece quello di mercato79, a cui proprio per ciò è meglio non fare riferimento nell’identificazione della qualità di “mercante”, mentre più sicuro è quello di “merce”, da cui deriva mercatura, intesa come attività di scambio delle merci80. Anche il termine “commercio” presenta accezioni diverse e non si presta quindi a vero punto di riferimento, sebbene abbia un suo rilievo81. L’impostazione essenziale della pars prima del trattato termina in pratica con queste nozioni riassuntive della definizione di mercator e di mercatura, anche se intercalate con riflessioni su aspetti o termini specifici82, che fanno perdere un po’ il senso della linearità del discorso: quest’ultimo – se si provvede all’esame del trattato con una certa attenzione e con il costante ricordo del suo inquadramento generale – si rivela meno disorganico di quanto a tutta prima potesse apparire83. La pars secunda del trattato esamina la condizione del mercante, che si presenta con le sue difficoltà84, ma che si rivela comunque utile nelle città in cui opera85; i mercanti stranieri ed ebrei incontrano inoltre un ambiente non sempre favorevole86, mentre i rapporti commerciali con i “Saraceni” sono considerati possibili, salvo che in periodi di guerra87. Il mercante è comunque sempre tenuto alla bona fides nel suo lavoro88 ed in questa prospettiva deve tenere dei libri con73 - pars I, n. 73-74. 74 - pars I, n. 90-91. 75 - pars I, n. 73, in fine (coloro che comprano e vendono cose che non sono configurabili come merce non sono mercanti). 76 - pars I, n. 74 (la mercatura è un impegno, che è esercitato al fine di un guadagno lecito scambiando e comprando con frequenza delle merci, non mutandone però la forma né separandole a poco a poco). 77 - pars I, nn. 75-78. 78 - pars I, n. 77. 79 - pars I, nn. 90-91. 80 - pars I, n. 89. 81 - pars I, n. 94. 82 - Per non parlare che degli ultimi paragrafi, ad esempio, sono inserite questioni sulla comprensione o meno di denaro o gioielli nella “merce” intesa come “beni mobili” in caso di legato (argomento di per sé estraneo alla mercatura, se non per legati testamentari di mercanti) oppure la precisazione di termini come “promercale” (= bene da vendere) o “mercimonio”. Nelle edizioni successive alla prima si chiude inoltre palesemente con due aggiunte, fors’anche attribuibili alo stesso Stracca (nn. 9899), certo non coordinate. 83 - Il filo del discorso inoltre – e non solo alla fine della pars prima – è più volte interrotto nelle edizioni successive alla prima dalle già ricordate note o aggiunte dello Stracca, apprezzabili nel suo desiderio di fornire qualche altro utile elemento (peraltro spesso di pura erudizione), ma per lo più poco coordinato col resto nel testo a stampa. 84 - pars II, nn. 4-6. 85 - pars II, n. 16. 86 - pars II, nn. 33-38, 46, 50. 87 - pars II, nn. 40-48. 88 - pars II, n. 10.

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tabili89, della cui rilevanza – anche probatoria – lo Stracca tratta ed offre quindi indicazioni giuridiche attese sull’argomento90, così come sull’uso del marchio91. Nella pars tertia egli prende in considerazione le persone abilitate alla mercatura e ne esclude – come d’uso – i nobili e gli ecclesiastici. Le prime tre parti del trattato sono quindi destinate alla problematica delle personae collegabili con la mercatura. Le due parti successive sono dedicate invece alle res su cui si esercita la mercatura: i beni oggetto di scambio (parte quarta) ed i contratti in base ai quali ciò avviene (parte quinta). Lo Stracca esamina il problema dei beni da un punto di vista negativo, prendendo cioè in considerazione quelli non commerciali sul piano giuridico. Quanto ai contratti, ne tratta riferendosi all’inizio a questioni generali, per passare poi specificamente al mandato, all’ipoteca ed alla scommessa92, riguardo alla quale è parecchio meno permissivo del Santerna e vede una precisa differenza rispetto all’assicurazione93, che per il momento non esamina nel dettaglio ma preannuncia di considerare in seguito a parte94, come farà nel De assecurationibus edito poi nel 156995. In effetti anche questa quinta parte sui contratti mercantili avrebbe potuto essere più ampia, pure qualitativamente, non trattando a fondo né del “cambio”, né della società, né – per ora – dell’assicurazione, contratti molto diffusi tra i mercanti: il timore di incappare in proposito nella problematica dell’usura e di rendere meno credibile presso i contemporanei la mercatura può aver indotto lo Stracca a trascurarli, ma si è trattato di un silenzio un po’ ‘strano’ per un libro sull’attività mercantile96. Lo Stracca stesso pare attribuire ad ognuna delle ultime tre parti del Tractatus de mercatura – all’inizio di ciascuna – la denominazione specifica di “tractatus”, favorendone così anche un’autonoma successiva pubblicazione come trattatello a sé in alcune edizioni seguenti, ad esempio quella dei T.U.I.97 Si tratta in effetti di tre parti con una propria individualità di materia: la sesta riguarda il diritto marittimo (di cui si occupa in questa sede la specifica relazione di Vito Piergiovanni98), la settima si riferisce al fallimento99, l’ottava alla giustizia mercantile100, che aveva un suo particolare ordinamento (con proprie regole anche locali) e si affiancava a quella ordinaria, ma per i mercanti – essendo un foro “particolare” – aveva un’indubbia importanza. Lo Stracca ha cercato di inserire nel suo trattato tutte quelle osservazioni che «olim a iureconsultis facta fuerunt sparsa […] et variis mixta voluminibus», come faceva notare il Nicandro nella presentazione del libro. La difficoltà è stata quella di coordinare per argomenti 89 - pars II, nn. 51-52. 90 - pars II, nn. 53-70. Sul valore probatorio di tali libri lo Stracca non si sbilancia molto (M. FORTUNATI, Scrittura e prova, Roma 1996, pp. 44 e 107). 91 - pars II, nn. 71-101. 92 - In proposito entro il testo del De mercatura lo Stracca intitola l’argomento come «sponsionum tractatus», portando al dubbio che lui stesso pensi ad un trattatello a sé. 93 - G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali ed editoriali…cit., p. 126. 94 - Lo Stracca si sofferma però sin dal De mercatura sulla netta diversità (a differenza del Santerna) fra scommessa ed assicurazione: quanto a quest’ultima, ormai contratto usuale fra mercanti, egli preannuncia che «si plus otii aliquando nacti erimus, latius scribemus» (pars V, de assec. n. 1). 95 - Su tale trattato, cfr. da ultimo V. PIERGIOVANNI, I fondamenti scientifici…cit., pp. 110-114. 96 - G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali ed editoriali…cit., pp. 124 e 126; lo aveva pure già notato A. LATTES, Lo Stracca…cit., p. 638. 97 - cfr. infra, note 107-111. 98 - Ad essa faccio naturalmente rinvio. 99 - Ne ricorda alcuni aspetti salienti A. LATTES, Lo Stracca…cit., pp. 636-637. Lo stesso autore (ibidem, p. 635) considera come «pars VIII» quella sul fallimento che usualmente è la «pars VII» perché conta come parte settima una trattazione di soli tre paragrafi sulla cessazione della qualità di mercante, che invece è per lo più unita alla problematica fallimentare come sua premessa, sempre nella «pars VII», come indica d’altronde anche la «praefatio» dello Stracca (cfr. supra, nota 35). 100 - Quest’ultima è abbastanza estesa nei suoi sei titoli: statuti mercantili, giudici e consoli, libelli, eccezioni, prove, consigli finali ai giudici mercantili.

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tali diverse e sparse opinioni, di trovare soluzioni ragionevoli alle varie questioni emerse inserendole entro la coeva dottrina del diritto comune, di fornirne un’esposizione coordinata, pur nel necessitato esame casistico delle regole particolari dei mercanti. Per raggiungere questo risultato Benvenuto Stracca ha seguito la consueta tripartizione di origine romana (ma considerata ancora con favore dalla dottrina del diritto comune) di suddividere la materia a seconda che riguardasse personae, res, actiones. Alle persone sono dedicate le prime tre parti, alle cose le successive tre, agli aspetti processuali le ultime due. La tripartizione tradizionale entro cui l’avvocato anconitano ha organizzato la materia può apparire fors’anche troppo scolastica e modesta per un settore del tutto nuovo, che vi è stato un po’ compresso, come può lasciar intendere la maggiore ‘autenticità’ delle ultime tre parti rispondenti più da vicino alle particolarità ed alla vivacità dell’ambiente mercantile101; i silenzi o alcune ambiguità in determinati argomenti, da cui si temesse che venissero ai mercanti sospetti di usura, possono far trapelare un’eccessiva timidezza dello Stracca nel presentare un settore del tutto nuovo per l’ambiente giuridico102; la sistematicità di tutta l’opera può essere inficiata da un’eccessiva esposizione casistica o da un minuto interesse per aspetti particolari o digressioni, che rischiano di far sfuggire il prospetto generale del trattato103. Tali osservazioni hanno un indubbio fondo di verità, ma pretendono troppo dall’ ‘opera prima’ di un abile e documentato avvocato anconitano, che per la prima volta si cimentava nel presentare alla dottrina giuridica cinquecentesca un ambiente ed una mentalità sino ad allora da questa trascurati. Nel rivolgersi ai giuristi era logico e consigliabile adottare – non solo per propria comodità – i loro schemi mentali tradizionali, come la tripartizione istituzionale gaiana; la ‘prudenza’ nell’esame di materie ricollegabili a traffici usurari era comprensibile in un autore che aspirava a presentare in buona luce i mercanti e che – dopo il successo del suo trattato – indicherà una strada, che altri in seguito potranno più facilmente percorrere; il particolarismo casistico connesso con lo “ius proprium” dei mercanti rivelava un’attrazione troppo forte – specie per un avvocato, abituato alle singole cause – per essere sempre padroneggiato dalla maestria metodologica di un trattatista alla sua prima opera. Il De mercatura, pur con qualcuno dei limiti testé indicati, ha comunque indubbi pregi. Apre alla scienza giuridica la riflessione su un settore della vita contemporanea di particolare rilievo, come quello delle regole alla base degli affari dei mercanti: inaugura così la serie sempre più imponente dei trattati, che si diranno col tempo di diritto commerciale. Per converso, viene ad esaminare dalla prospettiva del giurista ‘dotto’ un campo in precedenza fuori dalla sua indagine, come quello dei traffici – e dei contratti – mercantili, a cui applica le categorie consolidate ed il ragionamento dell’esperto di diritto. Lo Stracca porta lo “ius commune” del suo tempo ad occuparsi degli usi e delle contrattazioni fra mercanti, ammettendo per queste ultime la base della buona fede ed i patti nudi, ma pure il principio di un’aequitas valutata non secondo l’arbitrium boni viri del mercante ma secondo i parametri della scienza giuridica. Il suo trattato si rivolge ai giuristi, per stimolarne l’attenzione ad un settore importante della vita contemporanea, ma pure ai mercanti di buona cultura, per avvicinarli alle asperità del ragionamento giuridico ed alle sue conclusioni. Non giunge agli “apices iuris”, ma si preoccupa di inseguire prospettive giuridicamente corrette per 101 - C. DONAHUE jr., Benvenuto Stracca…cit., pp. 78-88. 102 - G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali ed editoriali…cit., p. 124-125. 103 - Già ne aveva accennato A. LATTES, Lo Stracca…cit., pp. 78-84, 106-111.

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un ambiente operativo, come quello dei mercanti. Il suo collegamento fra questi due mondi – con mentalità, tipi ed abitudini di vita, modalità di ragionamento e di comportamento profondamente diversi – avrà successo: il De mercatura segna una tappa importante sia per il diritto sia per la mercatura. La fortuna delle sue numerose edizioni attesta l’acquisto o l’utilizzazione del libro da parte sia di giuristi che di mercanti. Il successo del trattato ha indotto in seguito Benvenuto Stracca ad integrarne il testo con altre opere specifiche su aspetti particolari del diritto dei mercanti, che solo in parte aveva esaminato nel De mercatura, secondo un progetto maturato già durante la stesura dell’opera principale. Ne sono derivati tre tractatus più ridotti, quello De proxenetis, edito nel 1558, riguardante l’attività dei sensali, quello De adiecto sulle aggiunte al contratto, edito nel 1569 con il De assecurationibus, basato sul commento esegetico di un’usuale polizza assicurativa anconitana, ma più completo e maturo dell’omonimo trattato composto dal Santerna più di mezzo secolo prima. In tal modo l’avvocato anconitano offriva ai lettori ed al mercato librario tre ulteriori contributi di approfondimento del De mercatura e del diritto dei mercanti104. La destinazione del De mercatura alla consultazione anche dei mercanti è attestata non solo dalla fortuna delle edizioni, effettuate con ripetitiva rapidità per circa un secolo105, ma anche dal loro formato: non la poderosa mole dei volumi “in folio”, usuali negli studi dei giuristi con grandi tavoli come scrittoio ed alti scaffali alle pareti, ma in un piccolo formato maneggevole e trasportabile per la consultazione in qualsiasi ambiente e circostanza. È un dato di fatto forse banale, ma meritevole di una certa ponderata valutazione. La destinazione dell’opera ad un pubblico anche diverso da quello dei giuristi ne ha naturalmente favorito il mercato (e quindi le edizioni)106, anche perché i mercanti di un certo livello, attenti ai libri riguardanti la loro attività, non erano pochi, come lascia trasparire una certa editoria economico-finanziaria e contabile cinquecentesca. Ciò non ha però impedito che nel tomo VI (dedicato ai contratti leciti) della grande edizione veneziana (1584)107 degli enciclopedici Tractatus Universi Iuris (T.U.I.) di Francesco Ziletti, posta sotto la protezione di papa Gregorio XIII108, apparisse nella prima delle due parti (contenente i contratti, non solo di diritto civile ma anche mercantili) il De mercatura dello Stracca109, smembrato però in modo tale che le sue ultime parti vi appaiono come trattati a sé110, e fra questi il De nautis, di cui tratta specificamente in questa sede Vito Piergiovanni111. Le prime grandi iniziative editoriali di trattati giuridici risalivano alla prima metà del Cinquecento: non prendevano in considerazione alcun trattato sul diritto mer104 - In seguito lo Stracca si è cimentato anche in campo prettamente civilistico con le Adnotationes in Responsa Cravettae, opera edita postuma nel 1580, senza connessione col diritto dei mercanti. 105 - Rinvio in proposito alla descrizione di F. FRANCHI, Benvenuto…cit., pp. 130-146 e di Quaderni di sicurtà cit., pp. 300306 (n. 404-412). 106 - Il trattato dello Stracca, sin dalla prima edizione in piccolo formato, è stato spesso accoppiato nelle edizioni del tempo ad altre opere di argomento mercantile, come il De assecurationibus del giurista portoghese Santerna e il trattatello moralista del teologo domenicano tedesco Nider. 107 - G. COLLI, Per una bibliografia dei trattati giuridici pubblicati nel XVI secolo. Indici dei Tractatus Universi Iuris, Milano 1994, pp. XI-XVI, 49-56. 108 - Di Ugo Boncompagni, divenuto poi papa Gregorio XIII, Benvenuto Stracca era stato allievo all’Università di Bologna: i buoni rapporti rimasti faranno sì che lo Stracca gli dedichi poi l’ultima sua opera, le Adnotationes in Responsa Cravettae, edita postuma a Venezia nel 1580. 109 - Per ulteriori indicazioni, eccessive in questa sede, rinvio a G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali...cit., pp. 125-129. 110 - Ibidem, p. 128, nota 87. 111 - Rinvio pertanto a quanto egli fa notare in proposito.

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Frontespizio del tomo VI, pars prima dei Tractatus Universi Iuris

cantile, perché non ne esistevano praticamente ancora112. Punto di svolta per l’interesse, anche del mercato del libro giuridico, verso la trattatistica mercantilistica è proprio il De mercatura dello Stracca: in un ventennio il rilievo della materia è tale, che una sezione consistente della prima parte del tomo sesto (sui pacta licita) del T.U.I. dello Ziletti è dedicata anche ai contratti mercantili. Dopo tre secoli di silenzio l’ambiente giuridico ha scoperto d’ un colpo l’importanza del diritto mercantile grazie al trattato dell’avvocato anconitano: quasi a voler riparare alla passata trascuratezza, una grossa sezione della prima delle due “parti” de tomo VI dei classici T.U.I. dedicato ai contratti leciti è destinato a quelli che in senso lato possono riguardare i temi mercantili. Questi ultimi si trovano quindi, nella considerazione del curatore del volume, sullo stesso piano degli usuali trattati di diritto civile: sono superate ormai del tutto le remore passate sull’opportunità – e liceità – dei contratti dei mercanti, al punto che sono inseriti nei pacta leciti. L’argomentata presentazione della mercatura come attività credibile effettuata dallo Stracca ha lasciato quindi il segno. In questa “parte” del tomo sui contratti “leciti” accanto ad autori prestigiosi come Baldo, Caccialupi o Duareno si trovano così Santerna e Stracca, mentre i trattati sull’assicurazione o sui sensali seguono quelli sui contratti di stretto diritto civile. Il De mercatura ha aperto una nuova prospettiva al mondo giuridico: non è di per sé poco, anche al di fuori della valutazione sostanziale del suo valore intrinseco. L’edizione del De mercatura di Benvenuto Stracca nel tomo VI dei Tractatus Universi Iuris è una consacrazione del suo rilievo per l’ambiente giuridico. Lo stesso sminuzzamento dell’ultima parte del trattato in più trattatelli specifici, unito alla pubblicazione degli altri tre trattatelli successivi dell’avvocato anconitano, lascia intendere l’accettazione non solo di studi sullo “ius mercatorum” nel panorama generale della dottrina giuridica del tempo ma 112 - G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali...cit., pp.115-128; per le edizioni della prima metà del Cinquecento, cfr. G. COLLI, Per una bibliografia…cit., II. Bibliografia delle raccolte. Indici dei trattati non compresi nei Tractatus Universi Iuris, Roma 2003, pp. 37, 58-81.

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anche il rilievo che si vuol dare ai singoli aspetti del diritto dei mercanti, meritevoli ciascuno di un esame a sé, nonché al prestigio riconosciuto a Benvenuto Stracca come fondatore di un ramo di studi, in cui esistono ormai più opere specifiche. Con gli ultimi decenni del Cinquecento sono edite (1582) le decisiones della Rota genovese in tema di mercatura; all’inizio del Seicento vede le stampe il De commerciis et cambio di Sigismondo Scaccia (1619)113. Sono ulteriori tasselli per l’emersione di uno specifico “ius mercaIndice della pars prima del tomo VI dei Tractatus Universi Iuris torum” nella scienza giuridica dell’epoca con una sua dignità scientifica e punti di riferimento di rilievo, fra cui – naturalmente – il De mercatura di Benvenuto Stracca, con fama europea acquisita sin dal Cinquecento, proseguita nel secolo seguente. In conclusione, a testimonianza del pieno inserimento del “ius mercatorum” nella scienza giuridica europea, si può ricordare il frontespizio di una miscellanea di opere di diritto dei mercanti, apparsa a Colonia nel 1622114 sulla scia di alcune edizioni lionesi115. Il volume aspira – anche visivamente – a collegarsi con la grande scienza civilistica del passato: troneggiano in piedi al centro del frontespizio – a sinistra ed a destra dell’intitolazione – le figure, di maniera, di Bartolo (con una bianca barba fluente che ne ignora la breve vita) e di Baldo (con cipiglio e posa quasi guerreschi), in rigida ‘maestà’ dottorale tipicamente tedesca. La loro severa sembianza (peraltro di ispirazione teutonica e non italiana) vuole attestare il simbolo della scienza giuridica, che recepisce al suo interno le espressioni principali dell’ambiente mercantile, di cui sono illustrate – in orizzontale, nelle parti marginali del frontespizio – tre tipiche scene di vita: un tribunale mercantile (in alto) un ‘banco’ (a sinistra in basso) ed un mercato (a destra in basso), con personaggi di fattezze transalpine. Il diritto “particolare” dei mercanti, di cui sono stati effigiati tre ‘momenti’ tipici come il mercato, il negozio di ‘cambio’ ed il tribunale commerciale, viene inserito grazie agli scritti contenuti nel vo113 - G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali...cit., pp. 129-131. 114 - De mercatura decisiones et tractatus varii...precipue Benvenuti Stracchae iurisconsulti clarissimi…nunc primum hac in Germania nova facta editione, Coloniae, apud Cornelium ab Egemont de Grassis, 1622 (la scheda della Fondazione Masutti è al n. 412: Quaderni di sicurtà cit., pp. 304-306). 115 - Di tali edizioni ha già trattato R. SAVELLI, Giuristi, denari e monti. Percorsi di lettura tra ‘500 e ‘700, in Il Sacro Monte di Pietà e la Cassa di Risparmio in Reggio Emilia a cura di G. ADANI–P. PRODI, Reggio Emilia 1994, pp. 78-81. Quanto alle edizioni lionesi, si tratta di quelle del 1592-1593 e del 1621, le cui schede sono ai nn. 410 e 411 dei Quaderni di sicurtà cit., pp. 302-304.

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Frontespizio di De mercatura decisiones, et tractatus varii…, Coloniae 1622 [desunto da FONDAZIONE MANSUTTI, Quaderni di sicurtà a cura di M. BONOMELLI, Milano 2011, n. 412]

lume nella disciplina generale europea dello “ius commune” e nella “scientia iuris” simboleggiate dalle figure ‘dottorali’ di Bartolo e Baldo. Si può pensare che un’ottantina di anni prima, quando Benvenuto Stracca veniva organizzando il materiale per comporre il suo trattato De mercatura seu mercatore, egli non potesse giungere a prevederne una così rapida e tale rilevanza né il notevole positivo impatto, sia nel campo del diritto, sia nell’ambiente mercantile, sia nel mercato librario, tra Cinquecento e Seicento. È stato un successo importante, di cui si è cercato di rinfrescare la memoria a conclusione di questo convegno.

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Benvenuto Stracca, the Law of Merchants and Jus Commune Prof. Gian Savino Pene Vidari

Over a century ago, Filippo Franchi wrote a detailed biographical profile of Benvenuto Stracca, jurist, lawyer and Anconan nobleman (1509-1578)1 which is still highly relevant today. Stracca’s importance to legal studies was then outlined in 1909 by Alessandro Lattes, on the occasion of the celebration of the 400th anniversary of his birth, planned in Ancona. These celebrations were ultimately not held, so the writings were published during the same year in the “Rivista di Diritto Commerciale”2. His greatest work received some critical, but not widely shared, comments from abroad3, Vito Piergiovanni most recently returned to the subject of his person and his works, with an accurate and favourable definitive and comprehensive4 summary. In addition, Stracca’s most important works have also been addressed in two reports from a convention on the history of commercial law; these papers were published in 2009, coincidentally in conjunction with the half millennium mark of Stracca’s birth5. However, this anniversary also passed relatively unnoticed6: by private initiative, some years later it was quite rightly de-

cided that this oversight7 must be rectified. So we have Vito Piergiovanni’s very recent and excellent biographical profile of Stracca by Vito Piergiovanni. I think it is reasonable to refer to it8, solely to recall a few elements connected with his role as the first author to have addressed the law of merchants and, in doing so, opening legal sciences up to commercial law – an area which has continued to grow and change over the last century. Born into a family of merchants who had settled in Ancona around a century earlier, Benvenuto Stracca’s father was a notary, one of his brothers was a merchant and some of his other brothers were lawyers. His family enjoyed a good position in the town, which meant that Stracca grew up amongst merchants and sharing their views. These had existed in Italy for centuries, particularly in a city such as Ancona which was built on Adriatic trade. As part of his cultural training, first with the humanist Ambrogio Nicandro then at Bologna University, he will have considered the importance of the “classic” tradition, the excessive verbosity of certain legal dissertations, and how important it was for a lawyer

1 - F. FRANCHI, Benvenuto Stracca, giureconsulto anconitano del secolo XVI. Note bio-bibliografiche, Rome 1888. 2 - A. LATTES, Lo Stracca giureconsulto, in “Rivista di diritto commerciale”, VII (1909) issue VII, pp. 624-649. At the beginning of the article Lattes states that his aim in writing the article was to commemorate the 400th anniversary of Stracca’s birth (1509): “because a project of public commemoration of my illustrious fellow citizen, started in Ancona in 1908, could not be concluded”, his commemoration of the Ancona jurist, “called to leave his mark on the science of commercial law as a milestone”, was “appropriately” mentioned in the Journal edited by Straffa and Vivante so that “at least within its pages, the first Italian trade expert could be remembered”. 3 - C. DONAHUE jr, Benvenuto Stracca’s De mercatura: Was there a Lex mercatoria in Sixteenth-Century Italy?, in From lex mercatoria to commercial law a cura di V. PIERGIOVANNI, Berlin 2005, pp. 78-111. On this, also see infra, note 23. 4 - After the Considerazioni comparative between Benvenuto Stracca and Gerard Malynes, in Relations between the Ius Commune and English Law by R. HERMOLZ-V. PIERGIOVANNI, Soveria Mannelli 2009, pp. 185-196, recently published the “entry” Stracca Benvenuto (Ancona 1509- ivi 1578), in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX century) directed by I. BIROCCHI – E. CORTESE- A. MATTONE- M.N. MILETTI, Bologna 2013, II, pp. 1920-1922. 5 - V. PIERGIOVANNI, I fondamenti scientifici del diritto di assicurazione e G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali ed editoriali della trattatistica mercantile e assicurativa in Le matrici del diritto commerciale tra storia e tendenze evolutive by S. ROSSI – C. STORTI (Convention documents, Como 18-19 October 2007), Varese 2009, pp. 103114 and 115-134. 6 - Only the Chamber of Commerce of Ancona in fact, appears to have commemorated in 2009, the fifth centennial of the birth of Stracca, dedicating a room to him at their headquarters. 7 - By the initiative of the Bar of Ancona (upon urging by lawyer Sbano) and by the direct and unstinting personal commitment of the entrepreneur, Giovanni Mauro, Benvenuto Stracca was commemorated in the Loggia of the merchants of Ancona on 22 February 2013, 460 years from the first edition of his main work, the De mercatura. 8 - Specifically, I am referring specifically to the encyclopaedia “entry” made in 2013, stated supra at note 4.

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who was up to date with current developments to avoid the ivory tower of “libri legales” and the scholarly opinions of the “doctores” and instead recognise – with his mental faculties – what had by then been an intrinsic part of the life and business activity of a merchant for centuries and the importance of trying to construct a summary from a legal point of view, something that in his time had not yet occurred. Proof of this is in the fact that towards the middle of the 16th century many books and treatises on law had been published, but none on merchant law9. In essence, in late medieval society, merchants were not much loved. As a rule, merchants were not spoken of with any great favour during the 13th and 14th centuries. Commerce in Europe and the Mediterranean started to develop substantially in the 11th - 12th centuries and, as we know, this growth was particularly prolific in Italian cities. However, even here backbiting about merchants’ greed and less than lawful or dishonest trading had a tendency to prevail over admiration for their entrepreneurial capabilities or respect for the financial prosperity some of them achieved. This was not just jealous criticism against the backdrop of a feudal system – where people were mainly jealous of power but won over by the charm and wealth of the merchant. The general outlook remained the same as the common farmer used to working to survive without ever hoping to have a greater profit, sustained by the religious teachings against speculation and “business” profit, aware of the importance of hard daily labour (you reap what you sew), in which man spent his earthly existence waiting for a better destiny. There was also the problem of usury, fought by the Church because it was against the principles of the Bible. For a long time this also applied

to loans with modest interest rates. Merchants were very much involved in such activities and as a result suffered from a negative image, even in cities with large merchant communities or where merchants had a lot of influence10. As we know, merchants were grouped together in guilds or corporations, which supervised and protected businesses, including from the various political authorities. These guilds also supervised the lawfulness of trade relations and the normal functioning of the market. In this environment a set of customary rules quickly began to develop, inspired by “bona fides” and “aequitas”, which where disseminated as “ius proprium” (meaning “local law”). These rules applied to merchants and their class, over and above any political confines. This “ius mercatorum” regulated merchants’ agreements, to protect the success of which, special merchant committees were gradually instituted (mostly held by merchants) to resolve – usually by arbitration and in an equitable manner – any dispute, in place of the usual courts. This discipline, arising from mercantile uses was used alongside – and in certain cases, supplemented and even replaced – the laws of the time which were interpreted by Jus Commune, a system which was widespread in Europe during the same period from the 11th-12th centuries. The scholarly “ius commune” jurists mostly considered the equitable rules, which formed part of mercantile customs and which were used in the commercial courts11, to be inferior to the principles of Roman and Canon law which inspired the refined legal studies of the time. They drafted challenging “Commentaria” to the “libri legales” in the context of the more refined legal science or specific treaties on single topics: yet mostly neglected any in-depth work on on mercantile regulations, leaving the latter to per-

9 - I have already stated in a more detailed manner some considerations in G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali… cit., pp. 115-128. 10 - Medieval merchants were the protagonists of trade, not only trading in the current sense of the word: in fact they placed the current, vast and varied artisan world with the market itself, often carrying out activities comparable to our entrepreneurs, if only partially, as stated by U. SANTARELLI, Mercanti e società tra mercanti, Turin 19922, pp. 29-38. I refer you to this book, now a classic on the subject, both as a general framework and for numerous specific comments. 11 - Each of these courts was often named Consolato, and the members were called “consuls”.

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haps the more humble notaries who were directly involved with merchants in drafting their specific written contracts. Moreover, this did not prevent –between the 14th and 15th centuries, for example – well known jurists such as Baldo degli Ubaldi or his student Bartolomeo Bosco, from providing lucrative consultation on mercantile subjects, without being ashamed of dealing in areas which, although perhaps not culturally exalted, were certainly financially rewarding12. In addition, these were cases or topics where discussing the profit of the merchant could also involve the unpleasant aspect of usury, in a society intrinsically biased against the overly enterprising merchants and therefore suspicious of their ventures. Some well-known or lesser-known lawyers could afford to provide minimal consultation (for a generous consideration), but they preferred not to go beyond this, to avoid appearing a “supporter” (or worse, an accomplice)of a group who were ultimately criticised by the conformists of the day, as only interested in making money. To maintain his reputation, lawyers preferred to show he was removed from such an environment: let another of his colleagues who had more time right about mercantile issues – in spite of the fact that commerce and its issues were already of growing importance in the 1415th centuries13. When Italian commerce seemed to be less prosperous in the 15th century, the public opinion of merchants appeared to improve. This could be because the public had grown accustomed to trade, which was by then centuries-old. It could also be due to the new humanistic climate brew-

ing in Italy, inspired by an admiration for human resourcefulness (and so of merchants) and the aim of making one’s fortune and ruling the world with one’s ability: “suae quisque fortunae faber”. This fitted perfectly with mercantile life: it seems that aspiring to make money in the face of risk was no longer looked upon with such disfavour as in the past. Loans were not always viewed negatively as a matter of course; distinctions were made between different circumstances. Some members of the Franciscan order defended the possibility of a loan in some cases, and in the second half of the 16th century the order supported the establishment of the first Monti di Pietà [pawnshops], such as in Perugia in 1462. This is the city where Pedro de Santarém, a young Portuguese man with links to trade and transport, is thought to have studied law. In 1488, he wrote the first treatise (unpublished for a long time) on insurance and betting, areas typically connected with the activity of merchants14. The manuscript in time reached Benvenuto Stracca, who then became interested in overseeing its publication under certain conditions, which were not met. It went to press in Venice in 1552, overseen by another Anconan lawyer, Giambattista Trionfi15, one year before the De Mercatura by Stracca, who may have easily drawn some inspiration for his initiative from the latter16. Again, it was the Franciscans who produced a very well-known “summa confessorum”, the Summa Angelica, drafted by law graduate Friar Angelo Carletti who, like Stracca was born into a family of merchants and who was also aware of the necessity of regulating trade properly17. The

12 - Please refer to the annotations of G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali…cit., pp. 115-117. 13 - Only Baldo, secure as a famous jurist and canonist, did not shy from admitting that he continued to work as a mercantile consultant, and even wrote a one-off “summula” on “facta mercatorum” in the 14th century, which was published and commented on a few years ago by V. PIERGIOVANNI, Un trattatello sui mercanti di Baldo degli Ubaldi, in Scritti di storia del diritto offerti dagli allievi a Domenico Maffei, by M. ASCHERI, Padua 1991, pp. 235-254. 14 - D. MAFFEI, Il giureconsulto portoghese Pedro de Santarém autore del primo trattato sulle assicurazioni 1488, in Estudos em Homenagem aos Profs. Manuel Paulo Marĉa e Guilherme Braga da Cruz, Coimbra 1983, pp. 707-716. 15 - P. SANTERNA, Tractatus de assicurationibus et sponsionibus mercatorum, Venetiis 1552. 16 - It is possible that Benvenuto Stracca, examining the manuscript, saw a confirmation for his potential project to write a treatise on the right of merchants; however, certainly on betting he will have opposing thesis to those of Santerna (or Pedro de Santarém) and will write his treatise on insurance in a completely different manner, almost to distance himself from the Portuguese author: this is also noted by A. LATTES, Lo Stracca… cit., pp. 646-647. 17 - Frate Angelo Carletti osservante, nel V° centenario della morte (1495-1995) by O. CAPITANI – R. COMBA – M. DE MATTEIS – G.G. MERLO, Cuneo 1998 (also in “Bollettino della Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo”, 118, 1st semester 1998).

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Summa angelica enjoyed great success between the end of the 15th century and the 16th century, particularly in the ecclesiastical arena. Set out in alphabetical order, its entries shows the consequential nature of the legal reasoning and also a certain religious benevolence for merchants adhering to good trade practices, in addition to the Monti di Pietà18. This explains how the Fifth Lateran Council of 1515, admitted not only the possibility – under certain conditions – of allowing the “Monti”, but also loans with interest, within mercantile activity, in contrast to the previous inflexible opposition. In an overall context that was no longer inherently opposed to merchants and their activity, lawyers were also more comfortable with starting to explore the issues connected with the environment of merchants and with the usual agreements common to it – something which happened organically. In the main, these agreements were governed by well-established customs both locally and in the Mediterranean and European markets. After obtaining a law degree in Bologna, around the 1640’s, Benvenuto Stracca started his legal career in Ancona, a city that he viewed as having a wealth of mercantile19 activity, like Florence and Venice. Being well aware of local government life, he must have also established himself as the lawyer of merchants, becoming familiar with the ius mercatorum, and at the same time, adding it to the principles of Jus Commune. This specific knowledge may have led him to draft a legal treatise inspired by the practices of merchants,

which could take its place amongst the conceptual categories of contemporary lawyers. He was not a learned scholarly maestro, but he brought his experience and knowledge to a field which had until then been neglected by the “Doctors” of law. He was alongside them; he applied legal doctrine to these issues, and also added the liveliness of an environment which until then had been on the fringes of legal speculation. Benvenuto Stracca was an educated lawyer of culture, informed about the best Italian and foreign doctrine, a careful observer of what the lawyers of the time said about matters connected to ius mercatorum.: He considered their opinions and had the knowledge to be able to express his own views on the topics addressed, in order to offer solutions for an area he had studied and encourage lawyers to take a position on the difficult issues of trade and transport. Again, he was indisputably success, both in doctrine and in publishing. Stracca’s views, which were perhaps enhanced by his reading of the Santerna Manuscript on insurance and betting20, may have been consolidated by Charles du Moulin’s treatise on trade and usury which was originally published in Paris in 1546 and then again in Venice in 1550 and was soon included in the “Index”21. Du Moulin was a well-known French jurist and Protestant. Stracca dedicated some time to planning and creating the volume, gradually categorising the collected material22. The material was new and it was important to be sensitive when introducing it to the legal studies of that

18 - On the editions of Summa, M.R. MANUNTA, La “summa Angelica” del beato Angelo Carletti: note e bibliografia, in Angelo Carletti fra storia e devozione, Cuneo 1996, pp. 103-110. 19 - Stracca perhaps optimistically, recalls a “mercatura (…) magna et copiosa, ut Venetiis et Florentiae et Anconae”: B. STRACCA, De mercatura (see infra, note 25), pars II, no.18. Marco Moroni’s report focuses on the economic-commercial prosperity of Ancona in the 16th century, to which the reader is referred. 20 - We should however note that Stracca thought that the manuscript should be amended if it were to be published, to the point that he did not in the end curate a cop y for publication. In addition, not only was he critical in the De mercatura of Santerna’s too simplistic justification for betting, but he also then formulated his subsequent short treatise on insurance in a very different manner, taking his cue from the exegesis of the policy in use in Ancona. 21 - C. DU MOULIN, Tractatus commerciorum et usurarum, Parisiis 1546: please refer to R. SAVELLI, Diritto romano e teologia riformata: Du Moulin di fronte al problema dell’interesse del denaro, in “Materiali per una storia della cultura giuridica”, XXIII-2 (December 1993), pp. 291-300 and recently Censori e giuristi, Milan 2011, pp. 9799, with indication of the Venetian publication of the treatise of 1550 in the last tome of legal Tractatus edited by the “Società della Corona”. Moreover, the full work of Molinaeus was soon placed in the “Index of banned books” and could not be distributed in Italy (ibidem, pp. 92-147). 22 - When the De mercatura is published Stracca was 44 years old: we can presume it took approximately ten years to draft. The final draft holds some traces of this collection, comment and coordination work (and research material); here and there are continued signs of a connection such as “adde, collige, novissime” (for example pars I, no. 46, 71 and 99; pars II, n. 47, 69, 100). Lattes hypothesises, with probably some truth, that Stracca drafted a personal collection of topics on various ius mercatorum issues and that from this basis he started drafting his treatise (A. LATTES, Lo Stracca… cit., p. 645).

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era. The topics addressed had to be clearly structured, to some extent23, certain issues were very delicate and had to be dealt with without incurring canonical censure24. Benvenuto Stracca eventually decided to divide his treatise into eight parts and use the first part to show how important merchants were and to explain and justify their activity in the eyes of the world and overcome any obstacles which by this time were somewhat dated in order to also anticipate any potential ecclesiastical misgivings. The book finally went to print in Venice in 1553, 560 years ago, when Stracca then 44 years old, was at the height of his professional and scientific25 career. During the latter half of the 16th century the humanism was very widespread in Europe. As we know, the led a large following of lawyers, the “culti”, mostly based in France or over the Alps, to study the law using methods different from the traditional methods of the “school of commentators”, which during the 16th century, still had numerous followers in Italy. The latter were considered supporters of the mos italicus of Bartolist origin, as opposed to the humanist transalpine mos gallicus. In his treatise Stracca showed he was aware of the work of several culti lawyers26; on more than one occasion he professed his admiration for Alciato (the founder)27 and claimed to have the annotations

to the Pandette of Budé28, another prominent figure in this school of law. In addition, he showed a certain ease when referring to classical authors such as Cicero or Plato, choosing, with reason to start his treatise with them. Lattes consequently considers him a “jurist who truly belongs amongst the ranks of scholars, not as one still much tied to the post-glossators, as a jurist steeped in new ideas at least in part, not as one who has cut his ties from scholars as a matter of pure form, even if he is not one of the most committed and illustrious members of that school” 29. However, since the 19th century, legal history has not included Stracca (as later proposed by Lattes) among the followers of the culti lawyers, but continues to consider him as adhereing to the traditional methods, as founder of the new tradition of merchant law30. Like many Italian treatise writers of the 16th century, particularly those not “scholarly”, Benvenuto Stracca wanted to show he was well educated in the humanist manner (with even a modest knowledge of Greek) and strived to appear abreast of the new ideas developed beyond the Alps on culti law (but I don’t think he refers to the leader Cujas); ultimately however, he continues to be connected, intellectually and methodologically, to the Italian tradition of Bartolist origin.

23 - The drafting and coordination of the material collected will undoubtedly have posed problems that Stracca proved mostly capable of overcoming, although there are still repetitions of certain treatises in the work. These led Donahue (see above, note 3) to reproach Stracca for a lack of structure and organisation, which should have been present given the extreme specificity of the subject matter: if we take this into account, we must appreciate the commitment put forth by Stracca, and overall also the result reached. 24 - On multiple occasions, for example, already in the first part of the work, the author’s preoccupation can be seen to not be censured on issues of usury, reiterating multiple time the lawfulness of the merchant’s activity, which can trade outside the discussions of modalities of acquiring loans with interest. In essence, it appears that the attention of Stracca on this subject had success and the book was not censored. 25 - Tractatus de mercatura seu mercatore, Venetiis, [Paulus Manutius], 1553. For the description of the first and subsequent editions, please see the final part of the monograph of Filippo Franchi (see supra, note 1) and the recent accounting of the Fondazione Mansutti of publications on the history of insurance (Quaderni di sicurtà. Documents on the History of Insurance, by M. BONOMELLI, Milan 2011, pp. 300-306, nn. 404-412; the edition of 1553 is at no. 405). The division of the edition of 1553 is reported by C. DONAHUE jr., Benevenuto Stracca…cit., pp. 115-116. For this draft of this contribution I used the subsequent Lyon edition of 1558 (apud haeredes Iacobi Iuntae) which combines Stracca treatise with that on insurance by Santerna and other smaller ones. 26 - On this, Lattes references Lorenzo Valla and Catellano Cotta ( A.LATTES, Lo Stracca…cit., p. 633), but we can add, for example, Tiraqueau (pars I n. 14,45, 67, 85-86, 92) and Budè (pars I, no. 89 and 92). 27 - Right at the beginning of the treatise (pars I, no. 4) Stracca reports the definition of “merchant” given by Alciato, who considers (in one of the few cases where he issues a decisive opinion) “vetustarum legum non levis interpres”, of which he gives his broadest classification; just in pars I – for example – he makes reference to Alciato in paragraphs no. 24, 49, 50, 67, 85, 86, 91. 28 - A. LATTES, Lo Stracca… cit., p. 633. Two references of the work are found, for example, in pars I, no. 94 and in pars II, no. 29. 29 - A. LATTES, Lo Stracca… cit., p. 634. 30 - In addition to the already referenced very recent encyclopaedia entry by Vito Piergiovanni (see above, note 4), we may recall – among other things – the current manuals on legal history which are most referred to, such as those of Adriano Cavanna, Italo Birocchi, Mario Ascheri and Antonio Padoa Schioppa.

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BENVENUTO STRACCA, THE LAW OF MERCHANTS AND JUS COMMUNE

Although at the start of his treatise he is appreciative of Alciato, he draws more heavily on “Baldus noster” (cited in this manner at the beginning of the treatise and thereafter)31, as well as “Bartolus, Baldus et caeteri iuris interpretes” of the mos italicus32. In fact, he integrates the ius mercatorum into the Jus Commune of the time using the on the doctrine and on the opinions of the latter. The overall objective is reached: Benvenuto Stracca became the leader of commercial doctrine in the 16th-17th centuries, even outside of Italy. If he had based his work on the more problematic – but also less accessible – setting of mos gallicus, he probably would not have succeeded in his intent: adopting the already experienced and traditional mos italicus made the hard work he faced simpler. As the title states, the topic of the treatise is trading and the merchant carrying out the activity: the author wanted to integrate its specific rules to the legal system of his time, but also to encourage the world – for its own sake to – to accept the profession. To do so he needed to explain within the right context what trading was, how merchants went about it, what it wasn’t and how it should not be carried out. Stracca viewed this as the only way of enlightening his contemporaries – and most importantly lawyers – about the importance of trading. The pars prima of the tractatus is devoted to this, which is fundamental to the entire subsequent treatise, which would have lost much of its significance had Stracca not been able to explain and give adequate and convincing reasons for the importance and legitimacy of trading, also establishing its scope to prevent the risk of doubts or concerns on the boundaries of the activity. Having acknowledged the benefits of trading in the pars prima, the other partes proceed to explain its character-

istics and implementation in relation to the law of the time. It therefore seems appropriate to concentrate on the first part of the treatise in this context. The book starts with a very concise dedication to the City Council of Ancona, and is followed by an introduction by the well-known Spanish humanist Ambrogio Nicandro, who first moved to Florence, then to Rome, then to Ancona where he was Stracca’s teacher and continued to be his good friend33. It was common in the books of the time to have an authoritative introduction: he does not fail to provide this (the font is larger than in the subsequent treatise), as well as praise. Moreover, Stracca had by then been a noble-born citizen of Ancona for about a decade, following his father’s death, and a member of the Municipal General Council, to which he offered and dedicated the book in May 1553, with a formal speech34. A prestigious introduction such as the one written by Nicandro was very useful, both in and outside the city, to give prominence to this first work of a wellknown Anconan lawyer, who now hoped to open himself up to a much wider audience of readers, particularly lawyers and prominent merchants. Nicandro’s fame and elegant humanist phrases could prove useful, as could his brief but striking subsequent Latin verses. Compared to such refined writing style, Stracca’s more modest style could not help but be shown in a comparatively negative light, even though he put his best efforts into the first few pages. On the other hand, lawyers were not known for writing with any particular style, preferring to focus on the reasons behind the opinions expressed, including lengthy reasoning and quotes of academic sources or other authors which often hindered reading.

31 - I believe the adjective is significant, as it has affectionate overtones (pars I, no. 1, repeated inno. 21 and in no. 75). 32 - pars I, no. 10: among the numerous referenced, we may recall for example – in addition to Accursio, understandably referenced – Paolo di Castro “clarissimus vir” (pars I, no. 27), Angelo degli Ubaldi, Alberico da Rosate, Alessandro Tartagni, Aimone Cravetta, Carlo Ruini, Filippo Decio, Bartolomeo Socini, to limit ourselves to just a few in the pars prima (where at no. 14 and at no. 90 – as already for Baldo – referenced is «Alexander noster» with that familiar tone, this allows us to view the cultural trend it belongs to. In turn Bartolo, is the «lumen veritatis» and he has “tanta autoritas”, which Stracca before departing from his opinion, feels obligated to broadly provide a reason. (pars I, no. 71). 33 - F. FRANCHI, BenvenutoStracca… cit., p. 21. 34 - Ibidem, p. 64: from the reports of the Council edited by Franchi it is seen that said official ceremony was performed on 27 May.

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After the introduction by Nicandro, there is a small praefatio page by Stracca, which we can assume Nicandro helped write. The jurist announces his work De mercatura seu mercatore, drafted taking a cue from existing doctrine, set out in the most accessible manner for the reader (“quo dilucidius intelligi posit”). To this end, he divided the subject-matter into eight parts35, following the advice of Accursio and Cicero (not by chance cited for their fame by lawyers and scholars). The eight parts were entitled as follows: 1) Definition of the merchant and trading; 2) Status of the merchant; 3) Who may trade; 4) Object of trading; 5) Merchant agreements; 6) Maritime law; 7) End of merchant status and bankruptcy; 8) Merchant courts. In several subsequent editions, for example that of Tractatus universi Juris (which will be addressed later), three or four of the latter parts were published as an individual treatise 36. This increased the number of treatises attributed to Stratta, who was by then famous, making it seem as if he had published a greater number of work, but the contents are the same and the initial De mercatura can be considered the complete works37. Benvenuto Stracca’s desire to create a humanist and literary façade is also apparent at the beginning of the pars prima, because the first two authors cited are two classical authors: Cicero and Plato, one from Latin culture and the other from Greek. However, the tone soon changes and passages of the corpus iuris civilis and the first medieval jurist, “Baldus noster”, are referenced, who is one of the most referenced commentators of the treatise. The first central theme of the discussion is opened: “quid sit mercator eviden-

tissime demonstrabimus”38. The Church was both concerned and opposed to certain aspects of this, due to the issue of usury and the sometimes excessive thirst for profit. So Stracca addressed the persona of the merchant referring to canon tradition, citing the Decretum Gratiani and several canonists39 in support of his argument. After referencing the definition of merchant given by such an authoritative expert in civil law as Alciato, to compound this, Stracca immediately states his own definition, which was then gradually commented upon: “Mercator est, qui negotiationis, seu negotiationum exercendarum, quaestuque liciti faciendi causa, frequenter merces permutat, seu emit, ut easdem non minutatim, nec mutata per se forma distrahat”40

Having given a general definition, it is then a case of discussing the characteristics and the content, and addressing the different specific issues, to see how they can be considered in relation to the definition. Stracca seems to have followed the right course with this approach; however, he did not always set his thoughts out in a linear fashion. In fact, his discourse goes off at various tangents – overwhelmed by the sheer volume of points to address – and he struggled to create an organic flow whereby the key elements of the treatise would emerge and stand out in comparison to secondary or incidental matters. This mixed style of setting out his premises can appear disorganised to the reader; something already noted by Lattes41 and criticised by Donahue42. In Stracca’s defence, it could be said that the material collected was first organised into a single treatise and that the author’s intent to dwell specifically on some details

35 - Several of said parts are subsequently divided into particulae. Lattes on the other hand has nine parts (see below, note 99), differing from Franchi and tradition. The division into eight parts of the 1553 edition is reported by C. DONAHUE jr., Benvenuto Stracca…cit., pp. 115-116. 36 - The four final parts, on merchant agreements, maritime law, on bankruptcy and merchant courts. 37 - Moreover, Stracca appears to be a little ambiguous, almost as if he considers these parts (specifically the last ones) as small treatises unto themselves: for example, he drafted a brief preface for tractatus de nautis (already as designated in pars VI), where he states he has drafted it at the request of merchant friends. 38 - pars I, no. 1, at the end (we will give a clear definition of what a merchant is). 39 - pars I, no. 4, beginning. 40 - pars I, no. 4 (the definition was published in full capital letters 1558): a merchant is a person who frequently exchanges goods with a view to selling them on at a lawful profit, or who purchases goods to sell in batches (= not individually) without processing the goods (= without changing its form). 41 - A. LATTES, Lo Stracca… cit., p. 628. 42 - C. DONAHUE Jr., Benvenuto… cit., pp. 78-88, 106-111.

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or to return to parallel topics may have prevented the work from being better structured, and in particular prevented the key or more relevant points from coming to the fore, despite Stracca’s good initial intentions.43 Therefore to be considered a merchant one had to perform the frequenter activity of exchanging goods as a matter of course: in other words it is a profession44, for which there was generally a professional register commonly known as “matricula mercatorum”45, where everyone was recorded after the adequate checks, so that “mercaturae officium exerceat, ut immunitatibus gaudeat”46 in line with what was recognised by traditional legal doctrine47. Merchants then exchanged batches of merchandise, because they did not deal in small volumes as in retail (“minutatim”), which were dealt with by shopkeepers and retailers: in fact merchants did not carry out this last phase of the negotiations (although there may have been some specific exceptions), but instead dealt in bulk. They also sold the goods without processing them and transforming them into another type of product (nec mutata per se forma) because otherwise they would have been considered an entrepreneur or artisan (artifex)48. Stracca writes of two cases in the very areas of Ancona. The first relates to merchants

who, perhaps using external labour, rearrange the goods to be shipped abroad: if this occurs (“non mutata per se forma”), they can to all effects be considered merchants, because the essence of the operation is in shipping the merchandise elsewhere, with the goods remaining virtually unchanged, or at least of the same type49. The opposite situation applies for those that buy raw materials overseas that they use to manufacture other goods using their own tools on their premises (“etiam domi pharmaca conficiunt, officinisque assident”) which they then sell. In this case the predominant activity is processing and so Stracca deems – and Alciato and Bartolo agree – that they “mercatores non esse”, given that “qui pharmaca conficit et officinis assidet, dicitur artifex”50. A mercator is a negotiator (= trader, or merchant), however many types of negotiatores exist that should not be considered mercatores, as they lack some of the requirements stated by Stracca51. The terms negotiator and negotiatio in fact referred to a wider reality than that of the mercator and mercatura52. For example, someone who rents land to sell their products cannot be considered a merchant, but is a negotiator53, and this also applies to bankers and moneylenders54 or horse lessors55. In common language this distinction was however, not so evident, nor as precise: in

43 - In addition, we can see breaking up certain issues, with the resultant lack of clarity and prominence for the pivotal points, could also be a result of how the treatise was edited. Stracca added notes and comments to the first Venetian edition of 1533, which were also included in the subsequent edition, published in Venice in 1556. These may have been repeated in the text, making the text seem more fragmented to the reader. There are many adde and novissime for example, in the text from Lyon of 1558 that I consulted, even just in the first two parts of the treatise. 44 - pars I, no. 9: those who “semel merces emit ut venderet” are not merchants (no. 6): needs to be habitual. 45 - Stracca summarises the Italian situation, where each corporation controlled access to the guild and registered in its “matrix”, whoever was admitted, after they had sworn an oath by oath (pars I, n. 11). He talks of this as if it were obvious, adding this procedure to what had already been accepted by legal doctrine (particularly by Bartolo), with some digressions to mention specific cases. 46 - pars I, nn. 9-10. As we know, merchants enjoyed general privileges for carrying on their activities and frequent specific regulations were provided for by individual municipal statutes. The author goes into detail about some of these (nn. 10-15). 47 - pars I, no. 10: “ex his quae Bartolus, Baldus et caeteri iuris interpretes scribunt”. In this manner incidentally, the traditional legal doctrine is referenced to prove that the contemporary ius commune recognised the customs and practises of merchants in relation to controlling their corporations (and the individual municipal statutes), admission to the “matrix” and subsequent consequences, most of which were governed by the guilds’ statutes and customs. 48 - pars I, no. 23. 49 - pars I, no. 26: Stracca states that this “non semel vidi in patria mea” and attests that “mercatores censeri”, because in this case “mercatoris officium in artificium non transit”. 50 - pars I, no. 49-50. The conclusion appears simple, but the legal reasoning Stracca used is more complex (involving also no. 51 and the assessment of activity – or rather – main or prevalent activity, which doctrine grappled with on several occasions). 51 - pars I, no. 5: Stracca starts by addressing the terminological and substantive distinction between negotiatio and mercatura to return to it multiple times, both in the pars prima and in the pars secunda of his treatise. 52 - On this, Stracca references what Signorolo degli Omodei had already stated, “singularis memoriae vir” according to di Baldo, and therefore that “verbum negotiari et negotiatoris generalius esse verbo mercari seu mercatoris”, with the result that “nomen mercatoris sit angustius”: he espouses this opinion with conviction (ibidem, no. 5). 53 - pars I, no. 48. 54 - pars I, no. 43. 55 - pars I, nos. 38-39.

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fact, it may occur that as an approximation, the two terms were perceived and used in common language as synonyms. The legal differentiation did not enter the mindset of the time56, but cannot be ignored from a legal point of view, particularly for merchants – to differentiate from the plain negotiator – who had sworn to abide by the regulations of the guild as they were registered on its matrix57. Yet at times even the text of the Statute of the Commune (“lex municipalis”) used this approximate and common language: in this event lawyers needed to be able to interpret how it should be regulated based on the meaning the statute had attributed to it58, and had to do the same for the other provisions stated “hoc communi usu loquendi”, however unclear59. In fact, lawyers had to act in accordance with the prevailing attitudes of the time, specifically in relation to merchant law. Stracca’s definition of mercator includes a final crucial point related to how the society of the time viewed merchants. They risk continuing to be disliked and criticised for their excessive thirst for profit, and Stracca spends the most time in considering this aspect, including a legal point of view, and on the mindset of the time A true merchant aims for profit that is lawful and reasonable, and not more: Stracca in his definition speaks of “quaestus liciti faciendi causa”. The enterprising, and in part, risky activity of the merchant must be rewarded, but within fair and reasonable limits according to the parameters of that era. Even legal doctrine, carefully collected by the Anconan lawyer and nobleman, appeared to aim in this direction: excess is not even included in it, so that in some cases, we cannot

speak of merchants in the true sense of the word60. Merchants’ peers ought therefore to view merchants, their trade and the specific laws that regulated this sector calmly and without undue criticism of their lawful and reasonable gain, if gained through lawful activity and at the same time, share in the economic prosperity. Overall, this appeared to be the case in 16th century61 Ancona, but it was not unlikely that the same would occur everywhere, according to certain universal aspirations of the initial introduction of the De mercatura. As regards the key issue of the amount earned, in order to show merchants in a good light, Stracca states that merchants had a limited goal: “ubi quis ad lucrum intendit in mercando, non quidem ut finem ultimum sui laboris, sed tamquam ad finem necessarium ad sui et suae familiae sustentationem, aut saltem tamquam honestum etsi non semper simpliciter necessarium”62

and so did not aspire to fabulous wealth, but only to a good standard of living, possibly above average. This is the ambition of a good merchant. On the other hand, the following are not merchants, but “negotiatores vero illi abominabiles existimantur, qui iustitiam Dei minime considerantes, per immoderatum pecuniae ambitum polluunt merces suas plus periuriis onerando quam pretiis”.63

True merchants therefore aspired to a lawful and reasonable profit, and could not be implicated in usurious trading64. Stracca is very firm on this, supported by the authoritative opinions of Angelo degli Ubaldi, Paolo di Castro “clarissimi viri”, Giason del Maino, Alberico da Rosate, and Baldo: “appellatione mercatorum foeneratores non venire”.65 This topic was discussed for centuries,

56 - pars I, no. 12. 57 - pars I, no. 11. 58 - pars I, no. 13. 59 - pars I, no. 14. 60 - Moreover, Stracca does not address the problem of removing these “bad” merchants from the matrix of the corporation, so that they may no longer work in mercatura. Therefore, his discussion defends the image of the “good” merchant, but not to the point of providing a defence of the “bad”, who negotiated in bad faith and disregarded the rules of fair competition. 61 - For a general view, please see the report by Marco Moroni from the same time. 62 - pars I, no. 29 (when someone aspires to profit by trading, not as the ultimate purpose of this work, but as a necessary end to maintain himself and his family, or which is honest even if not always strictly necessary). 63 - Ibidem, (Deplorable traders [and thus not merchants] are those who, completely disregarding divine justice, due to an excessive aspiration to money, soil their merchandise, burdening them with deception more than prices). 64 - pars I, no. 27. 65 - Ibidem, (usurers are not included in the definition of merchants).

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given that merchants were frequently accused or at least suspected of it. In the 16th century, the mindset was already much more open towards loans at least within a business conext, where paying interest for an advantageous transaction could be seen as reasonable, while it was still frowned upon to loan to the poor, who would have struggled to repay it. Stracca did not want to make such distinctions: he viewed any loan in the context of merchants’ activities as unlawful to ensure mercatura could not be suspected of usury in any way. He consciously returns to this topic, understanding the importance of a positive image for merchants and their activities66. In essence, according to this perspective, Stracca recognises that “enim sciendum est mercaturam aliam licitam et alliam illicitam seu iniustam esse”67

and mentions various situations where he has to concede that merchants did engage in usury (according to the views of his time)68. However, while recognising “multos se usurarios esse, licet nomine non vocentur”, he concludes with a heartfelt exhortation to merchants, confident that they are able to engage in mercatura lawfully and fairly, refraining from unlawful agreements, particularly those that involve usury “Nos etiam cum et admonere et obiurgare complures mercatores, ut ab huiusmodi illicitis contractibus se abstineant, non defuerimus, reprimendae improbitatis hoc genus horminum”69

Stracca’s firm condemnation of usurious merchants is also supported by numerous cited doctrines and proves the author’s commitment to excluding those that practice usury from the definition of merchant. However, this does not change the existing situation, which Stracca

himself admits; he speaks harshly on morality, reports the opinion of jurists and theologians in favour of only lawful merchant activities, but he is of course unable to have an effect on the guilty merchants merely by excluding him from the “matrix”, unless the corporation sees to it, which, just as predictably, often does not. Stracca’s moral opinion is harsh and precise, but remains on paper: “porro abominabilis est mercator, qui usuras exercet: quia usurarum pravitas non cadit in bonum virum, cum sit turpis quaestus”.70

Ultimately, for Stracca a merchant is neither a banker nor a moneylender, even if he is concerned with profit: and therefore should refrain from such agreements to protect their reputation and that of mercatura71. However, said merchant is to be fully considered to be performing decent and honourable work by society of that time: it is for him, and for the legal analysis of his lawful and significant72 activity, that Benvenuto Stracca spent time and effort on drafting the De mercatura. In the first part of the work he wanted to specify the characteristics of the role of the merchant and the limits imposed upon him. At the end of this part, he outlines some terminological issues, which he also uses to reiterate a few key points already stated, perhaps also inspired by the methodology recommended by the “commentator” school to summarise, at the conclusion of a treatise on a topic, the essential concepts, to help the reader commit it to memory. “Merchant” and “mercatura” derive from “merchandise”73, not from “mercari” or “market”74, because being a merchant means trading in

66 - With multiple nuances, Stracca always remains on topic from no. 27 to no. 43, thus rather at length in the first part. 67 - pars I, no. 28 (in fact we should note that there is a lawful and another unlawful or unfair trading). 68 - It deals with different situations shown in nos. 30-35, relative to “complures, qui in patria mea se mercatores profitentur” (no. 34: numerous are those, that in my homeland profess to be merchants). 69 - pars I, no. 34 at the end. 70 - pars I, no. 36 (on the other hand, the merchant who applies usury is abominable, because the wickedness of usury does not lend itself to an honest person, given that it is a dishonest gain). 71 - pars I, nos. 27, 30, 33, 34, 36, 40, 43. 72 - A substantial series of paragraphs is devoted to a favourable view of merchants in the pars secunda. 73 - pars I, no. 73-74. 74 - pars I, no. 90-91.

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merchandise, reiterating that “una cum Alexandro dixerim ubi supra ementes et vendentes res, quae mercium appellatione non continentur, mercatores non esse”75.

Moreover, he once again stresses what he previously stated about merchants, this time turning the discussion on mercatura (with many considerations and quotes) and concluding with a similar definition, deferring to the reasons already stated on mercator: “mercatura est officium, quod ratione quaestus liciti exercetur in permutandis emendisque frequenter mercibus, illis quoque non mutata per se forma, nec minutatis distrahendis”.76

Thus, it appears to be appropriate to partially resume the discussion on what merchandise is according to the different meanings of the term and in different contexts, both in municipal discipline and mercantile regulations77, given that “consuetudines mercatorum precipue inter ipsos mercatores spectandae sint”78. On the other hand, a somewhat fluid term to consider is “market”79, for this reason perhaps it is better not to refer to it when defining the role of “merchant”, while it is safer to refer to “merchandise”, from which mercatura derives, meaning the activity of trading merchandise80. Even the term “commerce” has different meanings and so cannot really be used as a reference point, although it has some merit81.

The essential approach of the pars prima of the treatise ends with these summarised notions of the definition of mercator and of mercatura, although they are interspersed with reflections on specific terms or aspects82, which do detract from the linear progression of the discussion. If we examine the treatise carefully and always bear in mind its general focus, it is less disorganised than it may appear at first glance83. The pars secunda of the treaty examines the status of the merchant, which had its issues84, but that was however, useful in the cities where they operated85; in addition, foreign merchants and Jews were faced with environments that were not always favourable86, while the commercial dealings with the Saracens were considered acceptable, except during periods of war87. However, the merchant always had to be bona fides in his work88 and therefore had to keep accounting books89. Stracca addresses the significance of these accounts – providing some evidence – and also offers the expected legal recommendations on this topic90, and likewise on the use of a trademark91. In the pars tertia he takes into consideration persons authorised for mercatura and excludes from this, as usual, noblemen and clergymen. The first three parts of the treatise are thus devoted to the issues of personae who may engage in mercatura.

75 - pars I, no. 73, at the end (those who purchase and sell things which are not defined as merchandise are not merchants). 76 - pars I, no. 74 (trading is a role, which is exercised for the pursuit of lawful gain, exchanging and purchasing merchandise frequently, without, however, changing its form nor gradually splitting it up). 77 - pars I, nos. 75-78. 78 - pars I, nos. 77. 79 - pars I, nos. 90-91. 80 - pars I, no. 89. 81 - pars I, no. 94. 82 - Even more so in the last paragraphs, for example, arguments are added on the understanding or lack of understanding of money or jewels in “merchandise” meaning “real personal property” in case of bequest (a topic foreign to mercatura, apart from bequests of merchants) or the definition of terms such as “promercale” (= goods to be sold) or “mercimonio”. After the first edition two additions were made, perhaps also attributable to Stracca (nos. 98-99), certainly not coordinated. 83 - In addition, the thread of the discourse, and not only at the end of the first pars prima, is more than once interrupted in editions which follow by already referenced notes or additions by Stracca, which are appreciated in that he wanted to provide some other useful information (often out of pure scholarship), but mostly not very well coordinated with the rest of the published text. 84 - pars II, nos. 4-6. 85 - pars II, no. 16. 86 - pars II, nos. 33-38, 46, 50. 87 - pars II, nos. 40-48. 88 - pars II, no. 10. 89 - pars II, nos. 51-52. 90 - pars II, nos. 53-70. Stracca does not speculate much on the evidentiary value of such libri (M. FORTUNATI, Scrittura e prova, Rome 1996, pp. 44 and 107). 91 - pars II, nos. 71-101.

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On the other hand, the two subsequent parts are devoted to the res on which mercatura is practised: the goods being traded (fourth part) and the agreements that regulate this trade (fifth part). Stracca examines the problem of goods from a negative point of view, taking into account those that are non-commercial from a legal point of view. As regards agreements, he addresses the general issues, then moves on to address mandates, mortgages and betting92. He is much less lenient on this than Santerna and finds a clear difference from insurance93, which initially he does not examine in detail, but rather states that he will address it separately at a later time94, as he goes on to do in the De assecurationibus published in 156995. In fact, even this fifth part on merchant agreements could have been more extensive, also qualitatively, because it does not thoroughly deal with the “exchange”, nor with society, and neither, for now, with insurance, agreements much in use among merchants. The fear of running into the issue of usury and thereby making mercatura less credible in the eyes of his contemporaries, may have led Stracca to avoid these matters, but this silence was somewhat odd for a book on merchant activity96. Stracca seems to give each of the last three parts of the Tractatus de mercatura, at the beginning of each, the specific name of “tractatus”, making it easier for future editions to be published as individual short treatises, such as that of T.U.I.97 These are actually three parts with separate subject matter: the sixth is on maritime law (the

focus of Vito Piergiovanni’s98 specific work), the sixth deals with bankruptcy99, the eight to mercantile justice100, which had its specific regulations (with its own rules, even locally) and was used alongside civil justice, but was for merchants, and being a “particular” jurisdiction, had undeniable importance. Stracca tried to add to his treatise all the comments that “olim a iureconsultis facta fuerunt sparsa […] et variis mixta voluminibus”, as Nicandro noted in the introduction of the book. The difficulty was that of fitting such different and widespread opinions into categories, finding reasonable solutions to the various issues which arose and inserting them in the contemporary doctrine of common law, setting the work out in an orderly fashion, whilst still needing to examine the specifics of regulations for merchants. To achieve this result, Benvenuto Stracca followed the Roman tradition of splitting issues into three categories (a tradition still favourably viewed by common law) based on whether it pertained to personae, res, actiones. The first three parts pertain to persons, the subsequent three to things, and the last two to procedural aspects. Traditional tripartition based on which Stracca organised the material may perhaps appear too scholarly and staid for a completely new sector, which was restricted somewhat, this idea is suggested by the greater “authenticity” of the last three parts which more accurately reflect the particularities and the liveliness of the mercantile environment101. Stracca’s silence or ambigu-

92 - Relative to this, within the text of the De mercatura, Stracca entitles the topic “sponsionum tractatus”, introducing the suspicion that he was also thinking of a short, independent treatise. 93 - G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali ed editoriali…cit., p. 126. 94 - However, from the De mercatura on, Stracca highlights the distinct difference (unlike Santerna) between betting and insurance: relative to the latter, by then a common agreement among merchants, he states that “si plus otii aliquando nacti erimus, latius scribemus” (pars V, de assec. no. 1) 95 - Lastly, on this treatise see V. PIERGIOVANNI, I fondamenti scientifici…cit., pp. 110-114 96 - G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali ed editoriali…cit., pp. 124 and 126; already referenced by A. LATTES, Lo Stracca…cit., p. 638. 97 - see below, notes 107-111. 98 - I naturally refer the reader to this. 99 - Some salient aspects are referenced by A. LATTES, Lo Stracca…cit., pp. 636-637. This author (ibidem, p. 635) considers “pars VIII” as the one on bankruptcy which usually is “pars VII” because he counts as the seventh part of a treatise of only three paragraphs on stopping being a merchant, which instead is linked to the bankruptcy issues as its introduction, still on the “pars VII”, as also otherwise shown in the “praefatio” by Stracca (see above, note 35). 100 - The latter is quite extensive with its six titles: mercantile statutes, judges and consuls, petitions, exceptions, evidence, final recommendations to mercantile judges. 101 - C. DONAHUE jr., Benvenuto Stracca…cit., pp. 78-88.

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ity on certain topics, which he feared would result in merchants being suspected of usury, indicate that Stracca was rather reluctant to present sector which was completely new for the legal environment102; the systematic nature of the overall work may be undermined by providing too much detail or minutiae or too many digressions, which threaten to overshadow the overall point of the treatise103. These comments undoubtedly have a basis in truth, but ask too much of the “first work” of a capable and wellknown Anconan lawyer, who for the first time was attempting to introduce to 16th century legal doctrine an environment and a mindset which up to that time had been neglected. When addressing lawyers it was logical to adopt, not just for convenience, their traditional ways of thought and expression, such as Gaius’ institutional tripartition. His “prudence” when addressing the matter of usurious trade was understandable in an author who aspired to present merchants in a good light and who after the success of his treaty, would mark out a path that others would subsequently follow; the particular regulations of merchants’ “ius proprium” proved to be too attractive, particularly to a lawyer used to individual cases, to be always mastered by the methodological skill of someone writing his first treatise. The De mercatura, albeit with some limitations stated above, however, has undisputed merit. It opens to legal studies reflection on a sector of contemporary life of particular relevance, such as the regulations which are the basis of business for merchants: thus, it inaugurates the everimposing series or treatises, which will, in due time, speak of commercial law. Conversely, he examines from the perspective of a “learned” jurist, merchant agreements, a field previously not investigated, to which he applies the combined categories and the reasoning of a legal ex-

pert. Stracca leads “ius commune” of his time to supervise uses and contractual agreements between merchants, allowing the latter to be based on good faith and naked agreements, but also the principle of aequitas not assessed by arbitrium boni viri of the merchant but according to the parameters of legal studies. His treatise is aimed at lawyers, to stimulate their interest for an important sector of contemporary life, but also at well-educated merchants, to bring them closer to the difficulties of legal reasoning and to its conclusions. He does not reach “apices iuris”, but proceeds to pursue legally correct perspectives for an operating environment, such as that of merchants. His attempt to connect these two worlds – with vastly differing mindsets, lifestyles, habits, ways of thinking and behaviours, was ultimately successful: De mercatura is an important stage both for law and for mercatura. The success of his numerous editions verifies the purchase or use of the book by both lawyers and merchants. The success of the treatise induced Benvenuto Stracca to integrate its text with other specific works on the particular aspects of the law of merchants, which he had only partially addressed in De mercatura, according to a draft he developed when writing the main work. Three smaller tractatus originated from it; De proxenetis, published in 1558, on the activity of middlemen; De adiecto on addendums to contracts, published in 1569 with De assecurationibus, based on the exegetic comment of a normal Anconan insurance policy, but more complete and polished than the treatise by the same name written by Santerna more than half a century earlier. In this manner the Anconan lawyer brought to readers and the book market three additional contributions which provided greater depth to De mercatura and the law of merchants104. That De mercatura was written to be consulted

102 - G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali ed editoriali…cit., p. 124-125. 103 - A. LATTES had already mentioned this in Lo Stracca…cit., pp. 78-84, 106-111. 104 - Subsequently, Stracca also wrestled with strictly civil matters in the Adnotationes in Responsa Cravettae, a work published posthumously in 1580, not connected to merchant law.

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by merchants as well is evident not only from the success of the published editions issued rather rapidly for approximately a century105, but also from their format. It was not a large collection of volumes “in folio”, common in legal offices with large writing desks and tall bookcases on the walls, but in a small, format that was manageable and easy to carry and consult in any environment or circumstance. It may not be that relevant, but is worthy of some consideration. Aiming the work at an audience other than just lawyers naturally increased sales (and thus the number of editions)106, because there were many merchants of a certain level looking for books on their activity as we can see from a certain economic, financial and accounting publishing house of the 16th century. However, this did not prevent that the tome VI (on unlawful agreements) of the great Venetian edition (1584)107 of the encyclopaedic Tractatus Universi Iuris (T.U.I.) of Francesco Ziletti, placed under the protection of Pope Gregory XIII108, from having in its first two parts (containing agreements, not only under civil law but also mercantile law) the De mercatura by Stracca109. It was however, divided in such a manner so that its last two parts appear to be individual treaties110, and among these De nautis, which Vito Piergiovanni111specifically addresses. The first large scale editorial initiatives of legal treatises date to the first half of the 16th century: they did not take into consideration any treatise on mercantile law, because almost none existed at that time112. Stracca’s de mercatura marked a turning point for interest, including for the market for legal books, towards mercantile treatises. Within two decades the importance of the subject mat-

ter was such that a sizable section of the sixth tome (on the pacta licita) of the T.U.I. by Ziletti is dedicated also to mercantile agreements. After three centuries of silence, the legal arena suddenly discovered the importance of merchant law thanks to the treatise of one lawyer from Ancona: almost in an effort to make amends for neglecting it in the past, a large section of the first of the two “parts” of the sixth tome of the classic T.U.I. dedicated to lawful agreements is aimed at people who are in some way connected to merchant topics. These topics are therefore viewed by the author as being comparable to the usual civil law treatises: past hesitation had by that point entirely subsided as to the appropriateness and lawfulness of merchant agreements, to the point that they had been made part of lawful pacta. The presentation of mercatura as a credible activity made by Stracca thus left its mark. In this part of the tome on “lawful” agreements next to renowned authors such as Baldo, Caccialupi or Duareno, we can find Santerna and Stracca, while the treatises on insurance or on middlemen follow those strictly on civil agreements. The De mercatura opened a new perspective to the legal world: this was no small matter, even beyond its great intrinsic value. Publishing the De mercatura by Benvenuto Stracca in the sixth tome of the Tractatus Universi Iuris was a testament to its importance within the legal environment. The division of the last part of the treatise into multiple specific small treatises, together with the publishing of the other three subsequent small treatises of Stracca, implies the acceptance not only of the studies on “ius mercatorum” within the general

105 - On this, please refer to the description of F. FRANCHI, Benvenuto…cit., pp. 130-146 and Quaderni di sicurtà cit., pp. 300-306 (no. 404-412). 106 - The treatise of Stracca, right from the first edition is small in size, and was often combined with the editions of the time of other works on mercantile topics, such as the De assecurationibus of the Portuguese jurist Santerna and the short treatise of the Dominican German theologian, Nider. 107 - G. COLLI, Per una biografia dei trattati giuridici pubblicati nel XVI secolo. Indici dei Tractatus Universi Iuris, Milan 1994, pp. XI-XVI, 49-56. 108 - By Ugo Boncompagni, who then became Pope Gregory XIII, Benvenuto Stracca had been his student at the Università di Bologna: the good rapport in place led Stracca to dedicate his last work to him, the Adnotationes in Responsa Cravettae, published posthumously in Venice in 1580. 109 - For additional indications, too many to cite here, please refer to G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali. .cit., pp. 125-129. 110 - Ibidem, p. 128, note 87. 111 - I therefore refer the reader to his writings on this. 112 - G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali. .cit., pp.115-128; for the editions of the first half of the Sixteenth Century, see G. COLLI, Per una bibliografia…cit., II. Bibliografia delle raccolte. Indici dei trattati non compresi nei Tractatus Universi Iuris Rome 2003, pp. 37, 58-81.

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context of legal doctrine of the time but also the importance that was given to the individual aspects of merchant law, each worthy of individual examination, as well as the prestige given Benvenuto Stracca as founder of a branch of studies, which by this time included more specific works. During the last few decades of the 16th century the decisiones of the Genoa Rota were published (1582) on mercatura; in the beginning of the 17th century the De commerciis et cambio by Sigismondo Scaccia (1619)113 was published. These are additional building blocks for a specific “ius mercatorum” in legal studies of that era with its own academic merit and important reference points, among which of course, is the De mercatura by Benvenuto Stracca, which had grown in fame in Europe in the 16th century, a phenomenon which continued in the following century. In conclusion, as testimony of the wholesale inclusion of the “ius mercatorum” in European legal studies, we can reference the frontispiece of a combination of works on merchant law, which appeared in Cologne in 1622114 in the wake of editions published in Lyon115. The volume also aspires, even visually, to compare itself to the great civil legal discipline of the past: placing prominently in the centre of the frontispiece, to the right and left of the title, the images, in a fashion, of Bartolo (with a white flowing beard that does not take into account his short life) and Baldo (with a frown and an almost warriorlike pose), in a typically stern Germanic pose. Their stern appearance (German inspired rather than Italian) aims to symbolise legal studies, depicting the essence of merchants’ environment, with horizontal illustrations in the margins of the frontispiece, of three typical life scenes: a merchant court (on top), a “bank” (on the lower left) and a market (on the lower right), with

characters with features from across the Alps. The “particular” law of merchants, of which three typical “instances” are depicted, such as marketing, negotiation and “exchange”, and the commercial court is added due to the writing contained within the volume of general European “ius commune” doctrine and in “scientia iuris”, symbolised by the “learned” images of Bartolo and Baldo. We imagine that about 80 years prior, when Benvenuto Stracca was organising the material to write his treatise De mercatura seu mercatore, he could not foresee such immediate acclaim nor the positive impact, both in the field of law and in the mercantile environment, as well as in the book market between the 16th and 17th centuries. It was a significant achievement, and one we have tried to bring back to light at the end of this convention.

113 - G.S. PENE VIDARI, Aspetti iniziali...cit., pp. 129-131. 114 - De mercatura decisiones et tractatus varii...precipue Benvenuti Stracchae iurisconsulti clarissimi…nunc primum hac in Germania nova facta editione, Coloniae, apud Cornelium ab Egemont de Grassis, 1622 (the profile of the Fondazione Masutti is at no. 412: Quaderni di sicurtà cit., pp. 304-306). 115 - These editions were already addressed by R. SAVELLI, Giuristi, denari e monti. Percorsi di lettura tra ‘500 e ‘700, in Il Sacro Monte di Pietà e la Cassa di Risparmio in Reggio Emilia by G. ADANI–P. PRODI, Reggio Emilia 1994, pp. 78-81. Relative to the Lyon editions, it is those of 1592-1593 and 1621, the profiles are at nos. 410 and 411 of the Quaderni di sicurtà cit., pp. 302-304.

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Al di là della famiglia e della città: una reminiscenza ciceroniana nelle epigrafi sepolcrali di Bernardino e Benvenuto Stracca Dott. Rocco Borgognoni

edigendo, entro i primi due decenni del Seicento, il resoconto della sua visita triennale compiuta nell’intervallo degli anni 1594-1597 in qualità di ministro provinciale dei Minori, Orazio Civalli riporta per Ancona il testo di ben sedici iscrizioni, quasi tutte appartenenti ai secoli XV-XVI1. Anche nel caso della città dorica, come per le altre località della Provincia della Marca, egli non può, a distanza di tempo, far unicamente conto sulla sua memoria, né si riduce ad affidarsi totalmente ad informazioni di prima mano ricevute da corrispondenti. Il profilo storico che introduce la descrizione di Ancona è infatti quasi interamente desunto, per esplicita ammissione di Orazio, dall’opera di un non precisato “moderno”2. Dietro tale reticente espressione è tuttavia individuabile Lorenz Schrader, erudito protestante al servizio dei vescovi di Osnabrück3, il quale negli anni Cinquanta e Sessanta del Cinquecento aveva due volte percorso l’Italia, per dare poi alle stampe nel 1592 la sua raccolta di epigrafi moderne della Penisola, comprendente anche una selezione dalla città di Ancona4. In essa Schrader aveva trascritto anche l’epigrafe funeraria di Benvenuto Stracca che, essendo il giurista morto nel 1578, doveva essergli stata trasmessa dall’assistente cui era ricorso per i più recenti aggiornamenti alla silloge5. Al contrario di quanto ci si potrebbe attendere, le iscrizioni presenti nella Visita triennale non sono tuttavia pedissequamente mutuate dai Monumentorum Italiae…libri quatuor. Civalli, seguendo un criterio espositivo misto che intercala all’ordine topografico sequenze di viri illustres anconetani, cita non soltanto l’epigrafe di Benvenuto tra quelle di personaggi di rilievo sepolti nella chiesa del convento di S. Francesco alle Scale; alla conclusione della sezione anconetana, nell’enumerazione di quei francescani originari della città che erano assurti ad una qualche rinomanza, compare anche la lapide tombale di Bernardino Stracca, fratello di Benvenuto e sepolto nel medesimo luogo6. Schrader, e in modo ancor più completo Civalli, vengono così a rappresentare i primi testimoni indipendenti degli epitafi incisi sui sepolcri degli Stracca. Il loro lavoro di trascrizione appare oggi tanto più indispensabile a fronte della perdita dei manufatti originali 1 - O. CIVALLI, Visita triennale, in G. COLUCCI (a cura), Delle antichità picene…, 25, Fermo 1795, pp. 82-92. Il profilo biografico più dettagliato su Civalli resta quello inedito di A. RICCI, Dizionario biografico di maceratesi illustri, Macerata, Biblioteca comunale Mozzi-Borgetti, 1103, 42 (scheda dattiloscritta datata 1958). 2 - O. CIVALLI, Visita triennale cit., p. 82. 3 - Allgemeine Deutsche Biographie, 54, Leipzig 1908, pp. 178-179. 4 - L. SCHRADER, Monumentorum Italiae, quae hoc nostro saeculo et a Christianis posita sunt, libri quatuor…, Helmaestadii, typis Jacobi Lucii Transylvani, 1592, cc. 275v-278v. Sulla composizione della silloge, A. PETRUCCI, Le scritture ultime. Ideologia della morte e strategie dello scrivere nella tradizione occidentale, Torino 1995, pp. 114-115. 5 - L. SCHRADER, Monumentorum Italiae cit., c. 277v. 6 - O. CIVALLI, Visita triennale cit., rispettivamente pp. 89-90 e 92.

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– come avviene nel presente caso – e contemporaneamente foriero di complicazioni ed incertezze per la ricostruzione puntuale del testo7. Note da tempo grazie a simili esemplazioni, le lapidi di Bernardino e Benvenuto sono state tradizionalmente sfruttate soltanto come fonte per ricavare dettagli di natura biografica sul giureconsulto e la sua famiglia. È mancata, al contrario, un’analisi complessiva dei due epitafi che ne considerasse la loro intrinseca qualità testuale, anche nel contesto della coeva prassi epigrafica funeraria. Le osservazioni che seguono, pur senza pretese di esaustività, mirano a contribuire a colmare tale lacuna, procedendo in una duplice direzione. Cercheremo preliminarmente di ricostruire, per quanto possibile, l’aspetto materiale e la collocazione dei monumenti funebri degli Stracca, tentando anche di restituire il testo delle due epigrafi in modo relativamente più accurato rispetto a quanto sinora fatto (Appendice). In secondo luogo, l’esame di alcune espressioni in esse contenute potrà a nostro avviso gettare luce sia sulla volontà di autorappresentazione della famiglia Stracca in seno all’élite dirigente anconetana del tardo Cinquecento, sia sulla cultura di Benvenuto e sulla sua familiarità con il patrimonio della letteratura antica. !"# Riprendiamo la rassegna cronologica delle non numerose testimonianze indirette sugli epitafi straccani, dopo quelle già viste di Schrader e Civalli. Le epigrafi dovevano trovarsi ancora in situ alla metà del Seicento, quando poté vederle l’erudito anconetano Giovanni Picchi Tancredi, il quale ne trascrisse il testo in una silloge di tutte le iscrizioni esistenti ad Ancona nella seconda metà del XVII secolo, ordinata su base topografica8. L’occorrenza successiva si pone a oltre un secolo di distanza, ed è connessa al complessivo rifacimento tardosettecentesco della chiesa di S. Francesco. Il padre Michele Buglioni, autore di uno scritto sulla storia del convento e sui lavori di ristrutturazione, informa che questi ultimi comportarono anche la rimozione di tutti i monumenti sepolcrali sino ad allora accumulatisi all’interno dell’edificio. Per cura dello stesso Buglioni, però, “per non perdere tanti preziosi monumenti nel muro laterale della Chiesa nel Chiostro…si posero altre lapidi a più famiglie nobili vantaggiose, gloriose ai letterati e di perpetua testimonianza alla religione”. Tra esse rientrarono quelle dei due Stracca, di cui l’autore riporta il testo, unitamente ad alcune notizie biografiche dell’illustre confratello Bernardino9. Quella di fra Michele risulta l’ultima trascrizione sicura frutto di una ricognizione autoptica sugli originali. Di nessuna utilità si presentano invece al riguardo le voci compilate quasi contemporaneamente da Francesco Lancellotti nel suo Dizionario storico degli uomini illustri di Ancona, in quanto egli per semplice praticità si limita a riprendere la trascrizione delle epigrafi da Buglioni10. Il fatto che il testo dell’epitafio di Benvenuto esemplato nell’Appendice di Camillo Albertini sia privo di una qualsivoglia ulteriore indicazione spinge invece a chiedersi se esso sia stato effettivamente ancora visto dall’erudito anconetano, oppure sia stato meramente ricopiato da una delle opere precedenti11. Se non già alla data in cui Albertini scriveva, le epigrafi degli Stracca devono essere scomparse nel corso dei danneggiamenti e delle ripetute mutazioni della destinazione d’uso cui chiesa e convento andarono soggetti nel corso dell’Ottocento, a partire dalla 7 - Cfr. la problematicità della trascrizione, fatta da Civalli, della tavola bronzea d’epoca romana rinvenuta a Falerone: E. CATANI, Le vicende antiquarie della Tavola bronzea con il rescritto di Domiziano ai Faleriensi, in «Il capitale culturale», 7 (2013), pp. 57-64. 8 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti, risolutioni et decreti pubblici…Con l’aggiunta nel fine d’altre memorie della città, Ancona, Biblioteca comunale Benincasa (= BCAn), ms. 240, rispettivamente cc. 135r (Benvenuto) e 140v (Bernardino). Su questo personaggio si veda ancora P. GIANGIACOMI, Guida spirituale di Ancona, Ancona 1932, pp. 264-268. 9 - M. BUGLIONI, Istoria del convento di S. Francesco dell’ordine de’ Minori d’Ancona…, Ancona 1795, pp. 47-48; trascrizioni alle pp. 51 (Benvenuto) e 128-129 (Bernardino). 10 - F. LANCELLOTTI, Dizionario storico degli uomini illustri di Ancona, Fermo 1796 (rist. anast. Bologna 1983), pp. 94-95. 11 - C. ALBERTINI, Appendice, 1, BCAn, ms. 269, c. 214v (Benvenuto).

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soppressione del 179812. Negli ultimi decenni del secolo Luigi Franchi, autore della fondamentale biografia di Benvenuto Stracca, ammette con frustrazione di non aver potuto rintracciare le lapidi, nonostante l’accurata ricerca nella struttura che dopo l’Unità era divenuta un ospedale e una caserma13. Tale è l’insieme delle fonti – in verità piuttosto povero – cui ci si deve rivolgere per tentare quindi una ricostruzione dell’aspetto dei due sepolcri. Viene fortunatamente per questo risvolto in aiuto Picchi Tancredi il quale, com’è sua abitudine nella raccolta, oltre a trascrivere i testi epigrafici schizza in modo sommario gli emblemi che li accompagnano (Figg. 1-2). Ricaviamo così che lo stemma familiare degli Stracca, già noto dalle ricerche di Franchi, era presente in entrambi i monumenti lapidei, seppur in forma non identica. In quello di Bernardino campeggiava al centro, dividendo l’iscrizione sepolcrale in una metà superiore e una inferiore, ed era caratterizzato da due stelle (8) e da una banda; nel sepolcro di Benvenuto, invece, esso si collocava nella parte superiore della lapide e, oltre ai componenti appena ricordati, vi figurava una partizione. Null’altro si può inferire riguardo i materiali, la forma e le dimensioni dei manufatti funebri, né sulla presenza di ulteriori elementi decorativi, a parte il fatto che, a detta di Buglioni, il sepolcro di Benvenuto recava scolpite in marmo bianco quelle “significationes seu demonstrationes tractatuum in iure… editorum” che il giureconsulto stesso aveva auspicato fossero realizzate nel testamento del 157214. Maggiori particolari si desumono circa la rispettiva collocazione originaria delle lapidi all’interno di S. Francesco, sebbene con l’ipoteca di una non univocità nelle indicazioni fornite dai testimoni. Ancora Benvenuto nel testamento chiedeva che il suo monumento funebre fosse realizzato “prope hostium in terra”, cioè nei pressi della porta d’ingresso15. Se Schrader si limita a notare genericamente che esso si trova “ad S. Franciscum”, Civalli lo inserisce tra gli epitafi “ai muri della Chiesa”, mentre tace sulla posizione della lapide di Bernardino16. In Picchi Tancredi il sepolcro di Benvenuto è dichiaratamente indicato come “deposito a piedi della chiesa a mano dritta nell’entrare”, mentre quello di Bernardino è inserito in un gruppo cui è premesso un “sotto la scalinata dell’altar maggiore cominciando in cornu Evangelii, e seguendo in cornu Epistolae”17. Buglioni, infine, afferma che prima della traslazione, quest’ultima epigrafe era situata “nel fondo dell’antica Chiesa”18. Ciò che appare certo è una distanza spaziale tra i due manufatti lapidei all’interno dell’edificio religioso. Per Benvenuto, sembra che la concordanza tra quanto espresso nelle volontà testamentarie e la precisa annotazione di Picchi Tancredi rendano sicura una collocazione sul pavimento immediatamente a destra dell’ingresso; la notizia contrastante di Civalli sarebbe viceversa imputabile ad una sua approssimazione o ad un’imprecisione del suo informatore. Meno controversa è la posizione del monumento di Bernardino, che doveva figurare verso il fondo della chiesa, ai piedi della scalinata dell’altare maggiore, e più prossimo al lato sinistro di esso, se assumiamo come precisa la sequenza con cui Picchi Tancredi ordina le epigrafi nella sua silloge. La disposizione diametralmente opposta delle due lapidi sepolcrali nello spazio, per quanto singolare, può trovare una spiegazione plausibile. Non va dimenticato che la prima delle due ad es12 - Sui quali V. PIRANI, Le chiese di Ancona, Ancona 1998, pp. 58-59. 13 - L. FRANCHI, Benvenuto Stracca giureconsulto anconitano del secolo XVI, Roma 1888, p. 19 nota. 14 - M. BUGLIONI, Istoria del convento di S. Francesco cit., p. 52. Il testamento del 22 maggio 1572 (erroneamente datato al 1574 da L. FRANCHI, Benvenuto Stracca cit., p. 121), è in Ancona, Archivio di Stato, Fondo notarile di Ancona, (= ASAn, Notarile) 631, notaio Giuseppe Saccucci, cc. 354v-359r, con successivi codicilli del 22 aprile 1575 (cc. 359rv) e del 15 marzo 1578 (cc. 359v-360r); c. 355r per la citazione. 15 - ASAn, Notarile, 631, c. 355r. 16 - L. SCHRADER, Monumentorum Italiae cit., c. 277v; O. CIVALLI, Visita triennale cit., p. 89. 17 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., cc. 135r e 140r. 18 - M. BUGLIONI, Istoria del convento di S. Francesco cit., p. 129.

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sere posta è quella di Bernardino, morto nel 1563; e nella sua iscrizione si ricorda che nel medesimo punto sono sepolti i genitori Antongiacomo e Fiordalisa19, il che potrebbe anche aver implicato una risistemazione della lapide di questi ultimi. Nella prima parte del testamento di Benvenuto, a proposito della scelta della sepoltura, viene stabilito che il testatore stesso “elegit sepulturam charissimorum parentum suorum, voluit namque eius corpus sepelliri in ecclesia Sancti Francisci in sepulcro parentum”. Nel 1572 il giurista attesta quindi l’esistenza di un sepolcro di famiglia, che conserva i corpi dei genitori (in quest’accezione più aderente al latino classico è a nostro avviso da tradurre il termine parentes) e, sebbene non sia esplicitato, anche quello del fratello Bernardino. “Et si visum fuerit” – continuano poi le disposizioni testamentarie, con una sfumatura avversativa – “monumentum fieri pro honore domus et familiae ipsi testatori”, viene indicato il già visto punto presso l’ingresso in cui apporre la lapide, corredata dei titoli delle opere straccane20. Era lo stesso testatore a suggerire perciò l’erezione di un manufatto lapideo separato e la scelta della posizione entro S. Francesco, piuttosto che essere determinata da mancanza di spazi nei pressi della tomba dei familiari, sembra da ricondursi ad una chiara volontà di celebrazione del singolo Benvenuto in un luogo più visibile per chi accedeva alla chiesa. Nonostante la prevista separazione spaziale, il giurista si affrettava a chiarire che il proprio sepolcro individuale avrebbe procurato onore all’intera famiglia; e quando tale opzione si tradusse in realtà, i due epitafi di Bernardino e di Benvenuto risultarono uniti, nella loro formulazione, da una fitta serie di parallelismi e di espressioni comuni. Sarà affidato alle restanti pagine il compito di enucleare tali elementi accomunanti ed offrire un’ipotesi circa la loro origine. !"# Se si analizzano l’uno accanto all’altro i testi dei due epitafi, ciò che balza immediatamente agli occhi è una marcata corrispondenza nell’impostazione, nonostante la diversità delle carriere intraprese dai fratelli Stracca. Il registro impiegatovi appare innanzitutto speculare: a predominare nell’iscrizione di Bernardino è il compianto generale per la prematura scomparsa, che ha impedito l’attuazione di altri importanti traguardi; nell’epigrafe di Benvenuto si glorifica invece la preziosità della sua opera, tanto nella sua attività pratica di giurisperito quanto nella produzione di basilari trattati. Entrambi gli epitafi prendono avvio con una presentazione dei titoli acquisiti, degli incarichi rivestiti e delle benemerenze guadagnate, che è dettagliata per il meno famoso Bernardino, mentre per Benvenuto si riassume nell’icastica formula dello “iureconsultus celeberrimus”21. Mancano invece, o sono ridotte al “vixit bene” di Bernardino, le espressioni tipiche del lessico funerario cristiano. Ma in particolare, a collegare strettamente le due epigrafi, si profila netta la triplice dimensione in cui si esplica il dolore per la scomparsa del defunto, nell’un caso, o i benefici derivanti dall’operosità del deceduto, nell’altro. Bernardino è pianto dai “sui”, cioè dai parenti, dalla “patria” e da “boni omnes”. La gratitudine per l’onore che le vette raggiunte da Benvenuto implica è parallelamente espressa dai “cives”, i concittadini, ancora dai “sui” – con una variatio nell’ordine rispetto al caso precedente –, ed infine da “omnes”22. Escludendo con certezza l’eventualità che simili affinità non siano volute, si mostra necessario cercare di delineare plausibilmente il processo che ha portato all’elaborazione dei due testi funerari. 19 - Vd. APPENDICE, testo 1, ll. 9-10. 20 - ASAn, Notarile, 631, c. 355r. 21 - Vd. APPENDICE, testo 1, ll. 2-4; testo 2, l. 3. 22 - Vd. APPENDICE, testo 1, ll. 7-8; testo 2, ll. 5-6.

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Nel volume di Franchi è stato raccolto quanto è possibile sapere circa la morte e le onoranze funebri tributate al primo defunto, Bernardino. È infatti attivamente Benvenuto, come fratello maggiore e principale esponente in vita della famiglia, che si incarica di “fare l’officio” a S. Francesco per la memoria del congiunto, morto a Macerata poco dopo la sua elezione a ministro provinciale nel 156323. E non a caso egli è l’unico tra i fratelli ad essere citato per nome nella lapide di Bernardino24. Proporremo sin d’ora di individuare in Benvenuto l’ideatore di questo testo funerario. A livello generale, una simile operazione appare inserirsi bene nel quadro degli sforzi intrapresi in prima persona dal giureconsulto per dare lustro alla casata, comprendenti anche il rifacimento della abitazione di famiglia, sulla cui facciata egli fece porre lo stemma scolpito nel marmo25. Più avanti vedremo però come la peculiare derivazione di alcuni elementi interni al testo funerario sia in grado di legittimare una tale attribuzione con una forza probatoria ben più circostanziata. È invece sicuro che nel testamento del 1572 Benvenuto non aveva fornito alcuna indicazione circa quanto doveva essere inciso sulla propria lapide, né risulta altrimenti che egli avesse composto uno o più epitafi per la sua tomba. Sembra in questo secondo caso più plausibile ipotizzare che gli eredi, i due fratelli Giovanni e Girolamo, nonché il figlio di quest’ultimo Antongiacomo26, abbiano preso (o fatto prendere) a modello l’iscrizione precedente di Bernardino per mutuarne i motivi ivi espressi. La ricostruzione sinora prospettata poggia sul presupposto che le lapidi degli Stracca costituissero documenti non comuni nell’ambito dell’epigrafia funeraria del loro tempo. Purtroppo non esistono moderni repertori generali o analisi sistematiche di tale tipo di testi per il periodo di nostro interesse, che consentano una agevole comparazione a largo raggio; anche l’utilissimo studio di Kajanto sull’epigrafia funeraria della Roma medievale e rinascimentale si arresta al 152727. Ci limiteremo quindi ad una contestualizzazione delle due iscrizioni nel coevo panorama anconetano, le cui tracce superstiti si mostrano oggi decisamente sparute, con la sola parziale eccezione di San Ciriaco, decorata dai monumenti sepolcrali cinquecenteschi di Girolamo Ginelli, di Francesco Nobili e di Giovanni Ferretti28. Grazie alla già ricordata silloge frutto del minuzioso lavoro di trascrizione di Picchi Tancredi, si è però in grado di recuperare la ricchezza dell’epigrafia nell’Ancona d’età moderna: ben diversamente dall’aspetto spoglio del suo interno conseguente al restauro postbellico, S. Francesco alle Scale – al pari delle altre chiese doriche – ci appare così popolata di decine di iscrizioni sepolcrali che affollavano pavimento e pareti. Accingiamoci pertanto ad un esame comparato che evidenzi sia caratteristiche comuni sia tratti d’eccezione rispetto al complesso della contemporanea epigrafia anconetana, di natura funeraria o meno. Sicuramente inusuale è la lunghezza ed il grado di elaborazione delle lapidi degli Stracca. La maggior parte dei sepolcri, come ci vengono trasmessi da Picchi Tancredi, si mostra piuttosto scarna, in quanto essi recano soltanto un stemma familiare, o sono corredati di una iscrizione che veicola indicazioni essenziali: nome del defunto, data di morte/età al momento del decesso, identità di chi ha curato l’erezione del monumento funebre. Sebbene nel corso del XVI secolo 23 - L. FRANCHI, Benvenuto Stracca cit., p. 120 e nota 3. 24 - Vd. APPENDICE, testo 1, ll. 4-5. 25 - L. FRANCHI, Benvenuto Stracca cit., pp. 18, 122-123. 26 - I loro nomi, non esplicitati nella lapide (cfr. APPENDICE, testo 2, ll. 6-7), si leggono invece nel testamento: ASAn, Notarile, 631, c. 358v. 27 - I. KAJANTO, Classical and Christian. Studies in the Latin Epitaphs of Medieval and Renaissance Rome, Helsinki 1980. 28 - M. POLVERARI, Su alcuni dipinti e su tre monumenti sepolcrali nella cattedrale di Ancona, in M.L. POLICHETTI (a cura), San Ciriaco. La cattedrale di Ancona. Genesi e sviluppo, Milano 2003, pp. 321-333: 324-328.

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la tendenza su scala europea proceda verso l’epitafio ampio, con andamento narrativo e descrittivo29, casi di tale genere rimangono una netta minoranza in città; il successivo periodo barocco conoscerà piuttosto una diffusione della tipologia, quando ad Ancona si percepirà l’esigenza di reincidere la lapide sepolcrale di Bartolomeo Scalamonti secondo i nuovi canoni30. A fronte della sobrietà con cui quasi tutte le famiglie anconetane impostano le iscrizioni commemoranti i propri defunti, a risaltare nelle chiese cittadine della metà del Cinquecento sono piuttosto nomi di forestieri. Preceduto dal ragusino Alvise Gozzi e in contemporanea con il veneziano Tomaso Cornovi della Vecchia, nei due decenni successivi alla metà del secolo si distingue l’armeno Giorgio Morato, che commissiona a Pellegrino Tibaldi e a Girolamo Siciolante opere per i luoghi sacri più in vista della città, come S. Agostino, S. Bartolomeo e soprattutto S. Ciriaco; qui il committente, oltre a lasciare testimonianze epigrafiche del proprio patronato, ottiene dal vescovo il permesso di istituire una “sepultura comuna” per gli Armeni31. E per la chiesa ortodossa di Sant’Anna dei Greci un “Zuane de Argenta” aveva poco prima, nel 1551, affidato a Lorenzo Lotto l’esecuzione di tre tavole dell’iconostasi32. A parte specifiche ragioni di natura religiosa che possono aver mosso Morato, l’alacre patronato nelle chiese doriche da parte di ricchi mercanti d’origine straniera è stato interpretato come spia della loro volontà di esibire la propria condizione sociale all’interno del contesto cittadino, di fronte all’esclusione dalla partecipazione alla vita politica33. L’intento di distinguersi si ravvisa anche nell’ambito dell’epigrafia funeraria: se il testo iscritto che celebrava il generoso patronato in S. Ciriaco era essenziale34, non lo è certo quello del già citato monumento del fermano Nobili nella medesima cattedrale, accompagnato da una magniloquente decorazione scultorea35. A S. Domenico per gran parte del XVI secolo si poteva poi ammirare il raffinato insieme delle epigrafi funebri della famiglia Marullo, che Schrader sembra essere l’unico ad aver osservato di persona36. E nella stessa chiesa era visibile anche l’elaborata iscrizione del sepolcro del fiorentino Taddeo Barberini (zio del futuro Urbano VIII), defunto in città nel 157537. S. Anna ospitava invece la lapide di Alessio Lascaris, accompagnata dallo stemma familiare, accanto a quella con cui si commemorava l’istituzione di uno xenodochium attraverso i finanziamenti dell’importante personaggio greco38. Pur non essendo forestieri e avendo già avuto in passato esperienze di partecipazione al governo, gli Stracca si sono recentemente innalzati, grazie a Benvenuto, sino ad essere cooptati all’interno del patriziato cittadino. L’erezione di tombe di famiglia diviene perciò un’occasione cruciale di autorappresentazione nel loro nuovo status. L’immagine che si sceglie di mostrare si impernia tutta sul presente (o al massimo su di un passato assai prossimo); si punta ad esaltare il prestigio raggiunto dagli ultimi esponenti, sia in campo ecclesiastico sia in quello giuridico-amministrativo. È un’opzione ampiamente praticata nell’epigrafia funeraria anconetana, che quasi mai insiste 29 - A. PETRUCCI, Le scritture ultime cit., pp. 109-111. 30 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., c. 142v (S. Francesco alle Scale). 31 - M.S. HANSEN, Celebrating the Armenian Faith: Giorgio Morato and Pellegrino Tibaldi in the Cathedral of Ancona, «Analecta Romana Instituti Danici», 24 (1997), pp. 83-91; ID., Immigrants and Church Patronage in Sixteenth-Century Ancona, in S.J. CAMPBELL, S.J. MILNER (eds.), Exchange and Cultural Translation in the Italian Renaissance City, Cambridge 2004, pp. 327-354. 32 - E. RENTETZI, La chiesa di Sant’Anna dei Greci di Ancona, in «Thesaurismata», 37 (2007), pp. 343-357: 348. 33 - M.S. HANSEN, Immigrants and Church Patronage cit., pp. 327-328. 34 - M.S. HANSEN, Celebrating cit., p. 85, con fig. (tratta dalla silloge di Picchi Tancredi). 35 - L. TODISCO, Francesco Nobile da Fermo uomo d’arme e imperatore, in I. COLPO, I. FAVARETTO, F. GHEDINI (a cura), Iconografia 2001. Atti del Convegno (Padova, 30 maggio-1 giugno 2001), Roma 2002, pp. 515-522. 36 - L. SCHRADER, Monumentorum Italiae cit., cc. 276v-277r. 37 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., c. 151r. Su Taddeo e le sue volontà testamentarie, P. RIETBERGEN, Power and Religion in Baroque Rome. Barberini Cultural Policies, Leiden 2006, p. 66. 38 - Le epigrafi sono riportate entrambe in G. SARACINI, Notitie historiche della città di Ancona, Roma 1675 (rist. anast. Bologna 1968), p. 367.

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su remote origini nobilitanti per l’ascendenza del defunto. Queste ultime sembrano piuttosto appannaggio di personaggi di spicco della ‘nazione’ greca: di Manilio Marullo, padre di Michele, il cui epitafio lo vuole “vetustissimo genere Marullorum natus, qui ex D(ominis) D(ominis) Gordianis Marullis Rom(anis) imp(eratoribus) originem ducunt”39; e di Alessio Lascaris, che si specifica “Paleologorum sanguine ortus”40. Manca al contrario nella dettagliata epigrafe del gerosolimitano Tommaso Tomasi un qualunque riferimento a quella fittizia genealogia che rimontava all’aristocrazia della Costantinopoli protobizantina, pur da lui commissionata a caro prezzo nel 1580 al falsario Alfonso Ceccarelli41. Tra i monumenti iscritti delle famiglie anconetane, l’unico che sembra richiamarsi ad un mitico passato è quello di Angelo Picchi – antenato dell’erudito secentesco – il quale, realizzando da vivo nel 1570 un sepolcro “sibi et posteris”, vi fa inserire una parafrasi di Virgilio, con allusione al nome della casata: “Rex fuerat Latii Picus Saturnia proles”42. Lapidi ampie, articolate e centrate sulla carriera del defunto, quindi, quelle di Bernardino e di Benvenuto; non è tuttavia questo che le rende uniche nel panorama anconetano. Concentriamoci ora piuttosto sull’occorrenza del trinomio famiglia-patria/città-comunità formata da tutti/“boni”, già rilevato in entrambe. Preso singolarmente, il lessico utilizzato non rappresenta una novità nell’Ancona quattro-cinquecentesca: diverse sono anzi le iscrizioni in cui sono presenti uno o due di tali elementi. In epigrafi che ricordano lo svolgimento di una carica pubblica, Lorenzo Tudini nel 1511 semplicemente “omnibus haud priscis degeneravit avis”, mentre Giovanni Turoglioni “sectatus gesta parentis gratus cunctis prefuit officio”. Anche del mercante ragusino Pietro Nulleburch si ricorda che in vita era risultato “apud omnes gratiosus”43. L’abbinamento più sfruttato è tuttavia quello tra famiglia e patria: se il canonico anconetano Domenico Pizzoro, sepolto dal fratello nel 1497 nel duomo, è designato “patriae domusque suae honor”, il Giovanni Ferretti sepolto nel medesimo edificio mezzo secolo dopo viene descritto come “patria ac genere clarus…et patriae et familiae nobili relinquens exemplum”44. Ciò che è assente da tutti gli esempi sopra riportati è la comparsa contemporanea di tutte e tre quelle che si potrebbero definire come le sfere sociali che attorniano l’individuo; una presenza che gioca volutamente un ruolo centrale in entrambi gli epitafi degli Stracca. È perciò utile interrogarsi sulle possibili fonti che abbiano ispirato gli ideatori del duplice testo funerario. Se ci si rivolge alla letteratura antica, l’elaborazione di una visione della società a ‘cerchi concentrici’ (kikloi) era stata effettuata dallo stoicismo medio. Possediamo in particolare l’analitica formulazione di Ierocle (II sec. d.C.), salvata parzialmente nell’antologia tardoantica realizzata da Giovanni Stobeo. Essa comprende molteplici gradi di aggregazione a partire dal singolo, per procedere quindi, attraverso congiunti e affini di vario grado, appartenenti ad un medesimo demos, concittadini, membri dello stesso ethnos, fino al decimo circolo, abbracciante tutto il genere umano45. 39 - M.J. MCGANN, The Ancona Epitaph of Manilius Marullus, in «Bibliothèque d’humanisme et renaissance», 42 (1980), pp. 401-404; ID., Medieval or Renaissance? Some distinctive Features in the Ancona Epitaph of Manilius Marullus, in «Bibliothèque d’humanisme et renaissance», 43 (1981), pp. 341-343. 40 - G. SARACINI, Notitie historiche cit., p. 367. 41 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., cc. 162r-163r. Per la manipolazione genealogica sia permesso rinviare a R. BORGOGNONI, Idola historialia. Storie di famiglie e centri marchigiani nelle falsificazioni di Alfonso Ceccarelli, «Revista de Historiografía», 15 (2011), pp. 6476: 67-71. 42 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., c. 141v. 43 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., rispettivam. cc. 98v, 97v, 128r. 44 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., rispettivam. cc. 128v, 122v. L’iscrizione di Ferretti si legge ora trascritta in M. POLVERARI, Su alcuni dipinti cit., p. 327; per il personaggio, M. MINELLI, La famiglia Ferretti di Ancona, Ancona 1987, pp. 68-69. 45 - Il frammento si può ora leggere in I. RAMELLI (ed.), Hierocles the Stoic: Elements of Ethics, Fragments and Excerpts, Atlanta 2009, pp. 63-96.

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Quante erano tuttavia le possibilità che nell’Ancona del secondo Cinquecento fosse noto ed utilizzato un testo greco non certo di vasta diffusione? Decisamente poche, nonostante il fatto che entro la metà del secolo l’Anthologion di Stobeo fosse uscito a stampa nel suo complesso, e corredato di traduzione latina: prima con la princeps veneziana di Trincavelli nel 1536, quindi nelle due edizioni (1543 e 1549) curate da Conrad Gesner46. Nondimeno, un collegamento delle epigrafi straccane con lo stoicismo è tutt’altro da escludere. Esiste infatti un tramite per mezzo del quale la dottrina stoica dell’oikeiosis poteva essere giunta, ed essere anzi ben conosciuta, negli ambienti colti dell’Ancona moderna. Nel primo libro del De officiis, Cicerone aveva esposto un adattamento della visione di questa scuola filosofica, informato dai valori e dalla fisionomia della società romana. La rete di vincoli più stretta è per l’Arpinate la societas propinquorum, che parte dal nucleo del matrimonio (coniugium) per espandersi poi con la domus, e quindi con le sfere più estese di parenti e affini. Per essi Cicerone nota significativamente “magnum est enim eadem habere monumenta maiorum, eisdem uti sacris, sepulchra habere communia”. Prima aveva sottolineato come anche la civitas costituisse una sfera superiore al gruppo parentale: in essa gli uomini condividevano tanto i medesimi spazi fisici (forum, fana, porticus, viae) quanto le norme di vita e i costumi (leges, iura, iudicia, suffragia, consuetudines, familiaritates). Con uno scarto per noi di particolare rilevanza, il testo aggiunge – in un passo che è considerato interpolato: “sed omnium societatum nulla praestantior est, nulla firmior, quam cum viri boni moribus similes sunt familiaritate coniuncti”47. Sembra che più d’uno siano gli elementi in grado di aver attratto l’attenzione di Benvenuto, compresa la menzione delle tombe di famiglia, che potrebbe aver offerto uno spunto per un’utilizzazione del passo all’interno del contesto funerario. Tale opera ciceroniana viene considerata tra le più diffuse del patrimonio letterario latino nel medioevo e in età umanistico-rinascimentale, anche grazie al fatto che l’edizione del De officiis comparve assai precocemente come incunabolo. È quindi plausibile che fosse ampiamente nota tra chi in età moderna frequentava i testi antichi. Per rimanere nell’area marchigiana, il reimpiego di due fogli pergamenacei del XV secolo, contenenti proprio il trattato in questione, come carte di guardia di un registro documentario appignanese del secondo Cinquecento, costituirebbe una conferma della lettura di Cicerone, e forse di un uso tanto frequente da provocare il deterioramento del codice48. E per Benvenuto già Franchi aveva notato la buona istruzione che il giovane Stracca doveva aver ricevuto sotto la guida del suo maestro Ambrogio Nicandro, soprattutto per quanto riguardava l’approfondita conoscenza delle opere letterarie greche e latine49. Ma non sono soltanto elementi di contesto a rendere verisimile una consapevole ripresa del passo ciceroniano nelle lapidi funerarie degli Stracca, e ad additare Benvenuto come il più probabile artefice di essa. Nel suo De mercatura, egli apre la trattazione della prima sezione proprio all’insegna di Cicerone: intende infatti applicarvi l’insegnamento dell’Arpinate 46 - Sulle quali M. CURNIS, L’Antologia di Giovanni Stobeo. Una biblioteca antica dai manoscritti alle stampe, Alessandria 2008, pp. 38-80. Cfr., a titolo puramente indicativo, il testo greco con versione a fronte in C. GESNER (cur.), Kšraj 'Amalqe…aj. 'Iw£nnou toà Stoba… ou ™klogaˆ ¢pofqegm£twn kaˆ Øpoqhkîn/Ioannis Stobaei Sententiae ex thesauris Graecorum delectae…, Basileae, ex officina Ioannis Oporini, 1549, pp. 479-480. 47 - CIC. off. 1.53-56 (C. ATZERT [rec.] M. TULLIUS CICERO, De officiis, De virtutibus, Leipzig 1971, pp. 19.10-20.12) ; cfr., parimenti a titolo indicativo, M. TULLIUS CICERO, De officiis…libri tres…, Lugduni, apud Ioannem Frellonium, 1560, pp. 27-28. 48 - D. CECCHI, Tre frammenti del De Officiis di Cicerone nell’archivio comunale di Appignano, in Civiltà del Rinascimento nel Maceratese. Atti del V Convegno del Centro di studi storici maceratesi (Recanati, 30 novembre 1969), Macerata 1971, pp. 165-185: 165-168. 49 - L. FRANCHI, Benvenuto Stracca cit., pp. 20-22.

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circa la necessità di definire preliminarmente l’oggetto della discussione50. Seguono espliciti riferimenti da ciascuno dei tre libri del De officiis51, oltre che da varie orazioni ciceroniane e dalle Tusculanae disputationes52. Simili occorrenze fugano di conseguenza ogni possibile dubbio su una conoscenza diretta e puntuale dell’opera da parte di Benvenuto. Uomo di grande cultura, egli dimostra non soltanto di aver assimilato la lezione degli scrittori antichi, ma di saperla rifunzionalizzare ed impiegare per scopi calati nella realtà a lui contemporanea. Si pensi all’incipit della supplica con cui, prossimo ai settanta anni, chiede di essere esonerato dalle adunanze del Consiglio esordendo con un riferimento classico: “Solevano gl’antiqui Romani a’ suoi soldati, poi che per tempo prefinito havevano affatigato, concederli essentione et immunità dalla militia”53. E l’idea di poter utilizzare espressioni mutuate dai più noti testi dell’antichità non è affatto peregrina, come attestano alcune iscrizioni romane esaminate da Kajanto: a partire proprio dall’epitafio di un cardinale seppellito nel 1259 a S. Maria Maggiore, in cui una formula dell’epigramma funebre di Virgilio compare accanto ad una rielaborazione del celebre “cedant arma togae” del primo libro del De officiis ciceroniano54. !"# “Dalla pietra alla pagina”: è così intitolato il capitolo che Armando Petrucci ha dedicato al Cinquecento nel suo volume, più volte richiamato, sulle pratiche scrittorie connesse alla memoria dei morti nella civiltà occidentale. È infatti in questo secolo che accanto all’epigrafia si sviluppa una produzione di argomento ugualmente funerario, ma prettamente letteraria ed affidata al supporto cartaceo, che va dalla composizione di epitafi in versi alla raccolta di monumenti iscritti antichi e moderni. Un’espressione, questa, che si può applicare però, con accezione più restrittiva, ad operazioni non necessariamente inerenti la sfera funebre: essa descrive bene l’iniziativa di Aldo Manuzio, il quale modella il privilegio editoriale per il suo Orazio del 1501 su un testo epigrafico antico (spurio) che nel Quattrocento era stato inciso su pietra a Cesena, contenente il supposto decreto che proibiva ad una qualunque formazione armata l’attraversamento del Rubicone55. È un percorso in qualche modo speculare a quello intrapreso, come si è visto, da Benvenuto e dai suoi eredi, in cui un testo letterario come il De officiis viene sfruttato per comporre iscrizioni funerarie lapidee strettamente affini. Iscrizioni che poi saranno perdute nelle complesse vicende della storia anconetana, per sopravvivere quindi soltanto nelle trascrizioni dei due secoli successivi. Così il cerchio si chiude: dalla pagina alla pietra, ed ancora alla pagina.

50 - B. STRACCA, De mercatura, seu mercatore tractatus, Venetiis 1553, c. 4r. 51 - B. STRACCA, De mercatura cit., cc. 8r, 33v, 35r (I lib.); c. 11v (II lib.); c. 32v (III lib.) 52 - B. STRACCA, De mercatura cit., cc. 20r (Ver.); 34v (Man.); 37v (Catil.); 61r (Tusc.). 53 - Individuato e citato per esteso in L. FRANCHI, Benvenuto Stracca cit., p. 23. 54 - I. KAJANTO, Classical and Christian cit., p. 29. 55 - F. DI BENEDETTO, Il modello epigrafico di un privilegio aldino, in «La Bibliofilia», 110 (2008), pp. 21-28.

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APPENDICE Viene di seguito proposta una restituzione delle due iscrizioni sepolcrali, che si basa su un numero di testimoni leggermente più ampio rispetto a quello sinora utilizzato, pur nella consapevolezza delle incertezze che permangono. Si rinuncia alla pretesa di ricostruire l’originale impaginazione con la divisione nelle linee di scrittura, le abbreviazioni e sigle ed il sistema di puntuazione usati, dato che simili tratti sono sistematicamente ignorati o modificati liberamente dai trascrittori. Quale testo base è stata assunta per entrambe le epigrafi la trascrizione di Civalli, in quanto appare la meno scorretta, anche se non esente da mende. Tutte le abbreviazioni vengono sciolte. In apparato sono riportati soltanto errori e varianti significative, e gli scioglimenti delle abbreviazioni qualora risultino certamente erronei. Per una più chiara intelligibilità, si è mantenuta quasi per intero la punteggiatura che si ritrova in Civalli. 1) BERNARDINO STRACCA (1535-1563) Fonti: O. CIVALLI, Visita triennale cit., p. 92; G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., c. 140v; M. BUGLIONI, Istoria del convento di S. Francesco cit., p. 129. D(eo) O(ptimo) M(aximo) MAGISTRO BERNARDINO STRACCHAE DIVI FRANCISCI SERVO, SACRAE THEOLOGIAE DOCTORI, PROVINCIAE MARCHIAE MINISTRO, BENEVENVTVS STRACCHA IVRIS CONSVLTVS ET ALII GERMANI FRATRES B(ene) M(erenti) P(osuere). VIXIT AN(nos) XXXVIII ET DVM VIXIT BENE, IDEO FVIT HOC LVCTVOSVM SVIS, ACERBVM PATRIAE, GRAVE BONIS OMNIBVS. IACENT ET HIC CHARISSIMI EORVNDEM PARENTES D(ominus) ANTONIVS IACOBVS, ET FIORDELISA QVIBVS ETIAM B(ona) M(emoria)

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1 D.O.M.] om. Picchi Bugl. || 3 SACRAE] sacro Picchi | THEOLOGIAE] teologiae Picchi || 4 BENEVENVTVS STRACCHA] Benvenutus Stracca Picchi Bugl. || 5-6 B.M.P.-FVIT] om. Bugl. | XXXVIII Picchi] XXXVII Civ. | ET DVM] dum Picchi || 7 HOC] huic Bugl. | ACERBVM] accerbum Bugl. || 8-9 IACENT ET] hiacent te Bugl. | CHARISSIMI] carissimi Picchi | EORVNDEM PARENTES Bugl.] parentes eorundem Civ. eorum demum parentes Picchi | D. ANTONIVS IACOBVS scripsi] D. Anaonius Iacobus Civ. Domini Antonii Iacobi Picchi || 9-10 FIORDELISA] Fiordalisa Bugl. Fiordalisae Picchi | ETIAM] est Picchi Bugl.

2) BENVENUTO STRACCA (1509-1578) Fonti: L. SCHRADER, Monumentorum Italiae cit., c. 277v; O. CIVALLI, Visita triennale cit., pp. 89-90; G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., c. 135r; M. BUGLIONI, Istoria del convento di S. Francesco cit., pp. 51-52. D(eo) O(ptimo) M(aximo) BENEVENVTO STRACCHAE IVRECONSVLTO CELEBERRIMO, QVI SVIS MONVMENTIS IVS CIVILE LOCVPLETAVIT, PATRIAM IVVIT, CONSVLENDO, RESPONDENDO PROFVIT, CIVIBVS GRATVS, SVIS ORNAMEN-

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TVM, OMNIBVS DENIQVE CHARVS, FRATRES ET EX FRATRE NEPOS HAEREDES MOESTISS(imi) POS(uere) MDLXXIX. VIX(it) AN(nos) LXIX. DE MERCATVRA, DE PROXENETIS, DE ASSECVRATIONIBVS ET DE ADIECT(o), ADNOTAT(iones) AD CONSI(lia) GRAVETTAE. 1 D.O.M. Picchi] om. Schrad. Civ. Bugl. || 2 BENEVENVTO] Benvenuto Schrad. Picchi Bugl. || 3-4 IVRECONSVLTO CELEBERRIMO] om. Picchi i.c. celeber Bugl. | IVS CIVILE] om. Picchi || 6 CHARVS] carus Picchi || 7 HAEREDES] heredes Schrad. Picchi | MOESTISS(imi)] mestis. Bugl. mestissimi Picchi | MDLXXIX Bugl.] MDLXXX Schrad. Civ. MDLXXXIX Picchi| LXIX] LXIX. Scripsit add. Civ. || 8 DE PROXENETIS] De Prox. Enetis Picchi || 9 DE ADIECT(o) scripsi] de adiec. Picchi Bugl. adiect. Schrad. adiecit Civ. | ADNOTAT(iones)] Annotation. Schrad. Annotat. Bugl. | GRAVETTAE Schrad.] Gavettae Civ. gravia Picchi

G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti, risolutioni et decreti pubblici…Con l’aggiunta nel fine d’altre memorie della città, BCAn, ms. 240, c. 140v: epigrafe funeraria di Bernardino Stracca (per gentile concessione della Biblioteca comunale Benincasa di Ancona)

G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti, risolutioni et decreti pubblici…Con l’aggiunta nel fine d’altre memorie della città, BCAn, ms. 240, c. 135r: epigrafe funeraria di Benvenuto Stracca (per gentile concessione della Biblioteca comunale Benincasa di Ancona)

Vorrei esprimere la mia gratitudine al prof. Alessandro Mordenti per aver discusso preliminarmente con me alcuni aspetti della presente indagine. Un ringraziamento è dovuto anche al finanziatore l’avv. Mauro e agli editori, per aver accolto con la massima disponibilità queste pagine negli Atti del convegno.

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Beyond family and city: a Ciceronian recollection of the sepulchral inscriptions of Bernardino and Benvenuto Stracca Dott. Rocco Borgognoni

During the first two decades of the Seventeenth century, while drafting the account of his triennial visit made during the period of 1594-1597 as Provincial Minister of the Order of Friars Minor Conventual, Orazio Civalli reported the text of sixteen inscriptions in Ancona, almost all dating back to the 15th - 16th centuries1 . Also in the case of the Dorian city, as well as for the other localities within the Marca Province, he cannot after the passage of time, solely rely on his memory, nor does he limit himself to fully trust first hand information received by correspondents. The historical profile that introduces the description of Ancona, is in fact almost entirely deduced, by the explicit admission of Orazio, from the work of an unspecified “modernist”2. However, behind such reticent statement, Lorenz Schrader is identifiable, the learned Protestant in service of the Bishops of Osnabrück3, who in the Fifties and Sixties of the Sixteenth century had travelled throughout Italy twice, to then print in 1592 his collection of modern engraved inscriptions of the Peninsula, also including a selection from the city of Ancona4. Within this, Schrader had also transcribed the funerary engraved inscription of Benvenuto Stracca, and since he was a jurist that died in 1578, this must have been forwarded by the assistant he turned to for the most recent updates

to the anthology5. Contrary to what could be expected, the inscriptions shown in the Visita triennale [Triennial Visit] are not blindly lent by the Monumentorum Italiae…libri quatuor. Civalli, following a mixed exhibitory criteria which inserts within the topographical order sequences of Ancona viri illustres, it does not only cite the engraved inscription of Benvenuto among those of prominent figures buried in the church of the convent of S. Francesco alle Scale; at the end of the section on Ancona, in the listing of those Franciscans originating from the city who had risen to any illustriousness, the tombstone of Bernardino Stracca, brother of Benvenuto and buried in the same place6, also appears. Schrader, and in an even more complete manner Civalli, as thus represented as the first independent witnesses of the epitaphs engraved on the Stracca sepulchres. The transcription work appears to be even more essential given the loss of the original artefacts – as has occurred in this case – and at the same time a harbinger of complications and uncertainties for the accurate reconstruction of the text7. Known for some time due to similar copies, the Bernardino and Benvenuto tombstones were traditionally used only as a source to gain details of a

I would like to express my gratitude to Prof. Alessandro Mordenti for having preliminarily discussed with me a few aspects of this investigation. A special thank you also to the financial backer Attorney Mauro and to the other editors, for having included with the outmost ease these pages within the Documents of the convention. 1 - O. CIVALLI, Visita triennale, in G. COLUCCI (edited by), Delle antichità picene…, 25, Fermo 1795, pp. 82-92. The most detailed biographical profile on Civalli is the unpublished one by A. RICCI, Dizionario biografico di maceratesi illustri, Macerata, Municipal Library Mozzi-Borgetti, 1103, 42 (typewritten card dated 1958). 2 - O. CIVALLI, Visita triennale cit., p. 82. 3 - Allgemeine Deutsche Biographie, 54, Leipzig 1908, pp. 178-179. 4 - L. SCHRADER, Monumentorum Italiae, quae hoc nostro saeculo et a Christianis posita sunt, libri quatuor…, Helmaestadii, typis Jacobi Lucii Transylvani, 1592, cc. 275v-278v. On the composition of the anthology, A. PETRUCCI, Le scritture ultime. Ideologia della morte e strategie dello scrivere nella tradizione occidentale, Turin 1995, pp. 114-115. 5 - L. SCHRADER, Monumentorum Italiae cit., c. 277v. 6 - O. CIVALLI, Visita triennale cit., respectively pp. 89-90 and 92. 7 - See. the problems in transcription, made by Civalli, of the bronze plate from the Roman Era recovered in Falerone: E. CATANI, Le vicende antiquarie della Tavola bronzea con il rescritto di Domiziano ai Faleriensi, in «Il capitale culturale», 7 (2013), pp. 57-64.

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biographical nature on the jurisconsult and his family. Conversely, an overall analysis of the two epitaphs is lacking that takes into accounts their intrinsic textual quality, also within the context of the contemporary funerary inscription practice. The considerations below, without pretending to be comprehensive, aim to contribute to fill this gap, proceeding in two directions. We will initially try to reconstruct, as much as possible, the physical appearance and placement of the Stracca funerary monuments, also trying to reconstruct the text of the two epigraphs in the most relatively accurate manner relative to what has been done up to this time (Appendix). Secondly, the examination of several expressions contained within them may, in our opinion, shed some light both on the will for auto-representation of the Stracca family within the context of the leading Ancona elite of the late Sixteenth century, and on the culture of Benvenuto and his familiarity with the heritage of ancient literature. !"# We resume the chronological review of the few indirect testimonials on the Stracca epitaphs, after those already stated by Schrader and Civalli. The engraved inscriptions must have still been in situ during the second half of the Seventeenth century, when the learned Ancona citizen, Giovanni Picchi Tancredi, who transcribed the text into an anthology of all the inscriptions existing in Ancona during the second half of the 17th century, organized based on topography8. The subsequent occurrence is over a century later, and is connected to the overall refurbishment in the late eighteenth century of the church of S. Francesco. Father Michele Buglioni, author of a text on the history of the convent and on the renovation work, states that the latter also involved the removal of all the sepul-

chre monuments which had accumulated up to that time within the building. Based on said Buglioni, however, “in order to not lose so many valuable monuments along the side wall of the Chiesa nel Chiostro…other tombstones where put in place for multiple well-to-do noble families, glorious to writers and a perpetual testimonial to religion”. Among these, the two Stracca monuments could be found, which the author states in his text, jointly with some biographical information of the illustrious fellow brother Bernardino9. Friar Michele’s transcription appears to certainly be the result of an autoptical survey of the originals. On the other hand, the entries compiled almost at the same time by Francesco Lancellotti in his Dizionario storico degli uomini illustri di Ancona [Historical Dictionary of Illustrious Men of Ancona], appear to be of no use, because simply due to practicality he limited himself to recalling the transcriptions of engraved inscriptions by Buglioni10. The fact that the text of the epitaph of Benvenuto exemplified in the Appendice [Appendix] of Camillo Albertini is free of any additional indication, on the other hand, leads us to wonder if it was still actually seen by the learned Ancona scholar, or if it was merely copied by one of the preceding works11. Perhaps already from the date of Albertini’s writings, the Stracca inscriptions must have disappeared during the course of damage and of repeated changes of assigned use that the church and convent were subjected to during the Nineteenth century, starting from the abolition of 179812. During the last decades of the century, Luigi Franchi, author of the essential biography on Benvenuto Stracca, states with frustration to not have been able to find the tombstones, despite careful searching within the premises, which after the Unità had turned into a hospital and barracks13.

8 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti, risolutioni et decreti pubblici…Con l’aggiunta nel fine d’altre memorie della città, Ancona, Municipal Library Benincasa (= BCAn), ms. 240, respectively cc. 135r (Benvenuto) and 140v (Bernardino). On this figure, also see P. GIANGIACOMI, Guida spirituale di Ancona, Ancona 1932, pp. 264-268. 9 - M. BUGLIONI, Istoria del convento di S. Francesco dell’ordine de’ Minori d’Ancona…, Ancona 1795, pp. 47-48; transcriptions on pp. 51 (Benvenuto) e 128-129 (Bernardino). 10 - F. LANCELLOTTI, Dizionario storico degli uomini illustri di Ancona, Fermo 1796 (reprinted from orig. Bologna 1983), pp. 94-95. 11 - C. ALBERTINI, Appendice, 1, BCAn, ms. 269, c. 214v (Benvenuto). 12 - On these see V. PIRANI, Le chiese di Ancona, Ancona 1998, pp. 58-59. 13 - L. FRANCHI, Benvenuto Stracca giureconsulto anconitano del secolo XVI, Rome 1888, p. 19 note.

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The overall sources to which we can turn to therefore, reconstruct the two sepulchres, are in truth rather sparse. Fortunately, Picchi Tancredi helps in this matter because, as is his custom in his collection, in addition to transcribing the engraved inscription texts he provides outlined sketches of the emblems that accompany them (Figures 1-2). Therefore we learn that the Stracca family crest, already known from the research by Franchi, existed on both tombstones, even if not of an identical shape. The one for Bernardino, appeared in the centre, dividing the sepulchral inscription in an upper half and a lower half, and was made of two stars (8) and a sash; on the other hand, for the sepulchre of Benvenuto, the crest was in the upper part of the tombstone and in addition to the elements just stated, there was a partition. Nothing else can be found on the materials, the shape and size of the funerary artefacts, nor on the existence of any additional decorative elements, apart from the fact that, based on Buglioni, the sepulchre of Benvenuto showed sculpted in white marble those “significationes seu demonstrationes tractatuum in iure…editorum” that said jurisconsult had hoped would be implemented in his will of 157214. Greater details can be found on the relative original placement of the tombstones inside S. Francesco, although the indications supplied by testimonials are discordant. Still in his will, Benvenuto asked that his funerary monument be created “prope hostium in terra”, meaning near the entrance door15. If Schrader limits himself to generically note that it is located “ad S. Franciscum”, Civalli finds it among the epitaphs “along the walls of the Church”, while he is silent on the position of the Bernardino tombstone16. In Picchi Tancredi the sepulchre of Benvenuto was admittedly shown as “located at the foot of the church on the right side of the entrance”, while that of Bernardino is inserted in a

group with an inscription reading as follows: “under the steps of the upper altar beginning in cornu Evangelii, and following in cornu Epistolae”17. Lastly, Buglioni, affirms that prior to being moved, this last engraved inscription was located “in the back of the ancient Church”18. What appears to be certain is that there is a spatial distance between the two tombstone artefacts inside the religious building. For Benvenuto, it seems that in accordance to his wishes in his will and the precise annotation of Picchi Tancredi it is certain that it is located on the floor immediately to the right of the entrance; the contrasting information of Civalli on the contrary appears to be due to his approximation or to imprecise information from his informant. Less disputed is the position of Bernardino’s monument, which could be found in the back of the church, at the foot of the steps to the upper altar, and closest to its left side, if we assume the sequence by which Picchi Tancredi organises the inscriptions in his anthology to be exact. The diametrically opposed placement of the two sepulchral tombstones in a rather unusual space may have a plausible explanation. It should not be forgotten that the first of the two to be placed was that of Bernardino, who died in 1563; and in his inscription we recall that his parents, Antongiacomo e Fiordalisa19, are buried in the same spot, which could have implied a relocation of the tombstones of the latter. In the first part of the will of Benvenuto, relative to the choice for burial, it is established that said testator “elegit sepulturam charissimorum parentum suorum, voluit namque eius corpus sepelliri in ecclesia Sancti Francisci in sepulcro parentum”. In 1572, the jurist thus states the existence of a family sepulchre, where his deceased parents (in our opinion, the term parentes should be translated with meaning more coherent with classical Latin) are buried, and although not

14 - M. BUGLIONI, Istoria del convento di S. Francesco cit., p. 52. The will of 22 May 1572 (erroneously dated 1574 by L. FRANCHI, Benvenuto Stracca cit., p. 121), is in Ancona, State Archive, Fondo notarile di Ancona, (= ASAN, Notarile) 631, notary Giuseppe Saccucci, cc. 354v-359r, with subsequent codicils of 22 April 1575 (cc. 359rv) and of 15 March 1578 (cc. 359v-360r); c. 355r for the quote. 15 - ASAN, Notarile, 631, c. 355r. 16 - L. SCHRADER, Monumentorum Italiae cit., c. 277v; O. CIVALLI, Visita triennale cit., p. 89. 17 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., cc. 135r and 140r. 18 - M. BUGLIONI, Istoria del convento di S. Francesco cit., p. 129. 19 - See APPENDIX, text 1, ll. 9-10.

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specified, his brother Bernardino is also buried. “Et si visum fuerit” – the provisions of the will continue, with an adversative nuance – “monumentum fieri pro honore domus et familiae ipsi testatori”, state the already illustrated point near the entrance where to place the tombstones, complete with the titles of Stracca’s work20. Therefore, it was said testator to suggest a separate tombstone artefact and to select its position inside S. Francesco, rather than being determined by lack of space near the family tomb, it appears to be due to the clear will to celebrate this single Benvenuto in a more visible location for those entering the church. Despite the spatial separation, the jurist hastened to clarify that his individual sepulchre would honour the entire family; and when this option became a reality, the two epitaphs of Bernardino and of Benvenuto appear to be united, in their formulation, by a tick series of parallels and statements in common. The following pages will attempt to shed some light on these common elements and to put forth a hypothesis on their origin. !"# If we analyse the text of the two epitaphs one next to the other, what jumps out immediately is the noticeable correlation of the writings, despite the different careers undertaken by the Stracca brothers. The tone employed appears mostly reflective: predominantly the inscription for Bernardino portrays the general lament for his the premature demise, which impeded the implementation of other important goals; on the other hand, the Benvenuto inscription glorifies the value of his work, equally for his practice as jurist and for his production of fundamental treatises. Both inscriptions start by illustrating the qualifications obtained, the roles covered and the merits gained, which is detailed for the less famous Bernardino, while for Benvenuto it is epitomised in the icastic formula of “iureconsultus celeberrimus”21. The typical expressions of the Christian

funerary lexicon, are instead lacking or are reduced to “vixit bene” for Bernardino. But specifically, strictly correlating the two inscriptions, is the clear triple dimension in which the pain for the passing of the deceased is expressed in one case, or the benefits driving from the works of the deceased, for the other. Bernardino is lamented by “sui”, meaning by his relatives, by “patria” and by “boni omnes”. The gratitude for the honour that the pinnacles reached by Benvenuto implies, is equally expressed by “cives”, his co-citizens, also by his “sui” – with a variatio in the order compared to the preceding case –, and lastly by “omnes”22. Excluding with certainty the possibility that such affinities were not intentional, it becomes necessary to try to plausibly delineate the process that led to the elaboration of the two funerary texts. The Franchi volume collected what was possible to learn relative to the death and funerary honours attributed to the first deceased party, Bernardino. In fact, it is Benvenuto, as older brother and main spokesperson while alive for the family, who actively takes on the responsibility of “fare l’officio” in S. Francesco in memory of his brother, who died in Macerata shortly after being elected Minister of the Province in 156323. It is not by chance that he is the only one among the brothers to be cited by name on the tombstone of Bernardino24. We would like to introduce the idea at this time that Benvenuto created this funerary text. In general, this type of operation fits well within the framework of personal efforts undertaken by the jurisconsult to dignify his family, including the refurbishment of his family home, on which façade he had placed the sculpted marble family coat of arms25. However, later on we will see how the peculiar origin of some elements within the funerary text is able to legitimise said attribution with a much more detailed evidentiary strength. Instead, it is certain that in the will of 1572, Benvenuto did not provide any indication relative to what he

20 - ASAN, Notarile, 631, c. 355r. 21 - See APPENDIX, text 1, ll. 2-4; text 2, l. 3. 22 - See APPENDIX, text 1, ll. 7-8; text 2, ll. 5-6. 23 - L. FRANCHI, Benvenuto Stracca cit., p. 120 and note 3. 24 - See APPENDIX, text 1, ll. 4-5. 25 - L. FRANCHI, Benvenuto Stracca cit., pp. 18, 122-123.

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wanted inscribed on his inscription, nor can we find that he had written one or more epitaphs for his tomb. In this second case, it appears more plausible to hypothesise that the heirs, his two brothers Giovanni and Girolamo, as well as the son of the latter, Antongiacomo26, took (or had someone take) as a template the preceding inscription for Bernardino to then borrow the themes stated therein. The reconstruction presented up to now, rests on the presumption that the Stracca tombstones were uncommon documents within the context of the funerary inscriptions of their time. Unfortunately, there are no contemporary general directories or systematic analyses of these types of texts for the period of interest that would allow us to easily implement a wide-ranging comparison; even the very useful study by Kajanto on funerary inscriptions of Medieval and Reinassance Rome stops at 152727. We will thus limit ourselves to the contextualisation of the two inscriptions within the modern setting in Ancona, with decidedly meagre surviving traces, with the only partial exception of San Ciriaco, graced with the Sixteenth century sepulchral monuments of Girolamo Ginelli, of Francesco Nobili and of Giovanni Ferretti28. However, due to the already mentioned anthology by the meticulous transcription work of Picchi Tancredi, we are able to recover the richness of the engraved inscriptions in modern age Ancona: differently than the barren appearance within it following post-war restoration, S. Francesco alle Scale – equally with other Dorian churches – thus appears populated by dozens of sepulchral inscription which crowded the floor and walls. Therefore, we will proceed to a comparative analysis that highlights both the common characteristics and the exceptions compared to the overall Ancona modern inscriptions, whether of a funerary nature or not.

Certainly unusual, is the length and the degree of elaboration of the Stracca tombstones. Most sepulchres, as we are told by Picchi Tancredi, appear to be rather meagre, since they only show a family coat of arms, or are complete with an inscription that shows basic information: the name of the deceased party, date of death/age at the time of death, the identity of the person who supervised the construction of the funerary monument. Although during the 16th century the trend in Europe progressed towards a large epitaph, both of a narrative and descriptive nature29, cases such as these are distinctly fewer in the city; the subsequent Baroque period will instead see this type of epitaph become more widespread, when in Ancona the need will be felt to re-inscribe the sepulchral headstone of Bartolomeo Scalamonti according to the new canons30. Compared to the austereness by which almost all the Ancona families placed the commemorative inscriptions of their deceased family members, what stands out in the city’s churches of the second half of the Sixteenth century are mostly names of foreigners. Preceded by Alvise Gozzi from Ragusa and at the same time with the Venetian Tomaso Cornovi della Vecchia, in the two decades following the second half of the century, the Armenian Giorgio Morato stands out, who commissioned works from Pellegrino Tibaldi and Girolamo Siciolante for the most visible sacred places of the city, such as S. Agostino, S. Bartolomeo and most importantly S. Ciriaco; here the principal, in addition to leaving inscription testimonials of his patronage, obtained permission from the bishop to create a “common sepulchre” for Armenians31. A bit earlier in 1551, for the orthodox church of Sant’Anna dei Greci, “Zuane de Argenta” had commissioned Lorenzo Lotto to

26 - Their names, not shown on the tombstone (See APPENDIX, text 2, ll. 6-7), can be found in the will: ASAN, Notarile, 631, c. 358v. 27 - I. KAJANTO, Classical and Christian. Studies in the Latin Epitaphs of Medieval and Renaissance Rome, Helsinki 1980. 28 - M. POLVERARI, Su alcuni dipinti e su tre monumenti sepolcrali nella cattedrale di Ancona, in M.L. POLICHETTI (edited by), San Ciriaco. La cattedrale di Ancona. Genesi e sviluppo, Milan 2003, pp. 321-333: 324-328. 29 - A. PETRUCCI, Le scritture ultime cit., pp. 109-111. 30 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., c. 142v (S. Francesco alle Scale). 31 - M. S. HANSEN, Celebrating the Armenian Faith: Giorgio Morato and Pellegrino Tibaldi in the Cathedral of Ancona, «Analecta Romana Instituti Danici», 24 (1997), pp. 83-91; ID., Immigrants and Church Patronage in Sixteenth-Century Ancona, in S.J. CAMPBELL, S.J. MILNER (eds.), Exchange and Cultural Translation in the Italian Renaissance City, Cambridge 2004, pp. 327-354.

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create three plates of the iconostasis32. Aside from specific reasons of a religious nature that may have moved Morato, the brisk patronage in the Dorian churches by rich foreign merchants shed light on their will to show their social standing within the city’s context, faced with exclusion from participation in political life33. The intent to be recognised can also be found in the area of funerary inscriptions: if the inscribed text that celebrated the generous patronage in S. Ciriaco was basic34, the monument within the same cathedral, of the already cited Fermo citizen, Nobili, accompanied by a grandiloquent sculpted decoration35, certainly is not. For most of the 16th century, in S. Domenico the refined cluster of the funerary inscriptions of the Marullus family could be appreciated, which Schrader appears to be the only one to have seen in person36. In the same church, the elaborate inscription of the sepulchre of the Florentine Taddeo Barberini (uncle of the future Pope Urban VIII) who died in the city in 157537, could also be viewed. On the other hand, S. Anna held the inscription of Alexius Lascaris, accompanied by the family coat of arms, next to the one commemorating the establishment of a xenodochium through the financial backing of this prominent Greek figure38. Although they were not foreigners and had already had past experience in government participation, the Stracca family had recently become more prominent due to Benvenuto, until being co-opted within the patritiate citizenry. Therefore, the construction of family graves became a crucial occasion to self-represent their new status. The image

that was selected to be portrayed was completely hinged on the present (or at best on the very recent past); they strove to aggrandise the prestige achieved by their most recent representatives, both in the ecclesiastical area and in the legal-governmental area. It was an option widely practiced in the Ancona funerary inscriptions, which almost never insisted on past ennobling origins for the ancestry of the deceased party. Rather, the latter seem to be the prerogative of prominent figures of the Greek “nation”: of Manilius Marullus, father of Michael, whose inscription states that he was “vetustissimo genere Marullorum natus, qui ex D(ominis) D(ominis) Gordianis Marullis Rom(anis) imp(eratoribus) originem ducunt”39; and of Alexius Lascaris, which specifies “Paleologorum sanguine ortus”40. Conversely, what is missing from the detailed inscription for the knight Hospitaller Tommaso Tomasi, is any reference to that fictitious genealogy going back to the aristocracy of Proto-Byzantine Constantinople, also commissioned by him at a high price in 1580, from the forger Alfonso Ceccarelli41. Among the inscribed tombstones of the Ancona families, the only one that seems to refer to a mythical past is that of Angelo Picchi – ancestor of the Seventeenth century scholar – who while he was still alive, created in 1570 a “sibi et posteris” sepulchre, added a paraphrase from Virgil, alluding to the family name: “Rex fuerat Latii Picus Saturnia proles”42. Long inscriptions, articulated and targeted to the career of the deceased party, as are those of Bernardino and Benvenuto. This however, is not

32 - E. RENTETZI, La chiesa di Sant’Anna dei Greci di Ancona, in «Thesaurismata», 37 (2007), pp. 343-357: 348. 33 - M. S. HANSEN, Immigrants and Church Patronage cit., pp. 327-328. 34 - M. S. HANSEN, Celebrating cit., p. 85, with fig. (drawn from the anthology of Picchi Tancredi). 35 - L. TODISCO, Francesco Nobile da Fermo uomo d’arme e imperatore, in I. COLPO, I. FAVARETTO, F. GHEDINI (edited by), Iconografia 2001. Atti del Convegno (Padua, 30 May -1 Juneo 2001), Rome 2002, pp. 515-522. 36 - L. SCHRADER, Monumentorum Italiae cit., cc. 276v-277r. 37 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., c. 151r. On Taddeo and his testamentary will, P. RIETBERGEN, Power and Religion in Baroque Rome. Barberini Cultural Policies, Leiden 2006, p. 66. 38 - The inscriptions are both shown in G. SARACINI, Notitie historiche della città di Ancona, Rome 1675 (reprinted from orig. Bologna 1968), p. 367. 39 - M.J. MCGANN, The Ancona Epitaph of Manilius Marullus, in «Bibliothèque d’humanisme et renaissance», 42 (1980), pp. 401-404; ID., Medieval or Renaissance? Some distinctive Features in the Ancona Epitaph of Manilius Marullus, in «Bibliothèque d’humanisme et renaissance», 43 (1981), pp. 341-343. 40 - G. SARACINI, Notitie historiche cit., p. 367. 41 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., cc. 162r-163r. For the genealogical handling refer to R. BORGOGNONI, Idola historialia. Storie di famiglie e centri marchigiani nelle falsificazioni di Alfonso Ceccarelli, «Revista de Historiografía», 15 (2011), pp. 64-76: 67-71. 42 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., c. 141v.

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what makes them unique in the Ancona arena. We will now instead concentrate on the need of the three-fold factor of family-country/city-community implemented by all/“boni”, already found in both. On its own, the lexicon used is not a novelty in Fifteenth-Sixteenth century Ancona: there a quite a number of inscriptions showing one or two elements. In inscriptions that refer to the performance of a public role, Lorenzo Tudini in 1511 simply states “omnibus haud priscis degeneravit avis”, while Giovanni Turoglioni “sectatus gesta parentis gratus cunctis prefuit officio”. Even for the merchant Pietro Nulleburch from Ragusa, there is reference that in his life he was “apud omnes gratiosus”43. The most used combination is however, that between family and country: if the Ancona canon, Domenico Pizzoro, buried by his brother in 1497 in the Duomo, is defined as “patriae domusque suae honor”, Giovanni Ferretti buried in the same building half a century later is described as “patria ac genere clarus…et patriae et familiae nobili relinquens exemplum”44. What is lacking from all of the above-stated examples is the appearance of all three, of what could be defined as social spheres that surrounded the individual at the same time; something that deliberately plays a central role in both Stracca epitaphs. Therefore, it is useful to ask what the possible sources may have been that would have inspired the creators of both funerary texts. If we look to ancient literature, Middle Stoa created a view of society in “concentric circles” (kikloi). Specifically, we have the analytical formula by Hierocles (2nd century AD), partially preserved within the late antiquity anthology created by Joannes Stobaeus. It includes multiple degrees of aggregation starting with a single category, to then proceed through joint and allied categories of various degrees, belonging to the same demos, co-citizens, member of

the same ethnos, until the tenth circle, encompassing all of humankind45. However, what was the possibility that in Ancona of the second half of the Sixteenth century a Greek text, certainly not widely distributed, would be known and used? Definitely not many, despite the fact that by the second half of the century the Anthologion of Stobaeus was fully printed, also accompanied with Latin translation: initially with the Venetian princeps by Trincavelli in 1536, then in two editions (1543 and 1549) by Conrad Gesner46. Despite this, a connection between the Stracca inscriptions with stoicism should not be excluded. In fact, there was a way by which the stoic doctrine of the oikeiosis could be reached, and even well known, in the cultured areas of modern Ancona. In the first De officiis book, Cicero showed the adapting of the view of this school of philosophy, informed on the value and the features of Roman society. The tightest network of constraints based on Arpinate is the societas propinquorum, which starts from the nucleus of marriage (coniugium) to then expand with the domus, then extending to the more distant spheres of family and relatives. For these, Cicero poignantly states “magnum est enim eadem habere monumenta maiorum, eisdem uti sacris, sepulchra habere communia”. First he stressed how civitas also constituted a higher sphere than the family group: in this man shared much of the physical spaces (forum, fana, porticus, viae) as well as the standards of living and customs (leges, iura, iudicia, suffragia, consuetudines, familiaritates). But significantly the text adds – in a passage that is considered interpolated – “sed omnium societatum nulla praestantior est, nulla firmior, quam cum viri boni moribus similes sunt familiaritate coniuncti”47. It appears that there is more than one element able to have attracted the attention of Benvenuto, including the mention of the family graves, which

43 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., respectively cc. 98v, 97v, 128r. 44 - G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., respectively cc. 128v, 122v. The inscription by Ferretti can now be read as transcribed in M. POLVERARI, Su alcuni dipinti cit., p. 327; for the figure, M. MINELLI, La famiglia Ferretti di Ancona, Ancona 1987, pp. 68-69. 45 - This excerpt can now be read in I. RAMELLI (ed.), Hierocles the Stoic: Elements of Ethics, Fragments and Excerpts, Atlanta 2009, pp. 63-96. 46 - On these see, M. CURNIS, L’Antologia di Giovanni Stobeo. Una biblioteca antica dai manoscritti alle stampe, Alessandria 2008, pp. 38-80. See, purely as an example, the Greek text with version based on C. GESNER (edited by), Kšraj ‘Amalqe…aj. ‘Iw£nnou toà Stoba…ou ™klogaˆ ¢pofqegm£twn kaˆ Øpoqhkîn/ Ioannis Stobaei Sententiae ex thesauris Graecorum delectae…, Basileae, ex officina Ioannis Oporini, 1549, pp. 479-480. 47 - CIC. off. 1.53-56 (C. ATZERT [rec.] M. TULLIUS CICERO, De officiis, De virtutibus, Leipzig 1971, pp. 19.10-20.12) ; see., also as an example, M. TULLIUS CICERO, De officiis…libri tres…, Lugduni, apud Ioannem Frellonium, 1560, pp. 27-28.

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may have offered a starting point for the use of this passage within the funerary context. Said work by Cicero is considered among the most disseminated of the Latin literary work in the Middle Ages and in the Renaissance, also due to the fact that the edition of De officiis appeared very early on as incunabulum. Therefore, it is plausible that it was widely known to those that read ancient texts in the modern age. Staying within the area of Marche, the reuse of the two parchment sheets of the 15th century, containing precisely the treatise in question, as cover pages of an Appignano documentary record of the second half of the Sixteenth century, seems to be confirmation of having read Cicero, and perhaps of such frequent use to cause the deterioration of the code48. Franchi had already noted for Benvenuto the good education that the young Stracca had received under the guidance of his teacher Ambrogio Nicandro, particularly relative to the in-depth knowledge of the Greek and Latin49 literary works. However, the contextual elements are not the only factors that point to the likely use of the Ciceronian passage was consciously taken once again in the funerary Stracca tombstones, and pointing to Benvenuto as most probably having implemented the operation. In his De mercatura, he starts the treatise of the first section as a banner to Cicero: in fact, he wants to apply to it the teachings of Arpinate relative to the need to initially define the subject of the discussion50. Explicit references follow from each of the three De officiis51 books, in addition to various Ciceronian orations and by the Tusculanae disputationes52. Similar occurrences consequently dispel any possible doubt on the direct and accurate knowledge of the work by Benvenuto. A man of great culture, he proves not only to have

assimilated the lesson of the ancient writers, but also to know how to recreate it and use it for purposes aimed at his contemporary reality. We can recall the incipit and the appeal by which, nearing seventy years, he asks to be exempted from the meetings of the Council starting with a classic reference: “Solevano gl’antiqui Romani a’ suoi soldati, poi che per tempo prefinito havevano affatigato, concederli essentione et immunità dalla militia”53. The idea to be able to use statements borrowed from the most well known texts in antiquity is not completely foreign, as shown by several Roman inscriptions examined by Kajanto: starting precisely from the epitaph of the Cardinal buried in 1259 in S. Maria Maggiore, in which a formula of the funerary epigram by Virgil appears next to a recreation of the well known “cedant arma togae” of the first Ciceronian De officiis book54. !"# “From the stone to the page”: this is the title of the chapter which Armando Petrucci dedicated to the Sixteenth century in his volume, referenced multiple times in writing practices connected to the memory of the deceased in Western civilisation. In fact, it is in this century that next to the inscription another funerary topic develops, but predominantly literary and written on paper, which goes from the composing of epitaphs in verses to the collection of ancient and modern inscriptions. An expression that can however, be applied, in a more restrictive manner, to operations not necessarily inherent to the funerary sphere: it describes rather well the initiative by Aldo Manuzio, who models his editorial privilege for his Horace of 1501 on an ancient (spurious) inscription text which in the Fifteenth century was engraved in stone in Cesena, containing a supposed decree prohibiting any armed forces from crossing the Rubicon55. It is a

48 - D. CECCHI, Tre frammenti del De Officiis di Cicerone nell’archivio comunale di Appignano, in Civiltà del Rinascimento nel Maceratese. Atti del V Convegno del Centro di studi storici maceratesi (Recanati, 30 November 1969), Macerata 1971, pp. 165-185: 165-168. 49 - L. FRANCHI, Benvenuto Stracca cit., pp. 20-22. 50 - B. STRACCA, De mercatura, seu mercatore tractatus, Venetiis 1553, c. 4r. 51 - B. STRACCA, De mercatura cit., cc. 8r, 33v, 35r (I lib.); c. 11v (II lib.); c. 32v (III lib.) 52 - B. STRACCA, De mercatura cit., cc. 20r (Ver.); 34v (Man.); 37v (Catil.); 61r (Tusc.). 53 - Identified and quoted at length in L. FRANCHI, Benvenuto Stracca cit., p. 23. 54 - I. KAJANTO, Classical and Christian cit., p. 29. 55 - F. DI BENEDETTO, Il modello epigrafico di un privilegio aldino, in «La Bibliofilia», 110 (2008), pp. 21-28.

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path in some manner perfectly symmetrical to that taken, as we have seen, by Benvenuto and his heirs, where a literary text such as the De officiis is used to compose closely related funerary tombstones inscriptions. Inscriptions that will subse-

quently be lost during complex Ancona historical events, to then only survive in the transcriptions of the two subsequent centuries. Thus the circle closes: from the page to the stone, and once again back to the page.

APPENDIX Below is a restoration of the two sepulchral inscriptions, which is based on a number of more ample testimonials than what has been used up to this time, while acknowledging remaining uncertainties. We refrain from reconstructing the original pagination with the spaces in the lines of writing, the abbreviations and acronyms and the punctuation system used, given that similar features are systematically ignored or freely changed by transcribers. As the basic text for both inscriptions, the transcription by Civalli was used, in that it appears more correct, even if not free from errors. All abbreviations have been written in full. Systematically, in the critical apparatus only errors and significant variations are shown, and the fully written abbreviations when it is certain that they may be erroneous. To facilitate readability, the punctuation found in Civalli was almost completely maintained. 1) BERNARDINO STRACCA (1535-1563) Sources: O. CIVALLI, Visita triennale cit., p. 92; G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., c. 140v; M. BUGLIONI, Istoria del convento di S. Francesco cit., p. 129. D(eo) O(ptimo) M(aximo) MAGISTRO BERNARDINO STRACCHAE DIVI FRANCISCI SERVO, SACRAE THEOLOGIAE DOCTORI, PROVINCIAE MARCHIAE MINISTRO, BENEVENVTVS STRACCHA IVRIS CONSVLTVS ET ALII GERMANI FRATRES B(ene) M(erenti) P(osuere). VIXIT AN(nos) XXXVIII ET DVM VIXIT BENE, IDEO FVIT HOC LVCTVOSVM SVIS, ACERBVM PATRIAE, GRAVE BONIS OMNIBVS. IACENT ET HIC CHARISSIMI EORVNDEM PARENTES D(ominus) ANTONIVS IACOBVS, ET FIORDELISA QVIBVS ETIAM B(ona) M(emoria)

1

5

10

1 D.O.M.] om. Picchi Bugl. || 3 SACRAE] sacro Picchi | THEOLOGIAE] teologiae Picchi || 4 BENEVENVTVS STRACCHA] Benvenutus Stracca Picchi Bugl. || 5-6 B.M.P.-FVIT] om. Bugl. | XXXVIII Picchi] XXXVII Civ. | ET DVM] dum Picchi || 7 HOC] huic Bugl. | ACERBVM] accerbum Bugl. || 89 IACENT ET] hiacent te Bugl. | CHARISSIMI] carissimi Picchi | EORVNDEM PARENTES Bugl.] parentes eorundem Civ. eorum demum parentes Picchi | D. ANTONIVS IACOBVS scripsi] D. Anaonius Iacobus Civ. Domini Antonii Iacobi Picchi || 9-10 FIORDELISA] Fiordalisa Bugl. Fiordalisae Picchi | ETIAM] est Picchi Bugl.

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2) BENVENUTO STRACCA (1509-1578) Sources: L. SCHRADER, Monumentorum Italiae cit., c. 277v; O. CIVALLI, Visita triennale cit., pp. 89-90; G. PICCHI TANCREDI, Compendio d’atti cit., c. 135r; M. BUGLIONI, Istoria del convento di S. Francesco cit., pp. 5152. D(eo) O(ptimo) M(aximo) 1 BENEVENVTO STRACCHAE IVRECONSVLTO CELEBERRIMO, QVI SVIS MONVMENTIS IVS CIVILE LOCVPLETAVIT, PATRIAM IVVIT, CONSVLENDO, RESPONDENDO PROFVIT, CIVIBVS GRATVS, SVIS ORNAMEN5 TVM, OMNIBVS DENIQVE CHARVS, FRATRES ET EX FRATRE NEPOS HAEREDES MOESTISS(imi) POS(uere) MDLXXIX. VIX(it) AN(nos) LXIX. DE MERCATVRA, DE PROXENETIS, DE ASSECVRATIONIBVS ET DE ADIECT(o), ADNOTAT(iones) AD CONSI(lia) GRAVETTAE. 1 D.O.M. Picchi] om. Schrad. Civ. Bugl. || 2 BENEVENVTO] Benvenuto Schrad. Picchi Bugl. || 3-4 IVRECONSVLTO CELEBERRIMO] om. Picchi i.c. celeber Bugl. | IVS CIVILE] om. Picchi || 6 CHARVS] carus Picchi || 7 HAEREDES] heredes Schrad. Picchi | MOESTISS(imi)] mestis. Bugl. mestissimi Picchi | MDLXXIX Bugl.] MDLXXX Schrad. Civ. MDLXXXIX Picchi| LXIX] LXIX. Scripsit add. Civ. || 8 DE PROXENETIS] De Prox. Enetis Picchi || 9 DE ADIECT(o) scripsi] de adiec. Picchi Bugl. adiect. Schrad. adiecit Civ. | ADNOTAT(iones)] Annotation. Schrad. Annotat. Bugl. | GRAVETTAE Schrad.] Gavettae Civ. gravia Picchi

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APPENDICE

IMMAGINI DELLA GIORNATA DEL CONVEGNO

L'antico stemma della famiglia Stracca di Ancona

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BENVENUTO STRACCHA 路 ATTI DEL CONVEGNO

Da sinistra: Gilberto Piccinini, Presidente Deputazione di Storia Patria per le Marche; Paola Guidi, Dirigente scolastico Istituto Superiore Vanvitelli, Stracca Angelini; Marina Bonomelli, Direttore della Fondazione Mansutti, Milano; Alessandro Mordenti, ex Direttore dell'Archivio di Stato di Ancona; Rodolfo Giampieri, Presidente Camera di Commercio di Ancona

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BENVENUTO STRACCHA 路 ATTI DEL CONVEGNO

Rodolfo Giampieri, Presidente Camera di Commercio di Ancona e Giovani Mauro della G&G Mauro

La qualificata prima fila della folta platea presente al convegno

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BENVENUTO STRACCHA · ATTI DEL CONVEGNO

Da sinistra: Gilberto Piccinini, Presidente Deputazione di Storia Patria per le Marche; Gian Savino Pene Vidari, Dipartimento di Scienze Giuridiche, biblioteca “F. Patetta”, Torino; Vito Piergiovanni, Università di Genova; Giampiero Paoli, Presidente Ordine degli Avvocati della Provincia di Ancona; Marco Moroni, Università Politecnica delle Marche

Vito Piergiovanni

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Gian Savino Pene Vidari


BENVENUTO STRACCHA 路 ATTI DEL CONVEGNO

La balconata della Loggia dei Mercanti che si affaccia all'interno del porto di Ancona

Dott. Stefano Coppola, Presidnete dell'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Ancona

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BENVENUTO STRACCHA · ATTI DEL CONVEGNO

La preside Paola Guidi dell’Istituto Superiore Vanvitelli, Stracca Angelini tra “Benvenuto Stracca” e la sua intervistatrice, interpretati da due alunni dell'istituto, protagonisti di un'intervista immaginaria

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BENVENUTO STRACCHA · ATTI DEL CONVEGNO

Giovanni Mauro si intrattiene con due studenti dell’Istituto Superiore Vanvitelli, Stracca Angelini

Il portale della Loggia dei Mercanti, storico palazzo di Ancona all'interno del quale si è svolto il convengo. Durante il Rinascimento, in questo palazzo, si riunivano i mercanti per svolgere le loro trattative

Giovanni Mauro

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A chiusura di questo lavoro un pensiero va a Gregorio XIII, 226° Papa della Chiesa cattolica e 134° esimo sovrano dello Stato Pontificio. Studente all’università di Bologna, dove si laureò nel 1530 per poi esercitare l'attività di docente di diritto negli anni dal 1531-1539. Grande innovatore della Chiesa, abile stratega in politica estera, molto attento alle scienze e alle arti. Oltre alla riforma del calendario che porta il suo nome, quello gregoriano ancora oggi universalmente in uso, sostenne direttamente molti dotti del suo tempo nel loro lavoro. Fra questi due marchigiani: il maceratese Padre Matteo Ricci gesuita, matematico, cartografo e sinologo italiano e l’anconetano Benvenuto Stracca, fondatore del diritto commerciale.

Ancona Gregorio XIII (1572-1585) Testone 1575


Collana: l’arte del pensiero

ISBN: 9788898831012

€ 25,00


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