Anno 3 | Numero 14 | Mar/Apr 2021 | € 12,00
PERIODICO BIMESTRALE - P.I. 20/03/2021
flying legends by Luckyplane
vivi la storia sulla tua pelle!
polo FEAR THE BONES
scopri di più su:
polo SORCI VERDI
polo SF-260EA
www.flying legends.it
polo 21° GRUPPO
A
priamo questo editoriale con un’operazione di antimarketing. Cos’è l’anti-marketing, vi chiederete? È autopromozione al contrario, un po’ come farsi la spia da soli. È il contrario del marketing, appunto. Ebbene, la “soffiata” è questa: anche nello scorso numero di Aerofan c’erano degli errori. La notizia getterà nello sconforto i nostri lettori più affezionati, ma è così. Niente di grossolano, intendiamoci: una virgola qui, una testimonianza sospetta lì, una riga di testo non proprio allineata come si conviene. Però gli errori c’erano, e in un panorama di pubblicazioni infallibili, di esperti intoccabili e di grandi opere editoriali che sfiorano il Divino, noi ci teniamo a dire che, a volte, a differenza degli altri, commettiamo errori. Che siamo ben lontani dalla conoscenza universale e dal sapere assoluto. Che lavoriamo per essere migliori ma rimaniamo “così così”, come cantava Vecchioni. Quindi, se stavate cercando una rivista dai contenuti superlativi, con una veste grafica ineccepibile e un corredo fotografico che definire eccezionale sarebbe comunque riduttivo, scritta dai Grandi Saggi Inviolabili dell’Aviazione... Ahimè, avete sbagliato testata. Prendete ad esempio la copertina di questo numero; se fossimo esperti di marketing ve la venderemmo diversamente, vi racconteremmo che per reperire quest’immagine è stata necessaria una lunga ricerca nei maggiori archivi italiani e che alla fine, grazie all’aiuto di millemila esperti, storici, fotografi, scrittori, esploratori, minatori, la fotografia è stata rinvenuta nello scavo di un antico cimitero indiano nello Utah. Invece no. La copertina di questo numero è capitata grazie ad una serie di casualità che neanche se avessimo voluto provocare volontariamente avrebbero avuto un epilogo così felice. Ma dato che il risultato è quello che conta, oggi abbiamo una copertina bellissima. E non è bellissima perché l’abbiamo realizzata noi, ma perché la foto è bellissima di suo e noi non ci abbiamo aggiunto nulla di più. Non ce n’era bisogno, ecco. Inoltre, un po’ come la CIA, non possiamo ringraziare pubblicamente tutti quelli che hanno contribuito a questa copertina, ma loro sanno di avere avuto una parte importante nella vicenda, quindi li ringraziamo, seppur in forma anonima. Così come ringraziamo ancora una volta tutti coloro che credono in questo progetto e continuano a collaborare con noi numero dopo numero (in questo numero in particolare abbiamo un nuovo scrittore che arriva dall’altra parte del Mondo, niente meno che dall’Australia!). E ci teniamo a sottolineare che la porta della redazione di Aerofan è sempre aperta, che non siamo un club esclusivo a numero chiuso riservato a pochi Eletti e men che meno una Corte dei Miracoli di amici e parenti; ce ne sono già abbastanza in giro. Ah, dimenticavo: questo naturalmente è il miglior numero di Aerofan mai realizzato, con contenuti esclusivi, fotografie inedite da rimanere a bocca aperta, articoli di ampio respiro, argomenti superlativi e grafica eccezionale... E che diamine! Buona lettura e ricordate: volare è impossibile! Luciano Pontolillo
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Il TF-104G-M 4-40, recentemente tornato in volo negli Stati Uniti, e un F-104ASA-M del 4° Stormo sorvolano le International America's Cup Class “Luna Rossa” ITA45 e ITA48 al largo di Punta Ala durante gli allenamenti in preparazione della partecipazione alla Louis Vuitton Cup 1999/2000. (foto archivio Aldo Sgarzi)
Aerofan Numero 14 Marzo/Aprile 2021 Direttore Responsabile Luciano Pontolillo Consulente Storico Giorgio Apostolo Coordinamento Editoriale Roberta Di Grande Comitato di Redazione Giuseppe Caporale, Massimo Dominelli, Paolo Gianvanni, Luca Parrillo Corrispondente dagli Stati Uniti Moreno Aguiari
7
lux umbra Storia e impiego del Piaggio PD 808
27
speciale desert storm Il contributo di US Navy, Marines e US Army
43
operazione mc.72
Hanno collaborato a questo numero Mauro Andreotti, Andrew Arthy, Roberto Bollero, Bruno Damascelli, Aldo Fassari, Vittorio Ferrara, Egidio Ferrighi, Luca Granella, Matt Haskell, Marco Iarossi, Giuseppe Lapenta, Mario Liverini, Aldo Sgarzi, Giancarlo Trevisan, Ivan Voukadinov
La replica dell’aeroplano di Francesco Agello
Prezzo di copertina 12€ (arretrati 18€)
immortale come un 104
Abbonamento 12 mesi (valido solo per l’Italia) Legno e Tela 59€ | Acciaio 69€ | Alluminio 89€ | Titanio 99€ Redazione e Amministrazione viale F. Petrarca 37/a | 20078 San Colombano al Lambro | Tel. 351.976.71.71 | aerofan@luckyplane.it Base operativa Aeroporto Casale Monferrato LILM | Accademia di Volo Italiana | Strada Alessandria 29 Concessionaria per la distribuzione SO.DI.P. Angelo Patuzzi Spa | via Bettola 18 | 20092 Cinisello Balsamo | 02.660301 Stampa Arti Grafiche Alpine | Busto Arsizio Servizio Clienti e Abbonamenti 351.976.71.71 | aerofan@luckyplane.it
44
Uno Starfighter dell’Aeronautica Militare torna a volare negli States
51
ali fragili Problemi strutturali e sicurezza dei velivoli commerciali negli anni ‘50
69
1 giorno 60 vittorie Il Jagdgeschwader 2 e lo sbarco alleato a Dieppe
80
Aerofan è una pubblicazione
Luckyplane S.n.c. di Roberta Di Grande e Luciano Pontolillo Edizioni Aeronautiche & Comunicazione Visiva viale Petrarca 37/A | 20078 S. Colombano al Lambro | C.F. e P.IVA 10364630961 www.luckyplane.it | info@luckyplane.it
cartoline dalla toscana La base Meridiana di Firenze
mini monografie macchi mc.72
L’idrocorsa più veloce del mondo
Periodico bimestrale ISSN 2611-996X | registrazione Tribunale di Lodi n. 5/2018 del 20/09/2018 | registrazione R.O.C. n. 32035 del 27/09/2018 Riproduzione vietata È vietato riprodurre testi e illustrazioni con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. La Direzione si riserva di apportare modifiche ai testi per esigenze editoriali. Le opinioni espresse negli articoli non corrispondono necessariamente a quelle della Luckyplane S.n.c. Ove necessario, si è provveduto con la richiesta di autorizzazione all’uso del materiale iconografico da parte degli aventi diritto. Nel caso in cui questi siano risultati irreperibili, l’Editore resta a disposizione per regolare eventuali spettanze. Realizzato in Italia © 2021 Luckyplane S.n.c. | tutti i diritti riservati
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Aerofan Numero 14 Marzo/Aprile 2021 Direttore Responsabile Luciano Pontolillo Consulente Storico Giorgio Apostolo Coordinamento Editoriale Roberta Di Grande Comitato di Redazione Giuseppe Caporale, Massimo Dominelli, Paolo Gianvanni, Luca Parrillo Corrispondente dagli Stati Uniti Moreno Aguiari
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lux umbra Storia e impiego del Piaggio PD 808
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speciale desert storm Il contributo di US Navy, Marines e US Army
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operazione mc.72
Hanno collaborato a questo numero Mauro Andreotti, Andrew Arthy, Roberto Bollero, Bruno Damascelli, Aldo Fassari, Vittorio Ferrara, Egidio Ferrighi, Luca Granella, Matt Haskell, Marco Iarossi, Giuseppe Lapenta, Mario Liverini, Aldo Sgarzi, Giancarlo Trevisan, Ivan Voukadinov
La replica dell’aeroplano di Francesco Agello
Prezzo di copertina 12€ (arretrati 18€)
immortale come un 104
Abbonamento 12 mesi (valido solo per l’Italia) Legno e Tela 59€ | Acciaio 69€ | Alluminio 89€ | Titanio 99€ Redazione e Amministrazione viale F. Petrarca 37/a | 20078 San Colombano al Lambro | Tel. 351.976.71.71 | aerofan@luckyplane.it Base operativa Aeroporto Casale Monferrato LILM | Accademia di Volo Italiana | Strada Alessandria 29 Concessionaria per la distribuzione SO.DI.P. Angelo Patuzzi Spa | via Bettola 18 | 20092 Cinisello Balsamo | 02.660301 Stampa Arti Grafiche Alpine | Busto Arsizio Servizio Clienti e Abbonamenti 351.976.71.71 | aerofan@luckyplane.it
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Uno Starfighter dell’Aeronautica Militare torna a volare negli States
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ali fragili Problemi strutturali e sicurezza dei velivoli commerciali negli anni ‘50
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1 giorno 60 vittorie Il Jagdgeschwader 2 e lo sbarco alleato a Dieppe
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Aerofan è una pubblicazione
Luckyplane S.n.c. di Roberta Di Grande e Luciano Pontolillo Edizioni Aeronautiche & Comunicazione Visiva viale Petrarca 37/A | 20078 S. Colombano al Lambro | C.F. e P.IVA 10364630961 www.luckyplane.it | info@luckyplane.it
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mini monografie macchi mc.72
L’idrocorsa più veloce del mondo
Periodico bimestrale ISSN 2611-996X | registrazione Tribunale di Lodi n. 5/2018 del 20/09/2018 | registrazione R.O.C. n. 32035 del 27/09/2018 Riproduzione vietata È vietato riprodurre testi e illustrazioni con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. La Direzione si riserva di apportare modifiche ai testi per esigenze editoriali. Le opinioni espresse negli articoli non corrispondono necessariamente a quelle della Luckyplane S.n.c. Ove necessario, si è provveduto con la richiesta di autorizzazione all’uso del materiale iconografico da parte degli aventi diritto. Nel caso in cui questi siano risultati irreperibili, l’Editore resta a disposizione per regolare eventuali spettanze. Realizzato in Italia © 2021 Luckyplane S.n.c. | tutti i diritti riservati
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Lux
umbra Storia e impiego del Piaggio PD.808
Paolo Gianvanni
L
Un PD. 808 GE1 in pattuglia con un PD. 808 RM da cui si differenzia non solo per le antenne ma soprattutto per la livrea legata al diverso tipo di missione svolta. In seguito i GE abbandonarono la mimetizzazione in favore dell'anonimo monogrigio.
a storia del PD.808 iniziò dall’al tra parte dell’Atlantico. Nel 1957 l'USAF lanciò i programmi UCX (Utility Cargo Experimental) e UTX (Utility Trainer Experimental) per un velivolo da trasporto leggero e collegamento a getto da cui scaturirono due velivoli di successo: il grosso Lokheed Jetstar ed il più piccolo North American Sabreliner.
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Lux
umbra Storia e impiego del Piaggio PD.808
Paolo Gianvanni
L
Un PD. 808 GE1 in pattuglia con un PD. 808 RM da cui si differenzia non solo per le antenne ma soprattutto per la livrea legata al diverso tipo di missione svolta. In seguito i GE abbandonarono la mimetizzazione in favore dell'anonimo monogrigio.
a storia del PD.808 iniziò dall’al tra parte dell’Atlantico. Nel 1957 l'USAF lanciò i programmi UCX (Utility Cargo Experimental) e UTX (Utility Trainer Experimental) per un velivolo da trasporto leggero e collegamento a getto da cui scaturirono due velivoli di successo: il grosso Lokheed Jetstar ed il più piccolo North American Sabreliner.
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portato allo stadio di progetto strutturale generale. Sulla base dell'accordo, i disegni furono ceduti alla Piaggio che si fece carico del passaggio al disegno di dettaglio, della costruzione del prototipo, della realizzazione delle attrezzature di produzione e del reperimento dei fondi necessari. La Douglas assicurava su richiesta il suppor to tecnico. Riguardo alla produzione, i primi 100 esemplari sarebbero stati costruiti in Italia senza pagare a Douglas diritti di licenza o royalty, dopodichè la Douglas sarebbe stata libera di produrre sulle sue linee il velivolo senza dovere nulla alla Piaggio. Tra l'altro sulla via di una diversificazione produttiva, nel 1960 Piaggio acquisì da Bristol Siddeley, poi confluita in Rolls-Royce, la licenza di produzione del motore Viper che appariva anche ideale per spingere il nuovo jet d'affari. Al velivolo venne dato il nome di Vespa-Jet poi abbandonato con la separazione della Divisione Aviazione della Piaggio nel 1967. Nel 1961 il progetto fu gradualmente trasferito dallo stabilimento di El Segundo in California a Finale Ligure (Savona) sotto la responsabilità dell'ing. Alessandro Mazzoni e tra le varie modifiche introdotte dalla Piaggio vi fu l'ingrandimento del diametro della fusoliera di 10,16 cm portandola esternamente a 1,78 m e lo spostamento dei motori completamente all'esterno sui fianchi della sezione posteriore della fusoliera. Contemporaneamente l'Aeronautica Militare entrò
1
Anticipazione pittorica del Piaggio-Douglas PD. 808 all’inizio del programma.
L'US Navy non poteva essere da meno ma, con meno soldi dell'Aeronautica da investire nel programma, chiedeva un aereo derivato da un modello commerciale già esistente. Nella specifica vi era anche la capacità di operare da bordo di portaerei e questo complicava decisamente il compito dell'industria americana. La sfida venne raccolta dalla Douglas il cui celebre capo progettista Ed Heinemann pensò di trasformare le cellule disponibili del suo caccia F3D Skynight all'epoca in fase di radiazione dalla prima linea dell'US Navy. Purtroppo dalla verifica degli esemplari del velivolo accantonati sulla Davis Monthan AFB, Arizona, emerse il cattivo stato di conservazione che sconsigliava qualsiasi intervento di ricondizionamento e trasformazione. Non restava così altra soluzione che progettare un aereo completamente nuovo. Heinemann prese come elemento di partenza il cassone alare dell'F3D per realizzarci intorno un velivolo di concezione moderna con i due motori semi incastrati nella parte posteriore
8
nel programma e lo Stato si fece carico di parte del costo di tre prototipi di cui i primi due furono costruiti a Finale Ligure dopo la realizzazione di uno splendido simulacro. Lo Stato avrebbe fornito anche i mezzi per le prove di volo. Nonostante questo supporto, il programma fece segnare subito gravi ritardi; il primo volo del primo PD. 808 (MM 577 n/c 501), previsto con eccessivo ottimismo per il 1962, ebbe luogo solo il 29 agosto 1964 sull'aeroporto di Genova-Sestri Ponente con ai comandi il col. Evasio Ferretti del Reparto Sperimentale di Volo dell'Aeronautica Militare. Il 26 ottobre, dopo poche ore di volo, in fase di decollo, il motore sinistro ingerì un gabbiano riportando gravi danni. Ferretti salì senza problemi a 1.400 piedi (426 m) e completò un circuito per atterrare con un solo motore. Durante i lavori di riparazione, furono apportate alcune modifiche orientando gli scarichi all'esterno per migliorare ulteriormente il controllo con spinta asimmetrica e per proteggere dai gas di scarico la sezione posteriore della fusoliera il cui rivestimento venne poi comunque fatto in acciaio inox. Il timone di profondità fu ridotto in apertura e aumentato in corda e la superficie del timone di direzione fu aumentato di 387 cmq. Le grandi bolle laterali della cabina di pilotaggio erano già state modificate prima del primo volo con la parziale sostituzione del trasparente posteriore con rivestimento metallico e con i successivi collaudi venne migliorato il
della fusoliera. Prendeva così forma il progetto del D-808 affidato all'ing. Floyd C. Newton Jr che si ispirava anche ad altri prodotti della Douglas, dal carrello leggero dell'A4 Skyhawk da attacco agli interni della cabina del quadrigetto DC-8 scalati dimensionalmente. I motori previsti erano i General Electric CJ610-1 da 1.300 kg di spinta o i Bristol Siddeley Viper da 795 kg. Gli impegni della società nel ricco settore dei velivoli da combattimento per l'US Navy non lasciavano però spazio al nuovo programma che oltretutto prometteva in caso di successo contratti di modesta entità e così la Douglas congelò il suo D-808 cercando un compratore in un primo tempo individuato nella Northrop che tuttavia si tirò indietro. Nel 1960 la Piaggio aveva cominciato a valutare un successore del P. 166 e Armando Piaggio, a capo dell'allora Divisione Aviazione di Piaggio & D SpA, incontrò Donald W. Douglas concludendo il 21 aprile 1961 un accordo sul D-808 che la società statunitense aveva
2 AEROFAN | LUX UMBRA
Il simulacro nell’improbabile ambientazione operativa del piazzale sul mare dello stabilimento Piaggio di Finale Ligure.
portato allo stadio di progetto strutturale generale. Sulla base dell'accordo, i disegni furono ceduti alla Piaggio che si fece carico del passaggio al disegno di dettaglio, della costruzione del prototipo, della realizzazione delle attrezzature di produzione e del reperimento dei fondi necessari. La Douglas assicurava su richiesta il suppor to tecnico. Riguardo alla produzione, i primi 100 esemplari sarebbero stati costruiti in Italia senza pagare a Douglas diritti di licenza o royalty, dopodichè la Douglas sarebbe stata libera di produrre sulle sue linee il velivolo senza dovere nulla alla Piaggio. Tra l'altro sulla via di una diversificazione produttiva, nel 1960 Piaggio acquisì da Bristol Siddeley, poi confluita in Rolls-Royce, la licenza di produzione del motore Viper che appariva anche ideale per spingere il nuovo jet d'affari. Al velivolo venne dato il nome di Vespa-Jet poi abbandonato con la separazione della Divisione Aviazione della Piaggio nel 1967. Nel 1961 il progetto fu gradualmente trasferito dallo stabilimento di El Segundo in California a Finale Ligure (Savona) sotto la responsabilità dell'ing. Alessandro Mazzoni e tra le varie modifiche introdotte dalla Piaggio vi fu l'ingrandimento del diametro della fusoliera di 10,16 cm portandola esternamente a 1,78 m e lo spostamento dei motori completamente all'esterno sui fianchi della sezione posteriore della fusoliera. Contemporaneamente l'Aeronautica Militare entrò
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Anticipazione pittorica del Piaggio-Douglas PD. 808 all’inizio del programma.
L'US Navy non poteva essere da meno ma, con meno soldi dell'Aeronautica da investire nel programma, chiedeva un aereo derivato da un modello commerciale già esistente. Nella specifica vi era anche la capacità di operare da bordo di portaerei e questo complicava decisamente il compito dell'industria americana. La sfida venne raccolta dalla Douglas il cui celebre capo progettista Ed Heinemann pensò di trasformare le cellule disponibili del suo caccia F3D Skynight all'epoca in fase di radiazione dalla prima linea dell'US Navy. Purtroppo dalla verifica degli esemplari del velivolo accantonati sulla Davis Monthan AFB, Arizona, emerse il cattivo stato di conservazione che sconsigliava qualsiasi intervento di ricondizionamento e trasformazione. Non restava così altra soluzione che progettare un aereo completamente nuovo. Heinemann prese come elemento di partenza il cassone alare dell'F3D per realizzarci intorno un velivolo di concezione moderna con i due motori semi incastrati nella parte posteriore
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nel programma e lo Stato si fece carico di parte del costo di tre prototipi di cui i primi due furono costruiti a Finale Ligure dopo la realizzazione di uno splendido simulacro. Lo Stato avrebbe fornito anche i mezzi per le prove di volo. Nonostante questo supporto, il programma fece segnare subito gravi ritardi; il primo volo del primo PD. 808 (MM 577 n/c 501), previsto con eccessivo ottimismo per il 1962, ebbe luogo solo il 29 agosto 1964 sull'aeroporto di Genova-Sestri Ponente con ai comandi il col. Evasio Ferretti del Reparto Sperimentale di Volo dell'Aeronautica Militare. Il 26 ottobre, dopo poche ore di volo, in fase di decollo, il motore sinistro ingerì un gabbiano riportando gravi danni. Ferretti salì senza problemi a 1.400 piedi (426 m) e completò un circuito per atterrare con un solo motore. Durante i lavori di riparazione, furono apportate alcune modifiche orientando gli scarichi all'esterno per migliorare ulteriormente il controllo con spinta asimmetrica e per proteggere dai gas di scarico la sezione posteriore della fusoliera il cui rivestimento venne poi comunque fatto in acciaio inox. Il timone di profondità fu ridotto in apertura e aumentato in corda e la superficie del timone di direzione fu aumentato di 387 cmq. Le grandi bolle laterali della cabina di pilotaggio erano già state modificate prima del primo volo con la parziale sostituzione del trasparente posteriore con rivestimento metallico e con i successivi collaudi venne migliorato il
della fusoliera. Prendeva così forma il progetto del D-808 affidato all'ing. Floyd C. Newton Jr che si ispirava anche ad altri prodotti della Douglas, dal carrello leggero dell'A4 Skyhawk da attacco agli interni della cabina del quadrigetto DC-8 scalati dimensionalmente. I motori previsti erano i General Electric CJ610-1 da 1.300 kg di spinta o i Bristol Siddeley Viper da 795 kg. Gli impegni della società nel ricco settore dei velivoli da combattimento per l'US Navy non lasciavano però spazio al nuovo programma che oltretutto prometteva in caso di successo contratti di modesta entità e così la Douglas congelò il suo D-808 cercando un compratore in un primo tempo individuato nella Northrop che tuttavia si tirò indietro. Nel 1960 la Piaggio aveva cominciato a valutare un successore del P. 166 e Armando Piaggio, a capo dell'allora Divisione Aviazione di Piaggio & D SpA, incontrò Donald W. Douglas concludendo il 21 aprile 1961 un accordo sul D-808 che la società statunitense aveva
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Il simulacro nell’improbabile ambientazione operativa del piazzale sul mare dello stabilimento Piaggio di Finale Ligure.
La linea di produzione del PD. 808. 7-8Sono visibili la maggiore altezza e lunghezza del bulbo della cabina di
pilotaggio con gli orli della carenatura che verranno coperti durante la rifinitura delle superfici e la successiva verniciatura. Le ali sono costruite in un unico pezzo.
Pininfarina ed una nuova accattivante livrea. Ma proprio in quei giorni il programma fu colpito da un drammatico incidente. Il 18 giugno 1968 l'I-PIAI, era decollato da Madrid Barajas alle 16.20 locali per un volo dimostrativo diretto a Bilbao ma le pessime condizioni meteo avevano consigliato di scendere a San Sebastián per poi far proseguire gli ospiti in auto. In avvicinamento in cattive condizioni meteo alla pista 22 di San Sebastián-Fuenterrabia, nei Paesi Baschi, l'aereo impattò alle 16.50 a 15 m dalla cima del monte Jaizkibelk a circa 4 km dall'aeroporto. Invece di virare, come da procedura per riattaccata, a sinistra, il pilota aveva iniziato una virata a destra.
9
Persero la vita Davide Albertazzi, capo collaudatore di Piaggio e il copilota Sergio Milich, l'industriale Lino Zanussi, Alfio di Vora strettissimo collaboratore di Zanussi, l'ing. Giovanni Battista Talotti direttore generale dell'Ibelsa fabbrica spagnola controllata dal colosso di Pordenone e Diego Hirtado de Mendoza direttore commerciale della società. Si trattava di un volo richiesto da Zanussi che avrebbe potuto portare all'acquisto del jet per i suoi spostamenti d'affari. Proprio l'I-PIAI era stato usato con false insegne del Vaticano nel film “L'uomo venuto dal Kremlino” (The Shoes of the Fisherman) con Anthony Quinn (che impersonava il Papa Kiril Lakota), Oskar Werner, Laurence Olivier e Burt Kwouk poi uscito nelle sale cinematografiche nel novembre 1968. Chiusa tragicamente la parentesi commerciale, al PD. 808 non restò che una carriera con l'Aeronautica Militare mentre l'altro PD. 808 civile, l'I-PIAL n/c 504, fu tenuto da Piaggio per gli spostamenti dei propri quadri direttivi. In realtà vi fu un tentativo di rilanciare il disegno col PD. 808 TF (TurboFan) sostituendo l'assetato Viper col Garrett AiResearch TFE-731-2 a doppio flusso da 1.587 kg di spinta. Consegnato all'Aeronautica Militare, il PD. 808 RM MM 62015 n/c 522 fu lasciato a disposizione della Piaggio per la trasformazione ricevendo le marche civili I-PIAY, ma non se ne fece di nulla e l'aereo tornò all'Aeronautica.
PD. 808 CON LE STELLETTE L'intero programma PD. 808 venne salvato, come abbiamo visto sopra, dall'intervento dell'Aeronautica Militare che ordinò i prototipi ed una serie di 20 esemplari sull'esempio della RAF britannica che aveva acquistato un certo numero di Hawker Siddeley HS-125. L'intenzione era di impiegare gli aerei per il trasporto di persone e materiali urgenti, il trasporto sanitario, l ' a e r o f o to g r a m m e t r i a e l ' a d d e s t r a m e n to a l l a navigazione aerea. Così oltre ai due prototipi, che militarono per molti anni (fino al 1998) presso il Reparto Sperimentale Volo di Pratica di Mare, finirono in AM altri venti bireattori. I primi furono quattro esemplari in configurazione VIP (MM 61948/61951 n/c 506/509) consegnati tra aprile e settembre 1970 al 306° Gruppo del Reparto Volo Stato Maggiore poi integrato dall'ottobre 1976 nel 31° Stormo. La versione VIP con due piloti aveva sei poltrone singole, quattro delle quali contrapposte attorno a due tavolini a scomparsa e due sul lato destro della cabina posizionate davanti al portello di ingresso a 90° rispetto al senso di volo; dietro la cabina di pilotaggio vi erano un vestibolo ed un piccolo vano servizi e, in coda, un piccolo bar ed una toilette con WC e lavabo. I piloti disponevano di radar meteorologico ECKO E 190 in banda X con una portata massima di 270 km, e la cabina aveva finiture interne molto accurate; gli occupanti, in caso di
10
L’n/c 501 MM 577, con i serbatoi di estremità e la pinna di raccordo della deriva ingranditi, esposto al salone di Hannover del 1966.
Il cruscotto del primo esemplare di produzione, n/c 503, equipaggiato col radar meteorologico.
MAR/APR 2021 | AEROFAN
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La linea di produzione del PD. 808. 7-8Sono visibili la maggiore altezza e lunghezza del bulbo della cabina di
pilotaggio con gli orli della carenatura che verranno coperti durante la rifinitura delle superfici e la successiva verniciatura. Le ali sono costruite in un unico pezzo.
Pininfarina ed una nuova accattivante livrea. Ma proprio in quei giorni il programma fu colpito da un drammatico incidente. Il 18 giugno 1968 l'I-PIAI, era decollato da Madrid Barajas alle 16.20 locali per un volo dimostrativo diretto a Bilbao ma le pessime condizioni meteo avevano consigliato di scendere a San Sebastián per poi far proseguire gli ospiti in auto. In avvicinamento in cattive condizioni meteo alla pista 22 di San Sebastián-Fuenterrabia, nei Paesi Baschi, l'aereo impattò alle 16.50 a 15 m dalla cima del monte Jaizkibelk a circa 4 km dall'aeroporto. Invece di virare, come da procedura per riattaccata, a sinistra, il pilota aveva iniziato una virata a destra.
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Persero la vita Davide Albertazzi, capo collaudatore di Piaggio e il copilota Sergio Milich, l'industriale Lino Zanussi, Alfio di Vora strettissimo collaboratore di Zanussi, l'ing. Giovanni Battista Talotti direttore generale dell'Ibelsa fabbrica spagnola controllata dal colosso di Pordenone e Diego Hirtado de Mendoza direttore commerciale della società. Si trattava di un volo richiesto da Zanussi che avrebbe potuto portare all'acquisto del jet per i suoi spostamenti d'affari. Proprio l'I-PIAI era stato usato con false insegne del Vaticano nel film “L'uomo venuto dal Kremlino” (The Shoes of the Fisherman) con Anthony Quinn (che impersonava il Papa Kiril Lakota), Oskar Werner, Laurence Olivier e Burt Kwouk poi uscito nelle sale cinematografiche nel novembre 1968. Chiusa tragicamente la parentesi commerciale, al PD. 808 non restò che una carriera con l'Aeronautica Militare mentre l'altro PD. 808 civile, l'I-PIAL n/c 504, fu tenuto da Piaggio per gli spostamenti dei propri quadri direttivi. In realtà vi fu un tentativo di rilanciare il disegno col PD. 808 TF (TurboFan) sostituendo l'assetato Viper col Garrett AiResearch TFE-731-2 a doppio flusso da 1.587 kg di spinta. Consegnato all'Aeronautica Militare, il PD. 808 RM MM 62015 n/c 522 fu lasciato a disposizione della Piaggio per la trasformazione ricevendo le marche civili I-PIAY, ma non se ne fece di nulla e l'aereo tornò all'Aeronautica.
PD. 808 CON LE STELLETTE L'intero programma PD. 808 venne salvato, come abbiamo visto sopra, dall'intervento dell'Aeronautica Militare che ordinò i prototipi ed una serie di 20 esemplari sull'esempio della RAF britannica che aveva acquistato un certo numero di Hawker Siddeley HS-125. L'intenzione era di impiegare gli aerei per il trasporto di persone e materiali urgenti, il trasporto sanitario, l ' a e r o f o to g r a m m e t r i a e l ' a d d e s t r a m e n to a l l a navigazione aerea. Così oltre ai due prototipi, che militarono per molti anni (fino al 1998) presso il Reparto Sperimentale Volo di Pratica di Mare, finirono in AM altri venti bireattori. I primi furono quattro esemplari in configurazione VIP (MM 61948/61951 n/c 506/509) consegnati tra aprile e settembre 1970 al 306° Gruppo del Reparto Volo Stato Maggiore poi integrato dall'ottobre 1976 nel 31° Stormo. La versione VIP con due piloti aveva sei poltrone singole, quattro delle quali contrapposte attorno a due tavolini a scomparsa e due sul lato destro della cabina posizionate davanti al portello di ingresso a 90° rispetto al senso di volo; dietro la cabina di pilotaggio vi erano un vestibolo ed un piccolo vano servizi e, in coda, un piccolo bar ed una toilette con WC e lavabo. I piloti disponevano di radar meteorologico ECKO E 190 in banda X con una portata massima di 270 km, e la cabina aveva finiture interne molto accurate; gli occupanti, in caso di
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L’n/c 501 MM 577, con i serbatoi di estremità e la pinna di raccordo della deriva ingranditi, esposto al salone di Hannover del 1966.
Il cruscotto del primo esemplare di produzione, n/c 503, equipaggiato col radar meteorologico.
MAR/APR 2021 | AEROFAN
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emergenza, avevano a disposizione 8 giubbotti di salvataggio. Tra il novembre 1970 ed il luglio 1971 furono consegnati sei PD. 808 TP (Trasporto Persone) (MM 61952/61957 n/c 510/515) per missioni di collegamento, privi di radar meteo e con arredamento più spartano per due piloti e nove passeggeri di cui sei in poltrone singole e tre su un divanetto. Per far fronte ad emergenze in mare, erano stivati a bordo tre battellini di salvataggio a quattro posti ciascuno. Dalla TP, rimuovendo il divanetto e cinque poltrone, era teoricamente ricavabile la versione per il trasporto di feriti o merci; in questo caso la cabina poteva ospitare due barelle standard di fornitura AM opportunamente modificate o un carico di merci varie. Anche questi aerei andarono al 31° Stormo venendo successivamente indicati come PD. 808 TA (Trasporto e Addestramento). Il primo velivolo della serie per l'AM (MM61958 n/c 505) fu consegnato solo il 23 novembre 1971, usato per l'integrazione degli equipaggiamenti di missione del PD. 808 GE (Guerra Elettronica). Allo stesso standard furono consegnati nel 1972 cinque esemplari (MM 61959/61963 n/c 516/520) che andarono ad equipaggiare il 71° Gruppo Guerra Elettronica. Il 71° Gruppo, sciolto l'8 settembre 1943, era stato ricostituito nel 1972 sull'aeroporto di Pratica di Mare venendo poi inglobato nel 1976 nel 14° Stormo. Lo stemma del 71°, ideato dall'allora t.col. Mario Arpino, era costituito da Perseo vittorioso nell'atto di brandire la testa della medusa. Questa, che era capace di uccidere il nemico col semplice sguardo, fu sconfitta da Perseo con uno specchio, primo esempio di Guerra Elettronica, pur
mitologica, della storia. Il materiale di volo della rinata unità fu costituito dai PD. 808 GE a cui si affiancò nel 1981 un unico G. 222 VS. In realtà i modelli del PD. 808 usati dal Gruppo furono due: il GE 1 originale realizzato in sei esemplari ed il GE 2 ottenuto convertendo due PD. 808 TP del 31° Stormo ed entrati in linea col 71° Gruppo nel 1985. Il GE1 montava apparati ESM (Electronic Support Measures), costituiti da ricevitori di segnali e analizzatori di spettro, ed ECM (Electronic CounterMeasures) con un disturbatore ed un disturbatore communication jamming. Tutto il sistema, per quanto efficiente e manovrato da operatori molto ben preparati, era in realtà limitato e soprattutto non permetteva di ottenere quei risultati che oggi i moderni disturbatori digitali associati ad un computer di bordo possono fare. Per tutte le bande disponibili era possibile selezionare solo quattro frequenze (una per ciascuna banda) da disturbare e non vi era la possibilità di variare automaticamente la frequenza di jamming quando il radar operava un suo cambiamento, oppure selezionare automaticamente un gruppo di frequenze tra quelle in quel momento ricevute. Il tipo di disturbo era quello comunemente conosciuto come "a rumore", tanto nella modalità ad onda continua, che in modulazione di ampiezza, irradiando i disturbi dalle antenne poste nel muso e nel radome sotto la coda. Per la raccolta di informazioni elettroniche, ovvero per sentire le emissioni dei radar che illuminavano il velivolo, si utilizzavano delle antenne a schiera poste nella parte inferiore della fusoliera, che operavano insieme ad altri due apparati posti nel muso e con un grado di copertura
11
12
L'I-PIAI, primo PD. 808 di produzione, al parcheggio del Salone di Parigi del 1967 col numero assegnato per il programma di presentazioni in volo. Alle sue spalle il diretto concorrente Gates Learjet 24.
Il decollo del secondo prototipo nelle mani di Davide Albertazzi al Salone di Farnborough del 1966. L’esibizione acrobatica dell’ex leader dei “Diavoli Rossi” stupì il pubblico inglese ma non contribuì a trovare clienti all’esportazione.
La piantana centrale dell’n/c 503 I-PIAI (a sinistra) 13-14 e la consolle sinistra (sopra). Dal cruscotto andando verso la coda: leva ventilazione cabina, bocchetta aria fredda, quadretto selezione radio e interfono, maniglia comando sterzo ruotino anteriore, presa ossigeno e quadretto sistema ossigeno.
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emergenza, avevano a disposizione 8 giubbotti di salvataggio. Tra il novembre 1970 ed il luglio 1971 furono consegnati sei PD. 808 TP (Trasporto Persone) (MM 61952/61957 n/c 510/515) per missioni di collegamento, privi di radar meteo e con arredamento più spartano per due piloti e nove passeggeri di cui sei in poltrone singole e tre su un divanetto. Per far fronte ad emergenze in mare, erano stivati a bordo tre battellini di salvataggio a quattro posti ciascuno. Dalla TP, rimuovendo il divanetto e cinque poltrone, era teoricamente ricavabile la versione per il trasporto di feriti o merci; in questo caso la cabina poteva ospitare due barelle standard di fornitura AM opportunamente modificate o un carico di merci varie. Anche questi aerei andarono al 31° Stormo venendo successivamente indicati come PD. 808 TA (Trasporto e Addestramento). Il primo velivolo della serie per l'AM (MM61958 n/c 505) fu consegnato solo il 23 novembre 1971, usato per l'integrazione degli equipaggiamenti di missione del PD. 808 GE (Guerra Elettronica). Allo stesso standard furono consegnati nel 1972 cinque esemplari (MM 61959/61963 n/c 516/520) che andarono ad equipaggiare il 71° Gruppo Guerra Elettronica. Il 71° Gruppo, sciolto l'8 settembre 1943, era stato ricostituito nel 1972 sull'aeroporto di Pratica di Mare venendo poi inglobato nel 1976 nel 14° Stormo. Lo stemma del 71°, ideato dall'allora t.col. Mario Arpino, era costituito da Perseo vittorioso nell'atto di brandire la testa della medusa. Questa, che era capace di uccidere il nemico col semplice sguardo, fu sconfitta da Perseo con uno specchio, primo esempio di Guerra Elettronica, pur
mitologica, della storia. Il materiale di volo della rinata unità fu costituito dai PD. 808 GE a cui si affiancò nel 1981 un unico G. 222 VS. In realtà i modelli del PD. 808 usati dal Gruppo furono due: il GE 1 originale realizzato in sei esemplari ed il GE 2 ottenuto convertendo due PD. 808 TP del 31° Stormo ed entrati in linea col 71° Gruppo nel 1985. Il GE1 montava apparati ESM (Electronic Support Measures), costituiti da ricevitori di segnali e analizzatori di spettro, ed ECM (Electronic CounterMeasures) con un disturbatore ed un disturbatore communication jamming. Tutto il sistema, per quanto efficiente e manovrato da operatori molto ben preparati, era in realtà limitato e soprattutto non permetteva di ottenere quei risultati che oggi i moderni disturbatori digitali associati ad un computer di bordo possono fare. Per tutte le bande disponibili era possibile selezionare solo quattro frequenze (una per ciascuna banda) da disturbare e non vi era la possibilità di variare automaticamente la frequenza di jamming quando il radar operava un suo cambiamento, oppure selezionare automaticamente un gruppo di frequenze tra quelle in quel momento ricevute. Il tipo di disturbo era quello comunemente conosciuto come "a rumore", tanto nella modalità ad onda continua, che in modulazione di ampiezza, irradiando i disturbi dalle antenne poste nel muso e nel radome sotto la coda. Per la raccolta di informazioni elettroniche, ovvero per sentire le emissioni dei radar che illuminavano il velivolo, si utilizzavano delle antenne a schiera poste nella parte inferiore della fusoliera, che operavano insieme ad altri due apparati posti nel muso e con un grado di copertura
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L'I-PIAI, primo PD. 808 di produzione, al parcheggio del Salone di Parigi del 1967 col numero assegnato per il programma di presentazioni in volo. Alle sue spalle il diretto concorrente Gates Learjet 24.
Il decollo del secondo prototipo nelle mani di Davide Albertazzi al Salone di Farnborough del 1966. L’esibizione acrobatica dell’ex leader dei “Diavoli Rossi” stupì il pubblico inglese ma non contribuì a trovare clienti all’esportazione.
La piantana centrale dell’n/c 503 I-PIAI (a sinistra) 13-14 e la consolle sinistra (sopra). Dal cruscotto andando verso la coda: leva ventilazione cabina, bocchetta aria fredda, quadretto selezione radio e interfono, maniglia comando sterzo ruotino anteriore, presa ossigeno e quadretto sistema ossigeno.
MAR/APR 2021 | AEROFAN
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in volo sulla costa ligure. 17Elegante e insieme aggressivo, il PD. 808l’I-PIAI giunse in ritardo su un mercato
aollato da ottimi prodotti che all’epoca puntava decisamente sulla Ā velocità e su importanti strutture di supporto. Piaggio non ebbe la forza di sviluppare il disegno e di creare una simile rete a livello globale.
18
19
Il secondo prototipo, così come il primo, entrò regolarmente in servizio nell’Aeronautica Militare militando col Reparto Sperimentale di Volo. Entrambi sarebbero stati radiati solo nel 1998.
elettronica fin sul bersaglio. In quello “ECM escort” la tecnica era simile al “Close support” ma il velivolo GE restava con la formazione attaccante fin sul bersaglio. Nella realtà in questo ruolo sarebbe stato poi usato operativamente il Tornado ECR. Infine, in quello “Self screening”, il velivolo utilizzava le proprie capacità di autodifesa elettronica per confondere i velivoli o le difese avversarie che lo stavano attaccando. Tutti questi profili di missione potevano essere integrati tra di loro nello svolgimento delle varie attività. L'equipaggio del PD. 808 GE si componeva di cinque elementi: due piloti, un capo operatore di Guerra Elettronica, un operatore GE ed uno specialista polivalente. Gli operatori erano ufficiali del ruolo servizi (provenienti dall'Accadenia) o GARAT elettronici, oppure sottufficiali specializzati marconisti. Non esisteva all'epoca una scuola di Guerra Elettronica in grado di preparare il personale e di conseguenza la formazione avveniva in casa presso il 71° Gruppo nell'arco di trequattro anni necessari per imparare ad usare gli apparati e per accumulare la necessaria esperienza dei vari segnali e procedure affinando la propria “sensibilità elettronica”.
18
AEROFAN | LUX UMBRA
L’n/c 504 I-PIAL presentato al salone di Torino del giugno 1972 con una nuova livrea e gli interni firmati Pininfarina.
A livello internazionale, nei limiti delle necessità dell'addestramento nazionale, i PD. 808 GE parteciparono con successo ad un gran numero di esercitazioni tra cui Dragon Hammer, Display Determination, Common Jelly, Distant Hammer, Demon Jackpot, Mace, Farfadet, Tactical Fighter Weaponry. I PD. 808 VIP furono utilizzati in prevalenza dal 31º Stormo di Ciampino fino all'arrivo di macchine più capaci e moderne come i Falcon 50 ed i Gulfstream, e a quel punto furono girati al 14º dove affiancarono i primi P.180 nel ruolo di trasporti. All'8° Gruppo del 14º furono consegnati tra il febbraio 1975 ed il gennaio 1976 gli ultimi PD. 808 costruiti: quattro PD. 808 RM (MM6201462017 n/c 521/524) configurati per la calibrazione delle radioassistenze alla navigazione e per il controllo del corretto angolo di discesa in fase di avvicinamento. Ben riconoscibili per la vistosa livrea bianca ed argento, con bande fluorescenti arancioni, gli RM sostituirono i C-45 e C-47 usati in precedenza venendo impiegati nella specialità per circa venti anni circa sostituiti a partire dal 1983 dai G.222 RM; l'ultimo (MM 62014 n/c 521), in una più combattiva livrea monogrigio, venne radiato il 28 aprile del 2001, dopo aver fino
MAR/APR SET/OTT 2020 2021 | AEROFAN
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in volo sulla costa ligure. 17Elegante e insieme aggressivo, il PD. 808l’I-PIAI giunse in ritardo su un mercato
aollato da ottimi prodotti che all’epoca puntava decisamente sulla Ā velocità e su importanti strutture di supporto. Piaggio non ebbe la forza di sviluppare il disegno e di creare una simile rete a livello globale.
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Il secondo prototipo, così come il primo, entrò regolarmente in servizio nell’Aeronautica Militare militando col Reparto Sperimentale di Volo. Entrambi sarebbero stati radiati solo nel 1998.
elettronica fin sul bersaglio. In quello “ECM escort” la tecnica era simile al “Close support” ma il velivolo GE restava con la formazione attaccante fin sul bersaglio. Nella realtà in questo ruolo sarebbe stato poi usato operativamente il Tornado ECR. Infine, in quello “Self screening”, il velivolo utilizzava le proprie capacità di autodifesa elettronica per confondere i velivoli o le difese avversarie che lo stavano attaccando. Tutti questi profili di missione potevano essere integrati tra di loro nello svolgimento delle varie attività. L'equipaggio del PD. 808 GE si componeva di cinque elementi: due piloti, un capo operatore di Guerra Elettronica, un operatore GE ed uno specialista polivalente. Gli operatori erano ufficiali del ruolo servizi (provenienti dall'Accadenia) o GARAT elettronici, oppure sottufficiali specializzati marconisti. Non esisteva all'epoca una scuola di Guerra Elettronica in grado di preparare il personale e di conseguenza la formazione avveniva in casa presso il 71° Gruppo nell'arco di trequattro anni necessari per imparare ad usare gli apparati e per accumulare la necessaria esperienza dei vari segnali e procedure affinando la propria “sensibilità elettronica”.
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L’n/c 504 I-PIAL presentato al salone di Torino del giugno 1972 con una nuova livrea e gli interni firmati Pininfarina.
A livello internazionale, nei limiti delle necessità dell'addestramento nazionale, i PD. 808 GE parteciparono con successo ad un gran numero di esercitazioni tra cui Dragon Hammer, Display Determination, Common Jelly, Distant Hammer, Demon Jackpot, Mace, Farfadet, Tactical Fighter Weaponry. I PD. 808 VIP furono utilizzati in prevalenza dal 31º Stormo di Ciampino fino all'arrivo di macchine più capaci e moderne come i Falcon 50 ed i Gulfstream, e a quel punto furono girati al 14º dove affiancarono i primi P.180 nel ruolo di trasporti. All'8° Gruppo del 14º furono consegnati tra il febbraio 1975 ed il gennaio 1976 gli ultimi PD. 808 costruiti: quattro PD. 808 RM (MM6201462017 n/c 521/524) configurati per la calibrazione delle radioassistenze alla navigazione e per il controllo del corretto angolo di discesa in fase di avvicinamento. Ben riconoscibili per la vistosa livrea bianca ed argento, con bande fluorescenti arancioni, gli RM sostituirono i C-45 e C-47 usati in precedenza venendo impiegati nella specialità per circa venti anni circa sostituiti a partire dal 1983 dai G.222 RM; l'ultimo (MM 62014 n/c 521), in una più combattiva livrea monogrigio, venne radiato il 28 aprile del 2001, dopo aver fino
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Dopo le livree “tattiche” e ad alta visibilità caratteristiche 24-26rispettivamente dei PD. 808 GE1 e RM, anche i bireattori Piaggio furono convertiti all’anonimo monogrigio AM.
di interruttori di sicurezza, comandati rispettivamente dallo schiacciamento degli ammortizzatori del carrello principale e dalle manette del gas, che impedivano l ' e s t r a z i o n e d e i d i r u tto r i fi n c h è e n t r a m b i g l i ammortizzatori principali non fossero stati compressi o ambedue le manette motori portate al minimo. Le gondole motori non erano separate dalla fusoliera, ma erano strettamente fissate a questa ultima con ciascun motore completamente accessibile grazie all'apertura per rotazione di un unico portellone. L'impianto carburante era formato da due impianti simmetrici ognuno costituito da un serbatoio unico (destro e sinistro) ricavato nella struttura stagna di ciascuna semiala e nel relativo serbatoio di estremità per una capacità utile di 1.840 litri. Il rifornimento per gravità avveniva dal bocchettone posto sul dorso dei serbatoi di estremità. L'impianto permetteva di intercollegare i due serbatoi (semiala destra e sinistra) per consentire il travaso ed il conseguente livellamento del carburante. Inoltre era possibile, in caso di avaria, l'alimentazione incrociata per sostenere il motore efficiente. I f reni aerodinamici, costituiti da due pannelli incernierati sul ventre della fusoliera, erano azionati da due pulsanti posti nelle impugnature delle manette gas. Un arresto meccanico assicurava il bloccaggio di sicurezza dei freni aerodinamici in posizione chiusa. L'apertura e la chiusura era ottenuta premendo nel senso desiderato uno dei due pulsanti che, una volta rilasciato, fermava il freno nella posizione raggiunta.
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AEROFAN | LUX UMBRA
Il carrello era comandato da una leva a due posizioni (UP e DOWN) posta sul cruscotto; al di sopra della leva vi era un pulsante di emergenza “LEVER LOCK RELEASE” che escludeva i microinterruttori di sicurezza permettendo di retrarre il carrello in caso di emergenza quando il velivolo si trovava ancora al suolo. In caso di mancata estrazione del carrello, sulla piantana vi era un'impugnatura che, tirata, sbloccava i g a n c i d i v i n c o l o d e i p o r te l l o n i e p e r m e tte va l'abbassamento ed il bloccaggio dei carrello per effetto della gravità, favoriti dall'azione aerodinamica. Sulla consolle sinistra era presente la leva comando dello sterzo. Il ruotino poteva essere bloccato a terra in posizione centrale inserendo una spina oppure reso libero di ruotare di 360° scollegando i bracci del compasso antitorcente. L'impianto freni idraulico aveva due linee separate, normale e di emergenza ed era azionabile, in condizioni normali, premendo sull'estremità dei poggiapiedi della pedaliera. L'impianto frenante del PD. 808 non si rivelò particolarmente efficace e la mancanza di inversione della spinta dei motori rendeva delicata la manovra su piste corte e in caso di fondo bagnato. Per questo il velivolo era equipaggiato con un paracadute freno. L'impianto antincendio aveva una bombola di bromocloro-bifluoro-metano per ciascun motore e, grazie ad un deviatore, entrambe le bombole potevano scaricare il loro contenuto sullo stesso motore. Il quadretto di controllo della pressurizzazione era montato sul cruscotto del 1° pilota e disponeva di due manopole di comando: la prima selezionava la quota cabina tra -1.000 e +10.000 piedi e la seconda selezionava la velocità ascensionale della cabina tra 50 e 2.000 piedi al minuto. L'impianto era disegnato per assicurare condizioni di volo confortevoli fino alla quota di 40.000 piedi (12.192 m). La protezione antighiaccio era assicurata da uno sghiacciatore pneumatico Goodrich col gonfiaggio di suole in gomma incollate sui bordi di entrata dell'ala (esclusa la zona davanti ai motori), dello stabilizzatore e della deriva. L'aria necessaria era fornita per spillaggio dall'ottavo stadio del compressore di ciascun motore. Un faretto montato sulla porta della cabina permetteva di illuminare il bordo di entrata della semiala sinistra per valutare lo spessore del ghiaccio. Il sistema antighiaccio aveva anche una parte con riscaldamento con resistenze elettriche che proteggeva la sezione delle ali davanti ai motori (Napier Spraymat), i trasparenti anteriori e laterali della cabina piloti (Sierracote), i due tubi di pitot, le prese statiche ed il trasmettitore dell'angolo di attacco. Infine, aria calda spillata dall'ottavo stadio del compressore evitava la formazione di ghiaccio sulle prese d'aria dei motori e sulle sezioni retrostanti. Il pacco elettro-idraulico di Dowty Rotol operava carrello, flap, aerofreno, spoiler, sterzo e freni. I martinetti e gli altri componenti erano di Oledinamica Magnaghi. Il sistema elettrico era Bendix. Il carrello era della Messier con ruote, f reni e pneumatici di American Goodyear.
Il secondo prototipo MM578 è sempre stato in carico 27al Reparto Sperimentale Volo ed utilizzato per vari programmi. Nella foto appare equipaggiato con il radar da combattimento leggero FIAR Grifo.
PD. 808 RM MM 62016 14-55 aveva l’n/c 523, ed era così il penultimo 28 Ilvelivolo costruito dalla Piaggio. L’aereo venne riverniciato nel 1996 per celebrare i 20 anni del 14° Stormo. Sui fianchi riportava le scritte “lux” e “umbra” a rappresentare i due ruoli istituzionali (RM e GE) svolti negli anni di servizio con le stellette. L’eroplano è tutt’oggi preservato sull’aeroporto di Pratica di Mare.
29
Un altro “special color” era l’originale prototipo MM 577 ex RS-48 ribattezzato “Perseo” verniciato nel 1997 per i 25 anni del 71° Gruppo.
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Dopo le livree “tattiche” e ad alta visibilità caratteristiche 24-26rispettivamente dei PD. 808 GE1 e RM, anche i bireattori Piaggio furono convertiti all’anonimo monogrigio AM.
di interruttori di sicurezza, comandati rispettivamente dallo schiacciamento degli ammortizzatori del carrello principale e dalle manette del gas, che impedivano l ' e s t r a z i o n e d e i d i r u tto r i fi n c h è e n t r a m b i g l i ammortizzatori principali non fossero stati compressi o ambedue le manette motori portate al minimo. Le gondole motori non erano separate dalla fusoliera, ma erano strettamente fissate a questa ultima con ciascun motore completamente accessibile grazie all'apertura per rotazione di un unico portellone. L'impianto carburante era formato da due impianti simmetrici ognuno costituito da un serbatoio unico (destro e sinistro) ricavato nella struttura stagna di ciascuna semiala e nel relativo serbatoio di estremità per una capacità utile di 1.840 litri. Il rifornimento per gravità avveniva dal bocchettone posto sul dorso dei serbatoi di estremità. L'impianto permetteva di intercollegare i due serbatoi (semiala destra e sinistra) per consentire il travaso ed il conseguente livellamento del carburante. Inoltre era possibile, in caso di avaria, l'alimentazione incrociata per sostenere il motore efficiente. I f reni aerodinamici, costituiti da due pannelli incernierati sul ventre della fusoliera, erano azionati da due pulsanti posti nelle impugnature delle manette gas. Un arresto meccanico assicurava il bloccaggio di sicurezza dei freni aerodinamici in posizione chiusa. L'apertura e la chiusura era ottenuta premendo nel senso desiderato uno dei due pulsanti che, una volta rilasciato, fermava il freno nella posizione raggiunta.
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Il carrello era comandato da una leva a due posizioni (UP e DOWN) posta sul cruscotto; al di sopra della leva vi era un pulsante di emergenza “LEVER LOCK RELEASE” che escludeva i microinterruttori di sicurezza permettendo di retrarre il carrello in caso di emergenza quando il velivolo si trovava ancora al suolo. In caso di mancata estrazione del carrello, sulla piantana vi era un'impugnatura che, tirata, sbloccava i g a n c i d i v i n c o l o d e i p o r te l l o n i e p e r m e tte va l'abbassamento ed il bloccaggio dei carrello per effetto della gravità, favoriti dall'azione aerodinamica. Sulla consolle sinistra era presente la leva comando dello sterzo. Il ruotino poteva essere bloccato a terra in posizione centrale inserendo una spina oppure reso libero di ruotare di 360° scollegando i bracci del compasso antitorcente. L'impianto freni idraulico aveva due linee separate, normale e di emergenza ed era azionabile, in condizioni normali, premendo sull'estremità dei poggiapiedi della pedaliera. L'impianto frenante del PD. 808 non si rivelò particolarmente efficace e la mancanza di inversione della spinta dei motori rendeva delicata la manovra su piste corte e in caso di fondo bagnato. Per questo il velivolo era equipaggiato con un paracadute freno. L'impianto antincendio aveva una bombola di bromocloro-bifluoro-metano per ciascun motore e, grazie ad un deviatore, entrambe le bombole potevano scaricare il loro contenuto sullo stesso motore. Il quadretto di controllo della pressurizzazione era montato sul cruscotto del 1° pilota e disponeva di due manopole di comando: la prima selezionava la quota cabina tra -1.000 e +10.000 piedi e la seconda selezionava la velocità ascensionale della cabina tra 50 e 2.000 piedi al minuto. L'impianto era disegnato per assicurare condizioni di volo confortevoli fino alla quota di 40.000 piedi (12.192 m). La protezione antighiaccio era assicurata da uno sghiacciatore pneumatico Goodrich col gonfiaggio di suole in gomma incollate sui bordi di entrata dell'ala (esclusa la zona davanti ai motori), dello stabilizzatore e della deriva. L'aria necessaria era fornita per spillaggio dall'ottavo stadio del compressore di ciascun motore. Un faretto montato sulla porta della cabina permetteva di illuminare il bordo di entrata della semiala sinistra per valutare lo spessore del ghiaccio. Il sistema antighiaccio aveva anche una parte con riscaldamento con resistenze elettriche che proteggeva la sezione delle ali davanti ai motori (Napier Spraymat), i trasparenti anteriori e laterali della cabina piloti (Sierracote), i due tubi di pitot, le prese statiche ed il trasmettitore dell'angolo di attacco. Infine, aria calda spillata dall'ottavo stadio del compressore evitava la formazione di ghiaccio sulle prese d'aria dei motori e sulle sezioni retrostanti. Il pacco elettro-idraulico di Dowty Rotol operava carrello, flap, aerofreno, spoiler, sterzo e freni. I martinetti e gli altri componenti erano di Oledinamica Magnaghi. Il sistema elettrico era Bendix. Il carrello era della Messier con ruote, f reni e pneumatici di American Goodyear.
Il secondo prototipo MM578 è sempre stato in carico 27al Reparto Sperimentale Volo ed utilizzato per vari programmi. Nella foto appare equipaggiato con il radar da combattimento leggero FIAR Grifo.
PD. 808 RM MM 62016 14-55 aveva l’n/c 523, ed era così il penultimo 28 Ilvelivolo costruito dalla Piaggio. L’aereo venne riverniciato nel 1996 per celebrare i 20 anni del 14° Stormo. Sui fianchi riportava le scritte “lux” e “umbra” a rappresentare i due ruoli istituzionali (RM e GE) svolti negli anni di servizio con le stellette. L’eroplano è tutt’oggi preservato sull’aeroporto di Pratica di Mare.
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Un altro “special color” era l’originale prototipo MM 577 ex RS-48 ribattezzato “Perseo” verniciato nel 1997 per i 25 anni del 71° Gruppo.
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Speciale
desert storm Il contributo di US Navy Marines e US Army
Paolo Gianvanni
A
ll'inizio della crisi del Kuwait, gli USA avevano un
Sei unità operanti nel Golfo Persico in formazione dopo il cessate il fuoco che concluse la Desert Storm. A sinistra, dall'alto, sono visibili l'incrociatore lanciamissili USS Leyte Gulf CG-55, le portaerei USS Midway CV-41 e USS Ranger CV-61 e l'incrociatore lanciamissili USS Normandy CG-60. A destra seguono le portaerei USS Theodore Roosevelt CVN-71, in alto, e USS America CV-66.
totale di 14 portaerei dispiegabili, una delle quali in Giappone. Tipicamente gli USA disponevano di due portaerei nel Mediterraneo, una o due nell'Estremo Oriente ed una nell'Oceano Indiano. Lo schieramento permanente nell'Oceano Indiano era stato cancellato nel febbraio 1990 con la fine del conflitto Iran-Iraq in favore di dispiegamenti temporanei di una o due settimane ad opera della Seventh Fleet.
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Speciale
desert storm Il contributo di US Navy Marines e US Army
Paolo Gianvanni
A
ll'inizio della crisi del Kuwait, gli USA avevano un
Sei unità operanti nel Golfo Persico in formazione dopo il cessate il fuoco che concluse la Desert Storm. A sinistra, dall'alto, sono visibili l'incrociatore lanciamissili USS Leyte Gulf CG-55, le portaerei USS Midway CV-41 e USS Ranger CV-61 e l'incrociatore lanciamissili USS Normandy CG-60. A destra seguono le portaerei USS Theodore Roosevelt CVN-71, in alto, e USS America CV-66.
totale di 14 portaerei dispiegabili, una delle quali in Giappone. Tipicamente gli USA disponevano di due portaerei nel Mediterraneo, una o due nell'Estremo Oriente ed una nell'Oceano Indiano. Lo schieramento permanente nell'Oceano Indiano era stato cancellato nel febbraio 1990 con la fine del conflitto Iran-Iraq in favore di dispiegamenti temporanei di una o due settimane ad opera della Seventh Fleet.
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BOX portaerei americane dispiegate nel golfo USS Saratoga CV-60
Ranger CV-61
CVW-17 (codice AA) dal 7/8/1990 al 28/3/1991 VF-74 e VF-103 su F-14A+ VFA-83 e VFA-81 su F/A-18C VA-35 su A-6E/KA-6D VAW-125 su E-2C VAQ-132 su EA-6B HS-3 su SH-3H VS-30 su S-3B
CVW-2 (codice NE) dal 8/12/1990 al 8/6/1991 VF-1 e VF-2 su F-14A (20) VA-155 e VA-145 su A-6E/KA-6D (26) VAQ-131 su EA-6B (4) VS-38 su S-3A (8) VAW-116 su E-2C (4) VRC-30 Det su C-2A (2) HS-14 su SH-3H (6)
John F. Kennedy CV-67
America CV-66
CVW-3 (codice AC) dal 15/8/1990 al 28/3/1991 VF-14 e VF-32 su F-14A (20) VA-46 e VA-72 su A-7E (24) VA-75 su A-6E/KA-6D (16) VAW-126 su E-2C (5) VAQ-130 su EA-6B (5) VS-22 su S-3B (8) HS-7 su SH-3H (6)
CVW-1 (codice AB) dal 28/12/1990 al 18/4/1991 VF-102 e VF-33 su F-14A (20) VFA-82 e VFA-86 su F/A-18C (18) VA-85 su A-6E/KA-6D (18) VAQ-137 su EA-6B (5) VS-32 su S-3B (8) VAW-123 su E-2C (4) HS-11 su SH-3H (6)
Midway CV-41
Theodore Roosevelt CVN-71
CVW-5 (codice NF) dal 2/10/1990 al 17/4/1991 VFA-195, VFA-151 e VFA-192 su F/A-18A (30) VA-185 e VA-115 su A-6E/KA-6D (18) VAQ-136 su EA-6B (4) VAW-115 su E-2C (4) VRC-50 Det su C-2A (2) HS-12 su SH-3H (6)
CVW-8 (codice AJ) dal 28/12/1990 al 28/6/1991 VF-41 e VF-84 su F-14A (20) VFA-15 e VFA-87 su F/A-18A (19) VA-65 e VA-36 su A-6E/KA-6D (22) VAQ-141 su EA-6B (5) VS-24 su S-3B (8) VAW-124 su E-2C (4) VRC-40 Det su C-2A (2) HS-9 su SH-3H (6)
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Addetti agli armamenti sulla USS Saratoga trasportano bombe a grappolo Mk. 20 Rockeye II, a sinistra e al centro, e GP Mk. 83, a destra, di fronte a tre aerei da attacco A-6E Intruder del VA-35. In fondo è visibile un EA-6B Prowler.
AEROFAN | SPECIALE DESERT STORM
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Mentre un KA-6D del VA-75 rifornisce un A-7E del VA-72, un KC-135E dell’USAF provvede ad un EA-6B del VAQ-130. La Desert Storm vide un largo impiego di assetti da rifornimento e da guerra elettronica.
pur avendo un raggio di ingaggio superiore agli F-15C, non avevano la stessa capacità di identificazione di bersagli non cooperanti il che avrebbe potuto porre rischi di fuoco fratricida in uno scenario di guerra estremamente complesso ed affollato. Con grande felicità dell'USAF, gli F14 operarono così con regole di ingaggio molto strette e subordinati alle istruzioni degli E-3 dell'Aeronautica. Il risultato fu che i Tomcat effettuarono in tutta la durata della guerra solo sei intercettazioni pur accumulando 2.802 sortite DCA (Defensive Counter Air) e 607 OCA (Offensive Counter Air). Unica vittima fu un povero elicottero Mi-8 distrutto con un Sidewinder. Infatti, l'US Navy era giunta alla Guerra del Golfo senza aver sviluppato i sistemi e le procedure per integrare i Carrier Air Group in un JACC (Joint Air Component Command) col risultato che gli F-14 non potevano ingaggiare con missili BVR (AI-54 Phoenix e AIM-7 Sparrow) bersagli autonomamente ma solo sotto il controllo degli E-3 dell'USAF. Ogni caccia doveva ottenere due forme indipendenti di identificazione elettronica del bersaglio dall'AWACS. Gli E-2 dell'US Navy avevano accesso ai dati radar degli AWACS ma non avevano l'autorità di approvare ingaggi. Gli F-15 avevano due sistemi di identificazione elettronica del bersaglio oltre all'IFF (Identification Friend or Foe). L'NCTR (Non Cooperative Recognition) basato sulle rotazioni delle turbine o dei compressori dell'aereo ed un altro sistema non specificato. L'F-14 aveva solo l'IFF e la TV a lungo raggio.
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Un F/A-18C del VFA-81 della USS Saratoga con un carico di bombe Mk-83.
Uno dei numerosi shelter iracheni colpiti dagli aeroplani della US Navy.
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BOX portaerei americane dispiegate nel golfo USS Saratoga CV-60
Ranger CV-61
CVW-17 (codice AA) dal 7/8/1990 al 28/3/1991 VF-74 e VF-103 su F-14A+ VFA-83 e VFA-81 su F/A-18C VA-35 su A-6E/KA-6D VAW-125 su E-2C VAQ-132 su EA-6B HS-3 su SH-3H VS-30 su S-3B
CVW-2 (codice NE) dal 8/12/1990 al 8/6/1991 VF-1 e VF-2 su F-14A (20) VA-155 e VA-145 su A-6E/KA-6D (26) VAQ-131 su EA-6B (4) VS-38 su S-3A (8) VAW-116 su E-2C (4) VRC-30 Det su C-2A (2) HS-14 su SH-3H (6)
John F. Kennedy CV-67
America CV-66
CVW-3 (codice AC) dal 15/8/1990 al 28/3/1991 VF-14 e VF-32 su F-14A (20) VA-46 e VA-72 su A-7E (24) VA-75 su A-6E/KA-6D (16) VAW-126 su E-2C (5) VAQ-130 su EA-6B (5) VS-22 su S-3B (8) HS-7 su SH-3H (6)
CVW-1 (codice AB) dal 28/12/1990 al 18/4/1991 VF-102 e VF-33 su F-14A (20) VFA-82 e VFA-86 su F/A-18C (18) VA-85 su A-6E/KA-6D (18) VAQ-137 su EA-6B (5) VS-32 su S-3B (8) VAW-123 su E-2C (4) HS-11 su SH-3H (6)
Midway CV-41
Theodore Roosevelt CVN-71
CVW-5 (codice NF) dal 2/10/1990 al 17/4/1991 VFA-195, VFA-151 e VFA-192 su F/A-18A (30) VA-185 e VA-115 su A-6E/KA-6D (18) VAQ-136 su EA-6B (4) VAW-115 su E-2C (4) VRC-50 Det su C-2A (2) HS-12 su SH-3H (6)
CVW-8 (codice AJ) dal 28/12/1990 al 28/6/1991 VF-41 e VF-84 su F-14A (20) VFA-15 e VFA-87 su F/A-18A (19) VA-65 e VA-36 su A-6E/KA-6D (22) VAQ-141 su EA-6B (5) VS-24 su S-3B (8) VAW-124 su E-2C (4) VRC-40 Det su C-2A (2) HS-9 su SH-3H (6)
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Addetti agli armamenti sulla USS Saratoga trasportano bombe a grappolo Mk. 20 Rockeye II, a sinistra e al centro, e GP Mk. 83, a destra, di fronte a tre aerei da attacco A-6E Intruder del VA-35. In fondo è visibile un EA-6B Prowler.
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Mentre un KA-6D del VA-75 rifornisce un A-7E del VA-72, un KC-135E dell’USAF provvede ad un EA-6B del VAQ-130. La Desert Storm vide un largo impiego di assetti da rifornimento e da guerra elettronica.
pur avendo un raggio di ingaggio superiore agli F-15C, non avevano la stessa capacità di identificazione di bersagli non cooperanti il che avrebbe potuto porre rischi di fuoco fratricida in uno scenario di guerra estremamente complesso ed affollato. Con grande felicità dell'USAF, gli F14 operarono così con regole di ingaggio molto strette e subordinati alle istruzioni degli E-3 dell'Aeronautica. Il risultato fu che i Tomcat effettuarono in tutta la durata della guerra solo sei intercettazioni pur accumulando 2.802 sortite DCA (Defensive Counter Air) e 607 OCA (Offensive Counter Air). Unica vittima fu un povero elicottero Mi-8 distrutto con un Sidewinder. Infatti, l'US Navy era giunta alla Guerra del Golfo senza aver sviluppato i sistemi e le procedure per integrare i Carrier Air Group in un JACC (Joint Air Component Command) col risultato che gli F-14 non potevano ingaggiare con missili BVR (AI-54 Phoenix e AIM-7 Sparrow) bersagli autonomamente ma solo sotto il controllo degli E-3 dell'USAF. Ogni caccia doveva ottenere due forme indipendenti di identificazione elettronica del bersaglio dall'AWACS. Gli E-2 dell'US Navy avevano accesso ai dati radar degli AWACS ma non avevano l'autorità di approvare ingaggi. Gli F-15 avevano due sistemi di identificazione elettronica del bersaglio oltre all'IFF (Identification Friend or Foe). L'NCTR (Non Cooperative Recognition) basato sulle rotazioni delle turbine o dei compressori dell'aereo ed un altro sistema non specificato. L'F-14 aveva solo l'IFF e la TV a lungo raggio.
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Un F/A-18C del VFA-81 della USS Saratoga con un carico di bombe Mk-83.
Uno dei numerosi shelter iracheni colpiti dagli aeroplani della US Navy.
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Assault Ship) e le basi a terra dell'USMC lanciarono un totale di 18.117 sortite di aeromobili ad ala fissa di cui 16.899 di combattimento o di supporto diretto al combattimento. L'US Navy perse per cause di combattimento solo sei aerei (un F/A-18, 4 A-6E e un F-14) con 4 morti, 3 prigionieri poi riconsegnati e 3 uomini recuperati. Altri 5 aeromobili furono persi non in combattimento (2 F/A-18, un A-6E, un
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F-14A (162603) del VF-1, protagonista dell’unica vittoria aerea della US Navy con questo tipo di velivolo nella Guerra del Golfo. Il 6 febbraio 1991 l’equipaggio Stuart "Meat" Broce e Ron "Bongo" McElraft, callsign WICHITA 103, ha intercettato e abbattuto un elicottero Mi-8 Hip con un missile AIM-9 Sidewinder.
Tornando ai più moderni e meglio equipaggiati Hornet che avevano a bordo l'NCTR, operati nel doppio ruolo ariaaria e aria-superficie, questi svolsero un ruolo importante nel fornire la copertura aerea e il SEAD (Suppression of Enemy Air Defenses) ma ebbero solo poche opportunità di ingaggio aria-aria. Lo stesso accadde per gli F/A-18 dell'USMC passati allo strike/attacco e SEAD. Complessivamente, gli Hornet dell'US Navy furono protagonisti di 1.436 sortite DCA e 291 OCA e quelli dell'USMC di 1.978 DCA e 677 OCA. Tra gli armamenti usati dall'US Navy spiccavano gli AGM84E SLAM (Standoff Land Attack Missile) usati per la prima volta il 19 gennaio da A-6 e A-7 della Kennedy e della Saratoga. Il missile, derivato dall'antinave Harpoon con
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Un Corsair II del VA-72 danneggiato ingaggia con successo la barriera al rientro sulla USS Kennedy.
guida inerziale/GPS e portata di oltre 110 km, doveva ancora iniziare i test operativi ufficiali, ma i risultati sul campo, contro obiettivi costieri iracheni, furono molto buoni. Nella Desert Storm venne usato per la prima volta anche il TALD (Tactical Air-Launched Decoy) ADM-141, una esca spendibile delle dimensioni e del peso di una bomba da 500 libbre. Gli Hornet, A-6, A-7 e S-3 di US Navy e USMC potevano trasportare ciascuno fino a sette TALD da lanciare a quote da 30 a 12.000 m. Sganciato in quota, il TALD poteva planare fino a 150 km a velocità di 250-500 nodi provocando ritorni radar attivi e passivi che simulavano aerei da combattimento. L'abbondante uso di TALD nelle prime fasi, insieme al massiccio disturbo elettronico, mise in confusione le difese irachene. Già noto ma continuamente migliorato, il missile antiradar HARM (High-speed Anti Radiation Missile), con carica bellica preframmentata di 66 kg, apparve sotto le ali di quasi tutti gli aerei impegnati e non solo di quelli dedicati alla guerra elettronica. Dei 2.039 HARM usati dagli americani, l'US Navy ne lanciò 679 e l'USMC 240. La versione impiegata nella Desert Storm era aggiornata con una memoria PROM che permetteva la programmazione esterna del software per adattarsi alla minaccia. Poteva così essere lanciata contro bersagli di opportunità, su bersagli prestabiliti o in modalità autoprotezione. A fine gennaio l'US Navy aveva lanciato dalle sue portaerei oltre 3.500 sortite ed aveva affondato o messo fuori uso oltre 60 unità navali irachene. Il 30 gennaio tutti i 18 Hornet della Saratoga sganciarono sui bersagli assegnati il valore record, per una singola missione, di 45.400 kg di bombe (Mk-83 da 1.000 libbre). Dal 17 gennaio al 28 febbraio le sei portaerei dell'US Navy schierate sul teatro e le due LHA (Large Amphibious
Un pacchetto di attacco dell’US Navy in fase di rifornimento dai KC-135 12dell’USAF. In primo piano un F-14A del VF-33 imbarcato sulla USS America.
Un F-14A del VF-114 sorvola le antenne di un centro di comunicazioni iracheno distrutto dagli aerei della Coalizione.
SH-60 ed un H-46) con un morto. Occorre a questo punto spendere alcune note sul reale rapporto di collaborazione di US Navy e USMC con l'USAF. Nonostante la presenza di un JFACC (Joint Force Air Component Commander) nella persona del lt. gen. Horner, l'integrazione in operazioni joint con l'Aeronautica si rivelò difficile. Fino al 1986 le due forze armate si dividevano in pratica l'area da attaccare sia nello spazio che nei tempi (TOT-Time On Target) e ciascuna delle due, nel suo ambito di competenza, operava in maniera praticamente autonoma. In base alla nuova dottrina, il JFACC era responsabile
Esche TALD (Tactical Air-Launched Decoy) in attesa di essere imbarcati 13sui velivoli sul ponte della USS Kennedy. Planando nella loro discesa, i TALD
simulavano con i loro apparati la presenza di veri aerei da combattimento.
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Assault Ship) e le basi a terra dell'USMC lanciarono un totale di 18.117 sortite di aeromobili ad ala fissa di cui 16.899 di combattimento o di supporto diretto al combattimento. L'US Navy perse per cause di combattimento solo sei aerei (un F/A-18, 4 A-6E e un F-14) con 4 morti, 3 prigionieri poi riconsegnati e 3 uomini recuperati. Altri 5 aeromobili furono persi non in combattimento (2 F/A-18, un A-6E, un
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Un pacchetto di attacco dell’US Navy in fase di rifornimento dai KC-135 12dell’USAF. In primo piano un F-14A del VF-33 imbarcato sulla USS America.
Un F-14A del VF-114 sorvola le antenne di un centro di comunicazioni iracheno distrutto dagli aerei della Coalizione.
SH-60 ed un H-46) con un morto. Occorre a questo punto spendere alcune note sul reale rapporto di collaborazione di US Navy e USMC con l'USAF. Nonostante la presenza di un JFACC (Joint Force Air Component Commander) nella persona del lt. gen. Horner, l'integrazione in operazioni joint con l'Aeronautica si rivelò difficile. Fino al 1986 le due forze armate si dividevano in pratica l'area da attaccare sia nello spazio che nei tempi (TOT-Time On Target) e ciascuna delle due, nel suo ambito di competenza, operava in maniera praticamente autonoma. In base alla nuova dottrina, il JFACC era responsabile
Esche TALD (Tactical Air-Launched Decoy) in attesa di essere imbarcate 13 sui velivoli sul ponte della USS Kennedy. Planando nella loro discesa, le TALD
simulavano con i loro apparati la presenza di veri aerei da combattimento.
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Hornet del VMFA-235 giunsero a Shaikh Isa il 22 agosto 1990. 18 DuranteGliil conflitto i caccia del reparto svilupparono oltre 2.800 sortite.
per non occupare spazio a Shaikh Isa. Il 22 agosto fu la volta degli Hornet del VMFA-314 e del VMFA-235 seguiti da quelli dei VMFA-333 e VMFA-451, per chiudere il 24 agosto con gli A-6E del VMA(AW)-224 e gli EA-6B del VMAQ-2. Alla fine di agosto giunsero nel porto di Jubayl gli AH-1W dell'HMLA-367 ed i CH-53E dell'HMH-465 seguiti da otto CH-53D dell'HMH-463 ed una dozzina di CH-46E dell'HMM-165. Per la mancanza di spazio sulle navi, venne deciso di trasferire da Cherry Point all'Arabia 12 AH-1W dell'HMLA-269 per via aerea con C-5 mentre il resto dello Squadron (6 UH-1N e tre AH-1T) seguì via mare. Ai primi di settembre sbarcarono a Jubayl l'HMH-463 e l'HMM-165 mentre il VMA-311 si trasferì sulla King Abdul Aziz. Il 26 settembre, con un lungo volo di trasferimento via nord Atlantico supportati da due KC-130, giunsero i primi sei aerei del VMO-2 (tre OV-10A e tre OV-10D) a cui si aggiunsero due OV-10D del VMO-1 tutti destinati al ruolo FAC (Forward Air Control). Con tanti aeromobili in arrivo, lo spazio scarseggiava e parcheggiare gli aerei sulla sabbia era troppo oneroso per la manutenzione per cui l'HMH-465 venne rischierato sulla Ras Al Ghar Saudi Marine Base a 22 km a sud della King Abdul Aziz Naval Base. Sulla nuova base di trasferirono anche l'HMH-466 e l'HMH-463 mentre l'HMH-462, ed i Sea Knight dell'HMLA-367 e HMLA-369 restarono a Jubayl. Come principale base terrestre per gli aeromobili ad ala fissa dell'USMC venne scelta Shaikh Isa, una installazione destinata alla caccia ma ancora incompleta nella parte sud-orientale di Bahrain con una pista di 3.820 m. Il supporto su teatro fu assicurato dalle cisterne di cinque Marine Aerial Refuelling Transport Squadron composti da
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tre unità di prima linea (VMGR-152/252/352 con KC-130F/R) e due della riserva (VMGR-234/452 con KC-130T nuovi di fabbrica). Al MAG-70 (Composite Marine Aircraft Group 70), che comprendeva un elemento da combattimento aereo ed una brigata “expeditionary” terrestre, venne assegnato il compito di fornire la protezione aerea sull'area settentrionale del Golfo Persico e sulle unità navali sul teatro: un'area dalla frontiera kuwaitiana-saudita giù attraverso il Bahrain e da est ad ovest dalla costa saudita allo spazio aereo iraniano. I caccia del MAG-70 operavano sotto il controllo tattico del comandante difesa aerea a bordo della USS Worden CG-18 con un'interfaccia con l'AWACS dell'USAF orbitante sull'Arabia Saudita nord-orientale e con l'Eastern Sector Air Defense Command a Dhahran. La 13th MEU(SOC) Marine Expeditionary Unit (Special Operations Capable) con la nave da assalto anfibio USS Okinawa LPH-3 aveva uno squadrone elicotteri composto realizzato intorno all'HMM-164 (Marine Medium Helicopter Squadron) con distaccamenti dell'HMH-466 (Marine Heavy Helicopter Squadron), dell'HMLA-267 (Marine Light Attack Squadron) con 12 CH-46E, quattro CH-53E, 4 AH-1W, 4 UH-1N e cinque team di missili Stinger. Il 7 settembre la flottiglia di cinque unità navali della 13th MEU(SOC) giunse nel Mare Arabico settentrionale. In settembre giunse la 4th MEB, incentrata sulla USS Nassau LHA-4 affiancata dalla USS Guam LPH-9 la cui componente aeronautica era costituita dal MAG-40 (Marine Aircraft Group) col VMA-331 (Marine Attack Squadron), il primo squadron di AV-8B, gli HMM-263 e 365, l'HMH-461 e l'HMLA-269 con un totale di 20 AV-8B, 3 AH-1, 12 AH-1W, 24 CH-46E, 16 CH-53E e 6 UH-1N. Gli aerei del MAG-40 erano distribuiti tra sei navi: lo Shreveport trasportava sei AH-1W dell'HLMLA-269, il
Raleigh sei UH-1N del Det A dell'HMLA-269, il Trenton tre CH-53E, la Guam 24 CH-46E dell'HMM-263 e -365, la Iwo Jima 13 CH-53E dell'HMH-461, la Nassau 19 AV-8B del VMA331 accompagnati da sei UH-1N e tre AH-1T del'HMLA-269. Il Composite Helicopter Squadron 164, incaricato di supportare il MAG-40, aveva elicotteri a bordo di altre due navi: quattro AH-1W sulla Ogden e 12 CH-46E, quattro CH53E e due UH-1N erano sulla Okinawa. Gli Hornet del VMFA-451, arrivati a Shaikh Isa il pomeriggio del 23 agosto, iniziarono dal 26 la Northern Gulf CAP sollevando l'US Navy da questo compito che veniva fino ad allora assolto dagli aerei imbarcati sulle portaerei in navigazione fuori del Golfo. La area di stazionamento della CAP era a circa 370 km a nord appena a sud della frontiera tra Arabia Saudita e Kuwait su tratte di circa 37 km condotte separatamente con i due caccia in volo in direzioni opposte in modo che uno dei due radar fosse sempre puntato a nord, a velocità di 350-400 nodi a media quota. Dal punto di vista della manutenzione l'ambiente desertico si fece sentire soprattutto per l'erosione su pale dei rotori, notori e parabrezza. Vennero così aggiunte strisce di Teflon sui bordi di attacco delle pale, venne disposto di effettuare manovre di decollo e atterraggio da superficie solide e furono aumentate le quote minime di volo. La linea CH-46 che già risentiva dell'anzianità, di precedenti limitazioni per problemi alle strutture e di operazioni a livelli di temperatura ed umidità elevati, fu particolarmente penalizzata riducendo il carico ad ottodieci marines equipaggiati e ad un peso totale di 10.000 kg salvo poi, in caso di combattimento, ritornare al peso totale a 11.030 kg. Per supportare le operazioni con l'AV-8B, sulla King Abdul Aziz venne realizzata una via di rullaggio/parcheggio di 1.066 m in pannelli di alluminio AM-2 capace di 50 aerei che dava accesso diretto alla pista da cui il velivolo poteva decollare a qualsiasi carico con una corsa di meno di 460 m permettendo decolli ed atterraggi in simultanea. Venne realizzata anche una piazzola per le
operazioni VTOL ed una seconda via di rullaggio in AM-2 di 13x190 m, ed un'area sempre in AM-2 per le prove motore. Questi lavori crearono parcheggi per altri 20 AV-8B. Il 16 dicembre arrivarono a Shaikh Isa dalle Hawaii gli Hornet dei VMFA-212 e 232. Il 19 dicembre giunse il primo di due distaccamenti di A-6E del VMA(AW)-533 dalle Filippine ed il resto seguì il 21. Il 22 da Iwakuni, Giappone, arrivarono sulla King Abdul Aziz gli AV-8B del VMA-231 ed il 14 gennaio il VMFA(AW)-121 con cinque nuovi F/A-18D biposto con capacità FAC aerea notturna. Il 30 dicembre arrivò a Jubayl il MAG-26 “advance party” con i suoi primi elicotteri (12 UH-1N dell'HML-767). Nel tardo dicembre sei OV-10D del VMO-1 furono imbarcati sulla USS Theodore Roosevelt CVN-71 e cinque OV-10A ed un OV-10D sulla USS America CV-66 per il viaggio transatlantico per raggiungere il MAG-13 (Forward) sulla King Abdul Aziz. L'8-9 gennaio le due portaerei raggiunsero la Spagna e gli aerei decollarono dalla portaerei per atterrare a NAS Rota da dove partirono in volo per la tratta finale in due formazioni di tre ciascuna con un KC-130 facendo sosta anche a NAS Sigonella e arrivando sulla King Abdul Aziz entro il 28. L'ultima Northern CAP degli Hornet fu volata alle 24.00 del 16 gennaio. Alle 02.30 del 17 gennaio la prima ondata di 46 aerei del MAG-11 decollò da Shaikh Isa per colpire i bersagli stabiliti dal JFACC tra cui gli aeroporti di Shaibah, Tallil, Qurnah e Al Rumaylah oltre a bersagli a Al Amarah e intorno a Bassora. Alle 7.40 decollò la prima sezione di Harrier ciascuno con 4 bombe da 1.000 libbre con il controllo di un FAC OV-10 per colpire artiglieria irachena nell'area di Khafji. Il 18 entrarono in azione quattro AH-1W dell'HMLA-369 che distrussero due mortai da 120 mm, veicoli portamunizioni sparando 14 TOW, 19 razzi e colpi da 20 mm. Un pacchetto con un UH-1N Huey comando e controllo e OV-10 attaccò posti di osservazione che controllavano l'artiglieria irachena intorno a Khafji. I Cobra in questa missione erano basati a Mishab. Per il 28 gennaio era pronta la TAFDS (Tactical Airfield
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CH-53E del MAG-26 vengono riforniti dai grandi serbatoi flessibili disposti sulla sabbia presso le basi di appoggio.
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Hornet del VMFA-235 giunsero a Shaikh Isa il 22 agosto 1990. 18 DuranteGliil conflitto i caccia del reparto svilupparono oltre 2.800 sortite.
per non occupare spazio a Shaikh Isa. Il 22 agosto fu la volta degli Hornet del VMFA-314 e del VMFA-235 seguiti da quelli dei VMFA-333 e VMFA-451, per chiudere il 24 agosto con gli A-6E del VMA(AW)-224 e gli EA-6B del VMAQ-2. Alla fine di agosto giunsero nel porto di Jubayl gli AH-1W dell'HMLA-367 ed i CH-53E dell'HMH-465 seguiti da otto CH-53D dell'HMH-463 ed una dozzina di CH-46E dell'HMM-165. Per la mancanza di spazio sulle navi, venne deciso di trasferire da Cherry Point all'Arabia 12 AH-1W dell'HMLA-269 per via aerea con C-5 mentre il resto dello Squadron (6 UH-1N e tre AH-1T) seguì via mare. Ai primi di settembre sbarcarono a Jubayl l'HMH-463 e l'HMM-165 mentre il VMA-311 si trasferì sulla King Abdul Aziz. Il 26 settembre, con un lungo volo di trasferimento via nord Atlantico supportati da due KC-130, giunsero i primi sei aerei del VMO-2 (tre OV-10A e tre OV-10D) a cui si aggiunsero due OV-10D del VMO-1 tutti destinati al ruolo FAC (Forward Air Control). Con tanti aeromobili in arrivo, lo spazio scarseggiava e parcheggiare gli aerei sulla sabbia era troppo oneroso per la manutenzione per cui l'HMH-465 venne rischierato sulla Ras Al Ghar Saudi Marine Base a 22 km a sud della King Abdul Aziz Naval Base. Sulla nuova base di trasferirono anche l'HMH-466 e l'HMH-463 mentre l'HMH-462, ed i Sea Knight dell'HMLA-367 e HMLA-369 restarono a Jubayl. Come principale base terrestre per gli aeromobili ad ala fissa dell'USMC venne scelta Shaikh Isa, una installazione destinata alla caccia ma ancora incompleta nella parte sud-orientale di Bahrain con una pista di 3.820 m. Il supporto su teatro fu assicurato dalle cisterne di cinque Marine Aerial Refuelling Transport Squadron composti da
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tre unità di prima linea (VMGR-152/252/352 con KC-130F/R) e due della riserva (VMGR-234/452 con KC-130T nuovi di fabbrica). Al MAG-70 (Composite Marine Aircraft Group 70), che comprendeva un elemento da combattimento aereo ed una brigata “expeditionary” terrestre, venne assegnato il compito di fornire la protezione aerea sull'area settentrionale del Golfo Persico e sulle unità navali sul teatro: un'area dalla frontiera kuwaitiana-saudita giù attraverso il Bahrain e da est ad ovest dalla costa saudita allo spazio aereo iraniano. I caccia del MAG-70 operavano sotto il controllo tattico del comandante difesa aerea a bordo della USS Worden CG-18 con un'interfaccia con l'AWACS dell'USAF orbitante sull'Arabia Saudita nord-orientale e con l'Eastern Sector Air Defense Command a Dhahran. La 13th MEU(SOC) Marine Expeditionary Unit (Special Operations Capable) con la nave da assalto anfibio USS Okinawa LPH-3 aveva uno squadrone elicotteri composto realizzato intorno all'HMM-164 (Marine Medium Helicopter Squadron) con distaccamenti dell'HMH-466 (Marine Heavy Helicopter Squadron), dell'HMLA-267 (Marine Light Attack Squadron) con 12 CH-46E, quattro CH-53E, 4 AH-1W, 4 UH-1N e cinque team di missili Stinger. Il 7 settembre la flottiglia di cinque unità navali della 13th MEU(SOC) giunse nel Mare Arabico settentrionale. In settembre giunse la 4th MEB, incentrata sulla USS Nassau LHA-4 affiancata dalla USS Guam LPH-9 la cui componente aeronautica era costituita dal MAG-40 (Marine Aircraft Group) col VMA-331 (Marine Attack Squadron), il primo squadron di AV-8B, gli HMM-263 e 365, l'HMH-461 e l'HMLA-269 con un totale di 20 AV-8B, 3 AH-1, 12 AH-1W, 24 CH-46E, 16 CH-53E e 6 UH-1N. Gli aerei del MAG-40 erano distribuiti tra sei navi: lo Shreveport trasportava sei AH-1W dell'HLMLA-269, il
Raleigh sei UH-1N del Det A dell'HMLA-269, il Trenton tre CH-53E, la Guam 24 CH-46E dell'HMM-263 e -365, la Iwo Jima 13 CH-53E dell'HMH-461, la Nassau 19 AV-8B del VMA331 accompagnati da sei UH-1N e tre AH-1T del'HMLA-269. Il Composite Helicopter Squadron 164, incaricato di supportare il MAG-40, aveva elicotteri a bordo di altre due navi: quattro AH-1W sulla Ogden e 12 CH-46E, quattro CH53E e due UH-1N erano sulla Okinawa. Gli Hornet del VMFA-451, arrivati a Shaikh Isa il pomeriggio del 23 agosto, iniziarono dal 26 la Northern Gulf CAP sollevando l'US Navy da questo compito che veniva fino ad allora assolto dagli aerei imbarcati sulle portaerei in navigazione fuori del Golfo. La area di stazionamento della CAP era a circa 370 km a nord appena a sud della frontiera tra Arabia Saudita e Kuwait su tratte di circa 37 km condotte separatamente con i due caccia in volo in direzioni opposte in modo che uno dei due radar fosse sempre puntato a nord, a velocità di 350-400 nodi a media quota. Dal punto di vista della manutenzione l'ambiente desertico si fece sentire soprattutto per l'erosione su pale dei rotori, notori e parabrezza. Vennero così aggiunte strisce di Teflon sui bordi di attacco delle pale, venne disposto di effettuare manovre di decollo e atterraggio da superficie solide e furono aumentate le quote minime di volo. La linea CH-46 che già risentiva dell'anzianità, di precedenti limitazioni per problemi alle strutture e di operazioni a livelli di temperatura ed umidità elevati, fu particolarmente penalizzata riducendo il carico ad ottodieci marines equipaggiati e ad un peso totale di 10.000 kg salvo poi, in caso di combattimento, ritornare al peso totale a 11.030 kg. Per supportare le operazioni con l'AV-8B, sulla King Abdul Aziz venne realizzata una via di rullaggio/parcheggio di 1.066 m in pannelli di alluminio AM-2 capace di 50 aerei che dava accesso diretto alla pista da cui il velivolo poteva decollare a qualsiasi carico con una corsa di meno di 460 m permettendo decolli ed atterraggi in simultanea. Venne realizzata anche una piazzola per le
operazioni VTOL ed una seconda via di rullaggio in AM-2 di 13x190 m, ed un'area sempre in AM-2 per le prove motore. Questi lavori crearono parcheggi per altri 20 AV-8B. Il 16 dicembre arrivarono a Shaikh Isa dalle Hawaii gli Hornet dei VMFA-212 e 232. Il 19 dicembre giunse il primo di due distaccamenti di A-6E del VMA(AW)-533 dalle Filippine ed il resto seguì il 21. Il 22 da Iwakuni, Giappone, arrivarono sulla King Abdul Aziz gli AV-8B del VMA-231 ed il 14 gennaio il VMFA(AW)-121 con cinque nuovi F/A-18D biposto con capacità FAC aerea notturna. Il 30 dicembre arrivò a Jubayl il MAG-26 “advance party” con i suoi primi elicotteri (12 UH-1N dell'HML-767). Nel tardo dicembre sei OV-10D del VMO-1 furono imbarcati sulla USS Theodore Roosevelt CVN-71 e cinque OV-10A ed un OV-10D sulla USS America CV-66 per il viaggio transatlantico per raggiungere il MAG-13 (Forward) sulla King Abdul Aziz. L'8-9 gennaio le due portaerei raggiunsero la Spagna e gli aerei decollarono dalla portaerei per atterrare a NAS Rota da dove partirono in volo per la tratta finale in due formazioni di tre ciascuna con un KC-130 facendo sosta anche a NAS Sigonella e arrivando sulla King Abdul Aziz entro il 28. L'ultima Northern CAP degli Hornet fu volata alle 24.00 del 16 gennaio. Alle 02.30 del 17 gennaio la prima ondata di 46 aerei del MAG-11 decollò da Shaikh Isa per colpire i bersagli stabiliti dal JFACC tra cui gli aeroporti di Shaibah, Tallil, Qurnah e Al Rumaylah oltre a bersagli a Al Amarah e intorno a Bassora. Alle 7.40 decollò la prima sezione di Harrier ciascuno con 4 bombe da 1.000 libbre con il controllo di un FAC OV-10 per colpire artiglieria irachena nell'area di Khafji. Il 18 entrarono in azione quattro AH-1W dell'HMLA-369 che distrussero due mortai da 120 mm, veicoli portamunizioni sparando 14 TOW, 19 razzi e colpi da 20 mm. Un pacchetto con un UH-1N Huey comando e controllo e OV-10 attaccò posti di osservazione che controllavano l'artiglieria irachena intorno a Khafji. I Cobra in questa missione erano basati a Mishab. Per il 28 gennaio era pronta la TAFDS (Tactical Airfield
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CH-53E del MAG-26 vengono riforniti dai grandi serbatoi flessibili disposti sulla sabbia presso le basi di appoggio.
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Fuel Dispensing System) di Tanajib che forniva un'area avanzata di riarmo e rifornimento per gli AV-8B aumentando il numero delle sortite. Intanto con l'arrivo di un aereo dal Cairo la preziosa linea del VMO-1 salì a 12 aerei. Il tipico pacchetto per l'attacco delle postazioni di artiglieria irachene consisteva di quattro elementi: un OV10 da ricognizione per individuare qualsiasi fuoco di controbatteria, un F/A-18D per marcare il bersaglio per due A-6E carichi con bombe, un pacchetto SEAD formato da un F/A-18D e due F/A-18C per sopprimere la contraerea ed un EA-6B con una scorta di F/A-18C per disturbare i radar nemici. Il tutto era coordinato da FAC a terra. Tra il 23 gennaio ed il 23 febbraio furono organizzati dal 3rd MAW otto raid del genere. Molto utili si rivelarono subito gli F/A-18D Fast FAC che dopo periodi di 30' sull'area del kill box la lasciavano con uscita e reingresso a 20-30.000 piedi (6.100-9.100 m), per il rifornimento. Il secondo membro dell'equipaggio, armato di binocolo potente o NVG, cercava di trovare i bersagli compresi sulla target list del MEF. I Fast FAC dovevano essere sempre scortati da F/A-18 armati di HARM e pronti ad avvistare minacce aria-aria. Altri sei F/A-18D arrivarono il 3 gennaio portando il totale a 12 ma solo quattro avevano FLIR di puntamento e pochi erano gli equipaggi debitamente addestrati al FLIR o agli NVG che impararono poi rapidamente riducendo anche le quote di impiego Il 20 febbraio quattro velivoli del VMA-331 della Nassau furono i primi Harrier ad effettuare attacchi partendo dal ponte di una nave da assalto anfibio. Con l'avvistamento alle 01.30 dl 26 febbraio da parte degli F/A-18D dell'inizio della ritirata da Kuwait City, il 2nd MAW lanciò un attacco notturno con A-6E armati di mine CBU78 Gator che costrinse il traffico a lasciare l'autostrada per
procedere nel deserto dove i mezzi furono inesorabilmente inseguiti e distrutti. Nei primi quattro giorni dell'offensiva terrestre, gli aerei ad ala fissa del 3rd MAW svilupparono un'intensa attività in base alla quale quattro AV-8B e quattro F/A-18 venivano lanciati ogni 30 minuti il che significava una sezione di due aerei CAS in volo sul campo di battaglia in Kuwait ogni 6 minuti e mezzo. La componente ad ala rotante era altrettanto impegnata per sostenere le due divisioni a terra. Il massimo dell'attività venne registrata dal 25 al 27 febbraio con una punta il 27 con 250 sortite (58 dei Cobra J/W, 39 degli UH-1N, 48 dei CH-46E, 105 dei CH-53D/E) per un totale di 501 ore di volo. Riguardo all'armamento, gli aeromobili dell'USMC sganciarono: 6.828 Mk-82 da 500 libbre, 8.893 Mk-83 da 1.000 libbre, 751 Mk-84 da 2.000 libbre, 61 CBU-89/78 Gator, 15.828 Mk-20 Rockeye, 202 GBU-12 (Mk-82 laser), 159 AGM114 Hellfire, 41 AGM-65 Maverick e 283 BGM-71 TOW. Gli Hornet usarono molte Mk-20 Rockeye in quanto queste erano disponibili in grande quantità come invece non avveniva per le bombe Mk-83 che erano preferite dai piloti. Nel lancio da media-alta quota in picchiata, la Mk-83 era infatti molto precisa mentre la Rockeye, sviluppata per il lancio a bassa quota, non era molto efficace alle quote più alte. Al 28 febbraio il 3rd MAW aveva 406 aeromobili che avevano sviluppato oltre 18.000 sortite con un rateo di prontezza superiore all'85%. Questi mezzi operarono da cinque siti principali (Skaikh Isa, King Abdul Aziz, Jubayl, Tanajib e Lonesome Dove) e tre secondari (Mishab, Kibrit e Ras Al Ghar). L'US Marine Corps perse in combattimento otto aerei ad ala fissa (sei AV-8B e due OV-10) tutti ad opera di missili; tre
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Marines della Co. C, 1st Bn., 2nd Marine Div., appena sbarcati da un 20elicottero CH-46E Sea Knight del Marine Medium Helicopter Squadron 263
9 gennaio 1990. Un OV-10A del VMO-1 decolla dalla portaerei USS America all'altezza della Spagna per atterrare sulla base di Rota e proseguire poi autonomamente il volo di trasferimento in Arabia Saudita per partecipare alle operazioni nel Golfo.
membri di equipaggio persero la vita, sei finirono prigionieri ed uno fu recuperato. Le gravi perdite degli OV-10, in relazione al numero totale dei velivoli impegnati, era chiaramente un indice della rischiosità delle missioni FAC “lente” e della vulnerabilità del velivolo per l'assenza di sistemi di autoprotezione. L'OV10 montava un avvisatore radar RWR ALR-39 che indicava solo la direzione della minaccia senza discriminare tra radar amici e nemici e senza dare con immediatezza la sua distanza; l'apparato, a detta dei piloti, serviva solo ad aggiungere confusione e tensione in cabina. Per gli AV-8B su trattava del prezzo da pagare per “razzolare” spesso a bassa quota alla ricerca dei bersagli ben dentro la portata dei piccoli SAM a guida IR che in
AH-1W e UH-1N in volo lungo la costa dell’Arabia Saudita. I due modelli di elicottero operavano spesso insieme anche in missioni di combattimento.
scenari così complessi e in condizioni critiche di visibilità non erano facili da avvistare in tempo per effettuare manovre di disimpegno. L'apporto dell'Harrier, sia nella Desert Storm che nei successivi interventi bellici fino all'Afghanistan, è stato a lungo oggetto di dibattiti. In quella fase, l'aereo era privo di un sistema di puntamento e illuminazione laser dei bersagli ed anche i dati sull'esito del lancio di missili Maverick non apparvero particolarmente buoni. L'introduzione negli anni successivi del pod Litening avrebbe risolto molti dei problemi incontrati. Il vantaggio della formula VSTOL era, nel caso della Desert Storm, il posizionamento fino a soli 65 km dal confine col Kuwait che permetteva tempi di rotazione ridotti, con un bilancio complessivo di 3.380 sortite pari a 4.083 ore di volo con una capacità di missione vicina al 90%. L'AV-8B si rivelò comunque superiore alle aspettative; grazie all'addestramento ed alla programmazione, sulla Nassau un Harrier poteva essere rifornito e riarmato in meno di 45 minuti, circa la metà del tempo necessario per operare caccia ad ala fissa sulle portaerei col risultato di un rateo di sortite di oltre 3 rispetto alle normali 1,2. Gli AV-8B operanti da terra e dal mare svilupparono complessivamente 4.112 ore di volo nel corso di 3.380 sortite sganciando oltre 2,7 milioni di kg di armamenti. Contro le mine navali era disponibile un distaccamento di sei MH-53E Sea Dragon dell'HM-14 (Mine Countermeasures Helicopter Squadron) basato sulla USS New Orleans LPH-11. Sulla Tripoli LPH-10 operava un distaccamento di AH-1J Sea Cobra del Marine Reserve Helicopter Attack Squadron 773 assegnato alla protezione dei Sea Dragon e dei dragamine costieri. Proprio la Tripoli incappò il 21 gennaio in una mina a contatto che provocò
(HMM-263) durante l'esercitazione Imminent Thunder, parte dell'operazione Desert Shield.
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Fuel Dispensing System) di Tanajib che forniva un'area avanzata di riarmo e rifornimento per gli AV-8B aumentando il numero delle sortite. Intanto con l'arrivo di un aereo dal Cairo la preziosa linea del VMO-1 salì a 12 aerei. Il tipico pacchetto per l'attacco delle postazioni di artiglieria irachene consisteva di quattro elementi: un OV10 da ricognizione per individuare qualsiasi fuoco di controbatteria, un F/A-18D per marcare il bersaglio per due A-6E carichi con bombe, un pacchetto SEAD formato da un F/A-18D e due F/A-18C per sopprimere la contraerea ed un EA-6B con una scorta di F/A-18C per disturbare i radar nemici. Il tutto era coordinato da FAC a terra. Tra il 23 gennaio ed il 23 febbraio furono organizzati dal 3rd MAW otto raid del genere. Molto utili si rivelarono subito gli F/A-18D Fast FAC che dopo periodi di 30' sull'area del kill box la lasciavano con uscita e reingresso a 20-30.000 piedi (6.100-9.100 m), per il rifornimento. Il secondo membro dell'equipaggio, armato di binocolo potente o NVG, cercava di trovare i bersagli compresi sulla target list del MEF. I Fast FAC dovevano essere sempre scortati da F/A-18 armati di HARM e pronti ad avvistare minacce aria-aria. Altri sei F/A-18D arrivarono il 3 gennaio portando il totale a 12 ma solo quattro avevano FLIR di puntamento e pochi erano gli equipaggi debitamente addestrati al FLIR o agli NVG che impararono poi rapidamente riducendo anche le quote di impiego Il 20 febbraio quattro velivoli del VMA-331 della Nassau furono i primi Harrier ad effettuare attacchi partendo dal ponte di una nave da assalto anfibio. Con l'avvistamento alle 01.30 dl 26 febbraio da parte degli F/A-18D dell'inizio della ritirata da Kuwait City, il 2nd MAW lanciò un attacco notturno con A-6E armati di mine CBU78 Gator che costrinse il traffico a lasciare l'autostrada per
procedere nel deserto dove i mezzi furono inesorabilmente inseguiti e distrutti. Nei primi quattro giorni dell'offensiva terrestre, gli aerei ad ala fissa del 3rd MAW svilupparono un'intensa attività in base alla quale quattro AV-8B e quattro F/A-18 venivano lanciati ogni 30 minuti il che significava una sezione di due aerei CAS in volo sul campo di battaglia in Kuwait ogni 6 minuti e mezzo. La componente ad ala rotante era altrettanto impegnata per sostenere le due divisioni a terra. Il massimo dell'attività venne registrata dal 25 al 27 febbraio con una punta il 27 con 250 sortite (58 dei Cobra J/W, 39 degli UH-1N, 48 dei CH-46E, 105 dei CH-53D/E) per un totale di 501 ore di volo. Riguardo all'armamento, gli aeromobili dell'USMC sganciarono: 6.828 Mk-82 da 500 libbre, 8.893 Mk-83 da 1.000 libbre, 751 Mk-84 da 2.000 libbre, 61 CBU-89/78 Gator, 15.828 Mk-20 Rockeye, 202 GBU-12 (Mk-82 laser), 159 AGM114 Hellfire, 41 AGM-65 Maverick e 283 BGM-71 TOW. Gli Hornet usarono molte Mk-20 Rockeye in quanto queste erano disponibili in grande quantità come invece non avveniva per le bombe Mk-83 che erano preferite dai piloti. Nel lancio da media-alta quota in picchiata, la Mk-83 era infatti molto precisa mentre la Rockeye, sviluppata per il lancio a bassa quota, non era molto efficace alle quote più alte. Al 28 febbraio il 3rd MAW aveva 406 aeromobili che avevano sviluppato oltre 18.000 sortite con un rateo di prontezza superiore all'85%. Questi mezzi operarono da cinque siti principali (Skaikh Isa, King Abdul Aziz, Jubayl, Tanajib e Lonesome Dove) e tre secondari (Mishab, Kibrit e Ras Al Ghar). L'US Marine Corps perse in combattimento otto aerei ad ala fissa (sei AV-8B e due OV-10) tutti ad opera di missili; tre
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Marines della Co. C, 1st Bn., 2nd Marine Div., appena sbarcati da un 20elicottero CH-46E Sea Knight del Marine Medium Helicopter Squadron 263
9 gennaio 1990. Un OV-10A del VMO-1 decolla dalla portaerei USS America all'altezza della Spagna per atterrare sulla base di Rota e proseguire poi autonomamente il volo di trasferimento in Arabia Saudita per partecipare alle operazioni nel Golfo.
membri di equipaggio persero la vita, sei finirono prigionieri ed uno fu recuperato. Le gravi perdite degli OV-10, in relazione al numero totale dei velivoli impegnati, era chiaramente un indice della rischiosità delle missioni FAC “lente” e della vulnerabilità del velivolo per l'assenza di sistemi di autoprotezione. L'OV10 montava un avvisatore radar RWR ALR-39 che indicava solo la direzione della minaccia senza discriminare tra radar amici e nemici e senza dare con immediatezza la sua distanza; l'apparato, a detta dei piloti, serviva solo ad aggiungere confusione e tensione in cabina. Per gli AV-8B su trattava del prezzo da pagare per “razzolare” spesso a bassa quota alla ricerca dei bersagli ben dentro la portata dei piccoli SAM a guida IR che in
AH-1W e UH-1N in volo lungo la costa dell’Arabia Saudita. I due modelli di elicottero operavano spesso insieme anche in missioni di combattimento.
scenari così complessi e in condizioni critiche di visibilità non erano facili da avvistare in tempo per effettuare manovre di disimpegno. L'apporto dell'Harrier, sia nella Desert Storm che nei successivi interventi bellici fino all'Afghanistan, è stato a lungo oggetto di dibattiti. In quella fase, l'aereo era privo di un sistema di puntamento e illuminazione laser dei bersagli ed anche i dati sull'esito del lancio di missili Maverick non apparvero particolarmente buoni. L'introduzione negli anni successivi del pod Litening avrebbe risolto molti dei problemi incontrati. Il vantaggio della formula VSTOL era, nel caso della Desert Storm, il posizionamento fino a soli 65 km dal confine col Kuwait che permetteva tempi di rotazione ridotti, con un bilancio complessivo di 3.380 sortite pari a 4.083 ore di volo con una capacità di missione vicina al 90%. L'AV-8B si rivelò comunque superiore alle aspettative; grazie all'addestramento ed alla programmazione, sulla Nassau un Harrier poteva essere rifornito e riarmato in meno di 45 minuti, circa la metà del tempo necessario per operare caccia ad ala fissa sulle portaerei col risultato di un rateo di sortite di oltre 3 rispetto alle normali 1,2. Gli AV-8B operanti da terra e dal mare svilupparono complessivamente 4.112 ore di volo nel corso di 3.380 sortite sganciando oltre 2,7 milioni di kg di armamenti. Contro le mine navali era disponibile un distaccamento di sei MH-53E Sea Dragon dell'HM-14 (Mine Countermeasures Helicopter Squadron) basato sulla USS New Orleans LPH-11. Sulla Tripoli LPH-10 operava un distaccamento di AH-1J Sea Cobra del Marine Reserve Helicopter Attack Squadron 773 assegnato alla protezione dei Sea Dragon e dei dragamine costieri. Proprio la Tripoli incappò il 21 gennaio in una mina a contatto che provocò
(HMM-263) durante l'esercitazione Imminent Thunder, parte dell'operazione Desert Shield.
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capace del C, era alla fine delle operazioni presente in 115 esemplari usati in una grande varietà di ruoli accumulando quasi 9.000 ore di volo con un rateo di capacità di missione del 92%. Ottimi risultati furono ottenuti col primo impiego su larga scala di UAV da parte americana (US Navy/USMC/US Army) con un totale di 522 sortite pari a 1.641 ore di volo con almeno un UAV in volo per tutta la durata della Desert Storm. Il VC-6 Det 1 e Det 2 dell'US Navy su USS Wisconsin e USS Missouri svilupparono da soli 164 missioni per oltre 551 ore. I 1st, 2nd e 3rd RPVCO dell'USMC fecero complessivamente 310 sortite per oltre 936 ore. Le compagnia RPV dei Marines appartenevano al 1st SRIG (Surveillance Reconnaissance and Intelligence Group) e operavano direttamente per la I MEF. L'UAVPLT (Unmanned Air Vehicle Platoon) dell'US Army, operativo dal 1° febbraio, totalizzò 48 sortite per 150 ore. Complessivamente andarono persi 12 UAV (1 per fuoco ostile, 3 per interferenze magnetiche, 2 per errori degli operatori e 6 per avarie), 11 furono danneggiati ma riparabili e 3 subirono danni leggeri per il fuoco di armi leggere. Non è stato mai accer tato invece quanto lo schieramento dei missili Patriot sia stato efficace. Gli americani denunciarono il lancio di 158 missili ma è sempre rimasto vago il numero degli abbattimenti anche perché gli Scud, che teoricamente dovevano giungere sul bersaglio interi, tendevano a spaccarsi in volo per cedimento della struttura nella fase finale della traiettoria. E' certo comunque che il contributo psicologico fu enorme riuscendo a tenere Israele fuori del conflitto. La 11th Air Defense Artillery Brigade all'epoca dell'invasione del Kuwait disponeva solo di missili modello PAC-1 in quanto non era ancora partita la produzione del più capace PAC-2 di cui solo tre esemplari si trovavano sul poligono di White Sands per le prove. La prima unità su teatro fu la Battery B/2nd Battalion/7th Air Defense Artillery che giunse a Dhahran a bordo di tre C-5 il 13 agosto mentre veniva accelerato il programma del PC-2 le cui consegne in Arabia Saudita iniziarono già in settembre. Il Patriot venne schierato insieme ad altri sistemi missilistici; ad esempio la protezione mobile al XVIII Airborne Corps fu assicurata, oltre che da tre batterie Patriot del 3rd Battalion/43rd ADA, da batterie di Hawk del 2nd Battalion/1st ADA sempre della 11th Brigade. Il primo ingaggio, il primo della storia ad opera di un missile antibalistico in condizioni di combattimento, avvenne nel pomeriggio del 17 gennaio ad opera della Battery A/2nd Battalion/7th ADA sull'aeroporto di Dhahran. Due batterie della 10th ADA arrivarono sull'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv il 19 gennaio e dopo tre giorni erano pienamente operative. A quel punto erano schierate quattro batterie in Arabia Saudita e due in Israele e queste ultime furono affiancate da altre due della 94th ADA e da una batteria olandese piazzata a difesa di Gerusalemme. Complessivamente risultano lanciati durante la Desert Storm 158 PAC-2 e alla fine del conflitto erano a disposizione nell'area 3.000 Patriot di tutte le versioni.
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operazione mc.72 La replica dell’aeroplano di Francesco Agello
N
el 2018, un gruppo di persone di Desenzano si è Traendo ispirazione dalla meravigliosa abilità di un riconosciuto nell'interesse verso l'Aeronautica e artigiano, Tiziano Todesco, membro del Comitato, già nella determinazione di non perdere la autore della riproduzione fedele in scala 1:1 di una parte dei galleggianti di cui era dotato l'idrocorsa Macchi M.67 il memoria storica degli avvenimenti che portarono i piloti italiani a conquistare, tra gli altri, il record di velocità Comitato, in collaborazione con l'AAA sez. di Desenzano e con il patrocinio ed il contributo economico del Comune di assoluta per idrovolanti. Desenzano, intende costruire una copia in scala 1:1 statica e Ognuno, con la propria rete di relazioni e con la senza motore del velivolo Macchi Castoldi MC.72; nasce strettissima collaborazione della sezione di Desenzano dell'Associazione Arma Aeronautica, ha contribuito a l’“Operazione MC72”. Per gentile concessione, il Comitato ha ottenuto i disegni originali della Macchi e l’intenzione è formare il “Comitato Idroscalo”. Comune obiettivo la conservazione dei luoghi dove ebbe sede la scuola e la di realizzare il modello rispettando il più possibile il “181” riscoperta della storia del Reparto Alta Velocità. (seriale dell'esemplare utilizzato da Agello e custodito al Nel 2019 il Comitato, in museo dell'Aeronautica collaborazione con l'AAA sez. Militare a Vigna di Valle). Le Desenzano, il 6° Stormo di lamiere verranno copiate e Ghedi e l'Amm. Comunale di ricostruite con fogli in resina Desenzano, si fece ma le parti in legno e tela promotore e contribuì verranno riprodotte con gli all'apertura al pubblico stessi materiali. dell'idroscalo proponendo La costruzione del una mostra di cimeli, modello vuole essere un fotografie, e altro materiale modo, tra gli altri, per fare inerente il periodo di attività memoria delle vicende che del RAV. L'idroscalo è di resero l'Italia artefice della competenza del Comando storia del volo e, in del 6° Stormo di Ghedi che particolare, del Reparto Alta Tiziano Todesco con la riproduzione parziale del galleggiante M.67 in occasione dell'apertura Velocità. L’obiettivo, se il permise ai visitatori anche di conoscere il principio di Comitato riuscirà a raccogliere fondi sufficienti, è quello di funzionamento di alcuni motori a turbina moderni e di avere il modello pronto per marzo 2023. Sarà uno dei tributi entrare nell'abitacolo di un velivolo Tornado. che la città di Desenzano offrirà per le celebrazioni del Il grande successo dell’iniziativa portò alla decisione, in centenario dell'Aeronautica Militare. concomitanza con l'Air Show organizzato per la prima volta Per quanto riguarda la destinazione finale, la speranza è a Desenzano cui presero parte anche le Frecce Tricolori, di quella di poter lasciare il modello negli hangar organizzare una nuova mostra arricchita di altro materiale. dell'idroscalo, lì dove tutto è cominciato, finchè L’ex idroscalo venne quindi riaperto il 5 e il 6 ottobre dello l'Aeronautica Militare lo permetterà. L'idroscalo è in gran stesso anno. Nelle giornate di apertura del 2019 circa 9.000 parte conservato così come era nel periodo del RAV ed è, persone visitarono l'idroscalo; un successo al di sopra di insieme agli aerei custoditi a Vigna di Valle, reperto storico e ogni aspettativa. testimone di quegli anni. In ogni caso il modello e molti altri L’arrivo del COVID nel 2020 ha purtroppo bloccato la già cimenli rimarranno a Desenzano in un luogo riparato e programmata terza edizione della mostra, ma nel visitabile dalla cittadinanza e dai turisti. frattempo il Comitato si è trasformato in Associazione di Promozione Sociale mantenendo il nome “Comitato www.facebook.com/idroscalo Idroscalo di Desenzano APS”. idroscalodesenzano@gmail.com
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104 Immortale come un
Uno Starfighter dell’Aeronautica Militare torna a volare negli States
Giuseppe Lapenta
L
MATT HASKELL
F-104 Starfighter, il leggendario e intramontabile
supersonico continua a stupire ed entusiasmare i suoi tantissimi fan. Sono passati oltre sessant'anni dall'entrata in scena di questo fantastico aereo, ma ancora oggi, guardando i Social Media, si possono trovare tanti gruppi di appassionati. Su alcune chat confluiscono oltre 10.000 iscritti, tutti molto attivi nella pubblicazione di foto, video, ricordi, non mancano alcuni inediti.
44
Florida, gennaio 2021. Il TF-104G-M N992SF (ex M.M. 54258) scalda il motore per effettuare uno dei primi voli di collaudo e verifica con la Starfighters Aerospace.
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L
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due immagini del 20-23 6in formazione con altri biposto del 20° Gruppo.Ancora Del Lockheed TF-104G vennero
prodotti 220 aerei da addestramento. La versione biposto non montava il cannone, sostituito da un serbatoio supplementare che andava a compensare in parte la ridotta capacità interna di combustibile derivante dalla necessità di aggiungere il secondo abitacolo. Un aereo venne utilizzato dalla Lockheed come dimostratore con il numero di registrazione civile L104L e venne pilotato da Jackie Cochran per battere tutti i record mondiali di velocità femminili nel 1964.
48
AEROFAN | IMMORTALE COME UN 104
Questa può considerarsi una rinascita e una seconda vita dell'aereo, che va ad aggiungersi all'altro TF-104G-M di origine italiana, il N992SF, che aveva fatto il “Maiden flight” nel 2015. D'ora in poi la Società potrà operare con due Starfighters biposto, incrementando le varie attività che sta svolgendo per la nascente industria commerciale aerospaziale. Starfighters Aerospace offre - per il settore pubblico o privato - lo Starfighter come piattaforma per una varietà di test di volo, dalla ricerca alla valutazione dei sistemi aerospaziali. Presso Starfighters Aerospace, dopo aver ottenuto nel 2018 la “Letter of Deviation Authority” (LODA) dalla FAA, viene svolta una notevole attività di addestramento piloti sull'F-104. Questo jet è lo stesso che la NASA ha usato per decenni per preparare i suoi astronauti al volo spaziale e per condurre ricerche aerospaziali (vedi Aerofan N. 13 Gen/Feb 2021). Speriamo che anche l'F-104S-ASA-M italiano (N993SF, ex MM 6734), possa seguire a breve nei cieli gli altri due Ti Effe!
9
Il passaggio del 20° Gruppo al 4° Stormo coincide con una prima riduzione della visibilità dei velivoli, applicando codici di reparto e coccarde di dimensioni ridotte. L’ex 20-23 diventa il 4-40, codifica che manterrà fino alla fine del servizio nelle file dell’AM.
L’ammodernamento delle livree dei velivoli militari italiani, sulla falsariga di quanto già in atto negli altri Paesi, viene completata nel corso degli anni ‘90 con l’adozione del monogrigio “wrap-around”. Il TF-104G-M N992SF nella sua nuova casa in Florida.
MAR/APR 2021 | AEROFAN
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due immagini del 20-23 6in formazione con altri biposto del 20° Gruppo.Ancora Del Lockheed TF-104G vennero
prodotti 220 aerei da addestramento. La versione biposto non montava il cannone, sostituito da un serbatoio supplementare che andava a compensare in parte la ridotta capacità interna di combustibile derivante dalla necessità di aggiungere il secondo abitacolo. Un aereo venne utilizzato dalla Lockheed come dimostratore con il numero di registrazione civile L104L e venne pilotato da Jackie Cochran per battere tutti i record mondiali di velocità femminili nel 1964.
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AEROFAN | IMMORTALE COME UN 104
Questa può considerarsi una rinascita e una seconda vita dell'aereo, che va ad aggiungersi all'altro TF-104G-M di origine italiana, il N992SF, che aveva fatto il “Maiden flight” nel 2015. D'ora in poi la Società potrà operare con due Starfighters biposto, incrementando le varie attività che sta svolgendo per la nascente industria commerciale aerospaziale. Starfighters Aerospace offre - per il settore pubblico o privato - lo Starfighter come piattaforma per una varietà di test di volo, dalla ricerca alla valutazione dei sistemi aerospaziali. Presso Starfighters Aerospace, dopo aver ottenuto nel 2018 la “Letter of Deviation Authority” (LODA) dalla FAA, viene svolta una notevole attività di addestramento piloti sull'F-104. Questo jet è lo stesso che la NASA ha usato per decenni per preparare i suoi astronauti al volo spaziale e per condurre ricerche aerospaziali (vedi Aerofan N. 13 Gen/Feb 2021). Speriamo che anche l'F-104S-ASA-M italiano (N993SF, ex MM 6734), possa seguire a breve nei cieli gli altri due Ti Effe!
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Il passaggio del 20° Gruppo al 4° Stormo coincide con una prima riduzione della visibilità dei velivoli, applicando codici di reparto e coccarde di dimensioni ridotte. L’ex 20-23 diventa il 4-40, codifica che manterrà fino alla fine del servizio nelle file dell’AM.
L’ammodernamento delle livree dei velivoli militari italiani, sulla falsariga di quanto già in atto negli altri Paesi, viene completata nel corso degli anni ‘90 con l’adozione del monogrigio “wrap-around”. Il TF-104G-M N992SF nella sua nuova casa in Florida.
MAR/APR 2021 | AEROFAN
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Ali
fragili Problemi strutturali e sicurezza dei velivoli commerciali negli anni ‘50
Paolo Gianvanni
S
Lockheed L-188 Electra N5501, quinto esemplare di produzione, consegnato alla Eastern Air Lines il 3 gennaio 1959. Fu utilizzato nel primo collegamento ufficiale del nuovo velivolo commerciale e nel 1977 fu ceduto alla Marina Argentina.
olo alla fine del 2020, dopo 20 mesi di messa a terra forzata dovuta a due tragici incidenti in fotocopia, il nuovo jet commerciale Boeing 737 MAX è tornato in servizio. Un caso limite ch e h a s co n ce r t a to g l i u te n t i d e l l e aerolinee, ma che in realtà non è il primo e purtroppo non sarà nemmeno l'ultimo nel mondo del trasporto aereo.
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Ali
fragili Problemi strutturali e sicurezza dei velivoli commerciali negli anni ‘50
Paolo Gianvanni
S
Lockheed L-188 Electra N5501, quinto esemplare di produzione, consegnato alla Eastern Air Lines il 3 gennaio 1959. Fu utilizzato nel primo collegamento ufficiale del nuovo velivolo commerciale e nel 1977 fu ceduto alla Marina Argentina.
olo alla fine del 2020, dopo 20 mesi di messa a terra forzata dovuta a due tragici incidenti in fotocopia, il nuovo jet commerciale Boeing 737 MAX è tornato in servizio. Un caso limite ch e h a s co n ce r t a to g l i u te n t i d e l l e aerolinee, ma che in realtà non è il primo e purtroppo non sarà nemmeno l'ultimo nel mondo del trasporto aereo.
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prove su una struttura alare, ma un dipendente troppo ordinato aveva dipinto la parte con del cromo che aveva mascherato le cricche; queste divennero evidenti quando, durante l'inchiesta, si andò a rivedere il campione delle prove ripulendolo della verniciatura. La serie di incidenti però non si fermò e altri 2-0-2 precipitarono con perdita di vite umane: a Minneapolis in Minnesota il 7 marzo 1950 (distacco di un'ala dopo l'impatto con un'asta di bandiera in fase di avvicinamento), a Almelund sempre in Minnesota il 13 ottobre 1950 (perdita di controllo durante un volo di addestramento), a Butte in Montana il 7 novembre 1950 (errore di pilotaggio in fase di avvicinamento) e a Reardan nello Washington il 16 gennaio 1951 (perdita di controllo in crociera). Questo ultimo incidente venne attribuito a “cause indeterminate” e provocò letteralmente una rivolta dei
5 perché la flotta di enormi e complessi Stratocruiser assorbì quasi completamente le capacità dei tecnici lasciando solo le briciole per supportare la linea del bimotore. Già per l'autunno 1947 erano stati registrati una dozzina di incidenti minori, molti dei quali richiesero una riprogettazione, e in pratica il periodo di messa a punto del 2-0-2 si sarebbe trascinato per quattro anni di vita operativa. Il 29 agosto del 1948 l'esemplare NC93044 precipitò presso Winona, Minnesota, in condizioni di tempo molto perturbate con forte turbolenza, con la morte delle 37 persone a bordo; l'aereo era stato consegnato alla compagnia nel novembre 1947 ed aveva sulle spalle solo 1.321 ore di volo. Lo stesso giorno un altro Martin 2-0-2 della Northwest, perse subito dopo il decollo da Spokane,
54
AEROFAN | ALI FRAGILI
Washington, il portello del bagagliaio che causò gravi danni alla fusoliera e all'impennaggio; i piloti riuscirono a riportare a terra l'aereo che aveva a bordo 31 persone. I due incidenti fecero scattare immediati controlli ed un meccanico notò su un altro esemplare della flotta una discontinuità sull'ala; ad una più attenta verifica risultò che la flangia inferiore di attacco del longherone anteriore stava cedendo proprio come era avvenuto sull'aereo precipitato a Winona. Si ricostruiva così una storia iniziata in fase di definizione dell'aereo. Quando la Martin aveva progettato il bimotore, si era basata sulle specifiche della American Airlines che voleva una macchina da condurre in atterraggio seguendo le indicazioni dell'ILS (Instrument Landing System) con il solo movimento del timone di direzione; doveva quindi trattarsi di un aereo lateralmente instabile e così la Martin
Decollo dell’esemplare NC93044 nel novembre del 1947. Il bimotore sarebbe precipitato il 29 agosto dell’anno seguente a Winona, Minnesota, dopo aver perso un’ala e aprendo la serie di disastri del Martin 2-0-2.
aveva adottato un diedro alare di soli 3° ed uno stabilizzatore verticale di piccole dimensioni. La CAA ritenne che il risultato sarebbe stato un aereo troppo instabile ed impose, per concedere la certificazione, l'aumento del diedro alare e l'ingrandimento di deriva e timone di direzione. In pratica la Martin fu costretta a modificare su queste basi tutta la produzione del Martin 2-0-2 che era già stata impostata. L'intervento non era semplice e richiese, all'attaccatura delle semiali esterne, l'inserimento di un cuneo sulla parte inferiore dei longheroni; proprio qui, anche a causa del tipo di materiale usato, si era formata una cricca, che aveva portato alla rottura a fatica. La Martin aveva effettuato le
Pubblicità che presentava il Martin 2-0-2 come il più moderno velivolo 6 di linea del mondo. Certificato il 13 agosto del 1947, il velivolo fu in eetti Ā il primo modello di concezione postbellica ad operare voli passeggeri.
MAR/APR 2021 | AEROFAN
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prove su una struttura alare, ma un dipendente troppo ordinato aveva dipinto la parte con del cromo che aveva mascherato le cricche; queste divennero evidenti quando, durante l'inchiesta, si andò a rivedere il campione delle prove ripulendolo della verniciatura. La serie di incidenti però non si fermò e altri 2-0-2 precipitarono con perdita di vite umane: a Minneapolis in Minnesota il 7 marzo 1950 (distacco di un'ala dopo l'impatto con un'asta di bandiera in fase di avvicinamento), a Almelund sempre in Minnesota il 13 ottobre 1950 (perdita di controllo durante un volo di addestramento), a Butte in Montana il 7 novembre 1950 (errore di pilotaggio in fase di avvicinamento) e a Reardan nello Washington il 16 gennaio 1951 (perdita di controllo in crociera). Questo ultimo incidente venne attribuito a “cause indeterminate” e provocò letteralmente una rivolta dei
5 perché la flotta di enormi e complessi Stratocruiser assorbì quasi completamente le capacità dei tecnici lasciando solo le briciole per supportare la linea del bimotore. Già per l'autunno 1947 erano stati registrati una dozzina di incidenti minori, molti dei quali richiesero una riprogettazione, e in pratica il periodo di messa a punto del 2-0-2 si sarebbe trascinato per quattro anni di vita operativa. Il 29 agosto del 1948 l'esemplare NC93044 precipitò presso Winona, Minnesota, in condizioni di tempo molto perturbate con forte turbolenza, con la morte delle 37 persone a bordo; l'aereo era stato consegnato alla compagnia nel novembre 1947 ed aveva sulle spalle solo 1.321 ore di volo. Lo stesso giorno un altro Martin 2-0-2 della Northwest, perse subito dopo il decollo da Spokane,
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Washington, il portello del bagagliaio che causò gravi danni alla fusoliera e all'impennaggio; i piloti riuscirono a riportare a terra l'aereo che aveva a bordo 31 persone. I due incidenti fecero scattare immediati controlli ed un meccanico notò su un altro esemplare della flotta una discontinuità sull'ala; ad una più attenta verifica risultò che la flangia inferiore di attacco del longherone anteriore stava cedendo proprio come era avvenuto sull'aereo precipitato a Winona. Si ricostruiva così una storia iniziata in fase di definizione dell'aereo. Quando la Martin aveva progettato il bimotore, si era basata sulle specifiche della American Airlines che voleva una macchina da condurre in atterraggio seguendo le indicazioni dell'ILS (Instrument Landing System) con il solo movimento del timone di direzione; doveva quindi trattarsi di un aereo lateralmente instabile e così la Martin
Decollo dell’esemplare NC93044 nel novembre del 1947. Il bimotore sarebbe precipitato il 29 agosto dell’anno seguente a Winona, Minnesota, dopo aver perso un’ala e aprendo la serie di disastri del Martin 2-0-2.
aveva adottato un diedro alare di soli 3° ed uno stabilizzatore verticale di piccole dimensioni. La CAA ritenne che il risultato sarebbe stato un aereo troppo instabile ed impose, per concedere la certificazione, l'aumento del diedro alare e l'ingrandimento di deriva e timone di direzione. In pratica la Martin fu costretta a modificare su queste basi tutta la produzione del Martin 2-0-2 che era già stata impostata. L'intervento non era semplice e richiese, all'attaccatura delle semiali esterne, l'inserimento di un cuneo sulla parte inferiore dei longheroni; proprio qui, anche a causa del tipo di materiale usato, si era formata una cricca, che aveva portato alla rottura a fatica. La Martin aveva effettuato le
Pubblicità che presentava il Martin 2-0-2 come il più moderno velivolo 6 di linea del mondo. Certificato il 13 agosto del 1947, il velivolo fu in eetti Ā il primo modello di concezione postbellica ad operare voli passeggeri.
MAR/APR 2021 | AEROFAN
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Alcuni dei rottami dell’NC93044. Il velivolo era impegnato nel collegamento da Chicago a Minneapolis con a bordo quattro membri dell’equipaggio e 33 passeggeri.
9
8
56
L’esemplare N93051 lasciò la Northwest andando nel 1952 alla Pioneer Air Lines ed ebbe una lunga carriera con vari operatori che si concluse solo nel 1973 con la demolizione.
10
Una pagina del “The Winona Republican Herald” relativa alla cronaca dell’incidente dell’NC93044.
Disegno dell’elemento strutturale incriminato per il distacco dell’ala dell’NC93044.
AEROFAN | ALI FRAGILI
MAR/APR 2021 | AEROFAN
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Alcuni dei rottami dell’NC93044. Il velivolo era impegnato nel collegamento da Chicago a Minneapolis con a bordo quattro membri dell’equipaggio e 33 passeggeri.
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L’esemplare N93051 lasciò la Northwest andando nel 1952 alla Pioneer Air Lines ed ebbe una lunga carriera con vari operatori che si concluse solo nel 1973 con la demolizione.
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Una pagina del “The Winona Republican Herald” relativa alla cronaca dell’incidente dell’NC93044.
Disegno dell’elemento strutturale incriminato per il distacco dell’ala dell’NC93044.
AEROFAN | ALI FRAGILI
MAR/APR 2021 | AEROFAN
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sfavore del turboelica ci fu anche una grave “malattia di gioventù” curata quando ormai il danno all'immagine era divenuto irreparabile. Tutto iniziò la notte del 29 settembre 1959. Dopo circa mezz'ora dal decollo da Houston, Texas, per New York (via Dallas e Washington), l'esemplare N9705C della Braniff
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AEROFAN | ALI FRAGILI
precipitò a sei chilometri da Buffalo, Texas, con la morte dei sette uomini di equipaggio e dei 27 passeggeri. Agli investigatori fu subito chiaro che la struttura aveva ceduto mentre l'aereo si trovava in volo di crociera a 4.570 metri di altezza; a provarlo c'era il ritrovamento a notevole distanza dai rottami principali di gran parte dell'ala
sinistra. L'inchiesta tecnica si mosse in maniera tradizionale, senza un obiettivo preciso mentre il quadrimotore continuava a trasportare passeggeri. Poco più di un mese più tardi, durante un normale volo prova della Lockheed avvenne un incidente che avrebbe dovuto far aprire gli occhi; in una serie di picchiate ad alta velocità a 750 km/h l'aereo attraversò una zona di turbolenza e a quel punto venne notata una perdita di carburante dall'ala destra. I controlli effettuati dopo l'atterraggio evidenziarono che nella sezione dell'ala compresa tra i motori n° 3 e 4 mancavano numerose teste dei rivetti (da qui le perdite dai serbatoi integrali) e che all'altezza della gondola motore n° 4 si era verificata una deformazione vicino al longherone alare posteriore. Era chiaro che durante il volo l'ala stessa aveva subito una forte torsione. La Lockheed impose a questo punto una diminuzione della velocità massima in attesa di mettere a punto un opportuno irrobustimento della sezione alare posta tra i motori, un provvedimento che non influiva più di tanto sull'impiego operativo in quanto la velocità di crociera restava inalterata. Si riteneva infatti che il problema fosse insorto proprio a causa della velocità molto elevata prevista dai test e dalla concomitante presenza di turbolenza atmosferica. Venne nel contempo deciso di cambiare le eliche e ciò rese necessario un nuovo ciclo di prove per studiare il comportamento del nuovo modello con particolare riguardo alla produzione di vibrazioni in volo. Ma il 17 marzo 1960, giorno di San Patrizio, l'Electra N121U della Northwest precipitò vicino a Tell City, Indiana, mentre era in volo da Chicago a Miami ad una quota di 5.480 metri e ad una velocità di soli 480 chilometri orari con la morte delle 63 persone a bordo. Questa volta si era separata l'ala destra, ma la dinamica era tragicamente uguale a quella che aveva portato alla distruzione dell'aereo della Braniff e la disintegrazione del motore n° 4 stava a dimostrare da dove erano partite le oscillazioni distruttive. Tre giorni più tardi la FAA (Federal Aviation Agency), subentrata nel frattempo alla CAA, dispose di ridurre la velocità d'impiego dell'Electra da 600 a 510 chilometri orari, valore poi ulteriormente corretto, dopo meno di una settimana, a 450. Vennero imposti vari altri interventi, la disattivazione dell'autopilota, l'ispezione particolareggiata entro 30 giorni di tutti gli aerei in linea e il lancio di un programma di studio delle strutture, prove in volo e in galleria per verificare le caratteristiche di progetto del quadrimotore. Ai primi di aprile il CAB (Civil Aviation Board) venne informato che dei primi 41 L-188 ispezionati, 39 presentavano rivetti a gancio dell'ala (piccole striscette rettangolari che univano tra loro le centine e gli elementi trasversali della struttura alare) criccati. La cosa non era di per sè strana perché su un Electra erano presenti 2.754 esemplari di questi fermagli e gli ispettori non ne avevano trovati di difettosi più di sette per ogni aereo, una percentuale che era valida anche per qualsiasi DC-6, Constellation o Convair in servizio. Ma il CAB ritenne che la localizzazione dei fermagli criccati potesse essere il
della gondola motore dell’L-188 era notevolmente diverso 14da quellaIl disegno del trasporto militare C-130 che usava lo stesso propulsore nella
versione militare (T56) ma con presa d’aria ventrale. Sull’L-188 l’Allison 501-D13 aveva il motore montato in alto rispetto alla scatola del riduttore (quindi con presa d’aria dorsale) per portare lo scarico dei gas al di sopra dell’ala lasciando spazio nel ventre delle gondole interne al carrello principale. La piccola presa d’aria ventrale era per il radiatore dell’olio.
15
Un tecnico della Hamilton Standard al lavoro sulle eliche 54H60 di un Electra sulla linea della Lockheed a Burbank, California.
MAR/APR 2021 | AEROFAN
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sfavore del turboelica ci fu anche una grave “malattia di gioventù” curata quando ormai il danno all'immagine era divenuto irreparabile. Tutto iniziò la notte del 29 settembre 1959. Dopo circa mezz'ora dal decollo da Houston, Texas, per New York (via Dallas e Washington), l'esemplare N9705C della Braniff
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precipitò a sei chilometri da Buffalo, Texas, con la morte dei sette uomini di equipaggio e dei 27 passeggeri. Agli investigatori fu subito chiaro che la struttura aveva ceduto mentre l'aereo si trovava in volo di crociera a 4.570 metri di altezza; a provarlo c'era il ritrovamento a notevole distanza dai rottami principali di gran parte dell'ala
sinistra. L'inchiesta tecnica si mosse in maniera tradizionale, senza un obiettivo preciso mentre il quadrimotore continuava a trasportare passeggeri. Poco più di un mese più tardi, durante un normale volo prova della Lockheed avvenne un incidente che avrebbe dovuto far aprire gli occhi; in una serie di picchiate ad alta velocità a 750 km/h l'aereo attraversò una zona di turbolenza e a quel punto venne notata una perdita di carburante dall'ala destra. I controlli effettuati dopo l'atterraggio evidenziarono che nella sezione dell'ala compresa tra i motori n° 3 e 4 mancavano numerose teste dei rivetti (da qui le perdite dai serbatoi integrali) e che all'altezza della gondola motore n° 4 si era verificata una deformazione vicino al longherone alare posteriore. Era chiaro che durante il volo l'ala stessa aveva subito una forte torsione. La Lockheed impose a questo punto una diminuzione della velocità massima in attesa di mettere a punto un opportuno irrobustimento della sezione alare posta tra i motori, un provvedimento che non influiva più di tanto sull'impiego operativo in quanto la velocità di crociera restava inalterata. Si riteneva infatti che il problema fosse insorto proprio a causa della velocità molto elevata prevista dai test e dalla concomitante presenza di turbolenza atmosferica. Venne nel contempo deciso di cambiare le eliche e ciò rese necessario un nuovo ciclo di prove per studiare il comportamento del nuovo modello con particolare riguardo alla produzione di vibrazioni in volo. Ma il 17 marzo 1960, giorno di San Patrizio, l'Electra N121U della Northwest precipitò vicino a Tell City, Indiana, mentre era in volo da Chicago a Miami ad una quota di 5.480 metri e ad una velocità di soli 480 chilometri orari con la morte delle 63 persone a bordo. Questa volta si era separata l'ala destra, ma la dinamica era tragicamente uguale a quella che aveva portato alla distruzione dell'aereo della Braniff e la disintegrazione del motore n° 4 stava a dimostrare da dove erano partite le oscillazioni distruttive. Tre giorni più tardi la FAA (Federal Aviation Agency), subentrata nel frattempo alla CAA, dispose di ridurre la velocità d'impiego dell'Electra da 600 a 510 chilometri orari, valore poi ulteriormente corretto, dopo meno di una settimana, a 450. Vennero imposti vari altri interventi, la disattivazione dell'autopilota, l'ispezione particolareggiata entro 30 giorni di tutti gli aerei in linea e il lancio di un programma di studio delle strutture, prove in volo e in galleria per verificare le caratteristiche di progetto del quadrimotore. Ai primi di aprile il CAB (Civil Aviation Board) venne informato che dei primi 41 L-188 ispezionati, 39 presentavano rivetti a gancio dell'ala (piccole striscette rettangolari che univano tra loro le centine e gli elementi trasversali della struttura alare) criccati. La cosa non era di per sè strana perché su un Electra erano presenti 2.754 esemplari di questi fermagli e gli ispettori non ne avevano trovati di difettosi più di sette per ogni aereo, una percentuale che era valida anche per qualsiasi DC-6, Constellation o Convair in servizio. Ma il CAB ritenne che la localizzazione dei fermagli criccati potesse essere il
della gondola motore dell’L-188 era notevolmente diverso 14da quellaIl disegno del trasporto militare C-130 che usava lo stesso propulsore nella
versione militare (T56) ma con presa d’aria ventrale. Sull’L-188 l’Allison 501-D13 aveva il motore montato in alto rispetto alla scatola del riduttore (quindi con presa d’aria dorsale) per portare lo scarico dei gas al di sopra dell’ala lasciando spazio nel ventre delle gondole interne al carrello principale. La piccola presa d’aria ventrale era per il radiatore dell’olio.
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Un tecnico della Hamilton Standard al lavoro sulle eliche 54H60 di un Electra sulla linea della Lockheed a Burbank, California.
MAR/APR 2021 | AEROFAN
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La Brani ordinò nove esemplari dell’L-188 introducendolo sulla San Antonio-Dallas-New York il 15 giugno 1959. Il velivolo mostrato, N9704C, andò distrutto in un incidente di volo in Perù con i colori della compagnia LANSA nel dicembre del 1971.
segnale di un problema strutturale e il 13 aprile votò all'unanimità per la messa a terra degli Electra fino al completamento delle ispezioni di tutti i 96 aerei in linea e la riparazione dei fermagli difettosi. Ma l'amministratore della FAA, Elwood R. “Pete” Quesada, si rifiutò chiedendo anzi di non rendere pubblica la raccomandazione del CAB. Il senatore dell'Indiana, Vance Hartke, che aveva chiesto la messa a terra del velivolo sin dall'incidente di Tell City, dopo un'inutile telefonata personale a Quesada, indì una
62
AEROFAN | ALI FRAGILI
conferenza stampa rivelando il tutto e chiedendo un'indagine del Congresso; egli accusò Quesada di rischiare deliberatamente la vita di innocenti ed espresse il sospetto che il capo della FAA volesse cercare di proteggere la Lockheed, costruttrice dell'aereo, in quanto aveva lavorato in passato per quest'ultima. In tutti gli Stati Uniti le cabine degli Electra cominciarono a svuotarsi (il fattore di riempimento calò in alcune compagnie anche del 35%), mentre una dozzina di grandi società vietarono ai propri funzionari di servirsi del
quadrimotore nei loro spostamenti. Nel tentativo di contenere le perdite alcune compagnie abbandonarono il nome Electra: la Braniff passò al numero di modello del fabbricante “L-188”, la Eastern pose l'enfasi sul nome del servizio “Golden Falcon Service” e la National optò per “Jet Powered Service” facendo riferimento ad un generico “Propjet Service” per indicare i voli serviti dall'aereo della Lockheed. La società americana si lanciò a questo punto in un grande programma di ricerca a cui collaborarono Boeing,
Douglas e soprattutto NASA; a dimostrazione della preoccupazione di tutti i costruttori, anche concorrenti, di chiarire il fenomeno di flutter che aveva distrutto i due Electra, la Douglas fornì uno speciale pannello destinato a provocare il flutter e che fu montato su un Electra impegnato nelle prove (l'aereo tentò invano di produrre flutter fino a velocità di 884 km/h) mentre la Boeing mandò un team di specialisti in aerodinamica per interpretare i dati ottenuti in laboratorio e nelle prove in volo.
MAR/APR 2021 | AEROFAN
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La Brani ordinò nove esemplari dell’L-188 introducendolo sulla San Antonio-Dallas-New York il 15 giugno 1959. Il velivolo mostrato, N9704C, andò distrutto in un incidente di volo in Perù con i colori della compagnia LANSA nel dicembre del 1971.
segnale di un problema strutturale e il 13 aprile votò all'unanimità per la messa a terra degli Electra fino al completamento delle ispezioni di tutti i 96 aerei in linea e la riparazione dei fermagli difettosi. Ma l'amministratore della FAA, Elwood R. “Pete” Quesada, si rifiutò chiedendo anzi di non rendere pubblica la raccomandazione del CAB. Il senatore dell'Indiana, Vance Hartke, che aveva chiesto la messa a terra del velivolo sin dall'incidente di Tell City, dopo un'inutile telefonata personale a Quesada, indì una
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AEROFAN | ALI FRAGILI
conferenza stampa rivelando il tutto e chiedendo un'indagine del Congresso; egli accusò Quesada di rischiare deliberatamente la vita di innocenti ed espresse il sospetto che il capo della FAA volesse cercare di proteggere la Lockheed, costruttrice dell'aereo, in quanto aveva lavorato in passato per quest'ultima. In tutti gli Stati Uniti le cabine degli Electra cominciarono a svuotarsi (il fattore di riempimento calò in alcune compagnie anche del 35%), mentre una dozzina di grandi società vietarono ai propri funzionari di servirsi del
quadrimotore nei loro spostamenti. Nel tentativo di contenere le perdite alcune compagnie abbandonarono il nome Electra: la Braniff passò al numero di modello del fabbricante “L-188”, la Eastern pose l'enfasi sul nome del servizio “Golden Falcon Service” e la National optò per “Jet Powered Service” facendo riferimento ad un generico “Propjet Service” per indicare i voli serviti dall'aereo della Lockheed. La società americana si lanciò a questo punto in un grande programma di ricerca a cui collaborarono Boeing,
Douglas e soprattutto NASA; a dimostrazione della preoccupazione di tutti i costruttori, anche concorrenti, di chiarire il fenomeno di flutter che aveva distrutto i due Electra, la Douglas fornì uno speciale pannello destinato a provocare il flutter e che fu montato su un Electra impegnato nelle prove (l'aereo tentò invano di produrre flutter fino a velocità di 884 km/h) mentre la Boeing mandò un team di specialisti in aerodinamica per interpretare i dati ottenuti in laboratorio e nelle prove in volo.
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Da questo vasto programma risultò che i calcoli e le prove di vibrazione fatte a suo tempo presentavano gravissime lacune e non erano assolutamente rappresentativi delle condizioni che sarebbero state incontrate nell'impiego operativo. Si scoprì così che in realtà erano le eliche esterne, ovvero quelle più lontane dalla fusoliera, e non quelle interne, come fino ad allora ritenuto, le più delicate riguardo alle vibrazioni. Venne anche appurato che questa criticità cresceva con l'aumentare dell'inclinazione del disco dell'elica causato dalla torsione dell'ala in funzione della velocità. L'elica (girando oltre 1.200 giri al minuto) si comportava assieme alla turbina (13.820 giri al minuto) come un giroscopio e per il fenomeno della precessione tendeva a reagire di 90° rispetto alla direzione della forza esterna intervenuta che poteva essere una manovra violenta sui comandi o l'effetto di una turbolenza. Si innescava così una oscillazione o “flutter” che normalmente si ammortizzava da sè e che in ogni modo non poteva superare i limiti di flessione della struttura. Il problema sorgeva se i castelli motore o la struttura dell'ala
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risultavano danneggiati, ad esempio da un atterraggio pesante, perché in questo caso l'oscillazione non si smorzava ma tendeva anzi ad aggravarsi con effetti devastanti. Il fenomeno, chiamato in gergo “Whirl mode” apparve chiaro ai tecnici della Lockheed che studiarono gli interventi necessari riassumibili in un irrobustimento dell'ala ai lati delle gondole motori interne che contenevano anche gli attacchi del carrello principale, e che quindi erano più soggetti a danneggiarsi, e aumentando l'inclinazione dell'asse longitudinale delle gondole motori di circa 3°. Con il programma LEAP (Lockheed Electra Achievement Program), i castelli motore furono irrobustiti (pressoché raddoppiati) e alla fine si ebbe un peso aggiuntivo di 635 chili per aereo. Quattro aerei modificati vennero sottoposti a 100 ore di voli prova effettuando le manovre più violente, da picchiate a 800 km/h, all'attraversamento di aree a forte turbolenza. Il programma di modifiche costò al costruttore americano qualcosa come 25 milioni di dollari di allora.
Un modello dell’L-188 nella galleria a vento TDT (Transonic Dynamics Tunnel) presso la Boeing a Seattle per la verifica delle caratteristiche aeroelastiche della struttura alare. MAR/APR 2021 | AEROFAN
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Da questo vasto programma risultò che i calcoli e le prove di vibrazione fatte a suo tempo presentavano gravissime lacune e non erano assolutamente rappresentativi delle condizioni che sarebbero state incontrate nell'impiego operativo. Si scoprì così che in realtà erano le eliche esterne, ovvero quelle più lontane dalla fusoliera, e non quelle interne, come fino ad allora ritenuto, le più delicate riguardo alle vibrazioni. Venne anche appurato che questa criticità cresceva con l'aumentare dell'inclinazione del disco dell'elica causato dalla torsione dell'ala in funzione della velocità. L'elica (girando oltre 1.200 giri al minuto) si comportava assieme alla turbina (13.820 giri al minuto) come un giroscopio e per il fenomeno della precessione tendeva a reagire di 90° rispetto alla direzione della forza esterna intervenuta che poteva essere una manovra violenta sui comandi o l'effetto di una turbolenza. Si innescava così una oscillazione o “flutter” che normalmente si ammortizzava da sè e che in ogni modo non poteva superare i limiti di flessione della struttura. Il problema sorgeva se i castelli motore o la struttura dell'ala
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risultavano danneggiati, ad esempio da un atterraggio pesante, perché in questo caso l'oscillazione non si smorzava ma tendeva anzi ad aggravarsi con effetti devastanti. Il fenomeno, chiamato in gergo “Whirl mode” apparve chiaro ai tecnici della Lockheed che studiarono gli interventi necessari riassumibili in un irrobustimento dell'ala ai lati delle gondole motori interne che contenevano anche gli attacchi del carrello principale, e che quindi erano più soggetti a danneggiarsi, e aumentando l'inclinazione dell'asse longitudinale delle gondole motori di circa 3°. Con il programma LEAP (Lockheed Electra Achievement Program), i castelli motore furono irrobustiti (pressoché raddoppiati) e alla fine si ebbe un peso aggiuntivo di 635 chili per aereo. Quattro aerei modificati vennero sottoposti a 100 ore di voli prova effettuando le manovre più violente, da picchiate a 800 km/h, all'attraversamento di aree a forte turbolenza. Il programma di modifiche costò al costruttore americano qualcosa come 25 milioni di dollari di allora.
Un modello dell’L-188 nella galleria a vento TDT (Transonic Dynamics Tunnel) presso la Boeing a Seattle per la verifica delle caratteristiche aeroelastiche della struttura alare. MAR/APR 2021 | AEROFAN
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1 giorno
60 vittorie Il Jagdgeschwader 2 e lo sbarco alleato a Dieppe
Andrew Arthy
I
Focke-Wulf FW 190 appartenenti al 7./J.G. 2 nell’estate del 1942. L'aereo in primo piano, Werknummer 0120 205, andò perduto il 16 ottobre 1942, mentre il "Bianco 10 + I" sullo sfondo, danneggiato il 13 ottobre 1942, fu successivamente riparato.
l Jagdgeschwader 2 "Richthofen" conseguì brillanti risultati durante la Seconda Guerra Mondiale, ma probabilmente l'apice del suo successo lo ebbe il 19 agosto 1942 durante l'opposizione al disastroso sbarco anfibio alleato a Dieppe. L'Operazion Jubilee, come il raid di Dieppe venne chiamato in codice, vide il tentativo da parte degli alleati di trascinare in battaglia la Luftwaffe sul fronte della Manica, e lo JG 2 quel giorno di agosto si trovò nel mezzo dei costanti duelli aerei.
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60 vittorie Il Jagdgeschwader 2 e lo sbarco alleato a Dieppe
Andrew Arthy
I
Focke-Wulf FW 190 appartenenti al 7./J.G. 2 nell’estate del 1942. L'aereo in primo piano, Werknummer 0120 205, andò perduto il 16 ottobre 1942, mentre il "Bianco 10 + I" sullo sfondo, danneggiato il 13 ottobre 1942, fu successivamente riparato.
l Jagdgeschwader 2 "Richthofen" conseguì brillanti risultati durante la Seconda Guerra Mondiale, ma probabilmente l'apice del suo successo lo ebbe il 19 agosto 1942 durante l'opposizione al disastroso sbarco anfibio alleato a Dieppe. L'Operazion Jubilee, come il raid di Dieppe venne chiamato in codice, vide il tentativo da parte degli alleati di trascinare in battaglia la Luftwaffe sul fronte della Manica, e lo JG 2 quel giorno di agosto si trovò nel mezzo dei costanti duelli aerei.
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Fu una giornata estenuante per gli aviatori di entrambe le parti, con molti piloti che presero parte anche a quattro o cinque missioni; quando il sole tramontò, il Richthofen Geschwader aveva subito perdite significative ma, sorprendentemente, aveva anche ottenuto sessanta vittorie aeree. Formato prima della guerra, il JG 2 conseguì importanti risultati volando con il Messerschmitt 109 tra il 1940 e il 1941. In quegli anni fu creato un nucleo di personale di volo di grande esperienza e molti dei piloti attivi nei cieli sopra Dieppe il 19 agosto 1942 erano veterani con all'attivo numerosi duelli con gli aerei della RAF. Un cambiamento significativo nell'equipaggiamento del reparto avvenne nel corso del 1942, allorché quasi l'intero Geschwader transitò sui Focke-Wulf 190 A-2 e A-3. Grazie alle prestazioni di quest’apparecchio, i tedeschi guadagnarono un leggero vantaggio sul Supermarine Spitfire Mk. V, che era di gran lunga il caccia più diffuso nell'inventario della Royal Air Force durante il raid di Dieppe. I tedeschi avevano da tempo previsto uno sbarco alleato attraverso la Manica, e la Luftwaffe doveva essere un importante deterrente per tale impresa. Quasi tutti gli elementi del JG 2 erano situati entro 200 km dalla testa di ponte alleata, ad eccezione dell'8° Staffel, rendendo quindi l'unità perfettamente dislocata per fornire una risposta tempestiva ed efficace. GLI SBARCHI E LE PRIME MISSIONI Il raid di Dieppe fu un'importante operazione anfibia che coinvolse più di 250 navi e mezzi da sbarco, otto cacciatorpediniere, oltre 6.500 soldati e 29 carri armati. Le prime truppe sbarcarono intorno alle 5:20 del 19 agosto, scontrandosi con i difensori dell'esercito tedesco che erano stati allertati mezz'ora prima. A fornire copertura dal cielo c'erano 56 Squadron da caccia della RAF e tre dell'USAAF, più 12 Squadron alleati da bombardamento e ricognizione.
Nell'estate del 1942, quasi tutti i giorni al tramonto il JG 2 trasferiva i propri apparecchi verso aeroporti decentrati nell'entroterra, quindi all'alba del 19 agosto, quando arrivò la notizia degli sbarchi a Dieppe, si scatenò un'attività frenetica per svegliare gli uomini a Rouen-Boos e Dreux, preparare gli aerei e portarli via il più rapidamente possibile verso i loro aeroporti primari. Il semi-autonomo Jabostaffel di Fritz Schröter aveva solo quindici FW 190 e altrettanti piloti in forza, ma risultò forse l'elemento più incisivo dell'intero Geschwader quel giorno. I piloti dell'unità ricevettero un'allarmante telefonata all'alba: "Das ist kein Witz, die Engländer sind bei Dieppe gelandet!". A tre piloti fu assegnato il compito di condurre una prima ricognizione armata verso la zona di atterraggio. Il pesante FW 190 del Leutnant Leopold Wenger non riuscì a prendere il volo, come il fortunato pilota austriaco ricordò in una lettera a casa: “Dato che pensavo che ci sarebbero state navi che valeva la pena attaccare, ho caricato il mio aereo con una bomba particolarmente pesante. Ma sono stato molto sfortunato, oltre che fortunato allo stesso tempo. Rullando per il decollo, il carrello è collassato e sono scivolato sull'erba proprio sulla mia bomba. Non è stata un'esperienza molto piacevole, pensando alla probabilità che la bomba potesse detonare e avendone potuto osservare l'effetto durante un attacco. Così, ho perso la prima missione”. Gli altri due piloti proseguirono la missione attaccando una nave da guerra. Tuttavia, un proiettile antiaereo danneggiò gravemente l'elica e il motore del FW 190 A-2 pilotato dall'Uffz. Werner Magarin, che fu costretto ad atterrare a Paluel, a ovest di Dieppe, facendo ritorno alla sua unità il giorno seguente. Mentre alla Luftwaffe giungevano i primi rapporti sullo sbarco alleato e la maggior parte dei piloti del I./JG 2 erano ancora nei loro aeroporti decentrati, l'Uffz. Kurt Epsiger e un compagno del 1. Staffel stavano effettuando un pattugliamento mattutino di routine, e grande dovette essere lo stupore di imbattersi in un cielo pieno di aerei alleati intorno alle 6:45. Epsiger ottenne la prima vittoria del JG 2 della giornata abbattendo quello che in un primo momento ritenne essere un Handley Page HP.52 Hampden, ma che si scoprirà poi essere in realtà un bombardiere Douglas Boston dello Sqn No. 418. L'aereo danneggiato ammarò nella Manica e l'Air Gunner Sgt. C.G. Scott salvò eroicamente i suoi compagni di equipaggio dall'annegamento. In volo sulla spiaggia, quel mattino presto, c'era anche il Kommandeur del II./JG 2, Hptm. Helmut-Felix Bolz, un veterano della guerra civile Spagnola, che si imbattè in una coppia di North American P-51 Mustang da ricognizione tattica abbattendoli entrambi. Durante l'Operation Jubilee ci furono diversi incontri tra questi due tipi di aerei relativamente nuovi. I piloti della Luftwaffe scoprirono presto che il Mustang virava più stretto dell'FW 190 a bassa quota, ma l'FW 190 aveva una velocità di salita superiore. Dopo aver appreso la notizia degli sbarchi, il 3. Staffel si trasferì rapidamente alla sua base principale a Tricqueville, e quasi immediatamente gli aeroplani decollarono alla volta della testa di ponte alleata, dove lo Staffelkapitän Elmar Resch vide “tre grandi navi e diverse piccole in
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Un aviatore del N. 418 Squadron davanti a un Boston nell'agosto 1942.
Briefing degli equipaggi del N. 2 Group prima del raid di Dieppe. Questa unità sarebbe stata attaccata dal JG 2 in un paio di occasioni durante il giorno.
Spitfire M.VB AV-R del N. 121 Squadron, che prese parte al raid di Dieppe. MAR/APR 2021 | AEROFAN
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Fu una giornata estenuante per gli aviatori di entrambe le parti, con molti piloti che presero parte anche a quattro o cinque missioni; quando il sole tramontò, il Richthofen Geschwader aveva subito perdite significative ma, sorprendentemente, aveva anche ottenuto sessanta vittorie aeree. Formato prima della guerra, il JG 2 conseguì importanti risultati volando con il Messerschmitt 109 tra il 1940 e il 1941. In quegli anni fu creato un nucleo di personale di volo di grande esperienza e molti dei piloti attivi nei cieli sopra Dieppe il 19 agosto 1942 erano veterani con all'attivo numerosi duelli con gli aerei della RAF. Un cambiamento significativo nell'equipaggiamento del reparto avvenne nel corso del 1942, allorché quasi l'intero Geschwader transitò sui Focke-Wulf 190 A-2 e A-3. Grazie alle prestazioni di quest’apparecchio, i tedeschi guadagnarono un leggero vantaggio sul Supermarine Spitfire Mk. V, che era di gran lunga il caccia più diffuso nell'inventario della Royal Air Force durante il raid di Dieppe. I tedeschi avevano da tempo previsto uno sbarco alleato attraverso la Manica, e la Luftwaffe doveva essere un importante deterrente per tale impresa. Quasi tutti gli elementi del JG 2 erano situati entro 200 km dalla testa di ponte alleata, ad eccezione dell'8° Staffel, rendendo quindi l'unità perfettamente dislocata per fornire una risposta tempestiva ed efficace. GLI SBARCHI E LE PRIME MISSIONI Il raid di Dieppe fu un'importante operazione anfibia che coinvolse più di 250 navi e mezzi da sbarco, otto cacciatorpediniere, oltre 6.500 soldati e 29 carri armati. Le prime truppe sbarcarono intorno alle 5:20 del 19 agosto, scontrandosi con i difensori dell'esercito tedesco che erano stati allertati mezz'ora prima. A fornire copertura dal cielo c'erano 56 Squadron da caccia della RAF e tre dell'USAAF, più 12 Squadron alleati da bombardamento e ricognizione.
Nell'estate del 1942, quasi tutti i giorni al tramonto il JG 2 trasferiva i propri apparecchi verso aeroporti decentrati nell'entroterra, quindi all'alba del 19 agosto, quando arrivò la notizia degli sbarchi a Dieppe, si scatenò un'attività frenetica per svegliare gli uomini a Rouen-Boos e Dreux, preparare gli aerei e portarli via il più rapidamente possibile verso i loro aeroporti primari. Il semi-autonomo Jabostaffel di Fritz Schröter aveva solo quindici FW 190 e altrettanti piloti in forza, ma risultò forse l'elemento più incisivo dell'intero Geschwader quel giorno. I piloti dell'unità ricevettero un'allarmante telefonata all'alba: "Das ist kein Witz, die Engländer sind bei Dieppe gelandet!". A tre piloti fu assegnato il compito di condurre una prima ricognizione armata verso la zona di atterraggio. Il pesante FW 190 del Leutnant Leopold Wenger non riuscì a prendere il volo, come il fortunato pilota austriaco ricordò in una lettera a casa: “Dato che pensavo che ci sarebbero state navi che valeva la pena attaccare, ho caricato il mio aereo con una bomba particolarmente pesante. Ma sono stato molto sfortunato, oltre che fortunato allo stesso tempo. Rullando per il decollo, il carrello è collassato e sono scivolato sull'erba proprio sulla mia bomba. Non è stata un'esperienza molto piacevole, pensando alla probabilità che la bomba potesse detonare e avendone potuto osservare l'effetto durante un attacco. Così, ho perso la prima missione”. Gli altri due piloti proseguirono la missione attaccando una nave da guerra. Tuttavia, un proiettile antiaereo danneggiò gravemente l'elica e il motore del FW 190 A-2 pilotato dall'Uffz. Werner Magarin, che fu costretto ad atterrare a Paluel, a ovest di Dieppe, facendo ritorno alla sua unità il giorno seguente. Mentre alla Luftwaffe giungevano i primi rapporti sullo sbarco alleato e la maggior parte dei piloti del I./JG 2 erano ancora nei loro aeroporti decentrati, l'Uffz. Kurt Epsiger e un compagno del 1. Staffel stavano effettuando un pattugliamento mattutino di routine, e grande dovette essere lo stupore di imbattersi in un cielo pieno di aerei alleati intorno alle 6:45. Epsiger ottenne la prima vittoria del JG 2 della giornata abbattendo quello che in un primo momento ritenne essere un Handley Page HP.52 Hampden, ma che si scoprirà poi essere in realtà un bombardiere Douglas Boston dello Sqn No. 418. L'aereo danneggiato ammarò nella Manica e l'Air Gunner Sgt. C.G. Scott salvò eroicamente i suoi compagni di equipaggio dall'annegamento. In volo sulla spiaggia, quel mattino presto, c'era anche il Kommandeur del II./JG 2, Hptm. Helmut-Felix Bolz, un veterano della guerra civile Spagnola, che si imbattè in una coppia di North American P-51 Mustang da ricognizione tattica abbattendoli entrambi. Durante l'Operation Jubilee ci furono diversi incontri tra questi due tipi di aerei relativamente nuovi. I piloti della Luftwaffe scoprirono presto che il Mustang virava più stretto dell'FW 190 a bassa quota, ma l'FW 190 aveva una velocità di salita superiore. Dopo aver appreso la notizia degli sbarchi, il 3. Staffel si trasferì rapidamente alla sua base principale a Tricqueville, e quasi immediatamente gli aeroplani decollarono alla volta della testa di ponte alleata, dove lo Staffelkapitän Elmar Resch vide “tre grandi navi e diverse piccole in
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Un aviatore del N. 418 Squadron davanti a un Boston nell'agosto 1942.
Briefing degli equipaggi del N. 2 Group prima del raid di Dieppe. Questa unità sarebbe stata attaccata dal JG 2 in un paio di occasioni durante il giorno.
Spitfire M.VB AV-R del N. 121 Squadron, che prese parte al raid di Dieppe. MAR/APR 2021 | AEROFAN
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una situazione caotica. La spiaggia era disseminata di mezzi da sbarco e carri armati distrutti e di molti soldati alleati feriti e morti. L'attenzione della Luftwaffe si spostò ora sulle navi alleate che si dirigevano verso l'Inghilterra. Subito dopo che l'ultima nave alleata lasciò Dieppe, l’Oblt. Schröter, il tenente Wenger e altri due piloti dello Jabostaffel erano in volo da Caen e tornarono a caccia di navi. Il fuoco antiaereo era feroce quando arrivarono sul bersaglio, e Schröter ricordò: “Un'intera orda di Spitfire si è avventata su di noi”. Leopold Wenger attaccò e colpì un
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cacciatorpediniere, nonostante la contraerea e gli Spitfire britannici. È molto probabile che sia stata la bomba di Wenger a colpire e danneggiare gravemente il cacciatorpediniere da 1.340 tonnellate HMS Berkeley, che in seguito dovette essere silurato e affondato da un altro cacciatorpediniere britannico. Questo è stato il più significativo successo navale ottenuto dalla Luftwaffe quel giorno. A metà pomeriggio il tenente Bühligen guidò il suo 4. Staffel per la terza volta a Dieppe, incontrando i
Personale del N. 88 Squadron intorno ad un carrello carico di bombe da 500 libbre.
munizioni sono esplose. Quando ho rilasciato il tettuccio, il mio aereo era in fiamme. Sono uscito da 800 metri, ma la mia faccia e il braccio destro erano stati bruciati dalle fiamme". Sarebbe passato un mese e mezzo prima che Erich Leie tornasse alle operazioni, e la sua assenza dal campo di battaglia avrebbe pesato per il resto della giornata. Mentre la battaglia infuriava a Dieppe, Leopold Wenger aveva preso un FW 190 di riserva da St. André ed era volato a Caen, prima di decollare alle 11:33 con tre compagni per la prossima missione. Wenger riportò vividi ricordi della scena che gli si presentò a Dieppe: “Quando siamo arrivati sopra Dieppe, la zona di combattimento era avvolta da nebbia, polvere e fumo denso. La flotta britannica era completamente nascosta. Ovunque c'erano lampi e a terra si potevano vedere molti incendi di aerei abbattuti e carri armati bruciati che non erano avanzati per più di venti metri sulla spiaggia”. All'inizio dell'anno, il III./JG 2 era stato incaricato della difesa aerea della Francia occidentale, ma il Gruppe giocò ancora un ruolo chiave negli eventi del 19 agosto, con nove FW 190 del 9. Staffel: decollati alle 11:05 per un'operazione guidata dallo Staffelkapitän Oblt. Siegfried Schnell, i tedeschi si imbatterono in dozzine di Spitfire vicino a Dieppe e furono coinvolti in una serie di combattimenti a bassa quota, riportando otto vittorie nella mezz'ora successiva. Una di queste fu rivendicata dal Fw. Heinz Pfeffer, lui stesso abbattuto e inizialmente disperso. In realtà, era riuscito ad ammarare vicino alla costa, riuscendo a nuotare a riva nonostante un infortunio alla gamba. I suoi compagni nel frattempo erano tornati sani e salvi alla base. Il buonumore di Erich Leie, 7 appartenente al I./JG 2, nonostante le ferite subite il 19 agosto 1942.
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UN’INVASIONE FALLITA Le unità da bombardamento tedesche erano state nel frattempo organizzate e, dalla tarda mattinata in poi, lo JG 2 ebbe il compito di scortarle. Quando i bombardieri arrivarono a Dieppe intorno a mezzogiorno, l'evacuazione degli Alleati era in pieno svolgimento. Nello stesso momento quattordici aerei del II./JG 2 ingaggiarono un combattimento con numerosi Spitfire e Mustang a nord della città. Il pilota di aliante austriaco prebellico Fw. Wilhelm Ritter von Felgel-Farnholz, già protagonista dell’abbattimento di uno Spitfire, venne colpito finendo in mare al largo di Dieppe. Anche il tenente Franz Sommer risultò disperso durante questa operazione. Intorno alla 13:30 l’evacuazione da Dieppe poteva dirsi conclusa, ma aveva lasciato dietro di sé
AEROFAN | 1 GIORNO 60 VITTORIE
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Operazioni di rifornimento sul FW 190 “Giallo 2 + I” del 9./JG 2 in servizio nell'estate del 1942.
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una situazione caotica. La spiaggia era disseminata di mezzi da sbarco e carri armati distrutti e di molti soldati alleati feriti e morti. L'attenzione della Luftwaffe si spostò ora sulle navi alleate che si dirigevano verso l'Inghilterra. Subito dopo che l'ultima nave alleata lasciò Dieppe, l’Oblt. Schröter, il tenente Wenger e altri due piloti dello Jabostaffel erano in volo da Caen e tornarono a caccia di navi. Il fuoco antiaereo era feroce quando arrivarono sul bersaglio, e Schröter ricordò: “Un'intera orda di Spitfire si è avventata su di noi”. Leopold Wenger attaccò e colpì un
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cacciatorpediniere, nonostante la contraerea e gli Spitfire britannici. È molto probabile che sia stata la bomba di Wenger a colpire e danneggiare gravemente il cacciatorpediniere da 1.340 tonnellate HMS Berkeley, che in seguito dovette essere silurato e affondato da un altro cacciatorpediniere britannico. Questo è stato il più significativo successo navale ottenuto dalla Luftwaffe quel giorno. A metà pomeriggio il tenente Bühligen guidò il suo 4. Staffel per la terza volta a Dieppe, incontrando i
Personale del N. 88 Squadron intorno ad un carrello carico di bombe da 500 libbre.
munizioni sono esplose. Quando ho rilasciato il tettuccio, il mio aereo era in fiamme. Sono uscito da 800 metri, ma la mia faccia e il braccio destro erano stati bruciati dalle fiamme". Sarebbe passato un mese e mezzo prima che Erich Leie tornasse alle operazioni, e la sua assenza dal campo di battaglia avrebbe pesato per il resto della giornata. Mentre la battaglia infuriava a Dieppe, Leopold Wenger aveva preso un FW 190 di riserva da St. André ed era volato a Caen, prima di decollare alle 11:33 con tre compagni per la prossima missione. Wenger riportò vividi ricordi della scena che gli si presentò a Dieppe: “Quando siamo arrivati sopra Dieppe, la zona di combattimento era avvolta da nebbia, polvere e fumo denso. La flotta britannica era completamente nascosta. Ovunque c'erano lampi e a terra si potevano vedere molti incendi di aerei abbattuti e carri armati bruciati che non erano avanzati per più di venti metri sulla spiaggia”. All'inizio dell'anno, il III./JG 2 era stato incaricato della difesa aerea della Francia occidentale, ma il Gruppe giocò ancora un ruolo chiave negli eventi del 19 agosto, con nove FW 190 del 9. Staffel: decollati alle 11:05 per un'operazione guidata dallo Staffelkapitän Oblt. Siegfried Schnell, i tedeschi si imbatterono in dozzine di Spitfire vicino a Dieppe e furono coinvolti in una serie di combattimenti a bassa quota, riportando otto vittorie nella mezz'ora successiva. Una di queste fu rivendicata dal Fw. Heinz Pfeffer, lui stesso abbattuto e inizialmente disperso. In realtà, era riuscito ad ammarare vicino alla costa, riuscendo a nuotare a riva nonostante un infortunio alla gamba. I suoi compagni nel frattempo erano tornati sani e salvi alla base. Il buonumore di Erich Leie, 7 appartenente al I./JG 2, nonostante le ferite subite il 19 agosto 1942.
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UN’INVASIONE FALLITA Le unità da bombardamento tedesche erano state nel frattempo organizzate e, dalla tarda mattinata in poi, lo JG 2 ebbe il compito di scortarle. Quando i bombardieri arrivarono a Dieppe intorno a mezzogiorno, l'evacuazione degli Alleati era in pieno svolgimento. Nello stesso momento quattordici aerei del II./JG 2 ingaggiarono un combattimento con numerosi Spitfire e Mustang a nord della città. Il pilota di aliante austriaco prebellico Fw. Wilhelm Ritter von Felgel-Farnholz, già protagonista dell’abbattimento di uno Spitfire, venne colpito finendo in mare al largo di Dieppe. Anche il tenente Franz Sommer risultò disperso durante questa operazione. Intorno alla 13:30 l’evacuazione da Dieppe poteva dirsi conclusa, ma aveva lasciato dietro di sé
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Operazioni di rifornimento sul FW 190 “Giallo 2 + I” del 9./JG 2 in servizio nell'estate del 1942.
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combattenti britannici a un'altitudine di 3.000 metri. Il tenente Eicher ne abbatté uno e il pilota britannico si salvò, ma Gefr. Siegfried Eimers fu abbattuto e ucciso: il corpo del giovane tedesco sarebbe stato ritrovato su una spiaggia olandese più di un mese dopo. Lo I./JG 2 tornò a Dieppe in forze con una missione del 3. Staffel tra le 13:58 e le 15:04, presto seguita dalla 1. Staffel che scortava alcuni Dornier 217. Queste due missioni portarono ad altri cinque abbattimenti dichiarati di Spitfire e un pilota tedesco ferito. Josef Wurmheller conseguì due ulteriori vittorie, la seconda delle quali alle 15:22 dopo che in seguito ad un attacco da dietro vide staccarsi l'ala destra del caccia britannico. Alle 15:35 toccò agli uomini del 7./JG 2: l’Oblt. Egon Mayer, che quel giorno compiva 25 anni, guidò dieci FW 190 in missione, incontrando la solita forte opposizione aerea britannica. Il rapporto del combattimento di Mayer relativo alla prima delle due vittorie conseguite in quella missione
riportava: “Alle 16:01 ho riconosciuto tre bombardieri in un banco di nebbia appena a nord di Dieppe. I bombardieri, volando ad un'altezza di dieci metri, erano accompagnati da uno squadrone di Hurricane e Spitfire a bassa quota. Ho attaccato l'Hurricane più arretrato alle 16:03 da distanza ravvicinata sparando con tutte le mie armi. Immediatamente dopo essere stato colpito, l'Hurricane è precipitato finendo in acqua e andando completamente distrutto”. Ad accompagnare il 7./JG 2 c'era l'Höhenstaffel con i suoi Bf 109 G-1, e uno dei piloti veterani, Erwin Kley, rimase ucciso in un atterraggio forzato dopo la missione. La sua perdita fu un duro colpo per i suoi compagni. II./JG 2 effettuò un'ultima missione con tutti gli aerei che aveva a disposizione: diciannove FW 190 decollarono da Beaumont-le-Roger alle 16:07 impegnandosi in duello contro 25 Spitfire sulla Manica. Alcuni Dornier 217 del II./K.G. 40 avevano appena effettuato un attacco alle navi
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L'FW 190 contrassegnato come “Bianco 7 + I” dell’Oberleutnant Egon Mayer, Sta elkapitän del 7./JG 2.
le navi britanniche si avvicinavano ai loro porti, ma il JG 2 avrebbe raccolto alcuni successi ulteriori. Dieci FW 190 dell'I.Gruppe decollarono alle 16:52 effettuando mitragliamenti sulle navi britanniche a nord di Dieppe. L'infaticabile Wurmheller abbatté un altro Spitfire, la 56esima vittoria della sua carriera. I piloti del Gruppe condussero una missione finale verso il crepuscolo, per poi tornare anch’essi sui loro aeroporti di dispersione. In serata il Jabostaffel volò un'ultima missione da Caen, questa volta contro navi inglesi al largo di Brighton, perché la flotta britannica era riuscita a rientrare attraverso la Manica. I piloti del 10.(J)/JG 2 riportarono diversi colpi andati a segno sulle navi, rivendicando due cacciatorpediniere,
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Il cacciatorpediniere HMS Berkeley, colpito e gravemente danneggiato da una bomba tedesca il 19 agosto, probabilmente da un velivolo dello Jabo 10.(J)/JG 2. La nave successivamente dovette essere a ondata da un altro cacciatorpediniere britannico.
britanniche ed erano stati intercettati dai britannici, consentendo ai piloti Bühligen e Rudorffer di abbattere un paio di Spitfire ciascuno. L'unità rientrò quindi alla base e quella sera piloti e aerei ritornarono sugli aeroporti decentrati. I combattimenti aerei erano ormai agli sgoccioli mentre
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AEROFAN | 1 GIORNO 60 VITTORIE
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FW 190 del 7./J.G. 2 nell'estate del 1942. In basso: Kurt Bühligen, pilota del 4./JG 2, al rientro da una missione il 19 agosto.
due grandi mezzi da sbarco e due navi di scorta affondate, oltre a varie imbarcazioni danneggiate. Data la confusione del combattimento, queste affermazioni furono probabilmente un po' ottimistiche, ma non c'è dubbio che il Jabostaffel abbia avuto un ruolo importante nel successo tedesco a Dieppe. Lo JG 2 presentò 67 richieste di vittoria per la giornata, 60 delle quali furono successivamente confermate. Per contro, l'unità ebbe otto piloti uccisi e dispersi e otto feriti, oltre a quindici aerei distrutti. Anche tenendo conto delle affermazioni tipicamente ottimiste dei piloti da caccia, per il Richthofen Geschwader fu un risultato decisamente importante, anche se conquistato a duro prezzo. Come ricordò uno Staffelkapitan del JG 2: “La protezione dei combattenti [alleati] era molto forte. È stata una lotta molto dura per la nostra unità”.
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combattenti britannici a un'altitudine di 3.000 metri. Il tenente Eicher ne abbatté uno e il pilota britannico si salvò, ma Gefr. Siegfried Eimers fu abbattuto e ucciso: il corpo del giovane tedesco sarebbe stato ritrovato su una spiaggia olandese più di un mese dopo. Lo I./JG 2 tornò a Dieppe in forze con una missione del 3. Staffel tra le 13:58 e le 15:04, presto seguita dalla 1. Staffel che scortava alcuni Dornier 217. Queste due missioni portarono ad altri cinque abbattimenti dichiarati di Spitfire e un pilota tedesco ferito. Josef Wurmheller conseguì due ulteriori vittorie, la seconda delle quali alle 15:22 dopo che in seguito ad un attacco da dietro vide staccarsi l'ala destra del caccia britannico. Alle 15:35 toccò agli uomini del 7./JG 2: l’Oblt. Egon Mayer, che quel giorno compiva 25 anni, guidò dieci FW 190 in missione, incontrando la solita forte opposizione aerea britannica. Il rapporto del combattimento di Mayer relativo alla prima delle due vittorie conseguite in quella missione
riportava: “Alle 16:01 ho riconosciuto tre bombardieri in un banco di nebbia appena a nord di Dieppe. I bombardieri, volando ad un'altezza di dieci metri, erano accompagnati da uno squadrone di Hurricane e Spitfire a bassa quota. Ho attaccato l'Hurricane più arretrato alle 16:03 da distanza ravvicinata sparando con tutte le mie armi. Immediatamente dopo essere stato colpito, l'Hurricane è precipitato finendo in acqua e andando completamente distrutto”. Ad accompagnare il 7./JG 2 c'era l'Höhenstaffel con i suoi Bf 109 G-1, e uno dei piloti veterani, Erwin Kley, rimase ucciso in un atterraggio forzato dopo la missione. La sua perdita fu un duro colpo per i suoi compagni. II./JG 2 effettuò un'ultima missione con tutti gli aerei che aveva a disposizione: diciannove FW 190 decollarono da Beaumont-le-Roger alle 16:07 impegnandosi in duello contro 25 Spitfire sulla Manica. Alcuni Dornier 217 del II./K.G. 40 avevano appena effettuato un attacco alle navi
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L'FW 190 contrassegnato come “Bianco 7 + I” dell’Oberleutnant Egon Mayer, Sta elkapitän del 7./JG 2.
le navi britanniche si avvicinavano ai loro porti, ma il JG 2 avrebbe raccolto alcuni successi ulteriori. Dieci FW 190 dell'I.Gruppe decollarono alle 16:52 effettuando mitragliamenti sulle navi britanniche a nord di Dieppe. L'infaticabile Wurmheller abbatté un altro Spitfire, la 56esima vittoria della sua carriera. I piloti del Gruppe condussero una missione finale verso il crepuscolo, per poi tornare anch’essi sui loro aeroporti di dispersione. In serata il Jabostaffel volò un'ultima missione da Caen, questa volta contro navi inglesi al largo di Brighton, perché la flotta britannica era riuscita a rientrare attraverso la Manica. I piloti del 10.(J)/JG 2 riportarono diversi colpi andati a segno sulle navi, rivendicando due cacciatorpediniere,
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Il cacciatorpediniere HMS Berkeley, colpito e gravemente danneggiato da una bomba tedesca il 19 agosto, probabilmente da un velivolo dello Jabo 10.(J)/JG 2. La nave successivamente dovette essere a ondata da un altro cacciatorpediniere britannico.
britanniche ed erano stati intercettati dai britannici, consentendo ai piloti Bühligen e Rudorffer di abbattere un paio di Spitfire ciascuno. L'unità rientrò quindi alla base e quella sera piloti e aerei ritornarono sugli aeroporti decentrati. I combattimenti aerei erano ormai agli sgoccioli mentre
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AEROFAN | 1 GIORNO 60 VITTORIE
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FW 190 del 7./J.G. 2 nell'estate del 1942. In basso: Kurt Bühligen, pilota del 4./JG 2, al rientro da una missione il 19 agosto.
due grandi mezzi da sbarco e due navi di scorta affondate, oltre a varie imbarcazioni danneggiate. Data la confusione del combattimento, queste affermazioni furono probabilmente un po' ottimistiche, ma non c'è dubbio che il Jabostaffel abbia avuto un ruolo importante nel successo tedesco a Dieppe. Lo JG 2 presentò 67 richieste di vittoria per la giornata, 60 delle quali furono successivamente confermate. Per contro, l'unità ebbe otto piloti uccisi e dispersi e otto feriti, oltre a quindici aerei distrutti. Anche tenendo conto delle affermazioni tipicamente ottimiste dei piloti da caccia, per il Richthofen Geschwader fu un risultato decisamente importante, anche se conquistato a duro prezzo. Come ricordò uno Staffelkapitan del JG 2: “La protezione dei combattenti [alleati] era molto forte. È stata una lotta molto dura per la nostra unità”.
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Cartoline dalla
toscana La base Meridiana di Firenze
Per l'avvio dei voli vennero utilizzati gli ATR 42 allora in flotta con Avianova. In origine per la base di Firenze erano stati scelti i nuovissimi Canadair CRJ-200 dei quali Meridiana sarebbe divenuta launch-customer, grazie anche alla promessa fatta all'Aga Khan dall'allora sindaco di Firenze Morales di allungare la pista di Peretola qualora il vettore avesse inaugurato una base sull'aeroporto. Il CRJ per operare in sicurezza necessitava di una pista di 1.600 metri contro i 1.450 di quella di Firenze e purtroppo quando la base aprì i lavori di allungamento non erano ancora iniziati e solo nel 1996 la pista sarebbe stata allungata fino a 1.650 m. Il managemement decise quindi di optare per i BAe 146-200 presi in leasing dal costruttore British Aerospace che inviò i primi velivoli ancora con matricole inglesi. I primi velivoli giunsero in Toscana tra maggio e agosto 1991, subito messi in linea sulle tratte nazionali per Palermo, Catania ed in seguito Olbia (solo stagionale estivo) e Cagliari dall'aprile 1993. La prima destinazione internazionale raggiunta il primo settembre 1991 fu Londra,
Luca Granella
L
a compagnia Alisarda/Meridiana, fondata grazie all'intuizione di S.A. Karim Aga Khan, con la sua ultra cinquantennale permanenza nei cieli del pianeta ha scritto importanti pagine di storia del trasporto aereo commerciale a livello internazionale, una delle quali ha avuto come protagonista la base di Firenze, il cui progetto origina nel biennio 1986-1987 quando attraverso Avianova, la compagnia di scouting di Alisarda, il vettore iniziò a sondare il mercato in vista della futura apertura di una base operando le prime rotte su Barcellona, Parigi e Zurigo.
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1
Olbia, 1991. Equipaggio schierato davanti a uno dei BAe 146-200 Alisarda poco prima che la Compagnia diventasse Meridiana.
dove venne inaugurato un ufficio di rappresentanza della compagnia (così come a Barcellona e Parigi), proseguendo con le rotte definite “evergreen” Parigi, Zurigo, Monaco, Barcellona e Francoforte (Amsterdam invece iniziò solo nel 1994). In occasione della apertura di Firenze venne anche effettuato, per la prima volta su aerei Alisarda/Meridiana un servizio Business (Electa Club) con pietanze calde, talmente raffinato ed elegante da essere insignito per ben due anni consecutivi, nel 1991 e 1992, del prestigioso premio Emerald Award. Data l'importanza del mercato tedesco la compagnia decise di aprire una sede che sin dall'inizio si rivelò un'ottima scelta sotto il profilo strategico e commerciale. Le rotte da e per lo scalo fiorentino facevano registrare dalla Germania un load-factor prettamente legato al settore dei voli business in virtù delle numerose aziende presenti sui due territori, caratteristica confermata dai dati emersi dalle vendite dei biglietti per la maggior parte venduti a tariffa piena. Sia la classe economy che la business erano proposte “Full fare” ovvero senza alcuna riduzione o promozione, fatto che diede grande impulso allo sviluppo della base toscana. La rotta Firenze-Francoforte, una delle più redditizie, nel 1994 venne “richiesta indietro” da LH e ceduta a Lufthansa a soli tre anni dalla sua inaugurazione; Lufthansa già da tempo aveva adocchiato questa destinazione, arrivando a negoziarne l'acquisto con i vertici Meridiana in cambio di alcune contropartite riconducibili all'esclusività del mercato dei voli estivi da e per la Germania in partenza dagli aeroporti sardi, feudo storico prima di Alisarda e poi di Meridiana. Nella stagione 2010/11 Meridiana, diretta dall'AD Massimo Chieli, decise per la cessione ad Alitalia della tratta Firenze-Amsterdam. La base toscana è stata la prima inaugurata dalla compagnia dell'Aga Khan al di fuori della Sardegna, seguita nel 1994 da quella veneta di Verona dislocata sull'Aeroporto Valerio Catullo, dal quale decollavano dapprima gli MD-82 seguiti dagli A320 grazie all'acquisizione di Eurofly da parte del vettore dei 4 mori, entrati in servizio all'interno del piano di ammodernamento del parco velivoli con il progressivo assorbimento di Eurofly, avvenuto tra il 2007 e il 2010. L'operazione “Florence” rientrava in un progetto di rinnovo e diversificazione del brand Alisarda, intrapreso dalla compagnia nel 1991 quando il board decise il cambio di nome in Meridiana, consegnando al futuro dell'azienda una dimensione più internazionale e meno legata all'isola che comunque restava il simbolo indissolubile dell'aerolinea. Per l'avvio dell'attività su Firenze Meridiana scelse una flotta composta dal quadrireattore inglese BAe 146 prodotto dalla British Aerospace, prediligendo la versione 200, meglio noto con l'appellativo di “Jumbolino” in virtù dei 4 propulsori, caratteristica in comune con il celebre Jumbo Jet B747, che era quella che meglio si adattava alle caratteristiche orografiche dello scalo in termini di economia e operatività. I BAe 146 da 79 posti, 39 in economy e 40 in business hanno volato sfoggiando sulla fusoliera varie livree sempre basate sulla classica banda a tre colori rossa, viola, gialla. Dopo un periodo iniziale la configurazione della flotta venne modificata aggiungendo una fila di 5 sedili riducendo la distanza tra le file e
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Cartoline dalla
toscana La base Meridiana di Firenze
Per l'avvio dei voli vennero utilizzati gli ATR 42 allora in flotta con Avianova. In origine per la base di Firenze erano stati scelti i nuovissimi Canadair CRJ-200 dei quali Meridiana sarebbe divenuta launch-customer, grazie anche alla promessa fatta all'Aga Khan dall'allora sindaco di Firenze Morales di allungare la pista di Peretola qualora il vettore avesse inaugurato una base sull'aeroporto. Il CRJ per operare in sicurezza necessitava di una pista di 1.600 metri contro i 1.450 di quella di Firenze e purtroppo quando la base aprì i lavori di allungamento non erano ancora iniziati e solo nel 1996 la pista sarebbe stata allungata fino a 1.650 m. Il managemement decise quindi di optare per i BAe 146-200 presi in leasing dal costruttore British Aerospace che inviò i primi velivoli ancora con matricole inglesi. I primi velivoli giunsero in Toscana tra maggio e agosto 1991, subito messi in linea sulle tratte nazionali per Palermo, Catania ed in seguito Olbia (solo stagionale estivo) e Cagliari dall'aprile 1993. La prima destinazione internazionale raggiunta il primo settembre 1991 fu Londra,
Luca Granella
L
a compagnia Alisarda/Meridiana, fondata grazie all'intuizione di S.A. Karim Aga Khan, con la sua ultra cinquantennale permanenza nei cieli del pianeta ha scritto importanti pagine di storia del trasporto aereo commerciale a livello internazionale, una delle quali ha avuto come protagonista la base di Firenze, il cui progetto origina nel biennio 1986-1987 quando attraverso Avianova, la compagnia di scouting di Alisarda, il vettore iniziò a sondare il mercato in vista della futura apertura di una base operando le prime rotte su Barcellona, Parigi e Zurigo.
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Olbia, 1991. Equipaggio schierato davanti a uno dei BAe 146-200 Alisarda poco prima che la Compagnia diventasse Meridiana.
dove venne inaugurato un ufficio di rappresentanza della compagnia (così come a Barcellona e Parigi), proseguendo con le rotte definite “evergreen” Parigi, Zurigo, Monaco, Barcellona e Francoforte (Amsterdam invece iniziò solo nel 1994). In occasione della apertura di Firenze venne anche effettuato, per la prima volta su aerei Alisarda/Meridiana un servizio Business (Electa Club) con pietanze calde, talmente raffinato ed elegante da essere insignito per ben due anni consecutivi, nel 1991 e 1992, del prestigioso premio Emerald Award. Data l'importanza del mercato tedesco la compagnia decise di aprire una sede che sin dall'inizio si rivelò un'ottima scelta sotto il profilo strategico e commerciale. Le rotte da e per lo scalo fiorentino facevano registrare dalla Germania un load-factor prettamente legato al settore dei voli business in virtù delle numerose aziende presenti sui due territori, caratteristica confermata dai dati emersi dalle vendite dei biglietti per la maggior parte venduti a tariffa piena. Sia la classe economy che la business erano proposte “Full fare” ovvero senza alcuna riduzione o promozione, fatto che diede grande impulso allo sviluppo della base toscana. La rotta Firenze-Francoforte, una delle più redditizie, nel 1994 venne “richiesta indietro” da LH e ceduta a Lufthansa a soli tre anni dalla sua inaugurazione; Lufthansa già da tempo aveva adocchiato questa destinazione, arrivando a negoziarne l'acquisto con i vertici Meridiana in cambio di alcune contropartite riconducibili all'esclusività del mercato dei voli estivi da e per la Germania in partenza dagli aeroporti sardi, feudo storico prima di Alisarda e poi di Meridiana. Nella stagione 2010/11 Meridiana, diretta dall'AD Massimo Chieli, decise per la cessione ad Alitalia della tratta Firenze-Amsterdam. La base toscana è stata la prima inaugurata dalla compagnia dell'Aga Khan al di fuori della Sardegna, seguita nel 1994 da quella veneta di Verona dislocata sull'Aeroporto Valerio Catullo, dal quale decollavano dapprima gli MD-82 seguiti dagli A320 grazie all'acquisizione di Eurofly da parte del vettore dei 4 mori, entrati in servizio all'interno del piano di ammodernamento del parco velivoli con il progressivo assorbimento di Eurofly, avvenuto tra il 2007 e il 2010. L'operazione “Florence” rientrava in un progetto di rinnovo e diversificazione del brand Alisarda, intrapreso dalla compagnia nel 1991 quando il board decise il cambio di nome in Meridiana, consegnando al futuro dell'azienda una dimensione più internazionale e meno legata all'isola che comunque restava il simbolo indissolubile dell'aerolinea. Per l'avvio dell'attività su Firenze Meridiana scelse una flotta composta dal quadrireattore inglese BAe 146 prodotto dalla British Aerospace, prediligendo la versione 200, meglio noto con l'appellativo di “Jumbolino” in virtù dei 4 propulsori, caratteristica in comune con il celebre Jumbo Jet B747, che era quella che meglio si adattava alle caratteristiche orografiche dello scalo in termini di economia e operatività. I BAe 146 da 79 posti, 39 in economy e 40 in business hanno volato sfoggiando sulla fusoliera varie livree sempre basate sulla classica banda a tre colori rossa, viola, gialla. Dopo un periodo iniziale la configurazione della flotta venne modificata aggiungendo una fila di 5 sedili riducendo la distanza tra le file e
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pinguini e democristiani Il Macchi M.416 per i nuovi piloti militari
speciale desert storm La RAF e l’Operazione Granby
la squadriglia perduta L’epopea della 209a Squadriglia Stuka
mini monografie Junkers F-13
A MAGGIO IN EDICOLA E SUL NOSTRO SITO
www.luckyplane.it
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in questo numero lux umbra Storia e impiego del Piaggio PD 808
speciale desert storm Il contributo di US Navy, Marines e US Army
operazione mc.72 La replica dell’aeroplano di Francesco Agello
immortale come un 104 Uno Starfighter dell’Aeronautica Militare torna a volare negli States
ali fragili Problemi strutturali e sicurezza dei velivoli commerciali negli anni ‘50
1 giorno 60 vittorie Il Jagdgeschwader 2 e lo sbarco alleato a Dieppe
cartoline dalla toscana La base Meridiana di Firenze
mini monografie macchi mc.72
L’idrocorsa più veloce del mondo