Aerofan #15

Page 1

Anno 3 | Numero 15 | Mag/Giu 2021 | € 12,00

in questo numero PINGUINI E DEMOCRISTIANI Il Macchi M.416 per i nuovi piloti militari

speciale desert storm

LA RIVISTA ITALIANA DI STORIA E TECNICA AERONAUTICA

La Royal Air Force e l’operazione Granby

il primo uomo supersonico La vita e le imprese di Chuck Yeager

la squadriglia perduta Bombardieri a tu o nel deserto

blazing skies A difesa del Nord-Est d’Italia

un’aquila chiamata opus L’aeroplano che non riusciva a volare

mini monografie junkers f 13

Un aeroplano rivoluzionario

PINGUINI E DEMOCRISTIANI Il Macchi M.416 per i nuovi piloti militari

speciale desert storm La Royal Air Force e l’operazione Granby

junkers f 13

Un aeroplano rivoluzionario

PERIODICO BIMESTRALE - P.I. 20/05/2021


hems VERTICAL OPS PROFILE

aerofan focus Le monografie di Aerofan

LUCA GRANELLA

L’elisoccorso in Italia dalle origini alla situazione attuale, con uno sguardo al futuro, raccontato attraverso le immagini e le testimonianze dirette dei protagonisti: gli elicotteri, le basi, le missioni, gli equipaggiamenti e molto altro...

carta patinata lucida formato 21x29 cm 176 pagine oltre 200 fotografie rilegato in brossura

e

rvic

Se ical

t

icop

Hel

ncy rge lia e a m t I er E

Med lla

ane

a Gr

Luc

2

1

La conquista dello Spazio culminata con lo sbarco sulla Luna n el 1969 ra ccontata attraverso le splendide immagini degli archivi NASA. I pionieri, i programmi spaziali sovietici e americani, le sonde lunari, le missioni Apollo, i personaggi e le macchine che hanno accompagnato l’Uomo oltre l’atmosfera.

Un viaggio affascinante nel poco conosciuto mondo delle Ali Volanti, dal primo brevetto tedesco del 1910 alle realizzazioni statunitensi degli Anni '60, passando per gli esperimenti e gli studi di inglesi, russi e svizzeri. La storia, le immagini e i disegni dei principali velivoli, gli ingegneri e le storie dei loro progetti.

scopri di più

scopri di più

infoline: 351.976.71.71 edizioni@luckyplane.it

ORDINA ONLINE O CHIAMA 351.976.71.71 aerofan focus lo trovi sul nostro sito www.luckyplane.it

carta patinata lucida, formato 21x29 cm, 144 pagine, oltre 250 fotografie a colori e in bianco e nero

e nelle librerie specializzate

www.luckyplane.it | infoline: 351.976.71.71 | edizioni@luckyplane.it

i volumi Aerofan Focus li trovi sul nostro sito e nelle migliori librerie specializzate


F

ino all’invenzione della fotografia, avvenuta grosso modo a metà dell’800, la conservazione della memoria era affidata alle arti figurative della pittura, alla plasticità della scultura e, ovviamente, alla carta stampata sotto forma di racconti, testimonianze, resoconti, ecc... Tutti i mezzi sopra citati peccavano di affidabilità e precisione, essendo la realtà delle cose filtrata dalla mano dell’artista o dello scrittore che inevitabilmente ci metteva del suo nell’interpretazione dei fatti. La fotografia, invece, apparve subito come il mezzo ideale per non distorcere mai più la realtà, per tramandare i fatti esattamente così come erano accaduti, senza nulla togliere. Proprio grazie alla “garanzia di autenticità” intrinseca nell’immagine fotografica, i LA RIVISTA ITALIANA DI STORIA E TECNICA AERONAUTICA fotografi di tutte le epoche hanno approfittato di questo aspetto per produrre... falsi fotografici! In aviazione il falso più inflazionato riguarda gli aerei fotografati a terra e poi messi in volo artificialmente, un modus operandi molto in auge almeno fino agli anni ‘40, che pian piano ha perso di importanza di pari passo con l’evoluzione degli apparecchi fotografici e dei supporti sensibili (fotografare un aeroplano in volo stando a bordo di un altro aeroplano, utilizzando un apparecchio grosso come un’arnia, con tempi di scatto di mezzo secondo e lastre in vetro di 20x25 cm era un’impresa ai limiti del sovrumano). Con il passare degli anni, quindi, il falso fotografico in aviazione ha preso altre strade, riguardanti soprattutto la riproduzione postuma di eventi dei quali non esistevano fotografie originali, anche se in questo caso più che di falsi veri e propri si tratta di immagini costruite ad arte. La letteratura in proposito potrebbe occupare tranquillamente le pagine di un libro (libro? Perché no...), e parliamo solo del periodo “analogico” della fotografia, che si è più o meno concluso all’inizio del 2000 con l’arrivo del digitale. Da quel momento in poi, manipolare le immagini non è più l’eccezione ma la regola, al punto che il confine tra falso e creatività è diventato sempre più sottile e oggi parlare di “falso” in fotografia è perfino un po’ Lo Junkers F 13 I-TALO utilizzato dalla anacronistico. Compagnia Aerea Transadriatica Queste considerazioni sono state ispirate da alcune fotografie “sospette” presenti nella rivista, negli anni ‘30. (archivio Giorgio Apostolo) non solo in questo numero, e da decine di immagini che ogni giorno scopriamo o riscopriamo e che, guardandole attentamente, ogni volta portano nuovi dubbi sulla loro autenticità. A volte il “trucco” è facile da scoprire, ma altre volte occorre guardare dove gli occhi non vedono per scoprire l’inganno, e a volte non si vede comunque. L’abbinamento definitivamente fuorviante poi, è l’accoppiata fotografia/didascalia, dove la seconda detta legge su tutti i principi fisici dell’Universo: se la didascalia afferma una certa cosa, dev’essere senz’altro così! Provate a guardare con attenzione le foto di pagina 47 e 49, oppure quelle di pagina 5 e 12 della Minimono sull’F 13, perché lì qualcosa non torna. Forse... Che altro dire? Abbiate sempre dubbi, e non abbiate mai dubbi solo... sul Rock ‘n Roll! Buona lettura e ricordate: volare è impossibile! Luciano Pontolillo

3


Aerofan Numero 15 Maggio/Giugno 2021 Direttore Responsabile Luciano Pontolillo Consulente Storico Giorgio Apostolo Coordinamento Editoriale Roberta Di Grande Comitato di Redazione Giuseppe Caporale, Massimo Dominelli, Paolo Gianvanni, Luca Parrillo Corrispondente dagli Stati Uniti Moreno Aguiari Hanno collaborato a questo numero Roberto Bassi, Domenico Binda, Pier Giorgio Bonassin, Marco Lamborghini, Luigi Marzocchella, Diego Meozzi Si ringrazia Comune di Folgaria, Museo Base Tuono, Publistampa Arti Grafiche Prezzo di copertina 12€ (arretrati 18€) Abbonamento 12 mesi 79€ (valido solo per l’Italia) Redazione e Amministrazione viale F. Petrarca 37/a | 20078 San Colombano al Lambro | Tel. 351.976.71.71 | aerofan@luckyplane.it Base operativa Aeroporto Casale Monferrato LILM | Accademia di Volo Italiana | Strada Alessandria 29 Concessionaria per la distribuzione SO.DI.P. Angelo Patuzzi Spa | via Bettola 18 | 20092 Cinisello Balsamo | 02.660301

6

PINGUINI E DEMOCRISTIANI Il Macchi M.416 per i nuovi piloti militari

25

speciale desert storm La Royal Air Force e l’operazione Granby

44

il primo uomo supersonico La vita e le imprese di Chuck Yeager

59

la squadriglia perduta Bombardieri a tu o nel deserto

68

blazing skies A difesa del Nord-Est d’Italia

78

un’aquila chiamata opus L’aeroplano che non riusciva a volare

Stampa Arti Grafiche Alpine | Busto Arsizio Servizio Clienti e Abbonamenti 351.976.71.71 | aerofan@luckyplane.it

Aerofan è una pubblicazione

mini monografie junkers f 13

Un aeroplano rivoluzionario Luckyplane S.n.c. di Roberta Di Grande e Luciano Pontolillo Edizioni Aeronautiche & Comunicazione Visiva viale Petrarca 37/A | 20078 S. Colombano al Lambro | C.F. e P.IVA 10364630961 www.luckyplane.it | info@luckyplane.it Periodico bimestrale ISSN 2611-996X | registrazione Tribunale di Lodi n. 5/2018 del 20/09/2018 | registrazione R.O.C. n. 32035 del 27/09/2018 Riproduzione vietata È vietato riprodurre testi e illustrazioni con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. La Direzione si riserva di apportare modifiche ai testi per esigenze editoriali. Le opinioni espresse negli articoli non corrispondono necessariamente a quelle della Luckyplane S.n.c. Ove necessario, si è provveduto con la richiesta di autorizzazione all’uso del materiale iconografico da parte degli aventi diritto. Nel caso in cui questi siano risultati irreperibili, l’Editore resta a disposizione per regolare eventuali spettanze. Realizzato in Italia © 2021 Luckyplane S.n.c. | tutti i diritti riservati

4

5


Aerofan Numero 15 Maggio/Giugno 2021 Direttore Responsabile Luciano Pontolillo Consulente Storico Giorgio Apostolo Coordinamento Editoriale Roberta Di Grande Comitato di Redazione Giuseppe Caporale, Massimo Dominelli, Paolo Gianvanni, Luca Parrillo Corrispondente dagli Stati Uniti Moreno Aguiari Hanno collaborato a questo numero Roberto Bassi, Domenico Binda, Pier Giorgio Bonassin, Marco Lamborghini, Luigi Marzocchella, Diego Meozzi Si ringrazia Comune di Folgaria, Museo Base Tuono, Publistampa Arti Grafiche Prezzo di copertina 12€ (arretrati 18€) Abbonamento 12 mesi 79€ (valido solo per l’Italia) Redazione e Amministrazione viale F. Petrarca 37/a | 20078 San Colombano al Lambro | Tel. 351.976.71.71 | aerofan@luckyplane.it Base operativa Aeroporto Casale Monferrato LILM | Accademia di Volo Italiana | Strada Alessandria 29 Concessionaria per la distribuzione SO.DI.P. Angelo Patuzzi Spa | via Bettola 18 | 20092 Cinisello Balsamo | 02.660301

6

PINGUINI E DEMOCRISTIANI Il Macchi M.416 per i nuovi piloti militari

25

speciale desert storm La Royal Air Force e l’operazione Granby

44

il primo uomo supersonico La vita e le imprese di Chuck Yeager

59

la squadriglia perduta Bombardieri a tu o nel deserto

68

blazing skies A difesa del Nord-Est d’Italia

78

un’aquila chiamata opus L’aeroplano che non riusciva a volare

Stampa Arti Grafiche Alpine | Busto Arsizio Servizio Clienti e Abbonamenti 351.976.71.71 | aerofan@luckyplane.it

Aerofan è una pubblicazione

mini monografie junkers f 13

Un aeroplano rivoluzionario Luckyplane S.n.c. di Roberta Di Grande e Luciano Pontolillo Edizioni Aeronautiche & Comunicazione Visiva viale Petrarca 37/A | 20078 S. Colombano al Lambro | C.F. e P.IVA 10364630961 www.luckyplane.it | info@luckyplane.it Periodico bimestrale ISSN 2611-996X | registrazione Tribunale di Lodi n. 5/2018 del 20/09/2018 | registrazione R.O.C. n. 32035 del 27/09/2018 Riproduzione vietata È vietato riprodurre testi e illustrazioni con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. La Direzione si riserva di apportare modifiche ai testi per esigenze editoriali. Le opinioni espresse negli articoli non corrispondono necessariamente a quelle della Luckyplane S.n.c. Ove necessario, si è provveduto con la richiesta di autorizzazione all’uso del materiale iconografico da parte degli aventi diritto. Nel caso in cui questi siano risultati irreperibili, l’Editore resta a disposizione per regolare eventuali spettanze. Realizzato in Italia © 2021 Luckyplane S.n.c. | tutti i diritti riservati

4

5


Pinguini e

democristiani

Il Macchi M.416 per i nuovi piloti militari

Paolo Gianvanni

L

a generazione di nuovi piloti italiani f o r m a t i n e l dopoguerra, fu svezzata dal primo stadio di “pinguini” su un aereo sotto molti aspetti modesto e un po' bigotto… il Macchi M.416, conosciuto tra gli addetti ai lavori come “democristiano”.

6

L'M.416 in versione "lusso" con l'apparato radio di bordo normalmente assente sui velivoli destinati alla scuola iniziale maggiormente soggetti a trattamenti a dir poco "rudi".


Pinguini e

democristiani

Il Macchi M.416 per i nuovi piloti militari

Paolo Gianvanni

L

a generazione di nuovi piloti italiani f o r m a t i n e l dopoguerra, fu svezzata dal primo stadio di “pinguini” su un aereo sotto molti aspetti modesto e un po' bigotto… il Macchi M.416, conosciuto tra gli addetti ai lavori come “democristiano”.

6

L'M.416 in versione "lusso" con l'apparato radio di bordo normalmente assente sui velivoli destinati alla scuola iniziale maggiormente soggetti a trattamenti a dir poco "rudi".


sistema carburante, quello elettrico trasformato da 12 a 24V, quello freni sostituito da uno idraulico di produzione nazionale, l'impianto estintore con un apparato a flusso rapido. Tra gli altri interventi vi fu l'eliminazione del faretto di segnalazione ventrale le cui funzioni furono assolte dai fari di atterraggio alari opportunamente comandati dal pilota. Per gli aerei dotati di apparato radio (il grosso della linea del 1° periodo ne era privo per evitare inevitabili e costose riparazioni per il duro trattamento) venne adottata una SCR274N con antenna a filo dal parabrezza alla deriva. Questa pioggia di modifiche ebbe ovviamente l'effetto di aumentare sensibilmente il peso a vuoto che passò da 795 a 850 kg (peso totale da 1.085 a 1.135 kg), il tutto su un aereo che già in partenza risultava un po' sottopotenziato. Incaricate della licenza furono Aerfer e Macchi che dall'estate 1951 realizzarono due “serie zero” ciascuna di quattro esemplari usando componenti forniti dalla Fokker.

Complessivamente, entro il dicembre 1958, furono completati da Macchi 120 esemplari e da Aerfer altri 60. Il bello fu che la Piaggio realizzò a tempo di record (7 mesi) il nuovo P.148 che volò il 12 febbraio 1951. Il risultato fu un aereo non solo ben più elegante, ma anche decisamente migliore in termini di prestazioni e di comportamento in volo, usando lo stesso propulsore. Una superiorità talmente schiacciante rispetto al '416 che il Ministero, non potendo intervenire sul programma ormai in corso, ordinò 70 P.148 che furono usati per compiti vari restando in servizio ben più à a lungo dell'aereo olandese volando addirittura con le scuole organizzate dall'Aeronautica Militare nello Zaire e in Somalia. Tornando al Macchi M.416, oltre ad equipaggiare le Scuole di Volo, questi furono assegnati anche a l l 'Acc a d e m i a Ae ro n a u t i c a e d a i CAV ( Ce n t ro Addestramento Volo) delle Zone Aeree e dello Stato Maggiore ed alle Squadriglie Collegamento delle diverse

7

Il Fokker S.11, dopo l’introduzione delle varie modifiche, rivelò un comportamento in volo che fruttò un buon successo anche sul mercato internazionale.

Il prototipo del Fokker S.11 e un dettaglio del cruscotto originale 5-6 del velivolo. A seguito dei primi collaudi, l’aereo ricevette varie modifiche per regolarizzare il flusso dell’aria che, a valle della cabina andava a colpire gli impennaggi; così il tettuccio fu ingrandito ed il piano orizzontale abbassato alla base delle deriva.

incorporando numerose modifiche anche per rispondere alle più esigenti specifiche tecniche nazionali in termini di robustezza strutturale per raggiungere il coefficente 9 richiesto per il primo periodo di addestramento al volo. L'elica fu al centro di discussioni e valutazioni: provate varie eliche a passo variabile, alla fine venne deciso di sostituire quella originale con una della Macchi in noce, sempre a passo fisso, con un diametro di 2.140 mm che sulla carta prometteva migliori prestazioni in decollo e salita. Il sistema di azionamento elettrico dell'aletta correttrice dell'equilibratore, venne sostituito da un più semplice ma affidabile sistema a comando manuale con trasmissione “teleflex”. Il cruscotto fu radicalmente rivisto per adeguarlo agli schemi dell'Aeronautica Militare. Completamente rifatto il

10

AEROFAN | PINGUINI E DEMOCRISTIANI

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

11


sistema carburante, quello elettrico trasformato da 12 a 24V, quello freni sostituito da uno idraulico di produzione nazionale, l'impianto estintore con un apparato a flusso rapido. Tra gli altri interventi vi fu l'eliminazione del faretto di segnalazione ventrale le cui funzioni furono assolte dai fari di atterraggio alari opportunamente comandati dal pilota. Per gli aerei dotati di apparato radio (il grosso della linea del 1° periodo ne era privo per evitare inevitabili e costose riparazioni per il duro trattamento) venne adottata una SCR274N con antenna a filo dal parabrezza alla deriva. Questa pioggia di modifiche ebbe ovviamente l'effetto di aumentare sensibilmente il peso a vuoto che passò da 795 a 850 kg (peso totale da 1.085 a 1.135 kg), il tutto su un aereo che già in partenza risultava un po' sottopotenziato. Incaricate della licenza furono Aerfer e Macchi che dall'estate 1951 realizzarono due “serie zero” ciascuna di quattro esemplari usando componenti forniti dalla Fokker.

Complessivamente, entro il dicembre 1958, furono completati da Macchi 120 esemplari e da Aerfer altri 60. Il bello fu che la Piaggio realizzò a tempo di record (7 mesi) il nuovo P.148 che volò il 12 febbraio 1951. Il risultato fu un aereo non solo ben più elegante, ma anche decisamente migliore in termini di prestazioni e di comportamento in volo, usando lo stesso propulsore. Una superiorità talmente schiacciante rispetto al '416 che il Ministero, non potendo intervenire sul programma ormai in corso, ordinò 70 P.148 che furono usati per compiti vari restando in servizio ben più à a lungo dell'aereo olandese volando addirittura con le scuole organizzate dall'Aeronautica Militare nello Zaire e in Somalia. Tornando al Macchi M.416, oltre ad equipaggiare le Scuole di Volo, questi furono assegnati anche a l l 'Acc a d e m i a Ae ro n a u t i c a e d a i CAV ( Ce n t ro Addestramento Volo) delle Zone Aeree e dello Stato Maggiore ed alle Squadriglie Collegamento delle diverse

7

Il Fokker S.11, dopo l’introduzione delle varie modifiche, rivelò un comportamento in volo che fruttò un buon successo anche sul mercato internazionale.

Il prototipo del Fokker S.11 e un dettaglio del cruscotto originale 5-6 del velivolo. A seguito dei primi collaudi, l’aereo ricevette varie modifiche per regolarizzare il flusso dell’aria che, a valle della cabina andava a colpire gli impennaggi; così il tettuccio fu ingrandito ed il piano orizzontale abbassato alla base delle deriva.

incorporando numerose modifiche anche per rispondere alle più esigenti specifiche tecniche nazionali in termini di robustezza strutturale per raggiungere il coefficente 9 richiesto per il primo periodo di addestramento al volo. L'elica fu al centro di discussioni e valutazioni: provate varie eliche a passo variabile, alla fine venne deciso di sostituire quella originale con una della Macchi in noce, sempre a passo fisso, con un diametro di 2.140 mm che sulla carta prometteva migliori prestazioni in decollo e salita. Il sistema di azionamento elettrico dell'aletta correttrice dell'equilibratore, venne sostituito da un più semplice ma affidabile sistema a comando manuale con trasmissione “teleflex”. Il cruscotto fu radicalmente rivisto per adeguarlo agli schemi dell'Aeronautica Militare. Completamente rifatto il

10

AEROFAN | PINGUINI E DEMOCRISTIANI

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

11


Aerobrigate. Con la riorganizzazione dell'iter addestrativo e l'impiego del T-6 anche nel primo periodo in attesa dell'arrivo dell'MB.326, gli M.416 superstiti, circa un centinaio, furono ceduti dal 1960 in gran parte all'Aero Club d'Italia con una decina direttamente a privati. Inizialmente gli aero club furono felici del nuovo materiale ottenuto praticamente gratis, ma l'M.416 era esattamente l'opposto di quello che serviva: pesante, con una visibilità in avanti a terra molto limitata, con un rateo di salita indecoroso ed un consumo elevatissimo. Non trascurabile poi, il fatto che i sedili erano concepiti per l'impiego del paracadute che andava a costituire la seduta. La stagione del Macchi negli aero club fu così molto breve e sui vari campi si allungarono rapidamente le file delle carcasse abbandonate. Il pinguino è uno strano rappresentante della vasta famiglia degli uccelli: nonostante il portamento distinto e addirittura superbo, è incapace di compiere il gesto naturale della specie… volare!!! Può correre, anche se goffamente, scivolare sulla pancia tra i ghiacci della banchisa, nuotare meglio di un pesce, ma per quanto

12

AEROFAN | PINGUINI E DEMOCRISTIANI

riguarda il volo è una vera negazione e non gli resta che ammirare invidioso e tutto impettito le provocanti esibizioni di gabbiani e albatri. Oltre che nel mondo animale, la figura del pinguino esiste anche in quello aeronautico il cui vocabolario ha attinto a piene mani da ogni fonte per indicare con espressioni spesso suggestive i propri fenomeni. Per trovare ”pinguini aeronautici” occorre andare nelle Scuole di Volo: si notano subito per l'espressione smarrita, la tendenza a formare capannelli a scopo di reciproca difesa, ma soprattutto per i colori variopinti delle facce al rientro dalle lezioni pratiche. I p i n g u i n i s o n o n a t i c o n te m p o r a n e a m e n te all'aeronautica formando una razza a sè, tartassata e motteggiata, ma anche amorevolmente seguita fino alla conquista dell'agognata aquila d'oro di pilota. Nell'immediato dopoguerra il nido dei pinguini italiani fu Gioia del Colle, dove si svolgeva il primo periodo dell'iter addestrativo. Successivamente i sopravvissuti a quella prima scrematura proseguivano seguendo il secondo ed il terzo periodo o a Brindisi e Lecce o ad Alghero ed Elmas con uno sdoppiamento di organizzazione che portò alla

9

DIEGO MEOZZI

8

Addestramento al volo in formazione a bastone, dopo il trasferimento degli M.416 della Scuola Primo Periodo ad Alghero.

Disegni tratti dal manuale di volo dell’AM. La strumentazione era particolarmente ricca e ben accessibile. Le manette (riferimento n° 39) erano montate sul piedistallo centrale per l’istruttore e sulla paratia sinistra per l’allievo; molto curati sedili che richiedevano ai piloti di indossare il paracadute che fungeva da seduta, ed il relativo sistema di cinture adatte all’acrobazia.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

13


Aerobrigate. Con la riorganizzazione dell'iter addestrativo e l'impiego del T-6 anche nel primo periodo in attesa dell'arrivo dell'MB.326, gli M.416 superstiti, circa un centinaio, furono ceduti dal 1960 in gran parte all'Aero Club d'Italia con una decina direttamente a privati. Inizialmente gli aero club furono felici del nuovo materiale ottenuto praticamente gratis, ma l'M.416 era esattamente l'opposto di quello che serviva: pesante, con una visibilità in avanti a terra molto limitata, con un rateo di salita indecoroso ed un consumo elevatissimo. Non trascurabile poi, il fatto che i sedili erano concepiti per l'impiego del paracadute che andava a costituire la seduta. La stagione del Macchi negli aero club fu così molto breve e sui vari campi si allungarono rapidamente le file delle carcasse abbandonate. Il pinguino è uno strano rappresentante della vasta famiglia degli uccelli: nonostante il portamento distinto e addirittura superbo, è incapace di compiere il gesto naturale della specie… volare!!! Può correre, anche se goffamente, scivolare sulla pancia tra i ghiacci della banchisa, nuotare meglio di un pesce, ma per quanto

12

AEROFAN | PINGUINI E DEMOCRISTIANI

riguarda il volo è una vera negazione e non gli resta che ammirare invidioso e tutto impettito le provocanti esibizioni di gabbiani e albatri. Oltre che nel mondo animale, la figura del pinguino esiste anche in quello aeronautico il cui vocabolario ha attinto a piene mani da ogni fonte per indicare con espressioni spesso suggestive i propri fenomeni. Per trovare ”pinguini aeronautici” occorre andare nelle Scuole di Volo: si notano subito per l'espressione smarrita, la tendenza a formare capannelli a scopo di reciproca difesa, ma soprattutto per i colori variopinti delle facce al rientro dalle lezioni pratiche. I p i n g u i n i s o n o n a t i c o n te m p o r a n e a m e n te all'aeronautica formando una razza a sè, tartassata e motteggiata, ma anche amorevolmente seguita fino alla conquista dell'agognata aquila d'oro di pilota. Nell'immediato dopoguerra il nido dei pinguini italiani fu Gioia del Colle, dove si svolgeva il primo periodo dell'iter addestrativo. Successivamente i sopravvissuti a quella prima scrematura proseguivano seguendo il secondo ed il terzo periodo o a Brindisi e Lecce o ad Alghero ed Elmas con uno sdoppiamento di organizzazione che portò alla

9

DIEGO MEOZZI

8

Addestramento al volo in formazione a bastone, dopo il trasferimento degli M.416 della Scuola Primo Periodo ad Alghero.

Disegni tratti dal manuale di volo dell’AM. La strumentazione era particolarmente ricca e ben accessibile. Le manette (riferimento n° 39) erano montate sul piedistallo centrale per l’istruttore e sulla paratia sinistra per l’allievo; molto curati sedili che richiedevano ai piloti di indossare il paracadute che fungeva da seduta, ed il relativo sistema di cinture adatte all’acrobazia.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

13


Gioia, che occupava uno dei tre hangar, aveva tuttavia il suo daffare per riparare carrelli, ma comuni erano anche i casi di cedimenti delle strutture a causa della “delicatezza” dei pinguini nel condurre in atterraggio i poveri “democristiani”. Con l'L-5 il Macchi condivise l'incurabile tendenza alla formazione di ghiaccio al carburatore, fenomeno che d'inverno colpiva facilmente i velivoli durante l'acrobazia o le planate con il motore a basso regime. L'inconveniente dava risultati particolarmente “interessanti” durante gli atterraggi fuori campo simulati: il pilota sceglieva un'area apparentemente adatta, quindi riduceva manetta impostando la planata. Se durante la discesa non interveniva periodicamente con piccole spuntate, il ghiaccio poteva finire con l'ostruire il condotto dell'aria al carburatore e, al momento di ridare gas, il pilota si trovava nella spiacevole situazione di dover veramente prendere terra in emergenza. A quel punto i criteri adottati in precedenza nella scelta della superficie rivelavano i propri pregi e difetti. Un'altra cosa da ricordare era il comportamento alle basse velocità; la manovra di uscita dei flap dava al ‘416 un effetto a cabrare che poteva sorprendere e portare il pilota in perdita di velocità. Il pericolo non finiva qui: anche una volta abbassati senza problemi i flap, era necessario andare cauti con la virata per l'ingresso in finale perché il ‘416 non

serie di disegni estrapolati dal progetto di un numero unico 13-15 Una che non fu mai realizzato per dicoltà burocratiche e per il Ā

17

trasferimento, piuttosto improvviso, da Gioia del Colle ad Alghero. Gli originali, non riproducibili, dovevano ricostruire la vita dei “Pinguini” della Scuola.

16

16

M416 in carico all’Accademia Aeronautica.

AEROFAN | PINGUINI E DEMOCRISTIANI

dava alcun preavviso dello stallo che, se raggiunto, avveniva fulmineo e irreparabile. Ai primi voli di ambientamento, volti soprattutto a verificare l'idoneità al volo, all'acquisizione delle prime nozioni di pilotaggio ed alla memorizzazione dei riferimenti al suolo delimitanti l'area di addestramento, seguivano le prime acrobazie. Era questa una tappa dura soprattutto per lo stomaco dei pinguini e per l'olfatto degli istruttori costretti ad aprire nonostante il freddo pungente il tettuccio per cercare di ventilare l'abitacolo appestato dai miasmi. Viti e tonneau a destra e a sinistra, mezzi tonneau seguiti da mezze gran volte, tutte figure accompagnate ritmicamente dall'urlo disperato del motore e da improvvisi silenzi; uno sforzo fisico e mentale che nessun istruttore ha dimenticato. Passata questa fase, l'allievo era ormai prossimo al suo primo saltello, il “decollo”. Era infatti invalsa la consuetudine, anche in seguito ad uno sfortunato incidente, di addestrare gli allievi all'acrobazia prima di lasciarli volare da soli; una misura precauzionale che dette buoni risultati in termini di sicurezza. Così, dopo altre interminabili giornate di monotoni circuiti con decine di decolli ed atterraggi dalla pista erbosa di Gioia (quella in terra battuta era riservata ai G.46), un '416 tutto tremante si staccava per la prima volta dal suolo con a bordo il solo allievo. Quali pensieri gli attraversavano la mente? Di

Cartoline per le festività natalizie col “democristiano” commosso dal suono di una cornamusa.

coerenti ben pochi; l'unico era quello legato alla certezza di essere seguito in ogni manovra dall'occhio implacabile dell'istruttore lasciato per la prima volta a terra. Poche sono le esperienze “uniche” della vita e tra queste, per un pilota, il primo decollo solista rimane senza dubbio la più bella. Chi giungeva a questo appuntamento aveva già superato i primi grandi scogli del difficile cammino che ancora lo separava dal brevetto; coloro che si erano rivelati inadatti al volo avevano già da tempo tradito le loro debolezze: allievi che perdevano facilmente il senso dell'equilibrio o che non riuscivano a calcolare la loro altezza dal suolo in atterraggio. Come dicevano gli istruttori, c'era ben poca differenza tra un allievo che richiamava troppo presto o troppo tardi! A Gioia del Colle i '416 subirono centinaia di torture, migliaia di soprusi; furono messi indecorosamente sugli “attenti” da pinguini con i piedi di piombo o portati ingenuamente contro ostacoli al rientro dai temutissimi voli notturni. Alcuni allievi tentarono addirittura l'accoppiamento in atterraggio, ma invece di assistere alla nascita di un nuovo '416 o almeno di un '308, il risultato fu solo quello di mettere fuori uso due aerei e di offrire ai colleghi l'indimenticabile spettacolo di due “democristiani” licenziosamente avvinti. Altri riuscirono a perdersi durante normali prove di quota sul cielo dell'aeroporto andando poi ad atterrare fuori campo. Tutto veniva dimenticato con la chiusura del corso e, nel

MAG/GIU SET/OTT 2020 2021 | AEROFAN

179


Gioia, che occupava uno dei tre hangar, aveva tuttavia il suo daffare per riparare carrelli, ma comuni erano anche i casi di cedimenti delle strutture a causa della “delicatezza” dei pinguini nel condurre in atterraggio i poveri “democristiani”. Con l'L-5 il Macchi condivise l'incurabile tendenza alla formazione di ghiaccio al carburatore, fenomeno che d'inverno colpiva facilmente i velivoli durante l'acrobazia o le planate con il motore a basso regime. L'inconveniente dava risultati particolarmente “interessanti” durante gli atterraggi fuori campo simulati: il pilota sceglieva un'area apparentemente adatta, quindi riduceva manetta impostando la planata. Se durante la discesa non interveniva periodicamente con piccole spuntate, il ghiaccio poteva finire con l'ostruire il condotto dell'aria al carburatore e, al momento di ridare gas, il pilota si trovava nella spiacevole situazione di dover veramente prendere terra in emergenza. A quel punto i criteri adottati in precedenza nella scelta della superficie rivelavano i propri pregi e difetti. Un'altra cosa da ricordare era il comportamento alle basse velocità; la manovra di uscita dei flap dava al ‘416 un effetto a cabrare che poteva sorprendere e portare il pilota in perdita di velocità. Il pericolo non finiva qui: anche una volta abbassati senza problemi i flap, era necessario andare cauti con la virata per l'ingresso in finale perché il ‘416 non

serie di disegni estrapolati dal progetto di un numero unico 13-15 Una che non fu mai realizzato per dicoltà burocratiche e per il Ā

17

trasferimento, piuttosto improvviso, da Gioia del Colle ad Alghero. Gli originali, non riproducibili, dovevano ricostruire la vita dei “Pinguini” della Scuola.

16

16

M416 in carico all’Accademia Aeronautica.

AEROFAN | PINGUINI E DEMOCRISTIANI

dava alcun preavviso dello stallo che, se raggiunto, avveniva fulmineo e irreparabile. Ai primi voli di ambientamento, volti soprattutto a verificare l'idoneità al volo, all'acquisizione delle prime nozioni di pilotaggio ed alla memorizzazione dei riferimenti al suolo delimitanti l'area di addestramento, seguivano le prime acrobazie. Era questa una tappa dura soprattutto per lo stomaco dei pinguini e per l'olfatto degli istruttori costretti ad aprire nonostante il freddo pungente il tettuccio per cercare di ventilare l'abitacolo appestato dai miasmi. Viti e tonneau a destra e a sinistra, mezzi tonneau seguiti da mezze gran volte, tutte figure accompagnate ritmicamente dall'urlo disperato del motore e da improvvisi silenzi; uno sforzo fisico e mentale che nessun istruttore ha dimenticato. Passata questa fase, l'allievo era ormai prossimo al suo primo saltello, il “decollo”. Era infatti invalsa la consuetudine, anche in seguito ad uno sfortunato incidente, di addestrare gli allievi all'acrobazia prima di lasciarli volare da soli; una misura precauzionale che dette buoni risultati in termini di sicurezza. Così, dopo altre interminabili giornate di monotoni circuiti con decine di decolli ed atterraggi dalla pista erbosa di Gioia (quella in terra battuta era riservata ai G.46), un '416 tutto tremante si staccava per la prima volta dal suolo con a bordo il solo allievo. Quali pensieri gli attraversavano la mente? Di

Cartoline per le festività natalizie col “democristiano” commosso dal suono di una cornamusa.

coerenti ben pochi; l'unico era quello legato alla certezza di essere seguito in ogni manovra dall'occhio implacabile dell'istruttore lasciato per la prima volta a terra. Poche sono le esperienze “uniche” della vita e tra queste, per un pilota, il primo decollo solista rimane senza dubbio la più bella. Chi giungeva a questo appuntamento aveva già superato i primi grandi scogli del difficile cammino che ancora lo separava dal brevetto; coloro che si erano rivelati inadatti al volo avevano già da tempo tradito le loro debolezze: allievi che perdevano facilmente il senso dell'equilibrio o che non riuscivano a calcolare la loro altezza dal suolo in atterraggio. Come dicevano gli istruttori, c'era ben poca differenza tra un allievo che richiamava troppo presto o troppo tardi! A Gioia del Colle i '416 subirono centinaia di torture, migliaia di soprusi; furono messi indecorosamente sugli “attenti” da pinguini con i piedi di piombo o portati ingenuamente contro ostacoli al rientro dai temutissimi voli notturni. Alcuni allievi tentarono addirittura l'accoppiamento in atterraggio, ma invece di assistere alla nascita di un nuovo '416 o almeno di un '308, il risultato fu solo quello di mettere fuori uso due aerei e di offrire ai colleghi l'indimenticabile spettacolo di due “democristiani” licenziosamente avvinti. Altri riuscirono a perdersi durante normali prove di quota sul cielo dell'aeroporto andando poi ad atterrare fuori campo. Tutto veniva dimenticato con la chiusura del corso e, nel

MAG/GIU SET/OTT 2020 2021 | AEROFAN

179


18

Volo in formazione nel cielo della Puglia. Il panorama idilliaco per la mancanza di abitati in realtà nascondeva diabolici muretti a secco che delimitavano le aree coltivate e che attiravano come calamite gli aerei in caso di “fuori campo”.

21

L’influenza americana si faceva sentire anche a Gioia con questa check-list pieghevole e tascabile per l’impiego dell’M.416. Da notare la quantità di annotazioni con correzioni e precisazioni alle informazioni iniziali.

19

Gioia del Colle 1954. IIl bimbo sotto la mole dell’M.416 è l’autore dell’articolo, figlio di uno degli istruttori della Scuola. Sulla destra, non visibile nella foto, c’era il suo parco giochi preferito: un’area in cui erano accantonati i P-38 radiati dall’Aeronautica Militare. Il problema era arrivare alla scaletta per salire a bordo!

clima di goliardica allegria che si diffondeva, le compagnie di allievi perfettamente inquadrate andavano a presentare le armi sul piazzale della Scuola. Nulla di speciale direte voi, ma dimenticavo alcuni piccoli particolari: gli allievi erano completamente nudi e pitturati come indiani sul sentiero di guerra e le armi… beh! Non erano proprio quelle di ordinanza! Sbozzate le ali a Gioia, gli allievi si trasferivano o ad Alghero o a Brindisi per la seconda fase della loro odissea e qui facevano la conoscenza con un altro “mulo” da poco entrato nelle file dell'Aeronautica Militare, il “giallone” o T-6 Texan, ma questa è un'altra storia. La Scuola di Gioia del Colle chiuse i battenti nel 1954 col trasferimento della Scuola Basica dell'Aeronautica Militare ad Alghero e gli stessi istruttori furono incaricati di portare gli aerei in Sardegna. Ognuno di essi effettuò due-tre voli di trasferimento nel giugno-luglio con scali a Guidonia e Grosseto assistiti nella traversata del Mare Tirreno da un idrovolante Cant-Z.506 del Soccorso Aereo.

18

AEROFAN | PINGUINI E DEMOCRISTIANI

20

Il “Pinguino” campeggia nello stemma verniciato sul timone di direzione di un M.416.

22 23-24

Come tanti altri esemplari ceduti dall’Aeronautica Militare agli aero club dal 1960, la MM.53762 è stato usato brevemente reimmatricolato I-AELY prima di essere ceduto al Museo di Vigna di Valle dove oggi è in mostra. La foto è stata scattata nell’agosto 1965 sull’aeroporto di Marina di Massa. Nelle pagine seguenti il libretto di volo di un istruttore della 2a Squadriglia del 211° Gruppo Scuole di Volo mostra la fase iniziale di immissione in servizio dell’M.416 con la presa in consegna di un aereo a Venegono (collaudo militare) il 5 novembre 1952, il successivo trasferimento in volo a tappe a Gioia del Colle tra il 6 ed il 9 del mese, e la tipica faticosa attività di insegnamento alla fine del 1953 con una sequenza di viti, stalli, virate e tonneaux in tutte le salse, distribuiti in sortite della durata media di 30'.


18

Volo in formazione nel cielo della Puglia. Il panorama idilliaco per la mancanza di abitati in realtà nascondeva diabolici muretti a secco che delimitavano le aree coltivate e che attiravano come calamite gli aerei in caso di “fuori campo”.

21

L’influenza americana si faceva sentire anche a Gioia con questa check-list pieghevole e tascabile per l’impiego dell’M.416. Da notare la quantità di annotazioni con correzioni e precisazioni alle informazioni iniziali.

19

Gioia del Colle 1954. IIl bimbo sotto la mole dell’M.416 è l’autore dell’articolo, figlio di uno degli istruttori della Scuola. Sulla destra, non visibile nella foto, c’era il suo parco giochi preferito: un’area in cui erano accantonati i P-38 radiati dall’Aeronautica Militare. Il problema era arrivare alla scaletta per salire a bordo!

clima di goliardica allegria che si diffondeva, le compagnie di allievi perfettamente inquadrate andavano a presentare le armi sul piazzale della Scuola. Nulla di speciale direte voi, ma dimenticavo alcuni piccoli particolari: gli allievi erano completamente nudi e pitturati come indiani sul sentiero di guerra e le armi… beh! Non erano proprio quelle di ordinanza! Sbozzate le ali a Gioia, gli allievi si trasferivano o ad Alghero o a Brindisi per la seconda fase della loro odissea e qui facevano la conoscenza con un altro “mulo” da poco entrato nelle file dell'Aeronautica Militare, il “giallone” o T-6 Texan, ma questa è un'altra storia. La Scuola di Gioia del Colle chiuse i battenti nel 1954 col trasferimento della Scuola Basica dell'Aeronautica Militare ad Alghero e gli stessi istruttori furono incaricati di portare gli aerei in Sardegna. Ognuno di essi effettuò due-tre voli di trasferimento nel giugno-luglio con scali a Guidonia e Grosseto assistiti nella traversata del Mare Tirreno da un idrovolante Cant-Z.506 del Soccorso Aereo.

18

AEROFAN | PINGUINI E DEMOCRISTIANI

20

Il “Pinguino” campeggia nello stemma verniciato sul timone di direzione di un M.416.

22

Come tanti altri esemplari ceduti dall’Aeronautica Militare agli aero club dal 1960, l’esemplare MM.53762 è stato usato brevemente reimmatricolato I-AELY prima di essere ceduto al Museo di Vigna di Valle dove oggi è in mostra. La foto è stata scattata nell’agosto 1965 sull’aeroporto di Marina di Massa.

23-24

Nelle pagine seguenti il libretto di volo di un istruttore della 2a Squadriglia del 211° Gruppo Scuole di Volo mostra la fase iniziale di immissione in servizio dell’M.416 con la presa in consegna di un aereo a Venegono (collaudo militare) il 5 novembre 1952, il successivo trasferimento in volo a tappe a Gioia del Colle tra il 6 ed il 9 del mese, e la tipica faticosa attività di insegnamento alla fine del 1953 con una sequenza di viti, stalli, virate e tonneaux in tutte le salse, distribuiti in sortite della durata media di 30'.


Speciale

desert storm La Royal Air Force e l’operazione Granby

Paolo Gianvanni

D

al punto di vista puramente quantitativo dei

Il VC-10 K.2 ZA143 durante le operazioni di rifornimento di una sezione di Tornado RAF armati di missili anti-radar ALARM. Il velivolo montava in fusoliera tre serbatoi cilindrici inseriti aprendo la struttura del soffitto ed era equipaggiato con un punto di rifornimento centrale Hose Drogue Unit FRA Mk.17B da 2.727 litri al minuto (per grossi ricevitori) e tubo di 24,68 m e due HDU Mk.32 subalari da 1.591 litri al minuto con tubo di 16,15 m.

velivoli impegnati nella prima Guerra del Golfo, il Regno Unito fu secondo solo agli Stati Uniti. L’operazione Granby prese il nome dal comandante britannico John Manner, Marchese di Granby, protagonista della Guerra dei 7 Anni tra il 1756 e il 1763.

25


Speciale

desert storm La Royal Air Force e l’operazione Granby

Paolo Gianvanni

D

al punto di vista puramente quantitativo dei

Il VC-10 K.2 ZA143 durante le operazioni di rifornimento di una sezione di Tornado RAF armati di missili anti-radar ALARM. Il velivolo montava in fusoliera tre serbatoi cilindrici inseriti aprendo la struttura del soffitto ed era equipaggiato con un punto di rifornimento centrale Hose Drogue Unit FRA Mk.17B da 2.727 litri al minuto (per grossi ricevitori) e tubo di 24,68 m e due HDU Mk.32 subalari da 1.591 litri al minuto con tubo di 16,15 m.

velivoli impegnati nella prima Guerra del Golfo, il Regno Unito fu secondo solo agli Stati Uniti. L’operazione Granby prese il nome dal comandante britannico John Manner, Marchese di Granby, protagonista della Guerra dei 7 Anni tra il 1756 e il 1763.

25


78/Series 210; sempre una volta rischierati in Arabia, furono aggiunti pod di chaff Philips-Matra Phimat agganciati in genere al pilone subalare esterno destro. Fu montato un sistema RHWR (Radar Homing and Warning Receiver) GEC-Marconi Hermes migliorato e materiale radar assorbente SWAM (Surface Wave Absorbent Material) fu applicato al bordo di attacco di ali, impennaggi e piloni mentre pannelli solidi RAM (Radiation Absorbent Material) contribuivano a ridurre la RCS (Radar Cross-Section) del velivolo. I motori furono modificati aumentando la temperatura limite di 20° per dare un 5% in più di potenza in

4

28

combattimento. In cabina tutto era compatibile con gli NVG (Night Vision Goggles) e le radio divennero delle Have Quick. Questi F.3 erano destinati a restare ai margini dei combattimenti successivi in quanto equipaggiati con apparati IFF non compatibili con quelli degli F-15 dell'USAF, circostanza che avrebbe potuto facilmente causare incidenti di fuoco amico. Con i Jaguar limitati nel raggio e nel carico bellico al ruolo OAS (Offensive Air Support) era chiaro che il grosso dell'impegno bellico inglese sarebbe ricaduto sui Tornado GR.1. Per questa necessità furono prelevati velivoli delle unità

di RAF Germany (Batch 3 di Laarbruch e Batch 4 di Brüggen) che erano stati rimotorizzati con gli RB-199 Mk.103 ed equipaggiati con RHAWS (Radar Homing And Warning System) migliorati. I primi 10 aerei dello Squadron 14, nella nuova livrea “desert pink” (ARTF-Alkali Removable Temporary Finish) e con la sonda da rifornimento in volo (in genere non montata in Germania) giunsero a Muharraq il 28 agosto iniziando subito un intenso addestramento in uno scenario ben diverso da quello dell'Europa centrale per il quale il velivolo era stato disegnato ed equipaggiato. Problemi col radar che non “vedeva” le dune di sabbia nel volo a bassissima quota costrinsero ad una serie di

modifiche in settembre con la rotazione degli aerei in Germania. Tra gli interventi vi fu l'aggiornamento degli apparati di comunicazioni con Have Quick per comunicazioni protette e IFF Mk XII Mode 4 interoperabile con l'USAF. Un'altra modifica fu rappresentata dall'integrazione dei grossi serbatoi ausiliari subalari da 2.250 litri già usati dagli F.3 che comportavano la limitazione della freccia alare a 63,5°. Un secondo Squadron con aerei tratti sempre da RAF Germany e con le modifiche già introdotte sul primo gruppo giunse a Muharraq in due ondate il 19 e 26

Ogni JP233 conteneva nella parte posteriore 30 munizioni antipista SG357 da 26 kg e in quella anteriore 215 ADM (Area Denial Munition) HB876 da 2,4 kg entrambe ritardate con piccoli paracadute. Le SG357 erano a due stadi; una prima carica shaped apriva nel cemento della pista il foro in cui entrava ed esplodeva la seconda carica che provocava il cratere. Le HB876 erano in pratica mine antiuomo per ritardare i lavori di riparazione dei danni provocati dalle SG357.

AEROFAN | SPECIALE DESERT STORM

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

29


78/Series 210; sempre una volta rischierati in Arabia, furono aggiunti pod di chaff Philips-Matra Phimat agganciati in genere al pilone subalare esterno destro. Fu montato un sistema RHWR (Radar Homing and Warning Receiver) GEC-Marconi Hermes migliorato e materiale radar assorbente SWAM (Surface Wave Absorbent Material) fu applicato al bordo di attacco di ali, impennaggi e piloni mentre pannelli solidi RAM (Radiation Absorbent Material) contribuivano a ridurre la RCS (Radar Cross-Section) del velivolo. I motori furono modificati aumentando la temperatura limite di 20° per dare un 5% in più di potenza in

4

28

combattimento. In cabina tutto era compatibile con gli NVG (Night Vision Goggles) e le radio divennero delle Have Quick. Questi F.3 erano destinati a restare ai margini dei combattimenti successivi in quanto equipaggiati con apparati IFF non compatibili con quelli degli F-15 dell'USAF, circostanza che avrebbe potuto facilmente causare incidenti di fuoco amico. Con i Jaguar limitati nel raggio e nel carico bellico al ruolo OAS (Offensive Air Support) era chiaro che il grosso dell'impegno bellico inglese sarebbe ricaduto sui Tornado GR.1. Per questa necessità furono prelevati velivoli delle unità

di RAF Germany (Batch 3 di Laarbruch e Batch 4 di Brüggen) che erano stati rimotorizzati con gli RB-199 Mk.103 ed equipaggiati con RHAWS (Radar Homing And Warning System) migliorati. I primi 10 aerei dello Squadron 14, nella nuova livrea “desert pink” (ARTF-Alkali Removable Temporary Finish) e con la sonda da rifornimento in volo (in genere non montata in Germania) giunsero a Muharraq il 28 agosto iniziando subito un intenso addestramento in uno scenario ben diverso da quello dell'Europa centrale per il quale il velivolo era stato disegnato ed equipaggiato. Problemi col radar che non “vedeva” le dune di sabbia nel volo a bassissima quota costrinsero ad una serie di

modifiche in settembre con la rotazione degli aerei in Germania. Tra gli interventi vi fu l'aggiornamento degli apparati di comunicazioni con Have Quick per comunicazioni protette e IFF Mk XII Mode 4 interoperabile con l'USAF. Un'altra modifica fu rappresentata dall'integrazione dei grossi serbatoi ausiliari subalari da 2.250 litri già usati dagli F.3 che comportavano la limitazione della freccia alare a 63,5°. Un secondo Squadron con aerei tratti sempre da RAF Germany e con le modifiche già introdotte sul primo gruppo giunse a Muharraq in due ondate il 19 e 26

Ogni JP233 conteneva nella parte posteriore 30 munizioni antipista SG357 da 26 kg e in quella anteriore 215 ADM (Area Denial Munition) HB876 da 2,4 kg entrambe ritardate con piccoli paracadute. Le SG357 erano a due stadi; una prima carica shaped apriva nel cemento della pista il foro in cui entrava ed esplodeva la seconda carica che provocava il cratere. Le HB876 erano in pratica mine antiuomo per ritardare i lavori di riparazione dei danni provocati dalle SG357.

AEROFAN | SPECIALE DESERT STORM

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

29


JP233 diretti contro la base aerea di Al Asad accompagnati da due Tornado armati di missili antiradar ALARM. Una seconda ondata di Tabuk avrebbe poi attaccato Al Taqaddum. La seconda ondata da Muharraq fece registrare la prima perdita inglese con lo ZD791/BG, nominativo radio “Norwich 02”, dello Sq. 14 (armato con bombe a caduta libera) caduto in fase di disimpegno con i due membri dell'equipaggio fatti prigionieri sull'aeroporto di Shaibah/Al Rumaylah Southwest. Delle formazioni di Tornado facevano infatti parte anche velivoli armati di bombe a caduta libera da 1.000 libbre col compito secondario di distrarre la contraerea dai velivoli con i JP233 più vulnerabili nella fase di sgancio del loro armamento. La sera fu abbattuto su Ubaydah bin al Jarrah lo ZA392/EK “Norwich 21” dello Sq. 15 con la perdita, probabilmente a causa di un missile terra-aria Roland, dell'equipaggio il cui pilota era lo Wg. Cdr. Nigel Elsdon comandante dello Squadron 27, che doveva poi risultare l'ufficiale alleato più alto in comando caduto in combattimento durante la Desert Storm. L'ultima missione con i JP233 del Distaccamento di Tabuk fu lanciata la notte tra il 18 ed il 19 gennaio contro l'aeroporto H-2 mentre i Distaccamenti di Dhahran e Muharraq operarono con l'arma per altre 24 ore.

5

Jaguar in volo a bassissima quota sul deserto 6nelle prime settimane di rischieramento del contingente inglese nel Bahrein.

30

AEROFAN | SPECIALE DESERT STORM

7

Il missile Matra BAe Dynamics (poi MBDA) ALARM utilizzato dai Tornado inglesi nel Golfo, lungo 4,3 m e pesante 265 kg è del tipo “fire and forget” utilizzabile da qualsiasi velivolo da combattimento senza necessità di montare equipaggiamenti di scoperta e guida speciali. L'ALARM ha varie modalità di impiego che vanno dal tiro diretto contro un radar localizzato fino alla modalità di attesa grazie alla quale sale a 12.000-21.000 m per poi scendere appeso a un piccolo paracadute. Se nel frattempo gli operatori riattivano i loro radar, si accende un secondo motore ed il missile colpisce il bersaglio.

Una coppia di Tornado GR.1 basati a Tabuk, in volo su deserto. Il sistema terrain-following, concepito per l’impiego sul teatro operativo europeo, fu oggetto di interventi per adattarlo al nuovo ambiente caratterizzato dalla scarsa risposta radar delle dune di sabbia.

settembre per poi essere spostato l'8 ottobre sulla King Faisal AB a Tabuk, Arabia Saudita. Un terzo Squadron fu schierato a Dhahran nei primi giorni del gennaio 1991. Alle spalle dei tre Squadron su teatro, gli Wing di Tornado di Brüggen e Marham mantenevano, in alternanza settimanale, quattro aerei e altrettanti equipaggi in standby per ripianare rapidamente eventuali perdite. Continuava anche il lavoro di industria e forza aerea su nuovi armamenti ed equipaggiamenti; già due mesi dopo l'invasione del Kuwait, furono completate le prove di qualifica del missile antiradiazione ALARM (Air Launched Anti-Radiation Missile) con i primi aerei così equipaggiati che giunsero sul teatro alla fine di ottobre 1990. Problemi sorsero con la versione da ricognizione GR.1A e q u i p a g g i a t a c o l T I R R S ( To r n a d o I n f r a - R e d Reconnaissance System) che fu disponibile su teatro solo il 14 gennaio 1991 a Dahrhan. I primi Tornado ad ingaggiare combattimento il 17 gennaio furono quattro velivoli del Distaccamento di Dhahran ed otto di quello di Muharraq con ai comandi i rispettivi comandanti dei reparti. Gli aerei decollarono poco prima delle 01:00 locali per un attacco coordinato alla base aerea di Tallil equipaggiati ciascuno con due pod antipista Hunting JP233 e due serbatoi ausiliari. Alle 02:10 seguirono quattro aerei di Tabuk sempre con i

8

Un Puma inglese trasportato sul teatro bellico nella stiva di un C-5A Galaxy dell’USAF.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

31


JP233 diretti contro la base aerea di Al Asad accompagnati da due Tornado armati di missili antiradar ALARM. Una seconda ondata di Tabuk avrebbe poi attaccato Al Taqaddum. La seconda ondata da Muharraq fece registrare la prima perdita inglese con lo ZD791/BG, nominativo radio “Norwich 02”, dello Sq. 14 (armato con bombe a caduta libera) caduto in fase di disimpegno con i due membri dell'equipaggio fatti prigionieri sull'aeroporto di Shaibah/Al Rumaylah Southwest. Delle formazioni di Tornado facevano infatti parte anche velivoli armati di bombe a caduta libera da 1.000 libbre col compito secondario di distrarre la contraerea dai velivoli con i JP233 più vulnerabili nella fase di sgancio del loro armamento. La sera fu abbattuto su Ubaydah bin al Jarrah lo ZA392/EK “Norwich 21” dello Sq. 15 con la perdita, probabilmente a causa di un missile terra-aria Roland, dell'equipaggio il cui pilota era lo Wg. Cdr. Nigel Elsdon comandante dello Squadron 27, che doveva poi risultare l'ufficiale alleato più alto in comando caduto in combattimento durante la Desert Storm. L'ultima missione con i JP233 del Distaccamento di Tabuk fu lanciata la notte tra il 18 ed il 19 gennaio contro l'aeroporto H-2 mentre i Distaccamenti di Dhahran e Muharraq operarono con l'arma per altre 24 ore.

5

Jaguar in volo a bassissima quota sul deserto 6nelle prime settimane di rischieramento del contingente inglese nel Bahrein.

30

AEROFAN | SPECIALE DESERT STORM

7

Il missile Matra BAe Dynamics (poi MBDA) ALARM utilizzato dai Tornado inglesi nel Golfo, lungo 4,3 m e pesante 265 kg è del tipo “fire and forget” utilizzabile da qualsiasi velivolo da combattimento senza necessità di montare equipaggiamenti di scoperta e guida speciali. L'ALARM ha varie modalità di impiego che vanno dal tiro diretto contro un radar localizzato fino alla modalità di attesa grazie alla quale sale a 12.000-21.000 m per poi scendere appeso a un piccolo paracadute. Se nel frattempo gli operatori riattivano i loro radar, si accende un secondo motore ed il missile colpisce il bersaglio.

Una coppia di Tornado GR.1 basati a Tabuk, in volo su deserto. Il sistema terrain-following, concepito per l’impiego sul teatro operativo europeo, fu oggetto di interventi per adattarlo al nuovo ambiente caratterizzato dalla scarsa risposta radar delle dune di sabbia.

settembre per poi essere spostato l'8 ottobre sulla King Faisal AB a Tabuk, Arabia Saudita. Un terzo Squadron fu schierato a Dhahran nei primi giorni del gennaio 1991. Alle spalle dei tre Squadron su teatro, gli Wing di Tornado di Brüggen e Marham mantenevano, in alternanza settimanale, quattro aerei e altrettanti equipaggi in standby per ripianare rapidamente eventuali perdite. Continuava anche il lavoro di industria e forza aerea su nuovi armamenti ed equipaggiamenti; già due mesi dopo l'invasione del Kuwait, furono completate le prove di qualifica del missile antiradiazione ALARM (Air Launched Anti-Radiation Missile) con i primi aerei così equipaggiati che giunsero sul teatro alla fine di ottobre 1990. Problemi sorsero con la versione da ricognizione GR.1A e q u i p a g g i a t a c o l T I R R S ( To r n a d o I n f r a - R e d Reconnaissance System) che fu disponibile su teatro solo il 14 gennaio 1991 a Dahrhan. I primi Tornado ad ingaggiare combattimento il 17 gennaio furono quattro velivoli del Distaccamento di Dhahran ed otto di quello di Muharraq con ai comandi i rispettivi comandanti dei reparti. Gli aerei decollarono poco prima delle 01:00 locali per un attacco coordinato alla base aerea di Tallil equipaggiati ciascuno con due pod antipista Hunting JP233 e due serbatoi ausiliari. Alle 02:10 seguirono quattro aerei di Tabuk sempre con i

8

Un Puma inglese trasportato sul teatro bellico nella stiva di un C-5A Galaxy dell’USAF.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

31


cinque aerei pari al 26% delle perdite dell'intera Coalizione, una percentuale insoddisfacente considerando che i Tornado costituivano solo il 4% dell'intero arsenale messo in campo contro Saddam. Si rese così necessario, anche alla luce della distruzione e dell'inattività dell'Aeronautica Irachena, passare ad attacchi a media quota, cambiamento che richiese interventi sui computer di bombardamento e sugli apparati di autodifesa degli aerei, tutti tarati per la bassa quota. La prima missione della RAF a media quota si ebbe il 22 gennaio con otto Tornado di Tabuk contro un deposito di munizioni a Qubaysah condotto con bombe da 1.000 libbre. Il nuovo profilo portò a ridurre il carico bellico per

Gazelle AH Mk.I dell’Esercito Inglese 15 solleva l’immancabile nubeUn diSA.341B sabbia responsabile di pesanti problemi di manutenzione su tutti gli elicotteri della Coalizione che non operavano da strisce pavimentate.

14 sensori infrarosso laterali BAe sui fianchi della fusoliera in modo da coprire un campo di visione complessivo di poco più di 180°. Ogni sensore era collegato a due registratori a nastro con un'autonomia di circa 45' e le immagini erano di eccezionale qualità, ma solo se riprese a bassissima quota come d'altra parte richiesto dalle specifiche definite dall'originale teatro europeo. Tra i vantaggi vi era che il sistema non aveva bisogno di illuminazione con bengala che avrebbero tradito la presenza dell'aereo ed il suo collegamento diretto col computer di navigazione che attribuiva con certezza la posizione della scena ripresa. Dopo una fase di sviluppo decisamente complessa, sei Tornado TIRRS aggiornati con le modifiche curate da Computing Devices Co e conosciuti come Granby 2

34

AEROFAN | SPECIALE DESERT STORM

giunsero a Dhahran nel gennaio 1991 con ancora la messa a punto in corso per dare immagini accettabili iniziando le operazioni sin dalla notte del 18-19 gennaio configurati in quella prima missione, in cui non erano disponibili cisterne, con due serbatoi da 2.250 litri ai piloni subalari e due da 1.500 ai piloni ventrali per un peso totale al decollo di circa 26 tonnellate di cui 11 di carburante. Le missioni TIRRS, condotte per le limitazioni del sensore col Terrain Following Radar a 200 piedi e ad una velocità di 560 nodi, avevano una durata di due ore-due ore e mezza con 20'60' sul territorio iracheno ma in una occasione furono superate le 4 ore, tutte di notte e esclusivamente sull'Iraq occidentale vicino alle frontiere con Giordania e Siria. Il compito dei Tornado TIRRS era molto importante: dare la caccia ai veicoli lanciatori di missili Scud che gli iracheni

Il Tornado ZA465 “Foxy Killer” armato con GBU imbarca carburante da un VC-10K prima iniziare la penetrazione in territorio nemico per attaccare i bersagli assegnati.

puntavano soprattutto su Israele per provocarne la reazione e innescare un allargamento del conflitto con l'intervento di altri Paesi arabi. Già nella prima notte, uno dei due Tornado impegnati in missioni individuali avvistò all'aperto a sud di Habbaniya un lanciatore di Scud che però non poté essere attaccato dagli F-15E americani a causa delle condizioni meteo. Complessivamente durante Granby i GR.1A effettuarono 137 sortite operative, l'ultima delle quali la notte del 27-28 febbraio. Il bilancio della prima fase di attacchi si rivelò pesante per la RAF che al 23 gennaio aveva già perso in combattimento

16

CH-47 Chinook della RAF decentrati ai bordi di una base aerea in attesa di imbarcare membri del SAS (Special Air Service), che ebbero come compito primario quello di rintracciare e distruggere le rampe di lancio SS-1 Scud in mano a Saddam Hussein.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

35


cinque aerei pari al 26% delle perdite dell'intera Coalizione, una percentuale insoddisfacente considerando che i Tornado costituivano solo il 4% dell'intero arsenale messo in campo contro Saddam. Si rese così necessario, anche alla luce della distruzione e dell'inattività dell'Aeronautica Irachena, passare ad attacchi a media quota, cambiamento che richiese interventi sui computer di bombardamento e sugli apparati di autodifesa degli aerei, tutti tarati per la bassa quota. La prima missione della RAF a media quota si ebbe il 22 gennaio con otto Tornado di Tabuk contro un deposito di munizioni a Qubaysah condotto con bombe da 1.000 libbre. Il nuovo profilo portò a ridurre il carico bellico per

Gazelle AH Mk.I dell’Esercito Inglese 15 solleva l’immancabile nubeUn diSA.341B sabbia responsabile di pesanti problemi di manutenzione su tutti gli elicotteri della Coalizione che non operavano da strisce pavimentate.

14 sensori infrarosso laterali BAe sui fianchi della fusoliera in modo da coprire un campo di visione complessivo di poco più di 180°. Ogni sensore era collegato a due registratori a nastro con un'autonomia di circa 45' e le immagini erano di eccezionale qualità, ma solo se riprese a bassissima quota come d'altra parte richiesto dalle specifiche definite dall'originale teatro europeo. Tra i vantaggi vi era che il sistema non aveva bisogno di illuminazione con bengala che avrebbero tradito la presenza dell'aereo ed il suo collegamento diretto col computer di navigazione che attribuiva con certezza la posizione della scena ripresa. Dopo una fase di sviluppo decisamente complessa, sei Tornado TIRRS aggiornati con le modifiche curate da Computing Devices Co e conosciuti come Granby 2

34

AEROFAN | SPECIALE DESERT STORM

giunsero a Dhahran nel gennaio 1991 con ancora la messa a punto in corso per dare immagini accettabili iniziando le operazioni sin dalla notte del 18-19 gennaio configurati in quella prima missione, in cui non erano disponibili cisterne, con due serbatoi da 2.250 litri ai piloni subalari e due da 1.500 ai piloni ventrali per un peso totale al decollo di circa 26 tonnellate di cui 11 di carburante. Le missioni TIRRS, condotte per le limitazioni del sensore col Terrain Following Radar a 200 piedi e ad una velocità di 560 nodi, avevano una durata di due ore-due ore e mezza con 20'60' sul territorio iracheno ma in una occasione furono superate le 4 ore, tutte di notte e esclusivamente sull'Iraq occidentale vicino alle frontiere con Giordania e Siria. Il compito dei Tornado TIRRS era molto importante: dare la caccia ai veicoli lanciatori di missili Scud che gli iracheni

Il Tornado ZA465 “Foxy Killer” armato con GBU imbarca carburante da un VC-10K prima iniziare la penetrazione in territorio nemico per attaccare i bersagli assegnati.

puntavano soprattutto su Israele per provocarne la reazione e innescare un allargamento del conflitto con l'intervento di altri Paesi arabi. Già nella prima notte, uno dei due Tornado impegnati in missioni individuali avvistò all'aperto a sud di Habbaniya un lanciatore di Scud che però non poté essere attaccato dagli F-15E americani a causa delle condizioni meteo. Complessivamente durante Granby i GR.1A effettuarono 137 sortite operative, l'ultima delle quali la notte del 27-28 febbraio. Il bilancio della prima fase di attacchi si rivelò pesante per la RAF che al 23 gennaio aveva già perso in combattimento

16

CH-47 Chinook della RAF decentrati ai bordi di una base aerea in attesa di imbarcare membri del SAS (Special Air Service), che ebbero come compito primario quello di rintracciare e distruggere le rampe di lancio SS-1 Scud in mano a Saddam Hussein.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

35


Durante le fasi iniziali del conflitto 17-18 i Buccaneer operarono con un missile aria-aria Sidewinder per autodifesa

poi sbarcato in quanto inutile per l’assenza di minacce e sostituito da una GBU per “arrotondare” i risultati delle missioni. Oltre al pod Pavespike agganciato al pilone interno sinistro, i Buccaneer montavano un pod ECM al pilone esterno destro.

19

alleggerire i Tornado decisamente “pesanti e inerti” in quota passando da un carico massimo di otto a cinque bombe da 1.000 libbre mentre, per riportare la precisione a livelli accettabili, si ricorse al bombardamento in picchiata col rovesciamento del velivolo a 24.000 piedi, picchiata con un angolo di 30° con richiamata a 16.000 piedi sempre al di sopra del raggio della contraerea convenzionale e dei missili IR spalleggiati. Il 22 gennaio andò perso col suo equipaggio il Tornado GR.1A ZA467/FF “Stamford 01” dello Sq.16 ed il 24 fu abbattuto lo ZA403/CO “Dover 02” dello Squadron 17 il cui equipaggio venne fatto prigioniero. L'aumento della precisione, specialmente contro obiettivi difficili come i ponti, restava una priorità ed il 26 gennaio giunse a Muharraq il primo Hawker Siddeley Buccaneer S2B equipaggiato con il pod americano di designazione laser AN/AVQ-23E Pave Spike destinato a guidare le bombe LGB (Laser Guided Bomb) Paveway II realizzate combinando la bomba standard inglese Mk.13/18 da 1.000 libbre col kit (testa di guida e impennaggi) Texas Instruments CPU-123B. Il 2 febbraio quattro Tornado ciascuno con tre LGB e due Buccaneer attaccarono un ponte stradale sull'Eufrate a nord di As Samawah. Ogni Buccaneer, al servizio di una coppia di Tornado, subentrava dopo lo sgancio illuminando col suo laser il bersaglio per i quasi 40” di caduta. La missione vide lo sgancio di tutte e 12 le LGB di cui nove centrarono il ponte facendo crollare l'arcata centrale nonostante il mancato scoppio di uno degli ordigni. Altri sei Buccaneer giunsero a Muharraq e col loro aiuto furono sganciate 169 LGB distruggendo circa 24 ponti per

passare poi alla demolizione di bunker. L'ultima perdita della RAF fu, il 14 febbraio, quella del Tornado GR.1A ZD717/CD “Belfast 41” dello Sq. 17 colpito da due missili sulla base aerea di Al Taqaddum durante l'incursione di una mega-formazione di otto Tornado e quattro Buccaneer; uno dei due membri dell'equipaggio perse la vita mentre l'altro venne fatto prigioniero. Alla fine della guerra, i Buccaneer avevano fornito l'illuminazione per 619 LGB di cui 288 per il Distaccamento Tornado di Dhahran, 283 per quello di Muharraq e 48 sganciate dagli stessi Buccaneer nell'ultima “zampata” di questo magnifico aereo (vedi Aerofan n° 6 Nov/Dic 2019). Il lavoro in coppia di Buccaneer e Tornado, anche se efficace, costituiva però una limitazione nell'utilizzo del potenziale aereo di Granby e richiedeva uno stretto coordinamento tra lanciatore e illuminatore per portare la bomba sganciata nel “basket” delle emissioni del laser del Buccaneer. GEC-Ferranti lavorava sul TIALD (Thermal Imaging Arborne Laser Designator), un pod che offriva immagini TV ottiche e termiche e con cui il pilota poteva selezionare il bersaglio che veniva tracciato e illuminato automaticamente anche se il velivolo manovrava. Il pod, dotato di torretta rotante anteriore per coprire l'emisfero inferiore, era lungo 2,90 m e pesante 210 kg. Il sistema era ad uno stadio iniziale di sviluppo ma, di f ronte alle urgenti necessità belliche, tutto venne accelerato oltre ogni limite immaginabile con la riorganizzazione del programma (stimato inizialmente da BAe in uno spazio temporale di sei mesi) nell'arco di sole sei settimane. Il progetto Albert fu un grande successo: il contratto venne siglato il 19 novembre 1990 ed il 6 febbraio 1991 i primi quattro GR.1, con integrato il TIALD giunsero a Tabuk seguiti da due pod (ribattezzati “Sandra” e “Tracy” traendo ispirazione dai personaggi dei comics per adulti “Viz”) trasportati da un C-130K col personale di supporto di GEC-Ferranti.

Il Jaguar XZ115/FC con il pod da ricognizione BAe 20 agganciato al pilone ventrale in una formazione mista con Tornado GR.1.

Buccaneer dello Sq.208 basato a Muharraq 21 sfoggia sul muso l’insegnaUncorsara. Ai piloni dell’ala sinistra sono visibili

il pod di illuminazione laser Pavespike ed una GBU Paveway.

22

Il Jaguar XZ364 con i simboli di ben 47 missioni e un’evocativa “nose art”...

Una coppia di Jaguar armati con razziere CRV-7 si avviano al decollo. In primo piano appare l’XZ356/EP “Mary Rose” dello Squadron 6. MAG/GIU 2021 | AEROFAN

37


Durante le fasi iniziali del conflitto 17-18 i Buccaneer operarono con un missile aria-aria Sidewinder per autodifesa

poi sbarcato in quanto inutile per l’assenza di minacce e sostituito da una GBU per “arrotondare” i risultati delle missioni. Oltre al pod Pavespike agganciato al pilone interno sinistro, i Buccaneer montavano un pod ECM al pilone esterno destro.

19

alleggerire i Tornado decisamente “pesanti e inerti” in quota passando da un carico massimo di otto a cinque bombe da 1.000 libbre mentre, per riportare la precisione a livelli accettabili, si ricorse al bombardamento in picchiata col rovesciamento del velivolo a 24.000 piedi, picchiata con un angolo di 30° con richiamata a 16.000 piedi sempre al di sopra del raggio della contraerea convenzionale e dei missili IR spalleggiati. Il 22 gennaio andò perso col suo equipaggio il Tornado GR.1A ZA467/FF “Stamford 01” dello Sq.16 ed il 24 fu abbattuto lo ZA403/CO “Dover 02” dello Squadron 17 il cui equipaggio venne fatto prigioniero. L'aumento della precisione, specialmente contro obiettivi difficili come i ponti, restava una priorità ed il 26 gennaio giunse a Muharraq il primo Hawker Siddeley Buccaneer S2B equipaggiato con il pod americano di designazione laser AN/AVQ-23E Pave Spike destinato a guidare le bombe LGB (Laser Guided Bomb) Paveway II realizzate combinando la bomba standard inglese Mk.13/18 da 1.000 libbre col kit (testa di guida e impennaggi) Texas Instruments CPU-123B. Il 2 febbraio quattro Tornado ciascuno con tre LGB e due Buccaneer attaccarono un ponte stradale sull'Eufrate a nord di As Samawah. Ogni Buccaneer, al servizio di una coppia di Tornado, subentrava dopo lo sgancio illuminando col suo laser il bersaglio per i quasi 40” di caduta. La missione vide lo sgancio di tutte e 12 le LGB di cui nove centrarono il ponte facendo crollare l'arcata centrale nonostante il mancato scoppio di uno degli ordigni. Altri sei Buccaneer giunsero a Muharraq e col loro aiuto furono sganciate 169 LGB distruggendo circa 24 ponti per

passare poi alla demolizione di bunker. L'ultima perdita della RAF fu, il 14 febbraio, quella del Tornado GR.1A ZD717/CD “Belfast 41” dello Sq. 17 colpito da due missili sulla base aerea di Al Taqaddum durante l'incursione di una mega-formazione di otto Tornado e quattro Buccaneer; uno dei due membri dell'equipaggio perse la vita mentre l'altro venne fatto prigioniero. Alla fine della guerra, i Buccaneer avevano fornito l'illuminazione per 619 LGB di cui 288 per il Distaccamento Tornado di Dhahran, 283 per quello di Muharraq e 48 sganciate dagli stessi Buccaneer nell'ultima “zampata” di questo magnifico aereo (vedi Aerofan n° 6 Nov/Dic 2019). Il lavoro in coppia di Buccaneer e Tornado, anche se efficace, costituiva però una limitazione nell'utilizzo del potenziale aereo di Granby e richiedeva uno stretto coordinamento tra lanciatore e illuminatore per portare la bomba sganciata nel “basket” delle emissioni del laser del Buccaneer. GEC-Ferranti lavorava sul TIALD (Thermal Imaging Arborne Laser Designator), un pod che offriva immagini TV ottiche e termiche e con cui il pilota poteva selezionare il bersaglio che veniva tracciato e illuminato automaticamente anche se il velivolo manovrava. Il pod, dotato di torretta rotante anteriore per coprire l'emisfero inferiore, era lungo 2,90 m e pesante 210 kg. Il sistema era ad uno stadio iniziale di sviluppo ma, di f ronte alle urgenti necessità belliche, tutto venne accelerato oltre ogni limite immaginabile con la riorganizzazione del programma (stimato inizialmente da BAe in uno spazio temporale di sei mesi) nell'arco di sole sei settimane. Il progetto Albert fu un grande successo: il contratto venne siglato il 19 novembre 1990 ed il 6 febbraio 1991 i primi quattro GR.1, con integrato il TIALD giunsero a Tabuk seguiti da due pod (ribattezzati “Sandra” e “Tracy” traendo ispirazione dai personaggi dei comics per adulti “Viz”) trasportati da un C-130K col personale di supporto di GEC-Ferranti.

Il Jaguar XZ115/FC con il pod da ricognizione BAe 20 agganciato al pilone ventrale in una formazione mista con Tornado GR.1.

Buccaneer dello Sq.208 basato a Muharraq 21 sfoggia sul muso l’insegnaUncorsara. Ai piloni dell’ala sinistra sono visibili

il pod di illuminazione laser Pavespike ed una GBU Paveway.

22

Il Jaguar XZ364 con i simboli di ben 47 missioni e un’evocativa “nose art”...

Una coppia di Jaguar armati con razziere CRV-7 si avviano al decollo. In primo piano appare l’XZ356/EP “Mary Rose” dello Squadron 6. MAG/GIU 2021 | AEROFAN

37


26

27

28

40

Il Tornado Gr.1 “Amanda Jane” al termine della campagna in Iraq vantava 11 missioni anti-radar, 11 missioni di bombardamento convenzionale e 12 missioni di bombardamento con armamento di precisione. Gli inglesi rispolverarono la tradizione delle “nose art”, decorando praticamente tutti i velivoli partecipanti al conflitto.

Il Lynx HAS Mk.3 imbarcato sull’HMS Brave, armato con quattro Sea Skua. I missili antinave, già usati alle Falklands, ottennero ottimi risultati contro il naviglio leggero iracheno.

I C-130K dell’ATD (Air Transport Detachment) della RAF furono tra i primi aeromobili ad ala fissa ad atterrare sull’aeroporto Internazionale del Kuwait appena riaperto.

AEROFAN | SPECIALE DESERT STORM

avevano ricevuto la livrea desertica “desert pink” lasciando una riga blu lungo le fiancate in modo da renderli meno visibili rispetto all'originale livrea bianca/argento. Per la fine del rischieramento, nel marzo 1991, la strana coppia aveva accumulato oltre 430 ore di volo in più di 90 missioni di rifornimento in volo (AAR) trasferendo 3.100 tonnellate di carburante. Il grosso della componente da rifornimento in volo di Granby fu costituita su teatro dai Victor K.2 dello Squadron 55 di Marham schierati da metà dicembre 1990 sull'aeroporto internazionale di Muharraq al posto dei VC10 con grande felicità del personale in quanto nel Bahrein non vigevano le rigide regole contro il consumo di alcol imposte in tutto il Medio Oriente. I primi quattro Victor giunsero a Muharraq il 15 dicembre. Come i Tornado ed i Jaguar, anche i Victor K.2 ricevettero “nose art” sul lato sinistro del muso subito davanti al portello di accesso dell'equipaggio. Sei delle otto cisterne di Muharraq così decorate furono dedicate alle mogli dei capi equipaggio: il serial XH671 divenne “Slinky Sue” poi corretto in “Sweet Sue” per evitare confusioni con “Stinky” (puzzolente) quando letto da lontano; XH672 divenne “Maid Marian”, XL164 “Saucy Sal”, XL231 “Lusty Lindy”, XM715 “Teasin Tina” e XM717 “Lucky Lou”. Così come Jaguar e Tornado sfoggiarono bombe e missili per vantare le missioni fatte, i Victor furono decorati con file di piccole torri petrolifere o con pompe di benzina ad indicare i rifornimenti effettuati. Le cisterne furono decentrate o comunque si appoggiarono agli aeroporti di Akrotiri, Cipro, e Palermo Punta Raisi in Sicilia per assicurare il supporto agli aerei in volo da e per il Regno Unito. Quando il Victor era usato dalla RAF nel suo ruolo di bombardiere, disponeva di lanciatori di chaff montati nei fusi sul bordi uscita delle ali; col cambiamento di ruolo, queste contromisure erano state sbarcate e gli equipaggi dei Victor K.2 avevano solo un RWR (Radar Warning Receiver) per rilevare eventuali minacce.

Venne così messo a punto un rudimentale lanciatore di chaff costituito da un cilindro di alluminio da inserire manualmente nell'apertura del sestante nel soffitto della cabina con una specie di pompa mano con cui venivano sparati all'esterno i disturbi. Tre di questi cilindri potevano essere trasportati in cabina assicurando altrettanti lanci. Le prove fatte con un Tornado F3 che fungeva da nemico ebbero esito positivo ma fortunatamente non fu mai necessario usare il marchingegno in combattimento reale. Il 18 marzo i Victor K2 rientrarono definitivamente a Marham dopo un'ultima sosta a Palermo. Durante la Granby, Nimrod MR.2 furono basati a Seeb, Oman. Inizialmente per rinforzare l'embargo delle Nazioni Unite e allo scoppio delle ostilità usati in supporto dell'Air Carrier Group della portaerei USS Midway localizzando e identificando le unità navali irachene e guidando gli attacchi contro di esse, utilizzando principalmente Lynx HAS Mk.3 della Royal Navy; operando in combinazione con i Seahawk dell'US Navy che, meglio equipaggiati per la sorveglianza ma privi di armamenti antinave adatti, individuavano i bersagli che venivano a quel punto attaccati dai Lynx inglesi con i missili Sea Skua. Complessivamente furono ingaggiate 19 unità navali

irachene di cui 14 vennero distrutte. Il Sea Skua, usato per la prima volta alle Falklands e attualmente non più in servizio, pesava 145 kg, aveva guida homing radar semiattiva ed una gittata di circa 18,5 km. Durante la Granby l'ATD (Air Transport Detachment) della RAF creò sul King Khaled International Airport di Riyadh, Arabia Saudita, un s istema “hub and spoke” in cui i TriStar e VC-10 C.1 che curavano i collegamenti col Regno Unito trovavano gli Hercules della RAF, affiancati da due della RNZAF per inoltrare materiale e uomini verso le diverse basi su teatro con quelle principali in Oman (Seeb e Thumrait), Bahrein e Arabia Saudita (Dhahran, Tabuk, Jubail e Qaisumah). A metà gennaio 1991 gli Hercules erano sette. Il 28 febbraio un Hercules dell'ATD fu il terzo aeromobile ad ala fissa ad atterrare sull'aeroporto Internazionale del Kuwait appena riaperto volando attraverso il fumo denso degli impianti petroliferi incendiati dalle truppe di Saddam. Complessivamente dal 30 ottobre 1990 al 27 febbraio 1991 il Distaccamento di RAF e RNZAF di Riyadh sviluppò 2.990 ore di volo trasportando 19,9 milioni di libbre e 22.827 passeggeri.

29

Il Victor XH672 Maid Marian con 33 piccole pompe di benzina disegnate sulla fusoliera a simboleggiare le missioni di rifornimento in volo e ettuate.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

41


26

27

28

40

Il Tornado Gr.1 “Amanda Jane” al termine della campagna in Iraq vantava 11 missioni anti-radar, 11 missioni di bombardamento convenzionale e 12 missioni di bombardamento con armamento di precisione. Gli inglesi rispolverarono la tradizione delle “nose art”, decorando praticamente tutti i velivoli partecipanti al conflitto.

Il Lynx HAS Mk.3 imbarcato sull’HMS Brave, armato con quattro Sea Skua. I missili antinave, già usati alle Falklands, ottennero ottimi risultati contro il naviglio leggero iracheno.

I C-130K dell’ATD (Air Transport Detachment) della RAF furono tra i primi aeromobili ad ala fissa ad atterrare sull’aeroporto Internazionale del Kuwait appena riaperto.

AEROFAN | SPECIALE DESERT STORM

avevano ricevuto la livrea desertica “desert pink” lasciando una riga blu lungo le fiancate in modo da renderli meno visibili rispetto all'originale livrea bianca/argento. Per la fine del rischieramento, nel marzo 1991, la strana coppia aveva accumulato oltre 430 ore di volo in più di 90 missioni di rifornimento in volo (AAR) trasferendo 3.100 tonnellate di carburante. Il grosso della componente da rifornimento in volo di Granby fu costituita su teatro dai Victor K.2 dello Squadron 55 di Marham schierati da metà dicembre 1990 sull'aeroporto internazionale di Muharraq al posto dei VC10 con grande felicità del personale in quanto nel Bahrein non vigevano le rigide regole contro il consumo di alcol imposte in tutto il Medio Oriente. I primi quattro Victor giunsero a Muharraq il 15 dicembre. Come i Tornado ed i Jaguar, anche i Victor K.2 ricevettero “nose art” sul lato sinistro del muso subito davanti al portello di accesso dell'equipaggio. Sei delle otto cisterne di Muharraq così decorate furono dedicate alle mogli dei capi equipaggio: il serial XH671 divenne “Slinky Sue” poi corretto in “Sweet Sue” per evitare confusioni con “Stinky” (puzzolente) quando letto da lontano; XH672 divenne “Maid Marian”, XL164 “Saucy Sal”, XL231 “Lusty Lindy”, XM715 “Teasin Tina” e XM717 “Lucky Lou”. Così come Jaguar e Tornado sfoggiarono bombe e missili per vantare le missioni fatte, i Victor furono decorati con file di piccole torri petrolifere o con pompe di benzina ad indicare i rifornimenti effettuati. Le cisterne furono decentrate o comunque si appoggiarono agli aeroporti di Akrotiri, Cipro, e Palermo Punta Raisi in Sicilia per assicurare il supporto agli aerei in volo da e per il Regno Unito. Quando il Victor era usato dalla RAF nel suo ruolo di bombardiere, disponeva di lanciatori di chaff montati nei fusi sul bordi uscita delle ali; col cambiamento di ruolo, queste contromisure erano state sbarcate e gli equipaggi dei Victor K.2 avevano solo un RWR (Radar Warning Receiver) per rilevare eventuali minacce.

Venne così messo a punto un rudimentale lanciatore di chaff costituito da un cilindro di alluminio da inserire manualmente nell'apertura del sestante nel soffitto della cabina con una specie di pompa mano con cui venivano sparati all'esterno i disturbi. Tre di questi cilindri potevano essere trasportati in cabina assicurando altrettanti lanci. Le prove fatte con un Tornado F3 che fungeva da nemico ebbero esito positivo ma fortunatamente non fu mai necessario usare il marchingegno in combattimento reale. Il 18 marzo i Victor K2 rientrarono definitivamente a Marham dopo un'ultima sosta a Palermo. Durante la Granby, Nimrod MR.2 furono basati a Seeb, Oman. Inizialmente per rinforzare l'embargo delle Nazioni Unite e allo scoppio delle ostilità usati in supporto dell'Air Carrier Group della portaerei USS Midway localizzando e identificando le unità navali irachene e guidando gli attacchi contro di esse, utilizzando principalmente Lynx HAS Mk.3 della Royal Navy; operando in combinazione con i Seahawk dell'US Navy che, meglio equipaggiati per la sorveglianza ma privi di armamenti antinave adatti, individuavano i bersagli che venivano a quel punto attaccati dai Lynx inglesi con i missili Sea Skua. Complessivamente furono ingaggiate 19 unità navali

irachene di cui 14 vennero distrutte. Il Sea Skua, usato per la prima volta alle Falklands e attualmente non più in servizio, pesava 145 kg, aveva guida homing radar semiattiva ed una gittata di circa 18,5 km. Durante la Granby l'ATD (Air Transport Detachment) della RAF creò sul King Khaled International Airport di Riyadh, Arabia Saudita, un s istema “hub and spoke” in cui i TriStar e VC-10 C.1 che curavano i collegamenti col Regno Unito trovavano gli Hercules della RAF, affiancati da due della RNZAF per inoltrare materiale e uomini verso le diverse basi su teatro con quelle principali in Oman (Seeb e Thumrait), Bahrein e Arabia Saudita (Dhahran, Tabuk, Jubail e Qaisumah). A metà gennaio 1991 gli Hercules erano sette. Il 28 febbraio un Hercules dell'ATD fu il terzo aeromobile ad ala fissa ad atterrare sull'aeroporto Internazionale del Kuwait appena riaperto volando attraverso il fumo denso degli impianti petroliferi incendiati dalle truppe di Saddam. Complessivamente dal 30 ottobre 1990 al 27 febbraio 1991 il Distaccamento di RAF e RNZAF di Riyadh sviluppò 2.990 ore di volo trasportando 19,9 milioni di libbre e 22.827 passeggeri.

29

Il Victor XH672 Maid Marian con 33 piccole pompe di benzina disegnate sulla fusoliera a simboleggiare le missioni di rifornimento in volo e ettuate.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

41


Il primo uomo

supersonico La vita e le imprese di Chuck Yeager

Massimo Dominelli

U

na delle più importanti c o n q u i s t e

compiute dall'Uomo nel secondo dopoguerra, è stato senz’al tro il superamento del cosiddetto “muro del suono”, un'immaginaria barriera difficile o forse impossibile da superare e, secondo un concetto popolare, addirittura in grado di distruggere gli aerei. Charles Elwood "Chuck" Yeager, nel 1947, sfatò questa leggenda.

44

4 dicembre 1963. Chuck Yeager pronto al decollo su un NF-104 dell’US Air Force in prestito alla NASA. La tuta a pressione con casco integrale gli lasciano ben poco spazio per muoversi nell'angusta cabina anche se il sedile è ancora il vecchio Lockheed C-2. Con l'introduzione del Martin Baker, la situazione sarebbe ancora peggiorata anche indossando una normale tuta di volo come provato dai piloti di "Spilloni" dell'Aeronautica Militare.


Il primo uomo

supersonico La vita e le imprese di Chuck Yeager

Massimo Dominelli

U

na delle più importanti c o n q u i s t e

compiute dall'Uomo nel secondo dopoguerra, è stato senz’al tro il superamento del cosiddetto “muro del suono”, un'immaginaria barriera difficile o forse impossibile da superare e, secondo un concetto popolare, addirittura in grado di distruggere gli aerei. Charles Elwood "Chuck" Yeager, nel 1947, sfatò questa leggenda.

44

4 dicembre 1963. Chuck Yeager pronto al decollo su un NF-104 dell’US Air Force in prestito alla NASA. La tuta a pressione con casco integrale gli lasciano ben poco spazio per muoversi nell'angusta cabina anche se il sedile è ancora il vecchio Lockheed C-2. Con l'introduzione del Martin Baker, la situazione sarebbe ancora peggiorata anche indossando una normale tuta di volo come provato dai piloti di "Spilloni" dell'Aeronautica Militare.


Con un cognome d'origine tedesca, Jaeger (cacciatore), successivamente anglicizzato in Yeager, Chuck nasce negli Stati Uniti, e più esattamente a Myra nella Virginia Occidentale, il 13 febbraio 1923. Dopo aver frequentato la scuola superiore ad Hamlin, nell'estate del 1939 e del 1940 partecipa al Citizens Military Training Camp di Fort Benjamin Harrison non lontano da Indianapolis. Nel settembre del 1941 si arruola nelle United States Army Air Forces presso la base aerea di George a Victorville, California, però come meccanico aeronautico poiché sia la sua età che il livello d'istruzione gli precludono la carriera di pilota. L'ingresso degli USA nella Seconda guerra mondiale portano ad un radicale cambiamento dei requisiti nell'USAAF per divenire pilota a tutto favore di Yeager che può così intraprendere il corso di pilotaggio aiutato da una vista eccellente e da una naturale predisposizione alla condotta del mezzo aereo. Conseguito il brevetto di pilota a Luke Field in Arizona,

1

2

Yeager e il suo P-51D “Glamorous Glen III” durante la Seconda guerra mondiale.

viene assegnato al 357th Fighter Group a Tonopah nel Nevada. Qui si addestra ai comandi del Bell P-39 Airacobra e il 23 novembre 1943 viene trasferito con il suo Gruppo in Gran Bretagna sulla base della Royal Air Force a Leiston. Passato al 363rd Fighter, effettua diverse azioni di combattimento ai comandi di un P-51 Mustang, da lui battezzato Glamorous Glen dal nome della futura moglie, sposata nel 1945, Glennis Faye Dickhouse, conseguendo un'unica vittoria prima di essere abbattuto, il 5 marzo 1944, durante la sua ottava missione nei cieli francesi. Aiutato dalla Resistenza francese, i Maquis, con i quali per vari mesi collabora costruendo bombe, riesce a scappare in Spagna ritornando poi in Inghilterra a metà maggio del 1944. Spalleggiato da un altro “evasore”, come venivano chiamati i piloti che abbattuti riparavano in un'altra nazione, il Sottotenente Fred Glover, e con l'aiuto del Generale Dwight D. Eisenhower, allora Comandante Supremo Alleato, il quale perorava personalmente al

46

Il giovane cadetto Yeager posa davanti a un Vultee BT-13 Valiant sul campo di Luke Fiend in Arizona.

AEROFAN | IL IMMORTALE PRIMO UOMO COME SUPERSONICO UN 104

Nel corso del 1947 il modello in scala del Bell X-1 e ettuò numerosi test 3 a Langley in diverse gallerie del vento del National Advisory Committee for Aeronautics, che l’anno successivo sarebbe stato soppresso e assorbito dalla nascente NASA.

Ministero della Difesa la richiesta, Chuck torna nuovamente in volo. Ciò nonostante il preciso divieto del rientro nell'attività operativa degli “evasori” a tutela essenzialmente della sicurezza delle Forze Armate Alleate se il pilota, abbattuto una seconda volta, fosse stato catturato da partigiani di scarsa affidabilità. Pilota eccellente ed ottimo combattente, Yeager conclude il conflitto con 12 vittorie ufficiali, incluso l'abbattimento nello stesso giorno (12 ottobre 1944) di cinque velivoli nemici, dei quali due Messerschmitt Bf 109 senza sparare un colpo ma costringendo il pilota avversario ad una manovra che lo portava a colpire irrimediabilmente il proprio gregario, e un Messerschmitt Me 262 mitragliato mentre atterrava. Promosso prima Tenente e quindi Capitano, effettua l'ultimo volo bellico, il sessantunesimo, il 15 gennaio 1945 per tornare negli Stati Uniti all'inizio del mese seguente scegliendo, in quanto autorizzato dal suo stato di “evasore”, come base di assegnazione Wright Field nella Virginia Occidentale con l'incarico di pilota collaudatore di aeromobili. Il nuovo ruolo lo pone sotto l'autorità del Colonnello Albert Boyd, comandante dell'Aeronautical Systems Flight Test Division. Negli ultimi anni '40, Yeager prosegue la carriera nell'USAAF divenendo un pilota collaudatore presso il Muroc Army Field (oggi Edwards AFB) dopo aver frequentato l'Air Materiel Command Flight Performance School. Nel medesimo periodo l'USAAF lo seleziona per

4-5

I primi voli del prototipo XS-1 furono e ettuati utilizzando un B-29 (45-21800) modificandone la stiva per permettere l’alloggiamento dell’aereo-razzo in posizione semi-annegata. Per ovvie ragioni di sicurezza, la procedura di “lancio” dell’X-1 prevedeva che il suo pilota prendesse posto nell’abitacolo solo quando il B-29 era già in volo, attraversando il passaggio che portava alla stiva bombe non pressurizzata in cui, sulla fiancata destra, era alloggiato un vero e proprio montacarichi simile ad una scaletta (visibile a destra nella foto) dotato di un pannello sagomato con la sezione dell’XS-1 in funzione di paravento. Il pilota si posizionava sul montacarichi rivolto all’interno, con le spalle contro la scaletta, e veniva calato all’altezza del portello dell’aereo-razzo entrando nella cabina con i piedi, provvedendo poi a posizionare il portello che gli veniva passato e indossando il casco stivato precedentemente a bordo.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

47


Con un cognome d'origine tedesca, Jaeger (cacciatore), successivamente anglicizzato in Yeager, Chuck nasce negli Stati Uniti, e più esattamente a Myra nella Virginia Occidentale, il 13 febbraio 1923. Dopo aver frequentato la scuola superiore ad Hamlin, nell'estate del 1939 e del 1940 partecipa al Citizens Military Training Camp di Fort Benjamin Harrison non lontano da Indianapolis. Nel settembre del 1941 si arruola nelle United States Army Air Forces presso la base aerea di George a Victorville, California, però come meccanico aeronautico poiché sia la sua età che il livello d'istruzione gli precludono la carriera di pilota. L'ingresso degli USA nella Seconda guerra mondiale portano ad un radicale cambiamento dei requisiti nell'USAAF per divenire pilota a tutto favore di Yeager che può così intraprendere il corso di pilotaggio aiutato da una vista eccellente e da una naturale predisposizione alla condotta del mezzo aereo. Conseguito il brevetto di pilota a Luke Field in Arizona,

1

2

Yeager e il suo P-51D “Glamorous Glen III” durante la Seconda guerra mondiale.

viene assegnato al 357th Fighter Group a Tonopah nel Nevada. Qui si addestra ai comandi del Bell P-39 Airacobra e il 23 novembre 1943 viene trasferito con il suo Gruppo in Gran Bretagna sulla base della Royal Air Force a Leiston. Passato al 363rd Fighter, effettua diverse azioni di combattimento ai comandi di un P-51 Mustang, da lui battezzato Glamorous Glen dal nome della futura moglie, sposata nel 1945, Glennis Faye Dickhouse, conseguendo un'unica vittoria prima di essere abbattuto, il 5 marzo 1944, durante la sua ottava missione nei cieli francesi. Aiutato dalla Resistenza francese, i Maquis, con i quali per vari mesi collabora costruendo bombe, riesce a scappare in Spagna ritornando poi in Inghilterra a metà maggio del 1944. Spalleggiato da un altro “evasore”, come venivano chiamati i piloti che abbattuti riparavano in un'altra nazione, il Sottotenente Fred Glover, e con l'aiuto del Generale Dwight D. Eisenhower, allora Comandante Supremo Alleato, il quale perorava personalmente al

46

Il giovane cadetto Yeager posa davanti a un Vultee BT-13 Valiant sul campo di Luke Fiend in Arizona.

AEROFAN | IL IMMORTALE PRIMO UOMO COME SUPERSONICO UN 104

Nel corso del 1947 il modello in scala del Bell X-1 e ettuò numerosi test 3 a Langley in diverse gallerie del vento del National Advisory Committee for Aeronautics, che l’anno successivo sarebbe stato soppresso e assorbito dalla nascente NASA.

Ministero della Difesa la richiesta, Chuck torna nuovamente in volo. Ciò nonostante il preciso divieto del rientro nell'attività operativa degli “evasori” a tutela essenzialmente della sicurezza delle Forze Armate Alleate se il pilota, abbattuto una seconda volta, fosse stato catturato da partigiani di scarsa affidabilità. Pilota eccellente ed ottimo combattente, Yeager conclude il conflitto con 12 vittorie ufficiali, incluso l'abbattimento nello stesso giorno (12 ottobre 1944) di cinque velivoli nemici, dei quali due Messerschmitt Bf 109 senza sparare un colpo ma costringendo il pilota avversario ad una manovra che lo portava a colpire irrimediabilmente il proprio gregario, e un Messerschmitt Me 262 mitragliato mentre atterrava. Promosso prima Tenente e quindi Capitano, effettua l'ultimo volo bellico, il sessantunesimo, il 15 gennaio 1945 per tornare negli Stati Uniti all'inizio del mese seguente scegliendo, in quanto autorizzato dal suo stato di “evasore”, come base di assegnazione Wright Field nella Virginia Occidentale con l'incarico di pilota collaudatore di aeromobili. Il nuovo ruolo lo pone sotto l'autorità del Colonnello Albert Boyd, comandante dell'Aeronautical Systems Flight Test Division. Negli ultimi anni '40, Yeager prosegue la carriera nell'USAAF divenendo un pilota collaudatore presso il Muroc Army Field (oggi Edwards AFB) dopo aver frequentato l'Air Materiel Command Flight Performance School. Nel medesimo periodo l'USAAF lo seleziona per

4-5

I primi voli del prototipo XS-1 furono e ettuati utilizzando un B-29 (45-21800) modificandone la stiva per permettere l’alloggiamento dell’aereo-razzo in posizione semi-annegata. Per ovvie ragioni di sicurezza, la procedura di “lancio” dell’X-1 prevedeva che il suo pilota prendesse posto nell’abitacolo solo quando il B-29 era già in volo, attraversando il passaggio che portava alla stiva bombe non pressurizzata in cui, sulla fiancata destra, era alloggiato un vero e proprio montacarichi simile ad una scaletta (visibile a destra nella foto) dotato di un pannello sagomato con la sezione dell’XS-1 in funzione di paravento. Il pilota si posizionava sul montacarichi rivolto all’interno, con le spalle contro la scaletta, e veniva calato all’altezza del portello dell’aereo-razzo entrando nella cabina con i piedi, provvedendo poi a posizionare il portello che gli veniva passato e indossando il casco stivato precedentemente a bordo.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

47


BOX

BOX

UN PROIETTILE CON LE ALI

N

el 1944 negli Stati Uniti, a seguito a una serie di incontri tra alcuni enti militari, industriali e di ricerca, emergeva un programma congiunto dove l'USAAF, e la US Navy avrebbero dovuto finanziare e collaborare a un progetto di sviluppo di velivoli ad alta velocità sotto la direzione tecnica della NACA. L'USAAF, per ragioni di tempo, puntava sull'adozione di un motore a razzo mentre la Marina e la NACA prediligevano un turbogetto. Nacquero quindi due progetti complementari di cui uno era noto come XS-1, da eXperimental Supersonic. Nell'estate del medesimo anno lo High-Speed Panel (la sezione della NACA competente nelle sperimentazioni legate all'alta velocità) e il Material Command (il comando logistico USAAF) discutevano il progetto del nuovo velivolo e il 30 novembre 1944 la Bell Aircraft Company si off rì di costruire l'aeroplano, secondo un progetto (MCD-524) che prevedeva decollo convenzionale ed era predisposto per condurre i test di velocità in volo orizzontale. A metà del mese di marzo del 1945 il costruttore statunitense presentò alla NACA e all'USAAF i dettagli del suo progetto. Erano stati scelti il motore a razzo e l'ala dritta tipica della configurazione di tutti i velivoli in servizio all'epoca. Si stabilì che l'aereo sarebbe stato trasportato e sganciato in quota da un bombardiere Boeing B-29

opportunamente modificato, che avrebbe dovuto essere in grado di volare per dieci minuti in assetto orizzontale o in cabrata per effettuare i tentativi di velocità supersonica e che il pilota avrebbe dovuto essere seduto nell'abitacolo anziché sdraiato in posizione prona come previsto inizialmente. Si decise infine che il velivolo sarebbe stato pronto entro un anno dalla firma del contratto alla Bell da parte dell'Army Air Forces Technical Service Command dell'USAAF, avvenuta il 16 marzo 1945. Sarebbero stati costruiti tre velivoli rispettivamente con le matricole 46062, 46-063 e 46-064 e ad un costo complessivo stimato in poco meno di 4,3 milioni di dollari. Il programma, indicato inizialmente come MX-524, venne successivamente designato MX-653 divenendo noto, nell'autunno del 1945, come XS-1 sino all'identificazione definitiva, nel 1948, semplicemente di X-1. L'aeroplano era un monoplano monoposto ad ala media con impennaggi cruciformi e carrello d'atterraggio triciclo, predisposto per il lancio in volo da un aereo-madre. Era realizzato con l'impiego di leghe leggere in alluminio e aveva una linea particolarmente affusolata senza alcuna sporgenza esterna che lo rendeva sostanzialmente un proiettile con le ali riprendendo la forma esteriore del proiettile calibro .50, uno dei pochi oggetti dell'epoca noti per avere una traiettoria stabile anche a velocità supersonica.

Il Bell X-1 di Chuck Yeager, conservato presso il National Air and Space Museum di Washington D.C.

50

Il motore era un propulsore a razzo XLR-11, prodotto dalla Reaction Motors, che utilizzava una miscela di alcol etilico ed acqua che reagiva con ossigeno liquido generando una spinta di 6.672 Newton per ognuna delle quattro camere di combustione, attivabili singolarmente. La spinta massima complessiva raggiungeva quindi i 26.689 Newton. Il pilota alloggiava seduto in un abitacolo pressurizzato piuttosto angusto, la cui visibilità era decisamente scarsa poiché il parabrezza non sporgeva dalla fusoliera, e impiegava una strumentazione convenzionale alla quale si aggiungevano un machmetro, un comando per la regolazione del calettamento dello stabilizzatore e i controlli del motore a razzo mentre, al posto della convenzionale barra di comando, vi era un volantino a forma di "H" ottimizzato per il pilotaggio con entrambe le mani nei turbolenti regimi transonici. Due peculiarità dello X-1 erano inoltre la capacità di sopportare sollecitazioni strutturali fino a un fattore di carico di 18 g, ben superiore perciò ai 12 g dei velivoli da caccia contemporanei, e la posizione del serbatoio dell'ossigeno liquido, immediatamente dietro la cabina di pilotaggio, il quale doveva essere mantenuto a una temperatura di -182,7 °C, motivo questo che portò Chuck Yeager a definire l'X-1 “il velivolo più freddo che abbia mai pilotato in vita mia”.

Dopo una serie di voli nel 1946, il primo dei quali avvenuto al Pinecastle Army Air Field non lontano da Orlando, in Florida, ai comandi del pilota collaudatore della Bell Jack Woolams, i primi due X-1, rispettivamente con 19 e 18 voli già effettuati, nel giugno del 1947 vennero ceduti alla Air Force Flight Test Division dell'USAAF con sede a Wright Field, in Ohio. Qui, sotto la supervisione del maggiore Roberto L. "Bob" Cardenas e del capitano Jackie L. "Jack" Ridley, Chuck Yeager lavorava con la qualifica di primo pilota. Dopo aver portato a termine tre voli planati, Yeager effettuò il primo volo motorizzato dell'USAAF con l'aereo numero 1, soprannominato Glamorous Glennis, il 29 agosto 1947 raggiungndo Mach 0,85. Nei sei voli successivi Yeager riscontrò problemi legati a forti vibrazioni e instabilità intorno all'asse di beccheggio e il 10 ottobre, nel corso dell'ottavo volo e alla velocità di Mach 0.997, il pilota perse il controllo del beccheggio a causa della formazione di un'onda d'urto in prossimità dell'equilibratore. I voli non potevano continuare senza aver risolto il problema della controllabilità del velivolo e un amico di Yeager, pilota ed ingegnere aeronautico, riuscì a convincerlo a rinunciare all'impiego dell'equilibratore a velocità transoniche affidandosi esclusivamente alla variazione del calettamento (ovvero l'angolo rispetto all'orizzonte) dell'intero stabilizzatore mobile.

Il terzo X-1 (46-064), noto come "Queenie", durante le fasi di aggancio all’aereo madre EB-50A (46-006) a Edwards. Il primo volo avvenne il 20 luglio 1951 ai comandi del pilota della Bell Joseph Cannon e, il 9 novembre successivo al termine del secondo volo durante il quale non era previsto lo sgancio dell’X-1, entrambi gli aerei furono distrutti a terra da un incendio scoppiato durante il defueling.

51


BOX

BOX

UN PROIETTILE CON LE ALI

N

el 1944 negli Stati Uniti, a seguito a una serie di incontri tra alcuni enti militari, industriali e di ricerca, emergeva un programma congiunto dove l'USAAF, e la US Navy avrebbero dovuto finanziare e collaborare a un progetto di sviluppo di velivoli ad alta velocità sotto la direzione tecnica della NACA. L'USAAF, per ragioni di tempo, puntava sull'adozione di un motore a razzo mentre la Marina e la NACA prediligevano un turbogetto. Nacquero quindi due progetti complementari di cui uno era noto come XS-1, da eXperimental Supersonic. Nell'estate del medesimo anno lo High-Speed Panel (la sezione della NACA competente nelle sperimentazioni legate all'alta velocità) e il Material Command (il comando logistico USAAF) discutevano il progetto del nuovo velivolo e il 30 novembre 1944 la Bell Aircraft Company si off rì di costruire l'aeroplano, secondo un progetto (MCD-524) che prevedeva decollo convenzionale ed era predisposto per condurre i test di velocità in volo orizzontale. A metà del mese di marzo del 1945 il costruttore statunitense presentò alla NACA e all'USAAF i dettagli del suo progetto. Erano stati scelti il motore a razzo e l'ala dritta tipica della configurazione di tutti i velivoli in servizio all'epoca. Si stabilì che l'aereo sarebbe stato trasportato e sganciato in quota da un bombardiere Boeing B-29

opportunamente modificato, che avrebbe dovuto essere in grado di volare per dieci minuti in assetto orizzontale o in cabrata per effettuare i tentativi di velocità supersonica e che il pilota avrebbe dovuto essere seduto nell'abitacolo anziché sdraiato in posizione prona come previsto inizialmente. Si decise infine che il velivolo sarebbe stato pronto entro un anno dalla firma del contratto alla Bell da parte dell'Army Air Forces Technical Service Command dell'USAAF, avvenuta il 16 marzo 1945. Sarebbero stati costruiti tre velivoli rispettivamente con le matricole 46062, 46-063 e 46-064 e ad un costo complessivo stimato in poco meno di 4,3 milioni di dollari. Il programma, indicato inizialmente come MX-524, venne successivamente designato MX-653 divenendo noto, nell'autunno del 1945, come XS-1 sino all'identificazione definitiva, nel 1948, semplicemente di X-1. L'aeroplano era un monoplano monoposto ad ala media con impennaggi cruciformi e carrello d'atterraggio triciclo, predisposto per il lancio in volo da un aereo-madre. Era realizzato con l'impiego di leghe leggere in alluminio e aveva una linea particolarmente affusolata senza alcuna sporgenza esterna che lo rendeva sostanzialmente un proiettile con le ali riprendendo la forma esteriore del proiettile calibro .50, uno dei pochi oggetti dell'epoca noti per avere una traiettoria stabile anche a velocità supersonica.

Il Bell X-1 di Chuck Yeager, conservato presso il National Air and Space Museum di Washington D.C.

50

Il motore era un propulsore a razzo XLR-11, prodotto dalla Reaction Motors, che utilizzava una miscela di alcol etilico ed acqua che reagiva con ossigeno liquido generando una spinta di 6.672 Newton per ognuna delle quattro camere di combustione, attivabili singolarmente. La spinta massima complessiva raggiungeva quindi i 26.689 Newton. Il pilota alloggiava seduto in un abitacolo pressurizzato piuttosto angusto, la cui visibilità era decisamente scarsa poiché il parabrezza non sporgeva dalla fusoliera, e impiegava una strumentazione convenzionale alla quale si aggiungevano un machmetro, un comando per la regolazione del calettamento dello stabilizzatore e i controlli del motore a razzo mentre, al posto della convenzionale barra di comando, vi era un volantino a forma di "H" ottimizzato per il pilotaggio con entrambe le mani nei turbolenti regimi transonici. Due peculiarità dello X-1 erano inoltre la capacità di sopportare sollecitazioni strutturali fino a un fattore di carico di 18 g, ben superiore perciò ai 12 g dei velivoli da caccia contemporanei, e la posizione del serbatoio dell'ossigeno liquido, immediatamente dietro la cabina di pilotaggio, il quale doveva essere mantenuto a una temperatura di -182,7 °C, motivo questo che portò Chuck Yeager a definire l'X-1 “il velivolo più freddo che abbia mai pilotato in vita mia”.

Dopo una serie di voli nel 1946, il primo dei quali avvenuto al Pinecastle Army Air Field non lontano da Orlando, in Florida, ai comandi del pilota collaudatore della Bell Jack Woolams, i primi due X-1, rispettivamente con 19 e 18 voli già effettuati, nel giugno del 1947 vennero ceduti alla Air Force Flight Test Division dell'USAAF con sede a Wright Field, in Ohio. Qui, sotto la supervisione del maggiore Roberto L. "Bob" Cardenas e del capitano Jackie L. "Jack" Ridley, Chuck Yeager lavorava con la qualifica di primo pilota. Dopo aver portato a termine tre voli planati, Yeager effettuò il primo volo motorizzato dell'USAAF con l'aereo numero 1, soprannominato Glamorous Glennis, il 29 agosto 1947 raggiungndo Mach 0,85. Nei sei voli successivi Yeager riscontrò problemi legati a forti vibrazioni e instabilità intorno all'asse di beccheggio e il 10 ottobre, nel corso dell'ottavo volo e alla velocità di Mach 0.997, il pilota perse il controllo del beccheggio a causa della formazione di un'onda d'urto in prossimità dell'equilibratore. I voli non potevano continuare senza aver risolto il problema della controllabilità del velivolo e un amico di Yeager, pilota ed ingegnere aeronautico, riuscì a convincerlo a rinunciare all'impiego dell'equilibratore a velocità transoniche affidandosi esclusivamente alla variazione del calettamento (ovvero l'angolo rispetto all'orizzonte) dell'intero stabilizzatore mobile.

Il terzo X-1 (46-064), noto come "Queenie", durante le fasi di aggancio all’aereo madre EB-50A (46-006) a Edwards. Il primo volo avvenne il 20 luglio 1951 ai comandi del pilota della Bell Joseph Cannon e, il 9 novembre successivo al termine del secondo volo durante il quale non era previsto lo sgancio dell’X-1, entrambi gli aerei furono distrutti a terra da un incendio scoppiato durante il defueling.

51


Nel 1986, in occasione della 70a edizione 12-13 della 500 Miglia di Indianapolis, Yeager guidò la chevrolet Corvette usata come "Pace Car" della gara. Alle spalle di Yeager appare il Northrop F-20 Tigershark, evoluzione del noto caccia F-5, di cui il pilota fu un acceso sostenitore.

Il 1° marzo 1975, sulla Norton AFB, Chuck Yeager lascia le Forze Armate dopo 33 anni di servizio attivo permanente, pur continuando a volare saltuariamente come consulente esterno in qualità di pilota collaudatore sia per l'USAF che per la NASA. Per il suo lavoro di consulente, Yeager è pagato un dollaro all'anno, più tutto il tempo di volo che vuole. Nel 1986 prende parte, insieme a Richard Feynman e Neil Armstrong, alla Rogers Commission voluta dal Presidente statunitense Ronald Reagan per investigare sull'esplosione dello Space Shuttle Challenger nella missione STS-51-L. Altri impegni lo portano anche nel mondo del cinema e della televisione, da semplice comparsa ad attore di rilievo, ed in quello dei simulatori per piloti virtuali non trascurando certo la passione

54

AEROFAN | IL PRIMO UOMO SUPERSONICO

principale, il volo. Nei primi Anni '90 Yeager firma infatti ulteriori primati di velocità, distanza ed autonomia a bordo di velivoli dell'Aviazione Generale, soprattutto della Piper Aircraft. Il 14 ottobre 1997, cinquantesimo anniversario del suo storico volo oltre Mach 1, Yeager supera nuovamente il muro del suono a bordo di un Glamorous Glennis III, ma questa volta non si tratta di un X-1 né tantomeno di un P51 Mustang, bensì di un F-15D Eagle portato in volo con il tenente colonnello Troy Fontaine come co-pilota. Chase plane per l'occasione è un F-16 Fighting Falcon pilotato da Bob Hoover, già famoso pilota di air-show e suo wingman anche durante il primo volo supersonico del 1947; lo stesso Hoover avrebbe preso il posto di Yeager se quest'ultimo si fosse rivolto al medico di volo con le

costole rotte prima del tentativo di record con l'X-1. Questo del cinquantesimo anniversario è l'ultimo volo ufficiale di Yeager con l'Air Force. Nel 2004, il Congresso degli Stati Uniti vota per autorizzare il Presidente a promuovere Yeager al grado di maggior generale della riserva. Nel 2005, il Presidente George W. Bush promuove sia Yeager che, postumo, il pioniere della superiorità aerea Billy Mitchell. Il 14 ottobre 2012, alla veneranda età di 89 anni, Yeager ripete l'impresa di superare la barriera del suono, nuovamente a bordo di un McDonnell Douglas F-15E Eagle, questa volta però “solo” come navigatore. Il 7 dicembre del 2020, l'illustre “Generale Supersonico” in pensione dell'USAF si spegne, a 97 anni d'età, in un ospedale di Los Angeles.

1997. 14Yeager al termine del volo supersonico eettuato a bordo di14unottobre McDonnell Ā Douglas F-15D battezzato, ancora una volta, “Glamorous Glennis”.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

55


Nel 1986, in occasione della 70a edizione 12-13 della 500 Miglia di Indianapolis, Yeager guidò la chevrolet Corvette usata come "Pace Car" della gara. Alle spalle di Yeager appare il Northrop F-20 Tigershark, evoluzione del noto caccia F-5, di cui il pilota fu un acceso sostenitore.

Il 1° marzo 1975, sulla Norton AFB, Chuck Yeager lascia le Forze Armate dopo 33 anni di servizio attivo permanente, pur continuando a volare saltuariamente come consulente esterno in qualità di pilota collaudatore sia per l'USAF che per la NASA. Per il suo lavoro di consulente, Yeager è pagato un dollaro all'anno, più tutto il tempo di volo che vuole. Nel 1986 prende parte, insieme a Richard Feynman e Neil Armstrong, alla Rogers Commission voluta dal Presidente statunitense Ronald Reagan per investigare sull'esplosione dello Space Shuttle Challenger nella missione STS-51-L. Altri impegni lo portano anche nel mondo del cinema e della televisione, da semplice comparsa ad attore di rilievo, ed in quello dei simulatori per piloti virtuali non trascurando certo la passione

54

AEROFAN | IL PRIMO UOMO SUPERSONICO

principale, il volo. Nei primi Anni '90 Yeager firma infatti ulteriori primati di velocità, distanza ed autonomia a bordo di velivoli dell'Aviazione Generale, soprattutto della Piper Aircraft. Il 14 ottobre 1997, cinquantesimo anniversario del suo storico volo oltre Mach 1, Yeager supera nuovamente il muro del suono a bordo di un Glamorous Glennis III, ma questa volta non si tratta di un X-1 né tantomeno di un P51 Mustang, bensì di un F-15D Eagle portato in volo con il tenente colonnello Troy Fontaine come co-pilota. Chase plane per l'occasione è un F-16 Fighting Falcon pilotato da Bob Hoover, già famoso pilota di air-show e suo wingman anche durante il primo volo supersonico del 1947; lo stesso Hoover avrebbe preso il posto di Yeager se quest'ultimo si fosse rivolto al medico di volo con le

costole rotte prima del tentativo di record con l'X-1. Questo del cinquantesimo anniversario è l'ultimo volo ufficiale di Yeager con l'Air Force. Nel 2004, il Congresso degli Stati Uniti vota per autorizzare il Presidente a promuovere Yeager al grado di maggior generale della riserva. Nel 2005, il Presidente George W. Bush promuove sia Yeager che, postumo, il pioniere della superiorità aerea Billy Mitchell. Il 14 ottobre 2012, alla veneranda età di 89 anni, Yeager ripete l'impresa di superare la barriera del suono, nuovamente a bordo di un McDonnell Douglas F-15E Eagle, questa volta però “solo” come navigatore. Il 7 dicembre del 2020, l'illustre “Generale Supersonico” in pensione dell'USAF si spegne, a 97 anni d'età, in un ospedale di Los Angeles.

1997. 14Yeager al termine del volo supersonico eettuato a bordo di14unottobre McDonnell Ā Douglas F-15D battezzato, ancora una volta, “Glamorous Glennis”.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

55


flying legends by Luckyplane

La squadriglia

perduta vivi la storia sulla tua pelle!

Bombardieri a tu. o nel deserto polo SORCI VERDI

Roberto Bassi polo FEAR THE BONES

scopri di più su:

polo SF-260AM

www.flying legends.it

polo OMINO ELETTRICO

L

a 209a Squadriglia Bombardamento a Tuffo, facente parte del 102° Gruppo ed equipaggiata con gli Ju 87 “Stuka”, appena concluso il duro ciclo bellico nei cieli della Grecia, il 3 luglio 1941 inizia il trasferimento dall'aeroporto di Galatina verso le basi libiche.

59


flying legends by Luckyplane

La squadriglia

perduta vivi la storia sulla tua pelle!

Bombardieri a tu. o nel deserto polo SORCI VERDI

Roberto Bassi polo FEAR THE BONES

scopri di più su:

polo SF-260AM

www.flying legends.it

polo OMINO ELETTRICO

L

a 209a Squadriglia Bombardamento a Tuffo, facente parte del 102° Gruppo ed equipaggiata con gli Ju 87 “Stuka”, appena concluso il duro ciclo bellico nei cieli della Grecia, il 3 luglio 1941 inizia il trasferimento dall'aeroporto di Galatina verso le basi libiche.

59


dovevamo arrivare alla maggior quota possibile, poi il pilota metteva l'aereo in picchiata verticale e così si andava giù a più di 700 Km./h. fino a 1.000 metri di quota, qualche volta fino a 700 o 500. Prima di iniziare il tuffo, il Comandante comunicava a quale quota dovevamo sganciare le bombe, quindi ogni pilota regolava la sirena con l'altimetro di bordo per farla suonare alla quota stabilita. Quando questa urlava in cuffia, il pilota premeva il pulsante di sgancio posto in cima all'impugnatura della cloche. Sganciate le bombe il pilota iniziava una dolce richiamata sfruttando la grande velocità acquisita per potersi allontanare più velocemente possibile dalla zona dell'obbiettivo e dalla contraerea. Ricordo che il Serg. Cainero mi aveva già chiesto un paio di volte da quanto tempo fossimo in volo. Sotto di noi sempre sabbia e deserto… e continuavamo ad andare avanti. Ancora una volta Cainero mi chiese da quanto tempo fossimo in volo e gli risposi che eravamo quasi allo scadere di mezza autonomia. Con riluttanza Cainero ruppe il silenzio radio facendo presente la necessità di invertire la rotta per poter rientrare al campo. Crivellini rispose che era a conoscenza, di non preoccuparsi e di continuare. Passarono alcuni minuti e di quel gran concentramento di mezzi corazzati che dovevamo bombardare nemmeno l'ombra. Intanto il punto di non ritorno era passato e non bisognava essere professori per capire che probabilmente non saremmo riusciti a tornare alla base. Cainero chiamò nuovamente Crivellini. Quest'ultimo rispose “Va bene, lo so! Ora si torna indietro”. I carri armati inglesi non eravamo stati capaci di trovarli. Non sapevamo che in quel momento la formazione tedesca, della quale faceva parte anche il Cap. Romanese, aveva trovato l'obbiettivo, lo aveva bombardato senza subire perdite ed era già sulla strada del ritorno. Quando il Ten. Crivellini dette l'ordine di ritorno e la formazione iniziò la virata, fui molto contento e mi rilassai un po’. Volavamo ancora alti e ancora molto lontani dalle nostre linee, mi accorsi che stavamo sorvolando un campo di fortuna inglese. Era un rettangolo pulito dai sassi e con alcuni cannoncini antiaerei ai lati, una baracca, qualche tenda, alcuni camion e per fortuna pochi aerei Hurricane. Qualcuno ci aspettava in quota, altri avevano appena decollato e si vedeva ancora il polverone che avevano sollevato. L'errore di rotta era ormai evidente e tutti i velivoli della formazione erano ormai agli sgoccioli con la benzina. Tacitamente iniziammo a sparpagliarci. Il Ten. Crivellini via radio disse “Sono senza carburante e cerco un posto dove atterrare, voi proseguite perchè le nostre linee non sono lontane”. Si udì via radio qualche parolaccia e anche qualche bestemmia... ovviamente le nostre condizioni di autonomia erano come le sue. Ci sarebbe servita benzina per altri 20 minuti di volo invece ne avevamo per qualche minuto. Inizialmente ci siamo staccati dalla formazione assieme al velivolo del M.llo Giunta che però, poco dopo, virò a sinistra lasciandoci soli. L'indicatore carburante segnava zero! Cainero mise lo Stuka con il muso sotto l'orizzonte per aumentare la velocità e così allontanarsi più rapidamente dal nemico. Il motore cominciò a tossire. Cainero mi chiese di aiutarlo a trovare uno spiazzo

62

AEROFAN | LA SQUADRIGLIA PERDUTA

sgombro di sassi perchè aveva deciso di atterrare. Strinsi le cinture, bloccai la mitragliatrice alla torretta e mi aggrappai alla struttura. Il motore piantò ad una trentina di metri dal suolo e Cainerò fece un atterraggio perfetto provocando la sola esplosione del ruotino di coda. Erano appena passate le 09.00 del 13 settembre 1941. Scendemmo dall'aereo abbastanza contenti per il felice esito dell'atterraggio. Ci guardammo in giro, c'era solo sabbia, molta sabbia e sassi e benchè fosse ancora prima mattina faceva già molto caldo. Sotto l'ala dello Stuka tirammo a sorte su chi si sarebbe dovuto allontanare in perlustrazione. Toccò a Cainero che si allontanò in direzione di una lunghissima catena di collinette portando con se la bussola del battellino, la pistola da segnalazione e la borraccia con due litri d'acqua. Lo seguii fino a che non lo vidi più cercando di osservare se avesse sparato qualche razzo di segnalazione. Come concordato, se avessi visto razzi rossi voleva dire che c'erano gli inglesi; avrei così dovuto distruggere l'aeroplano e cercare di raggiungerlo. Se non avesse avvistato nulla sarebbe tornato indietro stimando il suo arrivo per le 15.00. Restammo d'accordo che se l'avessero preso prigioniero avrebbe segnalato anche la mia presenza in modo di concludere la guerra assieme in un campo di prigionia, come del resto assieme l'avevamo mal cominciata. Intanto estrassi tutto il materiale di sopravvivenza contenuto nel battellino autogonfiabile. Il caldo era insopportabile e a mezzogiorno avevo già bevuto il mezzo litro d'acqua della dotazione d'emergenza”. Alle 08.35 il Cap. Romanese di ritorno dall'azione prese terra a Gars El Arid dopo due ore esatte di volo e con i serbatoi quasi a secco in quanto il volo era stato condotto con il motore a pieno regime. Romanese attese tutta la mattina il rientro dei suoi quindi, con il suo Ju 87, decollò alla volta di Gambut per dare inizio alle ricerche. Il Comando tedesco e quello italiano coordinarono un piano di ricerche. Romanese decollò alle 16.20 a bordo di un Me.110 tedesco alla ricerca dei dispersi lungo la direttrice Gambut-Bardia-Ridotta Maddalena senza avvistare nulla. Riprendiamo il racconto di Pozzi: “Verso le 15.00 iniziai ad impensierirmi e pensando che Cainero fosse in difficoltà nel ritrovare il nostro aeroplano sparai alcune raffiche di mitragliatrice e un paio di razzi di segnalazione. Ripetei questo quattro o cinque volte quando sentii il rumore di un aeroplano che si avvicinava. Era ancora lontano quando cominciò a picchiare diritto sul mio aeroplano. Mi allontanai di corsa dallo Stuka. L'aeroplano fece tre passaggi a bassa quota e poi riconobbi la sagoma di un Hurricane inglese. Poi puntò su di me! Mi vidi perso, non potevo ripararmi dietro a nulla, ero inerme e nella mia mente passò tutta la mia vita, la mia famiglia, il mio Friuli. Tutti questi pensieri passavano attraverso la mia mente mentre ero accovacciato a terra, tutto raggomitolato e con la testa fra le ginocchia. Avevo paura di morire. Attimi terribilmente lunghi nell'attesa di sentire partire I primi colpi. Ma quello che udii fu l'urlo del motore sopra di me, mi girai, appena in tempo per vedere il caccia nemico che si arrampicava nel cielo e la mano del pilota che mi salutava. Mi sorvolò bassissimo

MAG/GIU SET/OTT 2020 2021 | AEROFAN

639


dovevamo arrivare alla maggior quota possibile, poi il pilota metteva l'aereo in picchiata verticale e così si andava giù a più di 700 Km./h. fino a 1.000 metri di quota, qualche volta fino a 700 o 500. Prima di iniziare il tuffo, il Comandante comunicava a quale quota dovevamo sganciare le bombe, quindi ogni pilota regolava la sirena con l'altimetro di bordo per farla suonare alla quota stabilita. Quando questa urlava in cuffia, il pilota premeva il pulsante di sgancio posto in cima all'impugnatura della cloche. Sganciate le bombe il pilota iniziava una dolce richiamata sfruttando la grande velocità acquisita per potersi allontanare più velocemente possibile dalla zona dell'obbiettivo e dalla contraerea. Ricordo che il Serg. Cainero mi aveva già chiesto un paio di volte da quanto tempo fossimo in volo. Sotto di noi sempre sabbia e deserto… e continuavamo ad andare avanti. Ancora una volta Cainero mi chiese da quanto tempo fossimo in volo e gli risposi che eravamo quasi allo scadere di mezza autonomia. Con riluttanza Cainero ruppe il silenzio radio facendo presente la necessità di invertire la rotta per poter rientrare al campo. Crivellini rispose che era a conoscenza, di non preoccuparsi e di continuare. Passarono alcuni minuti e di quel gran concentramento di mezzi corazzati che dovevamo bombardare nemmeno l'ombra. Intanto il punto di non ritorno era passato e non bisognava essere professori per capire che probabilmente non saremmo riusciti a tornare alla base. Cainero chiamò nuovamente Crivellini. Quest'ultimo rispose “Va bene, lo so! Ora si torna indietro”. I carri armati inglesi non eravamo stati capaci di trovarli. Non sapevamo che in quel momento la formazione tedesca, della quale faceva parte anche il Cap. Romanese, aveva trovato l'obbiettivo, lo aveva bombardato senza subire perdite ed era già sulla strada del ritorno. Quando il Ten. Crivellini dette l'ordine di ritorno e la formazione iniziò la virata, fui molto contento e mi rilassai un po’. Volavamo ancora alti e ancora molto lontani dalle nostre linee, mi accorsi che stavamo sorvolando un campo di fortuna inglese. Era un rettangolo pulito dai sassi e con alcuni cannoncini antiaerei ai lati, una baracca, qualche tenda, alcuni camion e per fortuna pochi aerei Hurricane. Qualcuno ci aspettava in quota, altri avevano appena decollato e si vedeva ancora il polverone che avevano sollevato. L'errore di rotta era ormai evidente e tutti i velivoli della formazione erano ormai agli sgoccioli con la benzina. Tacitamente iniziammo a sparpagliarci. Il Ten. Crivellini via radio disse “Sono senza carburante e cerco un posto dove atterrare, voi proseguite perchè le nostre linee non sono lontane”. Si udì via radio qualche parolaccia e anche qualche bestemmia... ovviamente le nostre condizioni di autonomia erano come le sue. Ci sarebbe servita benzina per altri 20 minuti di volo invece ne avevamo per qualche minuto. Inizialmente ci siamo staccati dalla formazione assieme al velivolo del M.llo Giunta che però, poco dopo, virò a sinistra lasciandoci soli. L'indicatore carburante segnava zero! Cainero mise lo Stuka con il muso sotto l'orizzonte per aumentare la velocità e così allontanarsi più rapidamente dal nemico. Il motore cominciò a tossire. Cainero mi chiese di aiutarlo a trovare uno spiazzo

62

AEROFAN | LA SQUADRIGLIA PERDUTA

sgombro di sassi perchè aveva deciso di atterrare. Strinsi le cinture, bloccai la mitragliatrice alla torretta e mi aggrappai alla struttura. Il motore piantò ad una trentina di metri dal suolo e Cainerò fece un atterraggio perfetto provocando la sola esplosione del ruotino di coda. Erano appena passate le 09.00 del 13 settembre 1941. Scendemmo dall'aereo abbastanza contenti per il felice esito dell'atterraggio. Ci guardammo in giro, c'era solo sabbia, molta sabbia e sassi e benchè fosse ancora prima mattina faceva già molto caldo. Sotto l'ala dello Stuka tirammo a sorte su chi si sarebbe dovuto allontanare in perlustrazione. Toccò a Cainero che si allontanò in direzione di una lunghissima catena di collinette portando con se la bussola del battellino, la pistola da segnalazione e la borraccia con due litri d'acqua. Lo seguii fino a che non lo vidi più cercando di osservare se avesse sparato qualche razzo di segnalazione. Come concordato, se avessi visto razzi rossi voleva dire che c'erano gli inglesi; avrei così dovuto distruggere l'aeroplano e cercare di raggiungerlo. Se non avesse avvistato nulla sarebbe tornato indietro stimando il suo arrivo per le 15.00. Restammo d'accordo che se l'avessero preso prigioniero avrebbe segnalato anche la mia presenza in modo di concludere la guerra assieme in un campo di prigionia, come del resto assieme l'avevamo mal cominciata. Intanto estrassi tutto il materiale di sopravvivenza contenuto nel battellino autogonfiabile. Il caldo era insopportabile e a mezzogiorno avevo già bevuto il mezzo litro d'acqua della dotazione d'emergenza”. Alle 08.35 il Cap. Romanese di ritorno dall'azione prese terra a Gars El Arid dopo due ore esatte di volo e con i serbatoi quasi a secco in quanto il volo era stato condotto con il motore a pieno regime. Romanese attese tutta la mattina il rientro dei suoi quindi, con il suo Ju 87, decollò alla volta di Gambut per dare inizio alle ricerche. Il Comando tedesco e quello italiano coordinarono un piano di ricerche. Romanese decollò alle 16.20 a bordo di un Me.110 tedesco alla ricerca dei dispersi lungo la direttrice Gambut-Bardia-Ridotta Maddalena senza avvistare nulla. Riprendiamo il racconto di Pozzi: “Verso le 15.00 iniziai ad impensierirmi e pensando che Cainero fosse in difficoltà nel ritrovare il nostro aeroplano sparai alcune raffiche di mitragliatrice e un paio di razzi di segnalazione. Ripetei questo quattro o cinque volte quando sentii il rumore di un aeroplano che si avvicinava. Era ancora lontano quando cominciò a picchiare diritto sul mio aeroplano. Mi allontanai di corsa dallo Stuka. L'aeroplano fece tre passaggi a bassa quota e poi riconobbi la sagoma di un Hurricane inglese. Poi puntò su di me! Mi vidi perso, non potevo ripararmi dietro a nulla, ero inerme e nella mia mente passò tutta la mia vita, la mia famiglia, il mio Friuli. Tutti questi pensieri passavano attraverso la mia mente mentre ero accovacciato a terra, tutto raggomitolato e con la testa fra le ginocchia. Avevo paura di morire. Attimi terribilmente lunghi nell'attesa di sentire partire I primi colpi. Ma quello che udii fu l'urlo del motore sopra di me, mi girai, appena in tempo per vedere il caccia nemico che si arrampicava nel cielo e la mano del pilota che mi salutava. Mi sorvolò bassissimo

MAG/GIU SET/OTT 2020 2021 | AEROFAN

639


parecchie volte e ogni volta mi salutava. Io mi sbracciavo per rispondere ai suoi saluti e ridevo come un bambino felice. Ero felice. Solo in quell'immenso deserto, senza una goccia d'acqua, eppure ero felice verso quell'aviatore inglese che mi lasciava la vita. Poi si allontanò in direzione del campo inglese. Sicuramente avrebbe avvertito i suoi e presto avrei visto una camionetta inglese venirmi a prendere. Dovevo prima distruggere l'aeroplano. Decisi che potevo solo mitragliarlo. In un attimo smontai la mitragliatrice della torretta e mi preparai ad abbandonare l'aereo raccogliendo tutto quello che poteva essermi utile e lasciando un messaggio ben visibile per Cainero nella speranza riuscisse a tornare. Sparai centinaia di colpi contro lo Stuka rendendolo inservibile fino a quando iniziarono a sprigionarsi delle fiammelle innescate dalle pallottole traccianti al magnesio. Distrussi anche la radio che poteva essere la mia salvezza ma che non sapevo usare, quindi mi incamminai nella direzione nella quale si era allontanato Cainero. Erano le 18.00 quando iniziai il mio cammino nella direzione di tramonto del sole. Prima di vederlo scomparire del tutto mi fermai e sedetti a terra con la fronte rivolta alla direzione di marcia, non volevo perdere la giusta direzione. Venuto il buio decisi di seguire due stelle più luminose delle altre. Ad andare diritto, almeno fino a quel momento, mi aiutava l'incendio del mio aeroplano che tenevo dietro di me. Camminai ancora per un paio d'ore in un saliscendi interminabile di dune poi,

uscii all'aperto, erano altissimi, ma comunque feci segnali con lo specchietto e sparai dei razzi, tutto inutilmente. L'interno delle narici mi bruciava sempre di più. Mi decisi finalmente ad urinare nel bicchiere; due dita di liquido rossastro. Lo usai per inumidire la pelle del viso e dopo un pò mi feci forza e provai ad assaggiarlo. Lo bevvi tutto rimpiangendo tutto quello che avevo buttato via nei giorni precedenti. Due giorni prima ero scappato per non esser preso prigioniero, ora speravo che qualcuno, di qualsiasi nazionalità, mi trovasse e mi desse un pò d'acqua. Nel pomeriggio mi decisi a fare una cosa alla quale avevo a lungo e più volte pensato riempiendo il bidoncino con l'acqua del radiatore. Non volevo farlo perchè sarebbe stata troppo forte la tentazione di berla e con la sua concentrazione di anticongelante era molto velenosa. Avere l'acqua e non poterla bere! Ogni tanto immergevo la mano nel bidoncino e mi inumidivo il corpo. Arrivò il pomeriggio, sapevo che sarebbe arrivato il momento in cui l'avrei bevuta così la buttai. Sognavo l'acqua ad occhi aperti. Appena fece buio accesi un piccolo fuoco che avevo alimentato con alcune funi del paracadute ed altre parti del velivolo adatte allo scopo sperando potesse essere visto da qualcuno. Mi addormentai svegliandomi ogni tanto ad alimentare le fiamme. Iniziò così il mio quarto giorno nel deserto. Guardai l'aeroplano e con meraviglia notai che la parte superiore dell'ala era cosparsa di minuscole goccioline d'acqua, era la prima volta che succedeva. Tentai di

I velivoli della 209a come furono rinvenuti dal personale inglese. 4-8 Lo Stuka MM.5763 (n° 18), pilotato dal Serg. Bartolomasi (mitragliere Av.

stanco, mi fermai con l'intenzione di dormire un pò. Prima di coricarmi composi sul terreno una lunga freccia con delle pietre rivolta nella direzione che volevo mantenere. Il giubbotto di volo fece da cuscino e avvolto nella coperta mi addormentai. Dormii sodo perchè quando mi svegliai erano le sette del mattino. Mi ero addormentato con la sete e naturalmente con la sete mi svegliai. Mi alzai e dopo essermi avvolto la testa con una striscia di seta del paracadute ripresi il cammino. La sete si faceva sentire sempre di più e dopo un pò buttai via la coperta. Abbandonai via via tutto quello che ritenevo superfluo rimanendo in pantaloncini, scarpette di tela e gomma, giubbetto e conservai solo la pistola e i razzi da segnalazione. Faceva davvero molto caldo e stando sempre sotto il sole lo sentivo ancora di più. La pelle cominciava a bruciare. Verso le 10.00 intravidi la mia salvezza od almeno il modo di evitare la morte per abbrustolimento. Era un aeroplano, uno dei nostri Stuka! Finalmente sotto le sue ali avrei trovato l'ombra. Sembrava vicino ma impiegai più di un'ora per raggiungerlo. Quando vi arrivai ero sfinito. Mi distesi sotto la pancia dell'aereo e riposai. Decisi di non muovermi più da lì.Ispezionai l'aereo e trovai tre coperte, uno specchietto, razzi da segnalazione e un bicchiere di alluminio. L'aereo era quasi intatto, con una grossa pietra avevano sfondato il monoblocco del motore e rotto l'apparato radio.

64

AEROFAN | LA SQUADRIGLIA PERDUTA

Sc. Penzo) fu recuperato dal personale della RAF e trasferito in volo in Egitto per essere valutato.

Con le funi dei due paracadute e una coperta mi costruii un'amaca fissandola sotto le ali dell'aereo e poi fissai una coperta alle gambe del carrello per proteggermi dal vento caldo. Allargai le candide calotte dei paracadute, fermandole con delle pietre, accanto al velivolo sperando che fossero avvistate da qualche aereo di passaggio. Era il mio secondo giorno nel deserto e per conservare il più a lungo possibile le mie residue forze decisi di distendermi sull'amaca. Il caldo era secco, asciutto e faceva incartapecorire la pelle. Finalmente venne la sera con la sua frescura e la notte con il suo freddo. Prima di addormentarmi, povero illuso, avevo predisposto il bidoncino vuoto che conteneva i razzi e il bicchiere in modo che potessero raccogliere un'eventuale pioggia che bagnava le ali. Mi svegliò l'alba del mio terzo giorno nel deserto. Con il passare delle ore il caldo aumentava. Ogni tanto mi guardavo allo specchio per seguire i cambiamenti del mio viso. Il bianco degli occhi era ora rossastro, le guance erano infossate. Mi bruciava la gola e l'interno del naso e la testa mi martellava in continuazione e ogni colpo provocava una sofferenza indescrivibile. Tre volte sentii rumore di aerei e tre volte

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

65


parecchie volte e ogni volta mi salutava. Io mi sbracciavo per rispondere ai suoi saluti e ridevo come un bambino felice. Ero felice. Solo in quell'immenso deserto, senza una goccia d'acqua, eppure ero felice verso quell'aviatore inglese che mi lasciava la vita. Poi si allontanò in direzione del campo inglese. Sicuramente avrebbe avvertito i suoi e presto avrei visto una camionetta inglese venirmi a prendere. Dovevo prima distruggere l'aeroplano. Decisi che potevo solo mitragliarlo. In un attimo smontai la mitragliatrice della torretta e mi preparai ad abbandonare l'aereo raccogliendo tutto quello che poteva essermi utile e lasciando un messaggio ben visibile per Cainero nella speranza riuscisse a tornare. Sparai centinaia di colpi contro lo Stuka rendendolo inservibile fino a quando iniziarono a sprigionarsi delle fiammelle innescate dalle pallottole traccianti al magnesio. Distrussi anche la radio che poteva essere la mia salvezza ma che non sapevo usare, quindi mi incamminai nella direzione nella quale si era allontanato Cainero. Erano le 18.00 quando iniziai il mio cammino nella direzione di tramonto del sole. Prima di vederlo scomparire del tutto mi fermai e sedetti a terra con la fronte rivolta alla direzione di marcia, non volevo perdere la giusta direzione. Venuto il buio decisi di seguire due stelle più luminose delle altre. Ad andare diritto, almeno fino a quel momento, mi aiutava l'incendio del mio aeroplano che tenevo dietro di me. Camminai ancora per un paio d'ore in un saliscendi interminabile di dune poi,

uscii all'aperto, erano altissimi, ma comunque feci segnali con lo specchietto e sparai dei razzi, tutto inutilmente. L'interno delle narici mi bruciava sempre di più. Mi decisi finalmente ad urinare nel bicchiere; due dita di liquido rossastro. Lo usai per inumidire la pelle del viso e dopo un pò mi feci forza e provai ad assaggiarlo. Lo bevvi tutto rimpiangendo tutto quello che avevo buttato via nei giorni precedenti. Due giorni prima ero scappato per non esser preso prigioniero, ora speravo che qualcuno, di qualsiasi nazionalità, mi trovasse e mi desse un pò d'acqua. Nel pomeriggio mi decisi a fare una cosa alla quale avevo a lungo e più volte pensato riempiendo il bidoncino con l'acqua del radiatore. Non volevo farlo perchè sarebbe stata troppo forte la tentazione di berla e con la sua concentrazione di anticongelante era molto velenosa. Avere l'acqua e non poterla bere! Ogni tanto immergevo la mano nel bidoncino e mi inumidivo il corpo. Arrivò il pomeriggio, sapevo che sarebbe arrivato il momento in cui l'avrei bevuta così la buttai. Sognavo l'acqua ad occhi aperti. Appena fece buio accesi un piccolo fuoco che avevo alimentato con alcune funi del paracadute ed altre parti del velivolo adatte allo scopo sperando potesse essere visto da qualcuno. Mi addormentai svegliandomi ogni tanto ad alimentare le fiamme. Iniziò così il mio quarto giorno nel deserto. Guardai l'aeroplano e con meraviglia notai che la parte superiore dell'ala era cosparsa di minuscole goccioline d'acqua, era la prima volta che succedeva. Tentai di

I velivoli della 209a come furono rinvenuti dal personale inglese. 4-8 Lo Stuka MM.5763 (n° 18), pilotato dal Serg. Bartolomasi (mitragliere Av.

stanco, mi fermai con l'intenzione di dormire un pò. Prima di coricarmi composi sul terreno una lunga freccia con delle pietre rivolta nella direzione che volevo mantenere. Il giubbotto di volo fece da cuscino e avvolto nella coperta mi addormentai. Dormii sodo perchè quando mi svegliai erano le sette del mattino. Mi ero addormentato con la sete e naturalmente con la sete mi svegliai. Mi alzai e dopo essermi avvolto la testa con una striscia di seta del paracadute ripresi il cammino. La sete si faceva sentire sempre di più e dopo un pò buttai via la coperta. Abbandonai via via tutto quello che ritenevo superfluo rimanendo in pantaloncini, scarpette di tela e gomma, giubbetto e conservai solo la pistola e i razzi da segnalazione. Faceva davvero molto caldo e stando sempre sotto il sole lo sentivo ancora di più. La pelle cominciava a bruciare. Verso le 10.00 intravidi la mia salvezza od almeno il modo di evitare la morte per abbrustolimento. Era un aeroplano, uno dei nostri Stuka! Finalmente sotto le sue ali avrei trovato l'ombra. Sembrava vicino ma impiegai più di un'ora per raggiungerlo. Quando vi arrivai ero sfinito. Mi distesi sotto la pancia dell'aereo e riposai. Decisi di non muovermi più da lì.Ispezionai l'aereo e trovai tre coperte, uno specchietto, razzi da segnalazione e un bicchiere di alluminio. L'aereo era quasi intatto, con una grossa pietra avevano sfondato il monoblocco del motore e rotto l'apparato radio.

64

AEROFAN | LA SQUADRIGLIA PERDUTA

Sc. Penzo) fu recuperato dal personale della RAF e trasferito in volo in Egitto per essere valutato.

Con le funi dei due paracadute e una coperta mi costruii un'amaca fissandola sotto le ali dell'aereo e poi fissai una coperta alle gambe del carrello per proteggermi dal vento caldo. Allargai le candide calotte dei paracadute, fermandole con delle pietre, accanto al velivolo sperando che fossero avvistate da qualche aereo di passaggio. Era il mio secondo giorno nel deserto e per conservare il più a lungo possibile le mie residue forze decisi di distendermi sull'amaca. Il caldo era secco, asciutto e faceva incartapecorire la pelle. Finalmente venne la sera con la sua frescura e la notte con il suo freddo. Prima di addormentarmi, povero illuso, avevo predisposto il bidoncino vuoto che conteneva i razzi e il bicchiere in modo che potessero raccogliere un'eventuale pioggia che bagnava le ali. Mi svegliò l'alba del mio terzo giorno nel deserto. Con il passare delle ore il caldo aumentava. Ogni tanto mi guardavo allo specchio per seguire i cambiamenti del mio viso. Il bianco degli occhi era ora rossastro, le guance erano infossate. Mi bruciava la gola e l'interno del naso e la testa mi martellava in continuazione e ogni colpo provocava una sofferenza indescrivibile. Tre volte sentii rumore di aerei e tre volte

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

65


Blazing

A difesa del Nord-Est d’Italia

Pier Giorgio Bonassin

B

lazing Skies era l'ordine impartito alle basi Nike per

verificare i tempi di approntamento al lancio. Oggi sembra impossibile pensare che nei boschi trentini a 1.543 metri di altitudine, in località Malga Zonta di Passo Coe, dal 1966 al 1977 fosse operativa una base missilistica, posta in essere per la difesa dei cieli dell'Italia Nord Orientale.

68

I missili Nike Hercules della sezione “Bravo” di Passo Coe negli anni ‘70.


Blazing

A difesa del Nord-Est d’Italia

Pier Giorgio Bonassin

B

lazing Skies era l'ordine impartito alle basi Nike per

verificare i tempi di approntamento al lancio. Oggi sembra impossibile pensare che nei boschi trentini a 1.543 metri di altitudine, in località Malga Zonta di Passo Coe, dal 1966 al 1977 fosse operativa una base missilistica, posta in essere per la difesa dei cieli dell'Italia Nord Orientale.

68

I missili Nike Hercules della sezione “Bravo” di Passo Coe negli anni ‘70.


Negli anni '60 eravamo nel mezzo della Guerra Fredda, che a dire il vero era iniziata pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Fra il '45 ed il '49 i paesi europei erano impegnati nella ricostruzione post-bellica ed avevano provveduto ad una progressiva riduzione delle loro forze militari. Non fu così per l'Unione Sovietica, la cui leadership aveva mantenuto invece tutto il potenziale bellico e dava sempre più il segno di avere mire espansionistiche. Dalla disputa con la Turchia per lo stretto dei Dardanelli, al colpo di stato comunista del giugno 1948 in Cecoslovacchia, seguiti di lì a pochi mesi dal blocco della città di Berlino. I sovietici, il 24 giugno 1948 tagliarono tutte le vie di accesso ai tre settori della città che erano stati attribuiti rispettivamente a Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, compresa la fornitura di energia elettrica. Berlino Ovest divenne una città assediata, priva di tutti i generi di prima necessità. La risposta scelta dal presidente Truman per non alimentare un possibile conflitto fu quella di istituire già il 26 giugno un colossale ponte aereo per rifornire la città. In seguito all'inasprimento dei rapporti fra i paesi occidentali e l'Unione Sovietica, venne prima siglato il Trattato di Bruxelles, accordo di autodifesa stipulato fra Regno Unito, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, a cui seguì nell'aprile del 1949 a Washington la firma del Trattato NATO. Il Trattato venne esteso ad altre nazioni e firmato dai 12 Stati membri fondatori comprendenti Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti d'America. Il 1949 fu quindi l'anno di costituzione del Patto Atlantico

1

70

Ripresa aerea invernale dell’area di lancio di Base Tuono. Sono visibili da sinistra verso destra le postazioni Alpha, Bravo e Charlie.

AEROFAN | BLAZING SKIES

conosciuto come NATO (Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord), al quale soltanto il 14 maggio del 1955 si contrappose il Patto di Varsavia, analogo organismo composto dai paesi dell'Europa orientale, tra cui Unione Sovietica, Albania, Bulgaria, Ungheria, Germania Est, Polonia, Romania e Cecoslovacchia. Ai piani alti della difesa americana già verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, quindi ben prima delle vicende che portarono alla costituzione della NATO, si iniziò a pensare a delle nuove armi concepite per difendersi da possibili attacchi aerei massivi. Si iniziò a pensare ad un proiettile razzo comandato a distanza da un calcolatore elettronico, che guidasse il proiettile verso un punto futuro in cui far detonare l'ordigno. Nel gennaio del 1945 l'US Army incaricò la Bell Telephone di sviluppare un progetto su queste specifiche. L'incarico venne dato dalla Bell alla sua sussidiaria Western Electric che elaborò uno studio di fattibilità per un sistema guidato contraereo capace di intercettare e distruggere un aereo che vola alla velocità del suono, a circa 18.000 metri di quota e distante 45 chilometri dal punto di lancio del proiettile. Dagli studi nacque il progetto Nike (in riferimento alla dea della vittoria) che non ricevette però grandi finanziamenti, considerato che il secondo conflitto mondiale stava volgendo al termine. Questa impasse non durò a lungo; con le nuove minacce portate dal vento della Guerra Fredda il progetto riprese vigore ed il 27 novembre del 1951 un missile Nike Ajax ingaggiò un B 17 radioguidato in volo durante il “Round 69”. Pochi mesi dopo, nel '52, al 90° lancio un missile armato di carica bellica effettuò il primo

2 abbattimento, in gergo “Kill Engagement”. Non ci volle molto tempo però per capire che il sistema Nike Ajax non sarebbe stato in grado di garantire un'alta efficienza di utilizzo a causa della complessità dei vettori e delle ridotte dimensioni della carica bellica imbarcata. Nacque così il progetto “Hercules” capace di volare a tre volte la velocità del suono, arrivando alla sommità della traiettoria a 33.000 metri di quota, e in grado di intercettare il bersaglio designato a 130 chilometri di distanza dalla base di lancio. Superate le fasi di collaudo e messa a punto, gli Stati Uniti iniziarono la costruzione sul proprio suolo, compresi Alaska e Hawaii, di ben 250 basi missilistiche a partire dal 1958. Il sistema Nike venne esportato anche in Europa ed acquisito dalla nostra Aeronautica Militare. A sostenere questa idea fu l'allora Capo di Stato Maggiore, Gen. S. A. Silvio Napoli, che dopo una disputa con l'Esercito sull'assegnazione delle quote operative dei missili, portò all'Aeronautica i missili superficie-aria per le quote medio-alte, mentre all'Esercito toccarono missili Hawk, concepiti per le quote medio-basse. Superata questa fase l'Arma Azzurra decise, considerata la profonda innovazione e la complessità di gestione del nuovo sistema d'arma, di creare uno specifico reparto ad alta specializzazione. Fu deciso lo scioglimento del I° Stormo Caccia ogni Tempo, all'epoca dotato dei North American F-86 K. Tutti i riferimenti storici, le tradizioni e la bandiera di guerra furono trasferiti alla neo costituita Iª Aerobrigata Intercettori Teleguidati. Nel 1957 l'allora ministro della difesa l'onorevole Taviani concordò con gli Stati Uniti l'invio dei nostri militari presso la Scuola di Difesa Aerea dell'Esercito americano (US Army Defence School) a El Paso in Texas. In svariate riprese 808 militari presero parte ai corsi di addestramento; i primi 54 militari partirono con un DC-6B della LAI verso gli States. Il contingente italiano si comportò in maniera eccellente tanto che la media dei voti delle nostre classi risultò 92,6

3

Postazione radar TTR (Target Tracking Radar) in una immagine invernale scattata sul monte Toraro.

Vista della sezione di lancio Alpha negli anni ‘70.

centesimi, quasi dieci centesimi sopra la media delle analoghe classi americane. Alla fine dei corsi di addestramento il personale rientrato in Italia diede vita agli organici effettivi delle future Squadriglie. La Iª Aerobrigata IT pose il comando nella sede che rimase definitiva all'aeroporto “Gino Allegri” di Padova. Alle sue dipendenze furono messi l'Ufficio Operazioni Piani ed Addestramento, il Reparto Efficienza Rifornimenti e Trasporti (RERT), il Magazzino Materiali IT con sede a Vigodarzere, il Centro Operativo Anti Aereo (AAOC) con sede in una caverna del vicino monte Venda. Sull'aeroporto “G. Allegri” era basata anche la squadriglia volo di collegamento. Nella struttura iniziale dell'Aerobrigata

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

71


Negli anni '60 eravamo nel mezzo della Guerra Fredda, che a dire il vero era iniziata pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Fra il '45 ed il '49 i paesi europei erano impegnati nella ricostruzione post-bellica ed avevano provveduto ad una progressiva riduzione delle loro forze militari. Non fu così per l'Unione Sovietica, la cui leadership aveva mantenuto invece tutto il potenziale bellico e dava sempre più il segno di avere mire espansionistiche. Dalla disputa con la Turchia per lo stretto dei Dardanelli, al colpo di stato comunista del giugno 1948 in Cecoslovacchia, seguiti di lì a pochi mesi dal blocco della città di Berlino. I sovietici, il 24 giugno 1948 tagliarono tutte le vie di accesso ai tre settori della città che erano stati attribuiti rispettivamente a Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, compresa la fornitura di energia elettrica. Berlino Ovest divenne una città assediata, priva di tutti i generi di prima necessità. La risposta scelta dal presidente Truman per non alimentare un possibile conflitto fu quella di istituire già il 26 giugno un colossale ponte aereo per rifornire la città. In seguito all'inasprimento dei rapporti fra i paesi occidentali e l'Unione Sovietica, venne prima siglato il Trattato di Bruxelles, accordo di autodifesa stipulato fra Regno Unito, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, a cui seguì nell'aprile del 1949 a Washington la firma del Trattato NATO. Il Trattato venne esteso ad altre nazioni e firmato dai 12 Stati membri fondatori comprendenti Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti d'America. Il 1949 fu quindi l'anno di costituzione del Patto Atlantico

1

70

Ripresa aerea invernale dell’area di lancio di Base Tuono. Sono visibili da sinistra verso destra le postazioni Alpha, Bravo e Charlie.

AEROFAN | BLAZING SKIES

conosciuto come NATO (Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord), al quale soltanto il 14 maggio del 1955 si contrappose il Patto di Varsavia, analogo organismo composto dai paesi dell'Europa orientale, tra cui Unione Sovietica, Albania, Bulgaria, Ungheria, Germania Est, Polonia, Romania e Cecoslovacchia. Ai piani alti della difesa americana già verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, quindi ben prima delle vicende che portarono alla costituzione della NATO, si iniziò a pensare a delle nuove armi concepite per difendersi da possibili attacchi aerei massivi. Si iniziò a pensare ad un proiettile razzo comandato a distanza da un calcolatore elettronico, che guidasse il proiettile verso un punto futuro in cui far detonare l'ordigno. Nel gennaio del 1945 l'US Army incaricò la Bell Telephone di sviluppare un progetto su queste specifiche. L'incarico venne dato dalla Bell alla sua sussidiaria Western Electric che elaborò uno studio di fattibilità per un sistema guidato contraereo capace di intercettare e distruggere un aereo che vola alla velocità del suono, a circa 18.000 metri di quota e distante 45 chilometri dal punto di lancio del proiettile. Dagli studi nacque il progetto Nike (in riferimento alla dea della vittoria) che non ricevette però grandi finanziamenti, considerato che il secondo conflitto mondiale stava volgendo al termine. Questa impasse non durò a lungo; con le nuove minacce portate dal vento della Guerra Fredda il progetto riprese vigore ed il 27 novembre del 1951 un missile Nike Ajax ingaggiò un B 17 radioguidato in volo durante il “Round 69”. Pochi mesi dopo, nel '52, al 90° lancio un missile armato di carica bellica effettuò il primo

2 abbattimento, in gergo “Kill Engagement”. Non ci volle molto tempo però per capire che il sistema Nike Ajax non sarebbe stato in grado di garantire un'alta efficienza di utilizzo a causa della complessità dei vettori e delle ridotte dimensioni della carica bellica imbarcata. Nacque così il progetto “Hercules” capace di volare a tre volte la velocità del suono, arrivando alla sommità della traiettoria a 33.000 metri di quota, e in grado di intercettare il bersaglio designato a 130 chilometri di distanza dalla base di lancio. Superate le fasi di collaudo e messa a punto, gli Stati Uniti iniziarono la costruzione sul proprio suolo, compresi Alaska e Hawaii, di ben 250 basi missilistiche a partire dal 1958. Il sistema Nike venne esportato anche in Europa ed acquisito dalla nostra Aeronautica Militare. A sostenere questa idea fu l'allora Capo di Stato Maggiore, Gen. S. A. Silvio Napoli, che dopo una disputa con l'Esercito sull'assegnazione delle quote operative dei missili, portò all'Aeronautica i missili superficie-aria per le quote medio-alte, mentre all'Esercito toccarono missili Hawk, concepiti per le quote medio-basse. Superata questa fase l'Arma Azzurra decise, considerata la profonda innovazione e la complessità di gestione del nuovo sistema d'arma, di creare uno specifico reparto ad alta specializzazione. Fu deciso lo scioglimento del I° Stormo Caccia ogni Tempo, all'epoca dotato dei North American F-86 K. Tutti i riferimenti storici, le tradizioni e la bandiera di guerra furono trasferiti alla neo costituita Iª Aerobrigata Intercettori Teleguidati. Nel 1957 l'allora ministro della difesa l'onorevole Taviani concordò con gli Stati Uniti l'invio dei nostri militari presso la Scuola di Difesa Aerea dell'Esercito americano (US Army Defence School) a El Paso in Texas. In svariate riprese 808 militari presero parte ai corsi di addestramento; i primi 54 militari partirono con un DC-6B della LAI verso gli States. Il contingente italiano si comportò in maniera eccellente tanto che la media dei voti delle nostre classi risultò 92,6

3

Postazione radar TTR (Target Tracking Radar) in una immagine invernale scattata sul monte Toraro.

Vista della sezione di lancio Alpha negli anni ‘70.

centesimi, quasi dieci centesimi sopra la media delle analoghe classi americane. Alla fine dei corsi di addestramento il personale rientrato in Italia diede vita agli organici effettivi delle future Squadriglie. La Iª Aerobrigata IT pose il comando nella sede che rimase definitiva all'aeroporto “Gino Allegri” di Padova. Alle sue dipendenze furono messi l'Ufficio Operazioni Piani ed Addestramento, il Reparto Efficienza Rifornimenti e Trasporti (RERT), il Magazzino Materiali IT con sede a Vigodarzere, il Centro Operativo Anti Aereo (AAOC) con sede in una caverna del vicino monte Venda. Sull'aeroporto “G. Allegri” era basata anche la squadriglia volo di collegamento. Nella struttura iniziale dell'Aerobrigata

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

71


disposizione espositiva di Base Tuono. 4-6Dall’alto: vista d’insiemeAttuale dei carri controllo lancio LCT, carro computer

COMP, hangar di ricovero, rampe di lancio dei missili e bunker di ricovero del personale e del Pannello di Sezione SP; hangar ricovero missili con in primo piano un Nike didattico; i quattro moduli radar con al centro il radar di acquisizione LOPAR, a ancato dal TTR, il TRR e l'MTR.

74

AEROFAN | BLAZING SKIES

quel sito non rimane più nulla; subito dopo l'abbandono del Toraro da parte dei militari, vandali e ladri spogliarono gli edifici e le infrastrutture di tutto quello che era possibile portare via. Il Demanio aeronautico, alla fine degli anni '90, ordinò il definitivo abbattimento di quanto era rimasto. Oggetto di contesa politica fu invece la scelta delle sedi dell'Area Logistica, con il relativo Comando del 66° Gruppo IT e l'Area di Lancio dei missili. Questa scelta non era dettata da logiche legate a esigenze militari, ma semplicemente da una disputa campanilistica in corso fra gli Onorevoli Rumor e Piccoli, vicentino di nascita il primo e di origini trentine il secondo, entrambi elementi di spicco della dirigenza nazionale della Democrazia Cristiana. L'Onorevole Rumor riuscì a convincere l'Aeronautica a costruire l'Area Logistica su una superfice di 36.361 mq sita nel Comune di Tonezza. La presenza dei 200 militari diede un contributo importante all'economia del paese durante gli 11 anni di presenza del 66° Gruppo IT, e si protrasse ancora per diversi anni dopo la chiusura della base missilistica avvenuta nel 1977. Non fu difficile a questo punto per Piccoli spingere l'insediamento dell'Area di Lancio verso la Folgaria. Il sito prescelto fu quello dove aveva l'alpeggio la malga Zonta che contava non meno di 150 capi di bestiame. I funzionari del Ministero presero contatto con il Comune offrendo la cifra di quattro milioni di lire come risarcimento per l'ampia zona da adibire ai militari. L'allora Sindaco Adolfo Rech e la sua giunta rigettarono l'offerta anche se sembrava che il Ministero fosse irremovibile sull'ammontare della cifra proposta per il risarcimento. Le trattative si dilungarono per circa due anni e il contratto venne siglato dal nuovo Sindaco Elio Valle a cantieri già avviati. Per quello che apparentemente sembrava un esproprio, ma a tutti gli effetti fu una vendita del terreno dell'area di malga Zonta, portò nelle casse del Comune di Folgaria l'esatta cifra di 16.013.355 Lire. Una delle prime attività di cantiere fu la demolizione della struttura della storica malga perché rientrava nella perimetria militare. Si salvò la fatiscente costruzione in sasso della porcilaia, dove il 12 agosto 1944 le truppe tedesche fucilarono Bruno Viola, MOVM, ed altre sedici persone. Per il recupero della porcilaia nel 1962 il Ministero della Difesa finanziò la ristrutturazione dell'edificio. Al termine dei lavori il manufatto venne denominato Sacrario di malga Zonta. I lavori di sbancamento delle aree e la costruzione degli hangar, che erano giunti al tetto, furono sospesi per l'arrivo della stagione invernale. Quell'inverno non fu particolarmente freddo e nevoso, ma nel marzo del '63 le capriate di ferro cedettero sotto il peso della neve. Evidentemente gli ingegneri non avevano tenuto conto che d'inverno sui 1.500 metri nevica (o almeno in quel periodo nevicava regolarmente) e che le costruzioni che si fanno in pianura non sono adatte a sopportare il peso di metri di neve. In primavera vennero sostituite le ditte appaltatrici ed i capannoni vennero coperti questa volta con tetti a due pendenze risolvendo così il problema. Il personale di turno alla base di lancio non poteva essere sistemato in alloggi troppo lontani e per questo, a circa 200 m di distanza, vennero costruiti gli edifici della cosiddetta Zona Decentrata, definizione che rimase inalterata anche

BOX western electric mim-3 nike ajax

western electric mim-14 nike hercules

M

issile a due stadi. Il primo detto booster, era il razzo di accelerazione e forniva 19.958 Kg di spinta per poco più di tre secondi. I 335 Kg di combustibile solido erano contenuti nella camera di combustione; si trattava di un composto costituito dal 35% di nitroglicerina, 60% nitrocellulosa e 3% di sostanze plastificanti che garantivano la compattezza dei blocchi di combustibile e la loro impermeabilità all'umidità. Il Missile Main Body, cioè il corpo del missile, conteneva il secondo motore (Sustainer Rocket Motor) che erogava una spinta di 1.133 Kg per una durata di trenta secondi. Il propellente era una miscela di liquidi che veniva iniettato a pressione nella camera di combustione. Il comburente usato era acido nitrico rosso fumante, mentre il combustibile era una miscela di JP-4 Jet Fuel conosciuto anche come cherosene e una percentuale di Unsymmetrical Diethyl Hidrazine. Nella parte centrale era situata la testata di guerra a frammentazione (Mid Body Warhead). Nella parte anteriore del missile era situato il modulo di comando che provvedeva al movimento degli elementi portanti o Aleroni e delle alette Canard poste vicino alla sommità del missile. I comandi al modulo di controllo venivano trasmessi dal radar MTR presente nell'area di controllo.

E

voluzione dell'Ajax era anch'esso composto di due sezioni, il booster (I° stadio) e il corpo del missile (II° stadio). Il booster era composto da quattro motori razzo a propellente solido, uguali a quello usato nell'Ajax che però erogavano una spinta complessiva di 78.700 Kg per circa tre secondi. Un anello di congiunzione fissava il II° stadio al booster. Quattro fermi meccanici bloccavano gli elevoni del missile fino alla separazione dei due elementi. Il corpo principale del missile era composto da più sezioni. Il nose nelle versioni convenzionali aveva solo funzioni aerodinamiche, mentre nelle testate nucleari ospitava il sensore barometrico. Esternamente erano presenti quattro alette stabilizzatrici alle estremità delle quali erano montati altrettanti tubi di Pitot e quattro antenne utilizzate per la ricezione e trasmissione dei dati con l'MTR. All'interno del cono era situata la Guidance Unit, un cervello elettronico che era a tutti gli effetti il “pilota” del razzo. Seguiva poi la sezione che conteneva la testata esplosiva e come abbiamo già detto, poteva essere del tipo convenzionale (bomba T-45) o nucleare (W-31). Nella sezione posteriore era situato l'alloggiamento per il motore a propellente solido composto da Perclorato di ammonio (comburente) e una miscela di gomma sintetica e alluminio (combustibile) che erogava una spinta di 6.100 Kg per la durata di ventinove secondi. Esternamente erano presenti quattro lunghe alette stabilizzatrici (aleroni) alle cui estremità posteriori erano situati gli elevoni che consentivano la guida del razzo.

PESO COMPLESSIVO

 1.136 KG

PESO COMPLESSIVO

 4.785 KG

LUNGHEZZA TOTALE

 10.3 M

LUNGHEZZA TOTALE

 11.9 M

VELOCITÀ MAX

 2.3 MACH

VELOCITÀ MAX

 3.5 MACH

ACCELERAZIONE MAX  5 G

ACCELERAZIONE MAX

 10 G

GITTATA MAX

GITTATA MAX

 120 KM

 40 KM

QUOTA MAX

 21.000 M

QUOTA MAX

 33.000 M

CARICO BELLICO MAX

 140 KG

CARICO BELLICO MAX

 520 KG

Rampe di Nike Ajax dell’US Army.

Lancio di prova di un Nike Hercules.

75


disposizione espositiva di Base Tuono. 4-6Dall’alto: vista d’insiemeAttuale dei carri controllo lancio LCT, carro computer

COMP, hangar di ricovero, rampe di lancio dei missili e bunker di ricovero del personale e del Pannello di Sezione SP; hangar ricovero missili con in primo piano un Nike didattico; i quattro moduli radar con al centro il radar di acquisizione LOPAR, a ancato dal TTR, il TRR e l'MTR.

74

AEROFAN | BLAZING SKIES

quel sito non rimane più nulla; subito dopo l'abbandono del Toraro da parte dei militari, vandali e ladri spogliarono gli edifici e le infrastrutture di tutto quello che era possibile portare via. Il Demanio aeronautico, alla fine degli anni '90, ordinò il definitivo abbattimento di quanto era rimasto. Oggetto di contesa politica fu invece la scelta delle sedi dell'Area Logistica, con il relativo Comando del 66° Gruppo IT e l'Area di Lancio dei missili. Questa scelta non era dettata da logiche legate a esigenze militari, ma semplicemente da una disputa campanilistica in corso fra gli Onorevoli Rumor e Piccoli, vicentino di nascita il primo e di origini trentine il secondo, entrambi elementi di spicco della dirigenza nazionale della Democrazia Cristiana. L'Onorevole Rumor riuscì a convincere l'Aeronautica a costruire l'Area Logistica su una superfice di 36.361 mq sita nel Comune di Tonezza. La presenza dei 200 militari diede un contributo importante all'economia del paese durante gli 11 anni di presenza del 66° Gruppo IT, e si protrasse ancora per diversi anni dopo la chiusura della base missilistica avvenuta nel 1977. Non fu difficile a questo punto per Piccoli spingere l'insediamento dell'Area di Lancio verso la Folgaria. Il sito prescelto fu quello dove aveva l'alpeggio la malga Zonta che contava non meno di 150 capi di bestiame. I funzionari del Ministero presero contatto con il Comune offrendo la cifra di quattro milioni di lire come risarcimento per l'ampia zona da adibire ai militari. L'allora Sindaco Adolfo Rech e la sua giunta rigettarono l'offerta anche se sembrava che il Ministero fosse irremovibile sull'ammontare della cifra proposta per il risarcimento. Le trattative si dilungarono per circa due anni e il contratto venne siglato dal nuovo Sindaco Elio Valle a cantieri già avviati. Per quello che apparentemente sembrava un esproprio, ma a tutti gli effetti fu una vendita del terreno dell'area di malga Zonta, portò nelle casse del Comune di Folgaria l'esatta cifra di 16.013.355 Lire. Una delle prime attività di cantiere fu la demolizione della struttura della storica malga perché rientrava nella perimetria militare. Si salvò la fatiscente costruzione in sasso della porcilaia, dove il 12 agosto 1944 le truppe tedesche fucilarono Bruno Viola, MOVM, ed altre sedici persone. Per il recupero della porcilaia nel 1962 il Ministero della Difesa finanziò la ristrutturazione dell'edificio. Al termine dei lavori il manufatto venne denominato Sacrario di malga Zonta. I lavori di sbancamento delle aree e la costruzione degli hangar, che erano giunti al tetto, furono sospesi per l'arrivo della stagione invernale. Quell'inverno non fu particolarmente freddo e nevoso, ma nel marzo del '63 le capriate di ferro cedettero sotto il peso della neve. Evidentemente gli ingegneri non avevano tenuto conto che d'inverno sui 1.500 metri nevica (o almeno in quel periodo nevicava regolarmente) e che le costruzioni che si fanno in pianura non sono adatte a sopportare il peso di metri di neve. In primavera vennero sostituite le ditte appaltatrici ed i capannoni vennero coperti questa volta con tetti a due pendenze risolvendo così il problema. Il personale di turno alla base di lancio non poteva essere sistemato in alloggi troppo lontani e per questo, a circa 200 m di distanza, vennero costruiti gli edifici della cosiddetta Zona Decentrata, definizione che rimase inalterata anche

BOX western electric mim-3 nike ajax

western electric mim-14 nike hercules

M

issile a due stadi. Il primo detto booster, era il razzo di accelerazione e forniva 19.958 Kg di spinta per poco più di tre secondi. I 335 Kg di combustibile solido erano contenuti nella camera di combustione; si trattava di un composto costituito dal 35% di nitroglicerina, 60% nitrocellulosa e 3% di sostanze plastificanti che garantivano la compattezza dei blocchi di combustibile e la loro impermeabilità all'umidità. Il Missile Main Body, cioè il corpo del missile, conteneva il secondo motore (Sustainer Rocket Motor) che erogava una spinta di 1.133 Kg per una durata di trenta secondi. Il propellente era una miscela di liquidi che veniva iniettato a pressione nella camera di combustione. Il comburente usato era acido nitrico rosso fumante, mentre il combustibile era una miscela di JP-4 Jet Fuel conosciuto anche come cherosene e una percentuale di Unsymmetrical Diethyl Hidrazine. Nella parte centrale era situata la testata di guerra a frammentazione (Mid Body Warhead). Nella parte anteriore del missile era situato il modulo di comando che provvedeva al movimento degli elementi portanti o Aleroni e delle alette Canard poste vicino alla sommità del missile. I comandi al modulo di controllo venivano trasmessi dal radar MTR presente nell'area di controllo.

E

voluzione dell'Ajax era anch'esso composto di due sezioni, il booster (I° stadio) e il corpo del missile (II° stadio). Il booster era composto da quattro motori razzo a propellente solido, uguali a quello usato nell'Ajax che però erogavano una spinta complessiva di 78.700 Kg per circa tre secondi. Un anello di congiunzione fissava il II° stadio al booster. Quattro fermi meccanici bloccavano gli elevoni del missile fino alla separazione dei due elementi. Il corpo principale del missile era composto da più sezioni. Il nose nelle versioni convenzionali aveva solo funzioni aerodinamiche, mentre nelle testate nucleari ospitava il sensore barometrico. Esternamente erano presenti quattro alette stabilizzatrici alle estremità delle quali erano montati altrettanti tubi di Pitot e quattro antenne utilizzate per la ricezione e trasmissione dei dati con l'MTR. All'interno del cono era situata la Guidance Unit, un cervello elettronico che era a tutti gli effetti il “pilota” del razzo. Seguiva poi la sezione che conteneva la testata esplosiva e come abbiamo già detto, poteva essere del tipo convenzionale (bomba T-45) o nucleare (W-31). Nella sezione posteriore era situato l'alloggiamento per il motore a propellente solido composto da Perclorato di ammonio (comburente) e una miscela di gomma sintetica e alluminio (combustibile) che erogava una spinta di 6.100 Kg per la durata di ventinove secondi. Esternamente erano presenti quattro lunghe alette stabilizzatrici (aleroni) alle cui estremità posteriori erano situati gli elevoni che consentivano la guida del razzo.

PESO COMPLESSIVO

 1.136 KG

PESO COMPLESSIVO

 4.785 KG

LUNGHEZZA TOTALE

 10.3 M

LUNGHEZZA TOTALE

 11.9 M

VELOCITÀ MAX

 2.3 MACH

VELOCITÀ MAX

 3.5 MACH

ACCELERAZIONE MAX  5 G

ACCELERAZIONE MAX

 10 G

GITTATA MAX

GITTATA MAX

 120 KM

 40 KM

QUOTA MAX

 21.000 M

QUOTA MAX

 33.000 M

CARICO BELLICO MAX

 140 KG

CARICO BELLICO MAX

 520 KG

Rampe di Nike Ajax dell’US Army.

Lancio di prova di un Nike Hercules.

75


7-9

76

Attuale disposizione espositiva di Base Tuono. Dall’alto: pannelli controllo del Radar Control Van; pannello con riferimenti territoriali all'interno del Battery Control Van; Launching Control Console.

AEROFAN | BLAZING SKIES

in futuro. I dormitori, la mensa e altri servizi, furono costruiti per ospitare anche l'eventuale personale americano che sarebbe stato presente se i missili fossero stati muniti di testate nucleari. Nelle basi di montagna però è certo che non venne mai attuata questa opzione. La struttura della base di lancio era costituita da due siti, uno come spiegato poc'anzi, ospitava il personale comandato al servizio e l'altro era la vera superficie di lancio. Le batterie di missili erano divise su tre distinte piattaforme, denominate Sezione Alpha, Bravo e Charlie ed erano praticamente una la copia delle altre. Nell'hangar venivano ricoverati i missili, da quattro a sette, i quali tramite una struttura metallica con dei binari, venivano installati sulle tre rampe di lancio presenti sul piazzale. A fianco della piazzola di lancio era situato un piccolo bunker dove il personale della squadra operativa si ricoverava per continuare le operazioni di lancio dopo aver posizionato, armato e predisposto i missili al lancio. All'interno del bunker era situato un telaio, il Section Panel, da dove si poteva controllare lo stato di allertamento della batteria di missili e abilitarli a ricevere l'ordine di lancio, selezionando il missile destinato all'ingaggio. In questa postazione il personale era in contatto con l'Area di Controllo e poteva intervenire manualmente nel caso si fossero verificati problemi con il centro superiore. Sul sedime della Zona di Lancio erano presenti diversi altri manufatti quali il corpo di guardia, l'armeria, l'autoreparto, il deposito munizioni, lo stabile per l'assemblaggio delle testate di guerra, il deposito dei gruppi elettrogeni, delle possenti torri di guardia, un parafulmine con palo reclinabile che serviva da protezione per il carro LCT, che aveva il compito di supervisionare e coordinare la sequenza di lancio fra le varie sezioni. Oggi a Base Tuono di tutti questi manufatti, considerata anche l'oggettiva riduzione di spazio riservata all'esposizione museale, sono rimaste le opere più significative. Oltre al carro LCT sono stati portati nel piazzale i carri elettronici e i radar che facevano parte delle apparecchiature attive nell'Area di Controllo del monte Toraro. Il sistema missilistico superficie-aria Nike integrava quattro antenne radar per la guida dei missili che potevano essere indifferentemente Ajax o Hercules ed erano situate tutte nell'Area di Controllo; i dati in ricezione e trasmissione erano elaborati localmente nei due container dov'erano alloggiati i computer atti all'acquisizione del bersaglio, all'inseguimento e alla guida del missile. Il radar primario LOPAR (sopranominato “gianduiotto” per la caratteristica forma che ricorda i cioccolatini piemontesi) provvedeva alla scoperta dei target nemici e trasferiva al radar di inseguimento TTR i valori di distanza ed azimut, che dopo esser stati elaborati dal calcolatore facevano intervenire il TRR come rilevatore di distanza. Il calcolatore elettronico utilizzava i dati ricevuti dalle antenne radar e calcolava continuamente il Predicted Intercept Point dove sarebbe stata fatta detonare la carica bellica del missile. Il quarto radar MTR interveniva al momento del lancio del missile che veniva agganciato elettronicamente e pilotato verso il PIP. Gli apparati erano operativi su due aree distanti fra loro da un minimo di 914 ed un massimo di 5.486 m ed erano collegate con dei cavi, ma per motivi di sicurezza era attivo

anche un collegamento radio per la comunicazione dei dati nel caso di un guasto o manomissione dei collegamenti fisici. L'importanza del progetto voluto dal Comune di Folgaria e la provincia di Trento con la preservazione delle strutture, delle apparecchiature e degli ordigni, è servito e servirà per gli anni a venire a far conoscere e capire ai visitatori l'importanza che ebbe la rete missilistica Nike nel contribuire a scongiurare un conflitto che per l'Europa sarebbe stato molto più devastante della seconda Guerra Mondiale.

Si ringraziano per la collaborazione il Comune di Folgaria, la direzione del Museo Base Tuono e Publistampa Arti Grafiche che in collaborazione con Marco Lamborghini hanno concesso l'utilizzo della documentazione d'epoca.


7-9

76

Attuale disposizione espositiva di Base Tuono. Dall’alto: pannelli controllo del Radar Control Van; pannello con riferimenti territoriali all'interno del Battery Control Van; Launching Control Console.

AEROFAN | BLAZING SKIES

in futuro. I dormitori, la mensa e altri servizi, furono costruiti per ospitare anche l'eventuale personale americano che sarebbe stato presente se i missili fossero stati muniti di testate nucleari. Nelle basi di montagna però è certo che non venne mai attuata questa opzione. La struttura della base di lancio era costituita da due siti, uno come spiegato poc'anzi, ospitava il personale comandato al servizio e l'altro era la vera superficie di lancio. Le batterie di missili erano divise su tre distinte piattaforme, denominate Sezione Alpha, Bravo e Charlie ed erano praticamente una la copia delle altre. Nell'hangar venivano ricoverati i missili, da quattro a sette, i quali tramite una struttura metallica con dei binari, venivano installati sulle tre rampe di lancio presenti sul piazzale. A fianco della piazzola di lancio era situato un piccolo bunker dove il personale della squadra operativa si ricoverava per continuare le operazioni di lancio dopo aver posizionato, armato e predisposto i missili al lancio. All'interno del bunker era situato un telaio, il Section Panel, da dove si poteva controllare lo stato di allertamento della batteria di missili e abilitarli a ricevere l'ordine di lancio, selezionando il missile destinato all'ingaggio. In questa postazione il personale era in contatto con l'Area di Controllo e poteva intervenire manualmente nel caso si fossero verificati problemi con il centro superiore. Sul sedime della Zona di Lancio erano presenti diversi altri manufatti quali il corpo di guardia, l'armeria, l'autoreparto, il deposito munizioni, lo stabile per l'assemblaggio delle testate di guerra, il deposito dei gruppi elettrogeni, delle possenti torri di guardia, un parafulmine con palo reclinabile che serviva da protezione per il carro LCT, che aveva il compito di supervisionare e coordinare la sequenza di lancio fra le varie sezioni. Oggi a Base Tuono di tutti questi manufatti, considerata anche l'oggettiva riduzione di spazio riservata all'esposizione museale, sono rimaste le opere più significative. Oltre al carro LCT sono stati portati nel piazzale i carri elettronici e i radar che facevano parte delle apparecchiature attive nell'Area di Controllo del monte Toraro. Il sistema missilistico superficie-aria Nike integrava quattro antenne radar per la guida dei missili che potevano essere indifferentemente Ajax o Hercules ed erano situate tutte nell'Area di Controllo; i dati in ricezione e trasmissione erano elaborati localmente nei due container dov'erano alloggiati i computer atti all'acquisizione del bersaglio, all'inseguimento e alla guida del missile. Il radar primario LOPAR (sopranominato “gianduiotto” per la caratteristica forma che ricorda i cioccolatini piemontesi) provvedeva alla scoperta dei target nemici e trasferiva al radar di inseguimento TTR i valori di distanza ed azimut, che dopo esser stati elaborati dal calcolatore facevano intervenire il TRR come rilevatore di distanza. Il calcolatore elettronico utilizzava i dati ricevuti dalle antenne radar e calcolava continuamente il Predicted Intercept Point dove sarebbe stata fatta detonare la carica bellica del missile. Il quarto radar MTR interveniva al momento del lancio del missile che veniva agganciato elettronicamente e pilotato verso il PIP. Gli apparati erano operativi su due aree distanti fra loro da un minimo di 914 ed un massimo di 5.486 m ed erano collegate con dei cavi, ma per motivi di sicurezza era attivo

anche un collegamento radio per la comunicazione dei dati nel caso di un guasto o manomissione dei collegamenti fisici. L'importanza del progetto voluto dal Comune di Folgaria e la provincia di Trento con la preservazione delle strutture, delle apparecchiature e degli ordigni, è servito e servirà per gli anni a venire a far conoscere e capire ai visitatori l'importanza che ebbe la rete missilistica Nike nel contribuire a scongiurare un conflitto che per l'Europa sarebbe stato molto più devastante della seconda Guerra Mondiale.

Si ringraziano per la collaborazione il Comune di Folgaria, la direzione del Museo Base Tuono e Publistampa Arti Grafiche che in collaborazione con Marco Lamborghini hanno concesso l'utilizzo della documentazione d'epoca.


Un’Aquila chiamata

OPUS

L'aereo uscì dalla linea di produzione della McDonnell Douglas nel 1980, giusto in tempo per essere assegnato al 36th Tactical Fighter Wing di stanza presso la base aerea di Bitburg in Germania, che in quel periodo stava effettuando la transizione dagli F-15 A/B ai nuovi C/D. Distribuiti tra i tre Squadron componenti il Wing, il 525th, il 22nd e il 53rd, gli aeroplani furono messi al servizio dell'USAFE (US Air Force Europe), ma l'80-0002 era già pronto per distinguersi. Le storie tramandate dagli specialisti USAF dell'epoca raccontano che, durante il traino, il gancio si ruppe e l'aeroplano scivolò lungo un raccordo in pendenza finendo la sua corsa contro un edificio della base. Pare non esserci alcuna registrazione di questo incidente negli archivi del Reparto, così come tra i rapporti sugli incidenti di Classe A/B/C dell'epoca non ci siano tracce dell'evento. L'unica cosa certa è che il nuovissimo F-15 ha trascorso più di un anno sui cavalletti attendendo che l'Air Force prendesse

1

F-15D del 36th Tactical Fighter Wing.

L’aeroplano che non riusciva a volare Luciano Pontolillo

O

gni aeroplano ha peculiarità e personalità

uniche ma, nella maggior parte dei casi, la sua carriera si svolge senza avvenimenti di particolare rilievo. Ma a volte capita che d a l l e c a te n e d i m o n t a g g i o e s c a u n esemplare destinato a una notorietà unica che continuerà a distinguersi dagli altri, nel bene e nel male. Il Mc Donnell Douglas F15C Eagle 80-0002, nickname "Opus", rientra in queste eccezioni.

78

2 una decisione sull'opportunità di riparare la macchina. È qui che ha avuto origine il nickname Opus, ispirato dal nome di un pinguino nei fumetti di Bloom County, dato che notoriamente il pinguino è un uccello che non può volare. Infine è stata presa la decisione di riportare Opus in condizioni di volo; nel 1987 la riorganizzazione del 36th TFW di Bitburg vedeva la riassegnazione di alcuni suoi aerei ad altre basi USAF, soprattutto Spangdahlem in Germania e Elmendorf in Alaska ed è proprio nella base artica che ritroviamo Opus, assegnato al 54th TFW già famoso durante la seconda Guerra Mondiale. Il 19 marzo 1990 lo squadron commander Lieutenant Colonel Harris decolla insieme al Liutenant Lynch, quest'ultimo a bordo di Opus, verso “the Sites” (piccole basi operative avanzate all'estremità dell'Alaska occidentale)

3

F-15A del 54th Tactical Fighter Wing prima dell’avvicendamento con i nuovi F-15 C/D.

L’F-15 del Lt. Col. Harris “abbattuto” da Opus.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

79


Un’Aquila chiamata

OPUS

L'aereo uscì dalla linea di produzione della McDonnell Douglas nel 1980, giusto in tempo per essere assegnato al 36th Tactical Fighter Wing di stanza presso la base aerea di Bitburg in Germania, che in quel periodo stava effettuando la transizione dagli F-15 A/B ai nuovi C/D. Distribuiti tra i tre Squadron componenti il Wing, il 525th, il 22nd e il 53rd, gli aeroplani furono messi al servizio dell'USAFE (US Air Force Europe), ma l'80-0002 era già pronto per distinguersi. Le storie tramandate dagli specialisti USAF dell'epoca raccontano che, durante il traino, il gancio si ruppe e l'aeroplano scivolò lungo un raccordo in pendenza finendo la sua corsa contro un edificio della base. Pare non esserci alcuna registrazione di questo incidente negli archivi del Reparto, così come tra i rapporti sugli incidenti di Classe A/B/C dell'epoca non ci siano tracce dell'evento. L'unica cosa certa è che il nuovissimo F-15 ha trascorso più di un anno sui cavalletti attendendo che l'Air Force prendesse

1

F-15D del 36th Tactical Fighter Wing.

L’aeroplano che non riusciva a volare Luciano Pontolillo

O

gni aeroplano ha peculiarità e personalità

uniche ma, nella maggior parte dei casi, la sua carriera si svolge senza avvenimenti di particolare rilievo. Ma a volte capita che d a l l e c a te n e d i m o n t a g g i o e s c a u n esemplare destinato a una notorietà unica che continuerà a distinguersi dagli altri, nel bene e nel male. Il Mc Donnell Douglas F15C Eagle 80-0002, nickname "Opus", rientra in queste eccezioni.

78

2 una decisione sull'opportunità di riparare la macchina. È qui che ha avuto origine il nickname Opus, ispirato dal nome di un pinguino nei fumetti di Bloom County, dato che notoriamente il pinguino è un uccello che non può volare. Infine è stata presa la decisione di riportare Opus in condizioni di volo; nel 1987 la riorganizzazione del 36th TFW di Bitburg vedeva la riassegnazione di alcuni suoi aerei ad altre basi USAF, soprattutto Spangdahlem in Germania e Elmendorf in Alaska ed è proprio nella base artica che ritroviamo Opus, assegnato al 54th TFW già famoso durante la seconda Guerra Mondiale. Il 19 marzo 1990 lo squadron commander Lieutenant Colonel Harris decolla insieme al Liutenant Lynch, quest'ultimo a bordo di Opus, verso “the Sites” (piccole basi operative avanzate all'estremità dell'Alaska occidentale)

3

F-15A del 54th Tactical Fighter Wing prima dell’avvicendamento con i nuovi F-15 C/D.

L’F-15 del Lt. Col. Harris “abbattuto” da Opus.

MAG/GIU 2021 | AEROFAN

79


un giorno ad amendola La più grande base aerea italiana tra storia e futuro

speciale desert storm L’Armée de l’Air e l’Operazione Daguet

gli occhi della nasa Gli apparecchi foto/cine/video del programma spaziale americano

mini monografie North American XB-70 Valkyrie

A LUGLIO IN EDICOLA E SUL NOSTRO SITO

www.luckyplane.it

82


hems VERTICAL OPS PROFILE

aerofan focus Le monografie di Aerofan

LUCA GRANELLA

L’elisoccorso in Italia dalle origini alla situazione attuale, con uno sguardo al futuro, raccontato attraverso le immagini e le testimonianze dirette dei protagonisti: gli elicotteri, le basi, le missioni, gli equipaggiamenti e molto altro...

carta patinata lucida formato 21x29 cm 176 pagine oltre 200 fotografie rilegato in brossura

e

rvic

Se ical

t

icop

Hel

ncy rge lia e a m t I er E

Med lla

ane

a Gr

Luc

2

1

La conquista dello Spazio culminata con lo sbarco sulla Luna n el 1969 ra ccontata attraverso le splendide immagini degli archivi NASA. I pionieri, i programmi spaziali sovietici e americani, le sonde lunari, le missioni Apollo, i personaggi e le macchine che hanno accompagnato l’Uomo oltre l’atmosfera.

Un viaggio affascinante nel poco conosciuto mondo delle Ali Volanti, dal primo brevetto tedesco del 1910 alle realizzazioni statunitensi degli Anni '60, passando per gli esperimenti e gli studi di inglesi, russi e svizzeri. La storia, le immagini e i disegni dei principali velivoli, gli ingegneri e le storie dei loro progetti.

scopri di più

scopri di più

infoline: 351.976.71.71 edizioni@luckyplane.it

ORDINA ONLINE O CHIAMA 351.976.71.71 aerofan focus lo trovi sul nostro sito www.luckyplane.it

carta patinata lucida, formato 21x29 cm, 144 pagine, oltre 250 fotografie a colori e in bianco e nero

e nelle librerie specializzate

www.luckyplane.it | infoline: 351.976.71.71 | edizioni@luckyplane.it

i volumi Aerofan Focus li trovi sul nostro sito e nelle migliori librerie specializzate


Anno 3 | Numero 15 | Mag/Giu 2021 | € 12,00

in questo numero PINGUINI E DEMOCRISTIANI Il Macchi M.416 per i nuovi piloti militari

speciale desert storm

LA RIVISTA ITALIANA DI STORIA E TECNICA AERONAUTICA

La Royal Air Force e l’operazione Granby

il primo uomo supersonico La vita e le imprese di Chuck Yeager

la squadriglia perduta Bombardieri a tu o nel deserto

blazing skies A difesa del Nord-Est d’Italia

un’aquila chiamata opus L’aeroplano che non riusciva a volare

mini monografie junkers f 13

Un aeroplano rivoluzionario

PINGUINI E DEMOCRISTIANI Il Macchi M.416 per i nuovi piloti militari

speciale desert storm La Royal Air Force e l’operazione Granby

junkers f 13

Un aeroplano rivoluzionario

PERIODICO BIMESTRALE - P.I. 20/05/2021


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.