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pag Ask the boy...
Ask the boy...
but who's the boy?
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Essere pronti all’ascolto e a educare alle scelte personali e responsabili i nostri ragazzi oggi, in un tempo in cui gli interrogativi, ma anche le opportunità si moltiplicano
Durante questa primavera ho partecipato con grande entusiasmo a due eventi, la ROSS e l’assemblea regionale. In entrambi i casi sono tornato a casa con una sensazione: crescere e fare delle scelte non è facile nel mondo di oggi. I nostri ragazzi, che spesso critichiamo per la loro incapacità di impegnarsi, di prendere posizione, di proporre qualcosa di proprio e di nuovo fanno davvero fatica in un mondo in cui fallire è impensabile e in cui il “menu” da cui scegliere una qualunque opportunità e attività (dalla scelta della scuola o delle attività sportive a quella del lavoro o dell’università) è di 100 pagine e in cui i ragazzi sentono l’importanza di chiedersi(/ci) conferma di qualunque essenza del proprio essere (dal proprio genere al proprio carattere, dal proprio orientamento sessuale a quello religioso). In questo contesto, mi è venuto in momento quanto può essere difficile anche per noi capi educare i nostri ragazzi attraverso l’ASK THE BOY, quel metodo inventato da BP che, facendo leva sull’indole e il carattere e i punti fermi dei nostri ragazzi, ci permetteva di aiutarli a crescere chiedendo loro: “Chi voglio essere? Chi aspiriamo a essere?”, valorizzando le loro unicità e punti di forza. Tuttavia, oggi, è davvero complesso chiedere ai nostri ragazzi “chi voglio essere?” se purtroppo questi fanno fatica a riconoscere se stessi e a trovare anche solo una “mezza risposta” (anche banale) alla domanda: “Chi sono?”. E allora mi sono chiesto:
1) come faccio a fare ASK THE BOY, se non riesco a capire WHO IS THE BOY?
Se insieme non riusciamo a trovare un punto di partenza comune da cui partire e agire insieme per valorizzare l’unicità dei nostri ragazzi nel percorso educativo;
2) Che rapporto c’è tra l’essere se stessi, il conoscere se stessi e il diventare se stes-
si? Quanto è importante che i nostri ragazzi abbiano coscienza di sé per poter rendere gli strumenti dello scautismo efficaci? E come possiamo noi nel nostro piccolo, nelle nostre due ore settimanali aiutarli a prendere coscienza di sé in maniera genuina, se poi dopo la nostra riunione/attività ritornano in un mondo dominato dai social dove non è importante ciò che sei, ma quanto più sei vicino a quello che dovresti essere?.
Questa riflessione devo ammettere che un po’ mi ha sconfortato… dopodiché, ho fatto una riflessione (anche aiutato da alcune letture) che mi ha dato coraggio e che come sempre mi ha fatto pensare che nello scautismo è “tutto molto più semplice” di quanto ostiniamo a pensare durante le nostre riunioni di staff alla ricerca della super attività, testimonianza, uscita etc.
Se vogliamo aiutare i nostri ragazzi, innanzitutto dobbiamo ricordarci che se noi esistiamo come capi è perché ci sono i ragazzi.
L’ASK THE BOY dell’origine, quello di BP non è interpellarli sulle attività, su quale specialità/ Posto d’azione vorrebbero impegnarsi o su quale attività di clan vorrebbero spendersi, ma dare voce al sogno che vedono, al mondo che si immaginano. A volte si tratta solo di mettersi in ascolto, imparando davvero dai nostri ragazzi. Non focalizzarsi sul trasmettere contenuti, ma ascoltarli davvero e metterli al centro.
Dobbiamo ascoltarli, per aiutarli ad ascoltarsi in un rapporto che deve trasmettere amore. “Ama il prossimo tuo come te stesso”, ci dice Gesù: ma quanto si amano i nostri ragazzi oggi? Come posso chiedere loro di fare servizio con passione (amando il prossimo) se non amano sé stessi? Come posso chiedere loro cosa “arde loro dentro/Qual è la loro passione, se in primis sono più appassionati dell’influencer XY che di loro stessi? Dal Vangelo emerge chiaramente che per poter amare gli altri il primo passo è amare sé stessi. Dobbiamo quindi metterci in ascolto dei nostri ragazzi e chiedere loro: cosa ami di te stesso? Quando ti sei voluto bene? Quando parliamo di educazione la prima cosa che dobbiamo fare è educare all’amore di sé e aiutare i ragazzi a sviluppare la propria autostima (autostima, auto stimarsi, auto valutarsi, darsi un valore come individuo). Per scoprire dove sono chiamato a realizzarmi in un’ottica di “altro prima di me”, l’uomo e la donna della partenza (così come i fratellini e le sorelline) devono avere le idee chiare non tanto su chi sono/dove sono, ma su “come amano e come si relazionano con sé stessi” e poi con gli altri in un’ottica dove le tre scelte della partenza porteranno a tre scelte d’amore: amore per Dio –amore fraterno – amore per gli altri. Essere capo oggi, dopo mesi di lockdown e mascherine, deve essere innanzitutto vivere insieme ai ragazzi, voler loro bene, condividere. Non cercare le mega attività…ma parlare, condividendo anche “Chi siamo noi!” con loro, con le nostre debolezze e unicità.
Per potere fare un bel ASK THE BOY, forse oggi dobbiamo fare prima di tutto un bel SHARE THE BOY, avendo il desiderio, soprattutto dopo tutta la solitudine che abbiamo vissuto in era COVID, di rimetterci al loro fianco per ripartire insieme a loro aiutandoli non solo a trovare la loro direzione in cui camminare, ma anche facendo loro capire quanto e come potranno camminare in quella direzione rispetto a quello che sono e vorranno essere.
Aiutare quindi i nostri ragazzi ad avere consapevolezza di sé ed accettazione di sé è quindi la più grande sfida, per poterli continuare a sfidare a crescere insieme con il nostro “ASK THE BOY”.
Lanciando le nostre sfide, “lo scautismo può diventare un potentissimo fattore protettivo agendo sulla stima di sé, sul senso di competenza, il sapersela cavare, il saper fare, nel far maturare la consapevolezza di essere “bravo” e utile”, un sano modo di vivere la competizione, la possibilità di sbagliare ed essere accettato ed accettarsi”.