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pag Il contrario del Sole...
Il contrario del Sole...
Una avventura pseudo-speleologica per la branca EG.
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Eccoci anche quest’anno con i Campetti di Specialità e anche questa volta abbiamo deciso di far vivere ai ragazzi l’esperienza della “pseudo-speleologia”; pseudo perché in realtà più che fare questa attività si è fatto scautismo, si è fatta avventura e si è provato ad accendere in loro la “miccia” della curiosità sia sotto l’aspetto delle Specialità sulle quali stavano lavorando sia sotto quello più ampio della natura. Dopo aver passato la notte protetti dal bosco, ci troviamo tutti di fronte all’ ingresso della nostra grotta, l’Arma Pollera a Finale Ligure. “Entrate” ci sta dicendo con il suo odore di terra umida e muschio. Ci ha promesso un nuovo viaggio. Iniziamo quindi tutti, lentamente e un po’ titubanti, a entrare dentro al buco, l’aria è un po’ fredda, ma non è lei a metterci i brividi. Dal buio davanti a noi risale il richiamo del vuoto, il richiamo del nero e del vuoto, che avvolge tutti i ragazzi che sono riusciti ad essere qui a questo campetto: li ammalia, li attira e allo stesso tempo li impaurisce. Ora siamo tutti dentro, nell’ampio ambiente di crollo chiamato “Salone Issel”. Annusiamo l’aria, la sentiamo come un navigante sente il vento sulla prua, stiamo per iniziare a veleggiare su un orizzonte di buio. Guardandoli, ognuno di loro ha negli occhi lo stupore per questi posti e un po’ di timore per una nuova avventura diversa dal solito, dove tutto è diverso rispetto alla superficie. Iniziamo lentamente a muoverci, esplorando quello che improvvisamente riusciamo a scorgere grazie alle luci delle nostre lampade e che fino a qualche istante prima era completamente invisibile. Quanto ci piace a noi scout sentirci esploratori un po’ romantici, ci piace sentirci conquistatori di orizzonti lontani, avventurieri in cerca di tesori perduti...ma qui dentro siamo solo minuscoli puntini luminosi persi in un mondo di pietra, buio e silenzio. Tra di loro c’è chi fa fotografie, chi cerca di sistemare l’imbragatura, chi invece cerca di scorgere un pipistrello (o meglio un chirottero. Come hanno imparato a chiamarli) oppure qualche raro animaletto. Vaghiamo tutti insieme nel regno dell’oscurità, ognuno di loro forse pensa alla specialità sulla quale sta lavorando o cerca, tra un passaggio e l’altro di portare a termine un po’ dei compiti suddivisi prima di entrare...ma è difficile... le stalattiti...gli scivoli…tutto li chiama e li distrae. Continuiamo a scendere sempre più in profondità. Il mondo esterno è sparito del tutto adesso. Intorno a noi ci sono soltanto roccia e buio. Dov’è finito il sole? Dov’è quell’odore dell’universo vegetale che soltanto poco tempo fa ci aveva ospitato per la notte? Dov’è l’ingresso da cui siamo entrati e che ora, da quaggiù, già qualcuno inizia a chiamare uscita? Abbiamo chiesto cosa fossero per loro le grotte; prima di scendere lo scivolo iniziale per
molti erano semplicemente buchi, o gallerie buie. Alla fine di questa avventura molti hanno capito qualcosa in più.
Le grotte sono paesaggi sotterranei che, a differenza di quelli esterni, esistono solo grazie a ciò che manca. Se ci fosse tutto non si vedrebbe nulla: non esisterebbe il posto in cui ci troviamo adesso ma soltanto un “pieno di roccia”. Questi luoghi sono stati scavati dal processo carsico, che lavora per dissoluzione chimica: l’acqua si insinua nelle fessure del calcare, aggredisce il carbonato di calcio, lo scioglie. E al suo posto lascia il vuoto, la grotta. Un mondo a sé, senza pioggia, senza sole, senza vento, senza stagioni ma dove, sapendo osservare, anche qui si può percepire la vita. L’acqua trasforma i pieni solidi in pieni fluidi. La forza di gravità fa il resto, e così una porzione di montagna scivola via, goccia dopo goccia. E questo avviene con tempistiche che non sono proprie dell’esistenza degli uomini ma appartengono al regno delle migliaia di milioni di anni.
Tornati alla luce del sole i ragazzi si guardano intorno, stanchi, impolverati. Assaporano la stessa aria che avevano respirato fino a qualche ora prima ma che adesso ha un gusto diverso. Ognuno di loro porterà a casa, nel proprio reparto, nella propria squadriglia un pezzo di questo vuoto che ha esplorato e forse, un giorno, da “grande”, si ricorderà di avere vissuto una avventura particolare: il contrario del sole.
EPPPI (day)
La Bottega R/S di canyoning
A volte la storica e spesso abusata frase “non esiste buono o cattivo tempo.” andrebbe ri-adattata ad altre situazioni. È il caso della Bottega RS di canyoning (o per amor di acronimo, un EPPPI) che si è svolta Sabato 23 e Domenica 24 Aprile 2022. Dopo giorni e giorni di temperature primaverili, sole e allarmante carenza di piogge, il meteo ha deciso di cambiare proprio in concomitanza con l’evento proposto a 12 tra Rover e Scolte che si sono dati appuntamento per vivere insieme una due giorni all’insegna dell’avventura e della comunità, con la voglia sincera di riprendersi quello che è (o dovrebbe essere) di diritto il terreno di gioco naturale degli Scout: la natura. Si è optato per ritrovarsi presso la Parrocchia di Prà, che ha dato ospitalità a tutti i partecipanti e, dopo i momenti iniziali di conoscenza, si sono affrontate le prime titubanze sull’uso di corde, imbragature e discensori e il connubio con acqua, cascate e canyon. Mentre la perturbazione continuava a lambire la Liguria e si accaniva proprio sui nostri erresse (per fortuna al coperto) iniziavano a serpeggiare le prime domande: si farà? Andremo? Farà freddo? Al mattino la decisione presa sotto un cielo color “fumo di Londra”: ci si prova! Arrivati nei pressi di Ronco Scrivia con qualche timidissimo e assolutamente non previsto raggio di sole si dava inizio alla discesa del Rio San Rocco (Creverino), una volta indossate le mute e l’attrezzatura. Tra scivoli, tuffi e sempre in compagnia dell’acqua, il manipolo di impavidi ha avuto modo di confrontarsi con la natura, con qualche paura, ha provato l’emozione di lasciarsi scivolare lungo strettoie scavate “ dall’acqua e dal tempo”, ha guardato paesaggi celati dai boschi soprastanti e preclusi alla vista dei camminatori occasionali, ha scoperto che anche dopo un tempo che sembrava infinito, fatto di “sogni digitali” e esperienze mediate dalla tecnologia, la natura, gli alberi e il creato erano ancora lì ad aspettarli. Ed erano pronti a regalare, con la consueta generosità, gioia e felicità senza chiedere nulla in cambio se non il rispetto che meritano quei luoghi. A volte viene chiesto a un Capo Scout “ma ti pagano”? Ebbene la risposta in questi casi è SI! Si, ci pagano i nostri ragazzi ogni volta che li vediamo correre tra i boschi o tra le rocce di un torrente, ci pagano ogni volta che li vediamo infreddoliti ma con quel sorriso stampato in faccia, ci pagano ogni volta che, stanchi, non smettono di scherzare. Sì, ci pagano ogni volta che riusciamo a far vivere loro esperienze vere, fatte di sacrificio e di fatica ma che alla fine, tornati a casa, ci accorgiamo di aver fatto per loro qualcosa di particolare: del nostro meglio per provare a lasciarli (forse) un po’ migliori di come li avevamo incontrati.