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pag Scout: inguaribili miscredenti
A cura di fra Alberto Casella, AE di Zona Milano e AE di CFM L/C e CAM RS Liguria
Scout: inguaribili miscredenti
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o alfieri di sinodalità?
Un’opportunità da cogliere: AGESCI come laboratorio di sinodalità
Non so se capiti anche a voi ma, talvolta, mi sento dire: “scout cattolico?” “beh, cattolico, proprio cattolici non lo siete più”. Eh già! In fondo, qualcuno ci guarda come una associazione borderline. Smentirli sarebbe un po’ una operazione apologetica (perdente in partenza): dire che per noi la catechesi non è poi così secondaria, che molti capi hanno una vita spirituale extra-associativa e che in AGESCI abbiamo eventi che pongono al centro la vita cristiana, non serve a molto. È vero – dopotutto – che nelle nostre unità accogliamo ragazzi cristiani non cattolici, non battezzati, islamici, buddhisti (a proposito, ricordo Davide, ebreo: vivere in reparto con lui, figlio di Abramo, un deserto sull’Esodo ebbe per i ragazzi un sapore e un senso unici). E questo può suonare strano quando in molte associazioni cattoliche la prima cosa che ti chiedono è il certificato di battesimo. È vero che molti R/S e capi faticano a identificarsi pienamente nelle parole delle loro carte di clan e del patto associativo riguardanti la fede. È vero che molti gruppi hanno rapporti tesi o di estraneità rispetto alle loro parrocchie. È vero che molti scout condividono ben poco degli articoli di morale del Catechismo della Chiesa Cattolica. Tutto vero ma… Già c’è un ma, anzi ce ne sono due.
Ma come stiamo guardando le cose? Il cannocchiale di Galileo al rovescio
Avete presente un cannocchiale? Prendete il prototipo di Galileo Galilei. Un tubo con due lenti, una piccola, oculare, e una grande, obiettivo. Accostate l’occhio all’oculare e – magia della fisica – un oggetto appare molto più grande di quanto non lo sia a occhio nudo. Ora giratelo: bizzarria (Galileo avrebbe usato proprio questo termine)! Puntate il cannocchiale verso il vostro gatto che gironzola per la stanza e appare un microscopico micio lontanissimo. Ora mi chiedo se non guardiamo l’AGESCI al contrario, aumentando i “difetti” e trascurando i punti di sfida (e quindi di vantaggio). Trovo vi siano tre elementi sui quali riflettere: a. Le nostre unità sono spesso molto più che in altre associazioni lo specchio della vera realtà dei ragazzi di oggi. Prendete 50 ragazzi che passano in piazza De Ferrari in un pomeriggio: saranno un buon campione della realtà. Un reparto e un clan qualsiasi non sono molto diversi da loro. Se selezionassimo i nostri ragazzi in base alla loro “fede” forse avremmo ragazzi evangelicamente convinti ma non sarebbero la fotografia dei loro coetanei. b. I nostri capi sono sì imperfetti ma (spesso) autentici. Nella sua vita terrena Gesù Cristo ha riunito attorno a sé un buon numero di soggetti ben poco quadrati. Si è circondato di imperfetti sinceri. In fondo, nella Chiesa, siamo tutti dei tentativi di cristiano. Forse l’autenticità dei capi – contestatrice e cortese – aiuta a capire come vogliano realmente camminare su un percorso di vita cristiana e non si limitino a ripetere stancamente nozioni preconfezionate ma, anzi, cerchino una rielaborazione e un linguaggio capaci di parlare ai loro ragazzi. c. Uscite scout e Chiesa in uscita. Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium (n. 23) ha esortato la Chiesa a una estroversione, ossia a uscire e annunciare, poiché la gioia di Cristo deve essere portata a ogni persona. Ora mi domando: è vero che gli scout spesso sono assenti dagli impegni parrocchiali, ma ditemi, vi viene forse in mente una associazione cattolica che è così “geneticamente” in uscita? Quali altre associazioni celebrano così spesso l’Eucarestia in parchi pubblici, spiagge, ai bordi di sentieri. Chi altro riesce a mettersi in cerchio e pregare in una piazza nella quale, nel frattempo, decine di coetanei fanno aperitivo?
Forse se girassimo il cannocchiale e lo rimettessimo al verso giusto, vedremmo che alcune apparenti “pecche” dell’AGESCI sono splendide opportunità di crescita ecclesiale.
Ma se tornassimo al Vangelo così com’è stato annunciato, senza proiezioni personali e sociali? Cristo incartato e Cristo incarnato
Il secondo ma ci porta a un problema notevole. Quale Vangelo annunciamo? Quello di Cristo quale è? O una versione stereotipata, avulsa dal radicamento nella vita personale? Senza nulla togliere a noi AE (che studiamo esegesi e teologia apposta) e che quindi possiamo (anzi ci viene chiesto) essere delle sorte di “operai specializzati” della vigna del Signore, mi chiedo se però a volte il Vangelo non rimanga carta (un foglietto A4 con brano e qualche domanda), senza farsi carne nella nostra vita. Noi crediamo in un Dio incarnato e non incartato: Gesù è presente nella storia, non solo nella Parola. E si rende presente anche (non solo, certo) nella misura in cui io riesco a trasformare il Vangelo in vita, ossia quando in me, persona fragile e impaurita, la Parola di Dio si trasforma in parole e azioni che parlano di Lui anche senza citarlo, ma portandolo, con coraggio e amore. I nostri ragazzi sono tutti splendidamente degli originali come scout (guardate i loro fazzolettoni, le loro camicie, trovatene due uguali!), non facciamo di loro dei cristiani-fotocopia! Come diceva Carlo Acutis: tutti nasciamo come originali, molti muoiono come fotocopie. Se la fede viene pensata come vita (e non concetto mentale), forse, ognuno potrà scoprire il progetto autentico che Dio ha per lui.
Sinodo, ovvero la Chiesa parte per la route
Un’ultima pietra, gettata in mezzo. Si parla molto di chiesa sinodale, ossia che cammina assieme. Ma AGESCI, dove ragazzi, educatori e assistenti camminano letteralmente assieme (pensate alla route!) cosa potrebbe dire sulla sinodalità e sulla sfida di annunciare il Vangelo ai lontani? E se AGESCI non fosse proprio uno storico laboratorio di sinodalità che può diventare alfiere di un cammino sul quale la Chiesa vuole porsi? Pensiamoci, forse, tutti assieme, potremmo tirare fuori strade e pensieri per il domani (cit.).