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pag Una vita piena di luce e colori

A cura di Stefania Dodero Spiritualità Scout

Una vita piena di luce e colori

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Tra simboli e liturgia…Terza parte

Nella moltitudine dei simboli in cui siamo immersi molti li abbiamo sempre sotto gli occhi e quindi li diamo per scontati. Nell’articolo precedente abbiamo visto acqua, pane e vino, segni della nostra quotidianità umana che Gesù sfrutta per farci comprendere come l’essere uniti a Lui debba essere la quotidianità di ogni cristiano. Abbiamo anche visto come le decorazioni delle chiese siano di supporto o stimolo alla nostra fede, almeno questo era l’intento nel passato (e potrebbe esserlo anche oggi per riscoprirla in qualche modo) … decorazioni, affreschi, quadri, vetrate… La vita cristiana è decisamente a colori! Anche se ci trovassimo sulla soglia della chiesa o cappella più spartana possibile, nel momento in cui la varchiamo per la santa messa, veniamo accolti da un colore: quello delle vesti del sacerdote. I colori dei paramenti che vestono i celebranti cambiano a seconda del periodo liturgico, ovvero dei giorni dell’anno. Quelli attualmente in uso sono stati codificati per volontà di Paolo VI nel Rito romano nel 1969 e sono principalmente quattro: bianco, verde, rosso e viola. A questi se ne aggiungono alcuni quali il rosa, l’azzurro, l’oro e il nero, utilizzati in alcune occasioni particolari o come alternativa ai colori canonici. Esaminiamoli uno per uno. Il colore più utilizzato nelle messe domenicali e feriali è il verde, simbolo di speranza, costanza e ascolto perseverante. Accompagna il cammino quotidiano, di tutti i giorni, dei sacerdoti e dei fedeli. In Avvento e in Quaresima, tempi di attesa e preparazione alle grandi feste Cristiane quali Natale e Pasqua, viene indossato il colore viola che ri-

chiama appunto la penitenza, l’attesa e infine la

tristezza e il lutto. È il colore che viene utilizzato anche nelle Messe per i defunti, nelle quali può essere sostituito da paramenti di colore nero (che da sempre è il colore del lutto). Contrapposto a questo c’è il bianco che simboleggia la vita, la gioia e la purezza derivanti dalla Fede. È legato quindi alle feste di Natale e Pasqua e in particolare a tutte quei giorni in cui si festeggiano le figure di Gesù e della Madonna. Di conseguenza simboleggia anche la risurrezione, il Cristo risorto, la vita che ha sconfitto la morte. Il rosso è il colore della passione di Cristo e del sangue versato nel martirio da Lui e dai Santi. Per questo viene utilizzato per i paramenti liturgici la Domenica delle Palme, il Venerdì Santo, a Pentecoste, nelle celebrazioni dedi-

cate alla Passione del Signore, nelle feste degli Apostoli, degli evangelisti e dei Santi Martiri. È il colore che, quasi per convenzione, indica anche ciò che è terreno ed umano in contrapposizione al bianco e al celeste che invece indicano il Cielo, la natura divina e pure la nobiltà. L’azzurro, infatti, lo ritroviamo spesso nelle vesti della Beata Vergine Maria ed è proprio in onore della Mamma Celeste che i sacerdoti lo vestono per le celebrazioni in Suo onore. Il rosa, indica gioia e solennità (riservato per la III domenica di Avvento e la IV domenica di Quaresima), mentre infine l’oro simboleggia la regalità e può sostituire tutti i colori in ogni occasione, sebbene di solito venga utilizzato solo in alcune Solennità di particolare importanza. Occhio a non confondere l’oro col giallo. Quest’ultimo, infatti, secondo una tradizione iniziata nel XII secolo, è sinonimo di falsità, di inganno e di menzogna (inquanto sentito come degenerazione delle qualità luminose e morali proprio dell’oro). Nelle raffigurazioni medievali i traditori indossavano spesso qualcosa di giallo. Lo stesso Giotto, nella Cappella degli Scrovegni a Padova, lo usa per dipingere il mantello di Giuda, che si appresta a baciare Gesù. Parlando di colori non possiamo dimenticarci che questi sono visibili, nella fisiologia umana, grazie alla luce. E allora non lasciamoci sfuggire altri due simboli legati a Cristo che, non a caso, si incontrano insieme proprio durante la veglia di Pasqua: il cero (o candela) e la luce! Premettendo che la luce è, in molte civiltà, archetipo simbolico della divinità (pensiamo a “Ra” il dio sole egiziano, lo stesso S. Francesco che dice che “messor lo frate Sole…de Te, Altissimo, porta significazione”, o ancora a Buddha, che significa appunto “l’illuminato”), spesso la troviamo in contrapposizione alle tenebre dove appunto la luce indica la vita, le tenebre la morte. Con la luce inizia la creazione: “Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona” [Gen. 1, 3-4] e la si ritrova in tutta la Bibbia sia come riflesso o attributo di Dio, sia come parola di Dio che illumina e guida, sia, col Nuovo testamento, come personificazione di Gesù (“io sono la luce del mondo” [Gv. 8,12]) e quindi della rivelazione di Dio. Bella e significativa è la “liturgia della luce” che esplicita tutto questo nella notte di Pasqua. Inizia tutto al buio, la chiesa si apre ai fedeli con le luci spente, ma viene acceso un braciere (o un piccolo falò… dipende molto dalle disponibilità e dagli spazi della chiesa stessa) all’ingresso e come prima cosa, in questa particolare notte, si fa la benedizione del fuoco (che riscalda e illumina, il focolare è da sempre associato ad accoglienza, casa, calore, famiglia). Dalle fiamme di questo fuoco poi si accende il cero pasquale e proprio da esso la “Lumen Christi” (Luce di Cristo) avanza e si espande (simbolicamente e non solo) nella chiesa, attraverso le candele dei fedeli che vengono accese dal cero stesso sconfiggendo le tenebre e ridando luce a tutti. Il Cero infine ha anche una seconda valenza simbolica, oltre ad illuminare si fonde e si consuma a beneficio di altri, come Cristo che si dona in sacrificio sulla croce. Come simbolo della Risurrezione, rimane acceso sull’altare fino a Pentecoste, finché non si accendono “delle altre fiammelle”, dono dello Spirito Santo, che indicano la nostra missione: portare la Luce di Cristo agli altri. I cristiani, col battesimo (ricordate che anche qui compare il cero pasquale e la candela!) diventano figli di Dio, “figli della luce” e come tali, nelle sue lettere, l’apostolo S. Paolo esorta a camminare: “Ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce” [Ef 5,8-9].

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