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La riconobbero subito, quando scese dalla corriera guardandosi intorno con aria innocente. Era lei, la spia.
Piccola, con riccioli biondi fini fini, le caviglie esili e il naso un pochino affilato, li guardava con gli occhioni grigi sgranati, come una bambina. E quasi lo era, non aveva ancora vent’anni, forse neanche diciotto, si disse il capo della pattuglia che la circondava.
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Salirono per i sentieri in silenzio. Vedeva quello che era venuta a vedere, ma non avrebbe potuto riferirlo a nessuno.
Arrivarono in poco più di un’ora. Chiese di appartarsi un attimo, aveva viaggiato tutta la mattina. Una donna le restò sempre vicino, imbracciando il fucile, senza aprir bocca e guardandola male quando lei provò a rivolgerle la parola.
Poi la interrogarono.
– Non ci interessa il tuo vero nome, puoi dircene uno qualsiasi, vogliamo invece quello di chi ti ha mandato, e bada di dire quello vero, non partiamo col piede sbagliato.
– Tanto lo sapete già.
– Può essere, ma preferiamo che ce lo dica tu.
– Teresa.
– Bene, vedo che ti piace scherzare. Non so se ne avrai voglia per molto.
– È quello vero.
– Ti credo sulla parola, ma non far troppo la furba, dicci quello che ti ho chiesto.
– Non mi ha mandato nessuno, sono venuta a passare un paio di giorni in collina.
– Risposte sempre più brillanti. Non ti sembra di essere un po’ giovane per aver tanta voglia di morire?
– Non ne ho per niente.
– Allora avresti fatto meglio a restartene a casa e non fare questo gioco.
– Che gioco?
– Hai ragione, non è un gioco. È una cosa da grandi, e tu non lo sei.
– Ho quasi vent’anni!
– Appunto.
– Forse per voi una ragazza di vent’anni non può andarsene in giro da sola?
– Certo che può. Può anche essere fucilata, da sola. Per la prima volta Teresa perse la battuta. Non ci aveva pensato. Sapeva di rischiare, e molto, ma non sino a quel punto. Si riprese ma con meno sicurezza, il tono di voce non era più lo stesso.
– Come fucilare? Perché?
– Perché fuciliamo le spie. Noi come voi, come tutti in guerra.
– Ma io non sono una spia!
– Se anche avessimo avuto dei dubbi, con le tue prime risposte ce li avresti levati. Una ragazzina innocente portata via da uomini armati durante una gita non ha la risposta tanto pronta. Comunque non ne avevamo, ci avevano avvisato che saresti arrivata.
– E chi?
– Anche noi abbiamo le nostre spie. E da voi c’è chi ha capito come andrà a finire e sta cominciando a pararsi il culo. Ma restando coperto e continuando a tenerlo al caldo, non si sa mai. Credo che ormai chi sa come stanno le cose non abbia più dubbi, ma capisco che i giovani cresciuti nella propaganda di regime possano illudersi ancora e buttar via così la vita.
– Vinceremo…
– Ecco, appunto. Allora, visto che tanto vincerete, dicci esattamente com’è la situazione giù da voi, cosa ti hanno mandato a fare e cosa hanno in mente.
– Non lo so.
– Ancora, continui?
– Davvero, le mie istruzioni erano di venire in contatto con voi, raccontarvi la bella storia che mi avevano preparato e che a questo punto vi risparmio, e cercare di entrare nel gruppo. Solo dopo mi avrebbero fatto avere altre istruzioni.
– Il genio che ha mandato così allo sbaraglio una ragazzina è il prefetto, vero?
– Sì.
– Bene, verrai giudicata come spia. Hai qualcosa da aggiungere a tua discolpa?
– L’Italia.
– Che avete distrutto. Portatela via.
La richiamarono verso sera. Il sole tramontava lontano dietro le rocce rosa, adesso aveva paura. Condannata. Sarebbe stata fucilata il mattino dopo. Non le dissero altro.
Giovanni Bernuzzi