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TESTIMONIANZA

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Cambia la radioterapia per il tumore del rene

Da trattamento palliativo per gestire il dolore a nuovo approccio terapeutico efficace per tenere sotto controllo i tumori del rene oligometastatici, ovvero quelli in cui le metastasi sono poche (meno di 5) e diffuse in poche sedi. Potrebbe essere il nuovo ruolo della radioterapia per i pazienti colpiti da questo specifico tipo di tumore, secondo gli autori di uno studio pubblicato su Lancet Oncology. I ricercatori hanno usato la radioterapia come unico trattamento, ripetendola eventualmente in nuove aree di progressione della malattia, e hanno ottenuto risultati incoraggianti in termini di sopravvivenza libera da malattia, senza dover ricorrere a trattamenti chemioterapici. “Il tumore del rene è stato storicamente considerato resistente alla radioterapia, ma i nostri dati mostrano che, in un gruppo selezionato di pazienti, questo nuovo approccio è efficace” dicono i ricercatori.

Sì alle noci dopo un tumore del seno

Consumare noci e noccioline sembra associarsi a una migliore sopravvivenza dopo una diagnosi di tumore al seno. Lo afferma uno studio pubblicato su Cancer Epidemiology nel quale sono stati analizzati i dati sul consumo di noci in circa 3.500 donne a partire dai 5 anni successivi alla diagnosi di cancro mammario. 5 anni dopo, e quindi a 10 anni dalla diagnosi, i dati hanno messo in luce che le pazienti che consumavano noci in misura superiore alla media avevano un inferiore rischio di ritorno della malattia e un ridotto rischio di mortalità rispetto a chi non le consumava.

Salmonella per viaggiare nel tumore

Uno studio eseguito in modelli animali di tumore epatico e pubblicato sulla rivista Nature Communications descrive un nuovo sistema, basato sull’uso del batterio Salmonella, per superare il problema di far giungere il farmaco fino all’interno della cellula. In questo specifico studio, il batterio è stato modificato in modo da non risultare pericoloso per l’organismo dell’animale e da poterne controllare la capacità di entrare nelle cellule tumorali murine. Una volta entrato in queste cellule, il batterio rilascia una molecola che blocca la crescita tumorale e migliora la sopravvivenza degli animali. Infine, si autodistrugge senza causare infezioni.

Screening mirato per il tumore della prostata

Lo screening attraverso l’esame del PSA potrebbe rivelarsi uno strumento salvavita per un sottogruppo specifico di uomini. Lo spiegano dalle pagine della rivista Lancet Oncology gli autori dello studio IMPACT, nel quale sono stati coinvolti 828 uomini appartenenti a famiglie con mutazioni tipiche della sindrome di Lynch, una patologia ereditaria che aumenta il rischio di sviluppare diversi tipi di tumore. In particolare, lo screening ha permesso di identificare molti più tumori nei portatori delle mutazioni genetiche analizzate. Come spiegano i ricercatori, nella popolazione generale lo screening con PSA non è una buona idea, perché il rischio di diagnosi falsamente positive è troppo alto. “Ma nei pazienti con sindrome di Lynch il tumore, quando presente, è spesso aggressivo, per cui uno screening annuale potrebbe fare la differenza” spiegano.

Dieta e cancro: i meccanismi dell’associazione

In uno studio pubblicato sulla rivista Nature, i ricercatori hanno osservato, in modelli murini di tumore del pancreas, che ridurre il consumo sia di grassi sia di zuccheri è più efficace che ridurre quello di soli zuccheri per rallentare la crescita del tumore. Gli autori hanno confrontato una dieta di restrizione calorica che riduce zuccheri e grassi con una dieta chetogenica (una dieta che prevede una riduzione drastica degli zuccheri e un incremento dei grassi), dimostrando che la restrizione calorica funziona meglio per rallentare la crescita del tumore, perché lo priva dell’energia proveniente dagli zuccheri ma anche dei lipidi, materiale di costruzione delle proprie membrane. “Questo non significa che i pazienti con tumore debbano seguire uno dei due regimi alimentari” precisano i ricercatori. Lo scopo dello studio era infatti comprendere come la dieta impatti sulla crescita tumorale per poter poi costruire strategie terapeutiche mirate ed efficaci.

La metastasi è anche questione di forma

La cosiddetta “morfodinamica” potrebbe essere una delle chiavi per la comprensione dei meccanismi che portano alle metastasi. È quanto emerge da un articolo pubblicato su Scientific Reports, nel quale gli autori si sono concentrati sullo studio della forma delle cellule tumorali e sui suoi cambiamenti (morfodinamica) nel processo di movimento verso una nuova sede. Grazie anche a un sistema basato sull’intelligenza artificiale, si è visto che le modifiche sono regolate sia dalle caratteristiche dell’ambiente sia da una specifica via di segnalazione interna basata sulle molecole Rho/ROCK. “Comprendere e riprogrammare la morfodinamica potrebbe aiutarci a predire e controllare la formazione di metastasi” dicono i ricercatori.

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