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FARI DI BARLETTA

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PENSIERI IN CALCE

PENSIERI IN CALCE

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Seguendo le indicazioni delle mappe digitali, mi ritrovo all’imbocco di un molo di cui non scorgo la conclusione, una torre si eleva in lontananza. Decido di sostare in un bar lì vicino: sedie in plastica rossa sbiadita, si intravede ancora il logo dell’azienda di gelati al centro, classico bar di mare aperto ormai da tempo. Entro e tutto continua a presentarsi secondo i canoni del luogo: gestione familiare, la madre gentile che serve il caffè, la figlia che appare e scompare dal bancone. Interrogo il padre sulla situazione dei fari lì vicino. Afferma che quello più piccolo, di epoca borbonica, sarà presto riattivato.

Non convinto della risposta, mi appresto a chiedere informazioni al guardiano del cantiere che, molto gentilmente, mi dice di non saperne molto ma che forse l’avrebbero rimosso, ma data la poca conoscenza dell’argomento mi dirotta alla capitaneria. Risalgo in macchina e mi dirigo verso le risposte. Il cartello sulla porta mi informa della chiusura pomeridiana del presidio.

Dalle carte scopro che il molo dirimpettaio a quello dei fari si estende per la stessa lunghezza. Il bellissimo castello della città mi scorta verso la mia destinazione, segnato da numerosissimi interventi si mostra orgoglioso della sua forma. Spingo i primi passi lungo la banchina e volgo nuovamente lo sguardo alla fortezza, ormai distante. Ora che non occupa più la totalità della mia vista china la testa, abbassa lo sguardo, si nasconde dietro filari di alberi. Più imponenti, alte e meschine si ergono le industrie, troneggiano sulla città mostrando il loro dominio totale. Tutto sembra sparire sotto la loro mole che brilla di riflessi sui grossi tubi che le compongono.

Lasciandomi alle spalle questo scempio, risalgo verso il mare aperto. Bagnanti si godono la giornata limpida mentre continuo a camminare per un chilometro per porgere i miei ossequi al protettore di questo golfo. Carico come un mulo, oltre il peso di ciò che porto meco, sento qualcos’altro: realizzo di essere l’unica persona, in quel frangente, in tenuta urbana e con delle borse; questo viene notato dai bagnanti che, incuriositi dal mio atteggiamento, mi chiedono di scattare loro delle foto con la macchina. Decine di minuti in questa situazione, sotto il sole a picco, mi estraniano dalla realtà, finchè non giungo al cospetto del faro.

Il ritorno lo affronto a passo svelto, sguardi di estranei continuano a posarsi su di me e, raggiunta la terraferma, riparto come un alieno che abbandona un pianeta che non gli appartiene.

41°37’43.21”N

15°55’23.77”E

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