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FANALE DEI PISANI
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Livorno, città di porto, proiettata tutta verso il mare. Terrazza Mascagni ospita il momento del mio pranzo che passo in solitudine e senza maglia, baciato dal sole e accarezzato dalla brezza: l’incanto di un luogo pubblico libero, affacciato sulle rive, massima propaggine urbana. Giungo in questo luogo a seguito di vani tentativi di raggiungere il Fanale dei pisani: uno dei fari più antichi d’Italia. Fu ricostruito negli anni ‘50 dopo che i tedeschi lo fecero brillare durante il secondo conflitto mondiale. Intorno a questa vicenda, gravitano le storie che fanno comprendere che l’essere umano è perlopiù incline alla guerra solo finché non conosce il proprio nemico da vicino. Di fatto, il farista di questa casa della luce non rimase coinvolto nell’inaspettata esplosione a seguito dell’ordine, apparentemente privo di motivazione, dell’ufficale tedesco che gli impose di andare in licenza in un preciso giorno. La paura del diverso non ha più valore quando lo si conosce.
Il monolite è circondato dai cantieri navali, come a Genova. L’assurdità di queste scelte mi lascia attonito: questo guardiano guida i marinai da più di 700 anni, potrebbe essere ragione di vanto in tutto il Mediterraneo. L’unico ringraziamento che gli viene porto è quello di essere lasciato indisturbato. In cuor mio, non credo sia il suo volere: da sempre al servizio delle genti, negargli il contatto con esse sa più di condanna che di premio.
Ho appuntamento allo yacht club con uno dei più illustri tra i faristi del Tirreno: Renzo Fiorenti, ultimo guardiano del faro di San Venerio. Mi accoglie con pacata gentilezza e, raccontatogli del mio viaggio e delle mie curiosità, mi scorta e introduce a ognuna delle persone che potrebbero dar risposta ai miei dubbi. Percepisco che chiunque lo veda ne sia lieto, disponibile ad aprire ogni porta chiusa. Terminate le visite, ci sediamo a un bar del porto. Noto come il mare segni duramente la pelle di chi vive al suo servizio. Probabilmente è il prezzo da pagare per ciò che può donare. I suoi grandi occhi chiari mi scrutano nel profondo senza giudizio, con comprensione.
Il racconto della vita su un’isola pressoché deserta quasi mi commuove: suona così antica e così pura, in aperta coesione con la natura. Forse che essa non vada domata, ma assecondata per viverci in armonia?
Delle quasi quattro ore passate con Fiorentini potrei scrivere per quattro giorni. Sfide contro il mare in burrasca, incontri con persone e con animali dell’isola, scoperte di reperti antichi, rapporti con i superiori della marina, salvataggi di naufraghi e molto altro ancora. Quello che più mi colpisce è però il rapporto così diretto con la natura.
Una frase mi segna nel profondo:
“Non hai orari, tutto scorre così piacevolmente che ti fermi a vedere sbocciare un fiore.”
42° 5’54.28”N
11°48’59.73”E