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FARO DI SANT’EUFEMIA
Isola di Sant’Eufemia, Vieste, FG
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Addentrandoci nel Gargano gli avvertimenti di mio padre e mia zia risuonano: “state attenti è una terra di briganti”. Preoccupati ci avventuriamo nell’intrico di strade che segna questo promontorio dirigendoci verso la baia di Pugnochiuso.
Ottavio Greco ci aveva indicato la via per raggiungere il faro che svetta su quel golfo: “Un tempo era necessario attraversare la hall di un albergo, dichiarate le vostre intenzioni, vi dovrebbero lasciar passare.”. Raggiunta la meta ci troviamo di fronte a una fortezza del turismo. Guardiole e strade sbarrate non ci permettono nemmeno di avvicinarci alla costa. La nostra indignazione porta con sé la riflessione sul senso della scelta della privatizzazione di porzioni così ampie di parchi naturali. Ci sarebbe piaciuto osservare da vicino il celeberrimo faro che ospitò la prima farista donna d’Italia, colei che non abbandonò la sua guardia nemmeno quando le fiamme dei roghi bussavano alla sua porta.
Proseguiamo verso est, ad ogni curva la mia compagna di viaggio chiede di fermarsi a godere della vista del capolavoro naturale che ci circonda. Ogni scorcio sembra dipinto: la macchia mediterranea, il mare azzurro, le bianche scogliere, così distanti, ma magnifiche al pari di quelle rappresentate da Friederich sulle coste del mar Baltico.
Raggiunta Vieste è ormai l’ora del pasto. Non un’anima in giro oltre a noi e un gruppo di turisti tedeschi, ancora così sensibili da fermarsi ad ammirare un fiore, oltre che i volumi del luogo.
L’isola di Sant’Eufemia sembra osservare la città, allargando le sue braccia quasi a difendere maternamente le acque placide della baia cittadina. Ospita gabbiani e un ragazzo che li sfida a gridare più sonoramente di lui: si sentono distintamente le voci dei partecipanti a questa gara anche da terraferma. Il faro li osserva e sorride sornione. Essi offrono l’unica sua compagnia ormai. Non è più rimasto nessuno a presidiare quel monolite, ma esso continua imperterrito a proteggere i naviganti di quei lidi senza rancore nei confronti di chi lo sta piano piano dimenticando. Sperone d’Italia, il Gargano viene considerato un’appendice del grande stivale, quasi fosse stato apposto in un secondo momento. Le fattezze di questa terra sono molto differenti da quelle limitrofe, un mondo a sé stante in cui sono state segregate genti diverse e, come sempre succede, la diversità spaventa, crea ombre enormi anche dietro a innocue foglie.
Attraversato il lago di Lesina e di Varano ci sembra di abbandonare la stessa bellezza che Cristalda fu costretta ad abbandonare quando, rapita dalle braccia di Pizzomunno, venne trascinata in mare.