Rafaell Triscian
Otto Passi (la lettera che non ti ho mai scritto)
Era tanto tempo, davvero tanto tempo che volevo scriverti una lettera, l’ho fatto per il tuo compleanno, quando hai compiuto diciotto anni ma erano poche pagine, niente di straordinario. Mentre questa lettera rappresenta un pezzo di me, te la sto scrivendo da un posto particolare in un momento particolare della mia vita. Qui ho tanto tempo per pensare, ma non solo per quello… Le mie giornate si dividono tra leggere libri, guardare la TV e fare esercizi fisici. Non ho nient’altro da fare se non aspettare la colazione al mattino alle sei e mezza, il pranzo alle undici e mezzo e la cena che viene servita alle cinque e mezzo del pomeriggio. Certo, sono orari un po' strani, tuttavia ci si abitua a tutto, anche all’impossibile e qui pare tutto inverosimile, incredibile, anche se è tutto maledettamente vero. Cazzo. I primi giorni sembravo un vegetale: non mangiavo, dormivo a fatica e gli attacchi di panico erano all’ordine del giorno. Non riuscivo ad accettare l’idea di trovarmi in una situazione che non mi apparteneva, in un posto che neanche nei miei più lontani pensieri avrei mai immaginato di dovermi trovare. Un susseguirsi di emozioni: prima l’incredulità degli avvenimenti, lo stupore accompagnato all’ilarità del momento. Si, perché era da non credere una cosa del genere e mi è capitato di ritrovarmi a ridere per una situazione di merda che non riuscivo nemmeno a capire. Un riso amaro, triste, che si è trasformato con il tempo in pianto continuo e ininterrotto. Lo stupore iniziale ha lasciato spazio alla rabbia, era un continuo chiedere spiegazioni, non riuscivo a capire il susseguirsi degli avvenimenti e tempestavo tutti di domande, una su tutte era “perché”? Perché mi trovo qui? Perché mi state facendo questo? Perché sta capitando a me? Mi volevo aggrappare a qualcosa, a una sorta di speranza che mi serviva per andare avanti. 9
Non vedevo una via d’uscita e non sapevo per quanto tempo sarei dovuto rimanere in questo posto dimenticato da Dio. Poi dentro di me è scattato qualcosa. La rabbia ha lasciato spazio alla rassegnazione. È molto difficile da ammettere ma la rassegnazione mi ha aiutato a riprendere in mano la mia vita. Non potevo mollare, non potevo arrendermi, ne avevo passate così tante nella mia vita che non potevo smettere di lottare proprio adesso: dovevo dimostrare a me stesso ma, soprattutto alla vita, quanto valevo. Avrei continuato ad andare avanti nonostante tutto e nonostante tutti. Fanculo, loro non mi conoscono, non sanno niente di me, possono farmi qualsiasi cosa ma io non ho intenzione di mollare, ho sempre sostenuto di avere i coglioni e in tante occasioni ho dimostrato con i fatti di avere carattere. Ora è arrivato il momento di dimostrarlo un’altra volta, per l’ennesima volta, forse per l’ultima volta. Ma devo farlo. Quindi dopo averci pensato bene, il sesto giorno ho rimesso in ordine la mia stanza lunga otto passi, mi sono seduto alla scrivania e ho iniziato a pianificare le mie giornate. Sveglia alle cinque e mezza del mattino: rifare il letto e aprire le finestre per cambiare aria. Dalle sei mezz’ora di tempo per l’igiene personale: barba, doccia e conseguente pulizia del bagno. Ore sei e mezza: colazione con latte oppure caffè, accompagnati con il pane. Non c’era altro. Ore sette: avrei iniziato a scrivere, di tutto. Mi è sempre piaciuto scrivere, da ragazzino fantasticavo nello scrivere storie e racconti che poi facevo leggere alla maestra che tutte le volte era entusiasta di perdersi nei miei scritti. Diceva che avevo molta fantasia, che dovevo coltivare questa mia passione e che dovevo assecondare le mie attitudini. Ma c’era una cosa che non sapeva: la mia fantasia non era una dote, era semplicemente una necessità. 10
Un bisogno di scappare dal mondo che mi circondava, un mondo fatto di cattiveria, di paura e di infelicità. Ogni bambino dovrebbe, a suo modo, essere felice. Non credo di esserlo mai stato, anche se sarebbe bastato così poco… Eppure anche da ragazzino ho dovuto lottare e solo ora mi rendo conto che, forse, non ho mai smesso di farlo. Ore otto: una passeggiata all’aria aperta. Fa bene respirare l’aria pulita anche se di prima mattina fa veramente freddo e la temperatura arriva anche a meno cinque gradi. Ore nove: ricominciare a scrivere. Questa era l’intenzione delle nove ma con il passare dei giorni ho capito che avevo troppo freddo, mi serviva tempo per scaldarmi e quindi ho dovuto cambiare il programma. Al rientro, verso le nove per scaldarmi dal gelo patito, dovevo iniziare a fare gli esercizi. Solo due serie, flessioni e spalle. Le flessioni erano semplici da fare mentre gli esercizi per le spalle e i dorsali erano più complicati. Appoggiavo una mano sul primo muretto e l’altra sul secondo muretto che dividevano il bagno dal resto della stanza. In questo modo potevo fare le trazioni in maniera comoda e sicura. Ore dieci: iniziare a leggere. Fortuna potevo avere dei libri, quindi la mia intenzione era quella di alternare la scrittura alla lettura in modo da passare meglio il tempo. Ore undici e trenta pranzo: mezz’ora di orologio per mangiare, dopo di che veniva ritirato il contenitore d’acciaio contenente il rancio. Ore dodici: camminata. Per quello che potevo, per quello che riuscivo. Dalla finestra alla porta, dalla porta alla finestra. Otto passi, appunto. Mezz’ora andava bene, mi faceva bene camminare dopo aver mangiato. Ore dodici e trenta: accendere la TV. Iniziavano i vari telegiornali e dovevo di nuovo rapportarmi al mondo esterno, anche se solo attraverso una stupida televisione. Dovevo tenermi aggiornato, dovevo informarmi, dovevo capire che la 11
vita che stavo facendo in quel momento non era vita, era solo una parentesi che prima o poi sarebbe finita. Si, ma quando? Ore quattordici e trenta: ricominciare a scrivere. Ore quindici e trenta: merenda. Sono riuscito a comprare del cioccolato fondente e facevo una pausa mangiando mezza tavoletta mentre guardavo fuori dalla finestra. Era buono, dolce, nutriente. Non riesci ad apprezzare fino in fondo una cosa se la dai per scontata. Quando puoi fare quello che vuoi, comprare quello che vuoi, andare dove vuoi, vivi a metà. Nel senso che non apprezzi assaporare un pezzetto di cioccolato semplicemente perché ne puoi comprare a quintali nel caso tu volessi. Ma quando non puoi farlo è molto snervante e di conseguenza ogni piccola cosa viene apprezzata in maniera nuova, in un modo diverso e questo l’ho imparato qui. A mie spese. Ore sedici: inizio esercizi fisici. Un’ora di allenamento fatto di addominali, flessioni e trazioni. Più di mille addominali, duecento flessioni e cento trazioni. Mi spaccavo le braccia, mi facevano male tutti i muscoli ma più che un esercizio fisico era un esercizio mentale, faceva più bene alla mia testa che al mio corpo. Ore diciassette: doccia. Relax. Ore diciassette e trenta: cena. Ore diciotto: camminata. Ore diciotto e trenta: riprendere a scrivere. Ore venti e trenta: film alla TV. Ore ventuno e trenta: camomilla. Ore ventidue: pastiglia per dormire. Questo era ciò che avevo programmato di fare, questo era ciò che potevo fare, questo era ciò che mi era consentito di fare. Poi con il tempo ho accompagnato la mia lettura con un po' di musica, ho imparato ad apprezzare l’ora del pranzo e della cena, ho ricominciato ad appassionarmi allo sforzo fisico. 12
Ho ricominciato ad amare le piccole cose, la camomilla, un pezzo di cioccolato, un frutto. Non ti rendi minimamente conto di quanto sia importante qualsiasi cosa, anche la più piccola, quando non hai niente. Ed io, in questo momento, non ho niente, non posso fare niente e non posso vedere nessuno. Mi sono aggrappato all’unica cosa che non mi potevano togliere: la mia fantasia, la stessa fantasia che da bambino mi serviva per scappare lontano. Ho usato la mia fantasia accompagnata dai miei ricordi. Al tuo ricordo, al ricordo dei miei amici e delle persone che mi vogliono bene. Sono andato a scavare nei cassetti della memoria, mi sono ricordato di cose che avevo quasi rimosso. Ho riscoperto sensazioni ed emozioni che erano assopite dentro di me. In quel momento ho deciso di scriverti. Dovevi sapere. Dovevo dirti tante cose che non ti avevo mai detto, dovevi sapere cosa stavo facendo e dove mi trovavo. Sono sparito senza darti una spiegazione e nessuno ti poteva dire niente. Non oso immaginare cosa avrai pensato non sentendomi più. Ti sarai sentita abbandonata a te stessa, a mio modo ti sono sempre stato vicino, sparire così, da un giorno all’altro non facendosi più sentire deve essere stato straziante. Perdonami. Ti chiedo scusa di tutto ma solo oggi puoi capire il motivo di tante cose. Il giorno successivo aver pianificato la mia giornata ho iniziato a scriverti la lettera che non ti ho mai scritto. Quella stessa lettera che avevo in testa da anni ma che non ho mai avuto il coraggio di metterla sulla carta. Il coraggio l’ho trovato in un posto buio e triste. Il coraggio me l’hai dato tu, me l’ha dato il ricordo di noi. Il coraggio me l’ha dato la speranza di ritrovarti ancora e di ricominciare insieme a te una nuova vita. Tutto è iniziato per gioco, io avevo da un paio di mesi compiuto trentanove anni e tu avevi fatto da pochi 13
giorni i diciassette. Ci dividevano ventidue anni. Ci siamo scambiati un paio di messaggi in chat, ho mentito spudoratamente sulla mia età e ho cercato di puntare sulla simpatia. Mi avevano colpito i tuoi occhioni blu. Parlavano. Non avevo mai visto occhi così belli in tutta la mia vita, un azzurro intenso e profondo dove ci si poteva vedere tutto il cielo. Solo dopo, troppo tardi, ho capito che oltre al cielo ci si poteva vedere anche il mondo, il mio mondo. Quello che mi sarebbe piaciuto fare con te, tutti i sogni che avrei voluto realizzare con te. Ma tutto questo l’ho capito solo dopo molto tempo. Troppo tardi. All’inizio era solo un gioco un po’ pericoloso: io maggiorenne e tu minorenne. Ci ho pensato sai? Ho cercato dentro di me una sorta di maturità, mi sono aggrappato alla morale, alla correttezza, a quello che era giusto o non giusto fare. A quello che poteva pensare la gente se l’avesse saputo. Ma poi, prepotentemente, hanno vinto la mia debolezza e il mio desiderio. L’incontrollabile desiderio di averti. Me ne sono fregato di tutti e di tutto. Per una volta in vita mia ho dato retta a me stesso, per la prima volta. Dio mi è testimone: ho sempre pensato prima alle persone che avevo vicino, mi sono sempre preoccupato di far star bene gli altri e, forse, era arrivato il momento di pensare a me stesso. In maniera egoistica. Si, sono stato un fottuto egoista di merda. Non ho pensato alle complicazioni che ci potevano essere, ai problemi che potevano nascere e alle conseguenze che avrebbero portato le nostre scelte. Ma quanto era bello stare insieme? Mi bastava passare un po’ di tempo con te, perdermi nei tuoi occhioni blu e tutte le preoccupazioni svanivano. 14
Come ti avevo detto per me all’inizio era un gioco, non credevo possibile innamorarsi di una “ragazzina”, non credevo possibile riuscire a trovare tanto amore dopo tanta sofferenza. Quella sofferenza che ti cambia la vita. Non lo volevo ammettere con nessuno, soprattutto con me stesso. Continuavo a fare la mia vita e mi bastava vederti una volta ogni tanto, di nascosto. Bastavamo noi, io e te soltanto. Perché siamo arrivati a questo punto? Per colpa mia. Solo ed esclusivamente per colpa mia. Facciamo un po’ di ordine, facciamo un passo alla volta, è così bello ricordare…… Ti ho corteggiato, ti ho fatto ridere, ti ho mandato foto stupide, messaggi vocali ancora più idioti. Mai niente di volgare o inconveniente, mi piaceva semplicemente farti ridere, quando ridevi era come se il mondo si fermasse. A volte ti prendevo in giro ma ancora non mi conoscevi abbastanza e allora ti facevi cupa e mi dicevi: “Sei serio?” E io non potevo far altro che guardarti storto e iniziare a ridere… Appartenevi a un mondo che io non ho mai vissuto, che non ho mai conosciuto, un mondo dove regna la spensieratezza e la gioia di vivere. Sorridevi sempre con me ma, soprattutto, sorridevi di me…. che rabbia…. mi prendevi sempre in giro. Un pochino alla volta mi hai fatto entrare nel tuo mondo, hai iniziato a fidarti di me. Mi raccontavi della tua vita: la scuola, le interrogazioni e i compiti in classe. Sorridevo. Affrontavi i tuoi problemi con l’ansia e l’inconsapevolezza di quali fossero i veri problemi della vita. Non te l’ho mai detto ma ti ho sempre invidiato… Vivevi in un mondo ovattato, protetto, fatto di scuola, pallavolo, i tuoi amici e la tua famiglia. Non ti rendevi ancora conto di quanto fortunata eri ad avere due genitori che si preoccupavano per te. 15
Che ti dicevano ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. Avevano ragione loro, fin dall’inizio. Fino da quando per te era arrivato il momento giusto di parlare di me. Ero troppo vecchio… Avevano ragione loro. Avevano ragione tutti gli altri. Eppure siamo andati avanti nonostante tutto e tutti e siamo diventati immensi. Ci invidiavano tutti, questo lo sappiamo entrambi. Un po' alla volta mi davi più confidenza e poi un giorno, così, senza pensarci ti ho detto: “Perché non ci vediamo?” Il nostro “comunicare” era virtuale, quasi sempre tramite whatsapp, abbiamo fatto tutto tramite chat, ricordi? Ci siamo parlati, ci siamo confidati, ci siamo scambiati fotografie e abbiamo fatto l’amore tramite whatsapp. Incredibile, abbiamo persino litigato tramite whatsapp! Ma come si fa a litigare tramite messaggi?! Il più delle volte erano semplici fraintendimenti, era un modo di comunicare che non conoscevo. Preferivo di gran lunga la vita reale, forse è per questo che hai capito il mio punto di vista e hai accettato di vedermi. Meglio una chiacchierata di un’ora piuttosto che mille messaggi, non credi? E, forse, è proprio per questo che mi hai detto: “Mmmm, va bene”. Con quel “va bene” mi hai strappato un sorriso, finalmente ci saremmo visti! Non vedevo l’ora lo sai? Che sciocco, sembravo uno scolaretto delle medie eppure ero così emozionato all’idea di vederti… Non avresti mai accettato se ti avessi detto veramente la mia età, io per te avevo 32/33 anni, non ricordo neanche cosa ti ho detto. Ma te lo giuro, non l’ho fatto con cattiveria o con l’intenzione di mentirti in maniera subdola. Non volevo solamente che tu mi precludessi l’opportunità di vederti di persona solo per una piccola “questione anagrafica”. 16
Però mi ricordo benissimo cosa mi avevi scritto quando ti avevo detto che per te ero troppo vecchio… “Tu non sei vecchio…” “Cioè?” “Semplicemente che tu non sei affatto vecchio… sei grande, è molto diverso…” Riuscivi sempre a farmi ridere, eri così dolce. Non chiedevi mai niente ed eri sempre cosi prodiga a dare… Ma non a tutti, lo facevi solamente con me. Ti sei lasciata andare solo con me. Sei sempre stata fondamentalmente una ragazza timida e introversa. Avevi paura del mondo e ancora non avevi conosciuto l’amore. Anche adesso, dopo tanto tempo, non so se essere contento o sentirmi una merda per averti fatto provare un sentimento così grande. Sì perché di una cosa sono sicuro: eri innamorata di me. Hai pianto per me, hai lottato per me e sei andata contro tutti e tutto per me. Ma una cosa mi ha fatto capire il vero amore che provavi per me: è bastata una semplice frase, una frase che non mi ha mai detto nessuno. In tutta la mia vita mai nessuna donna era arrivata a tanto. E questo non me l’hai detto tramite un messaggio, me l’hai detto a voce, guardandomi negli occhi, mi dici dove hai trovato il coraggio? Chi ti ha dato quella forza che non pensavo che tu potessi avere? Quella forza te l’ha data l’amore. “Rob, ti avrei dato un figlio…” Come cavolo hai fatto me lo spieghi? Mai nessuno mi ha detto una cosa del genere. Ogni volta che ci ripenso mi viene ancora da piangere. Mi hai regalato un’emozione così grande, mi hai fatto pensare alla vita in un modo così diverso… Mi hai fatto rimettere in gioco tutto con una semplice frase. Non ti ho mai risposto, non ho mai commentato la tua frase ma non mi vergogno a farlo ora: avrei dato la mia vita per avere un figlio con te. Perché ciò significava una cosa che ho sempre desiderato ma che non 17
ho mai avuto: una famiglia. Prima di dirti quello che ti ho appena scritto ci ho pensato un milione di volte. Non era giusto se te l’avessi detto prima. Ti avrei scombussolato la vita. E, forse, non è nemmeno giusto che te l’abbia detto adesso. È da codardi. Ma il fatto è che ho una gran paura di non provare più un’emozione del genere. Mentre io, piccola bimba, ti auguro di trovare una persona migliore di me. Vedrai che sarà un amore diverso, più maturo, lo apprezzerai molto di più perché sarai più grande e vedrai le cose da un’angolazione diversa. Non sarà difficile piccola mia trovare una persona migliore di me. È ancora prematuro chiudere il tuo cuore, hai ancora così tanto amore da dare che sarebbe uno spreco restare da sola. Ma stai attenta a quelli come me, stai alla larga dai bugiardi. Stai alla larga da chi inventa storie ancora più grandi delle proprie bugie. Ma ti prego, non concederti a chiunque, non ti perdere nell’oblio del sesso. Il sesso è una cosa meravigliosa, fatta con la persona giusta è ancora più bello, credimi. Lo so, lo so, non ho nemmeno diritto di chiederti questo, non sono nessuno, non rappresento più niente, ma fallo per te stessa. Per come hai sempre vissuto e per essere diversa dalle altre. Perché io l’ho sempre saputo: se tu fossi stata uguale alle altre ti avrei scoperto, ne ho conosciute tante di donne false, ipocrite e arriviste. Tu non appartenevi a nessuna di queste categorie. E non credere alle persone che ti dicono che con il tempo la passione passa. Passa solo per chi non è innamorato. Guarda noi, ad esempio. Più il tempo passava e più mi lasciavo andare. Non è facile ammetterlo, credimi, ma tu sola sai quanto sono sincero in questo. Pensavo di aver provato tutto nella mia vita. Si arriva a un certo punto che ognuno di noi sa quello che vuole, capisce cosa gli piace. Indipendentemente dal partner con cui va. 18
Sta a noi portare la persona con cui si va a letto a scoprire cose nuove. Ma, soprattutto, sta a noi “educare” la persona in base ai propri gusti, a quello che ci piace o non ci piace fare. Con te ho scoperto una cosa nuova che non avevo mai sperimentato in vita mia. Il sesso accompagnato dall’amore. In vita mia non ho mai provato una cosa simile. Mi è sempre capitato di fare l’amore con la persona che amavo (o credevo di amare) oppure fare sesso semplicemente per il gusto di farlo ma senza amare. Con te ho provato entrambe le cose insieme. Per la prima volta e sono lusingato di averle provate con te. Più il tempo passava e più mi lasciavo andare, ci lasciavamo andare insieme. Sei cresciuta con me, mi hai insegnato a piccoli passi come farti godere mentre tu hai imparato a far godere me. Non è così scontato, credimi. Ma era il nostro mondo, io conoscevo te e tu conoscevi me. I miei punti deboli, le cose che mi eccitavano ed io ho capito cosa volevi tu, le cose che ti piacevano e che volevi che io ti facessi. Per la prima volta in vita mia non mi sono vergognato e mi sono lasciato andare al 100% con una persona: quella persona eri tu. Non mi vergogno di ammettere che non ho mai goduto così tanto a fare l’amore con una donna. Ho avuto tante storie, qualcuna importante, molte insignificanti. Pensavo di sapere tutto sul sesso, e di sapere cosa mi piaceva e cosa volevo da una donna. Poi sei arrivata tu, assurdo. Non ci potevo credere: tu mi bastavi! Si, hai capito bene, mi bastavi, non ho mai desiderato nessun’altra donna all’infuori di te. E scusami se ti chiamo donna. Tu per me eri la mia bimba, lo sai, ti chiamavo così, ma in fondo sei stata una donna a tutti gli effetti. Più di quanto sia stato uomo io. 19
Più matura di me, lo devo ammettere. Dopo tanti messaggi finalmente ci siamo messi d’accordo, ti sarei venuto a prendere a scuola, saremmo stati qualche ora insieme e poi ti avrei accompagnato a casa. E hai aggiunto: “Se non ti crea problemi, se non ti dà fastidio mi accompagni a casa tu? Naturalmente non davanti a casa, eh? Magari mi lasci un po' prima, 100/200 metri di distanza cosi non ci vede nessuno”. “Va bene non preoccuparti, faremo così”. Ma non eri tranquilla. “Però davvero, se non ti crea troppo disturbo, altrimenti torno a casa in autobus, basta che mi lasci ad una fermata vicina e poi mi arrangio…” Non preoccuparti, non voglio disturbare, se non ti crea problemi… Era davvero tanto che non sentivo parole così. Parole che all’apparenza sono o, almeno, sarebbero così semplici da dire che ormai ce le siamo dimenticate. Gentilezza, educazione. Eri così dannatamente dolce… Non esistono ragazze che ti dicono “ altrimenti torno a casa in autobus”. Sono arrivato addirittura a pensare che mi stessi prendendo in giro, invece eri semplicemente così. Le ragazze che conoscevo io davano tutto per scontato: le dovevi andare a prendere, dovevi essere brillante ed essere sempre gentile. Alla fine dovevi accompagnarle davanti alla porta di casa. Tutto scontato, tutto programmato. Qualcuna manco diceva grazie quando le offrivi la cena. Che tristezza, che maleducazione. Ah, poi non ti dovevi permettere neanche di “provarci”. Sei matto? Alla prima uscita? Eh no. Ti soppesano, ti scrutano, ti valutano poi ti giudicano. Le ragazze insignificanti, deboli e senza personalità hanno tutto pianificato. Il programma consiste di andare per gradi. Forse alla seconda uscita un bacio, alla terza una “tastatina” alle tette e bisognava uscire almeno un altro paio di volte per decidersi a farsi u20
na scopata. Sì perché decidevano loro. Dove, come e quando. Non sanno cosa sia la passione, l’improvvisazione, la fatalità. Come fai a programmare certe cose? L’attrazione, l’istinto, il desiderio. Se una persona ti piace e ti piace veramente non ci sono programmi che tengano. La persona speciale ti scombussola la vita, ti cambia tutti i piani e non ti fa capire più niente. Mi spiace tanto per tutte quelle persone che non hanno mai provato niente di simile. Sono sempre stato un maschilista e un merdoso misogino. Ho sempre trattato le donne con profondo rispetto ma quando mi imbattevo in una donna banale, scontata e inutile diventavo una iena. Quelle che programmavano le cose mi facevano andare in bestia. Sono arrivato fino ad odiarle in un certo periodo della mia vita. Ma adoravo il sesso. Adoravo godere e quindi mi rifugiavo nella masturbazione. Mi piaceva toccarmi e anche questo tu lo sai. Ti piaceva guardarmi mentre lo facevo e a me piaceva da morire guardare mentre ti masturbavi con quella bramosia negli occhi che mi faceva quasi paura. Mentre ti toccavi bramavi il mio corpo, un uomo queste cose le capisce. Sentirsi desiderato credo che sia una delle cose più belle che si possano provare. Eri così bagnata, così eccitata… “Rob, voglio il tuo cazzo, scopami!” Roba da perdere la testa. Persino per un uomo adulto di 40 anni. Stavamo interi pomeriggi a scopare tre, quattro e anche cinque volte di seguito. Mai capitato in vita mia una cosa del genere. Eri tu, eri il mio amore. Anzi, no. Cosa eri tu? L’amore mio. Te lo chiedevo sempre, ricordi? “Cosa sei tu?” All’inizio facevi finta di non capire e ti vergognavi, ti imbarazzavi. 21
Facevi finta di sbagliare, me ne sono accorto sai? “Cosa sono io?” “Dimmelo tu, cosa sei tu?” “Il tuo amore…” “Dillo bene, su che lo sai…” “Ah sì! Io sono l’amore tuo”. E ridevamo. Sì, eri l’amore mio. Hai restituito a un uomo di 40 anni la voglia di sorridere. Avevo quasi dimenticato come si faceva a sorridere. Poi sei arrivata tu, la mia bimba dagli occhioni blu che mi ha ridato la voglia di vivere, giocare e sognare. Mi sono presentato fuori dalla tua scuola il 17 ottobre, avevi appena compiuto 17 anni da qualche giorno. Ti ho comprato un mazzo di fiori. Quanto tempo era che non mi fermavo a comprare dei fiori? Un’eternità. Chi regala ancora dei fiori? Solo uno stupido romantico come me. Solo un “vecchio” come me. Che altro potevo fare, che altro potevo regalarti? Non mi potevo presentare a mani vuote, indipendentemente dal fatto che fosse stato il tuo compleanno. Mi è sempre piaciuto fare dei regali, vedere la sorpresa e il sorriso nelle persone che li ricevono. L’ho sempre fatto, non era importante il valore, ma ciò che rappresentavano. Un piccolo gesto, un pensiero fatto con il cuore. Sono sempre stato e sarò sempre così. E anche questa cosa hai imparato a conoscerla. Non sapevo niente di te, dei tuoi gusti, la musica che ascoltavi, quello che ti piaceva mangiare. L’ho imparato con il tempo, assecondandoti e viziandoti… adoravo farlo e tu in cambio non facevi altro che sorridermi e farmi stare bene. Una cosa però l’ho capita subito, i tuoi gusti in fatto di mangiare: avresti mangiato sushi a colazione, pranzo e cena! 22
Naturalmente mi avevi indicato un punto del parcheggio un po' in disparte, lontano da occhi indiscreti. Di sicuro qualcuno ci avrà visto ma non era importante… Ho aspettato pazientemente il suono della campanella e un po' alla volta è iniziata a uscire gente dalla scuola. Ti avevo riconosciuto, tu mi avevi visto, hai allungato il passo e mi sei venuta incontro… mi hai abbracciato! Così forte! I tuoi occhi vicino ai miei! Eri meravigliosa! Allora eri vera! Esistevi veramente! Una sensazione stupenda. Per quanto siamo stati abbracciati? Qualche secondo? Qualche minuto? Chi lo sa. A me è sembrata un’eternità. Adoravo sentire il tuo corpo vicino al mio, la tua pelle era così candida, così pulita. Sapevi di buono, eri pura. Non te l’ho mai detto ma sarei rimasto in quel parcheggio tutto il pomeriggio. Mi sono perso dentro quell’abbraccio. Non mi importava di niente e di nessuno, adesso c’eri tu! Era come se il tempo si fosse fermato, eri ancora più bella che in fotografia, mille volte più sensuale. Nelle foto certe cose non si vedono, non si percepiscono. Emanavi una dolcezza nella quale mi stavo per perdere. Quanta paura! Dentro di me era come se già lo avessi saputo. Tu mi piacevi e anche tanto… “Quindi che si fa? Dove andiamo?” La tua voce dal vero, finalmente! Ho ascoltato e riascoltato i tuoi messaggi vocali chissà quante volte! Ora, finalmente, sentivo la tua voce a un passo da me. Ero quasi imbarazzato ed era come se tu capissi la mia vergogna, ma ero io quello “grande”, quindi ero io che dovevo fare il primo passo. “Andiamo dove vuoi, facciamo quello che vuoi, a proposito, a che ora devi essere a casa?” “Mmmmm, verso le cinque e mezza, sei al massimo. Per te va bene?” 23