Mostri, seduttori e geni

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Liliana Dell’Osso, Dario Muti, Jole Scotto

Mostri, seduttori & geni da Michael Jackson e Maradona a Einstein

Collana Psiche e dintorni diretta da Francesca Andronico

Alpes Italia srl - Via G. Romagnosi, 3 - 00196 Roma tel./fax 06-39738315 – e-mail: info@alpesitalia.it – www.alpesitalia.it


© Copyright Alpes Italia srl - Via G. Romagnosi, 3 – 00196 Roma, tel./fax 06-39738315 I Edizione, 2021

Liliana Dell’Osso è Professore Ordinario di Psichiatria e Presidente del Collegio Nazionale dei Professori Ordinari di Psichiatria, Direttore della Clinica Psichiatrica e della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell’Università di Pisa. È autrice/coautrice di oltre 800 pubblicazioni su riviste scientifiche, prevalentemente internazionali, di Manuali e di numerosi saggi tra cui: L’altra Marilyn (Le Lettere, 2016), L’abisso negli occhi (Edizioni ETS, 2016, 2019), La verità sulla menzogna (Edizioni ETS, 2017, 2020), Il Caso Coco Chanel (Giunti, 2018), L’ombra dell’autismo (FrancoAngeli, 2018), Genio e follia 2.0 (FrancoAngeli, 2019), Fatti di quotidiana follia (Giunti, 2019), Contagi (Edizioni ETS, 2020), L’accademia e la follia (Edizioni ETS, 2020), La bellezza nella mente (Felici Editore, 2021), Elena e le altre (Edizioni ETS, 2021). Fa parte di Top Italian Scientists, Top Italian Women Scientists e 100esperte.it. Dario Muti è dottore di ricerca in Storia della scienza e professore a contratto presso l’Università di Pisa. È autore o coautore di articoli e saggi, fra cui Il caso Coco Chanel (Giunti, 2018), Memoria: tra cultura e biologia (Pisa University Press, 2019), L’ingegnere del ragionamento (ETS, 2020). Jole Scotto è psicologa, con un diploma di master sullo Spettro Autistico. È coautrice di pubblicazioni scientifiche su riviste del settore.

In copertina Caleidoscopio e all’interno disegni di Marika Gravina https://www.facebook.com/marikagravinapittrice. https://www.instagram.com/marika.gravina/?hl=it

TUTTI I DIRITTI RISERVATI Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati. È vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale, di quest’opera. Qualsiasi copia o riproduzione effettuata con qualsiasi procedimento (fotocopia, fotografia, microfilm, nastro magnetico, disco o altro) costituisce una contraffazione passibile delle pene previste dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 e successive modifiche sulla tutela dei diritti d’autore.


Indice generale Premessa di Liliana Dell'Osso..................................................................... VII Prologo Joker, un mostro da Oscar .......................................................

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Mostri L’isola che non c’è ..................................................................... 3 L’orrore nel labirinto................................................................... 11 Loup-Garou .............................................................................. 17 L’invisibile volto del fauno.......................................................... 25

Seduttori Lana caprina: perché le donne sono uomini .............................. 37 Una stagione all’inferno.............................................................. 43 L’artista contro se stesso ............................................................. 49 Relazioni asimmetriche............................................................... 57

Geni I giocattoli di Archimede .......................................................... 65 La voce divina e la meraviglia..................................................... 71 Dormire con gli angeli ............................................................... 77 Il crepuscolo degli idoli.............................................................. 85

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Mostri, seduttori & geni

Un approfondimento psichiatrico Cherubini innocenti e perversi polimorfi .................................. 95 Genealogia del mostro................................................................ 105 L’arte della seduzione fra vittime e carnefici ............................... 113 Colpo di genio, colpa del genio ................................................. 123

Epilogo Pibe aeternus ............................................................................. 135 Intervista impossibile a Oscar Wilde Lo spettro del dandy..................................................................... 139 Bibliografia................................................................................

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Il genio non è altro che la fanciullezza richiamata a comando Frank Lloyd Wright


Mostri, seduttori & geni

Golgota Golgota, Edvard Munch, 1900; Sandro Botticelli, 1480-1495; Studio dal ritratto di Innocenzo X, Francis Bacon, 1953; Los intocables Erik Ravelo, 2013; Chiesa Del Purgatorio (particolari), Matera, 1725-1747; Omini, Keith Haring.

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Premessa di Liliana Dell’Osso1

Sedili in velluto rosso, il famoso letto e un arredamento da ‘Disco era’ anni 1970… È un parco giochi, tutto si trasforma in un letto. Non è un aereo per incontri d’affari, non ci sono sedie solo poltrone che diventano letti. Ben Feuerherd, Inside Jeffrey Epstei’s ‘Lolita Express’ jet and where it is now New York Post, 16 agosto 2020

L’inferno dantesco è il rovescio del cielo, l’abisso dell’abiezione, ove ogni male sprofonda sempre più in basso, in rapporto al peso che grava sull’anima del peccatore. Ma anche l’inferno, con i suoi gironi, i suoi demoni e le sue bolge, ha delle regole che ne sorreggono la mostruosa architettura, in accordo con qualche ineffabile piano superiore. In modo simile, anche nei luoghi di frontiera fra legge e crimine, fra coloro che scontano il proprio debito con la società, vi sono norme non scritte. Norme che trattano di perdoni e punizioni. Nell’ottobre 2019 Richard Huckle, pedofilo seriale, è stato ucciso a coltellate nella sua cella, dove scontava un ergastolo per aver compiuto centinaia di abusi su minori. Fa riflettere che anche nelle carceri, luogo di convivenza coatta fra soggetti autori di reati, quello della pedofilia sia percepito come un crimine diverso, innaturale, tanto orripilante da spingere all’azione, secondo una barbarica idea di giustizia per cui solo la soppressione del molestatore di bambini, vero e proprio “mostro”, può porre riparo allo strappo nell’ordine naturale. Il tema della pedofilia è stato ricorrente nella cronaca recente. Dall’inchiesta Angeli e demoni all’abrogazione da parte di Papa Francesco del “segreto pontificio” per le indagini sui preti pedofili, sino all’agghiacciante delitto di Agnetz, dove un parroco pedofilo è stato ucciso con un crocifisso. In ogni occasione si è parlato della necessità di un inasprimento della pena, e i social network hanno testimoniato unanimi manifestazioni di rabbia. Come Minosse che, nell’inferno dantesco, giudicava i dannati ringhiando, il popolo di Internet è sceso in campo, ferito dalle ricostruzioni disgustose di orge con minorenni consumate da presidenti, principi e attori a Little Saint James (nota come Pedophile Island, Virgin Islands) e a bordo del Boeing 727 Lolita Express di Jeffrey Epstein, il magnate arrestato per 1 Presidente del Collegio Nazionale dei Professori Ordinari di Psichiatria.

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Mostri, seduttori & geni

abusi sessuali e traffico internazionale di minorenni e morto in carcere nell’agosto 2019 in circostanze misteriose. Qualcuno ha parlato di reato “capitale”. Reazioni comprensibili, ma gli accessi emotivi non aiutano la comprensione. Serve un’analisi lucida. Cominciamo col chiederci a cosa dobbiamo l’inquietante aumento della presenza della pedofilia nei media. È un incremento reale o apparente? Cosa è cambiato nella nostra società? Quando è stata “inventata” l’infanzia, per come la conosciamo? Il bambino nella storia è stato sempre considerato soltanto un adulto imperfetto, “mancante”, non importante di per sé, ma per quello che è in potenza. Cessa di essere mero participio (“infante”, che non parla) nel diciassettesimo secolo, con l’affermarsi della “cultura della sensibilità”, e dell’idea di uomo “civilizzato”, da contrapporsi al “barbaro e crudele”. Uomo civilizzato che si rivelerà un vuoto eufemismo allorché la modernità andrà a inventare nuove forme di barbarie. Oggi abbiamo scuole, pedagogia, vaccini, e una maggiore attenzione alla sicurezza dei nostri figli. Tuttavia non pochi reputano ancora i bambini come “oggetti”, con minori diritti. Di fatto ancora troppo poco tutelati. Cosa può causare un trauma intenso quale l’abuso fisico o sessuale nell’età evolutiva? Si tratta di un potentissimo patogeno: molti vengono irreversibilmente danneggiati. Chi sopravvive ad un trauma estremo vive costantemente “sul filo del rasoio”, irritabile, pronto alla collera, incapace di concentrarsi. Ricordi intrusivi dell’evento fanno improvvisamente irruzione nella coscienza (flashback), cronicamente riattualizzati: come nell’inferno dantesco, si rivive l’esperienza traumatica all’infinito, vero e proprio “fuoco amico” (Dell’Osso, 2019). I danni cerebrali che ne conseguono si possono talvolta obiettivare a lungo con una risonanza magnetica nucleare. La ferita, insomma, rimane aperta. Il male che distrugge l’infanzia è perseverante, perdura nella mente, interferisce con il neurosviluppo, esita in disturbi della personalità e torna a manifestarsi nelle pagine della cronaca con l’abusatore abusato, il “mostro”. Chi è il mostro? Pensiamo alla figura mitologica del Minotauro, divoratore di fanciulli, ibrido uomo-bestia, che il lettore moderno riconosce come efficace rappresentazione del pedofilo. Parte del consesso umano solo per l’aspetto, i suoi atti vengono definiti come bestiali, ferini, contrari alle leggi di natura, oltre che a quelle degli uomini. Il termine “mostro” evoca un caleidoscopio mutevole che riflette i più disparati orizzonti culturali: dagli dèi dell’antichità, figure dalle caratteristiche ferine, alle icone della modernità, di cui si sa tutto ed allo stesso tempo nulla, perché l’attenzione è polarizzata e distorta dall’effetto traente esercitato dall’industria dell’intrattenimento. Si può però individuare una

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Premessa

cifra comune, che ricorre nel Minotauro e in Michael Jackson, in Dioniso e Rimbaud: quella dll’eccezionalità e dell’eccesso. Cambiano i tempi, cambiano gli eroi, ma il marchio dell’eccezionalità rimane: capacità fuori dalla norma, memorabili e degne di ammirazione si affiancano ad un’incapacità di vivere nel quotidiano, di provare appetiti comparabili con quelli attestati nel contesto. In psichiatria, si sa, non esistono mostri, ma esseri umani. Diffondere la conoscenza su determinate forme di disturbi mentali può aiutare. Dèi e pop star, minotauri e satiri sono narrazioni importanti, che però dobbiamo integrare con quanto la ricerca neuroscientifica ha recentemente portato alla luce. Il mostro è una categoria di fortuna dell’intelletto, ancora oggi invocata per lo più a sproposito. Essa è una reazione ad un fenomeno complesso umanamente comprensibile, ma che conduce ad un atteggiamento mentale non produttivo. Il paziente si può curare, il disturbo si può prevenire, ma il mostro si può solo linciare, con scarso sollievo per le vittime. Qui la psichiatria contemporanea, pur rilevando l’accuratezza, in senso lato, della raffigurazione metaforica del Minotauro, è chiamata in un certo senso ad integrare il discorso. Quello che intendo enfatizzare è che il “mostro” è un essere umano. In quanto tale può essere compreso. E a chi voglia obiettare che si tratta di uno sforzo accademico, che pecca di intellettualismo e manca di un utile risvolto pratico, rispondo che anche l’epilessia era considerata un segno divino, prima che si dimostrasse malattia del corpo. Solo questo passo ha consentito, con un lungo e paziente lavoro che siamo portati a dimenticare troppo facilmente, di pervenire ad una cura. Si apre quindi una nuova via, che il linguaggio del mito non sospetta. Essa consiste nell’ambizione della scienza medica di riconoscere la patologia dietro al comportamento, studiarne la natura e le particolarità, con il fine della cura e della riabilitazione. Ma c’è di più. A ben vedere quella del “mostro” è una semplificazione terribile: non aiuta le vittime, e non previene potenziali crimini pedofilici. Al contrario, se al ferale predatore, quale è il Minotauro, si sostituisce l’uomo, è forse possibile giungere a prevenire l’abuso. Non si salverebbero, in questo caso, soltanto le potenziali vittime. Si impedirebbe, in accordo con la missione ippocratica, che un potenziale carnefice diventi tale, interrompendo un circolo vizioso (spesso egodistonico) prima che l’agito si scateni. Riscoperte attraverso il mito e l’arte, l’infanzia e la prima fanciullezza appaiono sotto una nuova luce. Esse entrano ed escono dalla sfera della sessualità, alternativamente come soggetto od oggetto; ma sembrano anche dimostrare un nesso forte con l’ambito della creatività. Cosa hanno in comune Michael Jackson ed il personaggio letterario di Dorian Gray? Quale filo rosso unisce il mito di Dioniso con Peter Pan? Quale caratteri-

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Mostri, seduttori & geni

stica comune hanno Kurt Cobain ed il giovane Werther? L’invisibile nesso fra creatività, sessualità e psicopatologia. Un argomento, questo, che può essere esplorato alla luce delle più recenti ricerche scientifiche, ma con un occhio all’antropologia, alle scienze umane, alla storia. Emerge un mondo di figure suggestive: l’artista dalla vita sregolata, il Lupo delle fiabe, il libertino settecentesco, il Minotauro degli antichi miti. Sono tutte dimensioni accomunate dall’eccezionalità, sia in senso positivo che in senso negativo. In esse convivono ferocia, creatività, sofferenza, genialità, eccellenza e patologia. L’eccellente ed il bizzarro non nascono per caso, ma hanno una storia. Capire l’origine della creatività può aiutarci, come società, a razionalizzare le risorse. Da millenni scrittori, saggisti e psichiatri, fra cui anche la sottoscritta (Dell’Osso e Lorenzi, 2019), hanno sottolineato il nesso fra genio e follia. Quest’epoca magnifica e progressiva potrebbe essere un buon momento, fra le altre cose, per mettere a frutto l’uno e per limitare i danni dell’altra. Questo è un saggio su mostri, seduttori e geni. È un libro sugli “altri”, sui diversi e sui devianti, sugli insoliti e sugli inconsueti, sugli estrosi e sui pericolosi, sugli eterni e sui dimenticati, sui migliori e sugli infimi. E la mia tesi è che essi, tutti esseri umani, siano unici ma comprensibili. Pisa, 15 novembre 2020

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Prologo Joker, un mostro da Oscar2

Bastano le prime inquadrature per capire che Joker (Todd Philips, 2019) non è un cinecomic d’azione, di quelli che fanno storcere il naso (talvolta a ragione) ai critici. La storia di Joker non celebra le gesta di un eroe o la redenzione di un anti-eroe. Il personaggio al centro della vicenda è Arthur Fleck (uno straordinario Joaquin Phoenix): un uomo introverso ed emarginato, che lotta quotidianamente per sopravvivere, occupandosi della madre invalida. Vive in un quartiere fatiscente, coltivando il sogno di diventare un comico famoso, come Murray, l’idolo televisivo da cui è ossessionato (Robert De Niro). Arthur è, inoltre, un paziente psichiatrico che, quando preda di angoscia e sofferenza, invece di piangere, ride senza riuscire a smettere. Il suono gracchiante della sua risata ci accompagna nella pellicola, punteggiando le disavventure di cui è vittima. Innanzi tutto, Arthur perde l’assistenza psichiatrica (incluso l’accesso alla terapia, di cui afferma egli stesso di sentire il bisogno) per “riduzione di fondi”. Viene quindi percosso da una gang di bulli che aveva inseguito per riprendersi il cartello con il quale stava lavorando. Inutili i tentativi di chiarimento con il suo capo. In genere, nessuno lo ascolta. Del resto è facile fraintenderlo, interpretando come irriverente quella sua risata incontrollata, sguaiata, incongrua alla situazione. Strana risata, dissonante rispetto alla mimica, che esprime invece grande sofferenza, panico, disperazione. Scena dopo scena, si capisce che questa è la routine di Arthur. Alla fine, viene licenziato. Le violenze psicologiche a cui è continuamente sottoposto, unitamente alla sospensione della terapia psichiatrica, lo conducono allo scompenso psicotico. Arthur, in fuga, irrompe in un cinema durante una scena, tragicamente premonitoria, in cui Charlie Chaplin (Tempi moderni), bendato, pattina sull’orlo di uno strapiombo. Proprio come Arthur che, inconsapevole, corre “come un matto” verso il baratro della follia criminale che lo trasformerà in Joker. Quanto è distante questa fragile creatura dal “super antagonista” a cui un certo tipo di narrazione ci ha abituato! Non è un mostro, ma un soggetto inibito, timoroso del giudizio altrui, con gravi difficoltà nella comunicazione e nell’interazione sociale. Le sue relazioni con gli altri appaiono difficili; si mostrano i suoi sforzi, purtroppo inutili, di risultare adeguato al contesto sociale. L’unico modo con cui riesce ad interagire è recitare una parte: ed è 2 (Corriere fiorentino, 6 novembre 2019, modificato)

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Mostri, seduttori & geni

Mostro Celeste Saturno che divora i suoi figli, Francisco Goya, 1821- 1823; Pietro sulla terrazza a Posillipo, Wilhem Von Gloeden; Napoli (Pompei), Wilhem Von Gloeden; Nevermore, Paul Gauguin, 1897; Conte Barbares (particolare), Paul Gauguin, 1902; Bestiari Medievali.

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Prologo

suggestivo che egli si senta più a suo agio nell’indossare una “maschera”, sognando dunque di fare il comico. Si rifugia spesso nelle proprie fantasticherie che, con l’interruzione dei farmaci, iniziano a confondersi con la realtà. Il tema della doppia personalità3 era emerso fin dall’inizio: Arthur piange allo specchio mentre cerca – come sua madre continua da sempre a ricordargli – di “indossare la faccia felice” del suo doppio, il comico. Ma sarà Arthur, non il clown, a correre per i corridoi del manicomio criminale dopo aver sottratto la cartella clinica di sua madre, da cui apprende che l’aveva adottato per fornire un alibi al suo delirio erotomanico, per poi lasciarlo in balia del suo compagno abusante. Il ludibrio continua e così l’isolamento, fino all’epilogo. Murray si compiace di avere in trasmissione Mr Fleck, aspirante comico, dilettante allo sbaraglio, ma è Joker che si presenta e fa impennare l’applausometro. Cambio di programma: non un suicidio in diretta, come Arthur disperato aveva programmato, ma un omicidio, quello del suo idolo Murray, che lo aveva invitato solo per fare audience, dileggiandolo. E Joker diventa “giustiziere’”, strampalato eroe per caso. Quella di Arthur Fleck è la discesa nell’inferno della patologia mentale: lentamente, con l’aumentare dei sintomi psicotici, emergono i tratti del personaggio di Joker, l’uomo che ride, reso immortale nell’immaginario collettivo dall’omonimo fumetto. Ma lo spettatore adesso sa che quella risata non comunica compiacimento o divertimento, ma sofferenza e angoscia. La storia di Fleck ci svela il lato umano di un personaggio conosciuto fino ad ora come “mostro”. Il mostro, colui che sta dall’altra parte del dito puntato. Non che le sue azioni non siano penalmente rilevanti. Ma il mostro è, e sarà sempre, un essere umano. In quanto tale, per definizione, può essere compreso. I mostri, infatti, esistono soltanto nelle favole: nel quotidiano ci sono soltanto degli esseri umani, e considerare uno di loro alla stregua di un’entità aliena ed ontologicamente malvagia è una semplificazione, terribile ed erronea, che spesso conduce a giudizi frettolosi e ingiusti. Prima del mostro c’è l’uomo, e quello che sembra inspiegabile si rivela come un disturbo mentale. D’altronde, i segni ci sono tutti. La storia di Arthur Fleck parte dalla condizione di spettro autistico, descritta sopra, su cui si abbattono continui eventi traumatici, sin dall’età infantile (con l’adozione da parte di una madre, affetta da un grave disturbo psicotico, che lo abbandonava ad abusi sessuali) e proseguiti in molte altre occasioni durante l’età adulta. La diagnosi certamente tardiva e il parziale accesso ai trattamenti, peraltro bruscamente interrotti, completano il quadro. 3 Ciò che in gergo viene indicato come “doppia personalità”, è inserito nel DSM-5 (APA, 2013) sotto l’etichetta diagnostica di disturbo dissociativo dell’identità (DID). Il DID è caratterizzato da una disgregazione dell’identità, con strati di personalità ben distinti tra loro. Si osservano ricorrenti vuoti nella rievocazione di eventi quotidiani vissuti, reciprocamente, dalle altre personalità.

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Mostri, seduttori & geni

L’abisso negli occhi Medusa, Caravaggio, 1598.

Il feroce mostro non è che un paziente psichiatrico cronico, di cui la società non può (non vuole) prendersi cura. In un contesto diverso, la tragedia sarebbe stata evitata, e Arthur avrebbe potuto tenere sotto controllo la sua patologia psichica. In ultima analisi, se ne conosciamo la storia psichiatrica, Joker è innocente. Siamo noi, come membri della società civile, a doverci chiedere se si stia facendo il possibile per coloro che vivono simili condizioni di marginalità: è questa la metafora più scoperta nel gioco di rimandi che la pellicola propone. E se, ci tengo a sottolinearlo, solo una XIV


Prologo

minima parte dei pazienti psichiatrici, quando non trattati, possono mostrare comportamenti eteroaggressivi, inevitabilmente il mancato accesso a cure adeguate provoca un intenso stato di sofferenza, condannando il soggetto ad una grave compromissione del funzionamento psicosociale. Quando, alla fine, il volto di Arthur si trasfigura nella maschera di Joker, non si rappresenta la nascita di un “mostro”. Al contrario, si assiste alla tragica fine della storia di vita di un uomo solo e disperato, all’esito di un percorso psicopatologico che poteva essere interrotto. E nella sua risata adesso sappiamo che echeggia non tanto il male, quanto il dolore di un’esistenza mancata.

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Mostri, seduttori & geni

Ossessione Foto ritratto di Francis Bacon; Pietro sulla terrazza a Posillipo, Wilhelm Von Gloeden.

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