Culture di Gruppo

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ALFREDO LOMBARDOZZI

CULTURE DI GRUPPO Per un’antropologia del gruppo psicoanalitico

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I Edizione, 2021

Alfredo Lombardozzi Socio ordinario con funzioni di training della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) e dell’International Psychoanalitical Association (IPA), nonché socio ordinario con funzioni di training dell’Istituto Italiano di Psicoanalisi di Gruppo (IIPG). Antropologo di formazione ha lavorato presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari ed è stato docente di Antropologia psicoanalitica all’Università di Chieti e de L’Aquila. È stato direttore della rivista Koinos – Gruppo e funzione analitica e Segretario scientifico del Centro di Psicoanalisi Romano. È direttore della Rivista di Psicoanalisi. Ha pubblicato il volume Figure del dialogo tra antropologia e psicoanalisi (Borla, Roma, 2006) e L’imperfezione dell’identità (Alpes Italia, Roma, 2015). Ha curato i volumi: Psicoanalisi di Gruppo con bambini e adolescenti (Borla, Roma, 2012), insieme a Luciana Mariotti, il testo Antropologia e dinamica culturale: Studi in onore di Vittorio Lanternari (Liguori, Napoli, 2008), insieme a Stefano Beggiora, Mario Giampà e Anthony Molino il libro Sconfinamenti, escursioni psicoantropologiche (Mimesis, Milano, 2014), Vivere Sopravvivere (Alpes Italia, Roma, 2018) e, Insieme a Giovanni Meterangelis (Forme della fusionalità: attualità di un concetto, Milano, 2021).

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INDICE Prefazione Alessandro Bruni e Giorgio Corrente ..................................................

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Introduzione Alfredo Lombardozzi..................................................................... XIII PARTE PRIMA

CULTURA DI GRUPPO E DIMENSIONI DELLA CURA Cultura di gruppo. Un campo esteso alle trasformazioni sociali ..............................

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Gruppo e Funzione Analitica. Per una koinonia della cura.................................

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L’oggetto-Sé Alfa/Gamma Generativo. Bion - Kohut e La ‘Costanza’ Del Pensare ...............................................................

17

PARTE SECONDA GRUPPO, RITO E ISTITUZIONI Rito e oscillazioni binoculari gruppo/individuo..............................................

27

Trasformazioni psiche-soma. Riti differenziati di gruppo......................................

35

Forme delle istituzioni. Processi distruttivi e creativi .............................................

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PARTE TERZA GRUPPO E MIGRAZIONI Confini identitari e processi culturali. L’esperienza di un gruppo di operatori e rifugiati richiedenti asilo in un centro di accoglienza.............................................................................................................

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III


Culture di gruppo

L’attesa dell’identità. Crisi e riscatto in un gruppo transculturale............................

69

L’inquietudine delle differenze. Intrecci tra psiche e cultura.................................

77

PARTE QUARTA CULTURE DI GRUPPO IN ETÀ EVOLUTIVA Gruppi in età evolutiva e processi di trasformazione. Modello di Bion-Corrao e suoi sviluppi ......................................................................

91

Il dionisiaco nella rete e nell’intrapsichico. Esperienze con gruppi psicoanalitici di preadolescenti..................................................

97

Postfazione Roberto Beneduce............................................................................... 109 Bibliografia .......................................................................................................... 117

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Ad Anna Baruzzi, Francesco Corrao e Vittorio Lanternari Maestri di psicoanalisi di gruppo e antropologia



RINGRAZIAMENTI Il presente libro è il risultato del lavoro clinico-teorico di riflessione sui gruppi in diversi contesti di esperienza dal 2011 ad oggi. In questo percorso ho avuto un continuo scambio con amici e compagni di strada che è stato per me proficuo e produttivo e che ha nutrito il mio pensiero, con l’apporto di un ‘gruppo al lavoro’ che è interno ed esterno allo stesso momento. Ringrazio Alessandro Bruni e Giorgio Corrente per la bella prefazione e per la capacità di cogliere aspetti importanti del mio lavoro grazie a tanti anni di dialogo reciproco, Claudio Neri per lo scambio continuo su alcuni concetti fondamentali che ho con lui condiviso come amico e Maestro di psicoanalisi di gruppo, Romolo Petrini per l’esperienza di gruppo che ho avuto con lui che è stata per me formativa e premessa per l’attuale sviluppo del mio pensiero. Ringrazio Roberto Beneduce per la bella e complessa postfazione in cui ha condiviso con me il suo pensiero in modo generoso e sincero proponendo una sua lettura dal vertice dell’antropologia critica e Virginia De Micco con cui in tanti anni ci siamo confrontati sui temi del rapporto tra la psicoanalisi e l’antropologia sul piano della teoria e dell’esperienza clinica con i contesti della migrazione. Ringrazio Lorenzo D’Orsi nel ricordo comune di Lucilla Ruberti in tanti anni di scambi vitali e intensi e Aurora Massa che, insieme a Lorenzo, ha condiviso i miei scritti con osservazioni e riflessioni sempre nuove e stimolanti. Ringrazio Lorena Preta per l’appoggio costante alla fatica dello scrivere, per la sua vicinanza e la lettura passionale e attenta nella condivisione di una ‘ghirlanda di pensieri’. Ringrazio Lorena e Martina per avermi concesso di mettere in copertina l’immagine del quadro di Alberto Savinio che rappresenta bene la complessità poliedrica del gruppo. Il libro è dedicato ai miei Maestri nel campo della psicoanalisi di gruppo: Anna Baruzzi per la sua intelligenza creativa nella mia formazione con i gruppi di Bambini, Francesco Corrao per avermi trasmesso il piacere e la libertà del pensiero psicoanalitico e interdisciplinare e, accanto a loro, Vittorio Lanternari per l’amicizia che mi ha manifestato come Maestro eccelso di antropologia dinamica. Un ringraziamento infine a Roberto Ciarlantini che è un editore attento, disponibile e amico affettuoso.

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PREFAZIONE

Alessandro Bruni e Giorgio Corrente Secondo la Treccani la parola prefazione significa “Dichiarazione più o meno breve che si premette a un libro per presentare l’opera ai lettori, chiarirne gli scopi, i metodi, i motivi che ne hanno suggerito la pubblicazione”. D’altra parte una “prefactio”, una “premessa”, rischia però di essere anche qualcosa che è “messo o detto lì… prima!”, prima che voi possiate “accedere” direttamente al testo dell’autore. Una sorta di cappello, comunque un commento più o meno teorico, che si offre come pre-giudizio e come guida al lettore sprovveduto che non sa cosa si aspetta. Conteso tra queste due possibilità, una impegnativa e l’altra indiscreta, ho preferito scegliere una via più personale, per mezzo della quale spero di invogliare alla lettura del libro, raccontando ciò che ha invogliato me, leggendolo. Quello che mi ha colpito di più dell’esperienza di lettura del libro di Alfredo Lombardozzi, collega e amico da molti anni, è scoprire dal vivo la sua sorprendente capacità di far fluire l’unicità del discorso attraversando continuamente, come un acrobata, lo spazio vuoto che separa due vertici distinti, la psicoanalisi di gruppo e l’antropologia, nonché tessendo fili e trame di segnalazioni rientranti con cui i due vertici si infiltrano reciprocamente nel loro accostamento.

Non è facile cavalcare due vertici teorici differenti che hanno in comune una parte della materia da cui traggono le loro fonti di repere. Si tratta di acquisire una capacità binoculare, il cui apprendimento, all’inizio, consiste nell’esercitarsi a fare i saltimbanchi tra un vertice e l’altro, ma poi che aspira ad una visione integrata dove i due vertici si nutrono reciprocamente con mutuo vantaggio, ma senza generare ibridazioni confusive.

Quello che mi è piaciuto del libro è proprio il racconto di questo itinerario funambolico dell’autore che nella sua crescita ha concepito, covato nel tempo e maturato questo accoppiamento teorico, saltando continuamente con coraggio e disinvoltura dalle variegate esperienze di analista di gruppo, alle sinopsi dell’antropologo e viceversa. IX


Culture di gruppo

Certo il piccolo gruppo analitico, a differenza delle grandi masse di cui si occupò Freud, e della famiglia stessa, è di per sé uno straordinario laboratorio dove è possibile studiare le relazioni umane e le possibilità curative e trasformative in un contesto appunto particolare. Apparentemente sospeso tra gli altri molteplici livelli di vita in cui i membri del gruppo sono immersi, si costituisce come uno strumento di osservazione con straordinarie potenzialità euristiche, al punto che molti psicoanalisti si sono cimentati nel tentativo di resettare la funzione analitica in questo nuovo contesto, così diverso dall’analisi individuale.

Il piccolo gruppo è, da un lato, oggetto di studio dal punto di vista di Alfredo antropologo che, nell’intreccio complesso delle relazioni che sostengono nel bene o nel male i “multistrati” di una società, riesce a riconoscere al piccolo gruppo una sua valenza specifica, soprattutto la sua potenzialità a funzionare come un “sincizio pensante”, una mega cellula pensante con molti nuclei. Mi riferisco più in generale a quei piccoli gruppi che, nella storia dell’uomo, al di là del loro scopo, della diversità di ruolo dei partecipanti, della presenza o meno di un conduttore, tendono a funzionare come gruppi di “pari”. Penso ai “simposi” di platoniana memoria, ai “cenacoli” degli artisti, ai gruppi di esploratori, ai “brain storming” e ai “think Tank” delle aziende moderne.

D’altra parte l’esperienza diretta di Alfredo analista, dentro i gruppi analitici che ha condotto e che ci racconta, rivela come spesso questo sincizio pensante disponga di un’antenna antropologica di rientro, capace di sintonizzarsi su vari livelli di frequenza, da quelli più “primitivi” e viscerali fino a quelli più notoriamente “culturali”. Questi segnali, che intrecciano la tela su cui si evolvono le vicende tematiche del gruppo possono essere osservati ed eventualmente messi in discussione. Dunque Alfredo, insieme al suo gruppo, ci offre visioni naïve immediate e sanguigne dei grovigli della società che vengono captati e messi in scena dalla capacità “drammatica” del gruppo stesso.

Lo vediamo calarsi in un gruppo femminile con lo stato d’animo di Alice che cade nel paese delle meraviglie e immergersi in una dimensione onirica dove appaiono nereidi o sirene fluttuanti in uno scenario preraffaellita e poi ragionare sulle valenze connesse alla generatività femminile e non solo, e sulle forme attuali antropologiche che essa assume e che vengono riflesse nella cultura del gruppo.

Mi ha appassionato quindi nel filo del racconto, il continuo passare di Alfredo da una sedia di conduttore di gruppo, alla sua sedia di studioso e viceversa. Perché

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Prefazione

a me è sembrato soprattutto un racconto, il racconto di un’evoluzione. Come tale un’evoluzione è sempre discontinua e anche la lettura risente di questi cambi di registro. A volte si legge con fluidità, a volte si incontrano addensamenti teorici che lasciano il desiderio di capirci di più e che vengono rinviati alla bibliografia e tanti sono i temi e gli autori citati.

Nell’insieme mi ha suggerito molte speculazioni e pensieri intriganti. Il libro stesso è un po’ una “bagna cauda” per usare una metafora vitale emersa in un lavoro analitico con un paziente. Buona lettura. Alessandro Bruni

Mi fa molto piacere l’invito di Alfredo Lombardozzi a scrivere la prefazione al suo libro molto ben curato negli aspetti scientifici e direi soprattutto necessario al nostro mondo di ricercatori e lavoratori sul campo nonché a tanti studiosi interessati a queste tematiche cosi attuali. Questo libro possiamo pensarlo come un ponte che finalmente viene costruito per collegare teorie e modelli di diverse discipline che rischiavano di rimanere isolate e che invece il contesto da tempo richiede che siano messe in relazione. Mi riferisco soprattutto alle tematiche che riguardano l’emigrazione e l’esilio di massa dilagante verso l’Europa dal continente Africano, dal Medio Oriente e ormai da ogni parte del mondo.

La migrazione comporta problematiche di difficile trattamento giacché coinvolge migliaia di persone sicuramente danneggiate sia fisicamente – imprigionati e molto spesso torturati, prima del loro arrivo nella comunità di accoglienza – che psicologicamente. Gli individui coinvolti presentano problemi di identità fortemente danneggiate, in quanto l’abbandono della propria terra, della propria casa, dei familiari e delle loro comunità di appartenenza creano un disagio psichico, molto spesso traumatico, dal quale difficilmente si riesce ad uscire, se non con danni psicologici profondi che segnano per sempre. Non c’è una guarigione totale (non c’è mai), ma ci si può riprendere attraverso un lavoro che possa ri-attivare la vitalità psichica. L’autore affronta queste tematiche attuali proponendo una psicoanalisi, soprattutto quella di gruppo, che è più in grado di fronteggiare questo tipo di sofferenza dando delle risposte trasformative a quella che ormai è divenuta una sorta di “psicopatologia dell’emigrazione e dell’esilio”. XI


Culture di gruppo

Il piccolo gruppo a funzione analitica sembra un contenitore più adeguato alla trasformazione e alla cura di aspetti del Sé danneggiati che coinvolgono l’intera personalità. Si mettono in mostra molto bene i dispositivi attivati dal gruppo che sono in grado di aiutare gli individui che ne partecipano. In gruppo ci si cura curando gli altri.

Il libro è anche il prodotto di tante ricerche che Alfredo Lombardozzi ha svolto nel gruppo del ‘Pollaiolo’ di Roma durante tanti anni di esperienze condivise. Si intrecciano aspetti clinici e teorici di una psicoanalisi attuale con altre esperienze; mi riferisco all’approccio antropologico insieme ad uno studio attento dell’etnopsichiatria. Quando parlo di ponti mi riferisco a questi modelli di intervento che per molto tempo sono rimasti isolati l’uno dall’altro, in quanto l’ideologia degli anni ‘70 non permetteva condivisioni e sembrava che le risposte a questi problemi dovessero essere univoche e totalizzanti. L’autore, con le sue diverse “identità”, ha potuto mettere insieme e costruire, attraverso il gruppo come “medium”, una sorta di convivenza tra modelli e teorie di diversa provenienza.

Trovo che la direzione intrapresa sia quella di riunire forze teoriche e cliniche in grado di rispondere meglio a queste “catastrofi” del nostro tempo. La visione che viene fuori dal suo lavoro è complessa come lo sono le questioni che tratta. La libertà con cui ha messo insieme approcci diversi crea una nuova e più giusta direzione. Da questo punto di vista il libro fa vedere a tutti noi, operatori del campo, psicoanalisti, etnopsichiatri, mediatori e assistenti sociali, come la psicoanalisi, in particolare quella di gruppo, sia un punto di riferimento importante per affrontare, curare e pensare l’impensabile. La sofferenza altrui ci rende più preparati a fronteggiare la nostra, il gruppo con migranti ci prepara meglio alle “migrazioni-separazioni” che tutti sperimentiamo nel corso della vita e sicuramente in analisi.

Mi rendo conto di avere privilegiato solo una delle tematiche che questo libro affronta, ma la scelta per uno psicoanalista emigrante, esiliato e interessato da sempre ai gruppi è del tutto scontata. Nel libro c’è molto di più. Ringrazio l’autore con il quale ho avuto il privilegio di discutere in gruppo molti dei lavori proposti in questo bellissimo libro che mette insieme in modo non intrusivo, teorie e modelli diversi rendendoli complementari, importanti e necessari alla ricerca e alla clinica. Grazie Alfredo, collega e amico da sempre. Giorgio Corrente

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INTRODUZIONE Questo libro sul gruppo è la ‘descrizione’ di un processo che ha preso forma negli anni a partire dalla mia convinzione che il paradigma conoscitivo e clinico della psicoanalisi e quello equivalente nel campo delle scienze antropologiche trovino un luogo elettivo d’incontro nell’esperienza del piccolo gruppo a funzione analitica. Come insegnava Francesco Siracusano, che qualcuno chiamava l’aedo della psicoanalisi per la sua capacità evocativa, nel gruppo psicoanalitico ‘vive un mondo’, come a dire che nell’esperienza intrapsichica del gruppo è iscritta la realtà extra-analitica in tutta la sua complessità. Allo stesso tempo il gruppo è anche un mondo che costruisce una rete di rapporti, mitologie, racconti, metafore e forme della trasformazione psichica, processi che Francesco Corrao ha ricondotto, dopo aver proposto il concetto di funzione gamma, equivalente della funzione alfa dell’individuo (1981), al termine ampiamente comprensivo della koinonia in quanto forma mutimodale del funzionamento della mente psichica del gruppo (1995). Un presupposto da cui parto, per portare avanti la mia ricerca sulla relazione tra le dinamiche della mente di gruppo e le componenti sociali che si correlano con esse, riguarda una rivisitazione e un ampliamento del concetto di Bion (1961) di Cultura di gruppo, da lui riferito ad un movimento interno alla dinamica del gruppo stesso e che istituisce una relazione tra aspettative individuali e mentalità di gruppo. Non metto tanto in discussione l’appropriatezza del concetto bioniano in relazione al funzionamento del gruppo a funzione analitica, quanto ritengo che oggi sia necessario e utile ampliare la funzione della Cultura di gruppo in direzione di una mediazione tra la dinamica individuo/mentalità di gruppo e gli assetti extra-analitici, che entrano in relazione con il gruppo in quanto rappresentano molteplici forme di umanità come declinazioni di culture macro-sociali. In questo senso la dimensione antropologica diviene parte attiva e costruttiva del funzionamento della mente allargata del gruppo a funzione analitica. In altri contesti ho fatto, come anticipazione dello sviluppo che sto qui proponendo, l’ipotesi che possa essere utile, per una maggiore comprensione delle dinamiche psicoanalitiche del gruppo, aggiungere alle tre dimensioni psicoanalitiche che Bion (1963) ha individuato di mito, senso e passione, la dimensione della Cultura nelle sue più attuali e complesse articolazioni. Ritengo che sia un importante presupposto per pensare ad un antropologia del gruppo psicoanalitico. Mi sembra aderente a questo mio stile di pensiero sul gruppo la formulazione di Sudhir Karar (1997), autore che frequento intellettualmente dagli anni 90’ del seXIII


Culture di gruppo

colo scorso, sul rapporto tra Cultura e Inconscio che è denotato da una complessa articolazione, o meglio, sulla valutazione che Inconscio e Cultura si intrecciano in un processo creativo e costruttivo. In quest’ottica non si può parlare di un Inconscio ‘ab initio’ che non sia contemporaneamente interagente con la dimensione culturale. È questa considerazione che mi porta a sostenere l’opportunità di aggiungere alla tre dimensioni della psicoanalisi, che Bion aveva individuato (mito, senso e passione) la Cultura. Tornando al contesto gruppale, inerente al setting di lavoro con gruppi terapeutici psicoanaliticamente orientati, a partire dall’esperienza clinica, mi pare che possa essere di una certa utilità tenere costantemente conto di quanto la realtà intrapsichica attinente alle dinamiche gruppali, che siano relative al gruppo di lavoro oppure al gruppo in assunto di base, sia in una relazione di continuità, contiguità e interazione forte con la Cultura che si presenta, conseguentemente, come una dimensione che attraversa il gruppo. Questo punto di vista che fa interagire dinamicamente la dimensione psicoanalitica con quella antropologica, posiziona l’ottica freudiana, rispetto al modo in cui questa affronta i fenomeni gruppali, in un ‘terreno’ più delimitato, ma allo stesso tempo più proficuo. Penso, infatti, prendendo come spunto la lungimiranza di Freud (1924) nell’aver colto molte caratteristiche della vita sociale, che il rapporto Inconscio-Cultura, possa essere ricondotto al meccanismo della rinuncia pulsionale limitatamente ad alcuni importanti aspetti basilari relativi al rapporto che gli individui istituiscono con le società di cui fanno parte, ma che il funzionamento delle società in quanto espressioni di Culture complesse debba essere considerato in una prospettiva più ampia. Mi chiedo se la rinuncia pulsionale non sia un meccanismo che esprime solo uno dei modi che l’umanità, come portatrice di Inconscio e Cultura, dispone per organizzare le pratiche sociali e le dimensioni simboliche che attengono alle più diverse forme di aggregazione. Si può pensare, infatti, che sia importante prendere in considerazione i processi estremamente complessi che vedono nella Cultura non un ‘derivato’ dell’inconscio, ma un fattore produttivo e generativo ‘insieme’ all’Inconscio. La rinuncia pulsionale, nei termini di una sorta di patto psico-sociale, che tende a ridimensionare la spinta ‘egoistica’ dell’individuo a vantaggio della ‘comunità’, per contenere gli esiti distruttivi che potrebbero derivare da una ‘libera’ espressione delle passioni o, degli Istinti (in senso lato), è, a mio avviso, un meccanismo importante per garantire la relativa stabilità dell’organizzazione psico-sociale. Contribuisce, però, ad istituire gli assetti normativi di una Cultura integrandosi con molteplici elementi dell’esistenza umana quali la vita materiale, la produzione simbolica, le funzioni dell’organizzazione famigliare, per rendere relativamente stabili le diverse forme sociali che si esprimono in modi creativi e costruttivi e XIV


Introduzione

che, proprio per questo, sono costantemente esposte a sentimenti di precarietà e rischi per la propria sopravvivenza. Di conseguenza, le produzioni culturali, pur avendo una stretta relazione con i ‘meccanismi’ della rinuncia pulsionale, non sembrano essere del tutto riconducibili ad essi. Queste considerazioni sono uno sfondo necessario per poter valutare un modo diverso, nel lavoro clinico e negli approfondimenti teorici delle esperienze psicoanalitiche di gruppo, per offrire uno spazio adeguato a quelli che sono stati definiti fattori extra-analitici del gruppo, che in questa prospettiva divengono fattori dinamici e costruiscono generativamente l’esperienza del gruppo insieme ad altri fattori. A questo fine, come ho detto all’inizio di questa breve introduzione, nel libro riporto alcune mie riflessioni sul tema della Cultura di Gruppo (in senso allargato) in diversi contesti di gruppi psicoterapeutici ed esperienziali. Si tratta di gruppi di adulti, gruppi di preadolescenti e gruppi istituzionali nell’ambito dell’esperienza delle Migrazione. Sono messe in rilievo le ‘atmosfere’ del campo del gruppo (Neri., 2017), i ‘mitologhemi’ (Corrao. F., 1991) specifici delle diverse ‘narrazioni’ dei diversi gruppi che divengono vere e proprie teste di ponte che consentono attraversamenti culturali, le funzioni d’oggetto-sé gruppali, che si pongono come sistemi in costante relazione con gli oggetti-sé culturali come interiorizzazioni di configurazioni sociali nel gruppo (Kohut H., 1981). Terminando la mia introduzione alla lettura del libro voglio riferirmi ad un modello esplicativo molto originale dovuto all’antropologo britannico Tim Ingold, che sapientemente tende ad una lettura complementare tra l’antropologia culturale e l’antropologia biologica. In un bel libro intitolato Siamo linee, in cui propone modelli interpretativi pratico-epistemologici che attengono all’alternarsi delle ‘linee’ e delle ‘bolle’, che descrivono movimenti delle società in una dinamica di chiusura (bolle) e/o apertura (Linee). Ingold ci suggerisce una bella immagine che trovo molto corrispondente alle esperienze e alle dinamiche dei gruppi psicoanalitici che è quella del ‘nodo’ o della ‘annodatura’. Il termine ‘annodatura’ è, a suo avviso, molto più esplicativo e soprattutto diverso dal termine ‘articolazione’, in quanto una serie di processi che attengono alle società e ai sentimenti di gruppo corrispondenti, ma anche agli oggetti e ai modi in cui si costruiscono, è più consono a descrivere la natura dei processi e delle trasformazioni che li denotano. Infatti, mentre l’articolazione comporta il rapporto tra oggetti o realtà sociali nelle loro parti o componenti ‘esterne’, il nodo e l’azione dell’annodatura implicano, se pensiamo all’intreccio, un contatto diretto con le parti ‘interne’. In questi movimenti/azioni che sono sempre in ‘fieri’ il ‘nodo’ in questo faccia a faccia delle interiorità, ha sempre alcune parti libere che tendono ad intrecciarsi XV


Culture di gruppo

in altre formazioni. Ingold fa, a questo riguardo l’esempio della falegnameria: “Perché in essa, come nel nodo, i materiali si offrono l’uno all’altro dall’interno, ma senza perdere la loro identità nell’insieme composito” (Ingold, 2015, p. 36). Mi piace molto poter pensare alla dinamica di gruppo come ad un intreccio che è un processo di trasformazione continua in cui l’intrapsichico e la cultura sociale sono costantemente annodati senza perdere i rispettivi domini e territori, ma si configurano come fattori di un campo sempre aperto. Poter fare conto su un modello conoscitivo aperto e flessibile mi sembra di primaria importanza nel momento in cui sto scrivendo questa introduzione. In tutto il mondo, infatti le nostre esistenze individuali e collettive a tutti i livelli e le diverse culture fanno i conti con l’impatto traumatico dell’emergenza coronavirus, non sapendo quali intrecci ci troveremo ad affrontare e quali nodi sciogliere o legare.

Alfredo Lombardozzi Roma Aprile 2020

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