Cosimo Schinaia
L’inconscio e l’ambiente Psicoanalisi ed Ecologia
Collana i Territori della Psiche diretta da Doriano Fasoli Board Scientifico: Alberto Angelini, Andrea Baldassarro, Nicoletta Bonanome, Marina Breccia, Carla Busato Barbaglio, Nelly Cappelli, Giuseppina Castiglia, Domenico Chianese, Cristiana Cimino, Antonio Di Ciaccia, Riccardo Galiani, Roberta Guarnieri, Lucio Russo, Marcello Turno, Adamo Vergine
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© Copyright Alpes Italia srl Via G. Romagnosi, 3 – 00196 Roma, tel./fax 0639738315 I edizione, 2020
Cosimo Schinaia è psichiatra e psicoanalista, membro ordinario con funzioni di training della Società Psicoanalitica Italiana e full member dell’ International Psychoanalytical Association. È stato Direttore dell’Ospedale psichiatrico di Cogoleto (Ge), delle Strutture residenziali di Quarto (Ge) e del Dipartimento di Salute Mentale di Genova centro (ASL3 Genovese). Tra i suoi libri ricordiamo: Dal Manicomio alla Città, Laterza, 1997; Il cantiere delle idee, La Clessidra, 1998; Pedofilia Pedofilie. La psicoanalisi e il mondo del pedofilo, Bollati Boringhieri, 2001 (tradotto in inglese, spagnolo, portoghese, francese, polacco e tedesco); Il dentro e il fuori. Psicoanalisi e architettura, Il Melangolo, 2014 (tradotto in inglese). Interno Esterno. Sguardi psicoanalitici su architettura e urbanistica, Alpes, Roma, 2016, (tradotto in spagnolo, Editorial Biebel, Buenos Aires, 2019) e in traduzione in francese; Il presepio dei folli. Scene da un manicomio, Alpes, Roma, 2018; Pedofilia e psicoanalisi. Figure e percorsi di cura, Bollati Boringhieri, Torino, 2019 (è in traduzione in russo). Inconscio e ambiente. Psicoanalisi e ecologia è stato tradotto in spagnolo con il titolo El inconsciente y el medioambiente. El psicoanálisis y la ecología, Biebel, Buenos Aires, 2020, ed è in traduzione in inglese. Ha scritto numerosi articoli scientifici su riviste italiane ed estere e saggi in raccolte.
In copertina: Xilografia “La grande onda di Kanagawa” di Katsushika Hokusai.
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Ad Amedeo e Romilda, Claudio e Carmen, Maria Grazia e Franco. Ai miei zii, ai miei nipoti e ai miei cugini. A Ignazio, Mario e Rocco e a tutti i miei amici tarantini.
Indice generale Ringraziamenti............................................................................................. IX Prefazione di Lorena Preta.......................................................................... XI Introduzione Il ruolo della psicoanalisi...................................................... XV
Capitolo 1. Noi e l’ambiente....................................................................... 1 Brevi note sulle principali tappe del processo di opposizione ai cambiamenti climatici................................................................. 1 La crisi ambientale ai giorni nostri............................................... 5 Riparare le città........................................................................... 16 Pensare alle generazioni future..................................................... 20 Capitolo 2. Il rapporto di Freud con l’ambiente ........................................ 29 Prima de “Il disagio della civiltà”................................................ 29 Il disagio della civiltà................................................................... 34 Capitolo 3. La psicoanalisi e la crisi ecologica .......................................... 43 Gli Scritti di Harold F. Searles................................................... 43 Le riflessioni psicoanalitiche degli Anni Duemila.......................... 47 Capitolo 4. I rifiuti ..................................................................................... 57 Vignetta clinica 1 - Loredana la biologa sporcacciona................... 61 Vignetta clinica 2 - Antonio, il chirurgo superdifferenziante.......... 62 Vignetta clinica 3 - Bruna, l’insegnante consumista...................... 64 Capitolo 5. Lo spreco................................................................................... 69 Lo spreco d’acqua........................................................................ 69 Vignetta clinica - Noli me tangere............................................... 73 Lo spreco di calore....................................................................... 77 Vignetta clinica - Mai più maglietta della salute.......................... 78
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L’inconscio e l’ambiente Capitolo 6. L’inquinamento luminoso e acustico ...................................... 83 L’inquinamento luminoso............................................................. 83 Vignetta clinica - Il buio all’improvviso........................................ 87 L’inquinamento acustico............................................................... 91 Vignetta clinica - Smettiamola di gridare..................................... 94 Capitolo 7. Dall’individuale al sociale....................................................... 97 Meccanismi di difesa gruppale................................................... 97 L’ambientalismo duro e puro come difesa................................... 103 La scissione Natura buona/Natura cattiva.................................. 106 Capitolo 8. Il conflitto lavoro-salute........................................................... 109 Piccole memorie........................................................................ 109 Breve storia dell’insediamento industriale................................... 112 Tra passato e futuro.................................................................... 115 Tra Genova e Taranto................................................................. 118 Come la psicoanalisi può essere d’aiuto...................................... 120 Capitolo 9. Servitori del futuro................................................................... 127
Postfazione di Luca Mercalli......................................................................... 139 Bibliografia.................................................................................................. 143
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La creatura che la spunta contro il suo ambiente distrugge se stessa. Gregory Bateson, Verso un ecologia della mente, 1972.
Permettendo l’uomo, la natura ha commesso molto piÚ che un errore di calcolo: ha commesso un attentato contro se stessa. Emil Cioran, L’inconveniente di essere nati, 1987.
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Ringraziamenti Sono grato a Lorena Preta, coordinatrice del gruppo di lavoro Geografie della psicoanalisi della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association, per l’attenta e appassionata presentazione del libro, da cui emerge una cultura psicoanalitica tanto saldamente radicata nella tradizione, quanto elasticamente capace di confrontarsi con le nuove realtà psicosociali. A Luca Mercalli, Presidente della Società Italiana di Meteorologia, va la mia gratitudine per la presentazione con cui ha generosamente contribuito ad arricchire il libro di annotazioni e spunti originali, offrendo la sua specifica competenza attraverso uno sguardo ambientalista curioso e penetrante. Ringrazio Mariano Horenstein per avere scritto la prefazione all’edizione argentina del libro. Ancora una volta ha dimostrato una fertile comunione di intenti nella ricerca delle interrelazioni tra mondo interno e mondo esterno e delle loro trasformazioni in rapporto ai cambiamenti storici e socioculturali. Sono riconoscente a Sally Weintrobe che ha generosamente accettato di scrivere la prefazione all’edizione inglese del libro. La sua appassionata competenza, come risulta dai suoi numerosi scritti, permette un ulteriore allargamento del campo delle riflessioni. Ignazio Aprile, Riccardo Brunacci, Marie Antoinette Ferroni, Alfredo Lombardozzi, Giacomo Orlando, Mario Pennuzzi, Enrico Pinna, Rocco Saponaro e Jacopo Schinaia hanno generosamente letto il libro in diverse fasi della sua stesura, accompagnandone il percorso evolutivo con attente osservazioni e preziosi suggerimenti. A loro e alla loro pazienza va tutta la mia affettuosa riconoscenza. IX
L’inconscio e l’ambiente
Sono ancora riconoscente a Joseph Dodds, Renee Lertzman e Luc Magnenat I loro libri, cosĂŹ ricchi di contributi significativi provenienti da diverse aree di pensiero, hanno messo al centro del dibattito psicoanalitico internazionale le tematiche ambientali e sono stati per me preziosa fonte di ispirazione. .
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Prefazione di Lorena Preta
Si sta forse affacciando un tempo nuovo che raccoglie intuizioni profonde della psicoanalisi, da Freud in poi, dove il pensiero psicoanalitico finalmente liberato dalla preoccupazione di sentirsi stigmatizzato come psicoanalisi applicata, o come teoria incompetente se portata fuori dei suoi confini, o come prodotto succedaneo di una dottrina “alta” che non sopporta contaminazioni con il reale, può finalmente ri-trovare (perché nel pensiero originario del fondatore questo intento era invece evidente) il significato profondo della sua peculiarità. Il senso cioè di un impegno che consiste nell’applicazione del suo metodo alla comprensione dei fatti individuali e collettivi, senza nasconderne la problematicità, ma anzi esaltandola come suo oggetto imprescindibile di considerazione. È un tempo fatto di valutazione attenta della complessità della realtà, dei vari livelli che la definiscono e che non possono mai essere persi di vista, pena l’inaridimento del pensiero e il suo allontanamento dalla pratica della vita. Della vita così come ci si presenta oggi più che mai, un processo pericoloso, pieno di ambiguità e di azzardi, vorticoso, rapido, doloroso anche, che non concede tregua sia sul piano del pensiero che dell’azione. Il libro di Cosimo Schinaia letteralmente ci spinge dentro il tema più urgente per eccellenza, quello dell’ambiente. Ci trascina nella problematica ecologica attraverso citazioni colte ma vicine, come realtà che tocchiamo con mano e che ci riguardano tutti. Non vorrei ripercorrere qui le tappe del pensiero psicoanalitico e delle altre discipline che il libro prende in esame, chiaramente definite e distinte, ma vorrei parlare del sentimento che mi ha suscitato scrivendo questa breve prefazione, perché mi pare che sia rappresentativo della posizione che l’autore implicitamente invita ad assumere rispetto al tema ecologico. In genere quando si scrive o si pensa riguardo a un tema proposto, c’è bisogno di dislocarsi in qualche modo, recuperando riferimenti personali, letture proprie, opinioni consolidate magari aggiornandole. Riflettendo su questo libro invece tale procedimento risulta quasi impossibile. Bisogna entrare nel discorso, stare sul pezzo, sentire che si è fatta una scelta di campo subito chiara, precisa, impegnata e che i problemi che emergono durante la lettura non sono eludibili.
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La sensazione è che il libro sia “necessario”, che non ci si possa spostare, prendere tempo, tergiversare. Che siamo di fronte a una brutalità delle cose che ci mette davanti alla realtà così come è, senza svolazzi retorici o sconfinamenti arbitrari. Eppure la mancanza di bordi nello stile è continua, ma solo nel senso che il lettore è invitato a ricostruire, allargandola, la sua mappa di riferimento rispetto all’ambiente, Dentro-fuori, individuo-gruppo, natura-cultura sono alcuni dei contrapposti punti di repere per addentrarsi nel viaggio ecologico che ci aspetta. Collegamenti che servono a fare da spola tra realtà di base che trovano il loro senso solo se messe in relazione, perché è la loro interdipendenza che può dare conto della complessità delle cose. Se si prescindesse da uno dei due termini o anche dalla interrelazione tra tutti quelli nominati, si verificherebbe un’amputazione, una parzialità limitativa. Risulta impossibile infatti parlare di un immaginario individuale senza considerare quello collettivo che lo sottende e anzi lo determina in un rapporto di codeterminazione reciproca. Come non possiamo attestarci sull’immagine di un ambiente che sia solo un fuori sganciato dalla rappresentazione che ne abbiamo al nostro interno, e non sarebbe possibile costruire per esempio una città o un’abitazione o qualunque oggetto che l’uomo produce, senza pensare che non sia per qualche aspetto la proiezione di nostre parti psichiche più o meno consce. Né è possibile appellarsi all’antica diatriba natura-cultura senza considerare che questa contrapposizione risulta ormai asfittica se non riesce a presupporre anche in questo caso la bidirezionalità che non la oppone ma la co-costruisce. Temi ampiamente affrontati nel libro da varie angolature. Eppure, questa struttura che connette, per usare la definizione di Gregory Bateson, che Cosimo Schinaia riporta ed esalta, non sempre risulta evidente. Spesso viviamo le problematiche ambientali come sganciate l’una dall’altra oppure, e questa sembra essere stata la soluzione collettiva prevalente fin qui, le neghiamo violentemente. Alla psicoanalisi pertanto, più che ad ogni altro tipo di pratica e di teoria, è affidato il compito di capire perché mai di fronte all’evidenza di un danno così grande e pericoloso inferto all’ambiente, l’uomo ancora stenti a rendersi conto di quello che è successo e di quello che ancora ci aspetta. Sono messi in atto vari meccanismi di difesa, come è ben descritto nel libro, la scissione, l’intellettualizzazione, la rimozione, il dislocamento, la repressione, il diniego. Ognuna di queste soluzioni coprendo l’angoscia portata dalla consapevolezza del pericolo, rende impossibile la riparazione del danno sia materiale che psicologico e anche morale, se con etica possiamo intendere una funzione specifica della mente che la rende propriamente umana.
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Prefazione Sembra si debba aspettare che venga da fuori, magari da civiltà extraterrestri, la coscienza del pericolo che incombe su di noi, come nel classico film di fantascienza Ultimatum alla terra del 1951 (The Day the Earth Stood Still) diretto da Robert Wise. La missione aliena è quella di convincere l’umanità a prendere atto della propria distruttività e cercare di porvi rimedio. In realtà non è proprio quello che succederà nel film, ma quello che ci interessa considerare è che la consapevolezza del pericolo e la coscienza del danno arrecato alla biosfera sono ostacolati da noi stessi, dal nostro interno, in mille modi consci e inconsci tanto da renderci impossibile aprire gli occhi sulla realtà. L’angoscia che travolgerebbe l’individuo, lo tiene lontano dalla consapevolezza ed è una forma di difesa, ricorda Schinaia, oltre che individuale anche collettiva. Sarebbe invece necessario integrare “i sentimenti angosciosi di perdita” e di finitezza per “rapportarci autenticamente ad un mondo dinamico e incerto”. È necessario inoltre sfuggire la reazione opposta che comprende l’esaltazione acritica del mondo naturale e che sfocia in “un’adesione conformisticamente fanatica all’ideologia ecologista” in una sorta di “allucinazione” gruppale. I temi trattati nel libro sono moltissimi. I vertici di osservazione si incrociano, spesso si oppongono, per non trascurare nulla nel tentativo di dare una spiegazione che rispetti le tantissime sfaccettature del problema. Nel corso della lettura incontriamo esempi clinici che intervallano le riflessioni tratteggiando caratteri e vicende umane che vividamente illustrano come nella psicologia e nell’esperienza di ciascuno si possano creare quegli ingorghi psichici che inducono a comportamenti, come quello di sprecare acqua e risorse o quello di proteggersi in maniera ossessiva dagli agenti esterni vissuti come contaminativi, che rendono conto dell’intreccio tra sfera personale e collettiva e chiariscono, come può fare la psicoanalisi meglio di altre discipline, quanto l’esperienza personale e la dinamica psichica possano riflettere i nodi problematici del rapporto con l’ambiente. Colpisce ancora di più il riferimento personale dell’autore ad una vicenda dolorosa della storia italiana, quella della Società ILVA che ha provocato conseguenze mortali di inquinamento nella città di Taranto che tutt’ora non sono risolte. Schinaia proviene da quella terra e attraverso il ricordo di un prima che non c’è più e che ormai può solo far parte della narrazione del suo passato, ci fa capire non solo gli effetti deturpanti della contaminazione e dell’avvelenamento delle acque, del terreno e dell’aria, ma anche la questione della messa in rapporto di tutto questo con i temi del lavoro e dell’occupazione che non possono essere trascurati. Il paradosso di una salvezza dalla povertà
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e di un benessere indotto nella popolazione dall’industria e allo stesso tempo la condanna a generare morte nella natura e negli uomini. Nei romanzi e nei film di fantascienza a volte gli alieni sono dei conquistatori aggressivi e bellicosi (a nostra immagine e somiglianza) a volte, invece, sono degli osservatori intergalattici attenti che si rendono conto della bellezza e della straordinarietà del nostro pianeta, fatto di acque, di vegetazione ricchissima, di una varietà smisurata di vite biologiche. «Klaatu, Barada, Nikto!» suonava la frase del film da pronunciare nel linguaggio alieno per impedire la rappresaglia contro gli umani aggressivi e ottusi. Là funzionava, ma noi che ancora stentiamo a trovare un sistema di traduzione che permetta la comunicazione tra culture di popoli diversi nel mondo che abitiamo, che addirittura nel nostro mondo interno stentiamo a tenere in contatto differenti e molteplici livelli di organizzazione psichica, saremo mai capaci di trovare una formula che ci consenta di arrestare i nostri stessi attacchi alla sopravvivenza dell’umanità? Conosciamo la frase forse, ma non capiamo che è a noi stessi che dobbiamo rivolgerla.
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Introduzione Il ruolo della psicoanalisi La psicoanalisi mi uccide, quando entra, non invitata, in ogni luogo, si afferma come interpretazione di tutte le interpretazioni possibili. Jean-Bertrand Pontalis, L’amore degli inizi, 1986.
Questo libro nasce come naturale prosecuzione dei temi affrontati nel mio precedente volume Interno Esterno. Sguardi psicoanalitici su architettura e urbanistica. Lo scambio osmotico tra l’interno e l’esterno, tra il conscio e l’inconscio, tra organizzazione mentale e organizzazione sociale, tra natura e cultura, i passaggi, gli andirivieni tra il ‘dentro’ e il ‘fuori’, tra lo spazio mentale e lo spazio esterno, il continuo instabile ridefinirsi delle relazioni tra i due territori, attraverso i loro mutamenti, le loro trasformazioni, le loro riorganizzazioni, si costituiscono come una questione assai delicata, nel doppio registro intrapsichico ed interpersonale. Noi siamo circondati dall’ambiente, respiriamo l’ambiente, dipendiamo dall’ambiente, ma al tempo stesso lo teniamo dentro di noi, nelle nostre menti, nei nostri sogni, nei nostri conflitti, nelle nostre angosce, nelle nostre paure. Scrive mirabilmente Arthur Rimbaud in Illuminazioni (1886): “Ho teso corde da campanile a campanile; ghirlande da finestra a finestra; catene d’oro da stella a stella, e danzo”.
E Jean-Bertrand Pontalis (1986, p. 57) dice che: “Ci vogliono parecchi luoghi dentro di sé per avere qualche speranza di essere se stessi”.
Riprendo da Interno Esterno: “Testo (dal latino textus) vuol dire tessuto. Mi auguro che alla fine il ritrovamento e il riconoscimento del fil rouge di questa tessitura, di questo percorso di scrittura, di questo viaggio di ricerca, risultino agevoli per il lettore, che potrà giovarsi delle mie considerazioni personali all’interno di un quadro di teorie, osservazioni, punti di vista e riflessioni estremamente ampio e composito, ma assolutamente ricco e vitale, accedendo ‘al godimento attraverso la coabitazione dei linguaggi, che lavorano fianco a fianco’ (Barthes, 1973, p. 4)” (Schinaia, 2016, p. XXIV).
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Si rende quindi necessario costruire spazi contenitori per scambi tra il dentro e il fuori che garantiscano transizioni, passaggi, interconnessioni. La conversazione fra differenti linguaggi scientifici e culturali può permettere la strutturazione di differenti e originali forme di linguaggio e di esperienza che non sono la somma dei linguaggi e delle esperienze di partenza, ma che assumono una loro configurazione e trovano una loro vita autonoma e originale. Proseguendo nel percorso cominciato con quelle considerazioni, il mio intento è quello di mostrare come la psicoanalisi possa essere non un lusso, ma una preziosa risorsa da sfruttare adeguatamente per approfondire lo studio dei meccanismi di difesa individuali e comunitari nei confronti della presa di coscienza dei gravi problemi ecologici dell’oggi, delle catastrofi e delle sfide con cui ci dobbiamo misurare. Pur tenendo aperte tutte le domande, va evidenziata l’assoluta necessità di un confronto continuo con gli altri saperi, con gli altri linguaggi, senza presuntuose ambizioni colonialistiche, né ricercate armonie totalizzanti, ma con la certezza della significativa peculiarità del contributo della cultura e dell’esperienza psicoanalitiche, che possono offrire risorse, strumenti e processi per affrontare costruttivamente le sfide ecologiche. Non si tratta certamente di riproporre il vecchio concetto di psicoanalisi applicata, cioè la spiegazione e interpretazione soggettiva, astorica, sostanzialmente riduzionistica e patologizzante, dell’interprete (tra l’altro senza alcuna possibilità di conferma o di rifiuto) della realtà esterna, riportandola al lavoro inconscio e alla sua decifrazione, senza tenere conto della molteplicità dei suoi significati. Nel Seminario VII (1959-1960) dedicato a L’etica della psicoanalisi, Jacques Lacan propone, invece che la cosiddetta psicoanalisi applicata, una psicoanalisi implicata, una psicoanalisi cioè che, sebbene il suo corpus teorico sia poderoso e ormai stratificato nel tempo, sia capace di arricchirsi in termini teorici e clinici nel contatto con altre culture e diventare un organismo vivo e in evoluzione in grado, quindi, di capire e immaginare quale umanità si stia formando, o meglio stiamo costruendo (Preta, 2019). Luc Magnenat (2019a, pp. 30-31) descrive bene le ragioni dell’inappropriatezza del concetto di psicoanalisi applicata: “La classica espressione di ‘psicoanalisi applicata’ a campi differenti dalla clinica è a mio parere inappropriata per almeno tre ragioni. In primis pone implicitamente la psicoanalisi in una posizione arrogante nei confronti del sapere che va a esplorare. Secondariamente, espone a
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Introduzione una ‘applicazione’ meccanica della teoria psicoanalitica che non terrebbe conto dell’arricchimento reciproco che nasce dall’incontro con i campi artistici, scientifici filosofici, religiosi, antropologici, sociali, politici, ecc., La terza ragione, ed è quella essenziale, è che, interessandosi ad altri campi differenti dalla clinica, la psicoanalisi si priva del suo principale strumento di valutazione: l’ascolto dell’analista dell’ascolto cosciente e inconscio che l’analizzando fa delle sue interpretazioni. È attraverso l’ascolto dell’ascolto del paziente, nell’après-coup dell’interpretazione, che l’analista può valutare la parte di verità psichica contenuta nel lavoro interpretativo della coppia analitica. Al di fuori della pratica clinica, quando si interessa ad altri campi culturali, lo psicoanalista deve mettersi dunque all’ascolto di un altro ascolto, quello degli esperti del campo che va a investigare. La psicoanalisi deve essere ‘interessata’ e non ‘applicata’, rifacendosi all’etimologia ‘inter esse’ ‘essere tra’”.
Come fare fronte alla netta contraddizione tra, da una parte, le immagini del progresso, dell’inesauribile, dello sviluppo illimitato e, dall’altra, le carestie e le informazioni sul clima che drammaticamente ci piovono addosso? Che cosa succede ai neuroni sentimentali, alle piccole volontà emotive che, nonostante gli allarmi esistenziali, continuano ad amare e sognare e intanto producono pensieri di fuga, studiano come sopravvivere? (Neri, 2020). Per Jenny Offill (2020), il nostro rapporto con la crisi climatica è pieno di alti e bassi, follia e slanci; il rischio ambientale è un doppio con cui confrontarsi. Quanto è intrisa di intensa conflittualità la condizione umana! Sterminiamo altre specie viventi e poi ci affanniamo per salvaguardarle dalle estinzioni; distruggiamo l’ecosistema e diamo l’allarme per salvare il pianeta; costruiamo abitazioni fragili in zone sismiche e, quando viene un terremoto, scopriamo virtù eroiche, rischiando la nostra vita per tentare di salvarne anche una sola dalle macerie (De Renzis, 2020). Soggetto sensibile, incandescente, polemico, più in particolare un tema di interrogazioni e di preoccupazioni, ma anche di diffidenza e di presa di distanza, l’ambiente è diventato uno dei simboli indissociabili della società moderna (Berger e Roques, 2016). Oggi prevalentemente si pensa che possa essere studiato solo ciò che è misurabile, escludendo aree della soggettività umana, quali i nostri sentimenti verso la natura e i cambiamenti climatici e il nostro senso di empatia e di connessione con le altre specie (Weintrobe, 2013a). Jorge Bergoglio (papa Francesco) (2015, p. 1) comprensibilmente, commentando la testimonianza di Francesco d’Assisi, afferma che:
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L’inconscio e l’ambiente “L’ecologia integrale richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’uomo” .
L’atteggiamento conoscitivo di papa Francesco è rafforzato dalle parole di Albert Einstein, che avrebbe scritto sulla lavagna del suo ufficio all’Institute for Advanced Studies di Princeton, New Jersey: “Non tutto quello che può essere contato conta e non tutto quello che conta può essere contato”1, dando anch’egli valore agli aspetti emotivi soggettivi che entrano in gioco anche nelle scienze sperimentali. Del suo ammonimento dovrebbero trarre profitto molti discorsi ambientalistici che, basandosi soltanto sulla descrizione drammaticamente oggettiva della catastrofe a cui stiamo andando incontro, non tengono conto della potenza delle difese psichiche a livello individuale e gruppale, che vengono a minare la consapevolezza dell’oggettività del danno provocato e subìto al tempo stesso. Nathaniel Rich (2019), dopo avere analizzato a fondo gli aspetti politici, scientifici, tecnologici ed economici della storia più recente del contrasto alla crisi ambientale, sostiene che la politica, la scienza, la tecnologia e l’economia da sole non bastano al conseguimento e al mantenimento di risultati soddisfacenti. Per Rich è necessario riportare al centro del dibattito internazionale la “dimensione etica” del problema. Per Michel Benasayag (2020), la dimensione etica consiste nella prassi di un agire orientato alla creazione di un paradigma di felicità e di desiderio alternativo rispetto a quello finora conosciuto, dettato dal sistema capitalistico contemporaneo, che propone un modello di progresso infinito e che orienta le scelte individuali e collettive verso forme aggressive di sfruttamento delle risorse ambientali. La società globalizzata, il contesto storico-culturale in cui viviamo, marcano significativamente ogni soggettività, sia in termini individuali che di legami sociali. Lorena Preta (2018, pp. 199-200) ci avverte della necessità di confrontarci con i cambiamenti del nostro psichismo determinati dalle modificate condizioni ambientali: 1 La frase è riportata per la prima volta nel libro di William Bruce Cameron (1963).
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Introduzione “La psicoanalisi sebbene strutturata, almeno dal punto di vista del suo apparato terapeutico, su un incontro diretto ed esclusivo con l’interiorità del paziente, col suo mondo fantasmatico e pulsionale, dedita alla costruzione dello specifico spazio analitico creato dall’incontro degli inconsci dell’analista e del paziente, pure non può non interrogarsi su questi grandi mutamenti e su come riorientino il pensiero sulla psiche e sulle sue dinamiche”.
Jacques Press mette in evidenza le numerose difficoltà insite nell’affrontamento di una realtà nuova e critica: “Come è possibile pensare quando la casa brucia? […] Di colpo si produce uno iato tra l’esigenza di azione connessa all’urgenza della situazione da una parte, e la paralisi del nostro funzionamento psichico dall’altra, per di più in un contesto molto particolare perché siamo noi gli agenti della distruzione in corso. Vi è il rischio di una teorizzazione concreta, di far aderire senza la necessaria distanza concetti psicoanalitici a una situazione che necessita di nuovi strumenti di pensiero per essere colta nella sua complessità” (2019, p. 266).
Nel contatto con una nuova realtà è necessario pensare con strumenti che, pur rifacendosi al noto, tengano conto dei nuovi contesti e sappiano interagire con essi, seguendo il suggerimento di Pierre Fédida (2007, p. 52): “Il ruolo dell’analista è quello di immaginare. […] Immaginare ciò che un altro ha vissuto”.
Immaginare anche davanti a ciò che appare come un buco, un bianco di immagini, un vuoto senza cavità. Più radicalmente, immaginare la scomparsa, il disfarsi, la cancellazione delle tracce (Galiani, 2009). Scrive René Kaës (2013): “Dobbiamo arrischiare delle analisi nuove, fabbricare degli strumenti mentali, proporre dei modelli di intelligibilità per pensare di nuovo e provvisoriamente questo rapporto con lo sconosciuto che noi abbiamo scelto come il nostro modo d’essere al mondo”.
La prima pietra della riflessione più estesa che ha dato origine a questo libro, è il mio articolo “Respect for the Environment: Psychoanalytic Reflections on the Ecological Crisis”, comparso nel 2019 sull’International Journal of Psychoanalysis. Il primo capitolo, Noi e l’ambiente, fa il punto sulla crisi ambientale ai giorni nostri, sulle sue conseguenze e su come a livello universale ci si stia attrezzando per porvi rimedio, sugli accordi, ma anche sui disaccordi che ritardano le operazioni riparatrici. Al centro della riflessione si pone la neXIX
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cessità di una nuova urbanistica, che equilibri il costruito con il verde e che abbia come fulcro la riparazione delle città. Infine viene posto il tema della trasmissione transgenerazionale e del nostro lascito al futuro dei nostri figli. Il secondo capitolo, Il rapporto di Freud con l’ambiente, è diviso in due paragrafi. Nel primo viene descritto il rapporto romantico di Freud con la natura, così come viene descritto dalle sue lettere da luoghi montani e marini e con alcune annotazioni sulle città che sono propedeutiche alle riflessioni presenti nel saggio Il disagio della civiltà, del 1929. Nel secondo paragrafo vengono analizzati i pensieri contradditori di Freud circa la relazione uomo-natura in cui più puntualmente Freud evidenzia le sue idee a proposito dell’ambiente e delle sue implicazioni nei riguardi della costruzione della civiltà e del progresso. Il terzo capitolo, La psicoanalisi e la crisi ecologica, descrive l’evoluzione del pensiero psicoanalitico dopo Freud nei riguardi della natura e dell’ambiente, ma anche una sostanziale difficoltà degli psicoanalisti a confrontarsi con i temi ecologici. Soltanto negli anni sessanta Harold Searles si cimenta con queste tematiche, aprendo la strada a una riflessione che troverà nuovi interessi negli anni 2000, quando i temi dell’inquinamento e del surriscaldamento climatico diventano angosciosamente attuali e prende corpo lo studio delle difese patologiche sia a livello individuale che gruppale che impediscono la piena e matura consapevolezza della gravità della situazione. Il quarto capitolo, I rifiuti, propone il tema della spazzatura, evidenziandone i diversi significati simbolici. Attraverso l’esposizione di alcune vignette cliniche, viene rappresentato come differenti aspetti nevrotici della personalità e differenti storie personali entrino fortemente in gioco nella relazione dell’uomo con i rifiuti, determinando atteggiamenti inadeguati, incoerenti e talvolta anche rischiosi. Il quinto capitolo, Lo spreco, affronta il tema dello spreco e della dissipazione. I temi dello spreco dell’acqua e di calore nelle case, quindi il problema del consumismo più in generale, vengono affrontati attraverso l’intreccio di alcune storie cliniche con le problematiche generali e la rappresentazione dell’interdipendenza tra mondo interno e caratteristiche ambientali. Il sesto capitolo, L’inquinamento luminoso e acustico, affronta il tema della relazione tra l’eccesso di luce e quello del suono e del rumore di fondo nella società e l’attentato al benessere psicofisico dell’uomo e delle altre specie. I riflessi che questi aspetti inquinanti hanno nella vita delle persone da un lato e gli atteggiamenti nei confronti della luce e del buio e dei suoni XX
Introduzione e del silenzio conseguenti a storie e conflitti individuali trovano una possibile elaborazione nelle vicissitudini della relazione analitica. Il settimo capitolo, Dall’individuale al sociale, descrive la relazione tra i meccanismi di difesa individuali le modalità difensive gruppali e comunitarie, mettendo in rilievo similarità e differenze. Vengono analizzati alcuni aspetti difensivi insiti nella militanza ambientalista, che possono ridurre l’impatto comunicativo del messaggio ecologista. L’adesione conformisticamente fanatica all’ideologia ecologista, l’esaltazione acritica del mondo naturale, la drammatizzazione ossessiva delle pratiche di difesa ambientale, l’opposizione al progresso scientifico, possono configurarsi come un meccanismo di difesa che, enfatizzando idealmente il rapporto dell’uomo con la natura, nei fatti lo snatura, rendendolo retorico e sostanzialmente inautentico. Inoltre, gli sforzi immediatamente diretti a proporre soltanto azioni pratiche di cambiamento ambientale, se per di più sono anche colpevolizzanti e terroristici, rischiano di fallire perché non tengono conto dei confusi investimenti affettivi, delle memorie, dei desideri e delle angosce delle persone. L’ottavo capitolo, Il conflitto lavoro-salute, si sofferma sull’annosa contraddizione tra benessere psicofisico e quindi ambiente salubre e diritto al lavoro, cimentandomi in un viaggio storico-sentimentale tra Taranto, dove sono nato, e Genova, dove vivo, le due città italiane dove le acciaierie hanno manifestato tutta la loro potenza inquinante, determinando gravi conseguenze in termini di vivibilità e sostenibilità ambientale. Il nono e ultimo capitolo, Servitori del futuro, prova a tirare le somme dei ragionamenti e delle riflessioni portate avanti nei capitoli precedenti, a fare il punto nave, tentando di tracciare delle possibilità operative che escano dalla forbice nostalgia-utopia, per proporre alcune modalità di approccio individuali e gruppali realisticamente e ottimisticamente costruttive.
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