Allenare le emozioni nello sport

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Capitolo 1 Psicologia della guida

Giuseppe Carzedda, Giuseppe Godino, Silio Limiti, Gianluca Panella

Allenare le emozioni nello sport La via bottom-up Presentazione di Daniele Masala

Collana

Psiche e dintorni

Alpes Italia srl – Via G. Romagnosi, 3 – 00196 Roma tel./fax 0639738315 – e-mail: info@alpesitalia.it – www.alpesitalia.it


© Copyright Alpes Italia srl - Via Romagnosi, 3 – 00196 Roma, tel./fax 06-39738315 I edizione, 2020 Giuseppe Carzedda (*) è psicologo-psicoterapeuta. Dal 1998 ha ricoperto il ruolo di direttore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia dell’Istituto Italiano di Formazione in Analisi Bioenergetica di Roma (www. iifab.org), riconosciuta dal M.I.U.R. (L. 56/89). È trainer e supervisore per l’Italia in Analisi Bioenergetica. Negli anni tra il 1985 e il 1990 è stato docente in “Tecniche psicocorporee in psicologia dello sport” nei Corsi di Formazione organizzati dall’Associazione Italiana di Psicologia dello Sport. È membro della Commissione Competenze della F.I.A.P. (Federazione Italiana Associazioni in Psicoterapia). È Past President dell’A.I.P.C. , Associazione Italiana per la Psicoterapia Corporea. Giuseppe Godino (*) è psicoterapeuta, psicologo dello sport. Didatta e supervisore della Scuola di Formazione in Psicoterapia Psicodinamica (SFPID) riconosciuta dal MIUR (L.56/89). Professore a contratto presso la Universitas Mercatorum di Roma. È membro della Commissione Competenze della F.I.A.P. (Federazione Italiana Associazioni in Psicoterapia). In ambito sportivo è stato consulente per atleti e società professionistiche con particolari esperienze nel calcio e nel golf. È membro del Comitato Scientifico della S.P.O.P.S.A.M. (Società Professionale Operatori Psicologia dello Sport e Attività Motorie). È Presidente della Fondazione di Partecipazione “Vincere Insieme” www.vincereinsieme.com. Silio Limiti è PhD, psicologo-psicoterapeuta ed esperto in neuropsicologia. Ha lavorato presso l’ospedale A. Gemelli di Roma nella ricerca per l’analisi e il trattamento dei deficit neurocognitivi. Ex istruttore FIN e appassionato sportivo è attualmente impegnato nell’attività clinica privata online e in studio. Parallelamente è startupper e imprenditore nel campo dell’innovazione tecnologica. Gianluca Panella è psicologo-psicoterapeuta e consulente in Psicologia dello Sport S.P.O.P.S.A.M (Società Professionale Operatori Psicologia dello Sport e Attività Motorie). Lavora dal 2006 presso l’istituto di Ortofonologia di Roma (Ido) ed è Responsabile del Servizio Scuola del Progetto “Tartaruga” per l’Autismo. È docente LUISS nei corsi per Team-Manager Sportivo e svolge consulenze per atleti e società professionistiche. È autore di articoli ed interviste inerenti tematiche psicologiche e sportive.

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(*) Fondatori del Modello Biodinamico di Supervisione Clinica in Psicologia e Psicoterapia

Istituto@iifab.org - www.orizzontioltre.com

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Indice generale

Ringraziamenti .......................................................................................... V Presentazione di Daniele Masala ............................................................. VII Introduzione di Giuseppe Carzedda, Giuseppe Godino........................... XI

Capitolo 1. L’approccio psicocorporeo in psicologia dello sport di Giuseppe Carzedda ..........................................................

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1.1 Funzionamento top-down e bottom-up...................................................... 2 1.2 La consapevolezza, il corpo e le emozioni................................................. 6 1.3 La gestione delle emozioni “disfunzionali”................................................ 8 1.4 La via bottom-up all’allenamento: alcuni riferimenti di base...................... 12 1.5 L’allenamento del Sé psicocorporeo ............................................................ 20

Capitolo 2. Abilità mentali e abilità emotive dello sportivo di Giuseppe Godino ..............................................................

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2.1 Il giovane e lo sport: una occasione di conoscenza personale..................... 23 2.2 Lo sport favorisce il processo dell’imparare ad apprendere.......................... 25 2.3 Racconti dal campo.................................................................................. 29 2.4 A proposito delle abilità mentali nello sport............................................. 34 2.5 Allenamento sportivo e allenamento emotivo: le possibili integrazioni .... 42

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Allenare le emozioni nello sport Capitolo 3. Allenare il Sé psicocorporeo degli allenatori e degli atleti 49 3.1. I presupposti applicativi della concezione bottom-up di Giuseppe Carzedda................................................................................ 50 3.2. La metodologia dello Scan Sensitivo-Corporeo Forma Base (SSC-FB) nei lavori esperienziali di Giuseppe Carzedda............................................................................... 53 3.3 Prima parte esperienziale: gli incontri preliminari con gli allenatori e le esperienze proposte di Giuseppe Carzedda................................................................................ 58 3.4. Seconda parte esperienziale “sul campo”: il trasferimento dell’esperienza dagli allenatori agli atleti di Giuseppe Godino, Silio Limiti............................................................... 70

Capitolo 4. Riferimenti teorici alla psicologia dello sviluppo di Gianluca Panella .............................................................

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4.1 Alla ricerca di una definizione integrata dello sviluppo ............................ 87 4.2 Lo sviluppo delle abilità cognitive dell’uomo ........................................... 90 4.3 Lo sviluppo delle abilità emotive dell’uomo.............................................. 96 4.4 Le fasi dello sviluppo emotivo dalla nascita all’adolescenza....................... 99 4.5 Verso l’integrazione delle abilità cognitive ed emotive per il raggiungimento dell’equilibrio del sé..................................................... 105

Conclusioni ............................................................................................... 109 Bibliografia e Sitografia.......................................................................... 113

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Ringraziamenti Uno speciale ringraziamento lo rivolgiamo innanzitutto a: Daniele Masala per la sua energica e incoraggiante presentazione del volume. Siamo molto grati a tutti quegli allenatori che hanno accettato di partecipare alle fasi di sperimentazione del progetto mettendo in gioco se stessi anche esponendosi agli stati emotivi evocati dalle diverse esperienze proposte. I nostri ringraziamenti vanno in particolare a: Alessandro Morlupo, Simone Morlupo ed Emanuele Ventura della Polisportiva G. Castello Scuola Calcio A.C. Milan di Roma; Vitaliano Morandi, vicepresidente FIK (Federazione Italiana Karate) e Stella di Bronzo al merito sportivo C.O.N.I. e Claudio Simonetti, maestro di karate ed allenatore FIK; Daniele Andreoli insegnante di tennis e minitennis; Marcello Susini, Presidente della Volley Oriolo e Fabio Garofalo, allenatore di pallavolo e direttore sportivo della Volley Oriolo. Ringraziamo Gianluca Di Luca, Personal Trainer e Art Director Palestra Very Yeah di Roma, per l’ospitalità offerta durante la fase di formazione degli allenatori. Alla dottoressa Simonetta Bassi va infine tutta la nostra gratitudine per l’amorevole e competente revisione del testo.

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Presentazione di Daniele Masala

Abbiamo chiesto a Daniele Masala di condividere qualche riflessione sul presente volume. Nel ringraziarlo riportiamo le sue utilissime considerazioni. Daniele, una carriera prestigiosa da pentatleta, campione olimpico. Un avvio entusiasmante nel panorama nazionale del nuoto, poi la conferma mondiale nel pentathlon. Tra i numerosi traguardi ricordiamo l’oro individuale ai campionati del mondo nell’82 a Roma, l’oro olimpico individuale e a squadre nell’84 a Los Angeles, e di nuovo l’argento a squadre a Seoul nell’88. CT della nazionale italiana di pentathlon dall’89 al ’92, ricercatore universitario per gli studi in Scienze Motorie, giornalista e commentatore RAI per le Olimpiadi dal ’92 ad oggi. Daniele, questo libro sottolinea l’importanza delle emozioni per atleti e allenatori trasversalmente a tutte le età, i livelli e le discipline sportive. Qual è il ruolo delle emozioni nello sport? Inizierei col dire che non esistono atleti che non abbiano paura o comunque una certa ansia di gara e più questa è importante, più si può essere tesi. L’angoscia di perdere (o di vincere, a seconda dei casi) è sempre presente e, a mio parere, non esistono i cosiddetti “uomini di ghiaccio”. Allora la domanda lecita è: perché qualche atleta riesce a rendere meglio di altri? Il segreto è presto detto. Al netto di una buona e minuziosa preparazione e di possesso di alte qualità fisiche, quanto meno al pari degli altri, “vince chi ha più testa” (frase troppo spesso usata, ma non sempre ben chiara ai più) ovvero chi ha il migliore e più consapevole rapporto con il proprio mondo emotivo. In altre parole vince chi riesce a gestire meglio la pressione emotiva. Un esempio evidente di tutto ciò lo osserviamo nelle discipline in cui la VII


Allenare le emozioni nello sport concentrazione e la gestione dell’ansia o dello stress è fondamentale. Tutto ciò, per esempio, si evidenzia nelle competizioni di tiro (con la pistola, il fucile, la carabina, l’arco) o di esecuzione programmata, come possono essere la ginnastica, i tuffi, in cui ogni gesto (già ripetuto migliaia di volte) deve essere eseguito alla perfezione senza sbagliare, in quel preciso momento e non in altri. In queste situazioni l’emozione gioca un ruolo fondamentale Il campione è quello che a parità di condizione fisica gestisce meglio la situazione stressante. Anzi, ne trova spunto per riceverne più forza. Puoi raccontare un aneddoto significativo della tua carriera che ci possa aiutare ad afferrare, ancor meglio, questo concetto? Alle Olimpiadi di Los Angeles, nel 1984, eravamo racchiusi in un fazzoletto di punti alla penultima prova, prima della corsa finale. Chi avesse ottenuto un buon risultato si sarebbe avvantaggiato in modo determinante sugli antagonisti per il risultato finale… io ho sparato meglio degli altri. Vi posso assicurare, però, che dopo la gara avevo un gran mal di testa dovuto allo sforzo profuso e non era certo una questione di muscoli, ma soltanto di concentrazione al limite del sopportabile. Queste erano le mie armi (è il caso di dirlo): la grande capacità di concentrazione e, permettetemi di dire, avere anche il coraggio di vincere. A mio modo di vedere, infatti, è più semplice perdere che vincere, sia da un punto di vista fisico, sia da quello psicologico. Abbandonarsi alla sconfitta determina un dispendio di energie di gran lunga minore. Se non avessi avuto queste capacità, con il mio fisico alquanto normotipo rispetto agli altri atleti che per anni ho battuto nelle gare più importanti, non avrei mai vinto una gara. Nel libro presentiamo l’SSC, o metodo Scan Sensitivo Corporeo, finalizzato all’autoregolazione emotiva come abilità mentale ascrivibile alla padronanza del Sé, secondo cui l’allenamento delle emozioni non ha come obiettivo il loro controllo, bensì la loro gestione. La nostra proposta è di inserire, nelle prassi di allenamento, uno spazio consapevole dedicato alle emozioni: cosa ne pensi? VIII


Presentazione Sono convinto che sul piano dell’allenamento ormai c’è poco da migliorare, nel senso che gli studi hanno portato gli allenatori a livelli veramente ragguardevoli in ogni disciplina. Dove c’è ancora da affinare la strategia? Indubbiamente nello studio della psicologia dell’atleta. Come ho detto, nei momenti topici della vita di un agonista di alto livello, la capacità di autoregolare il rapporto con le proprie emozioni diventa decisivo. Ma la testa, come i muscoli, va allenata. Voglio dire che anche questa ha bisogno di una costante attenzione. Le competizioni importanti sono estremamente stressanti e questo stato psichico, che si riflette anche su quello fisico, può divenire devastante. L’ansia cosiddetta “di stato”, prevede un’attivazione sproporzionata rispetto alla situazione creando tensione muscolare, nella completa consapevolezza dell’atleta. Ne consegue che per batterla bisogna allenarsi anche in quella direzione, quasi come fosse un antagonista che sta dentro di noi. Per fare un esempio tangibile: nello sport del tiro si denota una situazione ansiosa nota come il “dito di ferro”. La forte tensione psicologica dovuta alla competizione determina una perdita di sensibilità e un irrigidimento dei muscoli dell’avambraccio e conseguentemente della mano che bloccano l’azione fluida del tiratore. Il colpo non viene sparato, pur agendo tecnicamente con la testa, l’impulso biomeccanico non arriva alla periferia. C’è solo un modo per far partire il colpo: rilassarsi e questo, che a parole sembra facilissimo, diventa in alcuni momenti la situazione più difficile da realizzare. In tal senso ben vengano contributi come questi finalizzati ad integrare, su livelli sempre più complessi e consapevoli, l’unità corpo-mente dell’atleta. Buona lettura!



Introduzione di Giuseppe Carzedda e Giuseppe Godino

Le scoperte degli ultimi decenni sui processi che determinano lo sviluppo psicologico dell’individuo e il suo funzionamento, in particolare quelle risultanti dagli studi nel campo delle neuroscienze, mettono i diversi ambiti della psicologia di fronte alla necessità di un adeguamento, più o meno profondo, dei propri concetti e delle proprie metodologie di riferimento. Nel panorama della psicologia applicata allo sport si è registrato, negli ultimi anni, un crescente fiorire di tecniche e metodi finalizzati allo sviluppo della performance dell’atleta, spesso però poco correlate alle specifiche caratteristiche dello stesso, amplificando così una visione fortemente centrata sul potenziamento indifferenziato della prestazione. Si è registrato, quindi, un grande impegno mirato ad allenare le abilità di concentrazione, visualizzazione e resistenza rispetto alle minaccianti emozioni di ansia o cedimento sotto pressione, dedicando molta meno attenzione a sviluppare la capacità di saper riconoscere le emozioni vissute dall’atleta, con conseguente minore attenzione alla dimensione più strettamente attinente al linguaggio del corpo. I contributi derivanti dalle neuroscienze ci indirizzano, in maniera inequivocabile, verso una prospettiva che tende a superare concezioni troppo parcellizzate dell’atleta, stimolando l’adozione di una visione nella quale l’integrazione delle risorse e dei linguaggi diventa elemento fondamentale per lo sviluppo dell’individuo e, quindi, dell’individuo che pratica sport. Risulta pertanto indispensabile l’adozione di una visione in cui il funzionamento dell’individuo possa essere concepito in termini di unità mente-corpo, superando così l’anacronistica tendenza a trattare separatamente i diversi piani. Un elemento centrale per realizzare questo processo riguarda lo spostamento del focus dell’attenzione sulla consapevolezza del Sé psicocorporeo, XI


Allenare le emozioni nello sport che può essere definito come una struttura centrale la quale, racchiudendo una serie di componenti personali, consente di auto definirci e di costruire l’autostima (Cozzi, 2018). Tale spostamento è in grado di determinare numerose concrete ricadute sui modi di concepire i diversi training di preparazione e allenamento dell’uomo-atleta. La prospettiva, quindi, è quella di sviluppare nell’individuo-atleta migliori capacità di autopercepirsi restando concentrato nel presente, con conseguenti ricadute sul livello di conoscenza e consapevolezza delle proprie capacità di espressione, ovvero sviluppare un Sé psicocorporeo in grado di saper riconoscere la fenomenologia della propria sfera psichica ed emotiva che potrà poi esprimersi attraverso un corpo performante. L’esperienza ci insegna che spesso il corpo dell’atleta necessita non solo di essere allenato ma di essere liberato da ciò che emotivamente ne riduce l’efficacia della prestazione. In qualunque atleta infatti, a prescindere dalla disciplina praticata, i problemi di fondo che impediscono lo sprint finale, lo scatto vincente, il movimento armonico e perfetto, ecc., risiedono in tutta una serie di incertezze ed inibizioni a livello psicomotorio strettamente dipendenti dalla dimensione emotiva. E d’altro canto liberare il corpo significa consentire a questo di servirsi della propria intuitività, andando oltre quei meccanismi di controllo, necessari in fase di allenamento e apprendimento, ma fortemente penalizzanti nel momento della performance agonistica. Spesso infatti l’atleta cerca riscontri nel fuori trascurando così i propri stati interiori di cui solo lui può essere o divenire consapevole e cosciente. Si evidenzia pertanto come una competenza fondamentale per le figure di staff preposte all’allenamento dell’individuo consista nell’abilità di conoscere e riconoscere le espressioni del corpo che fa sport in modo da favorire la traduzione del linguaggio corporeo a vantaggio degli atleti stessi: uno staff allenato a sviluppare queste sensibilità e attitudini può fornire un supporto decisamente più completo ed efficace rispetto a quello che si può raggiungere attraverso feedback meramente limitati ad aspetti essenzialmente tecnici. Una base di riferimento di cui questo processo può avvalersi è quella fornita dalle teorie e dalle tecniche psicoterapeutiche a mediazione corXII


Introduzione porea le quali offrono un ampio patrimonio, teorico applicativo ed esperienziale su cui basare, con opportune rimodulazioni, questo tipo di allenamento che possiamo definire pedagogico-emozionale. Tutto ciò anche sulla base di un linguaggio comunicativo dove i vissuti emotivi dell’atleta risultano integrati con il suo stesso corpo e con il gesto atletico che attraverso esso si esprime. Da sottolineare come questo linguaggio psicocorporeo non solo sia più comprensibile dall’atleta, abituato a esprimersi con il corpo piuttosto che con le parole, ma sia anche in grado di fornirgli una matrice di lettura più completa di quanto accade in se stesso: matrice che, una volta acquisita, rimarrà più stabilmente nel patrimonio delle sue consapevolezze e competenze. Un concetto chiave è pertanto quello di integrazione tra i diversi piani della coscienza del Sé sportivo (livelli: cognitivo, emotivo, motorio, propriocettivo, di immagine, ecc.), integrazione che proprio gli studi neuroscientifici confermano essere alla base della costruzione di una maggiore coerenza e sinergia tra i diversi sistemi di funzionamento dell’individuo e dei diversi processi di cambiamento nell’ottica dell’acquisizione di nuove competenze e padronanze. D’altro canto è importante sottolineare come, affinché tale processo di integrazione possa esser promosso nell’atleta, è necessario che chi si occupa della sua preparazione (allenatore, preparatore/educatore, ecc.) abbia non solo una sensibilità rispetto a tale complessità, ma ne abbia anche una esperienza diretta e personale. In questi termini si può riformulare il concetto in una prospettiva di esperienza di apprendimento psicocorporeo dove, l’attenzione viene posta sulla possibilità di educare l’individuo. Per rinforzare tale concetto, riteniamo opportuno citare quanto espresso da Daniele Coco laddove afferma e sostiene che “Educare alle emozioni vuol dire superare una visione statica del mondo dell’educazione, in cui sembra avere il predominio l’aspetto cognitivo. L’educazione globale tiene presente sia la parte teorica che quella pratica, l’intelletto e le emozioni, il corpo e l’anima. Questa pedagogia fa riflettere sul concetto di apprendimento che abbia come oggetto l’uomo educabile” (Coco, 2016). XIII


Allenare le emozioni nello sport Tale competenza risulta indispensabile nella prospettiva di poter stabilire un più efficace canale di comunicazione e di relazione fondato su quella che possiamo definire empatia psicocorporea da affiancare a registri prevalentemente cognitivo/verbali. Il processo di allenamento del Sé psicocorporeo si configura come meta apprendimento circa la complessità dei sistemi e delle funzioni che interagiscono simultaneamente nella prestazione, valorizza la nozione di competenza e stimola l’autonomia dell’individuo circa la dimensione del dialogo con se stessi indispensabile per la gestione delle reazioni sotto pressione. Questa particolare abilità viene arricchita attraverso il riconoscimento del proprio linguaggio corporeo. Tra i molti contributi che questa impostazione può dare nella direzione di un rinnovamento della psicologia sportiva si può citare la visione che essa ci fornisce rispetto al ruolo delle emozioni e al tema della loro gestione per l’ottenimento del risultato sportivo. Esse infatti, spesso rappresentano, come tutti i preparatori ben sanno, il vero ostacolo con cui l’atleta deve confrontarsi affinché le sue potenzialità agonistiche riescano ad esprimersi e a concretizzarsi nel risultato in gara. E questo è anche il territorio dove spesso l’allenatore (preparatore, istruttore, educatore, ecc.), vive tutta la sua impotenza e frustrazione per la difficoltà che incontra nel governare questa dimensione sulla base dei classici strumenti a sua disposizione (coaching, mental training, ecc.). Il ruolo delle emozioni, il loro stretto legame con il corpo e la funzione anche fortemente limitante che esse possono svolgere nell’espressione delle potenzialità umane è del resto uno degli aspetti da sempre al centro dell’attenzione da parte delle metodologie di intervento psicocorporeo. Questo patrimonio di esperienze, opportunamente rimodulato in funzione degli interventi nel mondo dello sport, può consentire di operare efficacemente su territori altrimenti inaccessibili con altri strumenti. In virtù di quanto fin qui esposto, il presente volume, dedicato alle figure che nello sport si occupano di allenare, educare, orientare, facilitare l’atleta, pone al centro della proposta l’invito ad approfondire il tema dell’“Allenarsi per allenare il Sé psicocorporeo degli atleti” ovvero alcuni contriXIV


Introduzione buti i quali includono anche possibili elementi di sperimentazione attiva di tecniche psicocorporee applicate allo sport. L’invito, quindi, è quello di attivarsi per sviluppare una maggiore e più consapevole sensibilità rispetto al ruolo che ricoprono le emozioni nell’ambito della pratica sportiva.

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