Massimo De Mari (a cura di)
L’Io criminale La psichiatria forense nella prospettiva psicoanalitica
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I edizione, 2018
Massimo De Mari, psichiatra, criminologo, psicoanalista SPI/IPA, professore a contratto di Psichiatria Forense presso la Scuola di Psicologia Clinico Dinamica Dipartimento FISSPA, Università degli Studi di Padova.
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Collana di Criminologia e Scienze sociali forensi Proposito della collana è quello di mettere in relazione e di sviluppare tematiche di interesse specificatamente criminologico con quello delle scienze sociali forensi, polo di grande interesse collettivo non solo nell’amministrazione della giustizia civile e penale, ma soprattutto per le aree scientifiche che in esso convergono quali l’antropologia giuridica, la psicologia della marginalità e della devianza, la psicologia sociale della famiglia e in genere le psicopatologie sottese all’agire deviante. L’intento è quello di far confluire le suggestioni e le scoperte del sapere con le buone prassi dell’agire attraverso lavori di grande rilevanza scientifica. La Collana raccoglie non solo volumi dedicati alle aree tradizionali, ma anche una serie di monografie su temi specifici, di attuale interesse, di facile consultazione e correlati, ove possibile, anche dal riscontro pratico mutuato dalle esperienze del lavoro oggettivo: comprendere il tema e valutarne l’applicabilità nel concreto. Il logo della collana riunisce, nel segno grafico, l’espressione delle intenzionalità del progetto editoriale. Nel lato destro una parte dell’uomo vitruviano di leonardesca memoria invita a riflettere sull’orientamento della coscienza nell’analisi, nello studio e l’approfondimento dell’uomo nel suo farsi; sulla sinistra, invece, la rappresentazione grafica di una impronta digitale per evocare lo studio delle identità rappresentabili e di quelle nascoste dell’essere umano. Il tutto sullo sfondo della lettera psy greca ad indicare il substrato psichico che guida, condiziona e, nello stesso tempo, libera l’essere umano nel suo divenire storico.
Board scientifico Vincenzo Caretti, Roberto Catanesi, Vera Cuzzocrea, Giovanni M. Giaquinto, Giorgio Manzi, Sonia Moretti, Alessandro Orsini, Desirè Pangerc, Loredana Petrone, Gianvittorio Pisapia, Melania Scali, Roger Solomon, Cira Stefanelli.
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Note biografiche degli Autori Barbon Isabella, psicologa clinica, specializzanda in Psicoterapia dinamica a breve termine. Lavora come psicologa presso la REMS del Veneto, Treviso. Ceccon Chiara, dottoressa in Psicologia, Università degli Studi di Padova. De Mari Massimo, psichiatra, criminologo, psicoanalista SPI/IPA, professore a contratto di Psichiatria Forense presso la Scuola di Psicologia Clinico Dinamica Dipartimento FISSPA, Università degli Studi di Padova. De Masi Franco, psichiatra, psicoanalista SPI/IPA. Milano. Gibeault Alain, psicologo, psicoanalista SPP/IPA, direttore del Centro di Psicoanalisi e Psicoterapia Kestemberg di Parigi (Francia). Marogna Cristina, psicologa, psicoanalista SPI/IPA, professore associato presso la Scuola di Psicologia Clinico Dinamica, Dipartimento FISSPA, Università degli Studi di Padova. Minne Carine, psichiatra, psicoanalista BPS/IPA, consulente psichiatra e psicoterapeuta forense presso la Portman Clinic e il Broadmoor Hospital di Londra (UK). Nicolò Anna Maria, medico, neuropsichiatra infantile, psicoanalista SPI/IPA, presidente della Società Psicoanalitica Italiana. Roma. Saottini Cristina, psicologa, psicoanalista SPI/IPA, giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Milano.
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L’Io criminale
Schinaia Cosimo, psichiatra, psicoanalista SPI/IPA, già primario del Dipartimento di Salute Mentale del distretto Centro, ASL3, “Genovese”. Genova. Sengupta Samrat, psichiatra forense, consulente psichiatra presso il Broadmoor Hospital di Londra (UK). Tantalo Mario, medico-legale, specialista in Psichiatria Forense e in Criminologia clinica. Consulente tecnico di ufficio. Già professore associato di Psicopatologia Forense presso l'Università degli Studi di Padova. Verde Alfredo, psicologo, criminologo, professore ordinario di Criminologia, Università degli Studi di Genova. Zucchini Gino, psichiatra, psicoanalista SPI/IPA, Bologna.
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Indice generale Prefazione di Anna Maria Nicolò.................................................................
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Introduzione di Massimo De Mari...................................................................
XIII
Prima Parte Teoria Psicopatia e devianza: una sfida per la psicoanalisi di Massimo De Mari...................................................................
3
Amore e perversione: un’unione impossibile di Franco De Masi ................................................................................... 21
Tra criminologia narrativa e criminologia psicosociale: la nuova criminologia clinica italiana di Alfredo Verde...........................................................................
35
Mass media e pedofilia di Cosimo Schinaia......................................................................
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L’accertamento della responsabilità penale dell'autore di reato: indagine clinica o neuroimaging? di Mario Tantalo.........................................................................
79
Per una semeiotica dei confitti di separazione parentale di Gino Zucchini.........................................................................
95
C'eravamo tanto amati. Possibili configurazioni nella separazione di Cristina Marogna....................................................................
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VII
L’Io criminale
Prima Seconda Clinica Il trattamento del malato di mente in carcere di Massimo De Mari, Isabella Barbon..........................................
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Una panoramica sull’assistenza sanitaria psichiatrico-forense nel Regno Unito di Samrat Sengupta.....................................................................
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Psicosi o disturbo di personalità in un caso di infanticidio di Carine Minne.........................................................................
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Adolescenza e breakdown psicotico: dall’atto matricida alla fantasia di matricidio di Alain Gibeault........................................................................
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La messa alla prova nell'ordinamento penale minorile: un training per la responsabilità di Cristina Saottini......................................................................
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Appunti sul percorso di sviluppo della personalità: normale, patologica, antisociale, psicopatica di Massimo De Mari................................................................... 207
Appendice. Casi giudiziari da prima pagina di Chiara Ceccon.........................................................................
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Prefazione di Anna Maria Nicolò
Il libro che ci apprestiamo a leggere percorre un territorio pionieristico per gli studi psicoanalitici ed è la testimonianza di quanto la psicoanalisi come teoria e come modello di lavoro sia flessibile e possa adattarsi a diversi ambiti della vita, della cultura e della società, possa articolare un dialogo con il mondo giuridico e carcerario e collaborare con essi. Il volume, che si suddivide in una parte teorica e in una clinica, mostra nella prima la ricchezza della comprensione psicoanalitica in questi disturbi, mentre nella seconda ci permette di entrare nel vivo di una pratica abbastanza lontana dal setting psicoanalitico o anche psicoterapeutico. Il bel capitolo di De Mari che leggiamo dopo l’introduzione, pone da subito i problemi specifici di questo ambito. De Mari precisa anzitutto che non si può parlare sempre e comunque di patologie mentali ma che dobbiamo guardare a questi fenomeni come «aspetti di personalità, che possiamo ritrovare in diversi quadri sindromici psicopatologici, come anche nelle persone “sane”» e mette inoltre in luce come possa esistere «un’apparente normalità di comportamento» che coesiste con «una visione distorta della relazione da un punto di vista morale e soprattutto affettivo». Questi aspetti, tra gli altri, rendono molto arduo l’intervento sia sul piano farmacologico che su quello psicoterapeutico, perché questi soggetti possono anche tentare manipolazioni al fine di «ridimensionare la propria responsabilità e ottenere, in modo opportunistico, tutti i vantaggi secondari possibili, primo fra tutti una riduzione della pena». Le domande che De Mari si pone fin da questo capitolo sono quelle cruciali: anzitutto se la teoria psicoanalitica è utile in questi casi e se possiamo chiamare psicoanalisi gli interventi, modificati e adattati al contesto, che vengono utilizzati. Il libro si dispiega poi ad ampio spettro, da capitoli che con un coerente impianto teorico tentano di discutere le problematiche della perversione e della follia criminale a temi che si occupano delle istituzioni giudiziarie o delle varie fasi del processo. Vale la pena di ricordare a questo proposito che il dialogo con i magistrati ha delle radici antiche nel mondo della psicoanalisi. Ferenczi, nel lontano 1913, pubblicò un lavoro dal titolo “A un pubblico di magistrati”. In esso egli discuteva come le ragioni che suscitano l’indignazione di una persona quando è testimone di un reato, consistano in realtà nella necessità di distanziarsi dalle proprie pulsioni infantili rimosse che potrebbero infrangere le barriere psichiche sulle quali ciascuno di noi ha edificato il proprio senso morale. IX
L’Io criminale
Esistono delle aree di sovrapposizione tra il sapere giuridico e quello psicoanalitico e psicologico, che talora diventano luoghi dove la psicoanalisi e la psichiatria forense, o in generale la criminologia, si possono scontrare o entrare in contraddizione. Alcuni contributi di questo libro ne parlano e da altri è possibile arguirlo. Un esempio di questo è la questione relativa al confronto fra i concetti di verità nelle due diverse discipline. Dice De Mari: «La verità di un imputato costituisce il suo punto di vista ma ha bisogno di prove reali per poter diventare verità processuale». Lo psicoanalista si occupa della verità soggettiva della persona che ha di fronte e può arrivare a distinguere, pur prendendole ambedue in esame, la verità esplicitata dal paziente dalla verità inconscia che egli porta con sé. Nell’analisi la verità è anche uno strumento di trasformazione, dato che ad essa viene attribuita la capacità di far evolvere la mente (Bion, 1970; Neri, 2007). La verità del fatto compiuto, agito nell’evento di cui si occupa il magistrato, ha a che fare invece con una verità completamente diversa. Mentre lo psicoanalista si interroga sui traumi originari che sono alla base del funzionamento mentale e relazionale di quell’individuo, e che costituiscono una delle basi della verità di quel funzionamento, il giudice à teso piuttosto a definire le caratteristiche dell’agito. Possiamo perciò osservare una fondamentale contrapposizione tra lo psicoanalista che cerca la verità psichica soggettiva e il magistrato che deve arrivare al verdetto, come afferma Zucchini in questo libro. Anche i concetti di normalità e norma si prestano a considerazioni simili, dato che in psicoanalisi il concetto di normalità è molto soggettivo, limitato a quella persona specifica e legato piuttosto, come dicono alcuni contributi di questo libro, ad un equilibrio soggettivo che garantisce un certo grado di funzionalità dell’individuo. Ben diverso e contrapposto è il concetto di norma che attiene a regole che riguardano il modo in cui «gli individui dovrebbero comportarsi» e che «costituiscono la base di aspettative reciproche tra i membri del gruppo». Probabilmente è proprio su questo punto che ci sono i maggiori conflitti tra il sapere psicoanalitico e quello giuridico, senza trascurare il grande ambito dell’uso di linguaggi radicalmente diversi (Nicolò, 2004). Infatti i linguaggi che caratterizzano queste due discipline sono spesso a tal punto differenti da essere di difficile comprensione per gli uni o per gli altri: quello psicologico/psicoanalitico teso a rappresentare la complessità della psiche e a tal punto articolato da sembrare a volte quasi allusivo e approssimativo; quello giuridico teso spesso nello sforzo di essere preciso e senza ambiguità a tal punto da sembrare tagliente e limitativo rispetto alla necessità della descrizione della complessità della psiche umana e del comportamento relazionale che non sarà mai riducibile in una parola.
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Prefazione
È con tutte queste incertezze, che sono al contempo le uniche cose sicure, che il consulente, il perito di formazione psicoanalitica si affacciano alla valutazione e al dialogo con i magistrati, con gli avvocati, nel setting diverso da quello classico duale o anche gruppale a cui è abituato. La sfida che egli deve affrontare allora è quella di ritrovare nelle strutture peritali o in quelle carcerarie un setting ove egli possa collocare, mantenendo la continuità del suo sapere e della sua identità, il suo intervento specialistico. Anche qui, e perché no?, possiamo ritrovare quello “psicoanalista senza divano” di cui ci aveva parlato Racamier (1970). Esperti di ambedue questi campi nell’ultimo ventennio si stanno interrogando sulle reciproche competenze, sulle funzioni nel rispetto delle proprie specializzazioni ma anche con l’intento di trovare sinergie. Quattordici anni fa un magistrato, la dr.ssa Nunzia D’Elia (2004), commentava la difficile convivenza fra il sapere giuridico e quello psicologico affermando che se vi erano cambiamenti intervenuti in campo giuridico non erano solo dovuti alle novità intervenute nella società, nelle leggi e negli atteggiamenti delle persone, ma «un contributo particolare e preponderante era venuto dalla contaminazione del sapere giuridico con il sapere psicologico e psichiatrico» (p. 11). Ella riconosceva che non solo erano state sconvolte antiche certezze ma che questo tipo di sapere aveva aperto, sia pure con fatica e oscillazioni «orizzonti impensabili solo pochi anni prima» (p. 11). Questo libro dimostra che anche per lo psicoanalista vale questa cross fertilization. Confrontato con un altro sapere e con altri parametri di comprensione della realtà, lo psicoanalista sfida se stesso e cimenta la propria disciplina. Si apre perciò un enorme campo di interventi che si articolano su differenti livelli e in situazioni diverse, dal lavoro sul sostegno alla genitorialità, al lavoro di mediazione familiare, al lavoro come perito di parte o perito d’ufficio, fino al lavoro nelle strutture carcerarie o degli ospedali psichiatrici giudiziari. Le aree di sovrapposizione fra questi due saperi si riveleranno creative e di stimolo non solo per i giudici. Io credo che non si tratti di inventarsi nuovi modelli ma piuttosto di capire come la psicoanalisi si possa rideclinare nei contesti giudiziari per mostrare le sue enormi potenzialità terapeutiche. In tutti i lavori presenti nel volume possiamo osservare lo sguardo dello psicoanalista e il suo apporto ad un sapere lontano ma che può essere trasformato. Saottini, studiando la messa alla prova nell’ordinamento penale minorile, mostra l’importanza di «studiare gli aspetti della personalità del minore, i fattori di rischio e di protezione» e soprattutto evidenzia l’importanza di «una ricostruzione del senso del reato alla luce della sua storia di vita e della fase di sviluppo personale famigliare e sociale».
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L’Io criminale
Mi sembra evidente a questo punto che lo psicoanalista interessato a questi ambiti dovrà affinare una comprensione specifica. Esiste nella Società Psicoanalitica Italiana (SPI), da moltissimi anni, un interesse in questi campi e ci sono molti colleghi preparati ed esperti. Sarebbe veramente auspicabile poter sviluppare, nei differenti Centri psicoanalitici italiani, gruppi che non siano solo di ricerca o di studio ma che permettano una trasmissione della conoscenza e della sua specializzazione a questo livello. Non è chiudendosi nelle sue torri eburnee che lo psicoanalista salverà la psicoanalisi ma, come dimostra questo libro, aprendosi a nuovi territori e mettendo in luce l’efficacia del nostro modello in differenti setting.
Bibliografia Bion W.R. (1970). Attenzione e interpretazione. Roma: Armando, 1973. D’Elia N. (2004). La difficile convivenza tra sapere giuridico e sapere psicologico, Interazioni, 1-2004/21, pp. 11-28. Ferenczi S. (1913). A un pubblico di magistrati. In: Elogio della psicoanalisi – Interventi 1908-1920. Torino: Boringhieri, 1981. Neri C. (2007), La verità come fattore terapeutico, Funzione Gamma, Journal on line di Psicologia di gruppo, 19. Disponibile da http://www.funzionegamma.it/la-verita-come-fattore-terapeutico-2/ Nicolò A.M. (2004). Editoriale “Genitori e figli in tribunale”, Interazioni, 1-2004/21, pp. 9-10. Racamier P-.C. (1970). Lo psicoanalista senza divano. Milano: Cortina, 1982.
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Introduzione di Massimo De Mari
Questo libro nasce da una lunga esperienza di lavoro all’interno delle strutture carcerarie in cui ho operato in diversi ruoli della professione sanitaria, subito dopo la laurea come medico di medicina generale e, dal 2000 ai giorni nostri, come specialista psichiatra. Strada facendo è maturato l’interesse per la criminologia che mi ha portato a specializzarmi anche in questo campo e ad intraprendere un’attività professionale in ambito peritale, civile e penale, permettendomi di acquisire un’esperienza anche in quel campo della clinica, al confine tra competenze psichiatriche e competenze giuridiche in cui si colloca la psichiatria forense. Mi sono avvicinato in punta di piedi ad un campo molto complesso in cui l’analisi dei conflitti intrapsichici e delle patologie psichiatriche non si limita all’ambito dell’elaborazione mentale, come avviene nella clinica tradizionale ma deve fare i conti con i comportamenti antisociali, spesso a carattere violento contro le persone, a cui seguono necessariamente delle conseguenze giudiziarie. La mia formazione psicoanalitica è sempre stata presente nel mio lavoro, sia in carcere che in ambito peritale ma, fino a pochi anni fa, con un certo ritegno a manifestarla, nelle relazioni cliniche o nelle perizie tecniche, in quanto l’approccio psichiatrico categoriale è sempre stato considerato l’unico scientificamente condivisibile e meglio utilizzabile al fine di stabilire una pena, un risarcimento o per dare l’indicazione valutativa di un danno, sia in termini qualitativi che quantitativi. Assistiamo però, sempre di più, in questi ultimi anni, ad una rivalutazione dell’approccio psicoanalitico nei dispositivi delle sentenze dei tribunali. In ambito civilistico il cosiddetto “danno esistenziale”, cioè le modificazioni della qualità della vita a seguito di un evento traumatico, comincia ad essere considerato come danno biologico vero e proprio. In ambito penale sempre più attenzione viene posta dal giudice non solo al comportamento del reo ma anche alla sua storia personale e alle ripercussioni che gli eventi della vita, le relazioni significative e le vicissitudini esistenziali possono avere avuto sulla formazione della personalità e quindi sulla maggiore o minore predisposizione a commettere crimini. Dal 2016 ho il privilegio di insegnare “Psichiatria Forense” agli studenti del corso di Psicologia Clinico Dinamica (Dipartimento FISSPA) dell’Università di Padova e mi sono accorto, nella discussione sugli argomenti teorici
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L’Io criminale
e sui casi clinici presentati a lezione, del grande interesse che suscita l’analisi della personalità degli autori di reato, finalizzata a comprendere le dinamiche intra-psichiche che sono sempre all’origine di un comportamento. Tali dinamiche passano spesso in secondo piano rispetto all’immagine che la narrazione mediatica (basata sul “fantasma del male”, in tutte le sue possibili declinazioni) e quella processuale (finalizzata a valutare il comportamento) forniscono dell’individuo che ha commesso un reato. Mano a mano che procede la conoscenza di queste dinamiche interne, queste personalità fortemente disturbate perdono la maschera di “mostri da prima pagina” capaci di comportamenti violenti, anche efferati, per ridiventare persone con una storia complessa, molto spesso caratterizzata da mancanze affettive, privazioni, violenza subita in epoca molto precoce dello sviluppo psico-affettivo, la cui paziente decifrazione può permettere di far emergere i motivi, spesso sconosciuti agli stessi autori di questi reati, dei loro comportamenti. Solo in questo caso, come terapeuti della mente, potremmo essere in grado di proporre ai “mostri”, diventati anch’essi “pazienti”, un percorso riabilitativo che possa avere qualche probabilità di restituire alla società una persona più matura e responsabile. Ringrazio dunque, in primo luogo, i miei studenti, a cui è dedicato questo volume, per le loro osservazioni, i loro stimoli e la loro curiosità, che continua ad alimentare la mia, verso questo campo così affascinante e impervio. Un particolare ringraziamento, tra questi, va a Chiara Ceccon e Isabella Barbon, giovanissime allieve, ormai diventate colleghe, per aver collaborato con passione e grande impegno ad alcuni capitoli di questo libro. All’impresa, sempre complicata e laboriosa, della cura di un libro, ho chiamato a collaborare una serie di colleghi italiani e stranieri, illustri rappresentanti delle aree psicologica, psicoanalitica e medico-legale, con cui condivido il punto di vista che ho appena delineato e che caratterizza questo libro; non posso che ringraziarli per l’amicizia dimostratami e la generosità che hanno posto in questo progetto, arricchendolo con la loro grande esperienza e competenza. Ai colleghi psicoanalisti, in particolare, credo vada riconosciuto il merito di non aver paura di parlare di psicoanalisi e di metodo psicoanalitico anche in un ambito che sembra apparentemente così lontano dalla psicoanalisi classica. Sono personalmente convinto che la psicoanalisi possa svolgere un ruolo fondamentale nella comprensione e nel tentativo di cura di queste personalità così complesse e che ogni inevitabile adattamento del setting non alteri in alcun modo la possibilità che “due persone in una stanza”, anche se è la stanza di un carcere, possano affrontare insieme le dinamiche intrapsichiche.
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Introduzione
Un ringraziamento particolarmente affettuoso va ad Anna Maria Nicolò per la sua attenzione e disponibilità a leggersi tutto il volume e a scriverne la prefazione, trovando il tempo necessario in mezzo alle sue molteplici attività. Per quanto riguarda invece il supporto tecnico e la disponibilità alla pubblicazione ringrazio Roberto Ciarlantini, che ha accolto la mia proposta con la disponibilità e l’affetto di sempre.
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